I diritti del bambino in Ospedale

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Direttore responsabile
Mariella Crocellà
Redazione
Antonio Alfano
Gianni Amunni
Alessandro Bussotti
Francesco Carnevale
Bruno Cravedi
Laura D’Addio
Gian Paolo Donzelli
Claudio Galanti
Valtere Giovannini
Carlo Hanau
Gavino Maciocco
Mariella Orsi
Daniela Papini
Paolo Sarti
Luigi Tonelli
Alberto Zanobini
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Gian Franco Gensini, Preside Facoltà di Medicina
e Chirurgia, Università degli Studi di Firenze
Mario Del Vecchio, Professore Associato Università
degli Studi di Firenze, Docente SDA Bocconi
Antonio Panti, Presidente Ordine dei Medici Chirurghi
e degli Odontoiatri della Provincia di Firenze
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per la Formazione Sanitaria - FORMAS
Alberto Zanobini, Dirigente Settore Risorse umane,
Comunicazione e Promozione della salute,
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PDE, Via Tevere 54, I-50019 Sesto Fiorentino [Firenze]
Questo numero è stato chiuso in redazione
il 15 dicembre 2008
171 Rivista bimestrale di politica sociosanitaria fondata da L. Gambassini
FORMAS - Laboratorio Regionale per la Formazione Sanitaria
Anno XXIX - Novembre-Dicembre 2008
Sommario
Monografia
I diritti del bambino in Ospedale
320 P. Morello Marchese, F. Simonelli
322
M. Moneti
328
M. Papini
332
G. Donzelli
335
M.S. Pignotti
339
M. Piccinni
344
K. Majer, B. Rotesi, S. Tsitoura
348
L. Speri
354
P. Guarnieri
359
A. Maggi
361
K.P. Biermann
364
G. Filippazzi, S. Rosenberg
368
M.J. Caldés Pinilla, S. Cadri,
C. Teodori
Children’s Rights in Hospital
Presentazione
Foreword
Il diritto all’infanzia
The right to childhood
Una nuova cultura medica
A new medical culture
I diritti del neonato
The newborn’s rights
Il rispetto della dignità della morte
Respecting the dignity of death
Il punto di vista giuridico
The juridical point of view
La promozione della salute dei bambini
e degli adolescenti in e da parte degli Ospedali
Health promotion for children and adolescents
in and by hospitals
Le azioni dell’UNICEF
The actions of UNICEF
La scoperta dell’infanzia
The discovery of childhood
Dall’assistenza alla cittadinanza attiva
dei minori
From care to active citizenship of children
Etica e bioetica infermieristica
Nursing ethics and bioethics
Il punto di vista delle associazioni
The point of view of the associations
L’impegno della Regione Toscana nella tutela
della salute dei bambini nel mondo
The commitment of Regione Toscana
in safeguarding children’s health in the world
372
Progetto interaziendale HPH bambini
HPH for children interagency Project
Abbonamenti 2008
Italia
€ 41,32
Estero € 46,48
Fotocomposizione e stampa
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Presentazione
Foreword
L’
he evolution of international cultural and juridical contexts addressing children’s rights, especially children’s
rights to health, certainly makes it easier today to define
and clarify them in the hospital setting. Indeed, the declarations of the United Nations and the documents of its main
Agencies, such as WHO, UNICEF and UNESCO, represent authoritative and guiding references for those who wish to harmonize
the action of hospitals with regard to children’s rights.
In this sense, important initiatives have been set up at European level and in single Countries, such as the Charter of the
European Association for Children in Hospital (EACH) or the
Charter of the rights for the child in hospital adopted by the
nine most important children’s hospitals in Italy.
Addressing issues on the respect for children’s rights appears
to be more difficult: hospital organizations seem to address
the problem of children’s rights more as a set of principles inspiring professional and organizational behaviour than as an
obligation to respond to an attributed (age) and acquired
(hospital stay) status.
Enabling children’s rights in hospital is an issue that is recognized with difficulty by the hospital operational systems such
as the Charter of services or Accreditation systems or again
standardization processes, and it often depends on the discretion or sensitiveness of healthcare workers, often leading to
controversies with the parents of hospitalized children.
It is for this reason that the attention of university experts,
healthcare professionals and experts from national and international organizations has been drawn to this issue, through
the Conference on “Rights of the Child in Hospital”, promoted
and organized by the Tuscany Region and by the “A. Meyer”
University Children’s Hospital, in Florence on June 9th 2008.
Readers will certainly use their own criteria for systematizing
the further detailed knowledge and experiences, but it could be
useful to bear in mind that the respect for children’s rights in
hospital needs to be interpreted in an inter-generational, intercultural and pedagogical way.
The inter-generational dimension, brings us to reflect on how
and how much the adult generation – or hospital organization
– considers the condition of children in hospital and, in particular, if it assumes an authoritarian or paternalistic position or
a position of real service for the respect of children’s rights,
testifying its commitment.
The intercultural dimension is an invitation to take into consideration different value systems, beliefs, attitudes, habits
and behaviour in relation to different cultural belongings and
ethnic origins, with respect of full and equal dignity.
evoluzione del contesto culturale e giuridico internazionale relativo ai diritti del bambino ed in particolare
al diritto del bambino alla salute facilita certamente
oggi la definizione e la esplicitazione dei diritti del bambino
in Ospedale. Infatti, le dichiarazioni delle Nazioni unite e i
documenti delle sue principali Agenzie come l’OMS, l’UNICEF e
l’UNESCO costituiscono riferimenti autorevoli ed orientanti
per chi vuole armonizzare l’azione degli Ospedali rispetto ai
diritti del bambino.
In questo senso non mancano iniziative rilevanti almeno nel
contesto europeo e nei singoli Paesi, quali la Carta della European Association Children in Hospital (EACH) o la Carta dei diritti del bambino in Ospedale adottata dai 9 maggiori Ospedali pediatrici italiani.
Più difficile sembra affrontare il tema del rispetto dei diritti
del bambino: le organizzazioni ospedaliere sembrano intendere la problematica dei diritti del bambino più come un insieme di principi ispiratori dell’agire professionale ed organizzativo che non come obbligo a rispondere ad uno status sia
ascritto (l’età) che acquisito (la degenza).
L’esigibilità dei diritti del bambino in Ospedale è una questione che stenta ad essere riconosciuta dai sistemi operativi
ospedalieri quali le Carte dei servizi o i sistemi per l’Accreditamento o ancora i processi di standardizzazione, ed a rimanere quindi nell’ambito della discrezionalità e sensibilità degli operatori sanitari, alimentando spesso contenziosi con i
genitori dei bambini ricoverati.
È per questo che si è voluto richiamare l’attenzione di studiosi
universitari, professionisti sanitari, esperti di organizzazioni
internazionali e nazionali su questa tematica, attraverso il
Convegno sui “Diritti del bambino in Ospedale”, promosso e organizzato dalla Regione Toscana e dall’Azienda ospedaliero
universitaria “A. Meyer”, svoltosi a Firenze il 9 giugno 2008.
Certamente il lettore seguirà i propri criteri di sistematizzazione delle conoscenze e delle esperienze qui illustrate, ma
può forse essere utile tenere in considerazione che il tema del
rispetto dei diritti del bambino in Ospedale merita chiavi di
lettura di tipo intergenerazionale, interculturale, pedagogico.
La prima dimensione, quella intergenerazionale, obbliga a riflettere su quanto e come la generazione adulta – ovvero l’organizzazione ospedaliera – tiene in conto la condizione del
bambino in Ospedale ed in particolare se si ponga in una posizione autoritaria, o paternalistica o di reale servizio per il
rispetto dei diritti dell’infanzia, testimoniandone l’impegno.
La seconda, quella interculturale, è un invito a tener conto dei
diversi sistemi di valori, credenze, atteggiamenti, abitudini e
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comportamenti connessi alle diverse appartenenze culturali e
provenienze etniche, rispettandone la pari e piena dignità.
La terza, quella pedagogica, è connessa al concetto di empowerment for health sul quale si fonda la promozione della
salute. I diritti vanno rispettati anzitutto facendoli conoscere
e spiegandoli al bambino, in modo che egli possa gradualmente prendere consapevolezza del proprio ruolo nei riguardi
della propria salute, esprimere opinioni ed aspettative, esigere il rispetto dei propri diritti e rispettare i propri doveri durante la degenza ospedaliera e nei momenti successivi.
È in questo modo che l’Ospedale può effettivamente assumere
anche una valenza di promozione della salute e non solo di
erogazione di servizi sanitari, arricchendo la funzione educativa della famiglia.
Ed è in questo stesso modo che l’Ospedale può fornire un esempio concreto e trainante di una strategia di sviluppo orientata
al tempo stesso al miglioramento della qualità delle cure e della degenza ospedaliere, alla offerta di opportunità di crescita
formativa per chi vi lavora e per chi vi viene ospitato, a sostenere il progresso culturale della comunità di riferimento.
Nel 2008 ricorre, inoltre, il 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani.
La celebrazione di questo evento fondamentale nella storia
della comunità internazionale deve essere l’occasione per stimolare una riflessione approfondita ed un esame dello stato
attuale della promozione e della protezione dei diritti umani
nel mondo, specialmente quelli legati all’infanzia, per favorire ulteriori progressi nel riconoscimento e nella tutela di questi diritti e per intensificare l’informazione e l’educazione in
questo campo.
L’Anno dei diritti umani è l’anno durante il quale dovrebbero
essere sviluppate azioni straordinarie di educazione, formazione e informazione per la pace e i diritti degli individui. Un
anno in cui promuovere il coinvolgimento delle istituzioni
pubbliche, delle istituzioni accademiche e culturali, degli organi d’informazione, degli enti locali e regionali, delle scuole,
dei sindacati e della società civile nel suo insieme.
The pedagogic dimension is connected to the concept of empowerment for health, upon which health promotion is founded. First, rights must be respected by making them known and
by explaining them to the child, so that he or she may gradually gain awareness of his or her role in relation to health, may
express opinions and expectations, may demand respect for his
or her rights and may respect duties during hospitalization
and afterwards.
This is how hospitals may effectively achieve health promotion
and not just the provision of healthcare services, thus enhancing the family’s educational function.
Hospitals may equally provide a tangible and driving example
of development strategy oriented towards improving the quality of care and of hospitalization, offering growth opportunities
for both healthcare workers and patients, and supporting the
cultural progress of the community of reference.
Furthermore, 2008 celebrates the 60th anniversary of the Universal Declaration of Human Rights.
The celebration of this key event in the history of the international community must represent the opportunity to stimulate
an in-depth understanding and examination of the current status of human rights promotion and protection worldwide – especially children’s rights – in order to favour further progress
in acknowledging and safeguarding these rights and to
strengthen information and education in this field.
The Year of Human Rights is the year in which it is possible to
develop extraordinary actions addressing education, training
and information for the promotion of peace and human rights.
The year in which to encourage the involvement of public institutions, academic and cultural institutes, information organisations, local and regional bodies, schools, trade unions and
civil society as a whole.
Paolo Morello Marchese
Fabrizio Simonelli
Direttore generale
Azienda ospedaliero-universitaria A. Meyer
Presidente Associazione Ospedali Pediatrici Italiani (AOPI)
General director
A. Meyer University Children’s Hospital
President of the Association of the Italian Paediatric Hospitals (AOPI)
Responsabile Programma Promozione della Salute
Azienda ospedaliero-universitaria A. Meyer, Firenze
Head, Health Promotion Programme
A. Meyer University Children’s Hospital
Monografia a cura di Benedetta Rotesi in collaborazione con il Gruppo regionale HPH bambini
Issue edited by Benedetta Rotesi in collaboration with the regional working group HPH for Children
E mail: [email protected]
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Il diritto
all’infanzia
The right
to childhood
La specificità dei bisogni dei minori
in stato di malattia
The specificity of children’s needs
during illness
Maria Moneti
Filosofa, Professore ordinario Filosofia morale, Università degli Studi di Firenze
Philosopher, Full Professor of Moral Philosophy, University of Florence
I
n queste riflessioni affronterò la nozione di diritto in quel
senso forte, che coniuga la prospettiva giuridica con quella etica e ne rafforza il contenuto normativo, e mi chiederò se questa nozione non sia in parte deformata dall’assunzione di presupposti descrittivi e normativi non sufficientemente analizzati. In secondo luogo, porrò la questione dello
specifico della condizione infantile all’interno della condizione umana, e mi chiederò se la nozione di diritto nel senso che
si è detto non si trovi a collidere, almeno in parte, con gli elementi costitutivi dell’infanzia e con i suoi bisogni specifici.
Cercherò di mostrare come le Carte dei diritti finora elaborate
presentino una duplice carenza: scarsa attenzione per lo specifico della condizione infantile; insufficiente attenzione alla
concretezza reale e politica delle violazioni e degli abusi cui
l’infanzia è esposta nei diversi Paesi del mondo. Infine, metterò in relazione la doppia valenza di dipendenza e bisogno
presente nella condizione infantile e nella condizione di malattia: due condizioni, ciascuna delle quali caratterizzata, se
pur in modo diverso, da un balzare in primo piano del corpo e
dei suoi bisogni primari, da un lato, e da un’accentuata fragilità spirituale dall’altro. Il legame di questa doppia dipendenza e fragilità nella stessa persona genera diritti del tutto speciali, che devono essere accuratamente formulati e continuamente aggiornati alla luce di un’esperienza eticamente guidata.
La nozione di diritto nel senso forte è sorta come guida per la
formulazione di codici di diritto positivo e come riferimento
ideale per la critica e la messa sotto accusa di Stati, leggi o situazioni che appaiano non in linea con esigenze normative
fondamentali. Questa nozione ha lo scopo di difendere gli individui nei confronti di poteri soverchianti e pone delle barriere che a nessuna autorità, anche legittimamente istituita,
è lecito violare. I valori di riferimento di questo quadro concettuale sono essenzialmente quelli della libertà e dell’autonomia: libertà di esprimere se stessi e di adottare lo stile di
vita che si preferisce, senza altro limite che quello del danno
I
n the considerations presented here, I will address the concept of right in the strong sense, which connects the juridical and ethical perspective and strengthens its regulatory
content, and I will question if this concept is not in some ways
distorted by the assumption of descriptive and regulatory conditions that have not been sufficiently analysed.
I will then address the specific nature of the condition of childhood within the human condition and ask myself if the concept
of right, as given, does not (at least in part) collide with the
constituent elements of childhood and with its specific needs.
I will try to show how the Charters of rights adopted up to present day are lacking in two ways:
1. Little attention to the specific nature of the condition of
childhood.
2. Insufficient attention to the real and political tangibility of
violation and abuse to which childhood is exposed in different countries of the world.
Finally, I will establish a connection between the double significance of dependence and need in the condition of childhood
and the condition of illness: two conditions that – although in
different ways – each feature, on the one hand, the child’s
body and primary needs in the foreground, and on the other
hand, a marked spiritual fragility. The connection between this
double dependence and fragility in the same person creates
rights of a special nature, which must be accurately formulated
and continuously updated in the light of an ethically guided
experience.
The concept of right in the strong sense has arisen as a guide
for formulating positive law codes and as ideal reference for
criticising and accusing states, laws or situations that do not
appear to be in line with fundamental regulatory demands.
This concept aims at defending individuals from overpowering
authority and sets boundaries that no authority, even if legitimately established, may infringe.
The reference values of this conceptual framework are essentially freedom and autonomy: freedom to express oneself and
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ad altri o dell’ostacolo all’esercizio della loro libertà; autonomia ossia diritto di prendere decisioni riguardanti la propria
vita riferendosi solo alle proprie convinzioni e alla propria coscienza. Questo quadro normativo presuppone un assunto descrittivo: quello di individui adulti, autonomi, capaci di gestire la propria vita senza l’aiuto degli altri e preoccupati solo di
non essere ostacolati nell’esercizio delle proprie attività. Ma
questa è solo una parte della realtà; il mondo è fatto anche di
individui in condizioni del tutto diverse come vecchi, malati,
deboli, portatori di handicap, bambini: persone il cui bisogno
primario non è quello di essere difesi dall’ingerenza dello Stato o di essere tutelati nella loro autonomia, ma di essere protetti nella loro condizione di dipendenza e aiutati per la soddisfazione dei loro bisogni. C’è dunque nella nozione di diritto una curvatura ideologica e un riferimento unilaterale a una
condizione particolare della vita umana, e una rimozione delle altre condizioni possibili. La prima operazione da fare
quando si parla di diritti dell’infanzia è quindi quella di correggere la prospettiva, mettendo in primo piano il bisogno di
essere protetti, aiutati e accuditi come diritto fondamentale
di quella parte di umanità la cui condizione è di bisognosità e
dipendenza. Mentre la prospettiva dei diritti umani è incentrata sulla preoccupazione di un’eccessiva invadenza del potere dello Stato nei confronti dell’individuo, quella dei diritti
dell’infanzia deve essere guidata dall’esigenza di intervento
dei pubblici poteri a sostegno di chi è ancora lontano dall’autosufficienza e dall’autonomia. Estendere acriticamente, e
astrattamente, all’infanzia i diritti concepiti per l’età adulta
comporta esiti talora grotteschi, perché i beni fondamentali
dei quali essa ha bisogno non appartengono alla costellazione
della libera gestione di sé e dell’assenza di vincoli, ma piuttosto a quella della dipendenza, dell’incapacità di accudirsi da
soli. Accade che importanti ed autorevoli Carte dei diritti,
compresa quella delle Nazioni Unite, cadano in questo errore1
e attribuiscano all’infanzia esigenze proprie di altre età o
mettano in primo piano ciò che dovrebbe essere posto in seconda linea rispetto ad esigenze più pressanti2.
Per una riformulazione soddisfacente della nozione di diritto
adeguata a cogliere la specificità dei diritti dell’infanzia sono
to take up a preferred lifestyle, without any limits other than
damaging others and limiting their freedom; autonomy, that
is, the right to take decisions regarding one’s life, referring only to personal beliefs and conscience. This regulatory framework implies a descriptive argument: the need for adult and independent individuals, capable of conducting their lives without the help from others and solely concerned about not being
hindered during the exercise of their activities. Yet this is only
part of the reality; the world is also made up of individuals in
completely different conditions, such as the elderly, ill and
weak people, disabled persons and children: people whose primary need is not one of being defended by state interference
or of having their autonomy safeguarded, but of being protected in their condition of dependence and aided in order to
satisfy their needs. Consequently, there is an ideological bending in the idea of right, as well as a unilateral reference to the
particular condition of human life and removal of other possible conditions.
The first action to be taken when speaking about children’s
rights is to set right the perspective, placing in the foreground
the need to be protected, helped and cared for as a fundamental right of that part of humanity whose condition is one of
need and dependence. While the human rights perspective addresses concern for the excessive interference by state authority in the individual, the children’s rights perspective must be
guided by the need for intervention by public authorities in order to support that is still far from self-sufficiency and autonomy. Extending the rights conceived for adults to children, in a
dogmatic and abstract manner, at times leads to grotesque results, because the fundamental needs of childhood do not belong to the sphere of free self-management and absence of obligations, but rather to the sphere of dependence and incapability of caring for oneself. Important and influential charters
of rights, including the charter of the United Nations, make
this mistake1 and attribute needs belonging to other ages to
childhood or place issues in the foreground that should be given less importance compared to other more pressing needs2.
To reach a satisfying reformulation of the concept of right
which adequately embraces the specificity of children’s rights,
Mi sembra che scivolino in questa direzione alcuni punti della Carta
internazionale dei diritti dell’infanzia, quando ad esempio si proclamano
diritti di espressione, di riunione, di libertà di culto e così via. In maniera
più accentuata questa deformazione ideologica si rivela in sentenze giudiziarie che riconoscono, ad esempio, il diritto di una minore a prostituirsi o a fare uso di sostanze stupefacenti, contro la volontà dei genitori,
privilegiando il valore dell’autonomia, fondamentale per l’adulto, anziché il diritto ad essere salvata da una condizione distruttiva e degradante.
2 Si insiste ad esempio sul diritto di informazione, di associazione, di
opinione; oppure si privilegia il diritto all’identità culturale e nazionale
rispetto a quello all’integrità fisica, a un’alimentazione adeguata, alla
libertà da ogni sfruttamento, dall’abuso sessuale, dalla violenza, dalla
guerra.
It seems that some points of the International Charter of the Rights
of the Child fall in this direction, for example, when the rights to expression, meeting, freedom of religion, etc., are proclaimed. This ideological distortion is more markedly revealed in judicial sentences that
acknowledge, for example, the right for a minor to prostitute him/herself and use drugs, against his/her parents’ wish, privileging autonomy
(fundamental for adults), instead of the right to be saved from a destructive and degrading condition.
2 Insistence is made, for example, on the right to information, association, opinion; or the right to a cultural and national identity is privileged with respect to the right to physical integrity, to adequate nutrition, to freedom from any type of exploitation, sexual abuse, violence,
war.
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necessarie, a mio parere, tre diverse ma congiunte operazioni:
una ricostruzione filosofica dello specifico della condizione infantile all’interno della generale condizione umana; una ricostruzione empirica, offerta dalle scienze umane, in particolare da psicologia, sociologia e medicina, che dia conto dei bisogni effettivi e della realtà della mente infantile, delle condizioni di vita che meglio consentono la crescita fisica, intellettiva, affettiva e morale di un bambino; un’indagine politica
volta ad accertare le situazioni reali in cui abusi e violenze,
coercizioni e negazione di bisogni fondamentali vengono perpetrati a danno dell’infanzia. La nozione di diritto è infatti
per lo più una nozione negativa, che emerge con tutta la sua
forza normativa di fronte alla realtà dei bisogni negati e della
dignità calpestata. A che cosa un bambino abbia effettivamente diritto lo si intende, in modo forte, di fronte allo spettacolo della sofferenza, dello sfruttamento, dell’abuso di ogni
tipo cui l’infanzia è sottoposta nelle varie parti del mondo.
Nelle riflessioni che seguono mi occuperò dell’aspetto filosofico, ma farò anche riferimento alle altre due dimensioni,
senza la cui concretezza i discorsi sui diritti rischiano di scivolare nella retorica.
Il primo passo per cogliere lo specifico della condizione infantile parte dalla semantica del termine: l’in-fanzia è l’età
che non parla, non solo letteralmente ma anche in senso metaforico: il linguaggio dell’infanzia è infatti per lo più indiretto e incerto, non esplicito ma implicito, non riflessivo ma allusivo, tale che spesso lascia solo intuire quello che si nasconde nelle pieghe della parola. Questo silenzio dell’infanzia
spiega perché disponiamo di molti trattati De senectute, da
Cicerone a Simone de Beauvoir a Bobbio, ma non di trattati
De pueritia. Per dire la sua condizione, per esprimere i propri
bisogni e reclamare i propri diritti, l’infanzia ha bisogno di
essere rappresentata da altri, da qualcuno che in-fante non è
più. Ma questa rappresentanza è sempre problematica: chi
parla non lo fa in prima persona e rischia di proiettare sull’infanzia elementi che non le appartengono. È quindi importante che chi parla in nome dell’infanzia, e ne esprime bisogni e
diritti, sia un interprete intelligente, onesto e soprattutto
non ideologico. Se c’è un diritto da tracciare, a questo proposito, è il diritto dell’infanzia a essere ascoltata, a quell’ascolto
attento che sa decifrare i bisogni, i sentimenti, i pensieri che
emergono nelle forme comunicative indirette di cui si serve il
bambino; un ascolto in grado di comprendere che l’in-fanzia
non è afasica, ma parla solo in modo diverso.
Nella specie umana l’infanzia ha una durata straordinariamente lunga. Questo fatto, che può essere visto come svantaggio
biologico, è in realtà un vantaggio di enorme importanza, che
fa della specie umana una specie diversa da tutte le altre: il
lungo periodo di dipendenza, che obbliga il bambino a stare a
contatto con adulti che gli trasmettono pensieri, informazioni, concetti, nozioni morali, gioca un ruolo decisivo nel processo di antropogenesi. La dimensione storica e culturale del-
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I believe that three different but interrelated operations are
necessary: a philosophical reconstruction of the specific nature
of the condition of childhood within the general human condition; an empirical reconstruction, suggested by life sciences,
especially by psychology, sociology and medicine, which takes
into account the actual needs and world of the infant’s mind,
and of the life conditions that better enable the physical, intellective, affective and moral growth of a child; a political inquiry aimed at assessing the real situations in which abuse, violence, coercion and denial of fundamental rights are committed to the damage of childhood. The concept of right, indeed, is
mainly a negative concept, which emerges with full regulatory
force when faced with the world of denied needs and oppressed
dignity. What a child actually has the right to is fully understood when viewing the suffering, exploitation and abuse to
which children are subject in various parts of the world.
In the following considerations, I will address the philosophical
aspect but I will also refer to two other dimensions that,
thanks to their tangibility, allow to talk about rights without
falling into rhetoric.
The first step to be taken to embrace the specific nature of the
condition of childhood starts from the semantics of the word:
in-fancy is the age that does not speak, not only literally but
also metaphorically: the language of infancy, indeed, is for the
most part indirect and uncertain, it is implicit, not explicit,
and allusive, not reflective, to such an extent that we must often sense what is hidden in the folds of the word. The silence of
childhood explains why we have many De senectute treaties,
from Cicero to Simone de Beauvoir and Bobbio, but no De
pueritia treaties. In order to speak about its condition, to express its needs and reclaim its rights, childhood needs to be
represented by others, by someone who is no longer an infant.
This representation, however, is always problematic: whoever
speaks does not speak for him/herself and risks projecting on
childhood elements that do not belong to it. It is important,
therefore, that whoever speaks in the name of childhood and
expresses its needs and rights, be an intelligent, honest and especially non-ideological interpreter. If a right needs to be
traced out, it is the right of childhood to be heard and to be
heard attentively, in order to interpret the needs, feelings and
thoughts emerging in the indirect communication of the child
and to understand that in-fancy is not aphasic but simply
speaks in a different way.
Childhood is extraordinarily long in the human species. This
fact, which may be viewed as a biological disadvantage, is instead an extremely important advantage, which makes the human species a species differing from all others: the long period
of dependence, which obliges the child to remain in contact
with adults who transfer thoughts, information, concepts and
moral ideas to him or her, plays a decisive role in the process
of anthropogenesis.
The historical and cultural dimension of man starts with the
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l’uomo prende le mosse dal lungo colloquio madre/figlio e padre/figlio, dal lungo percorso di apprendimento: un percorso
che in parte coincide con l’intera esistenza umana e che fa
dell’uomo un animale “neotenico”, costitutivamente incompiuto, plasmabile, e dunque capace di modificarsi continuamente. Questo dato contiene un’indicazione normativa: l’infanzia deve essere rispettata in questa lunghezza di percorso,
che è la ricchezza della nostra specie, e non forzata a diventare adulta prima del tempo. Il diritto fondamentale è il diritto
all’infanzia, a mantenere la propria identità e condizione, il
proprio modo di essere, il proprio naturale ritmo di crescita.
Occorre inoltre tener presente che l’infanzia è una realtà dinamica, costituita di fasi successive, molto diverse tra loro. Mentre si può parlare di età adulta come uno stato che si prolunga
e rimane sostanzialmente invariato nel tempo, fino alle soglie
della vecchiaia, l’infanzia è caratterizzata da fasce d’età, che
comportano caratteristiche fisiche e soprattutto psichiche
molto differenti. Pertanto, affinché la nozione di diritti dell’infanzia non rimanga astratta e quindi di scarso significato, occorre riferirsi a questa condizione come a un periodo caratterizzato da mutamenti rapidi e profondi: ogni fase ha suoi specifici bisogni, diverse esigenze e diversi diritti.
Tra le caratteristiche salienti della condizione infantile si deve sottolineare l’elemento di dipendenza e bisognosità: per
quanto in gradi diversi, dalla prima infanzia all’adolescenza,
il bambino ha un rapporto mediato con il mondo, sia sul versante conoscitivo che su quello pratico, sia con il mondo fisico che con quello sociale. In un certo senso anche gli adulti
sono dipendenti gli uni dagli altri, ma lo sono in una relazione di reciprocità; l’infanzia invece si trova in condizione di
dipendenza asimmetrica e unilaterale: un bambino necessita,
per soddisfare i suoi bisogni vitali, della mediazione dell’adulto che è in grado di procurargli il necessario; ne ha bisogno
per la gestione della sua esistenza, della quale non è ancora
in grado di controllare la complessità; ne ha bisogno per conoscere e maneggiare le cose del mondo come per conoscere e
contenere se stesso. Il bambino è un ente specificamente bisognoso, in un modo più radicale di quanto lo siano in generale tutti gli esseri umani. Per questo è una forma particolare
di violenza nei confronti dell’infanzia l’abbandono in tutte le
sue forme: in senso letterale, quando il bambino viene rifiutato al momento della nascita – un tempo veniva lasciato sul
sagrato della chiesa, nella ruota di un convento o nella foresta dove, in casi eccezionali, una femmina di mammifero poteva adottarlo e permettergli di crescere come enfant
sauvage: oggi in modi più spietati viene gettato nel cassonetto della spazzatura, in una discarica o chiuso in un sacco di
plastica –. In senso più largo, l’abbandono può essere psicologico, e consiste in una più o meno grave indifferenza e indisponibilità al contatto e all’amore. Esperienze di laboratorio
dimostrano che il cucciolo di un primate, se privato del contatto quotidiano con un corpo vivente, deperisce e smette di
long mother/child and father/child relations and with the long
journey of learning: a journey that, in part, coincides with the
entire human existence and that makes man a “neothenic” animal, constitutionally unaccomplished and mouldable, therefore, capable of modifying itself continuously. This fact contains a regulatory indication: childhood must be respected
along the length of this journey, which represents the wealth of
our species, and not forced to become adult before time. The
most fundamental right of childhood is the right to childhood,
the right to maintain its identity and condition, its way of being and its natural growth rate. It is also necessary to bear in
mind that childhood is a dynamic period, made up of subsequent and very different phases.
While it is possible to speak of adult age as a status extending
itself and remaining substantially unvaried over time, up to
the threshold of old age, childhood presents age brackets with
very different physical and especially psychic characteristics.
Therefore, in order that the concept of the rights of childhood
may not remain abstract and of scarce significance, this condition must be referred to as a period featuring rapid and deep
changes: each phase has its own specific needs, different demands and different rights.
Among the main features of the condition of childhood, dependence and need must certainly be emphasized: although at
different levels, from early infancy to adolescence, the child has
a mediated relationship with the world, both in terms of knowledge and practice, and both with the physical and social world.
To a certain degree, adults also depend on each other, but they
do so within a relationship of reciprocity; childhood, instead,
features a condition of asymmetric and unilateral dependence:
in order to satisfy their vital needs, children need the mediation
of an adult capable of providing them with what they need.
They need this mediation to deal with their existence, whose
complexity they are not yet able to control, and to become acquainted with and handle the world around them, as well as to
get to know and contain themselves. The child is an entity who
is specifically in need, in a more radical way than all human
beings generally are. This is why abandonment, in all its forms,
is a particular form of violence towards children: in a literal
sense, when the child is refused at the moment of birth – once
left in churchyards or convent foundling wheels or in forests
where, in exceptional cases, a female mammal would adopt the
child and enable him or her to grow up as an enfant sauvage;
today children are more cruelly left in large rubbish containers,
dumps or closed in plastic bags. In a wider sense, abandonment
may be psychological and consists in a more or less serious indifference and unwillingness towards contact and love.
Laboratory experiences reveal that baby primates, if denied
daily contact with a living being, become weak and stop eating
until they die. Any form of abandonment, in literal but also
psychological and affective terms, represents a violation of the
primary rights of childhood.
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mangiare fino a morire. Ogni forma di abbandono, quella letterale come quelle psicologiche e affettive, costituisce una
violazione dei diritti primari dell’infanzia.
Si deve inoltre sottolineare il carattere di fragilità e vulnerabilità (più acuta che per ogni altro membro della società umana: in una scala di forza, al primo posto maschi adulti, poi
donne, anziani, malati e bambini). Questo carattere fa dell’infanzia l’obiettivo preferenziale di ogni tipo di violenza: da
quella subdola che si svolge tra le mura domestiche, a quella
che si incontra nella società, in forme diverse secondo le diverse culture. Solo un esempio tra i tanti: è un paradossale tipo di violenza l’arruolamento forzato in milizie combattenti
nelle guerre civili e tribali di certi paesi africani o asiatici: in
questa condizione il bambino subisce e infligge violenza, venendo così doppiamente violato, nel corpo e nella mente. Poiché la fragilità e debolezza costitutiva della sua condizione
rende l’infanzia facile preda di ogni tipo di aggressione, occorre ribadire il diritto all’integrità fisica e mentale, diritto
che ovviamente appartiene a ogni essere umano ma che corre
in questo caso maggiori rischi di essere infranto.
L’infanzia è l’anello debole di ogni tessuto sociale: ogni civiltà
e cultura scarica le sue tensioni e fa precipitare le sue imperfezioni nel punto più debole del tessuto sociale. L’infanzia è
la condizione più indifesa e quindi esposta alle contraddizioni del mondo in cui vive.
Tutti gli aspetti che abbiamo sottolineato caratterizzano anche, se pur in modi diversi, la condizione della malattia, nella
quale dipendenza, fragilità, bisognosità, compaiono di nuovo
anche nell’età adulta, caratterizzando il malato come una
persona cui sono dovuti trattamenti e attenzioni speciali, di
cui l’adulto sano non ha bisogno. È quindi evidente che, in
prima istanza, la condizione del bambino malato consiste in
una somma di bisognosità e dipendenza e richiede un sovrappiù di attenzione, dedizione e rispetto. Qui però, a mio avviso, emergono anche esigenze nuove: il bambino malato non
ha solo bisogno di cure e diritto ad averle secondo le possibilità terapeutiche disponibili, come ogni malato; non ha solo
bisogno e diritto a tutte le forme di aiuto e soccorso necessarie a individui non autosufficienti, dipendenti. Ha anche bisogno e diritto a un particolare rispetto, che gli è dovuto come a ogni essere umano ma che, data la sua condizione infantile, può non essergli tributato.
Nella malattia e nella degenza il bambino ha particolare diritto a essere accolto e a essere seriamente ascoltato. Questo richiede nel medico, nell’infermiere e in genere nel personale
ospedaliero, un esercizio di umiltà e di attenzione: sicuramente essi sanno della malattia, del suo decorso e della sua
etiologia, più di quanto sappia il piccolo paziente; ma non
sanno quale è il suo vissuto, quali sono i suoi bisogni, le sue
paure, la sua percezione del dolore. Essere accolto e ascoltato
non è solo un diritto in generale, ma lo è particolarmente in
quella situazione specifica, sia per la condizione che il picco-
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Fragility and vulnerability also need to be underlined
(stronger than in any other member of the human society: in a
scale of strength, adult males are ranked first followed by
women, elderly people, ill people and children). These features
make childhood the preferential objective of violence: insidious
violence in the domestic environment, to violence encountered
in society, which differs according to different cultures. Just
one example among many: the forceful enrolment into armies
in the civilian and tribal wars of certain African or Asiatic
countries is a paradoxical type of violence. In these conditions,
the child is subject to and inflicts violence and is thus doubly
violated, in the body and in the mind. Since fragility and weakness – a constituent part of the condition of childhood – make
children an easy prey for any kind of aggression, it is important to newly underline the right to physical and mental integrity, a right that obviously belongs to all human beings and
which runs greater risks of being violated in this case.
Childhood is the weak link of every social fabric: every civilization and culture relieves its tensions and pours its imperfections into the weakest point of the social fabric. Childhood is
the most defenceless condition and therefore exposed to the
contradictions of the world we live in.
All the aspects that have been underlined also portray – although in different ways – the condition of illness, where dependence, fragility and need arise once more in the adult age
and characterize the ill person as a person to whom special
treatment and care are due, and not needed by the healthy
adult. It is evident, therefore, that at first glimpse, the condition of the sick child consists in a sum of need and dependence, and requires extra care, dedication and respect. I believe,
however, that in this case new needs also emerge: the sick child
does not only need treatment and have the right to receive it
according to all available therapies, like any other sick person;
the sick child does not only need and have the right to all
forms of help and aid required by dependent and non self-sufficient individuals. The sick child also needs and has the right to
a particular respect, which is due to him or her like any other
human being. Unfortunately, being a child, this respect is not
always paid.
During illness and hospitalisation, the child has the special
right to be cared for and to be seriously heard. This entails that
doctors, nurses and hospital staff in general must have an attitude of humility and care: they certainly know more about the
illness, its progress and its aetiology than the young patient;
but they know nothing about the child’s past experience,
needs, fears and perception of pain. Being cared for and being
heard is not only a general right, but is a particular right in
this specific situation, both for the condition experienced by
the young patient – implying anxiety, fear and depression
even in the adult patient – and because a more serene experience has positive results on the therapy. The child has the
right, just like the adult, to understand what is being done to
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lo paziente sta vivendo – che comporta ansia, paura, depressione anche nel paziente adulto – sia perché un vissuto più
sereno entra positivamente a far parte della terapia. Il bambino ha diritto, come l’adulto, a capire che cosa gli sta accadendo e ha quindi diritto a risposte chiare e esaurienti: certo non
brutali o dure, ma sufficientemente realistiche e non mendaci. Ha diritto a essere rassicurato e calmato, ma soprattutto a
una comunicazione leale e rispettosa. Qualsiasi cura resta
inefficace se non c’è collaborazione da parte del paziente, e
questa viene sempre da un rapporto di ascolto e di fiducia.
Nella malattia i bisogni, le sofferenze fisiche e il dolore da
una parte, la fisiologia ed anatomia del corpo dall’altra, balzano in primo piano. Il corpo è l’oggetto della malattia e della
terapia, è il soggetto della sofferenza, è il protagonista della
vicenda. Questa emergenza del corpo pone il malato in una
condizione particolare, talora regressiva: quella dell’affidare
ciò che è più personale e più intimo alla cura e alla manipolazione altrui. In questo rapporto, che nel malato adulto riproduce e rievoca, in parte, la dipendenza infantile e l’affidarsi
alle cure materne, è in agguato la possibilità opposta della
freddezza solo professionale o dell’intrusione che non rispetta il limite in modo adeguato. A quest’ultima possibilità sono
esposti particolarmente gli individui appartenenti alle due
fasi estreme della vita, l’infanzia e la vecchiaia, quasi che il
loro collocarsi nel non ancora adulti e nel non più giovani
conferisse una diminuzione di dignità e giustificasse quindi
un minor rispetto. Nella salute come nella malattia maxima
puero debetur reverentia; soprattutto nella malattia, condizione in cui il corpo è offeso dalla sofferenza e deve quindi
essere doppiamente difeso: curato nel modo più corretto, e
lenito nel dolore, ma anche trattato con la delicatezza e il rispetto che è dovuto a ogni essere umano, particolarmente a
coloro che sono al tempo stesso più indifesi e più bisognosi di
costruire e fortificare la propria identità personale attraverso
la tracciabilità del limite posto all’invadenza altrui. Tra i diritti del bambino malato metterei quindi, dopo quelli più evidenti – come l’accesso alle terapie appropriate per il recupero
dello stato di salute e per il lenimento del dolore e il diritto a
sottrarsi all’accanimento terapeutico – anche il diritto a essere rispettati nella propria dignità e nel proprio pudore.
him or her and has the right to receive clear and exhaustive
answers: these must not be brutal or harsh, but sufficiently realistic and true. The child has the right to be reassured and
soothed, but most of all to open and respectful communication. Treatment is ineffective if the patient does not collaborate and collaboration is always the result of a relationship
based upon listening and trust.
In illnesses, needs, physical suffering and pain on the one
side, physiology and anatomy of the body on the other, are of
prime importance. The body is the object of the illness and
therapy; it is the subject of suffering and is the protagonist of
the experience. This emergency of the body places the sick
person in a particular condition, at times regressive: the entrustment of what is most personal and intimate to the treatment and handling of others. This relationship, which in the
adult patient reproduces and evokes, in part, infantile dependence and entrustment to maternal cares, can present the
opposite situation: professional coldness or intrusion that
does not adequately respect limits. Individuals belonging to
two opposite phases of life – childhood and old age – are particularly exposed to the latter situation, as if the fact that
they are not yet adults and no longer young could reduce
their dignity and justify, therefore, minor respect. In health,
as in illness, maxima puero debetur reverentia; in illness,
particularly, a condition in which the body is offended by the
suffering and must consequently be defended in two ways:
treated with most accurate care and soothed from pain, but
also treated with gentleness and respect as owed to every human being, especially to those who are at the same time more
defenceless and more in need of building and strengthening
their own personal identity by tracing the limit marked by the
interference of others. Among the rights of the sick child, I
would suggest placing, therefore, after the most evident
rights – such as the access to adequate therapies for recovering health and soothing pain, and the right to refuse therapeutic obstinacy – also the right to be respected in terms of
one’s dignity and discreetness.
*****
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Una nuova
cultura medica
A new medical
culture
Il superamento del concetto di umanizzazione
dell’assistenza
Overcoming the idea of humanized assistance
Massimo Papini
Ordinario di Neuropsichiatria infantile, Dipartimento di Scienze neurologiche e psichiatriche, Università di Firenze
Professor of Infantile Neuropsychiatry, Department of Neurological and Psychiatric Sciences, University of Florence
I
bambini e i ragazzi si trovano nel fondo delle procedure
sanitarie, risentendo di tutti gli elementi, famiglia e
Ospedale che li sovrastano. Pertanto sarebbe utile che le
amministrazioni basassero le loro scelte su due punti:
1. Privilegiare i fatti rispetto alle parole. Privilegiare le strutture che hanno un rapporto corretto fra personale sanitario e bambini con le loro famiglie, rispetto alle strutture
che ne hanno meno.
