Tecnica guerra lavoro CONFRONTO

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Tecnica guerra lavoro CONFRONTO
DRonEziNe
La prima rivista italiana sui droni
numero 0
 CONFRONTO
Telecamere
gopro contro sony
 Tecnica
 guerra
Dalla radio al volo autonomo
senza pilota, ma con i missili
lavoro
DRonEziNe
-1
trattori
volanti
Il cielo non è più un limite,
ma un nuovo punto di vista.
bramor-i
Autonomous Unmanned Aerial Vehicle
APPLICAZIONI TIPICHE:
•SORVEGLIANZA E SICUREZZA;
•ISPEZIONE DI IMPIANTI ENERGETICI;
•AGRICOLTURA DI PRECISIONE;
•ORTOFOTOGRAFIA;
•MAPPATURA 3D;
•TERMOGRAFIA DI EDIFICI;
•PREVENZIONE DEGLI INCENDI;
•LOTTA AL BRACCONAGGIO;
•LOTTA ALL’ABUSIVISMO EDILIZIO;
•RIPRESE AEREE;
•RILIEVI ARCHEOLOGICI;
•VULCANOLOGIA/GEOLOGIA;
•MONITORAGGIO DEL TRAFFICO;
PROFESSIONALITÀ
DESIGN
ELEGANZA
CONVENIENZA
BELLEZZA
PERFORMANCE
PER MAGGIORI INFORMAZIONI
W W W . E U R O L I N K S Y S T E M S . C O M
DRonEziNe - 2
Da 20 anni, la giusta soluzione per qualsiasi esigenza
dal mondo dei droni.
sommario
Rubriche
04 Editoriale
05 Associazioni
30 Contro editoriale
09
normativa
06 Aspettando il regolamento dell’Enac
Applicazioni
09 Trattori volanti
Tecnica
12 Il cervello tra le nuvole
15 Volare come il capitano Kirk
19 GoPro contro Sony
19
Recensione
22 Microdrones MD4-1000
Terza Pagina
24 La guerra postumana
27 Senza pilota sulla portaerei
28 Drone Art
22
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editoriale
di Stefano Orsi
Il drone
e lady giustizia
A
prile 2013. Nella cittadina
di Marion in Ohio (Stati
Uniti), un piccolo drone
civile che stava facendo riprese aeree
sul tribunale della contea è finito
addosso alla statua di Lady Justice.
Grave imbarazzo per il fotografo
e grattacapi per il comandante dei
vigili del fuoco, che si chiedeva se
fosse il caso di usare un elicottero
vero per tirare giù quello che ai suoi
occhi era un elicottero giocattolo.
Siamo certi che in qualche modo il
velivolo verrà recuperato e la storia
avrà un lieto fine. Ma quale insegnamento possiamo trarre da questo
curioso incidente?
Negli USA, ma un po’ anche in tutti
gli stati del mondo e in particolare
in Italia, proprio in questi giorni
si legifera a proposito della possibilità di utilizzare piccoli velivoli a
pilotaggio remoto (APR) in ambito
cittadino in aree segregate e non.
Soprattutto oltreoceano ci sono
contese aperte: alcuni Stati sono
favorevoli all’utilizzo civile di questi
piccoli UAV, che in gergo vengono
definiti UAS (Unmanned Aircraft
Systems), anche per missioni di
soccorso e recupero. Altri stati confederati invece, per maggiore tutela
della privacy, vogliono negare il loro
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uso anche a forze dell’ordine, polizia
e vigili del fuoco compresi.
Curioso che il drone sia finito proprio tra le braccia di quella giustizia
che presto dovrà deciderne la sorte.
Se una cosa simile fosse successa in
Italia, che ha il patrimonio artistico
e culturale più importante del mondo, le affilate pale avrebbero potuto
danneggiare seriamente un monumento di grande valore storico? Le
assicurazioni (che sicuramente il
proprietario avrà stipulato) avrebbero coperto il danno? E sopratutto i
media e le istituzioni come avrebbero reagito?
Noi siamo sicuri che i piccoli droni
civili siano una risorsa per tutti.
Possono aiutare geologi, sismologi,
architetti e ingegneri a monitorare
i danni derivati da smottamenti e
frane, aiutare i contadini a valutare
la salute dei raccolti, ispezionare
palazzi pericolanti.
