commentary

Transcript

commentary
 commentary
I
Commentary,14gennaio2015
IL NODO DELLA SUCCESSIONE
IN ARABIA SAUDITA E OMAN
ELEONORA ARDEMAGNI
D
allo scorso 31 dicembre, il re saudita Abdullah
bin Abdulaziz al-Sa‘ud è ricoverato a Riyadh
per una polmonite: le condizioni del 91enne
sovrano, che è stato intubato e respira grazie all’ausilio di
un respiratore, sono “stabili”, come riferisce un recente
bollettino ufficiale. Dal luglio 2014, il sultano dell’Oman,
Qaboos bin Said al-Said, è ricoverato in Germania per
“trattamenti medici”: Mascate non ha mai confermato la
natura e la gravità della malattia del 74enne monarca che
soffrirebbe, secondo quanto riferito ai media da una fonte
diplomatica omanita, di un tumore al colon.
©ISPI2015 Il tema della salute di un capo di stato è ovunque argomento delicatissimo perché al di là dell’evidente componente umana – che esige di essere affrontata con tatto e
riservatezza – vi è però in gioco il futuro, e in questo caso
già il presente, dei due regni, i più verticistici dell’intero
Golfo. Ecco perché, ora più che mai, la questione della
successione nelle due monarchie del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Gcc), ma ancor prima della “reggenza”, ovvero di chi stia esercitando quotidianamente il
potere in loro assenza, non solo torna in primo piano, ma
necessita di risposte chiare e convincenti.
Il primo candidato alla successione del re dell’Arabia
Saudita è un suo fratellastro, Salman bin Abdulaziz: 79
anni, vice primo ministro e ministro della difesa, il principe ereditario sta facendo le veci del re, negli ultimi mesi,
rappresentando Riyadh in alcuni significativi impegni
ufficiali, come il summit annuale del Gcc, svoltosi a
Doha lo scorso dicembre. Tuttavia, la fragile salute del
principe Salman (probabilmente malato di Alzheimer)
getta interrogativi sulle possibilità di una sua concreta
ascesa al trono; già ora, è il vice Salman bin Sultan, 37
anni, nominato nel 2013, a svolgere ufficiosamente le
funzioni di ministro della difesa. Non è un caso che il 27
marzo 2014 il re saudita abbia nominato, mediante decreto reale irrevocabile, un vice principe ereditario,
creando così un’inedita figura nell’albero genealogico del
potere degli al-Sa‘ud e impedendo al designato Salman di
scegliersi il proprio vice. La scelta è caduta sul 69enne
principe Muqrin bin Abdulaziz, ovvero l’ultimo figlio
vivente del fondatore del regno wahhabita, appunto Abdulaziz Ibn Sa‘ud, appena nominato secondo vice primo
ministro. Dunque, re Abdullah sembra aver tracciato una
linea di successione al trono che attinge dalla prima generazione di principi – i figli del defunto capostipite
Eleonora Ardemagni, analista in relazioni internazionali, collaboratrice di AffarInternazionali, Aspenia, Limes
Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI. Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo. 1 commentary
banca centrale. Dal 2001, la costituzione omanita (Basic
Law) recita che qualora il Consiglio di famiglia, dopo la
morte del sultano, non si accordasse sul nome del successore, esso debba essere scelto fra i due nomi che
Qaboos ha scritto in una lettera sigillata (che si trova in
due copie sia a Mascate, sia a Salalah) e che verrà aperta
solo dopo la sua scomparsa, alla presenza del Consiglio
di difesa, dei presidenti delle due Camere, della Corte
suprema, nonché dei deputati più anziani. L’attuale sultano dell’Oman, che regna dal 1970, non ha, infatti, né
figli, né fratelli o fratellastri. I principali indiziati alla
successione sono i suoi tre cugini cinquantenni, ovvero i
fratelli Assad, Shihab, Haitham bin Tariq al-Said, figli
del defunto zio di Qaboos: i primi due di formazione militare, il terzo già diplomatico, attuale ministro della cultura. Ma un candidato forte è anche Fahd bin Mahmood
al-Said, vice premier e numero due del potere omanita il
quale, tuttavia, potrebbe essere un sovrano di transizione
poiché è già 71enne. Di certo, preoccupa che il sultano
non abbia fatto ritorno in Oman per la festa nazionale del
18 novembre (che tra l’altro coincideva con una visita di
stato a Mascate del principe Harry del Galles), ma abbia
affidato a un video-messaggio, con voce ferma e sguardo
smarrito, il proprio discorso alla nazione. Intanto,
l’attivissimo Yusuf bin Alawi agisce da ministro degli
esteri de facto, proseguendo la politica estera alternativa e
dialogante che contraddistingue l’Oman sia nella regione,
sia a livello internazionale.
dell’Arabia Saudita – ancora privilegiati rispetto agli
scalpitanti esponenti sia della seconda che della terza
generazione. Da almeno un decennio, la monarchia assoluta saudita però sta progressivamente assumendo le
sembianze di un’oligarchia, in cui competono diversi
sotto-clan di potere, che si contrappongono per via matrilineare; quasi un paradosso in una società vistosamente
patriarcale come quella saudita. A occupare due posti-chiave del governo sono altrettante figure in ascesa
della politica di Riyadh, ovvero il principe Mitaeb, 62
anni, figlio di re Abdullah, da poco nominato capo della
potente Guardia nazionale, ma soprattutto Muhammad
bin Nayef, 55enne ministro degli interni, responsabile
delle politiche anti-terrorismo e degli spinosi dossier Siria
e Yemen. I figli di Nayef (appunto, bin Nayef) e quelli di
Sultan appartengono ai due clan più competitivi della
seconda generazione di principi sauditi.
Comunque, la strada verso il trono del principe Muqrin,
già pilota di F-15 e di formazione britannica, passato
capo dei sevizi di intelligence nonché governatore di Hail
e Medina, non sembra essere in discesa. La sua nomina a
crown prince non è infatti passata con il voto unanime del
Consiglio di famiglia, ma solo con una maggioranza di
oltre tre quarti dei membri (composto da figli di Abdulaziz più 19 suoi nipoti), segno di una nascente opposizione
interna. Motivo della discordia non è il background militare e politico del principe Muqrin, quanto il suo lignaggio: a differenza degli altri pretendenti re, sua madre
Baraka, di origini yemenite, non è mai stata una delle
venti spose legittime di Abdulaziz Ibn Saud e non discende da una tribù saudita.
Mentre l’Arabia Saudita ha già vissuto di recente un
cambio di re (si pensi alla morte di Fahd nel 2005),
l’Oman si troverà – prima o poi – ad affrontare un tornante inedito e dirimente della sua storia; solo allora si
potrà comprendere la reale maturità sociale del Sultanato,
nonché la tenuta della coesione politico-tribale fra le città
costiere settentrionali e l’entroterra del sud. Fra successioni, terrorismo jihadista, crollo del barile di petrolio e
budget governativi in perdita, il 2015 si preannuncia un
anno impegnativo per le monarchie del Golfo.
©ISPI2015 La famiglia reale dell’Oman è assai più piccola di quella
saudita, ma l’individuazione del futuro sultano si preannuncia, possibilmente, ancor più complicata: l’unificatore
Qaboos, a lungo identificato con la nazione stessa, ha
concentrato su di sé le cariche di primo ministro, titolare
di economia, esteri, difesa, capo delle forze armate e della
2