confronto sul diritto

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confronto sul diritto
coverstor y MONDO LEGALE
dialogo con pietro ichino e tiziano treu
CONFRONTO
SUL DIRITTO
Un dialogo sulle prospettive e gli sviluppi del diritto del lavoro con
l’avvocato Franco Toffoletto, il Senatore Pietro Ichino e il Professor
Tiziano Treu apre la sessione pomeridiana del Congresso:
il lavoro sostenibile tra teoria e realtà. Perché la ripresa
dell’occupazione richiede non solo crescita e sviluppo
ma anche un miglior funzionamento del mercato del lavoro
TOFFOLETTO: Vorrei cominciare con una valutazione sullo sviluppo del diritto del lavoro negli
ultimi 50 anni. Guardando indietro ci accorgiamo
che delle norme scritte tra il ‘60 e il ’70, eccetto
pochi articoli (4, 13 e 19 dello Statuto), non sopravvive più niente, anzi bisognerebbe chiedersi
se non siano da cancellare anche questi.
Qual è la valutazione sulla politica e sulle norme
di diritto del lavoro da parte del mondo politico e
aziendale? Qual è l’impatto della normativa? Non
c’è una responsabilità della normativa giuslavoristica sulla mancata crescita del nostro sistema
industriale?
TREU: Nel ‘62 eravamo costellati di prescrizioni
sulle causali del contratto a termine. Adesso sono
state sostanzialmente superate. Questo è il caso
più evidente di una norma benefica, che ha tolto
qualche ostacolo. Tuttavia abbiamo ancora, per
altri versi, una normativa sovrabbondante, spesso
oscillante, dovuta non solo ai giuristi ma anche a
un’instabilità politica che ha portato a continue
modifiche normative. Una tendenza alla riduzione della rigidità c’è stata, seppur confusa. Basta
leggere i dati OCSE per vedere un incremento
della flessibilità del nostro mercato del lavoro.
Alcune norme “relitto” invece, sono quelle già
qui citate: l’articolo 13 sulle mansioni, la norma
sui controlli audiovisivi, che risalgono agli anni
’70 e che si dovranno necessariamente superare.
C’è poi l’altro aspetto legato alle misure per
sostenere un mercato del lavoro più equilibrato
e sicuro, oltre che più flessibile. In questo caso
il “progresso” della normativa è stato parziale e
contrastato. C’è una norma in particolare, l’articolo 19 sulla rappresentanza sindacale, che è
ancora una questione molto complicata.
ICHINO: Attribuirei la responsabilità del ritardo,
in via solidale, al contenuto della norma, a chi
l’ha prodotta e a tutto quello che c’è intorno,
frutto non del lavoro dei giuristi, ma della cultura dominante. La responsabilità maggiore va
comunque attribuita a una scelta profondamente sbagliata: quella di impostare la protezione
del lavoratore, dalla metà degli anni ‘60 in poi,
puntando sostanzialmente su di un regime di job
property. Non c’è dubbio che l’articolo 18, da
un punto di vista di teoria generale del diritto,
appartenga alla categoria delle property rules.
Abbiamo considerato il rapporto tra il lavoratore e il posto di lavoro come una “proprietà da
difendere”, il licenziamento come un atto intrinsecamente sbagliato e dannoso sul piano sociale;
l’intero sistema calibrato e orientato alla difesa
del lavoratore dal mercato del lavoro. Col risultato
che abbiamo totalmente ignorato la protezione
del lavoratore nel mercato del lavoro.
Non occorre ricordare, poi, davanti a un pubblico di esperti come questo, i danni e le difficoltà
create al mercato del lavoro dal collocamento su
richiesta numerica e dall’uso della cassa integrazione in sostituzione del licenziamento.
L’auspicio è che, ora che da questi erro- ➤
“Abbiamo una
normativa
sovrabbondante,
spesso oscillante,
dovuta non solo
ai giuristi ma anche
a un’instabilità
politica che ha
portato a continue
modifiche
normative”
Professionisti del lavoro
In alto a sinistra Franco Toffoletto Partner Toffoletto De Luca
Tamajo e Soci e Tiziano Treu Professore Emerito dell’Università
Cattolica di Milano.