2. Concepire l’economia come impegno globale (bambino famiglia Ospedale) piuttosto che come risparmio del solo sistema sanitario.
I comportamenti sociali implicati nelle professioni sono regolati da norme etiche, come l’insuperato giuramento d’Ippocrate e dalle norme degli Ordini professionali che hanno titolo di
comminare la sospensione o l’espulsione dall’esercizio professionale, a parte le devianze di pertinenza penale e civile. Ma
quello che è lecito o meno non riguarda solamente le eccezioni codificate dalla giurisprudenza e dagli statuti, ma piuttosto l’ingresso, nell’ambito professionale, di consuetudini e di
prassi più evolute, civili, adeguate. In altre parole, l’atteggiamento che il medico sensibile, colto ed evoluto immette nella
propria professione dipendente dalla sua visione del mondo
risulta isolato, e potrà consolidarsi come prassi professionale
comune soltanto in seguito a movimenti di pensiero che investono la società e il costume.
Umanizzazione dell’assistenza dovrebbe significare, in qualsiasi atto medico chirurgico, che il sanitario tenga in debita considerazione l’aspetto umano del soggetto che necessita di cure.
Ma che cosa c’è di disumano nell’attività sanitaria, da render
necessario umanizzarlo? Il medico cura con veleni, radiazioni,
gessi, coltelli, forbici, aghi e filo e i suoi atti, e gli ambienti sanitari, sono pervasi di un’aggressività che può sfociare in violenza, complici l’abitudine dei sanitari, la posizione subalterna
dei pazienti, fino “a stabilire un’alleanza perversa fra medico e
genitori per aggredire il bambino invece della sua malattia
(Winnicott) “. L’etica cattolica nella quale siamo immersi in
C
hildren and young people are at the bottom end of
health procedures and are affected by overtowering environments, their family and the hospital. It could be
useful, therefore, for administration to source its choices on
two aspects:
1. Privilege facts instead of words. Privilege structures that
carry out correct relationships between medical staff and
children and their families, instead of structures that do so
to a lesser extent.
2. Conceive economy as a global commitment (child, family,
hospital) rather than saving of the health system only.
Social behaviour in the work of professionals is ruled by ethical
regulations, such as the unequalled Hippocratic oath, and by
the regulations of professional orders, which have the power to
suspend or expel physicians from their profession (except for
problems of penal or civil competence). However, what is or
what is not permitted is not only related to issues ruled by law
and by statutes, but also to the introduction of more evolved,
civil and adequate practices and conduct in professional environments. In other words, the behaviour that perceptive,
learned and mature physicians introduce into their profession
and that depends on their vision of the world remains isolated
and can only evolve into a common working procedure through
actions embracing society and custom.
Humanization should mean, in any medical-surgical act, that
medical staff must take into just account the human dimension of the patient needing care. But why is healthcare so inhuman that it needs to be humanized? Physicians treat their patients with poisons, radiations, plaster, knives, scissors, needle
and thread, and the actions they carry out; likewise, healthcare environments are pervaded with an aggressiveness that
may lead to violence, owing to medical staff’s habits, their
sadism and patients’ subordinate position, thus “establishing
a perverse alliance between physician and parents to attack
the child instead of his or her illness (Winnicott)”.
The deeply rooted Catholic ethics of this country – as Benedetto
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questo Paese – come diceva Benedetto Croce – indipendentemente dalle idee religiose o laiche di ciascuno, parla di pietà ed
il concetto di umanizzazione corrisponde appunto ad un atteggiamento di compassione. Umanizzazione è dunque un connotato inteso a rendere più umano il repertorio di interventi aggressivi di coloro che trattano i pazienti, meritevoli pietà. Questo concetto corrisponde storicamente a quello del “sovrano illuminato”, e senz’altro, se deve tornare una dittatura, è preferibile il Granduca di Toscana o Carlo Alberto di Savoia.
D’altro canto la professione medica, come qualsiasi professione,
viene di solito esercitata con due prevalenti atteggiamenti: 1.
Il medico percepisce se stesso al servizio dei pazienti e la struttura sanitaria costituisce uno strumento organizzato allo scopo
di riconquistare la salute possibile, oppure, 2. Il medico usa la
struttura sanitaria, ad es. l’Ospedale, come se questa fosse al
suo servizio (nel fornire potere sociale ed economico) ed i pazienti risultano sudditi e strumenti di un potere assoluto.
Nell’ ultimo ventennio la cultura medica della popolazione è
notevolmente aumentata, ma gli ultimi progressi biomedici,
dalla genetica ai trapianti d’organo ed all’innovazione di protocolli terapeutici antineoplastici pregni di rischi e di speranze, fino alla procreazione assistita ed alla possibilità della clonazione, hanno aumentato le conoscenze tecniche e quindi il
potere del medico rispetto ai pazienti ed a quanto è loro noto, producendo nuovi dislivelli. Argomenti nuovi o riciclati,
onesti o perversi come il “consenso informato”, la “bioetica”,
e la stessa “umanizzazione dell’assistenza” costituirebbero
allora campi d’interesse che destano nuove e non sempre adeguate opportunità di approfondimento.
Sembra molto utile sottolineare il contributo storico ed attuale dell’“educazione” sul mondo sanitario per il superamento del valore e del concetto di umanizzazione dell’assistenza.
Se trasponiamo il concetto di umanizzazione dall’assistenza
sanitaria all’educazione scopriamo quanto sarebbe mostruoso
parlare di umanizzazione dell’educazione.
Nel regime culturale della pietà il malato “deve” dimostrarsi
debole e paziente per ottenere il diritto alla pietà di essere
curato. Il riconoscimento del suo essere disuguale, inferiore a
chi lo cura, costituisce l’atteggiamento o il presupposto necessario per l’accesso alle cure stesse. Così come di solito in
molte scuole, chi vuole passare “deve” presupporsi ignorante
e remissivo, requisiti necessari per acquisire il diritto ad avere
insegnamenti.
Non si vuole certo negare l’esame di realtà che giudica necessario un medico sano ed esperto per curare un malato e che
occorre un insegnante competente per insegnare a chi non
sa, ma solo puntualizzare il contributo degli educatori al superamento del presupposto d’inferiorità sociale dell’allievo e
del paziente.
Il messaggio principale degli educatori è che chi impara è
soggetto e non oggetto dell’educazione. Il sapere costituisce
la risposta a domande di cui tutti siamo traboccanti. Chi ope-
Croce used to say – regardless of people’s religious or lay beliefs, speaks of piety and the idea of humanization, indeed corresponds to an act of compassion. Humanization, therefore, is
a concept that makes the aggressive interventions of medical
staff treating patients – who are worthy of piety – more human. This concept historically corresponds to the concept of
the “enlightened monarch” and without doubt, if a dictatorship has to return, we can only hope it will be the Great Duke
of Tuscany or Carlo Alberto of Savoy.
Indeed, the medical profession, as any other profession, is
usually performed with two main types of behaviour: 1. The
physician perceives himself or herself, as being at the service
of patients and the healthcare structure is an instrument for
regaining health. Or 2. The physician uses the healthcare structure, e.g. the hospital, as if it were at his or her service (in providing social and economic power) and patients are seen as the
subjects and tools of the physician’s absolute power.
Over the past twenty years, the level of medical knowledge of
the population has considerably increased, however recent biomedical progress, from genetics to organ transplants, innovation of antineoplastic therapeutic protocols – complete with
risks and hopes, assisted procreation (IVF) and possible
cloning, have increased physicians’ technical knowledge and,
consequently, their power over patients and what patients
know, opening new gaps.
New or recycled as well as honest or perverse issues, such as
“informed consent”, “bioethics” and “humanized assistance”
itself, consequently represent fields of interest that lead to
novel and not always appropriate in-depth examination.
It is very useful to underline the historical and current contribution of education on the healthcare environment in order to
overcome the value and idea of humanized assistance. If we
transfer the concept of humanized healthcare assistance to education we realize how terrible it would be to talk of humanized education.
In the cultural regime of piety, the sick person “must” be weak
and patient in order to achieve the right to piety and treatment. Recognizing his or her inequality and inferiority towards
whoever is providing the treatment represents the behaviour or
precondition required for access to treatment. Likewise in
many schools, whoever wishes to pass “must” show that he or
she is ignorant and remissive: compulsory requirements to
achieve the right to receive education.
The intention here is certainly not to deny that a healthy and
expert doctor is needed to treat a sick person nor that an able
teacher is needed to teach who does not know, but simply to
point out the contribution of educators in overcoming the precondition of social inferiority in pupils and patients.
The main message of Educators is that whoever learns is the
subject and not the object of education. Knowledge represents
the answer to questions we are all brimming with. Whoever
deals with education must open and maintain an environment
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ra deve aprire e mantenere un clima nel quale scaturiscono le
domande di chi deve imparare. Tale messaggio, di cui siamo
stati e siamo testimoni partecipi, è che la qualità fondante,
cioè umana, non è diversa nel docente e nell’allievo nel loro
percorso dell’esistere, del crescere e del conoscere.
L’applicazione dello stesso principio all’attività sanitaria ci ha
fatto ricondurre, applicare la riflessione dal docente al medico
e dall’allievo al malato. Il principio medico ippocratico che “il
medico non cura il malato, ma gli insegna a curarsi” ha molto
a che vedere con una trasposizione dei principi dell’educazione attiva alla medicina. Ma allora il mandato, diretto al personale ed all’ambiente sanitario di umanizzarsi, di cercare di essere umani con i pazienti, riguarda un’etica di coscienza personale, chiusa nella soggettività solitaria della coscienza del
medico, con una ricaduta “graziosa” sui malati, che dichiarano di accettare inferiorità e sottomissione. Ma la dichiarazione
o l’ammissione d’inferiorità, non solo non è necessaria, ma
conduce decisamente tutto il rapporto medico paziente fuori
strada. Essa infatti allontana il paziente e la famiglia da una
posizione di parità umana col medico, che è il prerequisito
dell’interazione e della partecipazione. E poi, visto che il paziente dovrebbe idealizzare il medico, da un punto di vista
psicopatologico sappiamo bene che qualsiasi processo di idealizzazione sottende necessariamente la successiva caduta degli dei. Dunque, sulla base della teoria e della prassi del migliore pensiero educativo, si è trattato di tradurre il concetto
di umanizzazione dell’assistenza, alquanto arcaico, inerente la
coscienza, la disparità e la pietà, in un atteggiamento “attivo”, cioé interattivo, inerente l’interazione, la parità e la partecipazione: il cittadino medico cura il cittadino malato.
La presenza dei genitori negli Ospedali per bambini è stata ottenuta con una lotta dei primi 5 anni ’70, contro pregiudizi
che producevano traumi psichici nei bambini e nei genitori,
come la separazione proprio nel momento della malattia.
Presso il reparto di Neuropsichiatria infantile dell’Università
di Firenze i medici non portano il camice che notoriamente
serve solo in chirurgia e malattie infettive, ambiti nei quali
ha specifiche caratteristiche che determinano protezione reciproca fra medici e pazienti. Nelle altre branche della medicina il camice è solo un simbolo d’appartenenza al genere sanitario. Il messaggio di non portare camice è di partecipazione
al medesimo destino umano. Il risvolto pratico è di non spaventare i bambini.
In Ospedale anche l’affidamento clinico di un bambino ad un
singolo medico costituisce un progresso che appare assai logico: se nelle malattie correnti il bambino ha bisogno del suo
pediatra che lo conosce, quanto più questo rapporto privilegiato è necessario nelle malattie più impegnative per le quali
è necessario il ricovero.
Appare assurdo che ci sia una normativa sulla privacy anche
per aspetti marginali e non ci sia nessun accorgimento per
evitare la divulgazione di problemi sanitari delicatissimi nella
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from which learners’ questions may spring forth. This message,
of which we all have been and are common witnesses, is that
the founding quality – that is, the human quality – is no different in the teacher than in the pupil during their journey of
existence, growth and knowledge.
We applied this principle to healthcare activities and transferred the above consideration from teacher to physician and
from pupil to patient. The Hippocratic principle according to
which “the physician does not treat the patient, but teaches
the patient to treat himself or herself” is greatly connected to
the transposition of Active Education principles to Medicine.
The order, therefore, given to medical staff and environments
to increase humanization and to be more human with patients
is related to an ethics of personal conscience, enclosed in the
solitary subjectivity of the doctor’s conscience, with a “graceful” repercussion on patients, who declare to accept their inferiority and submission. This declaration or admission of inferiority, however, is not only unnecessary but undoubtedly leads
the doctor-patient relationship astray. Indeed, it moves the patient and family away from a position of human equality with
the doctor, which is the pre-requisite for interaction and participation. Furthermore, since the patient should idealize the doctor, from a psychopathological viewpoint it is well-known that
any idealization process necessarily implies the fall of the
gods. Therefore, according to the theory and practice of the
best educational thought, the rather archaic concept of humanized assistance – based upon conscience, disparity and
piety – has been turned into “active”, or better, interactive behaviour, embracing interaction, parity and participation: the
citizen doctor treating the sick citizen.
The presence of parents in children’s hospitals was achieved
after a battle in the early 1970’s, against prejudices that produced psychic traumas in both children and parents, such as
separation at the moment of illness.
In the Infantile Neuropsychiatric Ward of the University of Florence, doctors do not wear white coats. White coats are notoriously required in the event of surgery and infective illnesses,
environments with specific characteristics where mutual protection between doctors and patients is required. In other
branches of medicine, white coats are simply a symbol of belonging to the healthcare sector. The message to not wear
white coats is one of participation in the same human fate. The
practical outcome is to not frighten children.
Entrusting the child to just one doctor in the hospital is a procedure that appears to be quite logical: if children need their
paediatrician, who knows them well, for ordinary illnesses, this
privileged relationship becomes even further necessary in more
complicated illnesses requiring hospitalization.
It is quite absurd that there is a regulation on privacy for
unimportant issues and there are no means to avoid the diffusion of extremely delicate health problems during healthcare
procedures. Regarding this, it would be appropriate to abolish
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prassi sanitaria. A questo proposito è opportuna l’abolizione
del “giro in corsia”, sostituito da una visita collegiale in ambiente riservato.
Raccolta della documentazione di immagini. Foto e video che
documentano aspetti specifici di malattia costituiscono tuttora aspetti necessari di documentazione. A parte il permesso
scritto dei genitori, necessario per legge, le riprese vengono
eseguite in modo non aggressivo, vale a dire senza orientare
l’obiettivo su aspetti antiestetici, in modo da poterne dare
una copia ai genitori.
Astensione dal giudizio su pazienti e famiglie. Per quanto il
giudizio sui pazienti o sulle loro famiglie non debba mai essere dato da medici, il rispetto nei loro confronti, come se essi
fossero presenti costituisce un principio fondamentale, che
obbliga ad una riflessione sulle problematiche, senza fughe
sarcastiche o regressioni goliardiche nelle discussioni, conservando un atteggiamento rispettoso nei confronti dei pazienti e delle loro famiglie.
Preparazione per gli esami dolorosi ai bambini. Sebbene siano
indispensabili, gli esami dolorosi ai bambini implicano una
preparazione dei bambini stessi e dei genitori, rispetto alla
necessità degli esami, ed al peso per il bambino. I genitori
possono assistere, se e come si sentono di farlo.
La consegna della diagnosi. Molte famiglie hanno grandi difficoltà a prendere atto di diagnosi. La consegna della diagnosi,
ove precoce, se possibile è preceduta da interventi educativi e
può perfino essere rinviata, se si ritiene che la famiglia non
sia assolutamente in grado di tollerarla.
Il superamento del “Medicus non eat, nisi vocatus”. La compliance come problema psicopatologico dell’approccio psicopedagogico. Molte famiglie hanno bisogno d’interventi diversi e sono così in difficoltà da non riuscire a seguire una prassi
(es. incontri programmati); in questi casi il medico si fa parte
attiva per chiamare, ricordare, ecc..
Attesa ed invito al paziente per una sua posizione propositiva.
Spesso si tratta di aspettare il paziente e/o la sua famiglia,
attendendo una posizione propositiva, invece che dare un’indicazione e disinteressarsi di quanto successivamente avviene. È quanto mai opportuno offrire possibilità e servizi nel
momento in cui il bambino ne manifesta il bisogno. Ciò vale
per la logopedia quando il bambino si pone il problema di comunicare meglio, per la psicoterapia quando il bambino si
mostra almeno in parte conscio della propria sofferenza, ecc.
Abolizione del muro concettuale, professionale e fisico fra
Ospedale e territorio. Certamente il rapporto fra pediatra del
bambino e reparti clinici è estremamente importante per un
effettivo risultato e per una continuità delle cure che riduce
le incertezze della famiglia. Assai paradossale risulta questa
frattura nel campo della salute mentale in età evolutiva, per
la organizzazione di ricoveri di emergenza per minori a Pisa
anche per soggetti residenti ad es. a Firenze, rendendo difficilissima la presa in carico territoriale.
the “ward round” and replace it with a reserved group visit.
Collection of photo/video documentation. Photographs and
videos recording specific aspects of the illness are still important for documentation purposes. Apart from the parents’ written authorization, required by law, shooting is taken in a nonaggressive manner, that is, the lens is not pointed towards unaesthetic features, so that a copy may be given to the parents.
Refraining from judging patients and families. Although
physicians must never give opinions on patients and their families, showing respect towards them, as if they were present, is
a fundamental principle. Problems must be discussed without
giving sarcastic comments or making funny observations and a
respectful behaviour must be maintained towards patients and
their families.
Preparation of children for painful tests. When painful tests
are necessary, both children and parents need to be prepared,
depending on the need for the tests and on how much these
weigh on the child. Parents may assist if and to the extent they
feel like doing so.
Delivery of diagnosis. Many families have difficulty in accepting the diagnosis. In case of early diagnosis, delivery is preceded – if possible – by educational interventions and may even
be delayed, if the physicians believe that the family is absolutely not ready to accept it.
Overcoming “Medicus non eat, nisi vocatus”. Compliance as a
psychopathological problem of the psycho-pedagogical approach. Many families need different interventions and are in
such difficulty that they are not able to follow a procedure
(e.g. planned meetings); in these cases, the physician takes an
active role by calling them, reminding them, etc.
Waiting for the patient and inviting him/her to take up a
proactive position. This often means waiting for the patient
and/or family to take up a proactive position instead of giving
indications and not showing interest towards what happens
next. It is highly advisable to offer opportunities and services
when the child shows that he or she needs them. This is particularly true for Logopaedics when the child faces the problem of
communicating more effectively and for Psychotherapy when
the child shows that he or she is partly aware of his or her suffering, etc.
Tearing down the conceptual, professional and physical wall
between Hospital and Territory. The relationship between the
child’s Paediatrician and clinical wards is certainly of utmost
importance in order to reach effective results and continuity of
treatment, thus reducing the family’s uncertainties. This gap
in mental health care in the age of development becomes quite
absurd if we consider that emergency hospitalizations of minors in Pisa are also organized for children residing for example, in Florence, thus making treatment at territorial level very
difficult.
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Children’s Rights in Hospital
I diritti
del neonato
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The newborn’s
rights
Gianpaolo Donzelli
Ordinario di Neonatologia, Università degli Studi - AOU Meyer, Firenze
Professor of Neonatology, University of Florence, Meyer University Children’s Hospital, Florence
a nascita è un evento politico e sociale. Appartiene alla
storia del singolo neonato, alla donna ed all’uomo da cui
nasce, all’intera società. Le problematiche della medicina
perinatale pongono un numero sorprendente di quesiti di carattere etico. Questa tematica deve uscire dalle stanze degli
“addetti ai lavori” e diventare tema di cultura generale e riflessione condivise con la società civile, in particolare le donne. Il modo con cui questi principi fondamentali vengono
trattati, non produce effetti solo sugli individui specificamente coinvolti (pazienti e medici) ma può avere conseguenze a lunga scadenza su tutta l’umanità. La libertà e consapevolezza di concepire e generare un figlio legittimano chiunque a porsi in un confronto dialettico con le scienze maternofeto-neonatali per valutarne gli aspetti benefici, ovvero potenzialmente dannosi per la salute e la felicità dell’uomo1.
Queste considerazioni sottolineano l’interdipendenza esistente tra valori sociali e valori etici, centrali per qualsiasi organizzazione, compreso il mondo scientifico. Che cosa s’intende
esattamente per valori ed etica nella nostra professione? “I
valori sono ciò che giudichiamo essere giusto, singolarmente
o come comunità scientifica. Comportarsi in un modo eticamente corretto significa comportarsi in modo coerente con
ciò che è moralmente giusto. Tuttavia, entrambi sono termini
estremamente ampi e abbiamo bisogno di concentrarci su gli
aspetti più significativi per la medicina perinatale. Forse il
primo posto per noi è cercare di determinare ciò che è giusto o
sbagliato nelle nostre società scientifiche. In tal senso, la definizione delle priorità per la promozione di una cultura è un
problema per tutte le società, incluse quelle mediche. Ciò è
particolarmente vero in considerazione del fatto che la richiesta di approfondimenti culturali spesso supera lo stanziamento di risorse destinate a finanziarli. Molte istituzioni scientifiche credono nella necessità di introdurre temi etici nelle loro
“agende di formazione”. Tuttavia, il grado d’importanza con il
quale l’etica viene percepita dai professionisti non è mai stato
esplorato. Recentemente è stato dimostrato che i neonatologi
ed i ginecologi percepiscono l’etica in medicina perinatale co-
L
iving birth is both a political and social event. It belongs
to the history of the individual newborn, the woman and
man to whom the child is born, and to the society as a
whole. The problems of perinatal medicine pose a surprising
number of questions of an ethical nature. It is necessary for this
issue to move out of the rooms of the people directly involved
and become a topic of general discussion shared with the entire
society, in particular with women. As I wrote previously and as I
reaffirm, the way in which these fundamental principles are
dealt with not only produces effects on the individuals specifically involved (patients and health operators), but it can also
have long-lasting effects on humanity as a whole. The freedom
and awareness of conceiving and generating a child entitle
everyone to dialectically question the maternal-foetal-neonatal
sciences in order to assess the beneficial aspects, in other words,
the potentially harmful effects for the health and happiness of
man1. These issues focus on the centrality of the interdependence between social values and ethical values. Social and ethical
values are central to any organization, including the scientific
world. What exactly do we mean by values and ethics” Values
are what we, as a profession, judge to be right.” Individually or
organizationally, values determine what is right and what is
wrong, and doing what is right or wrong is what we mean by
ethics. To behave ethically is to behave in a manner consistent
with what is right or moral. However, both are extremely broad
terms, and we need to focus on the aspects most relevant for
perinatology. Perhaps the first places to look in determining
what is right or wrong in our field are the scientific societies.
Virtually every scientific society makes some definition of
morally correct behaviour. Setting priorities for promoting an
organizational culture is a problem for all educational teams,
including medical associations. This is particularly true in view
of the fact that the demand for educational activities often exceeds the supply of resources allocated to finance them. Many
scientific institutions believe in the need to introduce ethical
themes into their “training agendas”. Nevertheless, the level of
importance via which ethics are perceived by professionals has
G. Donzelli, How do neonatologists and obstetricians perceive
ethics in perinatal medicine?, To be published.
G. Donzelli, How do neonatologists and obstetricians perceive
ethics in perinatal medicine?, Submitted.
1
G
1
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I diritti del bambino in Ospedale
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me un insieme di casi clinici, piuttosto che una disciplina a sé
stante2.
I Diritti
I neonati e le loro madri esigono la risposta ai loro bisogni
principali, al fine di garantire il loro massimo potenziale di
salute. Questi diritti riguardano indiscutibilmente la prima
fase della vita.
Negli ultimi decenni, profondi cambiamenti socio-economico
hanno generato notevoli problemi che richiedono la definizione e la condivisione di principi per standardizzare il tipo
di azione da adottare.
Queste condizioni interagiscono con la società nel suo complesso e le decisioni da intraprendere sono spesso connesse
con quest’ultima ed attengono valori umani, etici, sociali,
economici, e sanitari. I numerosi documenti che contengono
dichiarazioni sui diritti dei bambini non riescono a rilevare in
un modo esaustivo le aree specifiche di difesa dei diritti dei
neonati. È pertanto necessario iniziare confronti e discussioni al fine di stimolare un dialogo sincero tra i maggiori policymakers e definire i diritti umani fondamentali dei neonati e
delle loro madri.
I temi principali sono i seguenti:
a) il neonato ha il diritto di nascere in condizioni di pace. L’evento della nascita testimonia la continuazione della specie umana, il figlio dell’ uomo rinasce, l’umanità rinasce.
In ogni luogo il figlio dell’uomo nasca, in quel luogo l’uomo non deve portare la morte. Anche se la nascita avviene
in una zona di guerra, queste deve essere considerata “zona franca”.
b) Il neonato ha il diritto di nascere nella giustizia. La società
deve garantire il massimo di equità per l’evento più paradigmatico per l’uomo: la sua nascita, assicurando che la madre
ed il neonato ricevano l’adeguato supporto dalla società.
c) Il neonato ha il diritto di nascere in condizioni di sicurezza. Popolazioni svantaggiate sono a maggior rischio per
quadri patologici a valenza ambientale, incluso il basso peso alla nascita, associato ad una maggiore mortalità infantile. Il basso peso alla nascita nei Paesi in via di sviluppo è
in forte aumento. Contrariamente ai Paesi industrializzati,
dove il fenomeno dipende prevalentemente dalle nascite
pretermine, nei Paesi in via di sviluppo dipende da un ritardo nella crescita intrauterina.
d) Il neonato ha il diritto di essere allevato in un ambiente
sano. L’ambiente sociale comprende anche stili di vita a
notevole impatto la salute neonatale.
e) Il neonato ha il diritto a ricevere cure adeguate quando
malato. Dopo la nascita, ogni neonato ha il diritto di ricevere tutta l’assistenza necessaria, in particolare quelli con
G. Donzelli, Ethics in Perinatal Medicine, Centro Scientifico ed.,
Torino, 1999. p. X.
2
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never been explored. Recently it has been demonstrated that
neonatologists and obstetricians perceive ethics in perinatal
medicine as a framework of clinical cases rather than as a discipline per se2.
The Rights
The newborns and the women they are born to demand observance of their primary requirements in order to guarantee
their maximum health potential. These unquestionable rights
concern the first phase of life. Over recent decades, profound
socio-economic and health changes have generated significant
issues which call for the defining and sharing of principles for
standardizing the sort of action to be taken.
These conditions interact with society as a whole and the decisions connected to the same focus on important human, ethical, social-economic, and health aspects. The numerous documents containing statements regarding the rights of children
fail to stress in an exhaustive manner the specific areas in defence of the rights of newborns. It is therefore necessary to initiate comparisons and discussions in the aim of stimulating open
dialogue among senior policy makers and defining the basic human rights of newborns and their mothers.
The main issues are the following:
a) the newborn’s right to be born in conditions of peace. The
event of birth testifies to the continuation of the human
species, the son of man is reborn, humanity is reborn. Wherever the son of man is born, man must not cause death.
Wherever children are born in war zones, these zones must
be considered as weapon-free areas.
b) The newborn’s right to be born in conditions of justice. Man
must fully apply concepts of social justice for the most significant paradigmatic event of his life: his birth. Justice
should be applied to the entire society and ensure that
mothers and newborns also receive fair treatment and a just
share of the benefits of society.
c) The newborn’s right to be born in conditions of safety. Disadvantaged populations are at an increased risk for a number of conditions or diseases with strong environmental
components, including low birth weight and high infant
mortality. The low-weight birth rate in developing countries
is rising sharply. Contrary to industrialised countries where
the phenomenon depends prevalently on preterm births, in
developing countries this depends on delays in intrauterine
growth.
d) The newborn’s right to be nurtured in a healthy environment. The social environment encompasses lifestyle factors
that may affect health. Environmental factors can influence
newborn health. Consequences of human alteration to the
natural environment, such as air pollution, are also part of
G. Donzelli, Eethics in Perinatal Medicine, Centro Scientifico ed.,
Torino 1999, p. X.
2
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Children’s Rights in Hospital
quadri patologici richiedenti cure mediche. Trattamenti
analgesici devono essere disponibili ogni qual volta necessari e tutte le forme di terapia aggressiva devono essere
evitate. Nessun neonato (e in particolare i neonati di incerta vitalità) dovrebbe essere sottoposto ad accanimento
terapeutico.
f) Il neonato ha il diritto di non perdere la madre dopo la nascita.
Quest’ultima è la condizione più antitetica in assoluto nell’esperienza umana: nascita e morte, la mortalità materna per
parto. Nel mondo antico la mortalità materna collegata al
parto o alle sue conseguenze era estremamente elevata, secondo alcune stime tra il 5% e il 10%. Non a caso Medea (Euripide, Medea, 250-251) afferma “avrei preferito andare al fronte tre volte piuttosto che partorire un figlio” per sottolineare
l’alto rischio. Ancora oggi in alcune zone del mondo la mortalità materna è proibitiva. Infatti nonostante i consistenti
progressi in molti Paesi a medio reddito, i livelli di mortalità
materna permangono inaccettabilmente elevati soprattutto
in Africa e nell’Asia meridionale. Ogni anno, più di 500.000
donne muoiono nel mondo nel dare alla luce un bambino, per
complicanze nella gravidanza, eccezionali nei Paesi industrializzati. Ogni anno in Afganistan muoiono almeno 24mila donne per parto e infezioni ad esso collegate. Si stima che l’87%
dei decessi potrebbe essere evitato: che il 70% delle donne
non riceve assistenza medica durante la gravidanza, che il
40% non ha accesso a cure ostetriche d’emergenza ed il 48% è
affetta da carenza di ferro. In alcune aree del Paese, 1 donna
su 6 muore di parto (dati ONU e WHO, 2007).
In assoluto, nel mondo una donna su 75% muore ancora oggi
di parto. Uno degli Obiettivi di sviluppo del Millennio entro il
2015 è la riduzione del 75% della mortalità legata al parto. In
generale il 38% dei decessi è causato da complicazioni ostetriche, il 48% è causato da malattie infettive che non sono direttamente collegate con la gravidanza e il parto. Quattro
malattie, AIDS, polmonite piogenica, malaria grave e meningite piogenica, sono responsabili dei decessi legati al parto di
oltre 4 donne su 10. Dei decessi attribuiti alle complicanze legate direttamente alla gravidanza e al parto, la causa più comune di morte è un’emorragia acuta durante il parto. Ogni
anno 4 milioni di neonati muoiono nel primo mese di vita e il
99% dei casi si verifica nei Paesi a basso e medio reddito. I
bambini nati nei Paesi più poveri presentano il maggiore rischio di morte ed un tasso di mortalità infantile dal 19% al
44% più elevato rispetto ai Paesi ad alto reddito. Il 70% dei
casi di morte potrebbe essere evitato se interventi appropriati
venissero implementati in maniera efficace. Tali interventi
non sono strettamente legati alle tecnologie più avanzate
quanto piuttosto alla presenza o meno di personale qualificato in grado di fornire le cure più adatte. Lo scopo principale
della medicina neonatale è quello di promuovere e diffondere
la ricerca e le conoscenze su tutti gli aspetti di questo setto-
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the man-made environment.
e) The newborn’s right to receive appropriate care when ill. After
birth, every newborn has the right to receive loving care and
all necessary assistance, especially those with pathologies requiring medical care. Analgesia must be available whenever
required, and all forms of aggressive therapy must be prevented. No newborns, (and in particular newborns of uncertain viability) should be subjected to futile treatment.
f) The newborn’s right to not lose its mother after birth.
This latter issue is the absolute antithesis of human experience:
birth and death, death of the mother during childbirth. In the
ancient world, maternal mortality related to childbirth and its
consequences was extremely high, estimated by some sources as
between 5% and 10%. It is no wonder that Medea (Euripides,
Medea, 250-251) declares “I would have preferred to go to the
front three times rather than give birth to a child” thereby
stressing its high risk. Even today in certain parts of the world
maternal mortality is still prohibitive. Despite the substantial
progress in many middle-income countries, the levels of maternal mortality remain unacceptably high, especially in Africa
and Southern Asia. Each year, more than 500,000 women
worldwide die giving birth to a child due to complications during pregnancy or childbirth, an event that has become exceptional in the industrialised world. Each year at least 24 thousand women die in Afghanistan from childbirth or related infections and it is estimated that 87% of these deaths could be
avoided: 70% of women do not receive any medical assistance
during pregnancy, 40% do not have access to emergency obstetric care, and 48% suffer from iron deficiency. In some areas of
this country 1 woman in 6 dies during childbirth (ONU and WHO
data, 2007). On average, one woman out of 75 still dies during
childbirth today. One of the Millennium Development for 2015 is
to reduce mortality related to childbirth by 75 percent. Overall
38% of deaths are caused by obstetric complications, and 48%
are caused by infectious diseases that are not directly connected
with pregnancy and childbirth. Four diseases, AIDS, pyogenic
pneumonia, severe malaria grave and pyogenic meningitis are
the main cause of birth-related deaths in more than 4 women in
10. Of the deaths attributed to complications directly related to
pregnancy and childbirth, the most common cause of death is
heavy blood loss during childbirth. Each year 4 million newborns die during the first month of life and 99% of these cases
occur in countries with low to medium incomes. Children born in
the poorest countries have the highest risk of death and an infantile mortality rate 19% to 44% higher compared to the highincome countries. In 70% of cases, death could be avoided if appropriate measures were implemented effectively. These interventions are not strictly related to advanced technologies, but
rather, to the presence or absence of qualified personnel capable
of providing the most suitable care. The main purpose of neonatal medicine is to promote and disseminate the study, research
and knowledge on all aspects of this field, in order to attain, by
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re, al fine di raggiungere, con tutti i mezzi opportuni, un più
elevato livello di salute fisica e mentale per le donne, le madri
e i loro figli, migliorando la qualità e la disponibilità dei loro
diritti in tutto il mondo.
Misurando la cultura etica, c’è tra la potenza della parola e la
disposizione dell’anima, lo stesso rapporto che c’è tra l’ufficio
dei farmaci e la natura del corpo. Come, infatti, certi farmaci
eliminano dal corpo certi umori, e altri ne eliminano altri; e
alcuni troncano la malattia ed altri la vita. Analogia tra parola e farmaco, intesa ora come rimedio ora come veleno. I discorsi: alcuni producono dolore, altri diletto, altri paura, altri
ispirano coraggio agli uditori. In questo caso le parole di Kofi
Annan, già Segretario generale delle Nazioni unite, producono rimedio: “Gli Obiettivi di sviluppo del millennio, in particolare l’eradicazione della povertà estrema e la fame, non
possono essere raggiunti se salute della popolazione e salute
riproduttiva non vengono affrontate senza indugio. E ciò significa più sforzi per promuovere i diritti delle donne, e maggiori investimenti in istruzione e sanità, compresa la salute
riproduttiva e la pianificazione familiare”3.
all appropriate means, a higher level of physical and mental
health for women, mothers and their children by improving the
quality and provision of their rights all over the world. Measuring Ethical Culture: the same relationship exists between the
power of speech and the disposition of the soul, as between the
administering of drugs and the nature of the body. For while in
fact some drugs eliminate certain humours from the body, and
some eliminate others, there are some drugs that arrest the disease and others that arrest life. This is an analogy between the
word and the drug, now intended as either the remedy or the
poison. With regard to the speeches, some produce pain, others
delight, others fear, and some inspire courage in the listeners.
In this case the words that provide the remedy are those of previous Secretary General of the United Nations: The Millennium
Development Goals, particularly the eradication of extreme
poverty and hunger, cannot be achieved if questions of population and reproductive health are not squarely addressed. And
that means stronger efforts to promote women’s rights, and
greater investment in education and health, including reproductive health and family planning3.
3 Kofi A. Annan, United Nations Secretary General Message to the
Fifth Asian and Pacific Population Conference. Regional conference
on ICPD+10, Bangkok, Dicembre 2002.
3
Il rispetto
della dignità
della morte
Respecting
the dignity
of death
Kofi A. Annan, United Nations Secretary General Message to the
Fifth Asian and Pacific Population Conference. Regional conference
on ICPD+10, Bangkok, Dicembre 2002.
Maria Serenella Pignotti
Neonatologa, TIN - AOU Meyer
Neonatologist, Neonatal Intensive Care Unit, Meyer University Children’s Hospital
P
ensare ai diritti di un bambino ci porta immediatamente,
ed istintivamente, ai diritti di un’età gioiosa, propri della fase dell’accrescimento: il diritto al gioco, allo studio,
ad una alimentazione adeguata, al contenimento nel proprio
contesto familiare, alla continuità delle relazioni con i coetanei. Vi sono però altri aspetti, certamente più tristi e molto
meno frequenti, per i quali vi deve essere un richiamo ai diritti del bambino. Ad esempio quello della dignità e del rispetto
del momento della morte. Negli ultimi decenni, in relazione ai
progressi della tecnologia e della medicina, è cambiata la
realtà della morte. Fortunatamente si è avuta una enorme ri-
W
hen thinking about children’s rights, we immediately
and instinctively think about the rights of a happy
age, which are representative of the phase of development: the right to play, to education, to appropriate nutrition,
to remain in the family environment and to have continuous
relationships with peers. However, there are also other aspects,
of a certainly sadder and much less frequent nature, that draw
our attention to children’s rights, such as, the dignity and respect of death. Over the past decades, the experience of death
has changed due to the progress of technology and medicine.
Fortunately, early neonatal, infantile and young mortality has
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Children’s Rights in Hospital
duzione della mortalità neonatale, infantile e giovanile precoce ma insieme a questo enorme successo si sono rese evidenti
difficoltà, incomprensioni, incertezze, errori che, purtroppo,
incidono sulla qualità del processo di morte. L’enorme sforzo
nel perseguire la vita e la salute ha portato con sé anche un
accanimento nel tentativo di tutelare la sopravvivenza che
sfocia, talvolta, nel puro accanimento terapeutico così come
la spinta dei pregressi successi ed il tentativo di renderli sempre più evidenti, diffusi ed alla portata di tutti, può portare al
tentativo più o meno inconscio di sperimentare nuove tecniche, nuove terapie, nuovi approcci, eroici procedimenti chirurgici. Sperimentazioni che, se pur godono di una loro logica
e di una loro dignità, difficilmente riescono a porsi in modo
equilibrato come proposte di terapie, sottoposte al consenso
del paziente e dei suoi genitori, diventando, invece, spesso,
cammini obbligati cui il paziente viene indirizzato. E, spesso,
il metro di valutazione dell’operato del medico o comunque
dell’assistenza globale offerta, è solo la permanenza in vita
senza alcuna cura o valutazione di “come” è avvenuto questo
cammino, a prezzo di quali sofferenze, di quale vita futura. Ci
sono almeno tre categorie di neonati che possono facilmente
cadere in questo pozzo senza fondo nel quale è difficile trovare uno spiraglio di luce: il neonato con malformazioni incompatibili con la vita, il neonato di incerta vitalità, il neonato
affetto da grave malattia a prognosi infausta.
Nel primo caso si tratta di bambini affetti da condizioni per le
quali non esiste un effettivo trattamento (Stevenson DK
1998) – trisomie 13 e 18, sindrome di Potter, anencefalia; nel
secondo caso si tratta di bambini “nati vivi con una età gestazionale tra le 22 e le 25 settimane, di peso compreso tra i
400 ed i 600 grammi” (Kraybill E 2003); nel terzo caso di tratta di bambini, altrimenti sani, che hanno sofferto di complicazioni gravi della gravidanza o del parto quali asfissie o infezioni, che ne hanno fortemente compromesso sia la sopravvivenza che il recupero delle funzioni e la salute futura. In tutti questi casi la morte è praticamente inevitabile e spesso preceduta da lunghe e difficili agonie nelle quali, per mia esperienza, il bambino corre il rischio di essere dimenticato nella
sua qualità di essere vivente, dotato di una dignità e di una
umanità intrinseca che in nulla differisce da quella dell’adulto ma che, invece, in più di quest’ultimo, evoca o dovrebbe
evocare un desiderio di protezione da parte di chi l’accudisce
e che, con senso di responsabilità, dovrebbe occuparsi del suo
vero, reale interesse. Spesso nelle moderne e super-efficenti
terapie intensive ci si dimentica di quanto si soffre, di perché
si soffre, di dove quella strada intrapresa possa condurre e,
addirittura, se la persona oggetto di quelle cure ha liberamente o avrebbe liberamente scelto di sottoporsi a quel tipo
di cure: il perseguimento di un giorno, una settimana, un
mese di vita in più diventa il fine più importante, poco importa che qualità di vita sarà durante le cure intensive e dopo, se sopravvissuti.
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greatly dropped but together with this enormous success, problems, misunderstandings, uncertainties and mistakes have
arisen which, unfortunately, affect the quality of the process
of death.
The enormous efforts taken in pursuing life and health have also led to the persistence with which survival is safeguarded, at
times resulting in therapeutic obstinacy. Likewise, motivation
from past success and the attempt to make this success more
evident, diffused and within everybody’s reach, may lead to
the more or less unconscious attempt to test new techniques,
novel therapies, new approaches and heroic surgical methods.
This type of experimentation, although having its own logic
and its own dignity, awkwardly represents a well-balanced
therapy proposal that is subject to the consent of the patient
and his/her parents, becoming, instead a compulsory route to
be pursued by the patient. Often, the evaluation method used
for the physician’s work or the overall healthcare service offered, is simply survival, without any attention to or evaluation of “how” the journey has been along the way, at the cost
of suffering and who knows what sort of future life. There are
at least three categories of newborns who may be easily thrust
into this dark tunnel, where it is difficult to glimpse a little
hope of light: newborns with malformations that are incompatible with life, newborns with uncertain viability and newborns
suffering from serious illnesses with a fatal prognosis.
