Lorenzo Dalmonego - Il mio 11 settembre.
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Lorenzo Dalmonego - Il mio 11 settembre.
Il timore di Mamadou: Essere visto come fratello dei Kamikaze “Cosa ricordo di quel pomeriggio? La televisione trasmetteva minuto dopo minuto quelle immagini incredibili e noi guardavamo impotenti ciò che succedeva a migliaia di chilometri da noi”: questi sono i primi ricordi dell’11 settembre di Mamadou Sek, senegalese che gestisce un piccolo negozio etnico in un quartiere a sud di Trento. Il “ suo” 11 settembre è un insieme di sgomento e spavento che cresce con il passare dei minuti e con il concretizzarsi della tragedia. “ Non capivo ciò che stava accadendo” - continua Mamandou “anche se avevo la sensazione che fosse qualcosa di grosso, di storico” e fra il disordine di mille prodotti del suo piccolo emporio i ricordi iniziano a trovare un “loro” ordine. Prende corpo così l’idea dell’attentato, delle vittime, dei terroristi e del loro leader: Osama Bin Laden. Mamadou capisce ciò che sta realmente accadendo a magliai di chilometri di distanza da suo piccolo negozio e inizia a pensare a cosa accadrà nei giorni successivi. “ Sapevo che ci saremmo andati di mezzo noi musulmani; in un modo o nell’altro, noi saremmo stati visti da tutti come i fratelli di quei Kamikaze. Le macerie di Ground Zero sono ancora vive nel ricordo di tutti quando la mattina del dodici settembre un piccolo quartiere a sud di Trento si risveglia. Il rione si ritrova impaurito, racconta Mamadou, guardava lui e i suoi fratelli africani con un occhio diverso e un po’ diffidente. “La realtà anche per me che vivo da parecchio in questa città, era cambiata. Per me e i miei fratelli iniziava un nuovo tempo, fatto di odio e di razzismo”. Il passare dei mesi gli hanno dato torto. Alla fine della nostra Intervista, quando Mamadou anche stasera, chiude le serrande del suo piccolo emporio ammette che la situazione è tornata alla normalità. “Le persone dopo poco tempo dagli attentati è tornata a fare spese nel mio negozio e piano mi sembrava di aver riconquistato la fiducia della gente del quartiere”. Lorenzo Dalmonego