A destra Pietro Ichino Senatore, Professore di Diritto
del lavoro dell’Università degli Studi di Milano
➤
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Pietro Ichino
Già professore straordinario di diritto del lavoro nell’Università di Cagliari, dal 1991 è Professore ordinario nell’Università
statale di Milano, dove contribuisce con Marino Regini a fondare il Dipartimento di Studi del Lavoro e del Welfare. È
iscritto all’Ordine degli Avvocati di Milano dal 1975. Ha sempre esercitato la professione forense esclusivamente nel
campo del diritto del lavoro. È membro dello Studio Ichino Brugnatelli e Associati dal 1985. Membro della Commissione
Lavoro della Camera dei Deputati (VIII legislatura), eletto nelle liste del PCI. Nel 2007 partecipa alla fondazione del
Partito Democratico. Dopo lo scioglimento anticipato delle Camere, accetta la candidatura al Senato, del quale fa
parte dal 2008. Il 23 dicembre 2012 accoglie l’invito di Mario Monti a far parte della nuova formazione politica di
Scelta Civica, nelle cui liste (per Lombardia e Toscana) è eletto Senatore, assumendo poi la funzione di responsabile
di SC per il programma. Giornalista pubblicista, è editorialista del Corriere della Sera dal 1997. Tra le numerose opere
segnaliamo le recenti: Inchiesta sul lavoro. Perché non dobbiamo avere paura di una grande riforma, Mondadori,
2011 e Il lavoro spiegato ai ragazzi (e anche ad alcuni adulti), Mondadori, 2013.
ri stanno uscendo l’ordinamento e la cultura
giuslavoristica italiana, ne esca anche la cultura
diffusa, quella che ispira i rapporti tra datore e
prestatore di lavoro, i rapporti sindacali, i servizi
per l’impiego.
Nei servizi al mercato del lavoro dobbiamo
puntare tutto su una stretta collaborazione tra
pubblico e privato; in direzione di un sistema che
dia sicurezza al lavoratore, attraverso l’assistenza
intensiva nella ricerca di un nuovo posto di lavoro
e il sostegno del reddito, essendo però questo
condizionato alla sua disponibilità effettiva.
Va anche superata l’idea che una mobilità sana
della forza lavoro non sia possibile perché in Italia il lavoro non c’è. Questo non è vero. Dai dati
delle comunicazioni obbligatorie al Ministero del
Lavoro si trae che nel periodo di crisi (2011-13)
in Italia ogni anno sono stati stipulati 10 milioni
di contratti di lavoro. Di questi dal 19% al 16%
sono stati contratti a tempo indeterminato. Si
stima, inoltre, che ci siano diverse centinaia di
migliaia di posti nell’intero Paese che restano
permanentemente scoperti per mancanza di offerta di manodopera adeguata: in altre parole,
li sprechiamo perché invitiamo i lavoratori ad
attendere anziché muoversi alla ricerca di un
lavoro e affrontare i percorsi di riqualificazione
necessari. Non possiamo permetterci uno spreco
come questo!
TOFFOLETTO: Parliamo del collocamento. Entrambi vi siete occupati molto bene e in modo
creativo di questo problema. Come si risolve oggi
il fatto che il collocamento pubblico riguarda il
3% dell’incontro tra domanda e offerta? Quali
sono le azioni specifiche e le priorità per realiz-
zare quello che Ichino ha anticipato?
TREU: In realtà il circolo vizioso di una protezione
eccessiva del posto di lavoro, poca attenzione al
mercato del lavoro e agli strumenti per attivarlo;
riflette una deficienza radicata anche tra i giuristi.
Non basta fare una normativa nuova. C’è una
cultura impostata sul garantismo rigido che la
normativa ha spesso cercato di mutare andando
a cozzare , fra l’altro, con una caratteristica della
nostra economia, la poca dinamicità.
Tornare indietro è difficile. Alcuni “sfondamenti” sono stati fatti. Per esempio il lavoro somministrato, dopo essere stato oggetto di attacchi
per alcuni anni, è stato accettato.
Sono più preoccupato per la cassa integrazione,
verso cui sindacati e anche parte dell’imprenditoria esprimono un atteggiamento retrò. Adesso
nel disegno di legge delega c’è un intervento che,
mi auguro, come dice Ichino, possa contribuire
a fare un passo avanti in tal senso.