The first case comprises infants suffering from conditions for
which an actual treatment does not exist (Stevenson DK 1998)
– trisomy 13 and 18, Potter’s syndrome, anencephaly;
the second case refers to babies “born at 22 to 25 weeks’ gestation, weighing between 400 and 600 grams” (Kraybill E 2003);
the third case comprises otherwise healthy babies who have
suffered from serious complications during pregnancy or birth,
such as asphyxia or infection, which seriously compromise
both survival and the recovery of their functions and future
health.
In all these cases, death is practically inevitable and often preceded by long and difficult suffering where, according to my
experience, the risk is to forget that the child is a human being
and has the same dignity and inherent humanity of an adult.
Indeed, children raise or should raise a greater feeling of protection in their caregivers and in those looking after their real
and true interest with a full sense of responsibility. Often,
when adopting modern and super-efficient intensive therapies
we forget how much people suffer, why they are suffering,
where the journey will end and even if the person undergoing
treatment has or would have freely chosen so: surviving one
day, one week or one month more becomes the most important
goal, while the quality of life during the intensive therapy and
after – in the event of survival – is of little interest.
In order to reflect upon these issues and suggest, if necessary,
new and more preserving activities such as palliative treatment,
a few years ago the so-called “Carta di Firenze” was created.
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Per riflettere su questi problemi e per suggerire, eventualmente, nuovi comportamenti più conservativi come ad esempio le cure palliative nacque, qualche anno fa la cosiddetta
“Carta di Firenze”, documento promosso da un gruppo di
esperti dopo anni di lavoro sul tema, dopo una revisione della
letteratura internazionale sull’argomento, in riferimento alle
statistiche internazionali di sopravvivenza e mortalità per i
bambini estremamente pretermine, e dopo la revisione e valutazione dei documenti ufficiali di raccomandazioni o linee
guida suggerite da Società scientifiche di altri Paesi.
Fondamentalmente, la “Carta di Firenze”, propone, stratificando i bambini in classi di età gestazionale, parametro considerato l’unico strettamente connesso con la maturità feto/neonatale, comportamenti assistenziali, che, se non escludono mai
la possibilità di intervento con le manovre rianimatorie più aggressive, ammettono anche come possibili e giustificate scientificamente e moralmente, le cure palliative per tutti i bambini
che non mostrino capacità di sopravvivenza o per i quali le
condizioni cliniche si dimostrassero fortemente compromesse.
In particolare la “Carta di Firenze”, in accordo con tutte le società scientifiche internazionali, considera pienamente giustificate le cure intensive dalla settimana 25.0 in su, considera
provvedimento indicato le cure palliative a o sotto 22 settimane compiute. E considera generalmente non indicate le cure
intensive a 23 settimane e generalmente indicate le cure intensive a 24 settimane compiute. In questo ultimo range, le
23-24 settimane, l’estrema variabilità di risposta clinica, i risultati estremamente deludenti delle statistiche internazionali, la difficoltà di identificare alla nascita i bambini che ce la
faranno da quelli che non ce la faranno e, quindi, quelli da sottoporre a cure intensive e quelli a cui offrire le cure palliative,
la difficile valutazione di quello che possa essere veramente il
vero bene del bambino, chiedono una estrema attenzione alle
condizioni individuali del piccolo ed al suo contesto di nascita
(sesso femminile, feto unico, gravidanza preparata alla nascita
pretermine, nascita in un centro di III livello, buon accrescimento intrauterino, fattori prognostici positivi) ed al volere
dei genitori, in quanto soggetti internazionalmente considerati i soli intitolati a dar voce al volere autonomo del bambino.
I suggerimenti della “Carta” sono stati poi criticati dai documenti di risposta del Comitato nazionale di Bioetica, del Consiglio superiore di Sanità, dal documento del Ministro della
Salute, su alcuni punti che, a parere della scrivente, sono da
considerarsi inaccettabili innanzitutto sul piano morale ma
anche su quello scientifico:
1. Inaccettabile la negazione dell’età gestazionale, criterio
anagrafico essenziale nella valutazione della maturità fetale. Negazione che inficerebbe tutti gli studi, le statistiche, i protocolli terapeutici, gli algoritmi assistenziali che
si basano, tutti, sulla valutazione dell’età gestazionale.
2. Inaccettabile il suggerimento di “rianimare tutti” per permettere una “migliore” valutazione delle condizioni clini-
The document was promoted by a group of experts after many
years’ work on these issues, after reviewing international literature on this subject matter – with respect to international
survival and mortality statistics on extremely pre-term babies
– and after reviewing and evaluating official documents presenting recommendations or guidelines suggested by Scientific
Societies of other countries.
Basically, the “Carta di Firenze” divides babies into classes according to gestational age (which is the only parameter considered to be strictly related to foetus/neonatal maturity) and
proposes healthcare treatment in relation to these classes.
Although the Charter never excludes the possible use of aggressive re-animation measures, it accepts – as scientifically and
morally feasible and justified – palliative treatment for all babies who do not show survival capabilities or for whom clinical
conditions are strongly compromised. In particular, the “Carta
di Firenze”, in accordance with ALL international scientific societies, considers intensive care to be fully justified from week
25 onwards and considers palliative treatment a suitable
measure at or under 22 weeks. It considers intensive therapy
generally not suitable at 23 weeks and generally suitable at 24
weeks. In this later range (23-24 weeks), the extreme variability of clinical reply, the extremely disappointing results of international statistics, the difficulty to identify at the moment of
birth children who will or will not survive and, consequently,
those to be subject to intensive therapy and those to palliative
treatment, and the difficult evaluation of what really is the
best thing for the baby, call for close attention to be paid to
the newborn’s individual conditions, to other birth variables
(female, only foetus, pregnancy prepared for pre-term birth,
birth in a level III centre, good intrauterine growth, positive
prognosis factors) and to the parents’ wish, since they are considered at international level the only persons entitled to give
voice to the independent wish of the child.
The suggestions of the “Carta” were criticised in replies drawn
up by the Bioethics National Committee and the National
Health Council and in the document of the Ministry of Health,
regarding certain points that I personally consider unacceptable in both moral and scientific terms:
1. It is unacceptable to deny gestational age; this criteria is
essential to evaluate foetal maturity. Denying gestational
age would invalidate all the studies, statistics, therapeutic
protocols and healthcare algorithms that are all based upon
the evaluation of gestational age.
2. The suggestion to “reanimate everyone”, to allow a “better” evaluation of the child’s clinical condition and then decide what to do “without falling into therapeutic
obstinacy”, is unacceptable. It is obvious that, when speaking of a dying person, therapeutic obstinacy has already
been reached if the person, while agonising, is subject to serious reanimation measures with the only purpose of prolonging the process of death and enabling his or her “res-
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che del bambino per poi decidere che fare, “senza cadere
nell’accanimento terapeutico”. È evidente che proprio l’accanimento terapeutico, di fronte ad un morente, si è già
consumato se la persona in questione, agonizzante, viene
sottoposta a gravose manovre rianimatorie col solo scopo
di prolungare il processo di morte, per permettere ai “soccorritori” una diagnosi più agevole e più sicura.
3. Inaccettabile il richiamo a decidere sempre per la tutela della
“sopravvivenza” in vita del neonato, indipendentemente dal
volere dei genitori, per un supposto conflitto d’interesse dei
genitori nei confronti del loro bambino. Nella mia esperienza molto difficilmente i genitori, a meno che non siano di
elevato livello culturale e preparati in questo tipo di riflessioni che riguardano i processi di fine vita, chiedono la sospensione delle cure di fronte ad un neonato gravemente
sofferente. E, a coloro che lo facessero, sospendere la potestà genitoriale e strappare un neonato morente dalle braccia
della madre è un provvedimento inaccettabile, immorale e
da sottoporre ad una attenta analisi perché oltre a minare
inevitabilmente il rapporto medico-paziente (o medico-genitori), generalmente essenziale in medicina, ma in pediatria assolutamente vitale, esporrebbe i neonati all’autorità
assoluta del medico che lo cura, ed esporrebbe i medici durante le cure, così come successivamente, sia che il neonato
muoia sia che il neonato sopravviva con esiti, a procedimenti giudiziari nelle più varie ipotesi di reato: dalla violenza,
alle lesioni personali, forse anche volontarie, all’omicidio.
I documenti non solo non risolvono i problemi che la “Carta
di Firenze” aveva cercato di sanare, ma li aggravano addirittura: il problema della tollerabilità delle cure, addirittura imponendo il prolungamento del processo di morte; il problema
del carattere sperimentale delle cure stesse e del concetto
della straordinarietà delle cure; il problema della posizione
dei genitori, vergognosamente e totalmente by-passati in nome di un loro supposto “maleficere” verso il loro bambino.
Gli effetti devastanti di tali suggerimenti operativi nel nostro
Paese si sono già resi evidenti: ricordiamo il caso di Davide il
bambino di Foggia nato con sindrome di Potter (agenesia renale bilaterale associata ad altre malformazioni), condizione
considerata inevitabilmente incompatibile con la vita. L’Organizzazione mondiale della sanità, così come le Linee guida internazionali per la rianimazione in sala parto dell’ILCOR (come del resto tutte le linee guida dei vari Paesi sull’argomento)
consigliano la non rianimazione alla nascita. In Italia il piccolo è stato rianimato, incubato, ventilato, ha subito la dialisi
peritoneale. Di fronte allo smarrimento dei genitori che fondamentalmente, di fronte alla richiesta di trasferimento in un
Centro di nefrologia per le cure successive, hanno solo chiesto
tempo prima di dare il loro consenso, i medici si sono appellati al Tribunale che ha disposto l’immediata sospensione della
(segue a pag. 343)
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cuers” to make an easier and safer diagnosis.
3. It is unacceptable to take decisions for safeguarding the
newborn’s “survival”, independently from the parents’
wish, due to a supposed conflict of interest of the parents
towards their child. According to my experience, parents
rarely ask to suspend treatment given to a seriously suffering newborn, unless they are of a high cultural level and are
well-informed on issues regarding end-of-life processes. For
those who do so, suspending parental authority and wrenching a dying newborn from the arms of the mother is an unacceptable and immoral measure, which should be closely
analysed because it not only inevitably undermines the doctor-patient (or doctor/parents) relationship (quite essential
in medicine and absolutely vital in paediatrics), but also exposes newborns to the absolute authority of the doctor
treating them. Furthermore, it also exposes doctors during
treatment and after, both if the newborn dies or survives
with sequelae, to judicial proceedings with various alleged
offences: from violence, to personal – or even wilful – injury
and to murder.
The documents not only do not solve the problems that the
“Carta di Firenze” had tried to put right, but makes them even
worse: the problem of treatment tolerability, where the process
of death is forcefully prolonged; the problem of the experimental nature of treatment and of the concept of extraordinary
means of treatment; the problem of the parents’ position and
how they are ashamedly and totally by-passed in the name of
their supposedly harmful influence on the child.
The devastating effects of the operative suggestions in our
country have already been made evident: we would like to remember the case of Davide, the newborn boy from Foggia born
with Potter’s Syndrome (bilateral renal agenesis associated to
other malformations), a condition that is considered inevitably incompatible with life. The World Health Organization,
as also ILCOR’s International guidelines for delivery room resuscitation (as all guidelines of various countries addressing
this issue) suggest to avoid resuscitation at birth. In Italy the
baby was resuscitated, incubated, ventilated and underwent
peritoneal dialysis. When seeing the parents’ bewilderment,
who basically just asked for time before giving their consent to
the transfer of their baby to a nephrology unit for further
treatment, the doctors appealed to the Court which immediately suspended parental authority and then returned it after a
week provided that “the parents continue to ensure maximum
collaboration with the medical staff, accepting all indications
given to them, with the warning that in the event of non-observance, provisions limiting their parental authority may be
newly adopted”.
(continues at page 343)
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Il punto di vista
giuridico
The juridical
point of view
Dalla salute al benessere del paziente minore
The minor patient: from the right to health
to the promotion of overall well-being
Mariassunta Piccinni
Dipartimento di Diritto comparato, Università di Padova
Department of Comparative Law, University of Padova
L
a presente riflessione si inserisce nel contesto caratterizzato dal passaggio, culturale prima che giuridico, dalla tutela del diritto alla salute alla tutela e promozione
del “complessivo benessere” del minore, in concomitanza, da
un lato, con l’emergere del bambino come “soggetto di diritti” e non mero “oggetto di tutela” e, dall’altro, con la traduzione in termini di “diritti” della nuova concezione di salute
come “stato di complessivo benessere, fisico, psichico e sociale della persona”.
Nel sottolineare la differenza tra il riconoscimento del diritto
alla tutela della salute del minore e del diritto alla salute stessa, si è ricordato come nel primo caso non si fa che specificare
“il diritto ad azioni che […] mettano” il minore “in condizione di essere tutelato”. Mentre l’“aspetto nuovo comparso negli
ultimi documenti internazionali, compresa la Convenzione
sui diritti dell’uomo e la biomedicina”, è l’espressione in termini di legge del “diritto alla partecipazione attiva alla tutela
della salute” propria, con il riconoscimento dell’“autonomia
al minore” (Bompiani 2003: 93 s.). In linea con questa tendenza l’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea esordisce con il diritto dei bambini “alla protezione e
alle cure necessarie per il loro benessere”, precisando subito
che gli stessi “possono esprimere liberamente la propria opinione” e che “questa viene presa in considerazione in funzione della loro età e della loro maturità”.
Se la salute è vista, dunque, come funzionale rispetto al più
complessivo benessere del paziente minore, l’équipe sanitaria
che lo ha in cura ha il dovere di tutelarne e promuoverne diversi interessi: dalla integrità fisica e psichica, all’autodeterminazione, alla riservatezza, fino all’identità, che presenta
particolari connotazioni in un soggetto la cui personalità è in
continua evoluzione.
È evidente che, in una cornice così complessa e variegata, non
è semplice per il medico e per gli adulti che circondano il bambino malato individuare quale sia il suo “migliore” interesse.
Se normalmente è il paziente stesso a scegliere che cosa corrisponda ai propri interessi, il minore è in una condizione di
T
he considerations presented here address the transition –
first culturally and then juridically – from the more narrow perspective of protection of the minor’s right to
health, to the broader promotion of the minor’s “overall wellbeing”. With this transition to a broader perspective, on the
one hand, the child emerges as an “individual who holds
rights” and she or he is not just considered an “object to be
protected” and, on the other hand, we see a new meaning in
terms of “rights” of the concept of health as a “state of overall
physical, psychic and social well-being of the person”. What
has been emphasized is the difference between recognizing the
right of protecting the child’s health and the right to health
itself. In the first perspective, “the right to actions that […]
place” the child “in a condition to be protected”, continues to
be emphasized. In the second perspective, the new position
that has appeared in the most recent international documents
- including the Convention on human rights and bio-medicine –
considers the right of active participation in health protection,
as well as the recognition of the child’s autonomy (Bompiani
2003: 93 s.). In line with this propensity, article 24 of the
Charter of Fundamental Rights of the European Union begins
with children’s right “to such protection and care as is necessary for their well-being”, underlining immediately that children “may express their views freely” and that “[s]uch views
shall be taken into consideration on matters which concern
them in accordance with their age and maturity”.
If health is viewed, therefore, as being a function of the overall
well-being of the minor patient, the medical team looking after
him or her has the duty to protect and promote various juridically relevant interests such as physical and psychic integrity,
self-determination, confidentiality and identity, which present
special concerns in a younger individual whose personality is
in continuous evolution.
It is clear that in such a complex and varied context, the identification of the ill child’s “best” interest is a difficult decision
for his or her health care providers and concerned adult(s).
Although, it is normally the patient who chooses what is in his
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particolare vulnerabilità in quanto non è in grado di comprendere (o non totalmente) la situazione in cui si trova e di
esprimere un valido consenso/dissenso rispetto ad un determinato programma terapeutico. Si rende necessario, allora,
individuare quali sono i possibili soggetti della decisione: accanto al paziente, il/i rappresentante/i legale/i e l’equipe sanitaria, con un eventuale ruolo di controllo del giudice.
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or her best interest, children are in a particularly vulnerable
condition because they are not able to understand (or not totally understand) their situation and express a valid
consent/refusal with respect to a determined therapeutic programme. It is necessary, therefore, to identify who will make
any decisions in addition to the patient, e.g. the parental responsibilities holders and the medical team, with – if necessary – a controlling role of the judge.
Chi decide per il paziente minore?
In un’ottica volta a garantire l’effettiva possibilità di esercizio dei diritti, non è sufficiente proclamare la necessità di
rendere partecipe il minore nelle decisioni concernenti la sua
salute, ma è necessario definire in che termini sia possibile
coinvolgerlo.
Le esigenze dell’autonomia sembrerebbero, almeno prima facie,
non conciliabili rispetto a quelle della protezione. È, invece,
possibile evincere dall’attuale assetto normativo una tensione
verso un (pur precario) equilibrio tra le due diverse esigenze.
Il punto di partenza non può che essere il riscontro della impossibilità di fare ricorso (o di farlo in via esclusiva) al principio del consenso del paziente. Non è, infatti, seriamente discutibile l’affermazione per la quale il consenso/rifiuto del
paziente minore non è per l’ordinamento sufficiente a giustificare l’intervento medico sullo stesso. Si rende pertanto necessario individuare chi, e con quali limiti, sia giuridicamente
titolato a partecipare alle decisioni mediche che riguardano il
paziente minore.
È importante evidenziare come a diverse situazioni di fatto
corrispondano differenti problemi giuridici. Rispetto ad una
determinata decisione clinica su un determinato paziente
possono influire, infatti, alcune variabili “soggettive” (legate
cioè alla situazione personale dei soggetti che partecipano alla decisione) ed altre variabili “oggettive” (concernenti, ad
esempio, lo stato di salute, il tipo e la fase della malattia, le
opportunità terapeutiche). L’interazione di diversi soggetti
rende, inoltre, necessario, precisare: a) il fondamento ed i limiti della potestà genitoriale, e più nello specifico dei poteri
di cura spettanti ai genitori o agli adulti responsabili per il
minore; b) il ruolo del minore a partire dal rapporto tra capacità legale di agire e competence alla scelta medica; c) il fondamento e l’estensione dei doveri di protezione connessi all’esercizio della professione del medico e degli altri operatori
sanitari.
The individuals involved in the choice: who decides for the
minor patient?
Using a perspective which aims to ensure the actual possibility
of exercising rights, it is not sufficient to state that children
need to be involved in decisions regarding their health. What is
necessary is to define under which terms they may be involved.
The need for autonomy would seem, at least at first sight, incompatible with the need for protection. Instead, it is possible
to deduce from the current regulatory context, an approach
leading towards the balancing (however difficult) between
these two different needs.
The starting point is obviously the confirmation that it is impossible to appeal (or to do so exclusively) to the principle of
the patient’s consent. The statement, that the child’s
consent/refusal is not sufficient for the juridical system to justify medical intervention on the child, is not seriously debatable. It is necessary, therefore, to identify who, and under
what limits, is juridically entitled to take part in the medical
decisions regarding the minor patient.
It is important to emphasize how different juridical problems
correspond to different de facto situations. When considering a
determined clinical decision made in relation to a determined
patient, “subjective” variables (related to the personal situation
of the individuals taking part in the decision) and other “objective” variables (for example, the state of health, the type and
phase of illness, possible therapeutic opportunities) are contributing factors. The interaction of various perspectives and individuals, furthermore, leads to pointing out: a) the foundation
and limits of parental authority and, more specifically, of the
power and duty of care entrusted with the parents or the adults
responsible for the child; b) the role of the child in terms of legal
capacity to act and competence in medical decisions; c) the
foundation and extension of protection duties related to the exercise of the doctors’ and of other healthcare professionals.
Il ruolo dei rappresentanti legali
Il compito di prendersi cura del minore spetta normalmente
ad entrambi i genitori (artt. 316 e ss. cod. civ.). Nei casi di
crisi del rapporto tra i genitori, comunque di regola, sulle
“decisioni di maggior interesse”, sono chiamati a decidere entrambi. Se mancano i genitori, il giudice procederà alla nomina di un tutore.
È generalmente riconosciuto che il potere-dovere di cura degli
The role of the adults responsible for the child
The task of taking care of the child usually rests with both parents (see article 316 and following of the Italian civil code). In
the event of difficulties between parents, the general rule is
that both parents must make the decisions that are of “greater
interest”. In the absence of parents, the judge shall appoint a
guardian.
It is generally acknowledged that the power and duty of care of
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adulti responsabili per il minore comprenda anche le scelte
inerenti alla salute; nell’esercizio della loro funzione, essi devono però sempre agire nell’“interesse” del minore.
In quest’ottica si colloca lo stesso intervento del giudice, che
il medico può coinvolgere laddove non si sia riusciti a comporre altrimenti, nell’ambito del rapporto terapeutico, il conflitto circa la decisione che meglio corrisponda agli interessi
del paziente. Il ruolo dell’autorità giudiziaria non può essere
peraltro quello di sostituirsi nella scelta (v. ad es. Vincenzi
Amato 1983 e Sergio 2001); compito del giudice è semmai decidere – secondo i meccanismi di intervento previsti agli artt.
330 ss. cod. civ. – chi, tra i soggetti coinvolti, sia il più idoneo
a scegliere nell’interesse del minore.
Il problema giuridico della capacità
In base alla tradizionale concezione della “capacità legale di
agire”, questa (intesa come attitudine a compiere validamente atti giuridici che producano effetti nella sfera giuridica del
soggetto) si acquista con la maggiore età (art. 2 cod. civ.).
Quanto alla capacità alla scelta medica: poiché il minore è incapace legale di agire, non può esprimere un valido consenso
al trattamento medico; in suo luogo e nel suo interesse il consenso spetta ai genitori (o all’adulto altrimenti responsabile).
Con l’introduzione nell’ordinamento del concetto della “capacità di discernimento”, e con l’evoluzione che caratterizza più
in generale gli istituti civilistici legati alla protezione dei
soggetti “incapaci”, si è avviato il superamento della “incapacità legale di agire”, con l’esigenza di valorizzare le diverse
“capacità”/abilità del minore (art. 147 cod. civ.).
Per individuare il ruolo del minore nelle scelte che lo riguardano sarà necessario, allora, distinguere il caso in cui vi sia
totale incapacità di discernimento, quello in cui la capacità
sia parziale, ed, infine, l’ipotesi di piena capacità.
Il principio di riferimento, nel processo di determinazione dell’interesse del paziente minore, può essere individuato nella
necessità di perseguire la migliore protezione dei soggetti deboli con la maggior promozione possibile della loro autonomia.
Ciò impone il riconoscimento, pure in termini di tutela giuridica, dell’importanza dell’accompagnamento nella scelta della
persona anche solo parzialmente capace. Le “capacità”/responsabilità degli adulti (i genitori, il medico, l’equipe sanitaria, altri adulti di riferimento) che circondano il minore sono,
infatti, centrali nell’accrescere o compromettere le “capacità”
decisionali del bambino (Consulta di Bioetica 1994).
Diritto all’ascolto e all’informazione e valore del consenso/dissenso del minore
Si può rinvenire nell’ordinamento un generale diritto del minore ad essere ascoltato nelle decisioni che lo riguardano. Tale
diritto si traduce, con riferimento alle scelte inerenti alla salute, nel diritto all’ascolto, all’informazione adeguata all’età e
alla maturità, ed al conseguente coinvolgimento del bambino
the adults responsible for the child also include decisions regarding health; when exercising their function, however, they
must always act in the “interest” of the minor.
The intervention of the judge is placed in this perspective. The
treating doctor may involve the judge if the conflict – within
the therapeutic relationship – regarding the decision that best
corresponds to the interest of the patient has not been otherwise settled. The role of the judicial authority cannot be one of
taking the place of the decision-maker (see, for example, Vincenzi Amato 1983 and Sergio 2001); the judge’s task is, instead, to decide – according to intervention measures set forth
in article 330 and following of the Italian civil code – who,
among the individuals involved, is more suitable for making
decisions that are in the interest of the child.
The juridical problem of capacity
According to the traditional idea of “legal capacity to act”,
this capacity (intended as the aptitude to validly carry out juridical acts that produce effects in the juridical sphere of the
individual) is acquired with legal age (see art. 2 of the Italian
civil code). In regards to the medical decision-making capacity, since the child is legally incapable of acting and he or she is
not able to express valid consent to medical treatment, consent
on behalf of the child, in his or her best interest, lies with the
parents (or the other responsible adult(s)).
With the introduction of the concept of “capacity of discernment” in the juridical system and with the evolution that more
generally characterizes civil law tools connected to the protection of “incapable” individuals, the “legal incapacity to act”
concept has begun to be overridden by the need to enhance the
child’s different “capacities”/abilities (see article 147 of the
Italian civil code).
To identify the minor’s role in decisions regarding him or her, it
will be necessary, therefore, to distinguish cases in which there
is total incapacity of discernment, cases in which capacity is
partial and, finally, cases of full capacity.
The principle reference when determining the child’s interest
may be identified in the need to achieve the best protection of
weak individuals and promote, to the greatest possible extent,
his or her own autonomy. This implies the recognition, even in
juridical safeguard terms, of the importance of accompanying
the person – including the partially capable person – in his or
her choice. The “capacities”/responsibilities of the adults (parents, doctor, medical team, other adults of reference) surrounding the child have a key role in enhancing or compromising the
decisional “capacities” of the child (Consulta di Bioetica 1994).
The right to be heard and to information and the value of
the child’s consent/refusal
A general right of the child to be heard in relation to decisions
regarding him or her may be found in the juridical system. This
right – with reference to health-related choices – means the
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nel contesto del rapporto medico-paziente. Si è affermato che
già esiste un diritto all’“autodeterminazione in senso debole”
del minore (Turri 2005). La normativa sulla sperimentazione
clinica dei farmaci (v. l’art. 4, d.legis. n. 211/2003), in armonia con quanto affermato nell’art. 6 della Convenzione di
Oviedo, può in questo senso considerarsi ricognitiva di quanto emerge dall’intero ordinamento (si vedano non solo gli
artt. 2 e 3, 30 e 32 Cost., ma anche gli artt. 1 e 33, l. n.
833/1978, insieme all’art. 147, e alla nuova versione dell’art.
155, comma III, cod. civ.).
In conclusione, per procedersi ad un intervento medico su paziente minore è necessario: ottenere il “consenso informato”
dei genitori (o del rappresentante legale); verificare che il
consenso rispecchi la volontà del minore (in questo senso opera la c.d. “gradualità” della potestà genitoriale); coinvolgere/informare, in modo appropriato alla capacità di comprensione, il minore di ogni età. Particolare rilievo assume il rifiuto del minore, che deve essere considerato in relazione alla
sua capacità di formarsi un’opinione propria e di valutare le
informazioni ricevute. Infine, posto l’obiettivo del benessere
complessivo del paziente, si deve operare in vista di una complessiva minimizzazione del disagio.
Il ruolo degli operatori sanitari
Nella prospettiva considerata, gli operatori sanitari sono garanti, oltre che della tutela e promozione della salute del paziente minore, anche dell’appropriato coinvolgimento dei
soggetti della decisione.
Rispetto al difficile compito di individuare quando il minore
sia (sufficientemente) capace di discernimento, non esistono
nel nostro ordinamento fasce predeterminate di età, ma deve
procedersi ad una valutazione casistica che tenga in considerazione le capacità del minore di comprendere la malattia e la
terapia, valutare le informazioni ricevute e formarsi un’opinione propria su cui fondare le proprie scelte. L’età e la maturità, insieme alle esperienze di vita e di malattia pregresse ed
al contesto familiare e sociale in cui è inserito il minore, possono indirizzare il medico rispetto alle modalità con cui coinvolgere il paziente ed i suoi genitori nel processo decisionale.
Più in generale, il ruolo degli operatori sanitari è cruciale affinché l’esperienza della malattia possa essere un’occasione
di crescita e di acquisizione di competenze decisionali, e non
di mera sofferenza e regressione, da parte di tutti i soggetti
coinvolti (British Medical Association 2001, Jankovic 1999).
Per un approfondimento degli aspetti solo accennati nel corso
di questo breve intervento sia consentito rimandare a Piccinni M. (2007), Il consenso al trattamento medico del minore,
Cedam, Padova, e alla più completa bibliografia ivi contenuta.
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right to be heard, access to information appropriate for age
and maturity, and the subsequent involvement of the child in
the doctor-patient relationship context. The right to the minor’s “self-determination in the weak sense” already exists in
our juridical system (Turri 2005). Regulations on the clinical
experimentation of drugs (see art. 4, legislative decree no.
211/2003), in consonance with the provisions set forth in art.
6 of the Convention of Oviedo, may in this sense be considered
as acknowledging the provisions emerging from the entire juridical system (see not only articles 2 and 3, 30 and 32 of the
Italian Constitution, but also articles 1 and 33, law no.
833/1978, as well as art. 147 and the new version of art. 155,
paragraph III, Italian civil code).
In conclusion, to perform a medical intervention on the minor
patient, it is necessary to: a) receive the “informed consent” of
parents (or of the legal representative); b) check that the consent respects the child’s wishes (the so-called “graduality” of
parental authority moves in this direction); c) involve and inform, appropriate to the capacity of understanding, all children not withstanding their age. Particular attention is paid to
a child’s refusal, which must be considered in relation to their
capacity to form their own opinion and evaluate the information received. Finally, given that the aim is to achieve the patient’s overall well-being, attention must be paid to the overall
minimization of discomfort.
The role of healthcare professionals
According to this perspective, healthcare professionals are not
only the guarantors of the protection and promotion of the
child’s health, they are also the guarantors of the appropriate
involvement of all the decision makers.
Since the identification of when the child is (sufficiently) capable of discernment is a difficult task, predetermined age brackets do not exist in our juridical system and identification must
be based on a case history evaluation that considers the ability
of the child to understand the illness and therapy, evaluate the
information received and form his or her own opinion upon
which to base their decisions. Age and maturity, together with
previous life experiences and illness and with the patient’s
family and social context to which the child belongs to, may
guide the doctor in involving both patient and parents in the
decision-making process.
For all involved parties, the role of healthcare professionals is
crucial for the experience of illness to become an opportunity
of growth and of acquisition of decision-making skills and not
simply of suffering and regression (British Medical Association
2001, Jankovic 1999).
For a more in-depth examination of the considerations mentioned above, refer to Piccinni M. (2007), Il consenso al trattamento medico del minore, Cedam, Padova, where a more
complete bibliography may also be viewed.
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I diritti del bambino in Ospedale
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(segue da pag. 338):
Il rispetto della dignità della morte
(continues from page 338):
Respecting the dignity of death
potestà genitoriale, poi restituita, una settimana dopo purché
“i genitori continuino a prestare la massima collaborazione
nei confronti dei sanitari, aderendo a tutte le indicazioni che
saranno loro impartite, con l’avvertenza che in caso di inottemperanza potranno essere adottati nuovamente nei loro
confronti provvedimenti limitativi della potestà genitoriale”.
Quindi Davide è stato strappato ai genitori, portato via, sottoposto di forza a trattamenti sperimentali, e, dopo un mese e 20
giorni è deceduto come tutti gli altri bambini affetti da sindrome di Potter del mondo. Non esiste, a mia conoscenza, infatti,
un solo caso di sopravvivenza. Non è questa terapia sperimentale? Non è questo un semplice “posporre” la morte? Le sofferenze di Davide e quella dei suoi genitori sono state valutate?
Il trauma che essi porteranno sulle spalle tutta la vita è stato
valutato? I successi della medicina non sono questo. Questi sono i terribili fallimenti che abbiamo il dovere di evitare.
Davide, therefore, was wrenched out of his parent’s arms, taken away, forcefully subject to experimental treatment and, after 1 month and 20 days died, as all other children suffering
from Potter’s Syndrome in the world.
To my knowledge, there is not one case of survival.
Isn’t this experimental therapy?
Isn’t this simply “postponing” death?
Were Davide’s and his parents’ suffering considered?
Was the trauma that they will take with them all their life taken into consideration?
These are not the successes of medicine; these are the terrible
failures that we have the duty to avoid.
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Children’s Rights in Hospital
La promozione della
salute dei bambini
e degli adolescenti
in e da parte
degli Ospedali
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Health promotion
for children
and adolescents
in and by hospitals
Katalin Majer1, Benedetta Rotesi1, Stella Tsitoura2
1
2
Ricercatrici, Programma Promozione della Salute, Azienda-Ospedaliero-Universitaria A. Meyer, Firenze
Researchers, Health Promotion Programme, A. Meyer University Children’s Hospital, Florence, Italy
Segretariato Generale ESSOP, 2a Clinica Universitaria Pediatrica dell’Ospedale Pediatrico“P.& A. Kyriakou”, Atene, Grecia
ESSOP’s General Secretary, 2nd Pediatric University Clinic “P.&A. Kyriakou” Children’s Hospital, Athens, Greece
La rete HPH internazionale
Il presente articolo intende dare una breve panoramica su
quanto è stato avviato in termini operativi e su quanto si
sta delineando in termini teorico-concettuali rispetto al tema della promozione della salute per bambini e adolescenti
in e da parte di Ospedali nell’ambito della Rete HPH internazionale.
La Rete internazionale degli Ospedali e servizi sanitari per la
promozione della salute (HPH), avviata nel 1993 da parte dell’Ufficio europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità
(OMS) con l’obiettivo di “incorporare concetti, valori, strategie e standards o indicatori di promozione della salute nella
struttura organizzativa e nella cultura degli Ospedali/servizi
sanitari”, oggi conta più di 650 Ospedali e servizi sanitari, distribuiti in 32 reti regionali/nazionali in oltre 30 nazioni1.
Al livello operativo, oltre al lavoro portato avanti dalle reti
regionali e nazionali, la rete HPH internazionale si avvale del
contributo di Task Forces, considerati come “gruppi tematici
con competenze specifiche nella cornice di riferimento degli
obiettivi generali della Rete HPH internazionale” che “costituiscono un riferimento per il supporto tecnico, organizzativo e scientifico, per temi specifici di promozione della salute”, come definito dalla nuova Costituzione della Rete, entrata in vigore nel maggio 2008.
The international HPH Network
This article aims to provide a short overview on what has been
done in operational terms and on what is being defined from a
theoretical and conceptual point of view with regard to the issue of the health promotion for children and adolescents in &
by hospitals in the framework of the international HPH Network.
The international Network of Health Promoting Hospitals and
Health Services (HPH), initiated in 1993 by the World Health
Organization (WHO) Regional Office for Europe with the aim to
“work towards incorporating the concepts, values, strategies
and standards or indicators of health promotion into the organizational structure and culture of the hospital/health service” and today includes more than 650 member hospitals and
health services and 32 National/Regional Networks from over
30 states1. At operational level, besides of the commitment
and work carried out by the regional and national networks,
the international HPH Network avails itself of the contribution
of Task Forces, considered as “issue-specific teams with specific
expertise within the framework of the general aims of the international HPH Network”, which “constitute a reference for
technical, organisational and scientific support for specific issues of health promotion”, as defined by the new HPH Constitution, put into effect in May 2008.
1 Per le informazioni generali sulla Rete internazionale Health Promoting Hospitals and Health Care Services (HPH) si veda il sito ufficiale: http://www.who-cc.dk/ e la seguente pubblicazione: Edited by O.
Gröne, M. Garcia-Barbero: Health promotion in hospitals: evidence
and quality management, WHO Europe, 2005 http://www.euro.who.
int/document/E86220.pdf
For further information on the International Health Promoting Hospitals and Health Care Services (HPH) Network see the official website: http://www.who-cc.dk/ and the following publication: Edited by
O. Gröne, M. Garcia-Barbero: Health promotion in hospitals: evidence
and quality management, WHO Europe, 2005 http://www.euro.who.
int/document/E86220.pdf
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La Task Force HPH-CA
Gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza costituiscono una fase
della vita particolarmente delicata per l’adozione di stili di vita
sani e per l’acquisizione di meccanismi di adattamento che possono essere d’aiuto nella vita adulta e nella vecchiaia. Anche
l’ospedalizzazione può rappresentare un’opportunità di crescita nella gestione della propria salute, ma sfortunatamente essa
spesso è un’esperienza di cura vissuta in maniera negativa.
Esistono opportunità per gli Ospedali di avere un ruolo importante nel promuovere lo sviluppo sano dei bambini e degli
adolescenti, specialmente laddove le attività di promozione
della salute sono integrate nel processo di ospedalizzazione e
seguite da azioni coerenti condotte nella comunità2. Per procedere in questo senso, occorre maggiore consapevolezza ed
impegno, investendo più efficacemente nello sviluppo dei
bambini e degli adolescenti, e affrontando temi quali:
– l’empowerment per il miglioramento della salute
– le capacità di far fronte alle avversità
– le conoscenze relative alla salute
– il rispetto dei diritti
– la capacità di gestire la propria salute
– l’acquisizione di stili di vita sani
– il pieno sviluppo del potenziale umano.
La Task Force internazionale sulla Promozione della salute per
bambini e adolescenti in e da parte di Ospedali (HPH-CA)3,
ufficialmente avviata nel 2004 e co-ordinata dal Programma
Promozione della salute dell’Azienda ospedaliero-universitaria A. Meyer di Firenze, è una forte sostenitrice di questa causa e vede al suo interno rappresentanti di Ospedali e dipartimenti pediatrici, di istituti di ricerca, di enti locali che si occupano di sanità e di associazioni europee (EACH: European
Association for Children in Hospital e ESSOP: European Society
of Social Pediatrics and Child Health). La Task Force mira ad affrontare il tema specifico della promozione della salute dei
bambini e degli adolescenti, fornendo una migliore comprensione e definizione del ruolo che gli Ospedali e servizi sanitari
dovrebbero giocare in questo campo, con l’obiettivo di elaborare una organica cornice concettuale ed operativa per le organizzazioni sanitarie e i loro professionisti, oltre che per le
istituzioni, i decisori e gli operatori sociali.
The Task Force HPH-CA
The years of childhood and adolescence are a particularly sensitive phase of life for the adoption of healthy lifestyles and
the acquisition of coping mechanisms that could be of help in
adulthood and old age. Hospitalization can be an opportunity
for growth in the area of health promotion but unfortunately it
frequently represents a less favourable health-care experience,
lived in a negative way.
Opportunity exists for hospitals to have an important role in
promoting healthy development in children and adolescents,
especially where health promotion activities are integrated in
the episode of hospitalization and followed by similar actions
implemented in the community2. In order to proceed in this
way, increased awareness and commitment is needed, as well
as more effective investment in activities directed towards a
healthy development of children and adolescents, addressing
issues such as:
– empowerment for health
– resilience and coping capabilities
– health literacy
– respect of rights
– health management capacities
– assumption of healthy lifestyles
– development of human potential.
The international Task Force on Health Promotion for Children
and Adolescents in & by Hospitals (HPH-CA)3, officially established in 2004 and co-ordinated by the Health Promotion Programme of the A. Meyer University Children’s Hospital of Florence, is a strong advocate for this issue and it is composed by
representatives of paediatric hospitals and departments, research institutes, local health governments and of European
associations (EACH: European Association for Children in Hospital e ESSOP: European Society of Social Pediatrics and Child
Health). The Task Force aims to tackle the specific issue of
health promotion for children and adolescents by providing for
a better understanding and definition of the role which hospitals and health services can and should play in this field, along
with an organic conceptual and operational framework for
healthcare organisations and their professionals, as well as for
institutions, decision makers and social workers.
Le aree di lavoro prioritarie della Task Force HPH
La Task Force HPH-CA è partita dalla literature review sui bisogni di promozione della salute dei bambini e adolescenti in
Ospedale precedentemente citata e nel 2004 ha condotto
un’indagine conoscitiva in oltre 100 Ospedali e dipartimenti
The priority work areas of the HPH-CA Task Force
The HPH-CA Task Force initiated the work based on the literature review on the health promotion needs of children and adolescents in the hospital, mentioned before, and in 2004 conducted a background survey in more than 100 paediatric hos-
I. Aujoulat, F. Simonelli, A. Deccache, Health promotion needs of
children and adolescents in hospitals: A review, Patient Education and
Counseling. 2006; Vol 61(1): 23-32.
3 Per ulteriori informazioni sulla Task Force HPH-CA si veda il seguente sito: http://who.collaboratingcentre.meyer.it
I. Aujoulat, F. Simonelli, A. Deccache, Health promotion needs of
children and adolescents in hospitals: A review, Patient Education and
Counseling. 2006; Vol 61(1): 23-32.
3 For further information on the HPH-CA Task Force HPH-CA see
the following website: http://who.collaboratingcentre.meyer.it
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pediatrici all’interno della Regione europea dell’OMS4. L’indagine verteva su quattro aree principali: la situazione generale relativa alle tematiche di promozione della salute negli Ospedali
e dipartimenti pediatrici, l’adozione di standards di promozione della salute e le pratiche di promozione della salute correnti, e l’area del rispetto dei diritti del bambino in Ospedale.
Sulla base dei risultati e informazioni emersi dall’indagine conoscitiva, la Task Force ha individuato le aree tematiche di lavoro prioritarie:
– l’elaborazione di uno specifico quadro concettuale di riferimento;
– la ricognizione e disseminazione delle pratiche di promozione della salute per bambini e adolescenti in e da parte
di Ospedali;
– la promozione del rispetto dei diritti del bambino in Ospedale;
che accompagnano le attività di tipo trasversale come le attività di networking e di comunicazione strategica.