Eppure ci assale il dubbio che dalle
nostre parti un episodio così possa
fermare ogni tipo di attività, sportiva e professionale, con l’emanazione
di nuove leggi severe e punitive.
Lady Giustizia, non ti arrabbiare.
Quel piccolo drone è volato tra le
tue braccia per cercare la tua protezione, non per farsi beffe di te. 
associazioni
siamo uniti
grazie all’enac
I
n Italia la filiera dei droni è appena
nata e già ha una sua associazione:
Assorpas, che riunisce il mondo
dei light RPAS (Remotely Piloted
Aircraft Systems), piccoli aeromobili
a pilotaggio remoto. Droni “tascabili”, nati da realtà legate all’areonautica, all’università ed anche all’hobby
e diventati una realtà produttiva
fatta di riprese aeree, documentari,
missioni in appoggio all’agricoltura
di precisione, campagne scientifiche
e di monitoraggio del territorio.
Un mondo dinamico, pieno di entusiasmo che cresce alla faccia della
crisi, ma anche in un vuoto normativo preoccupante, che potrebbe mettere a rischio lo sviluppo stesso del
settore: «È stata proprio l’Enac, l’ente
nazionale di controllo delle attività
aeronautiche, a suggerirci di creare
un’associazione che riunisse tutta la
filiera dei droni: costruttori, progettisti, utenti» ci dice Stefano Russo, uno
dei fondatori dell’associazione. «L’Enac sta in questi giorni studiando un
regolamento per l’uso professionale
di questi mezzi aerei, ed era letteralmente bombardata dalle domande
di tanti imprenditori e professionisti,
soprattutto cameraman e fotografi,
che volevano chiarimenti: non potendo dare risposte a tutti, ha spinto
per avere un interlocutore unico, con
cui discutere della normativa che
farà uscire questo nascente settore
industriale dall’incertezza dovuta
alla mancanza di regole chiare».
A cominciare dalla sicurezza?
«Certo, correlando il tipo di velivolo
al tipo di operazione da effettuare,
con protocolli, sia di comportamento che tecnici, che in sostanza
saranno una sintesi del “buon senso”
applicato al settore. Per esempio, sul
drone di nostra progettazione abbiamo dei sistemi “a fusibile meccanico”
che, in caso di impatto, fanno sì che
l’energia rilasciata sia esigua, limitando i danni a persone e cose. Ma lo
strumento di sicurezza più efficace
rimane sempre la preparazione
dell’operatore.
Non dimentichiamoci che i droni
sono ecologici: quando abbiamo
fatto le riprese per un documentario
sul relitto della Costa Concordia,
prima ci guardavano come marziani,
poi tutti hanno apprezzato il fatto
che i nostri droni elettrici non inquinano e sono poco invasivi. Costano
infinitamente meno dell’intervento
di un elicottero e possono avvicinarsi al soggetto della ripresa fin quasi
a toccarlo, senza creare disturbo
all’ambiente e alle attività umane».
Stefano Russo
Vice Presidente e Tesoriere
di Assorpas
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Cosa dice
la legge
di Stefano orsi
I droni civili sono utili in moltissimi
campi, ma pongono problemi legali
per la privacy e la sicurezza
G
ià nel 2011 l’Enac si era interessata al mondo dei piccoli o grandi velivoli senza pilota
a bordo. E dopo lunghi studi, il 24 dicembre
2012 pubblicava un comunicato nel quale proponeva una bozza di regolamentazione dei mezzi a pilotaggio remoto.
In questa prima bozza non solo venivano definite
quote, pesi, zone di volo e comportamenti da tenere, ma veniva data anche una nuova definizione
della parola aeromodello.
Il mondo modellistico italiano era insorto con una
In Svizzera i voli dei piccoli
droni sono permessi, a patto
sche il pilota sia costantemente in contatto visivo. O almeno
ci sia un secondo pilota possa
vedere costantemente l’APR e prendere i comandi.
Inquadra il codice
per scaricre la normativa elvetica
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alzata di scudi, sollevando obiezioni verbali e scritte nei confronti dell’Ente, il quale ha proposto due
incontri (poi diventati tre) per offrire un terreno di
confronto costruttivo attraverso appositi workshop.