In merito ai centri pubblici per l’impiego, laddove sono presenti in Europa, svolgono comunque funzioni limitate. È ancora forte l’iniziativa
individuale: anzi ci sono operatori privati che
stanno guadagnando spazio. Nella proposta di
legge delega (e anche nella Garanzia Giovani) si
prevede che i centri pubblici svolgano funzione
di base (accoglienza, valutazione dei profili) e
che l’assistenza di tipo più specialistico venga
svolta prevalentemente dagli operatori privati.
TOFFOLETTO: Oggi il mondo cambia più velocemente che negli anni ’70. Quanto tempo possiamo
permetterci per fare delle scelte normative? Occorre forse più coraggio? La somministrazione a
STRUMENTI
Tiziano Treu
Professore di Diritto del lavoro dal ‘71 all’88 all’Università di Pavia (Giurisprudenza), dal 1988 professore ordinario alla
Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano. Già Direttore del CEDRI (Centro Europeo di diritto del
lavoro e delle relazioni industriali), Direttore dell’Agenzia Relazioni Sindacali delle Pubbliche Amministrazioni (ARES) e
Presidente dell’ARAN, dal 1995 al ‘98 è Presidente dell’International Industrial Relations Association (I.I.R.A. – Ginevra).
Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale nei governi Dini e Prodi. Ministro dei Trasporti e della Navigazione nel
governo D’Alema. Dal 1996 eletto alla Camera dei Deputati. Dal 2001 eletto al Senato della Repubblica. Dal 2006 è
Presidente della XI Commissione Lavoro e Previdenza Sociale del Senato. Rieletto al Senato (2008) nelle liste del
Partito Democratico, è consigliere del CNEL. Professore Emerito dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Autore di numerosi saggi e volumi di diritto del lavoro, diritto sindacale e relazioni industriali, italiani e comparati.
tempo indeterminato era un’ottima soluzione per
risolvere molti problemi in modo serio, eppure è
stata massacrata dalla contrattazione collettiva…
ICHINO: ...e da un legislatore ondivago in primis!
È stata istituita dal 2003, poi abrogata nel 2007,
poi di nuovo re-istituita nel 2010. Manca un bon
ton istituzionale che impedisca queste episodi di
cattiva politica, che vedono ogni nuova maggioranza disfare quello che ha fatto la precedente.
In altri Paesi non si abroga ciò che ha fatto la
maggioranza precedente: magari lo si aggiusta,
ma sempre rispettando, in qualche misura, l’affidamento che gli operatori devono poter riporre
in una certa continuità dell’ordinamento.
Vedo poi, ancora adesso, nonostante tutti i
passi avanti che pur si stanno facendo, una torpidità spaventosa nella nostra amministrazione pubblica. Due casi in cui mi sono imbattuto
personalmente: il primo riguarda un fondo di
15 milioni istituito dalla legge di stabilità nel
dicembre dell’anno scorso per sostenere politiche attive del lavoro. 15 milioni, a fronte di un
miliardo stanziato per le politiche passive, sono
una briciola; eppure anche questa briciola non
viene attivata: a cinque mesi dallo stanziamento,
che dovrebbe servire per sperimentare il nuovo
“contratto di ricollocazione”, quel denaro è ancora congelato per mancanza del regolamento che
deve disciplinareil suo utilizzo. Poi c’è il programma Youth Guarantee, in cui siamo in ritardo di
mesi rispetto alla data iniziale fissata dall’UE per
l’avvio del programma (primo gennaio 2014); ma
anche ora che finalmente il programma è partito,
la sua attuazione è impedita da un diaframma
impenetrabile tra le regioni cui è affidata l’at-
tuazione e il loro braccio operativo, i Centri per
l’Impiego, che dipendono ancora dalle Province,
ora governate da altrettanti commissari. Con il
42% di disoccupazione giovanile, rischiamo di
perdere il miliardo e mezzo stanziato dall’UE
per l’occupazione giovanile in Italia; sarebbe
imperdonabile.
Occorre pensare a una amministrazione più
efficace, in cui ci sia maggiore responsabilizzazione di ciascun dirigente per i risultati e qualcuno che faccia valere questa responsabilità in
modo severo.
TREU: Questi esempi segnalano una debolezza
complessiva del Paese: la “torpidità” a cui ci si
riferisce spesso quando si parla di PA, ha a monte
una torpidità politica.