Nel 2007, nell’ambito della Conferenza HPH internazionale di
Vienna, sono state presentate tre pubblicazioni di riferimento elaborate dalla Task Force: “Quadro concettuale di riferimento”; “Raccomandazioni sui diritti dei bambini in Ospedale
- Conoscere e rispettare i diritti dei bambini in Ospedale” e
“Modello per la descrizione delle buone pratiche”, che sono
state diffuse nella Rete HPH internazionale e tradotte in varie lingue5,6,7. È stato avviato anche un Osservatorio online
sulle pratiche di promozione della salute per bambini e adolescenti in e da parte di Ospedali, prendendo in considerazione
gli orientamenti della Rete internazionale HPH e le strategie
dell’OMS che riguardano il tema della salute e sviluppo di
bambini e adolescenti, con l’obiettivo di contribuire a migliorare la prassi in questo campo8.
pitals and departments in the WHO European Region 4. The
study aimed to carry out a preliminary inquiry in order to acquire information on four main areas: on the general situation
relating to health promotion issues in hospitals in the WHO European Region, on the adopted standards of health promotion
in hospitals and the current health promotion practices, as
well as on the area of the respect of children’s rights in hospitals.
Based on the findings of the Background Survey, the Task Force
has individuated the priority work areas:
– definition of a specific conceptual and operational background;
– recognition and dissemination of health promotion practices addressed to children and adolescents in & by hospitals);
– promotion of the respect of children’s rights in hospital;
which accompany the transversal activities such as networking
and strategic comunication.
In 2007, during the international HPH Conference of Vienna,
three reference publications were presented, edited by the
HPH-CA Task Force: “Background document”, “Recommendations on Children’s Rights in Hospital – Knowing and respecting
the rights of children in hospital” and “Template for Description of Good Practices”, which have been disseminated within
the international HPH Network and translated into different
languages5,6,7. Moreover, an online observatory on health promotion practices for children and adolescents in & by hospitals
has been set up, taking into account the orientations of the international HPH Network and the WHO strategies with regard
to the theme of child and adolescent health and development,
with the aim to contribute to the improvement of the qualtiy of
the practices in this field8.
F. Simonelli, K. Majer, M.J. Caldés Pinilla, C. Teodori, T. Iannello
(a cura di), Health Promotion for Children and Adolescents in Hospitals (HPH-CA), Background Survey Report, Firenze 2005.
5 Si veda la seguente pubblicazione: Promozione della Salute dei
Bambini e Adolescenti in e da parte dell’Ospedale (HPH-CA): Quadro
concettuale di riferimento, edito da F. Simonelli, K. Majer, M.J. Caldés
Pinilla, Firenze, Aprile 2007.
6 Si veda la seguente pubblicazione: Promozione della Salute dei
Bambini e Adolescenti in e da parte dell’Ospedale (HPH-CA): Raccomandazioni sui Diritti dei Bambini in Ospedale: Conoscere e rispettare i diritti dei bambini in ospedale, edito da F. Simonelli, K. Majer,
M.J. Caldés Pinilla, G. Filippazzi, Firenze, Aprile 2007.
7 Si veda la seguente pubblicazione: Promozione della Salute dei
Bambini e Adolescenti in e da parte dell’Ospedale (HPH-CA): Modello
per la descrizione delle Buone Pratiche, edito da P. Nowak, H. Schmied, Firenze, Aprile 2007.
8 Per l’Osservatorio si veda il seguente sito: http://who.collaboratingcentre.meyer.it (Professionals & Institutions).
F. Simonelli, K. Majer, M.J. Caldés Pinilla, C. Teodori, T. Iannello
(edited by), Health Promotion for Children and Adolescents in Hospitals (HPH-CA), Background Survey Report, Florence 2005.
5 See the following publication: Health Promotion for Children and
Adolescents in & by Hospitals: (HPH-CA): Background document, edited by F. Simonelli, K. Majer, M.J. Caldés Pinilla, April 2007, Florence.
6 See the following publication: Health Promotion for Children and
Adolescents in & by Hospitals: (HPH-CA):Recommendations on Children’s Rights in Hospital: Knowing and respecting the rights of children in hospital, edited by F. Simonelli, K. Majer, M.J. Caldés Pinilla,
G. Filippazzi, Florence, April 2007.
7 See the following publication: Health Promotion for Children and
Adolescents in & by Hospitals: (HPH-CA):Template for Description
of Good Practices, edited by P. Nowak, H. Schmied, Florence, April
2007.
8 For the Observatory see the following website: http://who.collaboratingcentre.meyer.it (Professionals & Institutions).
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I diritti del bambino in Ospedale
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Rispetto dei diritti del bambino in Ospedale: riferimenti
concettuali e operativi, primi risultati e prossimi passi
Come menzionato, una specifica area di attenzione tra le iniziative della Task Force HPH-CA riguarda i “Diritti del bambino in Ospedale”, con l’obiettivo di richiamare l’attenzione
delle istituzioni, delle direzioni degli Ospedali e dei fornitori
dei servizi sanitari su questo tema, sia al livello internazionale che nazionale e locale, e di richiedere una migliore collaborazione. Come evidenziato dall’indagine sopramenzionata,
molti Ospedali non hanno ancora implementato una Carta dei
diritti del bambino in Ospedale e non sono sufficientemente
informati sui diritti delle popolazioni infantili e adolescenziali durante la loro permanenza in Ospedale. Inoltre spesso
gli Ospedali che hanno adottato una Carta dei diritti del bambino devono ancora sviluppare strumenti adeguati per valutare l’efficacia del processo di implementazione.
Esistono due riferimenti principali per le attività portate avanti
dalla Task Force HPH-CA nel cercare di promuovere il rispetto
dei diritti del bambino in Ospedale: il primo è rappresentato
dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia (CRC) approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 19899.
La CRC ha codificato i diritti dei bambini in un trattato internazionale sui diritti umani e fornisce una cornice di riferimento comprensiva dei diritti che facilitano un approccio olistico per promuovere il benessere dei bambini. Come minimo,
la cura dei bambini e adolescenti in Ospedale dovrebbe essere
guidata dai quattro principi-chiave della Convenzione:
– Diritto alla non-discriminiazione di nessun tipo
– Dovere di promuovere il miglior interesse del bambino
– Diritto alla vita e alla sopravvivenza e sviluppo ottimale
– Diritto ad essere ascoltato e preso sul serio in maniera
conforme alla propria età e maturità.
Altre disposizioni della CRC, inclusi il diritto al miglior livello
di cura possibile, il diritto alla privacy, il diritto al rispetto
delle capacità che si evolvono, il diritto all’integrità fisica e
alla protezione da ogni forma di violenza e abuso, dovrebbero
essere sistematicamente considerate nella pianificazione e
implementazione di politiche e pratiche.
A questo proposito, merita attenzione il Rights-based approach10 proposto dall’UNICEF Innocenti Research Centre, come uno strumento di comparazione tra vari Paesi per quanto
riguarda il benessere del bambino. La Convenzione viene utilizzata come cornice di riferimento normativo per orientare i
Paesi verso il child well-being, tenendo conto dei quattro principi generali sopra citati.
Respect of children’s rights in hospital: conceptual and operative references, first results and next steps
As mentioned, a specific area of concern amongst the initiatives of the HPH-CA Task Force is “Children’s rights in hospital”.
The aim is to draw the attention at international, national and
local level, of institutions, hospital managements and health
care providers to this issue and to ask for a better collaboration. As evidenced by the survey mentioned before, many hospitals have not yet implemented a Charter on children’s rights
in hospital and are ill-informed of the rights of the populations
of children and adolescents while in hospital. Moreover, for
those hospitals that have adopted a Charter on children’s right
in hospital, adequate tools have still to be developed to access
the effectiveness of the implementation process.
There are two main references for the activities carried out by
the HPH-CA Task Force in the attempt to promote the respect of
children’s rights in hospital: the first one is represented by the
Convention on the Rights of the Child (CRC) adopted by the
General Assembly of the United Nations on 20 November
19899. The CRC has codified children’s rights into an international human rights treaty and provides a comprehensive
framework of rights that facilitates a holistic approach to promote the well-being of children. As a minimum, care of children and adolescents in hospital must be guided by four key
principles of the Convention:
– Right to non-discrimination of any ground
– Duty to promote the best interest of the child
– Right to life and optimal survivor and development
– Right to be listened to and taken seriously in accordance to
their age and maturity.
Other provisions of the CRC, including the right of best possible
health care, the right to privacy and confidentiality, the right
to respect for evolving capacity, to respect for physical integrity and protection of all forms of violence and abuse, should also be systematically considered in the planning and implementation of policies and practices.
In this relation, the Rights-based approach10 is worth mention,
proposed by the UNICEF Innocenti Research Centre as a tool for
the comparison between different Countries with regard to
child well-being. The UN Convention is considered as normative
framework in order to orient countries towards child well-being, taking into account the before mentioned four general
principles.
Documento originale: Convention on the Rights of the Child. UN GA
Res 44/25. Available at: http://www.unhchr.chhtmlmenu3/b/k2crc.htm
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Original document: Convention on the Rights of the Child. UN GA
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L’altro riferimento importante è rappresentato dalla Strategia
europea per la salute e lo sviluppo del bambino e dell’adolescente11, adottata dal Comitato regionale dell’OMS Europa nel
settembre 2005, che emana indirizzi e orientamenti per le attività di promozione della salute rivolte a bambini e adolescenti, fornendo anche specifici strumenti correlati.
Infine, la Task Force ha costruito e rafforzato punti di riferimento in ogni Paese e Regione rappresentati, sviluppando alleanze locali. In quest’ottica, il Meyer, in qualità di punto di
co-ordinamento della Task Force internazionale, ha avuto
l’opportunità di creare anche delle connessioni operative di
livello nazionale e regionale, coinvolgendo l’Associazione degli Ospedali pediatrici italiani (AOPI) e costituendo un gruppo regionale HPH sulla Promozione della salute dei bambini
ed adolescenti in e da parte degli Ospedali in Toscana, con l’obiettivo di avviare e coordinare iniziative di livello locale.
The other important reference is the European Strategy for
Child and Adolescent Health and Development, adopted by
the Regional Committee of the WHO Regional Office for Europe in September 2005, which enacts guiding principles and
orientations for the health promotion activities addressed to
children and adolescents11, by providing also specific related
tools.
Finally, the HPH-CA Task Force has created and strengthened
the reference points in each Country and Region represented
inside it, by developing local alliances. In this sense, the Meyer
Hospital, as co-ordinating body of the international Task Force,
took the opportunity to create operative connections also at regional and national level, involving the Italian Association of
Children’s Hospitals (AOPI) and setting up a regional HPH
Working Group on Health Promotion for Children and Adolescents in & by Tuscan Hospitals, with the aim of starting and coordinating local initiatives.
11 European Strategy for Child and Adolescent Health and Development. Copenhagen, WHO Regional Office for Europe, 2005
(http://www.euro.who.int/document/E87710.pdf).
11
Le azioni
dell’UNICEF
The actions
of UNICEF
European Strategy for Child and Adolescent Health and Development. Copenhagen, WHO Regional Office for Europe, 2005
(http://www.euro.who.int/document/E87710.pdf).
Leonardo Speri
Responsabile Programma Ospedale amico dei bambini BFHI - UNICEF Italia
Reference person for the Baby Friendly Hospital Initiative - UNICEF Italy
L
a promozione dei diritti del bambino in Ospedale è per
l’UNICEF un importante obiettivo, che prevede, come altri, la tessitura di alleanze in cui l’UNICEF ha il ruolo di
catalizzatore.
Sulla linea della salute e della qualità delle cure nell’infanzia
e nell’adolescenza la collaborazione con l’Ospedale pediatrico
Meyer e la Regione Toscana si è consolidata, in questi ultimi
anni, attraverso attività condivise.
Tra queste ricordiamo in particolare l’impegno del 2005 per la
celebrazione del XV° anniversario della “Dichiarazione degli
Innocenti sulla promozione, protezione e sostegno dell’allattamento materno”, che ha prodotto un documento che rinforza ed aggiorna il significato e gli obiettivi indicati sempre a
Firenze nel 1990.
Alcuni degli obiettivi della Dichiarazione degli Innocenti convergono con i temi del Convegno organizzato dal Programma
promozione della Salute dell’AOU Meyer sui “Diritti del bambino in Ospedale”. La promozione dell’ Iniziativa OMS/UNICEF
“Ospedali amici dei bambini” (Baby friendly Hospital Initiati-
T
he promotion of the rights of the Child in Hospital is an
important objective for UNICEF and it is based upon the
weaving of alliances where UNICEF acts as a catalyser.
In recent years the Meyer Children’s Hospital and Regione
Toscana have worked together to promote and draw attention
on the importance of health and quality of care when nursing
children and adolescents.
As an example of this common action we would like to point
out the effort they made in 2005 for the Celebration of the 15th
anniversary of the ‘Innocenti Declaration’, promoting and supporting breastfeeding, which produced a document, supported
by the International Convention on the Rights of the Child,
strengthening and updating the meaning and objectives already set forth in Florence in 1990.
Some of the objectives expressed in the Innocenti Declaration
reflect the topical subjects discussed in the conference organized by the Health Promotion Programme of the Meyer University Children’s Hospital on the ‘Rights of the Child in Hospital’.
The support and the encouragement of the WHO/UNICEF ‘Baby
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ve - BFHI), un progetto cardine nella strategia dell’UNICEF, è
infatti centrata sull’accoglienza del neonato in Ospedale e la
promozione dell’allattamento al seno, un indicatore e nel
contempo un determinante di salute strategico.
Nella BFHI l’attenzione all’allattamento materno si estende
non solo alla qualità delle cure e dell’organizzazione sanitaria, ma anche all’empowerment delle famiglie e degli stessi
neonati, oltre alla ricerca di modalità relazionali corrette e
consone con l’età da parte degli operatori.
Nei progetti che convergono per la piena realizzazione del diritto alla salute troviamo un importante intreccio tra la promozione dei diritti del bambino in Ospedale e la BFHI che con
i suoi “Dieci passi per allattare con successo” (OMS/UNICEF
Ginevra 1989) richiede la costruzione di un contesto culturale
nuovo, ampio e complesso.
Partire da una visione culturale globale, costruire e applicare
documenti internazionali, si è rivelata nel tempo una strategia molto utile per orientare le azioni e dare riconoscimento e
forza agli operatori di ogni settore, impegnati a tradurre i
principi e le indicazioni in fatti concreti.
Nel caso dei diritti di bambine, bambini e adolescenti, la Dichiarazione degli Innocenti, come altri progetti e programmi
operativi, trovano il principale punto di appoggio nella Convenzione internazionale sui diritti per l’infanzia (ONU,
20.11.1989), ratificata in Italia con L. 176 del 27.5.1991.
La Convenzione ci aiuta a definire protagonisti, principi e
metodi nella promozione e tutela di tutti i diritti: l’ età (Art.
1 - sotto diciott’anni, salvo diversa legislazione), l’uguaglianza (Art. 2 - senza distinzioni di sorta), la centralità del fanciullo (Art. 3 - l’interesse superiore del fanciullo deve essere
una considerazione preminente) e la coerenza nell’ assicurare
protezione e cura (leggi appropriate, istituzioni adeguate).
Elenca i diritti, tra cui il diritto alla vita (Art. 6), alla continuità
delle relazioni familiari (Art. 12), alla partecipazione (il diritto
del fanciullo di esprimere la sua opinione e ad essere ascoltato).
È in questa cornice che si colloca l’esercizio del diritto alla salute.
La condizione delle bambine e dei bambini, nonché delle e degli adolescenti, ospedalizzati, centrata sul diritto alla salute
non può prescindere dall’insieme dei diritti di cui sono portatori in quanto persone (art. 24 il minore possa godere del miglior stato di salute possibile [...] assicurare a tutti i minori
l’assistenza medica e le cure sanitarie necessarie,[...] garantire
alle madri adeguate cure prenatali e postatali, nonché informazioni e aiuto pratico sulla salute e sulla nutrizione del minore,
sui vantaggi dell’allattamento al seno, sull’igiene e sulla salubrità dell’ambiente e sulla prevenzione degli incidenti [...])
Diritti generali e diritto alla salute sono inscindibili specialmente in Ospedale e nella condizione di malattia, dove il diritto della persona subisce un oggettivo – per quanto ingiusto – affievolimento, caratterizzato da condizioni di sofferenza e di dipendenza, proporzionali al grado di severità
Friendly Hospital’ initiative (BFHI) is in fact one of the major
goals of UNICEF’s scheme and it is based on the cares given to
the newborn inside the hospital and the promotion of breastfeeding – a strategic indicator and at the same time a fundamental instrument of health.
The emphasis on breastfeeding not only involves the quality of
treatment and the healthcare organization, it also gives selfconsciousness and power to families, children and adolescents
and motivates health workers in searching relational procedures which are suitable to the age of the patients.
There are quite a few projects aiming to the full accomplishment
of the right to health. The Promotion of the Right of the Child in
Hospital is certainly one of them and it is strongly linked to the
BFHI. Both require the creation of a new, multifaceted cultural
environment and new guidelines for healthcare activities
Starting from a global cultural perspective, we have had excellent results over the time, producing and performing reference
documents at international level, which have become significant instruments to guide the actions and give recognition and
strength to those who try to translate principles and indications
into real facts. When talking about the rights of children and
adolescents we have our most significant point of reference in
the International Convention on the Rights of the Child (ONU,
20.11.1989), ratified by the Italian government with law n°
176 of 27.5.1991, which helps to define the protagonists, principles and methods in the promotion and protection of all
rights: Age (art. 1) – with ‘Child’ we indicate any individual under eighteen years of age, except different legislation (in the
cases where the law states an earlier coming of age). Equality
(art. 2) – regardless of race, colour, sex, language, religion, political beliefs of the child or of his family, implying the commitment to protect him against all forms of discrimination or punishment due to his status. The key role of the child (art. 3) – the
child’s wellbeing must be the main concern along with the assurance of all the necessary protection and care. This requires
appropriate legislation, services and facilities, provided according to the standards established by competent authorities.
The Convention also lists the child’s rights – among them the
most important are the following: the right to life (art. 6) –
every child has a natural right to life, institutions shall ensure
to the maximum possible extent his survival and development;
the right to the continuity of family relationships (art. 12) –
institutions shall not separate the child from his family
against their will; the right to participation – the child who is
capable to express his opinions has the right to do so and to be
listened to. His views must be given due weight, according to
his age and maturity.
Thanks to this general introduction, the right to health may be
put into practice within a defined framework. The condition of
Children and Adolescents in Hospital certainly revolves around
the right to health, but it also implies all the rights they have
as individuals (art. 24) – the child must be guaranteed with
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della patologia da cui è affetto.
Questa condizione di affievolimento di autonomia e di potere,
che già rende delicata e meritevole di protezione ogni forma
di ospedalizzazione della malattia nell’adulto e ancor di più
nell’adolescente e nel bambino, si estende, in qualche modo
abusivamente anche al momento del parto, cioè a quasi tutti i
neonati “fisiologici”. I bambini nati sani a termine, su cui è
focalizzata la BFHI, sono coinvolti con le loro madri in un
contesto di medicalizzazione che risulta, nel loro caso, il più
delle volte inappropriato se non addirittura dannoso (basti
pensare, in Italia, al ricorso eccessivo al parto con taglio cesareo). La medicalizzazione poi prosegue anche nel puerperio,
incide sull’avvio e la durata dell’allattamento, contribuisce a
creare una dimensione generale di dipendenza che, iniziata in
Ospedale, difficilmente sarà recuperabile nei servizi territoriali e negli ambulatori pediatrici.
L’obbligo del sanitario di garantire il diritto alla salute, se esercitato in modo autoreferenziale, cioè quando perde di vista la
centralità e l’interesse superiore del fanciullo, o paternalistico,
quando perde di vista le prerogative e le competenze anche dei
più piccoli, siano essi sani o nelle condizioni di “pazienti”, rischia da un lato di entrare in conflitto con i diritti fondamentali della persona, dall’altro di impoverirla delle sue capacità e
competenze, creare in altre parole dis-empowerment.
La persona in stato di malattia spesso fatica ad aver parola su
ciò che la riguarda, più che per l’obiettiva incompetenza, colmabile da una informazione corretta, accurata ed appropriata, per una dimensione di inferiorità, talvolta di soggezione,
in una relazione di potere obiettivamente, anche se illegittimamente, sbilanciata.
Più è debole, potremmo dire “minore”, il portatore del diritto,
più la relazione rischia questo sbilanciamento, e richiede misure di riequilibrio adeguate.
Il ruolo dell’UNICEF, ma anche di altre organizzazioni dedicate, e sicuramente del mondo medico e delle organizzazioni sanitarie più illuminate, assume pertanto grande rilievo, nel
senso etimologico e concreto dell’Advocacy, nello sforzo cioè
di garantire la possibilità di parola anche nelle situazioni in
cui è apparentemente impossibile.
Basti ricordare a questo proposito per quanto tempo ai bambini prematuri siano state inflitte, e continuino purtroppo ad
esserlo, manovre mediche dolorosissime, per l’incapacità di
cogliere la protesta disperata di un essere umano, ritenuto
così immaturo da non provare dolore.
Si riscontra ancora in alcune realtà la prassi di privare bambini – portatori di particolari patologie – del contatto fisico con
i familiari, ancor più insensata nel caso di prognosi infauste.
Un contatto viene troppo spesso negato anche nel caso di nascite premature, nonostante vi sia assoluta evidenza scientifica che il contatto con la madre, al di là del valore in sé, può
rappresentare uno straordinario salvavita.
Intervenire su tutto questo è possibile, e fortunatamente lo si
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the highest attainable standard of health and the most suitable facilities for the treatment of illness and rehabilitation.
An even stronger effort must be made for the development of
primary health care, providing adequate pre-natal and postnatal care to mothers as well as basic knowledge on the child’s
health and nutrition needs, information on the advantages of
breastfeeding, on hygiene and prevention of accidents.
The rights of the individual and the right to health should never be separated and this is especially true inside the hospital,
where the rights the child holds as a human being are objectively weakened, in a peculiar situation of suffering and dependence, according to the severity of the pathology.
We should consequently point out that this condition of weakened autonomy and power, which already makes any form of
hospitalization for illness in the adult – and even more so in the
adolescent or child – quite delicate and deserving protection, is
extended, in some ways unlawfully, also to the moment of birth,
that is, to all “physiological” newborns (healthy babies who the
Baby Friendly Hospital Initiative has focused upon).They become involved with their mothers in medical processes, often
unsuitable, if not harmful (for example the unnecessary recourse to C-section deliveries in Italy) which affect the duration
of breastfeeding and contribute to create a general dependence
on these medical practices that are started in hospital, but that
can hardly be found in the external paediatric services.
The obligation of the healthcare worker to ensure the right to
health, when it’s carried out in a self-regarding manner – losing sight of the child’s fundamental role and superior interest
– or in a paternal manner – losing sight of the prerogatives
and abilities that even the youngest children have, – risks on
the one hand to enter into conflict with the fundamental rights
of the individual and on the other to impoverish the person of
his or her abilities and skills, creating ‘disempowerment’.
The sick person often finds it difficult to speak up on matters regarding himself/herself, not because of incompetence, which
could be made up for through correct, accurate and appropriate
information, but for a sense of inferiority, or even subjection,
within a relationship of objectively, although illegitimately, unbalanced power. The weaker – or we could say the younger – the
holder of the rights is– the more this relationship risks to become unbalanced and needs adequate re-balancing measures.
The role of UNICEF is then extremely important also in the sense
of Advocacy, when an extra effort must be made to ensure the
right to speak out in situations where it is particularly difficult.
As an example of this we’d just like to recall the painful medical measures inflicted for years to premature infants, not recognizing the tormented protest of a human being, who was
thought to be so immature as to be incapable to feel any pain.
Not to mention that in some hospitals, children, with specific
pathologies, are still denied of the physical contact with their
relatives, which is even more absurd in cases of fatal prognosis. Contact is too often denied even in the cases of premature
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sta facendo, anche se da relativamente poco tempo, attraverso prese di posizione (per es. Società italiana di Neonatologia
sull’accesso dei genitori nelle Terapie intensive neonatali) e
azioni concrete.
Sappiamo quanto siano indispensabili enunciati sui diritti,
rafforzati da esperienze concrete (basti pensare alla Kangooro
mother care – mamme canguro: la marsupio-terapia come risorsa fondamentale per la sopravvivenza dei bambini pre-termine); sappiamo anche che gli enunciati non garantiscono
che ciò che è utile o addirittura obbligatorio fare si applichi
universalmente.
Per colmare questo spazio tra il dire e il fare, tra il diritto e la
sua espressione quotidiana, lavorano l’UNICEF, l’OMS, diverse
ONG, tanti sanitari illuminati in strutture in cui il “prendersi
cura” insegue una eccellenza che dovrebbe essere la normalità.
Le affermazioni di principio a cui l’UNICEF si rifà possono diventare così utili strumenti operativi, indicazioni di comportamento, buone prassi su cui riorientare l’organizzazione.
Nei “Dieci passi per allattare con successo” della BFHI troviamo coincidenza tra azioni basate sulla medicina dell’evidenza
(EBM) e l’ applicazione di diritti fondamentali.
È un “diritto” la non-separazione dalla madre (dal contatto pelle a pelle – skin to skin – appena nato indicata nel passo 4, alla
vicinanza continua nella stanza – rooming-in – nel passo 5).
Nell’indicazione di favorire l’allattamento a richiesta (passo
8), che richiede competenze per il riconoscimento dei “segni
di fame” del piccolo, possiamo ritrovare in qualche modo anche il diritto di essere ascoltato. Lo stesso diritto è rintracciabile in azioni solo apparentemente insignificanti, come il rispetto da parte dell’adulto dei gesti di rifiuto del succhiotto
(strumento scoraggiato dal passo 9) da parte del lattante, che
esprime come può la propria intenzionalità, con il linguaggio
pertinente all’età.
L’empowerment, nelle sue diverse forme assume un ruolo determinante anche nell’ “Agenda del Millennio” dell’ONU, che
indica – a partire dalla sopravvivenza – gli otto obiettivi prioritari per l’infanzia di tutto il mondo, riassunti nell’affermazione “un mondo a misura di bambino”.
Anche il contesto e il metodo con cui si perviene agli obiettivi
sono molto rilevanti, come ricorda la “Strategia globale per l’alimentazione dei neonati e dei bambini” dell’OMS del 2002; è
necessaria e premiante l’azione simultanea su tre componenti:
la struttura sanitaria, la popolazione interessata, gli operatori.
Circa il diritto alla salute, l’ascolto da parte dell’UNICEF dei bisogni dei bambini e adolescenti italiani, trova rinforzo in due
documenti recenti. Il primo, redatto in collaborazione con altre 70 organizzazioni, nel “Gruppo per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza” (Gruppo CRC), cui compete il monitoraggio dell’applicazione della Convenzione in
Italia, è il 4° Rapporto su “I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia” – Maggio 2008. Il secondo è il documento
programmatico “Proposte dell’UNICEF per la XVI Legislatura”
birth, although scientific evidence has fully shown that contact
with the mother is an extraordinary life saver.
We strongly believe it is possible to mediate on these issues, and
fortunately we are now going in this direction using both reference statements and tangible experiences (as in the case of the
recent assertions by the Italian Society of Neonatology regarding
the access of parents in the Neonatal Intensive Therapy areas).
We are very much aware of the importance of this kind of assertions, which will develop through factual experiences (kangaroo
mother care for example: pouch-therapy is a fundamental resource for the survival of a lot of pre-term babies), but we also
know that they cannot guarantee that the best actions will be
taken everywhere. The work of UNICEF, WHO, the different NGOs
and the most advanced health structures that aspire to excellence, is carried out with the aim of filling the gap between words
and actions, rights and their application into everyday life.
It’s with reference to these issues that UNICEF’s statements
and principles may become fundamental operative tools – tangible indications of behaviour and good examples of practice to
give new directions to the organization.
It’s not difficult, for instance, in the ‘Ten Steps to Successful
Breastfeeding’ of BFHI (WHO/UNICEF Geneva 1989) to trace
the correspondence between the actions of the Evidence Based
Medicine (EBM) and the simple application of fundamental
rights. The request not to separate the mother from her newborn (skin-to skin contact immediately after birth, stated at
step 4 or the rooming-in (step 5, for example can be identified
as a ‘right’. Breastfeeding on demand (step 8), which requires
competence in understanding the “signs of hunger”, can be
perceived as the right to be heard. The same right may again
be recognized in apparently meaningless gestures, such as respecting the child’s rejection of dummies. A clear sign of his intentions, expressed in a language appropriate to age.
The Millennium Agenda, which indicates the eight priority
goals for children, starting from the right to health and survival, can be summed up in the statement – “A child-friendly
world” – where empowerment through instruction and gender
equality plays a fundamental role. The importance of the context and the methods used to attain these goals must be emphasized as well. As stated in the “Global Strategy for Infant
and Young Child Feeding” by WHO in 2002, the simultaneous
action of three components-healthcare structures and workers
and population involved, is necessary and rewarding
Two recent documents prove UNICEF’s engagement to pay the
maximum attention to the needs of Italian children and adolescents: the first has been written in collaboration with other
70 members of the “Group for the Convention of the Rights of
Childhood and Adolescence” (CRC Group), the second is a document on their policy programme entitled “UNICEF’s proposals
for XVI Legislation” – March 2008, aimed at orientating the
Agenda of the Italian Government on issues considered particularly important.
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– Marzo 2008, teso ad orientare l’Agenda del Governo italiano
sui temi ritenuti prioritari.
Ripresi anche nel 4° Rapporto del gruppo CRC, i punti salienti
delle proposte dell’UNICEF sull’art. 24 della Convenzione sono
inseriti in una visione complessiva, globale:
– dei principi; perché la salute non può essere avulsa dall’insieme dei diritti e delle opportunità (lotta a tutte le disuguaglianze, allo sfruttamento, alla violenza);
– degli obiettivi; perché la salute abita una città che dovrebbe essere amica, offrire una scuola amica, un Ospedale
amico (BFHI) e servizi territoriali amici, uno sport amico,
un sindaco difensore dell’infanzia e un garante per l’infanzia, obiettivi dell’Advocacy perseguiti con trasformazioni
concrete e attraverso la realizzazione di campagne (internazionali come la campagna HIV/Aids e nazionali come
GenitoriPiù, in partnership con il Ministero della Salute) e
la cooperazione;
– dei metodi; il coinvolgimento e la partecipazione attiva di
bambini ed adolescenti, e per quel che riguarda le istituzioni preposte, la formazione, il monitoraggio, la valutazione.
L’impegno del Comitato italiano per l’UNICEF per il diritto alla
salute di bambini ed adolescenti è concentrato su azioni ritenute prioritarie: l’ assunzione dell’acido folico prima del concepimento, l’allattamento materno esclusivo, la lotta al tabagismo, le vaccinazioni, la lettura precoce, l’attività motoria,
la prevenzione della morte in culla, dei traumi da incidenti
stradali e domestici, dell’obesità, del disagio psichico.
Queste azioni con gradienti diversi sono promosse anche in
ambito ospedaliero e alcune in particolare, come la lotta al
tabagismo e la promozione dell’allattamento materno, sono
riconducibili al programma dell’OMS “Ospedali che promuovono la salute” (Health Promoting Hospital).
A queste azioni di salute pubblica si aggiunge con un posto di
rilievo la promozione di un “Ospedale a misura di bambino”.
L’UNICEF chiede che a bambine, bambini e adolescenti, vengano garantiti in caso di ricovero in Ospedale un’assistenza appropriata per l’età, spazi riservati e non condivisi con pazienti adulti, la continuità delle relazioni familiari, la continuità
scolastica, rilanciando, anche a livello europeo, la Carta dei
diritti del bambino in Ospedale.
Espressione della Convenzione del 1989, sottolinea tra l’altro
il diritto del bambino ad essere informato e consultato circa
le decisioni sulla propria salute e sulle cure, in modo ovviamente dimensionato all’età.
Il gruppo CRC raccomanda il monitoraggio dell’assistenza pediatrica e dell’applicazione Carta dei diritti, la formazione del
personale in servizio e pre-laurea, con il “focus” sui diritti,
l’adolescenza, le differenze e la comunicazione appropriata.
Il percorso BFHI, espressione esemplare di un Ospedale a misura di bambino, testimonia insieme qualità e difficoltà delle
trasformazioni richieste: i dieci passi sono una sfida culturale
che coinvolge l’organizzazione, le conoscenze e anche le emo-
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The main points of UNICEF’s proposals at article 24 of the Convention are discussed in the above mentioned report and give
an overall and global perspective on:
– Principles – health cannot be separated from rights and opportunities (fight against inequality, exploitation, violence
…)
– Objectives – health should include a friendly school, friendly
hospital and territorial services, a mayor who defends childhood and guarantees the rights of childhood. These goals of
Advocacy are pursued through real transformation and
through the realization of campaigns (at international level
such as the HIV/Aids campaign and at national level such
as GenitoriPiù, in partnership with the Ministry of Health)
and co-operation.
– Methods – involvement and active participation of children
and adolescents in training, monitoring and assessing the
responsible institutions.
The commitment of the Italian Committee for UNICEF for the
Right to Health of Children and Adolescents is focused upon actions of priority importance as:
– The assumption of folic acid before conception to prevent
significant deformities.
– Exclusive breastfeeding for the first six months of life.
– The fight against parents smoking.
– The supply of appropriate vaccinations.
– The encouragement of early loud reading.
– The promotion of physical activities.
– The prevention of cot-death (SIDS) and of all kinds of traumas and accidents, obesity and psychic distress.
These activities are already endorsed within the hospitals and
some may be fully related (the fight against smoking and the
promotion of breastfeeding in particular) to WHO’s Health Promoting Health programme.
The endorsement of a “Child Friendly Hospital” should go along
with the above mentioned public health actions. In its “Proposals”, UNICEF asks that children and adolescents staying in hospitals receive a specific and appropriate care for their age, have
dedicated spaces, not shared with adult patients, have continuity in family relationships and education, have the right to be
informed and consulted on decisions taken regarding their
health, in the most appropriate way according to age
To achieve the objective of a child-friendly hospital, the formal
adoption of the Charter of Rights for the Child in the Hospital is
essential along with the correct training of all the paediatric
team especially on issues related to rights, differences and appropriate communication.
Although the requirements of the BFH Programme are exemplary in terms of Hospital objectives, the journey suggested shows
how the transformation needed is wide and complex: the ten
steps require a cultural challenge that involves the organization, know-how and feelings of the whole care-giving group.
Two further elements are introduced by the programme:
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zioni del gruppo curante. Due ulteriori elementi, vengono introdotti da questo programma:
– il rispetto del Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno (passo 6), che vieta
qualsiasi forma di marketing negli Ospedali e chiede più
sensibilità sul conflitto di interesse e sul recupero dell’etica dell’agire in sanità;
– la valenza etica di una dotazione di risorse adeguata, nei
mezzi e nelle persone (Convenzione art. 3). Il personale
deve essere formato (come richiesto anche dal passo 2 della BFHI) e sottoposto a valutazione (che viene esercitata
dall’UNICEF in modo incoraggiante e insieme rigoroso).
Oggi la BFHI è inserita nella legislazione con l’adozione da
parte di Ministero della Salute e Conferenza delle Regioni
delle “Linee di indirizzo nazionali sulla protezione promozione e sostegno dell’allattamento al seno” (2007), ma solo
17 degli oltre 600 punti nascita in Italia sono stati finora
riconosciuti (c.a il 3% dei nati): il compito è quello di
estendere questa esperienza
In conclusione molto c’è da fare, anche a partire dall’Ospedale,
per affrontare tanti temi: dal dolore alla solitudine, dalla disabilità e al disagio psichico e al complesso transito dell’adolescenza, dalla violenza alle discriminazioni ed alle disuguaglianze in generale che sono spesso disuguaglianze in salute.
Gli strumenti ci sono: per la fase neonatale per esempio l’Humane Neonatal Care Initiative, dieci passi per le Terapie intensive neonatali, la Mother-Friendly Child birth Initiative
(MFCI), che include l’empowerment e l’autonomia delle madri
per un parto più naturale contrastando interventi inappropriati, e altri ancora.
Nel segno della continuità terapeutica e assistenziale UNICEF
Italia promuove anche 7 passi per i servizi territoriali di una
“Comunità amica dei bambini per l’allattamento materno”,
per una rete che includa e non isoli l’Ospedale.
In questi programmi, oltre ai contenuti, va tenuto conto del
contributo metodologico: l’ascolto e il dialogo come strumenti
per progettare insieme, nella quotidianità, non a “spot”, per
trasformarla e raggiungere un corretto assetto relazionale.
Ci soccorrono esperienze concrete di partecipazione, buone
pratiche, come a Carpi, dove i bambini hanno collaborato alla
progettazione della Pediatria, o al Caldarelli di Napoli, dove
valutano l’applicazione della Carta dei diritti nel reparto.
L’impegno a favore del bambino infine passa attraverso i curanti. Prevede una prassi capace di incoraggiarli, sostenerli,
migliorare la qualità del loro intervento spesso sovradeterminato da vincoli organizzativi, culturali, o condizionato da assetti emotivi sia strutturali che contingenti.
Riflettere su questo significa anche prendersi cura di chi cura,
in una visione capace di coinvolgere l’intero assetto istituzionale e sociale per fare diventare “sistema” la buona pratica, e
renderla coerente, sostenibile nel tempo e meno episodica.
www.unicef.it
– The respect of the International Code of Commercialization
of Breast Milk Substitutes (step 6), which prohibits any form of
marketing in hospitals, demands more attention to avoid conflicting interests in medicine and orders an ethical behaviour
in the health care sector.
– The ethical value in providing adequate resources, in terms
of equipment and well trained staff (as per art. 3 of the Convention), as well as rigorous control and evaluation (exercised
by UNICEF with an encouraging but strict approach).
Thanks to UNICEF’s efforts, the complete BFHI programme has
been introduced at legislative level with the adoption of the
National Guidelines on Promotion, Protection and Support of
Breastfeeding (2007).The goal is now to extend this experience
which counts only 17 of the over 600 birth points in Italy, covering just 3% of new born babies.
Bringing to a close, we can say there is still much to be done
starting from the hospitals. A lot of issues from pain to loneliness, from disability to psychical discomfort and uneasiness of
adolescence, from violence to discrimination (inequality often
implies different health treatments) must be dealt with.
We do have tools like the Human Neonatal Care Initiative Model, the Ten Steps for Neonatal Intensive Therapy, the MotherFriendly Child Birth Initiative (MFCI encouraging natural delivery and contrasting inappropriate interventions)… To improve
the continuity of therapeutic and health care inside and outside
the hospital, UNICEF Italy also supports the seven steps for territorial services of the ‘Child-Friendly Community for Breastfeeding’ to build up a network that includes and does not isolate hospitals. In addition to their contents, the methodological
contribution of these programmes must always be recognized:
dialogue and listening as tools for mutual planning, daily dialogue and listening – not of a random nature – to transform
everyday life and reach a correct relational behaviour. Tangible
experiences and best practices – which should be more visible,
must be reported. We’d like to cite here the new Paediatric division of Ramazzini Hospital in Carpi, which had the “real” participation of children from schools during both the planning
and the development phase and the Paediatric ward of Caldarelli hospital in Naples, where an information tool for young patients has been introduced to evaluate the care received.
Finally we always have to keep in mind that caregivers have a
key role in the commitment towards the child. Procedures capable of encouraging them should be adopted, to give them
support and to improve the quality of their intervention, while
often organizational and cultural restraints or structural and
emotional reasons may hold back their efforts.
Thinking and discussing on this means taking care of caregivers, according to a perspective which involves the entire institutional and social environment, as to make it possible for
best practices to become systematic (not an exception), more
coherent and sustainable over the time.
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Children’s Rights in Hospital
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La scoperta
dell’infanzia
The discovery
of childhood
Crescita e sviluppo degli Ospedali pediatrici
Growth and development of children’s hospitals
Patrizia Guarnieri
Professore di Storia contemporanea, Università di Firenze
Professor of Contemporary History, University of Florence
[email protected]
I
bambini esistono da sempre, tuttavia, non è poi molto che
la scienza e la medicina si sono accorte di loro. La cosiddetta scoperta dell’infanzia è in genere datata alla fine dell’Ottocento, quando saperi specialistici, nuove figure professionali
e l’attenzione stessa dello Stato hanno riconosciuto il bambino
come soggetto specifico da studiare e da tutelare, diverso dall’adulto e neppure paragonabile alla miniatura di esso. Ancora
più tardivo è stato l’interesse del sapere storico verso i bambini, che raramente sono menzionati nei manuali di storia, dove
si parla semmai di storia delle idee sull’infanzia.
A tanta e duratura cancellazione non abbiamo neppure fatto
caso; eppure è significativa. La mancanza di bambini nella ricerca storica riflette un atteggiamento diffuso. Mancavano il
riconoscimento della identità personale e sociale del bambino, il «diritto al rispetto della propria identità«, all’essere nominato: quello che nella Carta dei diritti del bambino in Ospedale (art. 4) si specifica in diritto all’essere chiamato per nome, anziché con un numero, o con la diagnosi attaccata sul
letto come si vede in una foto d’epoca.
Anche per quanto riguarda la medicina e la cura dei bambini,
rispetto all’ampia tradizione storiografica della medicina generale, la ricerca storica è scarsa. Gli studi di storia della pediatria
si configurano spesso come storie settoriali separate, interne
alla specialità, come se trattassero di un capitolo aggiuntivo.