Aggiungo: una delle difficoltà più gravi per
implementare anche le buone leggi, che penso ci
siano, è il fatto che abbiamo un sistema di livelli
di governo pletorico e ingestibile.
TOFFOLETTO: Facciamo un passo avanti e andiamo a vedere che cosa è il contratto a tutele
progressive. Abbiamo una norma che dice che si
farà, ma nessuno sa che cos’è.
TREU: Questo contratto è stato presentato negli
ultimi anni da altri colleghi in modo diverso.
Fino ad ora è stato visto con molto scetticismo,
anche dai sindacati. Adesso sembra ci sia un atteggiamento più positivo, da parte del sindacato
forse in conseguenza della liberalizzazione del
contratto a termine.
Per quanto mi riguarda, nessuna preclusione
ma prima vediamo cos’è e dopo capiamone ➤
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“Manca un bon ton istituzionale
che impedisca episodi di cattiva politica,
che vedono ogni nuova maggioranza
disfare quello che ha fatto la precedente”
la convenienza. Il contratto a termine acausale
per 3 anni adesso è molto flessibile. Il contratto
a tutele progressive per 3 anni è uguale o meno
flessibile? Finito il contratto a tutele progressive
torna l’articolo 18, o viene modificato? Il costo
del contratto a termine è leggermente maggiore
per il contributo di 1,4% ma minore perché non
ci sono tutti i costi contrattuali del contratto a
tempo indeterminato, specie per i contratti brevi.
Penso che il contratto a tutele crescenti, funzionerà solo se sarà conveniente.
TOFFOLETTO: Però una bozza di quello che dovrebbe essere c’è, come è andato il tentativo di
farlo inserire nella norma di conversione?
ICHINO: Quando è uscito il decreto Poletti, la mia
proposta è stata di completarlo affiancando al
triennio di contratto a termine facile, un triennio
di contratto a tempo indeterminato facile, nel
quale si potesse licenziare senza un controllo
giudiziale sul motivo e soltanto con un indennizzo, di modesta entità nella fase iniziale del
rapporto e via via crescente con l’anzianità di
servizio della persona interessata.
Quella stessa resistenza della sinistra politica
e sindacale che aveva impedito al Governo di
partire subito con un decreto-legge che regolasse
entrambe le materie, costringendo a concentrare
l’intervento in via d’urgenza sul solo contratto
a tempo determinato, ha impedito che si trovasse un accordo su questo emendamento. Si
è così raggiunto un compromesso espresso dal
preambolo inserito nel comma 1° dell’articolo
1 del decreto legge, che dice che questo decreto
viene emanato in attesa della emanazione del
testo unico semplificato del lavoro, che conterrà
il contratto a protezione crescente, ferma restan-
do l‘articolazione attuale dei tipi contrattuali.
Questa formula significa che il contratto a protezione crescente non sarà né il “contratto unico”
che ha la pretesa di sostituire tutti i precedenti,
né l’ennesimo tipo contrattuale aggiuntivo, ma
sarà la nuova disciplina del contratto ordinario
a tempo indeterminato.
Sarà competitivo questo contratto a protezione crescente, o ha ragione Tiziano Treu quando
osserva che nessuno stipulerà più un contratto
a tempo indeterminato fin quando ci sarà la possibilità di assumere a termine? Se oggi avessimo
un contratto a tempo indeterminato che nei primi
3 anni consentisse di licenziare senza controllo
giudiziale sul motivo, con il solo onere del pagamento di un “costo di separazione”, questo contratto avrebbe in più questo costo di separazione
nel caso di licenziamento, ma avrebbe anche un
elemento di flessibilità in più rispetto al contratto a termine, cioè la possibilità di scioglierlo in
qualunque momento. Se a ciò aggiungessimo un
inizio di riduzione di cuneo fiscale contributivo
collocato tutto sul contratto a tempo indeterminato, la convenienza economica di questo tipo
di contratto potrebbe essere notevole, almeno in
una larga parte dei casi.
TOFFOLETTO: Il nostro Primo Ministro ha detto
“ascoltiamo Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, ma poi
decidiamo noi. Avremo i sindacati contro, ce ne
faremo una ragione”. Una dichiarazione importante, connessa al tema della rappresentatività
sindacale. Si può legiferare indipendentemente
dalle organizzazioni sindacali, senza concertazione? Inoltre: una disciplina legislativa impositiva
della rappresentatività sindacale. Si o no?
TREU: La concertazione di per sé non vuol dire
STRUMENTI
“Nei servizi al mercato del lavoro
dobbiamo puntare tutto su una
stretta collaborazione tra pubblico
e privato; in direzione di un sistema
che dia sicurezza al lavoratore”
veto dei sindacati e delle parti sociali. Se è stata
attuata in passato in questo senso, è un’anomalia. Se il nostro governo saprà essere autorevole
potrà superare veti e resistenze.
Sul secondo punto, credo che ci sia una crisi
molto grave delle rappresentanze collettive, sia
degli imprenditori sia dei sindacati.
Credo che in Italia sarebbe sufficiente una riscrittura leggera dell’articolo 19 che preveda che
nell’impresa godano dei diritti sindacali quelle
organizzazioni che si rifanno ai sindacati rappresentativi secondo criteri definiti dalla legge
maggiori in riferimento agli accordi interconfederali. Una norma così leggera sarebbe possibile
e darebbe un minimo di certezza, ma non risolverebbe tutti i problemi della rappresentanza,
che sono interni.
TOFFOLETTO: Farli eleggere interamente dai
lavoratori?
TREU: Non credo sia giusto imporre le modalità
di formazione delle rappresentanze. Le forme
delle organizzazioni sono liberamente definite
all’interno delle aziende. Io sono per eleggerli,
ma ho dei dubbi che in questo momento sia praticabile una cosa del genere. Sono fiducioso che
se si desse qualche certezza sul quadro giuridico,
all’interno delle aziende i lavoratori si organizzerebbero autonomamente.
ICHINO: Sono convinto che se la concertazione
funzionasse costituirebbe una marcia in più per
il Governo.
I requisiti perché la concertazione funzioni sono
che Governo, imprenditori e sindacati abbiano
una convergenza piena almeno sugli obbiettivi da
raggiungere e i vincoli da rispettare. Mancando
questa convergenza, la concertazione diventa una
palla al piede. Si negozia con una rappresentanza
che interpreta una parte limitata della platea degli
interessati, ma senza che esistano i presupposti
perché si arrivi a un risultato rilevante.
Quanto alla questione della struttura della
contrattazione collettiva, le parti sociali hanno
fatto un grande passo avanti con gli accordi del
2011, 2013 e 2014, ma non basta: come dimostra
il caso Fiat, ci sono spazi che non vengono coperti
da quegli accordi. Occorre una legge semplice, che
operi solo “di default”, cioè che si applichi solo là
dove manchi un accordo confederale applicabile; e con carattere recessivo: dove interviene la
disciplina collettiva, la legge si ritrae.
Per questo basterebbe un aggiustamento
dell’articolo 19 che proporzionalizzi la composizione delle rappresentanze sindacali rispetto ai
consensi conseguiti in consultazioni biennali o
triennali, lasciando questa rappresentanza proporzionalizzata come un guscio vuoto che ogni
associazione utilizza secondo le proprie regole
statutarie: ciascun sindacato decide se far eleggere i propri rappresentanti dall’assemblea dei
lavoratori, da quella dei soli iscritti, oppure procedere alla loro designazione ed eventuale revoca
in altro modo. Libere, ovviamente, le associazioni
diverse di unificare le proprie rappresentanze in
un organismo unitario, concordandone le modalità
di elezione. n
Franco Toffoletto
Presidente e
Managing Partner
di Toffoletto De Luca
Tamajo e Soci. Autore
di numerosi articoli
e pubblicazioni
nell’area del
diritto del lavoro,
contribuisce alle
pagine de Il Sole
24 Ore ed è iscritto
all’Albo dei Giornalisti
Pubblicisti.
È docente della
Scuola di Alta
Formazione in
Diritto del Lavoro
organizzata da AGI
(Avvocati
Giuslavoristi Italiani),
nonché relatore a
diversi convegni,
nazionali
e internazionali.
Socio fondatore
di Ius Laboris (Global
Human Resources
Lawyers), di cui è
stato Presidente
fino al 2012, Socio
fondatore dell’AGI
di cui è stato
Vicepresidente fino
al 2010.
Membro del Consiglio
di Amministrazione
dalla sua fondazione
e Presidente dal
2003 al 2007
dell’EELA (European
Employment Lawyers
Association), membro
dell’IBA (International
Bar Association).