Concettualmente e storicamente, però, non è così. Proprio dalla medicina dei bambini al suo nascere a fine Ottocento, sono
emerse consapevolezze decisive per la medicina tutta. Principalmente l’idea che occorra trattare non solo le malattie ma la
salute e che nella salute sia insita l’esperienza della malattia; e
l’idea che la cura e il prendersi cura siano connesse e inseparabili, come ancora ricorda la Carta dei diritti del bambino in
Ospedale a proposito dell’assistenza “globale” (art. 2). La pediatria è scaturita non da scoperte che l’avrebbero resa autonoma dalla medicina generale, ma essenzialmente dal bisogno di
cura di una particolare categoria di pazienti, un bisogno accolto prima ancora di avere le soluzioni atte a soddisfarlo. E difatti
E
ven though children have always existed, only recently
have science and medicine, become aware of them. The
so-called discovery of childhood is usually dated at the
end of XIX century, when expert knowledge, new professional
authorities and the focus of the state bureaucracy contributed
to recognizing the child as a unique individual to be studied
and safeguarded. The child became quite different from the
adult and certainly not to be looked at as a miniature adult.
An interest in the historical dimension of childhood arose even
later and is rarely mentioned in history books, which usually
talk of the history of the idea of childhood.
Nobody has really called attention to this long-lasting veil of
silence, yet it is significant. The lack of children in historical
research reflects a widely held attitude. Recognition of the
child’s personal and social identity was missing, namely, the
“right to have one’s own identity respected” and to be known
by name, as specified in the Charter of Rights for the Child in
Hospital (art. 4), the right to be called by name, not by a number or a diagnosis hanging on a bed as shown in a period photograph.
Historical research is lacking even in paediatric medicine and
treatment, compared to the wide-ranging historiographic tradition of general medicine. Studies on the history of paediatrics are often seen as internal monographs in the context of
that specialty, as though they were additional technical knowledge. Yet historically – certainly at the end of the nineteenth
century –- knowledge has often flowed from paediatrics to general medicine. We have from paediatrics the idea that it is necessary to be concerned not just about disease but health as
well, and that it is in health that the experience of disease is
situated. From paediatrics come the idea that treatment and
seeking treatment are connected and inseparable. This is
evoked in the Charter of Rights for the Child in Hospital when
speaking of a “total health care” (art. 2). Paediatrics did not
arise from discoveries that made it independent from general
medicine, but from the need to treat a certain category of pa-
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l’altra idea decisiva affermata nella pediatria è che la cura non
consista solo in un intervento strettamente medico, ma comporti anche la cura delle relazioni con il paziente e con gli altri,
soprattutto i genitori, con i quali medici e operatori sanitari
non possono mancare di rapportarsi.
Decisivo della modernità è considerato il passaggio dall’interesse solo privato per la salute dei bambini – quando la malattia è sofferenza e provoca dei cambiamenti e limitazioni
nella qualità della vita per il piccolo paziente e per tutta la
famiglia – ad un interesse pubblico. La mortalità e la morbilità infantile assurgono a problemi per la nazione. E gli storici
in genere concordano nell’individuare quel passaggio, della
preoccupazione per la salute dei bambini come interesse collettivo e statale, a ridosso della guerra anglo-boera nel 1889,
quando l’impero britannico dovette accorgersi che non disponeva di abbastanza robusti e sani giovani da inviare a combattere in Sud Africa, e che il loro stato insoddisfacente di
sviluppo e salute risaliva a deficienze o patologie dell’infanzia. L’importanza della salute dei bambini apparve dunque
non come diritto alla salute, ma come interesse della nazione
in guerra, che lamentava un fallimento di cui spesso si fece
carico soprattutto alle madri. Di fatto quell’interesse comportò un nuovo investimento nella lotta non solo alla mortalità infantile, ma anche alla morbilità, sia con la prevenzione,
sia con la cura della malattie, pur dovendo constatare che in
larga scala si trattava comunque di una questione sociale e
non strettamente medica.
A fine Ottocento sorgono dunque anche gli Ospedali pediatrici. La recente storia delle istituzioni ospedaliere per i bambini si presenta soprattutto come storia istituzionale, di edifici
e regolamenti; medici a parte, paradossalmente poco si sa delle famiglie, degli infermieri e dei volontari, dei bambini stessi. È proprio l’esigenza attuale di tener conto di tutti questi
soggetti, e delle pratiche anziché solo delle teorie, che sollecita la ricerca storiografica a porsi nuovi interrogativi per
esplorare questi campi di indagine così di recente individuati.
In che modo il sistema ospedaliero tutelava la salute dei
bambini?
Cosa si faceva in concreto con i bambini malati da ospedalizzare? E cosa si faceva prima che esistessero, o dove non esistevano, gli Ospedali per i bambini? Se ci limitiamo alla normativa, si deve concludere che nessun bambino venisse ricoverato in Ospedale prima dei 7-9 anni, all’incirca. Questa è difatti la soglia sotto la quale i regolamenti ospedalieri respingono l’ammissione, generalmente in tutta Europa. D’altro
canto la letteratura pediatrica dell’epoca trattava di malattie
infantili nel periodo compreso tra gli 0 e i 7 anni di vita. Questo ribadito limite di età ci suggerisce che solo fino ai sette
anni i bambini erano considerati tali. Se costituivano una
classe di pazienti a sé, con malattie speciali e da trattarsi diversamente dagli adulti, erano però pazienti da tenere a casa,
vedendo poco il medico, tanto meno il pediatra specie se era-
tients, a need recognized even before therapies specific to children were recognized. Indeed, the other influential idea established by paediatrics is that treatment is not only a strictly
medical intervention but also involves taking care or intervening in the patients’ relationships with others, especially the
child’s parents, whom medical and healthcare staff must deal
with.
The true modernity of paediatrics moved from private concern
with the child’s health – including its impact on subjective suffering and on the family as a whole – to public interest. Infant
mortality and morbidity became a problem for the nation. Historians generally agree to placing interest in children’s health
– in collective and civil terms – close to the Anglo-Boer war in
1889, when the British empire was forced to acknowledge that
it did not have enough strong and healthy young men to send
to battle in South Africa, and that their unsatisfactory state
physical development and health was caused by childhood dietary deficiencies or medical diseases. The importance of children’s health, therefore, did not appear as the right of children
to health, but as the concern of a country at war, a country
that attributed the fault for the disaster to the mothers. This
concern led to new efforts in the campaign not only against infant mortality but also against morbidity, by way of prevention and treatment of illness, although in essence it was a social problem and not strictly a medical one. Children’s hospitals began to open at the end of XIX century. The recent history
of children’s hospital facilities is mainly a history of institutions, buildings and regulations; apart from the physicians, little is known about the families, nurses, voluntary workers and
the children themselves. The trend today to take into account
individuals and their experiences of everyday life, instead of
just theories, should propel historiographic research to some
self-reflection and to explore these recently-identified fields of
interest.
How did hospital systems safeguard children’s health?
What was actually done with sick children who needed to be
hospitalized? And what was formerly done before the opening
of children’s hospitals, or where they were absent? If we simply
consider existing laws, it would seem evident that children
were not hospitalized until they were around 7 – 9 years of
age. This was the threshold below which hospital regulations
did not admit patients, usually all over Europe. Indeed, paediatric literature considered infantile illnesses to occur in the
age group from 0 to 7. This age limit suggests that children
were considered as such only up to the age of seven. This group
represented a category of patients with special illnesses to be
treated differently from adults, but who were to be kept at
home, who rarely saw a doctor, even less a paediatrician (especially if poor), and who were treated or not treated by their
mothers. This suggests that among the broad populationmeaning a sense of fatalism related to illness and treatment was
particularly strong where children were concerned.
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no poveri, e curati dalle madri o non curati nel senso che nella mentalità comune il fatalismo sull’ammalarsi e il guarire o
meno era particolarmente forte riguardo ai bambini.
A ulteriore riprova, sappiamo che nel caso di Firenze, per
esempio, quando entrò in funzione il Meyer, si stabilì di accogliere i bambini con meno di 9 anni; quelli di età superiore andavano ricoverati all’Arcispedale di S. Maria Nuova. Lo confermano sia il rispettivo Regolamento sul servizio sanitario del
1898 sia l’ultimo anteguerra del 1914. Dobbiamo quindi concludere che i bambini negli Ospedali generali non c’erano, né
dopo né prima l’istituzione degli Ospedali pediatrici? Basandosi su queste fonti istituzionali la risposta è positiva; ma sarebbe un errore dare importanza esclusiva alle regole scritte.
In pratica cosa succedeva? Guardando ai registri degli ammessi si scopre che le cose andavano diversamente da quanto stabilivano i regolamenti. Così ha fatto una giovane studiosa,
Alysa Levene, che ha esaminato i registri di 5 Ospedali inglesi. In breve, dalla sua indagine presentata alla conferenza
2007 della Society of the History of Childhood and Youth risulta che ricoverati più piccoli di 7 anni c’erano; all’Ospedale di
Manchester erano circa il 15%. E oltre ai pazienti in degenza
c’erano quelli che si ricavano in Ospedale ma non venivano
trattenuti e ricoverati. Che tipo di pazienti risultano essere?
Soprattutto maschi (il 65%). Questa prevalenza di genere si
può spiegare con una maggiore percentuale di maschi vittime
di incidenti; oppure con un’attitudine asimmetrica a curare i
figli a svantaggio delle femmine. Ci sarebbe stato un accesso
discriminatorio alle cure nelle scelte genitoriali? Probabilmente, i genitori erano restii a lasciare le figlie ancora più dei
figli, giorni e notti in Ospedale con gli adulti.
I bambini in Ospedale generale avevano degenze assai brevi;
spesso corrispondenti a quello che si dice day hospital, benché fossero portati molto tardi, non per episodi acuti, ma mesi dopo l’insorgere della malattia, come se si fosse tentato di
evitare il più a lungo possibile l’esito ospedaliero. Salvo nei
casi di emergenza, in cui occorrevano dei veri e propri interventi chirurgici.
Anche da questi dati sembra confermato quanto risulta da varie fonti: oltre ai genitori, neanche i medici volevano i bambini in Ospedale. Li trovano difficili da capire, da trattare e da
trattenere; paventavano che i familiari glieli lasciassero troppo o addirittura li abbandonassero, come avveniva difatti, è
stato studiato, in una certa percentuale di casi.
Negli Ospedali pediatrici qualcosa cambia. Anzi molto.
Ma bisogna ricordare che non sono le prime istituzioni per la
cura dei bambini: prima degli Ospedali pediatrici c’erano anzitutto i brefotrofi nei quali l’accoglienza dei neonati abbandonati e non solo venne modernizzandosi. A Firenze, per
esempio, prima del Meyer c’era lo Spedale degl’Innocenti; alla
fine dell’Ottocento, e precisamente dal 1890 –dunque sempre
nel periodo cruciale di cui stiamo parlando – il brefotrofio più
antico si riorganizzò con un servizio sanitario interno perma-
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This fatalism is further confirmed by the experience of the Meyer hospital in Florence: when it opened it decided to admit children under 9 years of age; older children were hospitalized at
S. Maria Nuova Hospital. This division by age is confirmed by a
health service regulation dated 1898, and by the 1914 regulation. Is the conclusion justified that children were not hospitalized in general hospitals neither before nor after the establishment of children’s hospitals? According to these institutional sources, this seems to be the case. Yet written regulations
may not tell the whole story.
What was the real experience of daily life? By looking at the
registers of admitted patients we discover that things did not
go as established by regulations. A young researcher, Alysa
Levene, has examined the registers of 5 English hospitals. According to her investigations, presented at the 2007 Conference of the Society of the History of Childhood and Youth, children under the age of 7 were indeed hospitalized. Around 15%
of patients at Manchester hospital were children. In addition
to child inpatients there were also patients who went to hospital but were not hospitalized. What sort of patients were these?
Mainly boys (65%). This high percentage can probably be explained by the fact that males were often the victims of accidents; or maybe by a discriminatory popular attitude calling
for treating sons to the disadvantage of daughters. Did parents
discriminate when deciding who should be treated? Parents
were probably more reluctant to leave their daughters than
their sons in hospital for several days with adults.
Hospitalization was quite short, usually corresponding to today’s day-hospital. Children were brought in very late, not for
acute episodes, but months after the illness had arisen, as if
the parents had tried to avoid hospitalization at all costs.
Emergencies were an exception, where real surgical interventions were needed.
These data also confirm the results found in other sources: not
only the parents, but the doctors too, did not want children in
hospital. They found children difficult to understand, to treat
and to detain; they feared that parents would leave their children for too long or even abandon them, as actually did happen in certain cases.
In children’s hospitals these relationships began to change.
It must be remembered, however, that these were not the first
institutions to take care of children: foundling hospitals already existed before children’s hospitals, where abandoned
newborns and others were taken in. In Florence, for example,
the Spedale degl’Innocenti was established before Meyer hospital; at the end of nineteenth century — and precisely in 1890,
again in the crucial period described above – the oldest
foundling hospital reorganized its services and set up a permanent internal healthcare service that guaranteed care and
treatment of children and minors without families, but also the
care of wet-nurses and illegitimate mothers. Doctors who used
to appear sporadically were now employed by the ‘Spedale’ and
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nente, per garantire assistenza e cura ai bambini e ai minori
senza famiglia, ma anche alle balie e a talune madri illegittime. I medici che prima vi apparivano in modo sporadico vennero assunti in organico dello Spedale e si occupavano degli
esposti abbandonati in modo pressoché definitivo, e dei deposti affidati temporaneamente, non appena arrivavano da
neonati e seguendoli poi, ciascuno con la propria cartella clinica, anche qualora vi tornassero più grandicelli perché le balie o le famiglie presso cui erano collocati li riconducevano allo Spedale. A specializzarsi, furono soprattutto i medici che si
erano fatti una grande esperienza nei brefotrofi, e furono loro
a proporre che per tutti i bambini fosse aperto un Ospedale,
quando le cure in famiglia non potevano bastare. Gli Ospedali
pediatrici nacquero quando si riconobbe la specifica identità
del bambino rispetto all’adulto come soggetto da curare.
Tuttavia il limite di età per il ricovero rimase un problema: di
solito non erano ammissibili i bambini inferiori ai due anni di
età, ossia finché andavano allattati. Benché il maggior numero di morti infantili si concentrasse nel primo anno di vita, gli
Ospedali pediatrici non potevano occuparsi affatto dei malati
piccolissimi. Che poi erano troppi, e non poteva esserci Ospedale tanto spazioso da ammetterli tutti.
I medici non si nascosero “gli inconvenienti fisici e morali”
della degenza, a cominciare proprio da quelli che lavoravano
al primo Ospedale pediatrico aperto in Italia, nel 1869. Al
Bambin Gesù i pazienti rimanevano troppo a lungo ricoverati:
tre mesi di media. Soltanto in pochi potevano accedervi: circa
400 ammissioni l’anno con 150 posti, denunciò il pediatra
Luigi Concetti. Quei pochi, trattenuti fermi a letto, allontanati dal loro ambiente per troppo tempo, cadevano in “mestizia” e si lasciavano languire “lontano dalle carezze materne”.
Del resto le visite dei parenti ai piccoli ricoverati non erano
viste di buon occhio; si lamentava che all’arrivo dei familiari i
bambini si eccitassero troppo e non fossero più così “docili”
come quando li si lasciava soli!
Per evitare tutto questo, alcuni proponevano di istituire una
rete di servizi –ambulatori, dispensari, aiuti materni – nei
quartieri più poveri e popolosi, riservando l’ospedalizzazione
per periodi più brevi ai casi chirurgici gravi o alle malattie infettive. Ne aprirono a Roma, a Firenze, a Torino, nelle grandi
città e nelle piccole, per iniziativa di igienisti, pediatri, ostetrici soprattutto, con il sostegno finanziario delle municipalità pubbliche, e con l’impegno di un volontariato femminile
non tanto formato da dame di carità, quanto proveniente dall’emancipazionismo e che si occupava della tutela dei minori
come questione legata alla emancipazione delle donne, specialmente delle madri lavoratrici.
È una storia ancora in gran parte da ricostruire con lo studio
di casi locali, e che rivela come fra sapere medico e sapere
femminile della maternità e dell’infanzia nella pratica vi fu
anche collaborazione, e non soltanto antagonismo come ha
spesso sottolineato una certa storiografia. È una storia che ri-
took care of the definitively or temporarily abandoned children. Care began as soon as they arrived as newborns, and
physicians followed the progress of the infant patients, each
with his or her own medical record; care continued should the
child later return in the company of wet-nurses; or if the family
with which the child had been placed brought them back to the
‘Spedale’. The doctors became paediatric specialists by virtue of
fact, thanks to their great experience in foundling hospitals,
and it was the doctors themselves who proposed that a hospital
should be created for children, when family care was no longer
sufficient. Children’s hospitals began to open when the child’s
specific identity was recognized as an individual entitled to receive healthcare.
However, the age limit of hospitalization was still a problem:
children under two years of age – that is, until they were
weaned – were usually not admitted. Although the greatest
number of deaths was registered during the first year of age,
paediatric hospitals were not able to take in these small patients. Also, their number was too great and no hospital had
room to take them all in.
Doctors did not conceal that hospitalization had “physical and
moral inconveniences”, as the physciains who worked for the
first children’s hospital in Italy, opened in 1869, often noted.
At Bambin Gesù hospital, patients stayed on the ward over
long: an average of three months. Only a small number of children were admitted: around 400 every year to an establishment with 150 beds, according to Luigi Concetti. The children,
lying immobile in their beds and distant from their home environments, became “melancholy” and pined away “far from
their mother’s caresses”. Relatives’ visits were frowned upon;
the doctors complained that upon relatives’ arrival the children
became too excited and were not as ‘docile’ as when left on
their own!
To avoid all this, some observers proposed that a network of
services – clinics, dispensaries, help for mothers – should be
set up in the poorer and more populated districts, reserving
shorter hospitalization for serious surgical cases or infective
illnesses. Such facilities were opened in Rome, Florence, Turin
and in other cities and towns, upon the initiative of hygienists,
paediatricians and above all obstetricians. They were supported financially by public municipalities and thanks to the commitment of female voluntary associations. These associations
were composed not so much of ladies of charity but were run
by emancipated women who dealt with the protection of minors because they regarded this concern as being related to the
emancipation of women, especially women workers.
The hospitalization of children is a history that still needs to be
built by studying local cases. Yet it reveals collaboration between medical knowledge and female knowledge on maternity
and childhood, not only antagonism, as often underlined by a
certain kind of historiography. It is a history that addresses
mothers’ and children’s rights, and begins well before the ONMI
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guarda i diritti, appunto, delle madri e dei bambini, e che inizia assai prima dell’Opera nazionale maternità e infanzia nel
1925 o del Tribunale dei minori del 1934, entrambi istituiti
con il fascismo.
Se a livello internazionale già nel 1924 c’era stato il riconoscimento del diritto alla salute (cibo, assistenza medica, aiuto all’handicap) con la Dichiarazione di Ginevra, dieci anni
dopo, il fascismo enfatizzò una visione penalistica del diritto
minorile in cui prevaleva non la necessità di tutelare i bambini, bensì la preoccupazione di difendere la società degli adulti dai minori considerati delinquenti.
Eppure già si sapeva, ed a questa consapevolezza avevano
concorso molto i medici, che i giovani delinquenti erano spesso e soprattutto bambini non curati, «non protetti da ogni
forma di violenza, di oltraggio e disagio mentale, di abbandono o di negligenza, di maltrattamento o di sfruttamento – cito ancora dalla Carta dei diritti del bambino in Ospedale (art.
11) – da parte degli adulti».
Storia e memoria sono costruzione essenziali dell’identità. Il
rispetto della storia dei bambini è anch’essa un diritto da difendere.
Bibliografia
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(National maternity and infancy foundation) in 1925 or the
Juvenile Court in 1934, both established during the fascist age.
It is true that, at an international level, as early as 1924, the
right to health (nutrition, medical treatment, aid to handicap)
was acknowledged with the Declaration of Geneva; yet ten year
later, fascism considered the rights of minors in penal terms
and not as a welfare issue, emphasizing not the need to safeguard children but the need to defend adult society from delinquent minors.
Yet it was already common knowledge – and doctors had
helped achieve such knowledge – that young delinquents were
often children who had not been cared for, “not protected from
any form of violence, mental abuse and discomfort, abandonment or negligence, mistreatment or exploitation “by adults –
again according to the Charter of rights for the child in hospital (art. 11).
History and memory are essential parts of identity. The respect
for the history of children is also a right to be defended.
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Dall’assistenza
alla cittadinanza
attiva dei minori
From care to active
citizenship
of children
Alessandra Maggi
Presidente Istituto degli Innocenti, Firenze
President of the Innocenti Institute, Florence
C
he un bambino sia un cittadino, un “detentore” di diritti
è oggi una acquisizione comune, ma certo non recente.
Solo a partire dai primi del ‘900 questi principi hanno
cominciato a emergere ed affermarsi negli ordinamenti degli
Stati e degli organismi internazionali.
I bambini nel recente passato sono stati, infatti, considerati
come individui non completi, subalterni al volere degli adulti, che sovente ne ha fatto “oggetti” di sfruttamento, di abusi
e maltrattamenti, fino all’infanticidio, agito come strumento
di controllo della natalità e di selezione di genere. In tal senso si può dire che la storia dell’infanzia non corrisponde a
quella iconografia gioiosa e spensierata che le arti ci hanno
proposto nei secoli.
Ad una idealizzazione della fanciullezza ha corrisposto fino
ad un recente passato la reale negazione dei diritti dei bambini, “minori” appunto, non titolari di diritti autonomi ma oggetto di una più o meno ampia tutela.
Con l’adozione della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia (1989) anche la concezione dei bambini è definitivamente, speriamo, mutata; il percorso per giungere a tale consapevolezza non è stato però né breve né privo di difficoltà.
Una prima convenzione a tutela dei minori con il valore di
una dichiarazione di intenti è approvata agli inizi del secolo
scorso, nel 1902, dalla Conferenza dell’Aja, ed all’indomani
della prima guerra mondiale, nel 1924, la quinta Assemblea
generale della Lega delle Nazioni approva la Dichiarazione dei
diritti del bambino (o Dichiarazione di Ginevra).
Vengono fissati cinque principi fondamentali: il bambino ha
diritto ad uno sviluppo fisico e mentale, ad essere nutrito, curato (in particolare in caso di disastro ha il diritto ai primi
soccorsi), riportato ad una vita normale se demoralizzato, accudito ed aiutato se orfano. Nel 1959 una nuova Dichiarazione sui Diritti del bambino, individua 10 principi in cui si ribadiscono i diritti ad avere un nome, una nazionalità, assistenza e protezione dallo Stato di appartenenza, a non subire discriminazioni, ad avere educazione e cure particolari nel caso
di handicap fisico o mentale.
Circa un decennio prima, nella Dichiarazione universale dei
T
hat a child is a citizen, a “holder” of rights is today common – but certainly not recent – knowledge. These principles only began to emerge and to be established in State
regulations and international organizations from the 1900’s
onwards.
Indeed, in the recent past, children were considered as incomplete individuals, subject to the will of adults and often the
“object” of exploitation, abuse and violence, leading up to infanticide, used as a birth control and selection tool.
Thus, the story of childhood does not correspond to the happy
and carefree iconography that arts have proposed throughout
the centuries.
In the recent past the idealization of childhood has corresponded to a true denial of children’s rights, indeed seen as
“minors”, without autonomous rights and subject to a more or
less wide-ranging protection.
With the adoption of the International Convention on the
Rights of the Child (1989), the concept of children has definitely (and hopefully) changed; the journey taken to achieve this
awareness however has been neither short nor easy.
The first agreement addressing the protection of children which
had the value of a declaration of intents was approved at the
beginning of the last century in 1902, at the Hague Conference, and shortly after the end of the first world war in 1924,
the Fifth General Assembly of the League of Nations approved
the Declaration of the Rights of the Child (or Geneva Declaration).
Five key principles were set down - the child has the right:
1. To develop physically and mentally.
2. To be fed.
3. To be nursed (in particular, in the event of disaster the child
has the right to first aid).
4. To receive relief in times of distress.
5. To be sheltered and succoured if orphan.
In 1959, a new Declaration of the Rights of the Child, individuated 10 principles that reassert the rights to a name, a nationality, special care and protection by the State, to not suffer any
form of discrimination, and to receive an education and spe-
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diritti dell’uomo (1948), si dà atto, seppur in modo “paternalistico” della esistenza di diritti propri dell’infanzia ove si dichiara che: “il fanciullo, a causa della sua mancanza di maturità fisica e intellettuale, necessita di una protezione e di cure particolare, ivi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita”.
Si deve aspettare il 20 novembre del 1989 quando all’ONU gli
Stati sottoscrivono la Convenzione internazionale sui diritti
dei fanciulli, un documento vincolante che impegna al rispetto di quanto affermato nei 52 articoli che la compongono e
che è ormai ratificata dalla quasi totalità dei Paesi del mondo.
Per la prima volta i minori di 18 anni sono “soggetti” di diritto, cioè detentori di diritti civili, sociali, culturali ed economici, al pari degli adulti, che si declinano attorno a quattro
principi fondamentali: la non discriminazione in ragione della
razza, della religione, del sesso o dell’estrazione sociale; il superiore interesse del minore nella definizione di ogni legge,
provvedimento giuridico, attività pubblica o privata ove deve
sempre prevalere l’interesse di questo su ogni qualsiasi altro
ordine di priorità; il prioritario diritto alla vita che ogni Stato
deve impegnarsi a garantire attraverso la crescita e lo sviluppo dell’infanzia nella misura massima possibile; l’ascolto delle
opinioni del bambino in ogni provvedimento che lo riguarda,
soprattutto in sede legale.
L’Italia ha ratificato la Convenzione sui diritti dell’infanzia
nel 1991 (legge 176) ed ha assunto nei successivi anni concrete misure di intervento orientate ad affermare i diritti reali dei bambini nel nostro Paese. A seguito di questa ratifica
nel 1997 sono stati istituiti la Commissione parlamentare per
l’infanzia, l’Osservatorio nazionale per l’infanzia ed il Centro
nazionale di documentazione ed analisi sull’infanzia e l’adolescenza con lo scopo di darsi, come Stato, strumenti di conoscenza e monitoraggio della condizione dell’infanzia e per sostenere e verificare la piena attuazione della Convenzione.
L’Istituto degli Innocenti, da sempre impegnato nella tutela e
nell’accoglienza dei minori, come testimoniato dai seicento
anni di attività ininterrotta in tal senso, è stato investito fin
dalla sua costituzione delle funzioni del Centro nazionale di
documentazione ed analisi sull’infanzia e l’adolescenza, che
ha contribuito a far nascere, quale naturale contesto per sviluppare le attività di documentazione, di analisi e di formazione a sostegno delle politiche e degli interventi messi in
campo a favore dei minori.
Già prima della approvazione della Convenzione l’Istituto aveva sottoscritto un protocollo di collaborazione con Unicef IRC
(Innocenti Research Center) a seguito dell’Accordo del 23 settembre 1986 tra il Governo italiano e l’ONU (UNICEF) che impegna il nostro Paese nel sostegno attivo all’Agenzia delle Nazioni unite che si occupa di minori ed in particolare del Centro
di ricerche mondiali UNICEF IRC.
cial treatment in the event of a physical or mental handicap.
About ten years earlier, in the Universal Declaration of Human
Rights (1948), the existence of children’s rights were acknowledged, although with a “paternalistic” approach when declaring that: “the child, since lacking physical and intellectual
maturity, needs protection and special care, including adequate legal protection, before and after birth”.
It was necessary to wait until 20th November 1989, when the
UNO International Convention on the Rights of the Child was
signed by the States. The document, which committed the
States to respect the statements set down in the 52 articles, is
today practically accepted by nearly all nations across the
globe. For the first time, individuals under 18 years of age are
juridical persons, that is, holders of civil, social, cultural and
economic rights – as adults – which revolve around four fundamental principles:
– non discrimination - related to race, religion, gender or social extraction;
– superior interest of the minor - in the definition of laws, juridical provisions, public or private activities, where the interest of the child should be put before any other interest;
– overriding right to life - which every State must guarantee
through the growth and development of childhood to the
greatest possible extent;
– listening to the child’s opinions - on any provision regarding him or her, especially in legal terms.
Italy ratified the Convention on the Rights of the Child in 1991
(Law 176) and has carried out concrete intervention measures
during subsequent years aimed at asserting children’s rights in
our country. Following the ratification in 1997, the Parliamentary Commission for Childhood, the National Observatory for
Childhood and the National Centre of Documentation and
Analysis on Childhood and Adolescence have been established,
with the purpose of providing the State with instruments for acknowledging and monitoring childhood conditions and for supporting and checking full accomplishment of the Convention.
The Istituto degli Innocenti has always been involved in the
protection and care of children, as witnessed by its uninterrupted activities ranging over six hundred years. Since its
foundation, it has performed the function of National centre of
documentation and analysis on childhood and adolescence,
providing a natural environment for the development of documentation, analysis and training activities that support policies and actions set up in favour of children.
Already before the approval of the Convention, the Istituto had
already signed a collaboration protocol with Unicef IRC following
the agreement dated 23rd September 1986 between the Italian
Government and UNO (Unicef), committing Italy to actively support the Agency of the United Nations dealing with minors, especially the world research centre: Unicef IRC.
(segue a pag. 371)
(continues at page 371)
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Etica e bioetica
infermieristica
Nursing ethics
and bioethics
L’adeguamento del “caring”
alla Carta dei diritti dei minori ospedalizzati
Adjusting “caring” to the Charter on the rights
of children in hospital
Klaus Peter Biermann
Infermiere, AOU Meyer, Firenze
Nurse, Meyer University Children’s Hospital, Florence
I
l bambino vive la malattia con forti emozioni come tristezza, sconforto, delusione che contrastano con la spinta
“autonomizzatrice” tipica dei periodi di crescita. Focalizza
l’esperienza nella triade “paura – punizione – limitazione”,
ulteriormente rinforzata dall’effetto che ha su di lui l’ospedalizzazione (1), cioè il passaggio da individuo con il suo specifico vissuto a persona fatta oggetto di cure.
In pediatria è in corso una trasformazione del rapporto infermiere-paziente/malato che passa, pur modellandosi sul relativo stato evolutivo del bambino, dal classico tipo maternalistico (ruolo passivo del malato, ruolo attivo dell’infermiere)
oppure paternalistico (guida e obbediente cooperazione) ad
un rapporto di “prototipo amicale”, un modello di mutua partecipazione in cui al ruolo dell’infermiere, impegnato ad aiutare il malato ad aiutarsi da sé, corrisponde il ruolo del malato impegnato ad imparare ad utilizzare l’aiuto offertogli. Un
impegno di notevole spessore soprattutto per l’infermiere dei
bambini, dato che tutte le sue azioni ricadono su un terreno
particolarmente ricettivo. La natura di tale rapporto è elemento distintivo dell’alleanza terapeutica quale luogo di
ascolto reciproco che prepara il giusto setting, in cui il bambino in condizioni paritetiche può esprimere se stesso; è alla
base dell’assistenza globale che, superando l’approccio biomedico della mera riparazione del danno (disease), considera la
persona nella sua globalità e pone particolare attenzione all’esperienza, al vissuto della malattia (illness), anche all’interno della cornice rituale “Ospedale”. L’integrazione del paradigma biomedico con quello bio-psico-sociale richiede di
applicare conoscenze esperienziali, preposizionali e pratiche,
adottando un metodo partecipatorio-collaborativo: i risultati
dell’alleanza terapeutica non possono che essere co-costruiti.
La pratica del “prendersi cura” non è solo un “fare”, ma l’esito
tangibile di un insieme di scienza empirica e dello spirito, arte, riflessività e responsabilità morale (2).
La Carta dei diritti del bambino in Ospedale, che attraversa un
periodo di forte rinascita grazie allo specifico progetto HPH,
I
llnesses arouse strong feelings in children such as sadness,
distress and delusion, which are in contrast with the “autonomising” drive typical of periods of growth.
Children focus their experience in the “fear – punishment –
limitation” triad, which is further reinforced by the effect that
hospitalization has on them that is, the passage from an individual with a specific past experience to a person subjected to
treatments.
The relationship between nurse-patient/sick child is currently
being transformed in the paediatrics unit. The transformation
moves – although modelled upon the child’s development status – from the typical maternal (passive role of patient, active
role of nurse) or paternal (guide and obedient cooperation) relationship to a “friendly” relationship based upon a model of
mutual participation in which the role of the nurse – who helps
the patient help himself or herself on his or her own – is directly related to the role of the patient – who learns how to use the
help provided. The role undertaken by the children’s nurse is
highly committing, given that all his or her actions fall upon
particularly sensitive ground. The nature of this relationship is
the distinguishing feature of the therapeutic alliance, seen as
a place of mutual understanding and correct setting where the
child, in equal conditions, may express himself of herself. Global assistance is founded upon the idea that the biomedical approach, according to which the damage must be simply repaired (disease), may be overcome and that individuals may
be considered globally. It pays close attention to experience
and to the illness, also within the hospital. Integration between the biomedical and the bio-psycho-social paradigm requires the application of experience-based, prepositional and
practical knowledge as well as the adoption of a common-participating and collaborative method: the results of the therapeutic alliance cannot but be co-built. “Taking care” does not
simply mean “doing”; it is the tangible result of empirical science, spirit, art, reflexivity and moral responsibility.
The Charter of Rights for the Child in Hospital, which is going
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ha una storia che parte da lontano e vede particolarmente
impegnata sin dall’inizio la professione infermieristica (3). Il
processo del Caring, specifico professionale infermieristico, è
altamente caratterizzante del ricovero in Ospedale sia sotto il
punto di vista empirico dell’applicazione di tecniche specialistiche ma soprattutto sotto quello ermeneutico dell’approccio
globale, olistico, influenzato dalle scienze dello spirito.
Le professioni sanitarie attribuiscono generalmente un alto
valore al “fare”, e quella infermieristica non ne fa eccezione;
l’arricchimento specialistico, tecnologico coincide, però,
drammaticamente e sempre più frequentemente, con un impoverimento antropologico1. Il dilemma del lavoro infermieristico è che diventa eticamente problematico tutte le volte
che costringe l’infermiere all’uso predominante della tecnologia. In alcuni campi altamente specializzati come la terapia
intensiva neonatale, la rianimazione pediatrica, il comparto
operatorio, è nella natura delle competenze richieste che l’infermiere è indotto ad ipervalorizzare le attività centrate sulla
riparazione della salute, rischiando di maturare contemporaneamente un’indifferenza per le dimensioni simboliche che
esprimono l’aspetto più propriamente umano. C’è il pericolo
di valorizzare a livello di prestigio professionale tutto ciò che
è tecnicamente avanzato e, di conseguenza, di svilire, perché
non “scientifico”, il caring centrato sulla persona.
Il Nursing, invece, è fondamentalmente una relazione d’aiuto,
palesemente connotato dai componenti del concetto di Donald W. Winnicott della “Madre abbastanza buona” (4) (holding – handling – object presenting: il “rifugio” trovato nella
persona che capisce, che si prende cura e facilita il contatto
con un mondo sconosciuto, un’ “istanza” da interpretare). Di
conseguenza, l’etica infermieristica è centrata sul prendersi
cura, è portatrice di una specifica istanza morale: prendersi
cura vuole dire assistere una persona ed interessarsi di lei in
modo tale che questa persona non venga mai ridotta allo stato morale di oggetto2.
Il nursing pediatrico è particolarmente orientato verso un siffatto approccio, in cui l’interesse si focalizza intorno alla variabilità culturale delle pratiche materiali e simboliche che riguardano la crescita e lo sviluppo del bambino, il periodo pree post-partum, la salute materna, la nascita e l’esperienza sociale e culturale della maternità e paternità (5). Si vanno ad
aggiungere a questa variabile culturale delle specifiche variabili professionali come l’accertamento del bisogno (olistico),
le prestazioni professionali (tecnicistico), i concetti di lavoro
e di professione infermieristica, nonché di auto- ed eteropercezione professionale (etico-bioetico).
Paediatric nursing is particularly oriented towards this approach, in which interest is focused on the cultural variability
of material and symbolic practices related to the child’s growth
and development, to the pre- and post-partum period, to maternal health, to birth and to the social and cultural experience
of maternity and paternity.
Specific professional variables are added to this cultural variable, such as determining needs (holistic), professional performances (technical), the practice of nursing and the nursing
profession, and professional self- and mutual perception
(ethics-bioethics).
The Charter of Rights for the Child in Hospital is a directive
V.A. Sironi, Il cambiamento del rapporto medico-paziente negli
Ospedali: il modello milanese, Relazione presentata al workshop “Per
un’antropologia medica in Ospedale”, Firenze 2005.
2 Cit. Jean Watson, Direttore del Centro for Human Caring dell’Università del Colorado.
V.A. Sironi, Il cambiamento del rapporto medico-paziente negli ospedali: il modello milanese. Report presented at the workshop: Per
un’antropologia medica in Ospedale, Florence 2005.
2 Cit. Jean Watson, Director of the Centro for Human Caring of the
University of Colorado.
1
through a period of strong revival thanks to the HPH project,
has a history that goes back in time and that particularly involves the nursing profession
The professional caring process is a highly distinguishing aspect of hospitalisation in empirical terms, with the application
of specialised techniques, and above all in hermeneutic terms,
with a global and holistic approach, influenced by the sciences
of the spirit.
Healthcare professions generally devote themselves to “doing”, the nursing profession being no exception; specialised
and technological enrichment, however, evermore often dramatically coincides with anthropological impoverishment1. The
dilemma of the nursing profession is that it becomes ethically
problematic when nurses are forced to use technology in a prevailing manner. In some highly specialised fields, such as
neonatal intensive therapy, paediatric resuscitation and surgery, it is due to the nature of required competences that nurses are driven to over-enhance activities, centred upon health
repair, running the risk of developing indifference towards the
symbolic dimensions that express more human values. The
danger is that of promoting technical advancements for professional prestige and, consequently, of degrading ‘caring’ – focused on the person – because viewed as ‘non-scientific’.
Nursing, instead, is fundamentally a relationship based upon
help and clearly upon Donald W. Winnicott’s concept of “Ordinary good mother” (Holding – handling – object presenting:
the “shelter” found in the person who understands, takes care
and facilitates contact with an unknown world and a “requirement” to be interpreted). Consequently, nursing ethics is centred upon taking care and bears a specific moral requirement:
taking care means assisting a person and becoming interested
in this person so that he or she shall never be reduced to the
moral status of an object2.
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La Carta dei diritti del bambino in Ospedale ha caratteristiche
di direttiva che impronta le scelte delle aziende interessate e
gli atteggiamenti professionali degli operatori. Il carattere
normativo, ulteriormente sottolineato dalla possibilità di accreditarsi volontariamente al suo utilizzo (6), è, in qualche
misura, contrastato dalla sua mission che si attribuisce significato di “laboratorio di costruzione di valori”. È proprio questa l’occasione offerta dal progetto HPH, e cioè, di misurarsi
attraverso specifici progetti valutativi sull’applicazione della
Carta a distanza di quasi dieci anni dalla sua prima formalizzazione3, soprattutto laddove predomina un alto standard
tecnico, tecnologico e specialistico, e di adottarla come Carta
etica nella Cultura sanitaria (7) contemporanea che si qualifica per il repentino mutare delle figure epistemiche della cura
(malattia, corpo, relazione), ricordandosi che già nella techne
ippocratica l’intervento tecnico coincideva con la sua antropologia curativa, con l’”umanità” delle sue cure.
that guides agencies’ choices and operators’ professional conduct. Its regulatory nature, further emphasized by the voluntary option of accreditation.
Is, to some extent, at odds with its mission seen as a “laboratory for building values”. This is the exact opportunity offered
by the HPH project, that is, to test oneself through specific
evaluative projects on the application of the Charter after almost ten years from its first formalization3, especially where a
high technical, technological and specialized standard prevails. A second opportunity is to adopt the Charter as an Ethics
Charter in contemporary Healthcare Culture.
Which features the sudden change of epistemic figures of caring (illness, body, and relationship), bearing in mind that in
the Hippocratic techne technical intervention coincided with
curative anthropology and with the “humanity” of treatments.
Bibliografia
Bibliography
ro 31, Maggio. Disponibile da: http://www.infermieristicapediatrica.
it/page78.html [consultato il 18.08.2008].
(4) Winnicott, D.W. (1955-6), Clinical varieties of transference, International Journal of Psycho-Analysis, 37, p. 386.
(1) Kanizsa S, Dosso B (2006), La paura del lupo cattivo. Quando un
bambino è in ospedale, Meltemi Editore, Roma.
(5) Cozzi D., Nigris D. (2003), Gesti di Cura, Coop. Colibrì, Torino 2003.
(2) Benner P. (2003), From novice to expert. Excellence and power in
clinical nursing practice, trad. it. L’eccellenza nella pratica clinica dell’infermiere, McGraw-Hill, Milano.
(6) Celesti L., Peraldo M., Visconti P. (2005), La Carta dei Diritti del
Bambino in Ospedale. Manuale di accreditamento volontario, Centro
Scientifico Editore, Torino.
(3) Biermann K.P. (2008), La Carta dei diritti del bambino in Ospedale.
Un’analisi critica, Gli Infermieri dei Bambini [on line], Anno 3, Nume-
(7) Baldi F. (2007), Formare lo spazio della cura. Dall’esonero alla partecipazione, Pensa Multimedia, Lecce.
3 Gruppo di lavoro ministeriale IRCCS Burlo Garofalo (Trieste),
Azienda ospedaliero-universitaria Anna Meyer (Firenze), IRCCS
Bambino Gesù (Roma), IRCCS Giannina Gaslini (Genova), 2000.
Ministerial working group: IRCCS Burlo Garofalo (Trieste), Health
Unit - University Anna Meyer (Florence), IRCCS Bambino Gesù (Roma), IRCCS Giannina Gaslini (Genova), 2000.
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Il punto di vista
delle associazioni
The point of view
of the associations
La Carta EACH, associazione europea
per i bambini in Ospedale
The EACH European Association
for Children in Hospital
Giuliana Filippazzi1, Sylvie Rosenberg2
European Association for Children in Hospital - EACH
1 Presidente di EACH 1997-2004
EACH Coordinator 1997-2004
2 Attuale Presidente di EACH dal 2004
EACH Coordinator in office since 2004
N
egli anni Cinquanta l’opinione pubblica del Regno Unito fu scossa dalla pubblicazione di due lavori: il Rapporto Platt e il libro “Il vostro bambino in Ospedale” del
pediatra James Robertson. Entrambi riguardavano i disturbi
di comportamento che l’allontanamento dall’ambiente familiare e la separazione dai genitori provocavano nei bambini ricoverati in Ospedale. A quell’epoca infatti non era permesso
che i genitori visitassero il bambino degente: solo alcuni
Ospedali più liberali consentivano 2-3 visite la settimana di
mezz’ora ciascuna. Il Rapporto Platt, presentato da un gruppo di medici e psicologi guidati dal chirurgo Sir Harry Platt
non si limitò a esporre i risultati dello studio, ma fornì anche
suggerimenti precisi per ridurre il disagio del bambino in
Ospedale e le sue conseguenze: tra queste, l’abolizione dei limiti di orario di visita e la possibilità dei genitori di pernottare in Ospedale con il bambino. L’eco di questi studi si diffuse
rapidamente anche negli altri Paesi richiamando l’attenzione
degli operatori sanitari e della pubblica opinione sulla necessità di curare il bambino nella sua globalità e non soltanto la
sua malattia. Inoltre, poiché dalle statistiche risultava che
ben il 50% dei bambini subiva (e subisce tuttora) almeno un
ricovero in Ospedale prima dei 14 anni ci si rese conto che
questo costituiva un problema di interesse generale. Nel maggio 1986 il Parlamento europeo emanò la “Risoluzione su una
Carta dei diritti dei bambini degenti in Ospedale”, di cui le associazioni di volontariato sorte nel frattempo nei vari Paesi
europei redassero una versione semplificata: la “Carta di Leida”, in seguito denominata “Carta di EACH” (European Association for Children in Hospital), pienamente in linea con gli
artt. 3 -9-12-17-23-30-31 della “Convenzione Internazionale
sui diritti del bambino” (ONU, 20 novembre 1989).
Di questa Carta furono fatte in seguito diverse versioni, dettate dalle situazioni locali.
R
esearch by psychologists and paediatricians in the 1950s
showed that the care children received in hospital was
detrimental to their emotional and psychological wellbeing. In particular, their almost complete separation from their
families, then commonplace, resulted in emotional disturbances varying in degree, which could have a long-lasting effect. As a result, major changes began to be made, which promoted the greater involvement of families in the care of sick
children, changes which gradually gained the support of health
care staff.
Beginning in the UK in 1961 voluntary associations for the welfare of children in hospital were set up in many European
countries to advise and support parents/carers and inform and
co-operate with doctors, nurses, and other health care professionals.
In 1988 twelve of these associations met together in Leiden
(NL) and worked out the Leiden Charter (later EACH Charter),
which describes in ten points the rights of children in hospital.
The ten principles of the EACH Charter relate in many respects
to the rights of the child in general as stipulated in the UN
Convention on the Rights of the Child (CRC - 1989), as well as
to the recognition of children’s different emotional and developmental needs depending on their age. Implementing the
EACH Charter means at the same time implementing the CRC,
in particular the articles 3 -5 -9 -12- 16- 17-18-19-23.3-23.425-28-29.1-30-31.
EACH is the only NGO with expertise in the rights of children
and their families in the health care system.
The EACH Charter
1. Children shall be admitted to hospital only if the care they
require cannot be equally well provided at home or on a day
basis.
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EACH è l’unica ONG con competenza specifica sui diritti dei
bambini e delle loro famiglie nel sistema sanitario.
2. Children in hospital shall have the right to have their parents or parent substitute with them at all times.
La Carta di EACH
1. I bambini devono essere ricoverati in Ospedale soltanto se
l’assistenza di cui hanno bisogno non può essere fornita
altrettanto bene a casa o in regime ambulatoriale.
2. Il bambino in Ospedale ha il diritto di avere accanto a sé i
genitori o un loro sostituto in ogni momento del ricovero.
3. A tutti i genitori deve essere offerta una sistemazione in
reparto, devono essere invitati a restare accanto al bambini, essere informati sulla routine del reparto e incoraggiati
a partecipare all’assistenza del bambino. I genitori non devono sostenere costi aggiuntivi o subire perdita di salario
per poter restare accanto al bambino ricoverato.
4. Il bambino e i genitori hanno diritto di essere informati in
modo adeguato alla loro età e capacità di comprensione.
Devono essere adottate iniziative per mitigare il loro stress
fisico e psichico.
5. Bambini e genitori hanno diritto all’informazione partecipata in tutte le decisioni riguardanti la loro assistenza sanitaria. Ogni bambino deve essere protetto da indagini e
trattamenti medici non necessari.
6. I bambini devono essere assistiti insieme a bambini con le
medesime esigenze psicofisiche e non devono essere ricoverati in reparti per adulti.
7. Il bambino deve avere piena possibilità di gioco, ricreazione e studio adatti alla sua età e condizione, e deve essere
ricoverato in un ambiente strutturato, arredato e fornito
di personale adeguatamente preparato.
8. Il bambino deve essere assistito da personale con preparazione adeguata a rispondere alle necessità fisiche, emotive
e psichiche del bambino e della sua famiglia.
9. Deve essere assicurata la continuità dell’assistenza da parte dell’équipe pediatrica.
10. Il bambino deve essere trattato con tatto e comprensione
e la sua intimità deve essere rispettata in ogni momento.
3. Accommodation should be offered to all parents and they
should be helped and encouraged to stay. Parents should
not need to incur additional costs or suffer loss of income.
In order to share in the care of their child, parents should be
kept informed about ward routine and their active participation encouraged.
Secondo quanto previsto dalla Convenzione sui diritti del
bambino, la Carta di EACH si applica a ogni bambino, qualunque siano la sua età (da 0 a 18 anni), malattia o disabilità,
origine o provenienza sociale o culturale, e il motivo di cura,
come paziente interno o esterno. Tutte le misure relative all’assistenza dei bambini devono essere in primo luogo nel loro
migliore interesse e sviluppare il loro benessere.
Per la diffusione e l’implementazione della Carta sono stati
seguiti metodi diversi nei singoli Paesi: coinvolgimento delle
istituzioni e delle associazioni dei consumatori, sensibilizzazione delle varie associazioni di categoria (medici, infermieri,
tecnici di laboratorio, insegnanti, educatori), dell’opinione
pubblica e dei tutori dell’infanzia attraverso i media e convegni dedicati, attività nelle scuole.
All rights mentioned in the Charter and all measures taken or
derived from it must in the first place be in the best interests of
children and enhance their well-being. These rights apply to all
sick children, regardless of their illness or age or disability,
their origin or their social or cultural background, or of any
possible reason for treatment or forms or place of treatment,
whether as in-patients or out-patients
Different strategies and methods have been used in the various
EACH member countries to make the EACH Charter known and
implemented, involving public institutions, consumers’ associations, paediatric societies and nurses’ associations, as well as
umbudspersons, media and schools.
The goals of the 10 points of the Charter can be summarised as
follows:
4. Children and parents shall have the right to be informed in
a manner appropriate to age and understanding. Steps
should be taken to mitigate physical and emotional stress.
5. Children and parents have the right to informed participation in all decisions involving their health care. Every child
shall be protected from unnecessary medical treatment and
investigation.
6. Children shall be cared for together with children who have
the same developmental needs and shall not be admitted to
adult wards. There should be no age restriction for visitors
to children in hospital.
7. Children shall have full opportunity for play, recreation and
education suited to their age and condition and shall be in
an environment designed, furnished, staffed and equipped
to meet their needs.
8. Children shall be cared for by staff whose training and skills
enable them to respond to the physical, emotional and developmental needs of children and families.
9. Continuity of care should be ensured by the team caring for
children.
10. Children shall be treated with tact and understanding and
their privacy shall be respected at all times.
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I punti considerati fondamentali per il benessere del bambino
ricoverato in Ospedale sono:
1. La presenza costante di un genitore.
2. Il ricovero, anche dell’adolescente, in reparti pediatrici.
3. Personale opportunamente formato per assistere i bambini.
4. Una comunicazione adeguata alla capacità di comprensione del bambino e della sua famiglia.
5. Possibilità di gioco e studio anche in Ospedale.
Il grado e le priorità di implementazione della Carta nei singoli Paesi sono molto disomogenei, date le differenze culturali, economiche e sociali tra i vari Paesi che l’hanno adottata.
Ad esempio il Regno Unito e la Svezia hanno inserito oltre 40
anni fa la Carta di EACH nella propria legislazione sanitaria;
l’Italia ne ha inserito alcuni punti nella linee guida della pediatria Ospedaliera alla fine degli anni ‘90; altri Paesi di più
recente adesione (soprattutto quelli dell’Europa orientale),
pur facendo tesoro dell’esperienza delle associazioni più anziane, hanno potuto applicare la Carta in modo più frammentario. Va inoltre rilevato che la situazione non è omogenea
neppure all’interno dei singoli Paesi, dove centri di eccellenza
coesistono accanto a strutture non proprio all’avanguardia.
Tanto per fare un esempio, la presenza di un genitore accanto
al figlio è in alcuni casi a malapena accettata, in altri è consentita anche durante la terapia e/o gli esami, durante l’induzione dell’anestesia e subito dopo il risveglio da un intervento, in terapia intensiva; nei casi migliori è addirittura previsto il suo coinvolgimento attivo nell’assistenza pratica
(partnership in care).
In alcuni Paesi qualche Ospedale ha adottato da tempo il progetto NIDCAP (Newborn Individualized Developmental Care
and Assessment Program); altri si sono focalizzati in modo
particolare sul gioco, riconoscendone l’importanza nello sviluppo e nell’apprendimento da parte del bambino, valendosi
addirittura di professionisti (play worker nel Regno Unito,
play specialist in Svezia) o volontari appositamente preparati;
altri ancora hanno dedicato particolare attenzione alle esigenze degli adolescenti (Necker di Parigi), con spazi e attività
specifiche solo per loro; altri, infine, hanno esteso la loro attività sul territorio avviando attività di informazione sull’Ospedale fin dalla scuola materna ed elementare per prevenire
il trauma del ricovero e sviluppare l’educazione alla salute.
Il maggiore o minore comfort delle camere di degenza e della
sistemazione del genitore, l’ambiente più o meno decorato, le
maggiori o minori possibilità di gioco dipendono ovviamente
dalle disponibilità economiche e dall’età delle singole strutture, tanto più critiche in un’epoca di recessione come l’attuale.
Che cosa resta da fare?
– Consentire la presenza costante di un genitore durante terapie e procedure con o senza anestesia locale o sedazione;
durante l’induzione dell’anestesia e subito dopo il risveglio; durante il coma o la semicoscienza; durante la terapia
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1. The right of children to have their parents with them in hospital at all times.
2. Admission of children and adolescents admitted to paediatric wards.
3. Health care provided by staff adequately trained to meet the
children’s physical, emotional and developmental needs.
4. Information and communication appropriate to age and
understanding.
5. Full opportunity for play and education.
The level and priorities in the implementation of the Charter
differ from country to country, due to the cultural, economic
and social differences among the various countries that have
adopted it. For instance, the UK and Sweden have incorporated
the EACH Charter in their health laws over 40 years ago; the
Italian government included some points of it in the Guidelines
for the paediatric hospitals in the late Nineties; some “new entries”, mainly from Eastern Europe, have implemented it only
partially. It must be pointed out that not even in the most advanced countries the implementation of the Charter is homogeneous, since very liberal health centres coexist with less advanced hospitals.
For instance, the right of children to have their parents with
them in hospital is sometimes restricted
and made subject to a particular age or illness of the child or
to the social standing of the family; in some hospitals it is allowed also during treatments or procedures, during induction
of anaesthesia; in some other cases parents are invited to cooperate in care (“partnership in care”).
Some hospitals have joined the NIDCAP project (Newborn Individualized Developmental Care and Assessment Program); others have focused on play because of its importance in the psychosocial development of the child, and have hired specialists
(play workers in the UK, play specialists in Sweden); other hospitals pay particular attention to the needs of adolescents
(Hôpital Necker in Paris), with dedicated rooms and activities.
In many countries information on hospital starting from
kindergarten and primary school is becoming more and more
popular as a means to prevent or reduce the trauma of hospitalization and promote health education in the community.
Accommodation for parents can be more or less comfortable,
the environment more or less child adequate and the possibilities for play, recreation and education more or less extensive,
according to the economic situation and its impact on health
care policies.
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intensiva neonatale;
– creare un’efficiente rete di guardie mediche pediatriche
sul territorio per consentire un primo screening che eviti
un inutile ricorso al Pronto soccorso, e sviluppare l’assistenza domiciliare integrata (ADI) per ridurre i ricoveri;
– adottare come prassi la prevenzione del dolore, non solo
farmacologica, con tecniche di distrazione da apprendere
con il gioco e assicurare un’adeguata assistenza da parte di
psicologi e servizi sociali;
– l’uso di farmaci specifici per bambini: EACH appoggia la ricerca clinica sui farmaci per l’età pediatrica, purché il bambino e la sua famiglia siano stati adeguatamente informati
e abbiano dato il loro consenso;
– un ambiente che faciliti la guarigione, accogliente e attento anche alle specifiche esigenze dei bambini disabili (ad
esempio un esperto del linguaggio dei segni per pazienti o
genitori sordi): l’accoglienza è un atteggiamento che non
si limita al momento del ricovero, ma persiste durante tutta la degenza esprimendo, oltre che efficienza, anche empatia e disponibilità (“Bene accogliere è già curare!”);
– contatti con i coetanei: le visite da parte di fratelli e amici
non devono essere limitate secondo l’età del visitatore, ma
in base alle condizioni del malato e allo stato di salute dei
visitatori;
– informazione adeguata alla capacità di comprensione del
bambino e dei genitori, fornita senza fretta in un ambiente
tranquillo da personale capace di comunicare in modo facilmente comprensibile e consentendo al bambino di esprimere la sua opinione nel piano di cura.
Attualmente non tutto il personale ospedaliero dispone di
una formazione adeguata e omogenea per rispondere alle esigenze, anche emotive, del bambino ricoverato e della sua famiglia: occorre quindi uniformare, ottimizzandolo, il livello
di preparazione soprattutto psicologica e di comunicazione di
chi è a diretto contatto con i pazienti.
Inoltre, per i pazienti stranieri non basta l’interprete: occorrono i mediatori linguistico-culturali, che conoscendone non
solo la lingua, ma soprattutto la cultura di provenienza e la
loro comunicazione non verbale facilitano la comprensione
reciproca di consuetudini e norme spesso non condivise, soprattutto in materia di rapporti interpersonali. Non va infatti
dimenticato o sottovalutato il disagio profondo di chi – adulto – si trova a dover rinunciare alla propria identità culturale
o – adolescente – a dover scegliere tra quella dei genitori e
quella del nuovo ambiente, rifiutando il mondo affettivo e
culturale della propria famiglia.
Un’adeguata formazione psicologica e sociale estesa a tutti coloro che operano sul territorio (quindi non solo in Ospedale!)
consentirà loro di agire in sinergia per evitare disagi, traumi o
discrepanze, tutelando l’equilibrio e la salute psicofisica di
tutti, giovani e vecchi, italiani e stranieri, nel rispetto delle
esigenze del singolo individuo e della comunità intera.
The still unachieved goals
– Mothers in all wards (including NICU) also during the night;
while the child is having treatments and/or examinations
with or without local anaesthesia, with or without sedation;
during induction of anaesthesia and immediately upon recovery; during periods of coma or semi-consciousness.
– An efficient network of ambulatories to prevent inappropriate use of the Emergency Dept. and an efficient Integrated
Home Care service to reduce the length of hospital stays.
– Pain control, also using non pharmaceutical means (such as
play and guided diversion), and by providing adequate psychological support.
– Paediatric medication: EACH supports the proposal to encourage the clinical research into children’s medicines, provided the child and his/her family have been previously informed and have given their consent.
– Children (including adolescents!) admitted and cared for
only in paediatric wards.
– A healing environment for all patients including disabled
children (for instance with experts of the sign language for
deaf patients and parents): patients and their family must
feel they are welcome not only when admitted to hospital,
but during their whole stay.
– Free visiting by siblings and peers to keep contact with
everyday life.
– Information appropriate to age and understanding of child
and family to be provided in a stress free, secure and private
environment without pressure of time, allowing the child to
express his own views.
At the present time not all members of the caring teams have
been trained to meet properly the psychological, emotional
and social needs of the hospitalised children and their families. A specific training in communication should be included
in their education.
For foreign patients an interpreter is not enough: they need a
”linguistic-cultural intermediary” that knows not only their
language, but also their origin and cultural background, in order to facilitate the mutual understanding and acceptance.
Foreigners often endure the loss of their identity or having to
choose between the culture of their family and the new one.
A proper, adequate psychological and social training will enable all people working in the community (not only in hospital!) to work in synergy to prevent uneasiness and discomfort,
thus helping young and old, the local population and the foreigners, to preserve the balance and meet the needs of the individual as well as of the entire community.
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The commitment
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in safeguarding
children’s health
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Maria José Caldés Pinilla1, Suela Cadri2, Caterina Teodori3
1
2
3
Medico igienista, Responsabile Cooperazione sanitaria internazionale, Regione Toscana
Hygienist, Responsible of the International Health Cooperation, Tuscany Region
Referente Cooperazione sanitaria internazionale, DG Diritto alla salute e Politiche di solidarietà, Regione Toscana
International Health Cooperation Reference Person, DG Right to Health and Solidarity Policies, Tuscany Region
Psicologa, Cooperazione sanitaria internazionale AOU Meyer
Psychologist, International Health Cooperation, Meyer University Children’s Hospital
N
on è un caso che la Dichiarazione universale dei diritti
umani sia stata data alla luce nel 1948. Il mondo, appena uscito da due guerre mondiali, era cambiato per
sempre. Ogni singolo individuo sopravissuto a quell’inferno,
sentiva dentro di sé l’esigenza di affermare in modo definitivo
gli assiomi della nuova era. L’umanità faceva una delle sue
conquiste più importanti: legittimava se stessa.
A 60 anni da quel 10 dicembre 1948, il tempo ci costringe a
nuove riflessioni che talvolta hanno le sembianze dei bilanci.
E’ di questi giorni la notizia dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) secondo cui “ogni anno 100 milioni di persone vengono spinte sotto la soglia della povertà a causa delle
spese mediche”. Il diritto alla salute, diventa in questo caso la
misura del reale processo di trasformazione della società umana. La salute definita come “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia o in-
T
he Universal Declaration of Human Rights did not come to
light by chance in 1948. The world, which had just survived two world wars, had changed forever. Every single
individual who survived the horrific events, felt the need deep
down inside to definitely state the axioms of a new age. Humanity was making one of its most important conquests: selflegitimization.
60 years since 10th December 1948, time compels us to reconsider the situation and take stock. We have just got the news
from the World Health Organization (WHO) that “every year
100 million people are at risk of falling into poverty owing to
medical expenses”. The right to health, in this case, represents
the indicator used for measuring the actual transformation
process of human society. Health, defined as a “state of complete physical, mental and social well-being and not merely the
absence of disease or infirmity”, is considered the right upon
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fermità”, viene considerata il diritto su cui poggiano tutti gli
altri diritti fondamentali che spettano alle persone. Si tratta
di un principio che assegna agli Stati, e alle loro articolazioni, compiti che vanno ben al di là della semplice gestione di
un sistema sanitario.
Parlare di salute induce spesso erroneamente all’idea di Ospedale, medico, farmaci, ricerca, senza rendersi conto di essere andati oltre, aldilà dell’essenzialità del concetto, atterrando in un
campo diverso chiamato sanità. Vicino sì, ma non ovvia conseguenza del termine salute. Non ovvia per chi vive in un villaggio isolato, a molti chilometri di cammino dal più vicino centro
di assistenza sanitaria, o per i 58 milioni di donne che vivono la
gravidanza e il parto con una rassegnazione primordiale, o ancora per tutti quei bambini, troppi, che muoiono ancor prima di
compiere il quinto anno di età. Ricordiamo che uno dei primi
Obiettivi del Millennio esortava a ridurre, entro il 2015, di due
terzi la mortalità dei bambini al di sotto dei cinque anni.
Le difficoltà di accesso ai luoghi di cura insieme alle diseguaglianze determinate da fattori economici, politici, sociali,
geografici rendono molto difficile, quando impossibile, ogni
tentativo di assumere il diritto alla salute come realmente applicabile a gran parte della popolazione mondiale. La prima
grande Conferenza internazionale sulla salute tenutasi ad Alma Ata, nell’ex Unione Sovietica, nel 1978, si era preposta,
tra le altre, il raggiungimento di un accettabile livello di salute globale entro l’anno 2000. Ebbene, tali obiettivi rimangono
tutt’ora bersagli non centrati.
Questo è il quadro di riferimento all’interno del quale si incontrano gli sforzi di tutti gli attori istituzionali e non, che a vari
livelli operano al fine di promuovere e realizzare una società
più sana, in senso lato. Tra questi c’è sicuramente l’impegno
della Regione Toscana che, nella compresenza dell’Assessorato
alla Cooperazione internazionale e l’Assessorato del Diritto alla
salute, ha sviluppato un sistema di cooperazione sanitaria internazionale integrato in cui convergono, da una parte gli indirizzi politici e dall’altra le competenze prettamente tecnico
sanitarie. Formula che si rivela vincente laddove bisogna rivestire di contenuti qualificati i buoni propositi strategici.
In pieno accordo con i principi della OMS, la Regione Toscana
ha specificato, tra le sue tematiche prioritarie, l’attenzione
alle fasce sociali più deboli ossia le donne e i bambini. Tale
impegno si sviluppa principalmente attraverso due azioni
complementari. La prima prevede il supporto di progettualità
nei paesi svantaggiati, privilegiando soprattutto quelle rivolte al potenziamento e sviluppo di strutture del sistema sanitario pubblico, nonché la formazione del personale sanitario.
La seconda invece riguarda l’accoglienza e presa in carico di
bambini la cui patologia non è trattabile nel paese d’origine.
Nel 2007 sono stati più di 70 i ricoveri in regime di cooperazione e nel 80% dei casi si trattava di minori di 18 anni.
I criteri di accettazione dei pazienti sono in linea con quelli
fondanti della Convenzione internazionale sui diritti dell’in-
which all other fundamental rights for people are built. This
principle assigns to States and to their divisions tasks that go
well beyond simple health system management activities.
Speaking about health often leads, mistakenly, to the idea of
hospitals, doctors, medicines and research, not realizing that
we have gone beyond the essence of the concept and have landed in a different field called healthcare: approximate, of
course, but not an obvious consequence of the term health.
Certainly not obvious for those living in remote villages, many
kilometres walk away from the nearest health assistance centre, for the 58 million women who go through pregnancy and
childbirth with primordial resignation, or for all those children
– too many – who die before reaching the age of five. It is important to remember that one of the first Millennium Objectives was to reduce the mortality rate of children under the age
of five by two thirds within 2015.
The difficulty in having access to caring structures as well as
the disparity determined by economic, political, social and geographic factors make it very difficult – if not impossible – to
believe that the right to health may actually be applied to the
majority of the world population. The first important International Health Conference held in Alma Ata, in the ex-Soviet
Union in 1978, had set down the objective – together with other aims – of achieving an acceptable level of global health by
2000. These objectives have not been yet accomplished.
This is the frame of reference within which all institutional and
non-institutional players’ efforts are directed. These players
work in order to promote and develop, in a broad sense, a
“healthier” society.
The commitment taken up by Regione Toscana is certainly
among these players. With the joint presence of the Councillorship of International Cooperation and the Councillorship of the
Right to Health, Regione Toscana has developed an international integrated health cooperation system combining on the
one side political policies and on the other strictly technical
and health competences. This has proved to be a winning formula, where good quality strategic intentions are strengthened
with skilled contents.
In full compliance with WHO principles, Regione Toscana has
paid particular attention to the weakest social classes i.e.
women and children – and considered them as its priority issues. This commitment has been developed mainly through
two complementary actions. The first regards the support of
projects in disadvantaged countries, paying special attention
chiefly to projects that address the reinforcement and development of public health system structures, as well as medical
staff training. The second, on the other hand, takes into account the admission and treatment of children whose pathology cannot be treated in their country of origin.
In 2007 over 70 hospitalizations were related to this form of
cooperation and 80% of these were for patients under 18 years
of age.
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fanzia (1989) che ha sancito solennemente il rispetto dei diritti di ogni bambino come la base irrinunciabile di ogni intervento volto a migliorare le condizioni di vita e di sviluppo
dell’infanzia e dell’adolescenza nel mondo. Si tratta del diritto alla sopravvivenza, ascolto, non discriminazione, superiore
interesse del bambino – e quelli più generali della tutela dei
diritti umani – universalità, indivisibilità e interdipendenza
dei diritti dell’individuo.
Questi criteri generali, integrati con le direttive nazionali e
quella ragionevole dose di buon senso, che non deve mai
mancare nella stesura di linee programmatiche, hanno portato la Regione Toscana ad elaborare un proprio vademecum di
gestione dei ricoveri. Ecco alcuni dei punti sostanziali della
nostra conduzione regionale:
– percorsi chiari ed essenziali: tra il bambino da curare e
l’autorizzazione regionale gli unici mediatori sono i nostri
operatori sanitari;
– individuazione delle strutture più adatte a trattare la patologia;
– evitare “viaggi della speranza”: la scienza e il possibile hanno dei limiti che bisogna riconoscere e rispettare, volerli
scavalcare potrebbe indurre in errori difficili da rimediare.
Si tratta tuttavia di uno schema solido ma nello stesso tempo
elastico, dove il dialogo con tutti i soggetti coinvolti può apportare modifiche e integrazioni in qualunque momento.
In tutto questo non bisogna dimenticarsi che la forza del Servizio sanitario della nostra regione è data dall’insieme delle sue
strutture e le persone che in esse lavorano; il loro individuale
lavoro e impegno, contribuisce al raggiungimento dei risultati,
ognuno nel proprio ambito di competenza o eccellenza.
Quando si parla di bambini e di cooperazione sanitaria in Toscana non si può non parlare dell’Azienda ospedaliero universitaria Meyer che, dal luglio 2007, in quanto Ospedale pediatrico di riferimento regionale, offre, alla Direzione generale
Diritto alla salute e politiche di solidarietà, supporto tecnico
e amministrativo nell’attuazione della propria strategia di
cooperazione sanitaria internazionale.
In collaborazione con il Meyer, la DG Diritto alla salute attua
la Strategia di Cooperazione sanitaria della Toscana definita
attraverso il Programma annuale delle iniziative di cooperazione sanitaria internazionale. Inoltre il Meyer coordina in
maniera continuativa il Comitato di Area vasta, che rimane il
nodo centrale di tutte le attività di cooperazione sanitaria internazionale. Si tratta di un organismo teso alla raccolta e alla diffusione delle informazioni da e verso il territorio regionale. L’idea di fondo è quella di riconoscere alle tre Aree vaste
toscane una funzione strategica di congiunzione allo scopo di
realizzare un piano di cooperazione sanitaria concertato con
tutti i soggetti attivi sul territorio e conseguire una progettualità più forte ed incisiva.
In ogni Area vasta è stato costituito un coordinamento per la
cooperazione sanitaria internazionale al quale partecipano i
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Acceptance criteria for patients are in line with the founding
criteria of the International Convention on the Rights of the
Child (1989) which solemnly declared the respect for children’s
rights as fundamental for improving the living conditions and
development of children and adolescents in the world. These
rights are: the child’s right to survival, to be heard, to non-discrimination, to the uppermost interests of the child and – including more general human rights – the right to universality,
indivisibility and interdependence.
These general criteria, integrated with national directives and
a good dose of common sense, which must never lack when
drawing up programme directives, led Regione Toscana to prepare its own hospitalization management guidelines. Among
the main points of our regional management scheme are:
– clear and essential steps – the only intermediaries between
the child to be cared for and regional authorization are our
healthcare operators;
– individuation of the most suitable structures for treating
the pathology;
– avoiding “journeys of hope” – science and the possible have
limits that need to be acknowledged and respected, and
overcoming them at all costs could lead to mistakes that are
difficult to correct.
This is a solid but at the same time elastic scheme, where dialogue with all players involved may lead to modifications and
integrations at any time whatsoever.
It must be remembered that the strength of our Region’s
Health Service is based upon the composition of its structures
and the people working in these structures; their individual
work and commitment contribute to achieving the results, each
within his or her own field of competence or excellence.
When speaking about children or health cooperation in Tuscany, the Meyer University Children’s Hospital must be mentioned. Since July 2007, being the children’s hospital of regional reference, it offers technical and administrative support to
the DG Right to Health and Policies of Solidarity, while accomplishing its own international health cooperation strategy.
In collaboration with the Meyer Children’s Hospital, the DG
Right to Health carries out the Health Cooperation Strategy of
Tuscany defined through the yearly Programme of international health cooperation actions. Furthermore, the Meyer Children’s Hospital coordinates the ‘Comitato di Area Vasta’ (Vast
Area Committee) on a continuous basis, which represents the
core of all international health cooperation activities. This
Committee aims at collecting and diffusing information to and
from the regional territory. The fundamental idea is to acknowledge that the three Vast Areas of Tuscany are a strategic
meeting point for setting up a health cooperation plan with all
active players concerned and for achieving stronger and more
effective project ideas.
An international health cooperation coordinating structure has
been set up in each Vast Area, in which company reference per-
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referenti aziendali – individuati in modo autonomo dalle
Aziende sanitarie – garantendo non solo la messa in rete di
numerose professionalità, ma anche lo scambio di esperienze
tra soggetti ed enti.
Sembra evidente, anche da questa rapida panoramica strutturale e organizzativa, la volontà della Regione Toscana di contribuire in modo capillare al perseguimento delle proprie linee d’indirizzo politico in ambito di cooperazione sanitaria.
L’attenzione al diritto alla salute e in modo particolare a
quella dell’infanzia, è uno dei punti fermi della realtà toscana. Certo, è utopistico pensare di risolvere problemi radicati
nella storia e nell’evoluzione politica, economica e socio-culturale di molti paesi del mondo. E’ una missione che può certamente nascere dalle coscienze individuali, ma che poi deve
necessariamente sfociare in una volontà collettiva, consapevole ed organizzata. Lavorare in tanti per perseguire lo stesso
obiettivo dà luogo a qualcosa che è molto di più della semplice somma delle parti.
Difendere e promuovere la salute è difendere e promuovere la
vita, ovunque essa si trovi, oltre i colori della differenza, oltre i confini geografici, oltre gli interessi economici e le logiche di potere delle nostre società.
sons take part – independently identified by the Health Agencies – ensuring not only networking of many different professions, but also the exchange of experiences between individuals and institutions.
This quick overview at structural and organizational level emphasizes Regione Toscana’s wish to contribute to the widespread achievement of its political guidelines regarding health
cooperation.
https://webs.rete.toscana.it/csi/GenericoMainLoader
https://webs.rete.toscana.it/csi/GenericoMainLoader
(segue da pag. 360):
Dall’assistenza alla cittadinanza attiva dei minori
La collaborazione con UNICEF IRC ha portato alla realizzazione
della Biblioteca Innocenti IRC, biblioteca internazionale dedicata al tema dell’infanzia e dell’adolescenza e di diversi percorsi di ricerca comuni.
L’Istituto degli Innocenti è dunque impegnato nella tutela
dei diritti dei minori attraverso una molteplicità di attività
che si rivolgono direttamente ai bambini e che ne leggono e
valutano la condizione di benessere, l’impatto delle politiche
nazionali e locali sui minori, e che cercano di diffondere e
veicolare la cultura dell’infanzia. L’impegno nei servizi educativi per la prima infanzia, nelle strutture di accoglienza per
bambini in difficoltà e per madri con bambini, nei servizi culturali rivolti ai più piccoli così come il lavoro con i livelli internazionali, con il segretariato di Childoneurope, rete europea dei Centri di documentazione sui minori, con il Centro
nazionale di documentazione più sopra ricordato, con la Regione Toscana attraverso l’Osservatorio regionale sull’infanzia
e l’adolescenza, rappresentano le molteplici dimensioni in cui
si articola un fine unico: rendere reali i diritti dell’infanzia
sanciti dalla Convenzione del 1989 per tutti i bambini e le
bambine del mondo.
The close attention to the right to health, especially children’s
right to health, is one of our steadfast points. It is certainly
utopian to believe that problems deeply rooted in the history
and in the political, economic, social and cultural evolution of
many countries across the world may be resolved. A mission of
such kind may certainly stem from individual conscience, but
must steer towards collective, attentive and organized resolve.
Working collectively to pursue the same goal leads to something more than a simple sum of parts.
Defending and promoting health means defending and promoting life, wherever it may be, regardless of the colour of skin,
geographical boundaries, economic interests and the logic of
power of today’s societies.
(continues from page 360):
From care to active citizenship of children
The collaboration with Unicef IRC led to the realization of the
Innocenti IRC Library, an international library dedicated to
childhood and adolescence, and to a number of common research routes.
The Istituto degli Innocenti, therefore, is committed to safeguarding children’s rights through wide-ranging activities that
directly address children or that examine and assess their condition of wellbeing and the impact of national and local policies on them, and that try to diffuse and carry the culture of
childhood.
Its commitment in early infancy educational services, in structures taking in children in difficulty and mothers with children, and in cultural services addressing children, as well as
the activities carried out at international level, with the
Childoneurope Secretariat – a European network of children
documentation centres , with the above-mentioned National
centre of documentation and with Regione Toscana, through
the Regional observatory on childhood and adolescence, represent the wide-ranging sphere of activities aiming at just one
goal: making children’s rights – sanctioned by the 1989 Convention – become the rights of all children in the world.
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Progetto
interaziendale
HPH bambini
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HPH for children
interagency
Project
Maria José Caldés e Benedetta Rotesi
Coordinatrici Progetto interaziendale HPH bambini, AOU Meyer
Coordinators of the HPH for Children Interagency Project, Meyer University Children’s Hospital
ome emerge dai risultati dell’indagine conoscitiva1 condotta nel 2004 dalla Task Force internazionale HPH-CA
(Health Promotion for Children and Adolescents in & by
Hospitals) in oltre 100 ospedali e dipartimenti pediatrici all’interno della Regione Europea dell’OMS, solo 50 su 114 fra
gli ospedali interpellati adottavano ufficialmente una Carta
dei Diritti del Bambino e solo 21 ospedali utilizzavano strumenti di verifica del rispetto di tali diritti. Sulla base di questi dati, la TF ha formulato specifiche Raccomandazioni sul rispetto dei diritti del bambino in Ospedale.
Recentemente, tale tematica ha trovato uno spazio di interesse e approfondimento nell’attività del gruppo regionale HPH
Bambini, costituito nel 2007, con l’obiettivo di avviare e
coordinare iniziative di livello locale, coordinato dall’AOU
Meyer e al quale aderiscono le seguenti Aziende Sanitarie:
AOU Pisa; AOU Siena; USL 1 Massa Carrara; USL 4 Prato; USL 6
Livorno; USL 8 Arezzo e USL 10 Firenze.
Riportiamo di seguito alcune esperienze concrete provenienti
dalle Aziende Sanitarie toscane aderenti al progetto interaziendale HPH Bambini, ognuna delle quali fa riferimento ai
Diritti enunciati dalla Carta dell’Associazione Ospedali pediatrici italiani (AOPI)2.
C
1 Per maggiori informazioni si veda: http://who.collaboratingcentre.
meyer.it/
2 Per maggiori informazioni si veda: http://www.aopi.it/cartadiritti.
html
s emerging from the results of the survey1 carried out in
2004 by the HPH-CA (Health Promotion for Children and
Adolescents in & by Hospitals) international Task Force
in over 100 hospitals and paediatric departments within the
WHO European Region, only 50 of the 114 hospitals contacted
officially adopted a Charter on the Rights of Children and only
21 hospitals used tools for monitoring the respect of these
rights. On the basis of these data, the Task Force formulated
specific Recommendations regarding the rights of children in
hospital.
Recently, this issue has been dealt with and deeply examined
in the activities carried out by the HPH for Children regional
group – established in 2007 with the aim of setting up and coordinating actions at local level. The group is coordinated by
the Meyer University Children’s Hospital and involves the following Health Agencies: University Hospital of Pisa; University
Hospital of Siena; Health Agency 1 Massa Carrara; Health
Agency 4 Prato; Health Agency 6 Livorno; Health Agency 8
Arezzo and Health Agency 10 Florence.
Several experiences of the Tuscan Health Agencies, which took
part in the HPH for Children interagency project, are reported
in this last section of this issue; each of them refers to the
Rights set out in the Charter of the Association of the Italian
Paediatric Hospitals (AOPI)2.
A
1
2
For further information see: http://who.collaboratingcentre.meyer.it/
For further information see: http://www.aopi.it/cartadiritti.html
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Elisabetta Giacchè1
Daniela Pardi2
Elisabetta Giacchè1
Daniela Pardi2
1
2
1
Laureata in Infermieristica pediatrica
Dirigente medico Pediatra I livello specialista
in Endocrinologia pediatrica
Paediatric Nurse
physician specialized in Paediatric
Endocrinology
2 Chief
“Il bambino e le famiglie hanno diritto alla partecipazione
ed a essere informati sull’organizzazione di reparto” (Articolo n. 14 Carta AOPI).
“Children and their families have the right to take part in
and be informed on ward activities” (Article n. 14 AOPI
Charter).
N
W
el descrivere lo stato dell’arte della nostra Unità operativa di pediatria di Massa e Carrara, riguardo alla realizzazione di buone pratiche riferibili al progetto interaziendale HPH, dobbiamo premettere che la nostra realtà aziendale
nell’agosto del 2005 affrontò il delicato evento di trasferimento
ed accorpamento delle singole Unità operative di Pediatria di
Massa e di Carrara. Tale situazione ha comportato quindi non
poche difficoltà: riorganizzazione interna con integrazione tra
i due gruppi di lavoro, adattamento a livello dell’utenza, conoscenza e acquisizione di nuove logistiche; strutturazione degli
spazi a misura di un percorso terapeutico supposto ma non conosciuto e molti altri ancora.
Partendo da queste semplici premesse, è normale pensare che
solo ora si possa immaginare un’analisi dei problemi con una
raccolta dati per sistematizzarli in un’ulteriore riorganizzazione in funzione di un miglioramento della qualità delle prestazioni erogate. Solo ora quindi possiamo dedicarci al necessario
ed indispensabile obiettivo dell’umanizzazione e della personalizzazione dell’assistenza pediatrica. Abbiamo così organizzato un progetto avente il nome: “Allegramente in Pediatria”.
Tale progetto si propone di realizzare una serie di buone pratiche al fine di rendere l’Ospedale in linea con quanto è previsto dal progetto HPH bambini e, per quanto possibile, aderente a quanto enunciato dai principi della Carta dei diritti del
bambino in Ospedale (EACH-AOPI). Indichiamo di seguito, in
maniera sintetica, alcune attività ed azioni tramite le quali il
progetto si rende compatibile con l’articolo 14 della carta dei
diritti dei bambini in Ospedale:
– Concorso per le scuole “Gioca l’arte per la pediatria”.
– Creazione del logo identificativo per le tre UO di pediatria
nido e neonatologia.
– Mettere l’utenza in grado di conoscere i principi enunciati
dalla carta dei diritti dei bambini in Ospedale, anche per gli
stranieri.
– Realizzazione di una piccola cucina ad uso degli utenti.
– Consentire una cultura dell’accoglienza con corsi mirati.
– Consentire la mediazione culturale e l’intercultura.
– Creazione di convenzione con associazioni di volontariato
sociale.
– Programmazione di giornate incontro dei bambini diabe-
hen describing the state of the art of the Paediatric operative unit of Massa and Carrara – in relation to the
good practices set up within the international HPH
project – it is important to bear in mind that in August 2005
the paediatric operative units of Massa and Carrara were transferred and merged together. This situation led to a series of
difficulties: internal reorganization with integration between
two working groups; adaptation by users; knowledge and acquisition of new logistics; organization of space according to a
supposed but not acknowledged therapeutic route and many
other problems.
On the basis of this simple introduction, it is possible only now
to analyse problems and collect data in order to structure and
reorganize them, thus improving the quality of performances
provided.
Consequently, we have only just now started to devote ourselves to the primary and indispensable objective of humanizing and personalizing paediatric care.
For this reason, we have organized a project called: “Allegramente in Pediatria” (“Happiness in the Paediatric Ward”).
The project aims at setting up a series of good practices to
bring the hospital in line with the HPH Children project goals
and – as far as possible – in compliance with the principles of
the EACH-AOPI Charter of Rights for the Child in Hospital. Some
of the activities and actions, through which the project is compatible with article 14 of the charter of rights for the child in
hospital, are briefly listed below:
– The school competition “Gioca l’arte per la Pediatria”
(“Playing with art for the Paediatric ward”) was organized.
– An identification logo was created for the three operative
units: Paediatrics, Nursery and Neonatology.
– Raise awareness – also in foreigners – on the principles set
down in the charter of rights for the child in hospital.
– A small kitchen was made for parents and caregivers.
– Promote a welcoming environment with specifically oriented
courses.
– Enable cultural mediation and inter-culture.
An agreement was concluded with voluntary associations.
– Meeting days were planned for diabetic children living in
the Apuan area in order to set up an association.
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tici apuani al fine di costituirne un’associazione.
– Lettura in Ospedale con l’associazione dei nonni.
Il commento all’articolo cita:
“l’Ospedale promuove iniziative finalizzate al miglioramento
della qualità delle prestazioni erogate, coinvolgendo attivamente i bambini, le famiglie e le associazioni di volontariato.
La tutela e la partecipazioni degli utenti è conforme con
quanto previsto dalla normativa vigente”.
Nel corso dell’anno abbiamo pertanto elaborato, in versione
grafica personalizzata, la carta EACH dei diritti dei bambini in
Ospedale e provveduto alla distribuzione della stessa per ogni
ricovero ed in varie lingue. Abbiamo poi realizzato un opuscolo dal titolo: “Regole per una serena convivenza in Ospedale”, contenente informazioni circa:
– orari di visita medica;
– quando e come richiedere le informazioni mediche;
– orari e modalità di ricevimento delle visite;
– comfort alberghiero;
– questionario con il grado di soddisfazione e richiesta di
suggerimenti.
Sempre in merito alla partecipazione delle mamme al processo
di cura del loro bambino abbiamo realizzato una piccola cucina
ad uso esclusivo degli utenti. Per quanto concerne la partecipazione, abbiamo in corso di elaborazione il progetto: “Gioca l’arte per la pediatria” all’interno del quale i bambini di varie classi
e scuole andranno ad elaborare dei personaggi fantastici a tema, per l’abbellimento del reparto di pediatria. Un’iniziativa
importante proprio per il fatto di prevedere la partecipazione
della collettività ad un bene comune quale è l’Ospedale. Sempre
in merito alla partecipazione, ed in questo caso alle cure, credo
che non si realizzi un buon processo di partecipazione senza
che esista un consenso informato validamente espresso che tuteli il “diritto alla salute come ambito inviolabile della dignità
umana” (Corte Costituzionale, 16 Dicembre1999, N. 309). In
merito a ciò, il personale medico prima di iniziare il processo di
cura sostiene un colloquio informativo circa:
– La natura e la prognosi della malattia.
– Le cure e i trattamenti medici proposti.
– La presumibile durata del ricovero.
– I riflessi della malattia e dei trattamenti diagnostici/terapeutici proposti sulla qualità della vita.
– La ricaduta sul decorso della malattia e sulla qualità della
vita dalla mancata attuazione del trattamento.
– Rimedi terapeutici ed assistenziali atti a ridurre la sofferenza ed il dolore.
Un ulteriore elemento di grande importanza è quello di applicare il “gioco terapeutico” come forma di comunicazione capace di produrre emozioni positive, coinvolgendo così il bambino e rendendolo consenziente alle procedure infermieristiche e terapeutiche in Ospedale al fine di vivere, attraverso l’ospedalizzazione, un momento di crescita e non un momento
da dimenticare.
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– Reading days were organized in hospital with the association of grandparents.
The comment to the article states:
“the hospital promotes initiatives aiming at improving the
quality of performances provided, actively involving children,
families and voluntary associations. The safeguard and participation of users is in accordance with the provisions of current
regulations”.
Therefore, over the year, we prepared the E.A.C.H. charter of
rights for the child in hospital with personalized graphics. It
was handed out during each hospitalization and was prepared
in various languages. We also prepared a brochure entitled
“Rules for a serene stay in hospital” with information on:
– doctors’ visiting hours;
– when and how to ask for medical information;
– visiting times and procedures;
– accommodation and comfort;
– questionnaire with level of satisfaction and possible suggestions.
Regarding the participation of mothers in the health care treatment process offered to their child, a small kitchen has been
made to be exclusively used by parents and caregivers.
Again, in relation to participation activities, we are currently
carrying out the project: “Playing with art for the Paediatric
ward”. The project invites children from various classes and
schools to draw and paint imaginary characters used for decorating the Paediatric ward.
This is an important initiative because it encourages the participation of the community towards a common good, such as
hospitals.
Regarding treatment and care, we are of the opinion that real
participation cannot be achieved without a validly expressed
informed consent that safeguards the “right to health as inviolable sphere of human dignity” (Constitutional Court, 16th December 1999, no. 309).
Regarding this, medical staff organizes an information meeting before the beginning of treatment concerning:
– The nature and prognosis of the illness
– Medical care and treatment proposed
– Expected duration of hospitalization
– Influence of illness and proposed diagnostic/therapeutic
treatment on quality of life
– Effect on the progress of the illness and on the quality of life
if the treatment is not carried out
– Therapeutic and health care remedies aiming at reducing
suffering and pain
A further issue of great importance is the application of “therapeutic play”. This form of communication is capable of producing positive emotions, of involving children and making
them agree to nursing and therapeutic procedures in hospital.
The aim is to make them experience, through hospitalization, a
moment of growth and not a moment to be forgotten.
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M.Barontini1, M.A. Bonafini2
S. Bianchi3, E. Cappelli4, A. Corsano3
G. De Fusco5, M. Petrà Trechas6
P. Vasarri7
M.Barontini1, M.A. Bonafini2
S. Bianchi3, E. Cappelli4, A. Corsano3
G. De Fusco5, M. Petrà Trechas6
P. Vasarri7
1 Dirigente medico
Referente AUSL4 Progetto bambini HPH
3 I. Coordinatore
4 Pediatra famiglia
5 Infermiera
6 Governatore Arciconfraternita Misericordia Prato
7 Direttore UO pediatria
1
Executive Physician
Reference Person of Health Agency 4
for the HPH Children Project
3 I. Coordinator
4 Family paediatrician
5 Nurse
6 Governor of Arciconfraternita Misericordia Prato
7 Director of the Paediatric Operative Unit
2
2
“Il bambino ha diritto alla tutela del proprio sviluppo fisico,psichico e relazionale. Il bambino ha diritto alla sua
vita di relazione anche nei casi in cui necessiti di isolamento. Il bambino ha diritto a non essere trattato con
mezzi di contenzione” (Articolo n. 6 Carta AOPI).
“The child has the right to safeguard his or her own physical, psychic and relational development. The child has the
right to have relationships with others, even in cases requiring isolation. The child has the right to not be treated
with means of constriction” (Article n. 6 AOPI Charter).
T
T
ra gli obiettivi prioritari dei vari Piani sanitari Regione
Toscana, tra cui anche l’ultimo, troviamo la tutela della
salute del bambino. Le evidenze scientifiche, inoltre,
mettono in risalto la relazione tra benessere, prenatale e neonatale,e la salute in età adulta. I bambini, quindi, sono il nostro investimento nella società del domani: abbiamo l’obbligo
morale e legale di proteggere, promuovere i diritti sia dei bambini che degli adolescenti, come prescritto dalla Convenzione
internazionale sui diritti del bambino. All’interno del Dipartimento Area materno infantile dell’Azienda USL 4 di Prato, negli ultimi anni, proprio in virtù di quanto sopra citato abbiamo
messo in atto una serie di buone pratiche prendendo come riferimento la Carta AOPI (Associazione Ospedali pediatrici italiani). Il nostro punto di partenza è stato il 6° enunciato della
carta stessa: “… il bambino ha diritto alla tutela del proprio
sviluppo fisico, psichico e relazionale…”, fin dalla nascita.
Il nostro percorso inizia dal momento della nascita, appunto,
permettendo il contatto precoce fra madre e bambino sia perché questo ha un effetto positivo sulla promozione dell’allattamento al seno, sia perché si vengono a creare le migliori
condizioni fisiche e psichiche per l’inizio della vita umana:lasciare il bambino sempre con la madre fa sì che si rinforzi il
loro legame affettivo.
Anche quando per motivi di salute dobbiamo separare il bambino dalla madre, cerchiamo, attraverso il tatto e la marsupioterapia, di riallacciare il rapporto madre/bambino al più presto. Il personale infermieristico/medico del Centro neonatale
“avanzato”, attraverso le tecniche della care, mette in atto
tutte le manovre per creare e mantenere un ambiente quanto
più favorevole allo sviluppo del neonato; durante tutto il periodo di ricovero la diade viene supportata anche dalla presenza di fisioterapisti e psicologi.
he protection of children’s health is among the key objectives of Regione Toscana’s Health Plans, including its
most recent health plan. Scientific evidence emphasises
the relationship between prenatal/neonatal well-being and
health in adult age.
We must invest in children, therefore, for tomorrow’s society:
we have the moral and legal obligation to protect and promote
children’s and adolescents’ rights, as prescribed by the International Convention on the Rights of the Child.
The Infantile and Maternal Department of Health Agency 4 of
Prato has set up a series of good practices over the past few
years, taking as reference the AOPI Charter. Our starting point
was the sixth right of the charter: “… children have the right
to safeguard their physical, psychic and relational development …”, starting from birth.
Our journey starts at the moment of birth, allowing early contact between mother and child, first because this has a positive
effect on the promotion of breast feeding, but also because it
creates the best physical and psychic conditions for the beginning of human life: leaving the child with the mother reinforces emotional bonding.
Even when mother and child need to be separated for health
reasons, we try, through touch and baby-sling therapies, to reconnect the mother/child relationship as soon as possible. The
nursing and medical staff of the “advanced” neonatal Centre,
by way of caring techniques, fully endeavours to create and
maintain an environment that favours the development of
newborns; during this period of hospitalisation mother and
child are supported also by physiotherapists and psychologists.
Likewise, if hospitalisation (a traumatic event where the child
loses his/her normal reference points, suffers reduced independence and is separated from the family environment) is
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Con le stesse finalità se, durante il corso della vita del bambino, avviene un ricovero in Ospedale (che rappresenta, comunque, un evento traumatico con perdita dei consueti punti di
riferimento, ridotta autonomia e separazione dal proprio ambiente familiare) vengono apportate dall’équipe multi-professionale tutte le strategie ritenute opportune per ridurre il disagio fisico ed emotivo. All’interno della degenza della nostra
UO di pediatria dal 2004 è stata creata, grazie all’aiuto anche
economico di una associazione, una ludoteca, presente nella
struttura ospedaliera dal 1997 ma al di fuori del reparto e
quindi meno facilmente utilizzabile dai piccoli pazienti.
Secondo la nostra esperienza,il fruire della ludoteca allevia al
bambino il disagio della ospedalizzazione, del distacco dalle
abitudini, dai giochi, da ritmi e luoghi quotidiani; permette
di spostare il focus dall’attenzione “momento dolore” al “piacere dell’agire con intenzionalità”, riscoprendo quindi il gusto di giocare spontaneamente e liberamente; in tal modo, secondo la nostra esperienza, si riducono anche le “ansie” dei
genitori.
Le degenze sono in genere brevi, in ogni caso gli operatori
della ludoteca sono preparati per un’eventuale continuità
scolastica. La gestione della ludoteca è frutto di una collaborazione sinergica tra personale volontario e sanitario: è oramai consolidata la collaborazione del personale medico e non
medico sia per limitazioni legate a particolari patologie, sia
per adeguarsi alle esigenze ospedaliere; è prassi, per il personale volontario, incontrarsi periodicamente con una psicoterapeuta,anch’essa volontaria dell’associazione, per discutere
di particolari casi, permettendo così al personale una formazione continua ed un miglior servizio.
Tra le nostre iniziative, sempre grazie al contributo economico della Confraternita della Misericordia, i clowns: sono presenti due volte a settimana in reparto,intrattengono i bambini durante l’attesa per visite mediche in day-hospital e li accompagnano quando devono sottoporsi ad interventi chirurgici in sala pre-operatoria.
Punto di partenza? Sì, con la volontà di migliorare ulteriormente le nostre competenze,in una ottica di formazione continua come richiede l’esercizio delle nostre professioni.
I risultati finora ottenuti ci incoraggiano a procedere oltre,
nella consapevolezza che, in ambito sanitario, le evidenze
scientifiche indicano che l’Ospedale sempre più dovrà confrontarsi con esigenze/aspettative talvolta lontane e diverse. Il
nostro territorio, in particolare,dovrà essere culturalmente
preparato a rimettere in discussione anche le sue “certezze organizzative” dal momento che, attualmente, ha una presenza
multi-etnica pari al 15% della popolazione totale residente.
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needed during the child’s life, the multi-professional team uses
whichever strategy is considered appropriate for reducing
physical and emotional discomfort. Within the hospitalisation
ward of the Paediatric Operative Unit a recreation room was
built – with the help of an Association – in 2004. A recreation
room had already existed in the hospital since 1997, but since
it was not inside the ward, the young patients found it difficult
to use.
On the basis of our experience, playing in the recreation room
relieves children from the discomfort of hospitalisation and
from the separation from their habits, games and daily routines and places. They are able to move their attention from
the “moment of pain” to the “pleasure of acting with intention” and rediscover, therefore, the joy of playing spontaneously and freely, thus reducing – according to our experience – parents’ anxiety too.
Hospitalisation is usually short, although the recreation room
staff are ready to handle possible schooling. Recreation room
management is the result of a synergic collaboration between
voluntary personnel and medical staff: collaboration between
medical and non-medical staff is well-established due to limitations related to specific pathologies and to the need to adjust to hospital demands. Voluntary personnel periodically
meet with a psychotherapist – who is also a voluntary member
of the association – to discuss specific cases, thus enabling association personnel to undergo continuous training and offer
better services.
Thanks to the economic aid of the ‘Confraternita della Misericordia’, the hospital is provided with clowns who come to the
ward twice a week. They entertain children waiting for Dayhospital visits and accompany them to the pre-operating room
before surgical interventions.
Is this a starting point? Yes, with the wish to further improve
our skills by way of continuous training, as required by our
profession.
The results achieved up to today encourage us to continue, being well aware that in the healthcare environment, scientific
evidence shows that the Hospital will have to address sometimes diverse and distant needs/expectations.
Our territory, in particular, must be culturally ready to question its “organizational certainties” given that, today, multiethnic inhabitants are equal to 15% of the total residing population.
www.usl4.toscana.it
[email protected]
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I diritti del bambino in Ospedale
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Samuele Gragnani1
Fioretta Pratesi2
Samuele Gragnani1
Fioretta Pratesi2
1
1
Direttore UO Pediatria
PO Cecina - Livorno
2 Direttore UO Educazione alla salute
Az. USL 6 - Livorno
Director of the Paediatric Operative Unit
of Cecina (Livorno)
2 Director of the Health Education Operative Unit
of Health Agency 6 - Livorno
“Il bambino ha diritto a ricevere il miglio livello di cura e
di assistenza” (Articolo n. 3 Carta AOPI).
“Children have the right to receive the highest level of
treatment and care” (Article n. 3 AOPI Charter).
Modalità di cura e di assistenza nella nostra realtà
Il rispetto dei diritti del bambino in Ospedale rappresenta un
aspetto dell’assistenza che è andato assumendo negli ultimi
tempi un’importanza sempre crescente. Il bambino costituisce infatti una persona estremamente vulnerabile e indifesa e
pertanto necessita delle maggiori attenzioni e considerazioni
possibili. Ciò soprattutto quando è ammalato.
Anche presso il Reparto di pediatria dell’Ospedale di Cecina
(Li) negli ultimi tempi sono state promosse iniziative volte al
rispetto di tali diritti.
Riportiamo brevemente i provvedimenti attuati per il rispetto
del diritto n. 3: “Il bambino ha diritto a ricevere il miglior livello di cura e di assistenza”. Tali provvedimenti hanno riguardato fondamentalmente 3 punti:
1. Riduzione dell’ospedalizzazione
2. Miglioramento dell’accoglienza
3. Umanizzazione dell’assistenza sanitaria
Il 1° punto è stato attuato cercando di ridurre al massimo sia
l’ospedalizzazione che la durata della degenza. Ciò è stato ottenuto con la promozione dell’attività ambulatoriale, con il
ricorso a dimissioni protette, a dimissioni concordate con i
pediatri di famiglia, a DH terapeutici e di controllo periodico.
Nell’anno 2006 il tasso di ospedalizzazione è risultato del
48,8 / 1000 abitanti; la degenza media in pediatria di 3,3
giorni; la degenza media al nido 2,9 giorni, le prestazioni ambulatoriali otre 4000 (Fonte dati: Reporting AUSL 6 Livorno,
anno 2006, elaborazione marzo 2007).
Il 2° punto è stato attuato cercando di migliorare le strutture, l’organizzazione e istituendo percorsi preferenziali.
Per quanto riguarda le strutture, nel reparto sono state realizzate camere a 2 letti (con comode poltrone per i familiari, bagno, apparecchio TV per ogni letto) e una sala giochi sempre
aperta e a disposizione dei piccoli pazienti. Questa è attrezzata con apparecchio TV, videoregistratore e DVD, giochi, libri
per varie età e altro materiale didattico. Sono inoltre presenti
cortili esterni anch’essi attrezzati con giochi vari.
Tutte queste attrezzature sono state donate in riprese successive da associazioni e istituzioni locali: Asilo nido di Cecina,
Scuole medie “G. Galilei” di Cecina e Bibbona, Scuole elementari di Saline di Volterra, Telefono azzurro-rosa e Polizia stra-
Treatment and care procedures in our health agency
Respecting children’s rights in hospital is an area of healthcare
that has become increasingly more important over the past
years. Children are extremely vulnerable and defenceless individuals, thus needing as much care and consideration as possible, especially when they are ill.
Initiatives addressing the respect of these rights have been
promoted at the Paediatrics Ward of the Hospital of Cecina
(Livorno).
The activities carried out to respect Right no. 3: “Children have
the right to receive the highest level of treatment and care”,
are briefly reported below:
1. Reduce hospitalization
2. Improve the healthcare environment
3. Humanize health assistance
The first activity was carried out by trying to reduce both hospitalization and length of stay as much as possible. This was
achieved by promoting outpatient services, through protected
discharge, discharge agreed upon with Family Paediatricians,
therapeutic Day Hospitals and periodical check-up.
In 2006, hospitalization rate was 48.8 / 1000 inhabitants; average stay in the Paediatrics unit was 3.3 days; average stay at
Nursery was 2.9 days and outpatient services were over 4000
(Data sources: Health Agency 6 Livorno Report, year 2006,
elaboration March 2007).
The second activity was achieved by trying to improve hospital
facilities and organization, and by setting up preferential
routes.
Regarding hospital facilities, rooms with 2 beds were built in
the Ward (provided with bathroom, comfortable armchairs for
relatives and a television for each bed) and a 24-hour playroom for children. The playroom has a television, video
recorder and DVD player, games, books for various ages and
other didactic material. The ward also has outdoor courtyards
equipped with various games.
All the equipment was donated at different times by local Associations and Institutes: the Nursery School of Cecina, “G.
Galilei” Secondary School of Cecina and Bibbona, Primary
School of Saline di Volterra, Children Emergency Line, the Road
Police of Rosignano, the “Befana” folklore group of Riparbella,
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dale di Rosignano, Gruppo folkloristico “Befana” di Riparbella, Circolo ricreativo Ospedale, Lions Club e Signore Rotary
Club Cecina-Rosignano, singole famiglie. Tali donazioni indicano la considerazione e la sensibilizzazione nei confronti dei
problemi dei piccoli pazienti ricoverati.
Per quanto riguarda l’organizzazione, sono state stipulate
convenzioni con associazioni locali di volontariato (Misericordia di S. Pietro in Palazzi e Croce Rossa di Rosignano) per
l’attuazione in reparto di un’attività ricreativa e didattica nei
confronti dei piccoli pazienti ricoverati. Tale attività viene
svolta a turno da giovani appartenenti a tali associazioni.
Inoltre sono stati realizzati depliant informativi sull’assistenza prestata in reparto e al nido e una “Carta dei servizi” in cui
sono state riportate tutte le attività svolte sia in regime di ricovero che ambulatoriale.
La “divisa” delle infermiere è stata poi sostituita con magliette colorate più adatte ai bambini.
Per quanto riguarda i percorsi preferenziali, questi sono stati
istituiti con il Pronto soccorso (ove viene effettuato un triage
preferenziale per i bambini), con il Laboratorio (per i prelievi
ematici), con i pediatri di famiglia, con i medici della guardia
medica e turistica (per visite urgenti).
Al Pronto soccorso sono stati realizzati anche un ambulatorio
apposito e uno spazio separato per l’attesa dei bambini, attrezzato con arredi e giochi donati dalla COOP-Cecina.
È stato istituito un percorso preferenziale anche per i neonati
dimessi in dimissione precoce o ordinaria ma con problemi
ancora aperti, che possono accedere direttamente all’ambulatorio neonatologico, svolto tutti i pomeriggi in un locale attiguo al nido.
Sono invece ancora in fase di studio i percorsi preferenziali
con la Radiologia e il CUP, per ridurre inutili attese e con mediatori culturali per l’assistenza agli stranieri (alcuni di questi vengono però sporadicamente interpellati anche se in assenza di un progetto preciso).
Il punto n. 3 viene fondamentalmente attuato con l’aggiornamento continuo, con la partecipazione attiva alla Rete pediatrica specialistica toscana (attraverso consulenze telefoniche,
invio esami, invio pazienti), con la collaborazione con i pediatri di famiglia (mediante colloqui telefonici, visite urgenti,
dimissioni concordate, relazioni di degenza ecc…).
Particolare attenzione viene poi posta, nella gestione delle
più comuni pratiche mediche e infermieristiche, all’informazione dei genitori e anche dei piccoli pazienti (quando possibile) e alla prevenzione del dolore. Nel neonato vengono utilizzate metodiche legate alla saturazione sensoriale con stimoli tattili (carezze), uditivi (musica), gustativi (Calmì); nel
lattante e nel bambino più grande vengono adoperate musiche adatte alla loro età e pomate anestetiche (Emla).
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Hospital Recreational Circle, Lions Club, Female Rotary Club of
Cecina-Rosignano and individual families. These donations
show the deep feelings and awareness towards the problems of
hospitalized children.
Regarding hospital organization, agreements with local voluntary Associations were stipulated (Misericordia of S. Pietro in
Palazzi and Red Cross of Rosignano) for developing recreational and didactic activities in the Ward for hospitalized children.
These activities are carried out in turn by young people who
belong to the Associations.
Leaflets were also prepared containing information on the care
services provided in the Ward and in the Nursery, as well as a
“Charter of services” reporting all activities carried out during
hospitalization and outpatient care.
The nurses’ uniform were replaced with coloured t-shirts which
are more suitable for children.
Regarding preferential routes, these were set up together with
the Casualty Department (preferential triage for children),
with the Laboratory (blood tests), with family paediatricians
and with the Doctors on duty and for tourists (urgent visits).
A specific outpatient clinic and a waiting room were arranged
in the Casualty Department for children and are provided with
furniture and games donated by COOP-Cecina.
A preferential route was also set up for newborns experiencing
standard or early discharge from the hospital but presenting
outstanding concerns. They may directly have access to the
neonatological outpatient service carried out every afternoon
in a room adjacent to the Nursery.
Instead, preferential routes with Radiology and CUP (Reservation Centre), to reduce useless waiting, are still being studied,
as also with Cultural Mediators for assistance to foreigners
(some are however sporadically contacted even in the absence
of a precise project).
The third activity is carried out through continuous updating
activities, through the active participation in the Specialised
Paediatrics Network in Tuscany (by way of telephone consulting services and submission of tests and patients) and through
the collaboration of Family Paediatricians (by way of telephone conversations, urgent visits, agreed discharge, hospitalization reports, etc…).
Particular attention is also given to the management of common medical and nursing practices, to informing parents and
children (when possible) and to pain prevention. Sensory saturation procedures are used in newborns with tactile (caresses),
hearing (music) and taste (Calmì) stimulation; in young infants and older children music suitable for their age and
anaesthetic creams (emla) are used.
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I diritti del bambino in Ospedale
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Chiara Giannini
Chiara Giannini
Psicologa - Referente Progetto
HPH - Ospedale a misura di bambino,
Az. Usl 8 Arezzo
Psychologist - HPH Project Reference person
Child-friendly Hospital, Health Agency 8 Arezzo
“Il bambino ha diritto ad essere informato sulle proprie
condizioni di salute e sulle procedure a cui verrà sottoposto, con un linguaggio comprensibile ed adeguato al suo
sviluppo d alla sua maturazione. Ha diritto ad esprimere
liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa. Le opinioni del bambino devono essere prese in
considerazione tenendo conto della sua età e del grado di
maturazione” (Articolo n. 7 Carta AOPI).
“The child has the right to be informed on his or her
health conditions and on the procedures he or she will be
exposed to, in a language clear and suitable for the
child’s level of development and maturity. The child has
the right to freely express his or her opinion on any matter of interest. The child’s opinions must be taken into
consideration according to his or her age and level of maturity” (Article n. 7 AOPI Charter).
I
T
spirandosi al modello di gestione del distress da ospedalizzazione e dell’ansia preoperatoria, adottato dal Servizio di
terapia del dolore dell’Ospedale pediatrico Meyer, è stato
avviato un progetto di “preparazione all’intervento chirurgico”, anche presso il reparto di Pediatria del San Donato di
Arezzo. L’obiettivo principale dell’attività di “accompagnamento alla sala operatoria” è stato quello di gestire in modo
efficace l’ansia preoperatoria dei pazienti pediatrici e di contenere le preoccupazioni e l’ansia dei genitori stessi, legate
soprattutto all’induzione dell’anestesia.
Questa “buona pratica”, attuata in reparto a partire da gennaio 2007, si ispira al diritto n. 7 della Carta dei diritti dei
bambini in Ospedale (AOPI). Risulta fondamentale curare l’aspetto comunicativo e relazionale, al fine di creare una vera e
propria alleanza terapeutica con il paziente ed i genitori: è
necessario, quindi, informarli su ciò che li aspetta, in modo
adeguato e compatibilmente all’età del paziente ed alla capacità di comprensione. Il bambino “ingannato”, infatti, diventa il paziente più difficile da trattare. Accompagnare il bambino ed i genitori in un clima di verità, non implica il “dire
tutto ad ogni costo”, ma significa ascoltare innanzitutto i loro bisogni e le loro paure, rispondendo efficacemente alle loro
reali esigenze. In questo modo, il piccolo paziente diventa
soggetto attivo del processo di cura.
Presentiamo, di seguito, le fasi previste dall’attività di “accompagnamento alla sala operatoria”:
– Il giorno precedente all’operazione chirurgica, la psicologa
incontra i genitori ed i bambini, che attendono in reparto
per la visita anestesiologica e presenta loro l’attività di “accompagnamento”. Ai genitori che aderiscono viene richiesto
il consenso informato, ma anche i pazienti pediatrici sono
coinvolti attivamente nel processo decisionale. Dopo la visita anestesiologica, si procede alla “visita guidata” al Blocco
operatorio. I genitori ed i bambini vengono accompagnati
nella pre-sala (dove si spiega che il giorno dell’operazione il
aking inspiration from the management of hospitalization distress and pre-surgical anxiety adopted by the Pain
Therapy Service of the Meyer Children’s Hospital, a project
entitled “getting ready for surgery” was also set up in the Paediatrics Ward of the San Donato Hospital of Arezzo. The main
objective of the “accompanying children to the operating
room” activities was to effectively handle children’s pre-surgical anxiety and to reduce parents’ worries and anxiety, related
mainly to the induction of anaesthesia.
This “good practice” – carried out in the Ward starting from
January 2007 – is inspired by Right no. 7 of the AOPI Charter
of Rights for the Child in Hospital. It is fundamental to pay
close attention to relational and communication skills so as to
establish a real therapeutic alliance with the patient and his or
her parents: children need to be informed on what will happen
to them, in a manner that is suitable for their age and understanding. A “deceived” child becomes the most difficult patient to treat. Accompanying the child and the parents in an
environment of truth does not mean “saying everything at all
costs” but, foremost, listening to their needs and fears, and effectively responding to their real demands. Thus, the child becomes an active participant in the treatment process.
The phases planned for the “Accompanying children to the operating room” activities were the following:
– The day before surgery, the psychologist meets the parents
and the child – who are waiting in the ward for the visit with
the anaesthesiologist – and introduces the “accompaniment” activities to them. Parents accepting the activities
are requested to give their informed consent, however children are also actively involved in the decisional process. After the visit with the anaesthesiologist, parents and children
are taken on a tour of the Surgery Unit. They are accompanied to the pre-operating room (here it is explained to them
that on the day of the operation the patient will be sedated,
always in the presence of one of the parents), and then to
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paziente sarà sedato, sempre in presenza di un genitore),
per poi visitare la stessa sala operatoria (dove il ferrista o
l’anestesista di turno presenta la strumentazione medica e
risponde alle eventuali domande dei genitori e dei bambini).
La visita termina nel post-operatorio, luogo del risveglio del
paziente, dove sarà garantita la presenza di un genitore.
– Il giorno dell’operazione, la psicologa presente in reparto,
accompagna il paziente ed il genitore alla pre-sala del Blocco operatorio. Il bambino viene trasportato su un lettino
dall’operatore socio-sanitario. La distanza tra reparto pediatrico e sala operatoria è una delle criticità presenti in questo dipartimento. Ed è proprio in questo “tempo” di attesa
che la psicologa utilizza le “tecniche non-farmacologiche”
per contenere l’ansia pre-operatoria del bambino (principalmente tecniche di distrazione, come l’uso di bolle di sapone
e tecniche di rilassamento unite a respirazione profonda e
visualizzazione mentale). Le tecniche non-farmacologiche
risultano preziosissime soprattutto al momento dell’induzione dell’anestesia, quando è necessario contenere sia l’ansia anticipatoria che il dolore da procedura. Il contenimento
del distress preoperatorio ha la finalità di rendere il paziente trattabile e cooperativo, di prevenire possibili conseguenze negative postoperatorie dovute ad eccessiva ansia
preoperatoria (delirium, disturbi del sonno, incubi notturni, enuresi) ed infine di favorire il lavoro degli operatori sanitari, grazie ad una buona compliance medico-paziente.
– Il giorno della dimissione viene consegnato ai familiari un
questionario semistrutturato per rilevare il livello di soddisfazione sia dei genitori che dei pazienti stessi. Il questionario anonimo offre l’opportunità di esprimere liberamente le opinioni sul servizio erogato, per rilevarne sia le criticità che i punti di forza, procedendo così ad un miglioramento continuo dell’attività assistenziale.
L’attività di “accompagnamento” è stata estesa, in via sperimentale, anche alla Risonanza magnetica. Questo esame diagnostico, di per sè indolore, risulta piuttosto spiacevole ed
ansiogeno: prevede, infatti, una completa immobilità del paziente, abbastanza prolungata (da 15 a 40 minuti), in uno
spazio assai ristretto. Generalmente è prevista la sedazione
profonda per via endovenosa, soprattutto per i pazienti più
piccoli. Ma è stato, però, rilevato che attraverso un’efficace
preparazione del paziente (informazione adeguata, presenza
del genitore durante l’esame, utilizzo di tecniche non-farmacologiche) è possibile evitare la sedazione e di conseguenza il
ricovero, già in pazienti di 5-6 anni, che divengono in tal modo i “veri protagonisti” del percorso di diagnosi e cura.
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the actual operating theatre (where the theatre nurse or the
anaesthetist describes the medical instruments and answers
any questions asked by the parents and children). The visit
ends in the post-operating room, where the patient wakes
up and where one of the parents will be present.
– On the day of surgery, the ward psychologist accompanies
the child and the parent to the pre-operating room of the
Surgery Unit. A health worker takes the child to the operating theatre on a stretcher. The distance between the paediatrics ward and the operating theatre is one of the critical
aspects of this department. It is during this lapse of time
that the psychologist uses “non-pharmacological techniques” to reduce the child’s pre-surgical anxiety (mainly
distraction techniques, such as the use of soap bubbles, and
relaxation techniques, combined with deep breathing and
mental visualization). Non-pharmacological techniques are
extremely helpful during induction of anaesthesia, when
both anticipatory anxiety and pain need to be reduced. The
reduction of pre-surgical distress aims at making the patient become easy to deal with and cooperative, at avoiding
any negative post-surgical consequences due to excessive
pre-surgical anxiety (delirium, sleep disorders, nightmares,
enuresis) and finally at favouring medical staff activities
through good doctor-patient compliance.
– On the day of discharge a semi-structured questionnaire is
given to the members of the family to record the satisfaction level of both parents and patients. The anonymous
questionnaire gives the opportunity to freely express an
opinion on the Service provided, so as to detect both critical aspects and strong points and continuously improve
healthcare activities.
The accompaniment activity has been extended – on an experimental basis – also to MRI. This diagnostic test, although painfree, is a rather unpleasant and anxiety-inducing experience:
the patient has to remain completely still in a very small space
and for quite a long time (from 15 to 40 minutes). Young children undergoing MRI are usually sedated by intravenous injection. However, it has been noticed that if the patient is effectively prepared (adequate information, presence of the parent
during the test, use of non-pharmacological techniques) it is
possible to avoid sedation and consequently hospitalization,
already in patients of 5-6 years of age who, as a result, become
the “real protagonists” of the diagnosis and treatment
process.
www.usl8.toscana.it
Elisa Nottolini: [email protected]
Dr.ssa Chiara Giannini: [email protected]
Dr. Evaristo Giglio: [email protected]
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Tiziana Faraoni1, Maria Rosa Mascia2
Luciana Aringhieri3
Tiziana Faraoni1, Maria Rosa Mascia2
Luciana Aringhieri3
1
1
Direttore sanitario FF Presidio ospedaliero
del Mugello, Referente Azienda sanitaria
di Firenze Progetto regionale HPH bambini
2 Ostetrica coordinatrice Presidio ospedaliero
del Mugello
3 Ostetrica coordinatrice Presidio ospedaliero
S. Maria Annunziata
Temporary Medical Director of Mugello Hospital,
Reference Person of the Health Agency of Florence
for the HPH Children Regional Project
2 Coordinating Midwife of Mugello Hospital
3 Coordinating Midwife of S. Maria Annunziata
Hospital
“Il bambino ha diritto al godimento el massimo grado
raggiungibile di salute” (Articolo n. 1 Carta AOPI).
“The child has the right to the highest level of health possible” (Article n. 1 AOPI Charter).
L’
T
Azienda sanitaria di Firenze ha aderito alla Rete toscana degli Ospedali che promuovono salute fino dalla sua
costituzione nell’anno 2001 ed ha partecipato con vari
progetti; in particolare il Presidio ospedaliero del Mugello si è
impegnato a realizzare un miglioramento complessivo dell’accoglienza e dei percorsi assistenziali dei bambini e dei loro
genitori e familiari, con il progetto “Ospedale a misura di
bambino”. Uno degli obiettivi del progetto è stato quello di
ottenere il riconoscimento, da parte dell’OMS-UNICEF, di
“Ospedale amico dei bambini” (BFH: Baby Friendly Hospital).
Tale obiettivo è stato perseguito dal Punto nascita (circa 650
parti all’anno) del Presidio ospedaliero del Mugello nel 2006 e
successivamente, nel 2008, dal Punto nascita di un altro Presidio ospedaliero aziendale “Santa Maria Annunziata” con i
suoi circa 2000 parti l’anno.
Il PO S. Maria Annunziata è l’Ospedale italiano con il maggior
numero di parti che ha ottenuto il riconoscimento.
Per le nostre strutture ospedaliere, Punti nascita e reparti pediatrici, il percorso per il raggiungimento di detto riconoscimento si è rivelato uno strumento importante per la realizzazione della buona pratica rappresentata dalla promozione, sostegno e protezione dell’allattamento al seno.
La realizzazione di questa buona pratica contribuisce a garantire al bambino il diritto di godere del massimo grado raggiungibile di salute. Già la Convenzione sui diritti dell’infanzia nell’89, ratificata in legge dallo Stato italiano nel 1991, riconosce specificatamente questo diritto e raccomanda particolare attenzione alle cure sanitarie primarie, garantendo alle
madri adeguate cure pre e post-natali e facendo in modo che
tutti i gruppi sociali, in particolare genitori e minori, ricevano tutte le informazioni sulla nutrizione del minore, sui vantaggi dell’allattamento al seno.
Inoltre è ormai unanime il consenso, da parte delle più autorevoli Organizzazioni internazionali come l’OMS, l’UNICEF, le
società scientifiche e le associazioni professionali, nonché la
letteratura scientifica internazionale in materia, sull’importanza dell’allattamento esclusivo e prolungato al seno nella
promozione della salute con ricadute positive sul benessere fi-
he Health Agency of Florence has supported the Tuscan
Network of Hospitals that promote health since its constitution in 2001 and has been involved with various projects; in particular, thanks to the “Child friendly hospital” project, Mugello hospital has committed itself to improve the welcoming of children, parents and relatives and the performance
of healthcare activities provided to them. One of the project objectives was the recognition by WHO-UNICEF of the hospital as
a BFH (Baby Friendly Hospital).
This objective was pursued by the Birth Unit (around 650 deliveries every year) of Mugello Hospital in 2006 and, subsequently, in 2008, by the Birth Unit of another hospital – Santa Maria
Annunziata Hospital – with around 2000 deliveries every year.
Santa Maria Annunziata hospital is the Italian hospital with the
greatest number of deliveries to have achieved this recognition.
The journey to achieving this recognition by our hospitals,
Birth Units and Paediatric Wards, has revealed to be an important tool for the development of the good practice regarding
the promotion, support and protection of breast feeding.
Developing this good practice ensures that the child has the
right to the highest level of health possible. The Convention on
the Rights of the Child in 1989 – ratified with a law by the Italian Government in 1991 – specifically recognizes this right and
recommends that particular attention be paid to primary
healthcare, ensuring appropriate pre-natal and post-natal
healthcare for mothers and ensuring that all segments of society, in particular parents and children, are informed on child
health and nutrition and on the advantages of breastfeeding.
The importance of breastfeeding in the promotion of health is
commonly acknowledged by major International Organizations
such as WHO, UNICEF, Scientific Societies and Professional Associations, as well as by international scientific literature. Exclusive and prolonged breastfeeding has beneficial affects on
the physical, psychological, social and economic well-being of
individuals, from mother and child to the family and the community. For this reason, the promotion of breastfeeding has
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sico, psicologico, sociale e anche economico per i singoli, a
partire dalle madri e dai bambini, le famiglie e le comunità. E
pertanto la promozione dell’allattamento materno è considerata da tempo una priorità di salute pubblica.
Il percorso BFH si è rivelato in tal senso una grossa opportunità: è stato infatti necessario lavorare in gruppi multi professionali e tutti gli operatori coinvolti hanno frequentato i
previsti specifici corsi di formazione e sono stati condivisi
strumenti di lavoro comuni.
Tutto questo ha operato un significativo cambiamento culturale necessario per portare avanti quotidianamente la nostra
buona pratica: dalla contrapposizione si è passati gradualmente alla collaborazione e condivisione tra i vari professionisti coinvolti nel percorso.
In particolare gli Ospedali, per conseguire il riconoscimento
di “Ospedali amici dei bambini,” devono dimostrare di raggiungere degli standard OMS-UNICEF relativi alla organizzazione delle attività assistenziali, alla formazione ed apprendimento diffuso a tutto il personale, nonché alla corretta informazione alle madri sulle principali nozioni/benefici relativi
all’allattamento al seno.
L’impegno e l’esperienza maturata nei Punti nascita e nei reparti di pediatria dei nostri Ospedali per il raggiungimento
del riconoscimento BFH e per il mantenimento degli standard
previsti ci danno la certezza che ci stiamo occupando di promozione della salute, avvalorati in questo anche dalle evidenze scientifiche che stanno alla base e convalidano quanto richiesto dall’ OMS-UNICEF.
Ci sembra inoltre opportuno osservare come l’applicazione di
questa buona pratica, tramite lo strumento suddetto, si caratterizzi per un approccio globale orientato all’empowerment
inteso come formazione/informazione completa e valida nonché coinvolgimento attivo e partecipazione responsabile nei
confronti sia della popolazione che degli operatori.
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long been a public health priority.
The BFH project was an excellent opportunity: multi-professional team work was required and all workers involved in the
project attended specific training courses and shared common
working tools.
All this brought about a significant cultural change that was
needed to carry out our good practice on a daily basis: initial
opposition gradually gave way to collaboration and sharing
among the various workers involved in the project.
To obtain the “Baby Friendly Hospital” recognition, hospitals
must achieve WHO-UNICEF standards in terms of organization
of healthcare activities, training and learning diffused to personnel, and correct information provided to mothers on main
breastfeeding knowledge/benefits.
The commitment and the experience gained in the Birth Units
and Paediatric Wards of our hospitals for obtaining BFH recognition and maintaining expected standards provides us with
the assurance that we are performing health promotion,
strengthened by scientific evidence at the basis of and confirmed by WHO-UNICEF requirements. It is also appropriate to
point out how the application of this good practice, through
the above tool, features a global empowerment-oriented approach, meaning as such complete and valid training/information as well as active involvement and responsible participation towards the population and workers.
Simona Caprilli1, Andrea Messeri2
Marianna Scollo Abeti3
Simona Caprilli1, Andrea Messeri2
Marianna Scollo Abeti3
1
1
Psicologa, psicoterapeuta Terapia del Dolore,
AOU Meyer
2 Anestesista, medico Terapia del Dolore, AOU Meyer
3 PsicologaTerapia del Dolore, AOU Meyer
Psychologist, psychotherapist, Palliative Care
and Pain Service, Meyer University
Children’s Hospital
2 Anaesthetist, physician, Palliative Care and Pain
Service, Meyer University Children’s Hospital
3 Psychologist, Palliative Care and Pain Service,
Meyer University Children’s Hospital
“Il bambino ha diritto a manifestare il proprio disagio e la
propria sofferenza. Ha diritto ad essere sottoposto agli interventi meno invasivi e dolorosi” (Articolo n. 10 Carta AOPI).
“The child has the right to show his or her discomfort and
suffering. The child has the right to be subject to the least invasive and painful treatments” (Article n. 10 AOPI Charter).
I
P
l dolore è un fenomeno molto frequente in Ospedale pediatrico, basta pensare al dolore provocato da una malattia, ai trattamenti necessari per curare la malattia o per
ain is a frequent problem in children’s hospitals: pain
felt, for example, during illness, during treatments for
curing illnesses or for carrying out check-up tests, due to
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fare degli esami di controllo, a incidenti o alle operazioni. La
paura e il dolore, soprattutto nel bambino sono strettamente
collegate per cui è essenziale inserire una particolare attenzione alla componente psicologica.
È fondamentale prendere in carico la sofferenza dei bambini,
non solo per motivazioni etiche, ma anche per le conseguenze
psicofisiche che l’esperienza di dolore comporta.
Ci sono tanti modi per alleviare il dolore: a volte una sola tecnica non basta e bisogna usarne più di una. Oltre ai farmaci il
personale sanitario può usare insieme al bambino metodi di
distrazione e tecniche di rilassamento e respirazione.
L’AOU Meyer ha istituito nel 1999 il servizio di Terapia del dolore & cure palliative con la collaborazione della Fondazione
Livia Benini. Attualmente il servizio è formato da 2 medici, 1
psicologa e 2 infermiere che si occupano del contenimento
del dolore acuto, cronico del bambino e delle procedure paurose e/o dolorose. Prende in carico anche la sofferenza del
bambino in fase terminale per quanto riguarda le cure palliative ed il controllo del dolore al domicilio dei pazienti.
L’équipe si concentra in particolare sulle seguenti attività:
– formazione continua del personale sul tema del dolore del
bambino e sul suo trattamento;
– attività clinica per il trattamento del dolore dei bambini direttamente nei vari reparti dell’Ospedale;
– attività di ricerca con studi clinici per valutare l’efficacia
delle medicine sia di altre attività di supporto come le tecniche non farmacologiche, clown, musica, attività assistita
con gli animali, gioco e play therapy;
– la misurazione del dolore è applicata in tutti i reparti, inserita in cartella clinica e la registrazione è stata informatizzata;
– il servizio di Terapia del dolore ha promosso e coordinato
gruppi di lavoro multidisciplinari per la stesura di protocolli per:
• dolore in pazienti sottoposti ad intervento chirurgico;
• dolore da procedura in pazienti oncoematologici;
• dolore da ferita al Pronto soccorso;
• dolore da procedura con protossido di azoto al 50%;
• dolore in pazienti neurochirurgici;
– i corsi di formazione sul dolore sono attivi dal 2000 su varie tematiche:
aspetti generali del dolore nel bambino; tecniche famacologiche; trattamento del dolore da procedura; tecniche non farmacologiche; il dolore nel neonato; l’umorismo e il dolore: i
clown nell’Ospedale pediatrico; la psicologia del dolore nell’età evolutiva.
accidents and caused by surgery. Fear and pain are strictly related in children, so it is crucial to pay close attention to the
psychological component.
It is fundamental to consider children’s suffering, not only for
ethical reasons, but also for the psycho-physical consequences
that the experience of pain lead to. There are many ways to relieve pain: sometimes just one technique is not enough and
more than one need to be employed. In addition to pharmacological treatments, medical staff may employ distraction methods and relaxation and breathing techniques with the child.
The Meyer University Children’s Hospital set up the Palliative
Care & Pain Therapy Service in 1999 in collaboration with the
Livia Benini Foundation. The service is currently composed of 2
physicians, 1 psychologist and 2 nurses who deal with acute
and chronic pain containment in the child and with fearful
and/or painful procedures. The Service also deals with child
suffering during terminal illness in terms of palliative care and
pain control at patients’ homes.
The team particularly addresses the following activities:
– continuous training of personnel on child pain management
and treatment;
– clinical activities for child pain treatment directly in the
various hospital wards;
– research activities with clinical studies to assess the efficacy of pharmacological treatments and other supporting activities such as non pharmacological techniques, clowns,
music, Animal Assisted Activities and play therapy;
– pain measurement is applied in all wards, entered in the patient’s case sheet and electronically recorded;
– the pain therapy service has promoted and coordinated multi-disciplinary work groups for drawing up protocols for:
• pain management in patients undergoing surgical interventions;
• pain management in oncoematological patients;
• wound pain management at the Casualty Department;
• pain management with administration of 50% nitrous
oxide
• pain management in neurosurgical patients
Pain management training courses have been organized since
2000 on various issues:
general aspects of pain in children; pharmacological techniques; treatment of pain; non-pharmacological techniques;
pain in newborns; humour and pain: clowns in children’s hospitals; pain psychology in the age of development.
Future objectives:
Creation of long-term care rooms for palliative treatment.
Obiettivi futuri:
– Creazione di stanze residenziali per le cure palliative.
www.meyer.it
www.fondazione-livia-benini.org www.pediadol.org
[email protected]
www.thesufferingchild.net
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Children’s Rights in Hospital
Carlo Barburini
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Carlo Barburini
Direttore Fondazione Meyer
Director of Meyer Foundation
“Il bambino ha diritto ad essere informato sulle proprie
condizioni di salute e sulle procedure a cui verrà sottoposto, con un linguaggio comprensibile ed adeguato al suo
sviluppo ed alla sua maturazione. Ha diritto ad esprimere
liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa. Le opinioni del bambino devono essere prese in
considerazione tenendo conto della sua età e del grado di
maturazione” (Articolo n. 7 Carta AOPI).
“The child has the right to be informed on his or her
health conditions and on the procedures he or she will be
exposed to, in a language clear and suitable for the
child’s level of development and maturity. The child has
the right to freely express his or her opinion on any matter of interest. The child’s opinions must be taken into
consideration according to his or her age and level of maturity” (Article n. 7 AOPI Charter).
I
ictures, words, music and plenty of manual activities. Using hands to shape games and objects that convey being
the active protagonists in a treatment, a blood test, an
operation or an exam: in other words, what we adults call
“health care process”. Being aware and having awareness of
oneself, as a child. This is what communication means. It
means coming into contact with the world of childhood and
with the signs, symbols and fantastically real language of children, and explaining to them what being holders of rights
means. It means using attentive, coloured and thorough communication, and at the same time so simple that it can turn it
into an example of excellence. This is the effort that the Foundation of the Meyer Children’s Hospital has focused on for many
years in order to inform children on the real and tangible content of the Charter of Rights for the Child in Hospital as implemented by the most important children’s hospitals belonging to
the AOPI. Simple, clear and child-friendly communication combining all available forms and tools: recreational-creative laboratories, books, the Internet, television and social networks.
The Foundation’s commitment started with the publication of
“Guai a chi mi chiama passerotto!” (“Don’t you dare call me
sweetie!”) which introduces children to the rights they own
through the simple language of nursery rhymes. The book is a
quality work addressing not only children hospitalized at the
Meyer hospital or other hospitals, but also schools, public institutions, administrations and, especially, all Italian and foreign
children. “Guai a chi mi chiama passerotto!” (“Don’t you dare
call me sweetie!”) is written by the teacher-writer Anna Sarfatti and is easy to read thanks to the magical illustrations by the
artist Sophie Fatus. The play therapists (Arca Cooperative) of
the Meyer Recreational Centre have used the book to organize
laboratories and enable children to understand their rights: the
right to information, to say no, to take part in the treatment
process, to have their mother, father and friends next to them
and, why not, to sulk. In other words, to be considered as
mmagini, parole, musica e tanta manualità. Quel fare con
le mani per dare forma a giochi e oggetti che esprimono
l’essere protagonista attivo di una cura, di un prelievo, di
un intervento, di un esame, insomma quello che gli adulti
chiamano “percorso assistenziale”. Essere consapevoli e avere
consapevolezza di sé, da bambino. Comunicare vuol dire questo. Accostarsi al mondo dell’infanzia con i segni, i simboli e
il linguaggio fantasticamente reale dei bambini, spiegare loro
cosa significa essere detentori di diritti. Una comunicazione
attenta, colorata, rigorosa e così semplice da diventare un
esempio di eccellenza. È lo sforzo che la Fondazione dell’Ospedale pediatrico Meyer da anni compie per comunicare ai
bambini il contenuto vero e tangibile della Carta dei diritti
del bambino in Ospedale così come recepiti dai maggiori
Ospedali pediatrici riuniti nell’AOPI. Una comunicazione semplice, chiara, a misura di bambino che coniuga tutte le forme
e tutti gli strumenti a disposizione: laboratori ludico-espressivi, editoria, internet, televisione e social network.
Un impegno avviato con la pubblicazione “Guai a chi mi chiama passerotto!” che, con il linguaggio semplice delle filastrocche, introduce il bambino ai diritti di cui è detentore. Il
libro è un prodotto editoriale di qualità rivolto non solo ai
bambini ricoverati al Meyer o negli altri Ospedali, ma alle
scuole, alle istituzioni pubbliche, alle amministrazioni e soprattutto a tutti i bambini italiani e stranieri. “Guai a chi mi
chiama passerotto!” raccoglie i testi della maestra-scrittrice
Anna Sarfatti, resi facilmente leggibili dalle illustrazioni magiche dell’artista Sophie Fatus. Dal libro, gli educatori della
ludoteca del Meyer (Cooperativa Arca), hanno potuto realizzare i laboratori, permettendo ai più piccini di comprendere i
propri diritti, ovvero diritto all’informazione, a dire no, a partecipare alle cure, ad avere attorno a sé la mamma, il babbo,
gli amici e, perché no, a fare anche il broncio. Insomma ad essere considerati nelle loro unicità e globalità, con dignità e
rispetto.
P
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I diritti del bambino in Ospedale
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Il lavoro sulla Carta si è riversato sul web, nelle pagine che la
Fondazione Meyer ha realizzato insieme agli educatori della ludoteca. Gli stessi enunciati si trovano infatti in forma semplice
su “La presa della pastiglia”, il sito ufficiale dei bambini del
Meyer. E da qui sono patrimonio comune per tutti i piccini riuniti nel Club, nato dalle pagine internet. Ma c’è di più. Un altro
linguaggio scelto dalla Fondazione Meyer per comunicare agli
under 13 anni è quello televisivo. Grazie al progetto realizzato
con Unicoop Firenze i diritti del bambino in Ospedale sono stati introdotti in “Meyer Meo”, il primo contenitore di forme
espressive televisive realizzato con e per i bambini. Strumenti
declinati per confrontarsi con il mondo dell’infanzia.
unique and global individuals, with dignity and respect.
The work on the Charter may be viewed on the Website, on the
pages that the Meyer Foundation created together with the
Recreational Centre play therapists. The Charter statements are
set out more simply on “La Presa della Pastiglia” (“The Storming of the Pastille”) – the official website of Meyer children –
where they become common heritage for the young members of
the Club created on the Internet. But there’s even more. Another language chosen by the Meyer Foundation to inform under13 year olds is the language of television. Thanks to the project set up with Unicoop Firenze, the rights of the child in hospital were introduced in “Meyer Meo”, the first creative television programme made with and for children. Instruments for
addressing the world of childhood.
www.fondazione.meyer.it
www.lapresadellapastiglia.it
1
Margherita Nardi1, Emanuela De Marco2
Margherita Nardi1, Emanuela De Marco2
Medico UO Oncoematologia pediatrica, AOU Pisa
2 Specializzanda Pediatria Pisa, AOU Pisa
1 Oncohaematology Operative Unit Physician,
University Hospital of Pisa
2 Paediatrics Fellow at the University Hospital
of Pisa
“Il bambino ha diritto ad essere assistito in modo ‘globale’” (Articolo n. 2 Carta AOPI).
“Il bambino ha diritto a manifestare il proprio disagio e
la propria sofferenza. Ha diritto ad essere sottoposto agli
interventi meno invasivi e dolorosi” (Articolo n. 10 Carta
AOPI).
“The child has the right to be ‘globally’ assisted” (Article
n. 2 AOPI Charter).
“The child has the right to show his or her discomfort and
suffering. The child has the right to be subjected to the
least invasive and painful interventions” (Article n. 10
AOPI Charter).
I
T
l sottoprogetto aziendale “Ospedale a misura di bambino”
è stato istituito nel 2001 ed ha inizialmente coinvolto la
UO di Oncoematologia pediatrica, diretta dal Dr. Claudio
Favre, la quale si è fatta promotrice di numerose attività volte
a rendere l’ambiente ospedaliero e le attività assistenziali che
vi si attuano più confacenti alle esigenze dei piccoli utenti e
delle loro famiglie. La struttura, che accoglie bambini affetti
in un reparto di degenza ordinaria, in un ambulatorio-day hospital ed in un reparto trapianto, con una media annuale di
oltre 8000 presenze. Nel tempo sono state coinvolte nel sottoprogetto anche le UO di Pediatria 1 e 2. Nel settembre 2007
l’Azienda ospedaliero-universitaria pisana è entrata a far parte del nuovo Progetto interaziendale HPH Bambini. La nostra
struttura, da sempre attenta al benessere psicofisico del bambino, si è bene inserita nella rete HPH, sia attraverso l’implementazione delle proprie “buone pratiche” sia attraverso lo
sviluppo di nuovi interventi di promozione della salute.
he “Child Friendly Hospital” sub-project was set up in
2001 and involved the Paediatric Oncohaematology Operative Unit – directed by Dr. Claudio Favre. The Unit promoted a large number of activities that aimed at making the
hospital environment and the medical services carried out in
the hospital itself more suitable to the needs of both hospitalized children and their families. The hospital treats sick children in a hospitalization ward, in day-hospital and in a transplant ward, with an average of 8000 patients every year.
The Paediatrics Operative Units 1 and 2 were involved in the
sub-project at a lager stage.
In September 2007 the University Hospital of Pisa was involved
in the new HPH Children International Project.
Our hospital has always paid close attention to the child’s psychophysical well-being and has successfully become part of the
HPH network, through the implementation of its own “good
practices” and through the development of new health promotion actions.
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Buone pratiche
1. Ludoteca clinica pediatrica: gestita dalla Cooperativa sociale “Il progetto” (www.coopilprogetto.it). È rivolta ai bambini ricoverati o in attesa di essere visitati e ai loro genitori, spesso in preda ad ansie e paure, e si trova al terzo piano della Clinica pediatrica, presso il reparto di degenza. Si
basa sull’articolo 31 della CRC 1 che afferma il diritto di
questi al riposo e allo svago, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative appropriate alla loro età. La ludoteca è attiva tutti i giorni feriali e prevede l’uso di giochi da tavolo,
laboratori espressivi, attività specifiche sul tema dell’Ospedale e/o di drammatizzazione del materiale sanitario, feste a tema (Carnevale, Natale), prestito di giochi e libri e se
necessario attività nelle camere di degenza. Nel corso del
2007 l’attività è stata implementata con la possibilità di
utilizzare una stanza più ampia, arredata con mobili adatti
ai bambini e dotata di un ampio magazzino per il materiale
da gioco, e la presenza delle educatrici per un tempo più
prolungato nel corso della giornata.
2. Ludoteca oncoematologia pediatrica: gestita dalla Cooperativa sociale Il Simbolo (www.ilsimbolo.it) all’interno del progetto “L’altalena”. È composta da 2 sale giochi, differenziate per fasce di età. Nasce nel marzo 2002 presso il day-hospital del reparto di Oncoematologia pediatrica-Ospedale
Santa Chiara di Pisa e, nel febbraio 2003, estende le sue attività anche ai bambini ricoverati. La finalità specifica del
progetto è quella di offrire attività ludiche in modo da salvaguardare i diritti dei bambini e lo sviluppo complessivo
della loro personalità, prevenendo i disturbi psicologici e
sociali legati alla malattia. Nel corso del 2007 la presenza
di tre educatrici ha reso possibile un’attività costante della
ludoteca cinque giorni alla settimana.
3. Clown dottori: sono una nuova realtà della gelotologia, la disciplina che studia le potenzialità terapeutiche del ridere e
del pensiero positivo. Fanno parte dell’associazione Ridere
per vivere (www.riderepervivere.it) e sono presenti da lunedì a venerdì nella UO di Oncoematologia pediatrica e due
volte alla settimana nelle UO di Pediatria 1 e 2; svolgono gli
interventi prevalentemente al mattino quando il bambino è
più frequentemente sottoposto a procedure invasive, lavorando a contatto con il personale sanitario. Dal 2005 sono
presenti anche nel reparto trapianti di midollo osseo.
4. Sala operatoria di Pediatria: grazie alla disponibilità degli
anestesisti è resa possibile l’esecuzione sistematica tre giorni alla settimana di aspirati midollari, rachicentesi, biopsie,
inserimento di CVC in anestesia generale. Questo consente di
poter effettuare tali procedure invasive senza che i bambini
sentano dolore o ricordino l’evento come traumatico.
“Good practices”
1. Paediatrics Clinic Recreation Room: run by the “Il progetto”
(www.coopilprogetto.it) Cooperative. The recreation room is
open to hospitalized children or to children waiting to be visited and their parents, who often feel worried and scared. The
recreation room is on the third floor of paediatric clinics, in
the hospitalization ward. Article 31 of the CRC1 states the
right of the child to rest and leisure, to engage in play and
recreational activities appropriate to the age of the child. The
recreation room is open everyday except Sundays and bank
holidays and provides table games, creative laboratories,
hospital-related activities and/or dramatization of health
material, theme parties (carnival, Christmas), game and
book loans and, if necessary, activities in the ward rooms.
During 2007, activities were carried out in a larger room –
provided with furniture suitable for children and a large
storeroom for the recreational material – and with a greater
presence of recreation specialists throughout the day.
2. Paediatrics Oncohaematology Recreation Room: run by the
“Il Simbolo” (www.ilsimbolo.it) Cooperative within “The
swing” project. The recreation room has two playrooms divided according to age. It was created in March 2002 for the
day-hospital patients of the paediatrics oncohaematology
ward of Santa Chiara Hospital in Pisa and, in February
2003, it extended its activities to hospitalized children. The
specific aim of the project is to offer recreational activities
with the purpose of safeguarding children’s rights and the
overall development of their personality, thus preventing
psychological and social disorders connected to their illness.
During 2007, activities were constantly carried out five days
a week in the recreation room thanks to the work of three
recreation specialists.
3. Clown doctors: they are a new aspect of gelotology, the discipline the studies the therapeutic potential of laughter and
positive thinking. The clown doctors belong to the “Ridere
per vivere” (www.riderepervivere.it) association and work
at the Paediatrics Oncohaematology Operative Unit from
Mondays to Fridays, and at the Paediatrics Operative Units 1
and 2 twice a week. They work mainly in the morning –
when the child is more frequently exposed to invasive procedures – and in contact with medical staff. They have also
worked in the Bone Marrow Transplant ward since 2005.
4. Paediatrics Operating Theatre: bone marrow aspirates, lumbar punctures, biopsies and insertion of CVC in general
anaesthesia are systematically carried out three days a
week thanks to anaesthetists’ availability. This enables us
to perform such invasive procedures without the child feeling pain or remembering the event as traumatic.
Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo delle Nazioni
Unite, 20 Novembre 1989.
International Convention of the Rights of the Child of the United
Nations, 20th November 1989.
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5. Cablaggio di tutte le camere di degenza ordinaria e del settore trapianto (UO Oncoematologia pediatrica): consente ai
bambini degenti per lunghi periodi di mantenere il contatto con la classe tramite collegamento internet e webcam,
limitando così il ritardo formativo e favorendone il successivo reinserimento scolastico.
Progetto Leggere per crescere
Nel settembre 2007 è stato stipulato il Protocollo d’intesa tra
l’AOUP e la GlaxoSmithKline SpA per la promozione nelle famiglie della lettura ad alta voce ai e con i bambini nei primi
cinque anni di vita. Tale pratica si è infatti rivelata lo strumento più efficace e più facilmente accessibile per favorire
nei bambini lo sviluppo del linguaggio, arricchire la loro memoria, promuoverne le capacità cognitive, stimolarne fantasia
e creatività, rendere più stretti i rapporti affettivi all’interno
della famiglia.
Tale progetto, attualmente in corso, è stato accolto con grande entusiasmo delle numerose figure non-sanitarie che gravitano intorno ai nostri bambini Ospedalizzati o ricoverati in
regime di day-hospital. L’AOUP è stata la prima Azienda ospedaliera della Toscana a promuovere tale iniziativa.
“Su il sipario: un Ospedale da favola”
Questo progetto, ideato nel 2007 e concretizzato nel 2008, è
stato messo a punto per proporre negli ambienti dell’Ospedale
spettacoli teatrali di qualità, aperti ai piccoli ricoverati, che diventano in questo modo spettatori e protagonisti di performances, laboratori teatrali e animazioni.
È stata così realizzata una mini rassegna di spettacoli teatrali
sotto la direzione artistica di Gabriella Gandon, già anima
dell’omologa rassegna all’Ospedale Meyer.
5. Wiring of all hospitalization rooms and of the transplant
unit (Paediatrics Oncohaematology Operative Unit): allows
children hospitalized for long periods to stay in contact with
their classes through Internet and Webcam connection, so
that they do not fall behind and may easily return to school.
“Read and Grow” Project
In September 2007, an Agreement Protocol was stipulated between the University Hospital of Pisa and GlaxoSmithKline
S.p.A. for the promotion in families of reading out loud to and
with children during their first five years of life. Reading has
shown to be the most effective and easily accessible tool for
favouring language development in children, as well as for enhancing their memory, promoting their cognitive abilities,
stimulating imagination and creativity, and strengthening
emotional relationships within the family.
The project, still in progress, was welcomed with great enthusiasm by the large number of non-medical figures who revolve
around our hospitalized or day-hospital children. The University Hospital of Pisa is the first Health Unit in Tuscany to have
promoted this initiative.
“Curtain Up: a fairy-tale hospital”
This project, conceived in 2007 and realized in 2008, was set
up to propose theatrical performances of good quality in hospital environments for hospitalized children who become spectators and protagonists of performances, theatrical laboratories
and animated shows.
A small exhibition of theatrical performances was organized
under the artistic direction of Gabriella Gandon, already highly
involved in a similar exhibition at the Meyer Hospital.
Carlo Valerio Bellieni1, Lucia Rappuoli2
1 Dirigente medico UOC
Terapia intensiva neonatale, AOU Senese
2 Assistente sociale Dip. materno infantile,
AOU Senese
Carlo Valerio Bellieni1, Lucia Rappuoli2
AZIENDA OSPEDALIERO
UNIVERSITARIA SENESE
1 Executive Physician of the Operative Unit
of Neonatal Intensive Therapy, University Hospital
of Siena
2 Lucia Rappuoli, Social Assistant of the Infantile
Maternal Unit, University Hospital of Siena
“Il bambino ha diritto ad essere sottoposto agli interventi meno invasivi e dolorosi” (Articolo n. 10 Carta AOPI).
The child has the right to be subject to the least invasive
and painful interventions” (Article n. 10 AOPI Charter).
Progetto benessere del neonato
Il progetto “Benessere del neonato” prese piede a Siena nel
2000. Ha come obiettivo la lotta integrale al dolore del piccolo paziente ospedalizzato e parte da due presupposti. Il primo
è che l’attenzione etica al neonato non può limitarsi ai di-
“Well-being for Newborns” Project
The “well-being for newborns” project was set up in Siena in
2000. Its aim consists in the fight against pain in hospitalised
children and rests upon two considerations.
The first is that ethical attention towards newborns cannot be
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scorsi riguardo la fine della vita (arresto delle cure, eutanasia), ma deve includere la vita quotidiana che deve essere migliorata. Il secondo è che il neonato ha diritto alle stesse garanzie, “mutatis mutandis”, che ha l’adulto in Ospedale.
Le garanzie dell’adulto sono sostanzialmente le seguenti: diritto a potersi esprimere riguardo i propri bisogni, diritto ad
un ambiente libero da inquinamento fisico e chimico, diritto
a non provare dolore per quanto consentito dalle possibilità
mediche, diritto ad una vita sociale per quanto consentito
dallo stato e dall’ambiente.
Abbiamo voluto integrare questi diritti con la ricerca scientifica in modo da poterne approfondire le basi e gli aspetti pratici. Sono scaturite delle indicazioni utili che qui riportiamo,
dividendole a seconda dei punti suddetti.
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limited to issues relating to the end of life (interruption of
treatment, euthanasia), but must also include daily life and
its improvement.
The second is that newborns must be guaranteed the same
rights, mutatis mutandis, as hospitalised adults.
Adults are chiefly guaranteed the following: The right to express themselves in relation to their own needs. The right to an
environment that is free from physical and chemical pollution.
The right to not feel pain to the extent permitted by medicine.
The right to a social life as permitted by the state and by the
environment.
We integrated these rights with scientific research in order to
deeply examine their foundations and practical aspects.
Useful indications arose which are reported in the paragraphs
below.
Diritto a potersi esprimere riguardo i propri bisogni
Il neonato può esprimersi ed è bene tenerne conto. I suoi movimenti e le espressioni vocali sono una forma di protolinguaggio che abbiamo tentato di analizzare. Abbiamo registrato
il pianto di un gruppo di neonati a termine e di un gruppo di
prematuri durante l’esecuzione di un prelievo di sangue dal
tallone, contemporaneamente valutando con una scala apposita il livello di dolore che il bambino provava. Abbiamo eseguito
l’analisi spettrografica1 del pianto a seconda del livello di dolore provato e abbiamo notato che quando il pianto supera una
certa soglia di dolore, cambia di caratteristiche, diventando
ritmico e dando al primo gemito emesso dal bimbo una caratteristica accentuazione acuta. Da questo possiamo facilmente
capire se il livello di dolore provato è basso o alto e muoverci di
conseguenza. Per una maggior precisione abbiamo condotto
uno studio su prematuri e neonati a termine costruendo sui
parametri del pianto una scala nuova di valutazione del
dolore2,3. Il pregio di questa scala è che per la prima volta non
serve una persona aggiuntiva per valutare il dolore accanto a
quella che esegue la manovra sul bambino ma essa stessa può
determinare il livello di dolore dato che non ha bisogno di visionare apparecchi o cronometrare movimenti, basta l’ascolto
del pianto. Abbiamo infatti dimostrato come altre scale in uso
implichino una variabilità di valutazione perché sono troppi i
parametri da controllare per una singola persona4. Abbiamo
The right to express themselves in relation to their needs
Newborns are able to express themselves and it is important to
keep this in mind. Their movements and vocal expressions are
a form of protolanguage, which we tried to analyse. We recorded the cry of a group of term newborns and a group of premature newborns during heel-prick blood sampling. We evaluated
the level of pain felt by the newborn according to a specific
scale. We performed a spectrographic analysis1 of the cry according to the level of pain felt and we noticed that when the
cry was above a certain threshold of pain, its features
changed: it became more rhythmical and the first cry of the
newborn was particularly acute. Through this, it is easy to understand if the level of pain felt is high or low and, therefore,
to decide how to proceed. For greater precision, we conducted
a study on premature and term newborns and built a new
pain evaluation scale based upon cry parameters 2,3 . The
strong point of this scale is that, for the first time, to evaluate
pain, another person is not needed besides the person interacting with the baby. The level of pain is directly determined
by the person interacting with the newborn because he or she
does not need to look at equipment or to record movements,
but just listen to the baby’s cry. Finally we demonstrated how
other scales used imply evaluation variability because the parameters to be checked are too many for just one person4. We
C.V. Bellieni, R. Sisto, D.M. Cordelli, G. Buonocore, Cry features
reflect pain intensity in term newborns: an alarm threshold, Pediatr.
Res., 2004 Jan, 55 (1), pp. 142-6.
2 C. Bellieni, M. Maffei, G. Ancora, D. Cordelli, M. Mastrocola, G.
Faldella, E. Ferretti, G. Buonocore, Is the ABC pain scale reliable for
premature babies?, Acta Paediatr., 2007 Jul, 96 (7), pp. 1008-10.
3 C.V. Bellieni, F. Bagnoli, R. Sisto, L. Neri, D. Cordelli, G. Buonocore, Development and validation of the ABC pain scale for healthy
full-term babies, Acta Paediatr., 2005 Oct, 94 (10), pp. 1432-6.
4 C.V. Bellieni, D.M. Cordelli, C. Caliani, C. Palazzi, N. Franci, S. Perrone, F. Bagnoli, G. Buonocore, Inter-observer reliability of two pain
scales for newborns, Early Hum Dev., 2007 Aug, 83 (8), pp. 549-52.
C.V. Bellieni, R. Sisto, D.M. Cordelli, G. Buonocore, Cry features
reflect pain intensity in term newborns: an alarm threshold, Pediatr.
Res., 2004 Jan, 55 (1), pp. 142-6.
2 C. Bellieni, M. Maffei, G. Ancora, D. Cordelli, M. Mastrocola, G.
Faldella, E. Ferretti, G. Buonocore, Is the ABC pain scale reliable for
premature babies?, Acta Paediatr., 2007 Jul, 96 (7), pp. 1008-10.
3 C.V. Bellieni, F. Bagnoli, R. Sisto, L. Neri, D. Cordelli, G. Buonocore, Development and validation of the ABC pain scale for healthy
full-term babies, Acta Paediatr., 2005 Oct, 94 (10), pp. 1432-6.
4 C.V. Bellieni, D.M. Cordelli, C. Caliani, C. Palazzi, N. Franci, S. Perrone, F. Bagnoli, G. Buonocore, Inter-observer reliability of two pain
scales for newborns, Early Hum Dev., 2007 Aug, 83 (8), pp. 549-52.
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anche creato e brevettato un apparecchio che automaticamente riconosca il livello di dolore dall’interpretazione del pianto
che riceve in diretta tramite un microfono5.
also developed and patented a device that automatically recognizes the level of pain by interpreting the cry it receives directly through a microphone5.
Diritto ad un ambiente libero da inquinamento fisico e
chimico
Abbiamo misurato i livelli di rumore cui il neonato è esposto
all’interno dell’incubatrice. In realtà studi simili esistevano,
ma il nostro contributo originale è stato valutare un fenomeno che nessuno aveva ancora studiato: come la scatola dell’incubatrice faccia da amplificatore dei suoni che sono prodotti
all’interno di essa (pianto, rumore ventola). Abbiamo misurato che chiudendo il coperchio dell’incubatrice, il livello di intensità del pianto che arriva alle orecchie del bambino è il
doppio rispetto a quando i bambino piange all’aperto, e le pareti dell’incubatrice alterano addirittura il pianto stesso, cosicché al bambino non arriva più la propria voce, ma una voce
alterata. Abbiamo poi misurato il livello di rumore6 della ventola dell’incubatrice e il rumore degli sportelli riscontrando livelli disturbanti nel primo caso (50 dB)e fragorosi nel secondo (74 dB): ad un adulto non si proporrebbe mai un ambiente
così inquinato acusticamente quando invece in Ospedale dovrebbe riposare. Su questa base abbiamo costruito e brevettato dei pannelli fonoassorbenti che applicati all’interno del
soffitto dell’incubatrice impediscono questa amplificazione.
Abbiamo poi misurato il livello di campi elettromagnetici cui
il bambino è esposto per la vicinanza al motore dell’incubatrice. Abbiamo visto che essi variano da pochi milligauss a 3050 milligauss7. Si tenga conto che esistono delle norme internazionali secondo cui questi valori sono nella norma, ma che
per esempio i costruttori di computers prevedono secondo degli standard svedesi che chi lavora davanti ad un PC non debba essere sotto posto ad un campo elettromagnetico superiore a 2,5 milligauss. Abbiamo anche valutato8 che accendendo
e spegnendo il motore dell’incubatrice, un particolare parametro della frequenza cardiaca, ovvero la sua variabilità nel
tempo, ne viene influenzato. Abbiamo poi eseguito degli studi per mostrare come semplicemente allontanando il bimbo
Right to an environment free from physical and chemical
pollution
We measured the levels of noise to which newborns are exposed
inside incubators. Similar studies already existed but our original contribution consisted in evaluating a phenomenon that
had not yet been studied: how incubators amplify the sounds
produced inside them (cry, noise of fan). We found that when
the incubator hood is closed, the level of intensity of the cry
reaching the baby’s ears is double compared to when the incubator hood is open, and that the incubator walls distort the baby’s cry, so the baby does not hear his or her own voice, but a
distorted voice. Then we measured the level of noise6 of the incubator fan and the noise of the portholes. We recorded disturbing levels in the first case (50 dB) and very loud levels in
the second (74 dB): such an acoustically polluted environment
would never be presented to an adult in need of rest in hospital. On the basis of this, we built and patented a sound-absorbing panel that was applied to the ceiling of the incubator and
prevented amplification.
We also measured the level of electromagnetic fields to which
newborns are exposed since being so near to the engine of the
incubator. We noticed that they varied from a few milligauss to
30-50 milligauss 7. It is important to bear in mind that although these values are in compliance with existing international regulations, computer builders, for example, believe
that – in accordance with Swedish standards – whoever works
in front of a PC should not be exposed to an electromagnetic
field above 2.5 milligauss. We also assessed8 that switching on
and off the incubator engine influenced a particular heart rate
parameter: its variability through time. Then we conducted
various studies to show that when simply moving the baby
away from the motor by raising the mattress a few centimetres
or when positioning screening materials, the fields received by
R. Sisto, C.V. Bellieni, S. Perrone, G. Buonocore, Neonatal pain
analyzer: development and validation, Med. Biol. Eng. Comput., 2006
Oct, 44 (10), pp. 841-5.
6 C.V. Bellieni, G. Buonocore, I. Pinto, N. Stacchini, D.M. Cordelli,
F. Bagnoli, Use of sound-absorbing panel to reduce noisy incubator reverberating effects, Biol. Neonate, 2003, 84 (4), pp. 293-6.
7 C.V. Bellieni, F. Bagnoli, I. Pinto, N. Stacchini, G. Buonocore, Reduction of exposure of newborns and caregivers to very high electromagnetic fields produced by incubators, Med. Phys., 2005 Jan, 32 (1),
pp. 149-52.
8 C.V. Bellieni, M. Acampa, M. Maffei, S. Maffei, S. Perrone, I. Pinto, N. Stacchini, G. Buonocore, Electromagnetic fields produced by incubators influence heart rate variability in newborns, Arch. Dis. Child
Fetal Neonatal Ed., 2008 Jul, 93 (4), pp. 298-301.
R. Sisto, C.V. Bellieni, S. Perrone, G. Buonocore, Neonatal pain
analyzer: development and validation, Med. Biol. Eng. Comput., 2006
Oct, 44 (10), pp. 841-5.
6 C.V. Bellieni, G. Buonocore, I. Pinto, N. Stacchini, D.M. Cordelli,
F. Bagnoli, Use of sound-absorbing panel to reduce noisy incubator reverberating effects, Biol. Neonate, 2003, 84 (4), pp. 293-6.
7 C.V. Bellieni, F. Bagnoli, I. Pinto, N. Stacchini, G. Buonocore, Reduction of exposure of newborns and caregivers to very high electromagnetic fields produced by incubators, Med. Phys., 2005 Jan, 32 (1),
pp. 149-52.
8 C.V. Bellieni, M. Acampa, M. Maffei, S. Maffei, S. Perrone, I. Pinto, N. Stacchini, G. Buonocore, Electromagnetic fields produced by incubators influence heart rate variability in newborns, Arch. Dis. Child
Fetal Neonatal Ed., 2008 Jul, 93 (4), pp. 298-301.
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dal motore sollevando di pochi centimetri il materasso, o interponendo dei materiali schermanti, i campi che il bambino
riceveva erano attutiti grandemente.
Abbiamo infine valutato quanto siano ampie le vibrazioni9
cui vanno incontro i bambini durante il trasporto in ambulanza; esse possono rischiare di provocare estubazioni accidentali e in particolare dare effetti sul sistema nervoso vegetativo
a livello della vista, del senso di nausea, di dolori articolari.
Diritto a non provare dolore
In questo campo abbiamo eseguito numerosi studi volti ad individuare sistemi di analgesia non farmacologica basati sulla
competizione che a livello del sistema nervoso esercitano stimoli di diversa origine per arrivare alla coscienza. In particolare abbiamo creato un sistema detto “saturazione sensoriale”10,
che ormai è entrato nei protocolli di diversi Ospedali e diverse
società scientifiche internazionali. Questo sistema, molto semplice, verificato studiando oltre 150 bambini11, si basa sull’inibizione data da stimoli dolci (parola, massaggio e gusto) sullo
stimolo doloroso. Abbiamo dimostrato che questo sistema è
molto più efficace che dare solo un po’ di acqua e zucchero prima dell’intervento doloroso e provoca un rialzo di pressione intracranica minore che non dare analgesia12. La saturazione
sensoriale facilita il lavoro dell’infermiere che non deve sforzarsi per calmare il bambino durante il prelievo, non altera la
glicemia visto il breve tempo intercorso tra somministrazione
di zucchero per bocca e determinazione dell’esame ed è eticamente apprezzato perché non si limita a dare un farmaco, ma
coinvolge la presenza dell’operatore come fattore di rassicurazione e distrazione per il bambino. In un recente studio abbiamo dimostrato come la saturazione sensoriale possa essere eseguita con efficacia anche dal genitore13.
Il neonato è un “essere sociale”, ha bisogno di una presenza
umana che lo rassicuri e ha diritto al benessere. Lo studio
scientifico di questi fattori è alla base del nostro impegno.
9 C.V. Bellieni, I. Pinto, N. Stacchini, D.M. Cordelli, F. Bagnoli, Vibration risk during neonatal transport, Minerva Pediatr., 2004 Apr, 56
(2), pp. 207-12.
10 C.V. Bellieni, G. Buonocore, A. Nenci, N. Franci, D.M. Cordelli, F.
Bagnoli, Sensorial saturation: an effective analgesic tool for heelprick in preterm infants: a prospective randomized trial, Biol. Neonate, 2001 Jul, 80 (1), pp. 15-8.
11 C.V. Bellieni, F. Bagnoli, S. Perrone, A. Nenci, D.M. Cordelli, M.
Fusi, S. Ceccarelli, G. Buonocore, Effect of multisensory stimulation
on analgesia in term neonates: a randomized controlled trial, Pediatr.
Res., 2002 Apr, 51 (4), pp. 460-3.
12 C.V. Bellieni, A. Burroni, S. Perrone, D.M. Cordelli, A. Nenci, A.
Lunghi, G. Buonocore, Intracranial pressure during procedural pain,
Biol. Neonate, 2003, 84 (3), pp. 202-5.
13 C.V. Bellieni, D.M. Cordelli, S. Marchi, S. Ceccarelli, S. Perrone,
M. Maffei, G. Buonocore, Sensorial saturation for neonatal analgesia,
Clin. J. Pain, 2007 Mar-Apr, 23 (3), pp. 219-21.
N. 171 - 2008
the child were considerably lower.
Finally, we evaluated the vibrations9 to which newborns are exposed during transportation by ambulance. Vibrations may
cause accidental extubations and especially have effects on the
vegetative nervous system in terms of eyesight, sense of nausea and articular pains.
Right to not feel pain
We conducted a great deal of research in this field aiming at
identifying non-pharmacological analgesia systems, which
stimulate the nervous system in different ways to reach consciousness. In particular, we created a system called “sensorial
saturation”,10 which already belongs to the protocols of various hospitals and international scientific societies. This simple
system was verified by studying over 150 babies11 and is based
on inhibition produced from gentle stimulation (word, massage and taste) on the painful stimulation. We found that this
system is much more effective than giving just water and sugar before the painful intervention and leads to lower increase
in intracranial pressure than when employing analgesia 12.
Sensorial saturation facilitates the work of nurses who do not
need to struggle to calm down the baby when taking the test.
Furthermore, it does not alter glycaemia due to the short time
that elapses between the baby taking sugar by mouth and the
test being carried out. Finally, it is ethically appreciated because it not only simply administers a medicine to a child but
also involves health workers who become a source of reassurance and distraction for the child. In a recent study we demonstrated how sensorial satisfaction might also be effectively performed by parents13.
Newborns are “social beings” who need human reassurance
and have the right to well-being. The scientific study of these
factors is at the basis of our commitment.
9 C.V. Bellieni, I. Pinto, N. Stacchini, D.M. Cordelli, F. Bagnoli, Vibration risk during neonatal transport, Minerva Pediatr., 2004 Apr, 56
(2), pp. 207-12.
10 C.V. Bellieni, G. Buonocore, A. Nenci, N. Franci, D.M. Cordelli, F.
Bagnoli, Sensorial saturation: an effective analgesic tool for heelprick in preterm infants: a prospective randomized trial, Biol. Neonate, 2001 Jul, 80 (1), pp. 15-8.
11 C.V. Bellieni, F. Bagnoli, S. Perrone, A. Nenci, D.M. Cordelli, M.
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on analgesia in term neonates: a randomized controlled trial, Pediatr.
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12 C.V. Bellieni, A. Burroni, S. Perrone, D.M. Cordelli, A. Nenci, A.
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13 C.V. Bellieni, D.M. Cordelli, S. Marchi, S. Ceccarelli, S. Perrone,
M. Maffei, G. Buonocore, Sensorial saturation for neonatal analgesia,
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