Queste tavole rotonde hanno visto il susseguirsi di
interventi da parte di associazioni e di singoli modellisti, di operatori video, di produttori di droni,
di associazioni di pilotaggio, insomma di tutto il
panorama italiano interessato alla nuova normativa.
Mentre scriviamo, siamo ancora in attesa del regolamento definitivo, che si presume sarà reso noto
verso fine anno.
La domanda che tutte le realtà coinvolte si sono poste è se effettivamente ci sia bisogno di legiferare
contro o a favore di questo nascente settore.
La risposta non è semplice, quel che è certo è che
tutte le nazioni avanzate stanno sottoponendo a
norme i mezzi a pilotaggio remoto, gli APR.
Vediamo dunque quel che succede all’estero.
Gran bretagna
In Inghilterra la normativa definisce chiaramente
le distanze da rispettare, in caso di sorvolo di persone, veicoli o case e le massime quote rispetto al
terreno sia in caso di navigazione autonoma, sia nel
caso di pilotaggio remoto.
aspettando il regolamento ENAC
normativa
Costa Concordia
Un drone utilizzato per le
riprese di un documentario
CBS sul naufragio del Giglio
Stati uniti
Negli Stati Uniti le leggi variano a seconda dello stato confederato e della propensione al volo urbano dei
nuovi droni civili. In Usa l’attenzione è particolarmente rivolta al tema della privacy, molto sentito dai cittadini americani, con posizioni a dir poco contrastanti: in alcuni stati il volo degli UAV (Unmanned aerial
vehicle, veicolo aereo senza equipaggio) civili in forza
alle polizie locali è espressamente vietato, in altri è ben
apprezzato e fortemente caldeggiato.
Vengono definite chiaramente le distanze da rispettare
in caso di sorvolo di persone, veicoli o case e le massime quote rispetto al terreno sia in caso di navigazione
autonoma, sia nel caso di pilotaggio remoto.
Svizzera
In Svizzera troviamo una regolamentazione molto semplice, che classifica in modo univoco i droni e i mezzi a
pilotaggio remoto per utilizzo civile. Nella Confederazione, i voli dei piccoli droni o APR entro un certo limite di
In Gran Bretagna le norme stabiliscono
le distanze minime nel sorvolo di persone, veicoli o case e le quote massime di
volo sia in caso di navigazione autonoma, sia in caso di pilotaggio remoto.
inquadra il codice
per scaricre la normativa britannica
peso sono permessi, a patto che il pilota sia costantemente
in contatto visivo con lo stesso e nel caso il pilotaggio sia
fatto in FPV (cioè attraverso occhiali a realtà aumentata
o monitor) su autorizzazione dell’autorità aeronautica elvetica, e solo a condizione che un secondo pilota possa
vedere costantemente l’APR e prenderne immediatamente i comandi in caso di necessità. Stessa cosa per il volo
completamente automatico, che deve essere fatto entro il
campo visivo e a patto che il pilota ne possa riprendere il
comando.
Particolari voli in aree affollate o a rischio sono permessi solo dopo accordi con gli enti preposti alla navigazione
aerea.
E in Italia?
La bozza del regolamento proposto fa nette distinzioni tra
l’uso professionale dei velivoli a pilotaggio remoto e quello ludico/sportivo degli aeromodellisti. Inoltre, vengono
definiti anche i temi della ritrasmissione delle immagini
provenienti dagli APR, cioè le immagini riprese dalla videocamere di bordo che ne consentono l’utilizzo anche in
aree al di fuori della portata ottica (BLOS - Behind Line
Of Sight).
Il mondo modellistico ha una disciplina parallela che si
chiama FPV (First Person View – che semplificando viene
comunemente intesa come Vista in Prima Persona) che
permette ai piloti di pilotare aerei, elicotteri, multirotori
(ma anche auto e barche radiocomandate) come se il pilota fosse effettivamente a bordo, grazie all’utilizzo della telemetria e sopratutto alla ricezione di immagini in tempo
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normativa
reale riprese dalle videocamere di bordo.
Questa disciplina del modellismo aereo è molto preoccupata delle limitazioni che l’Enac potrà imporre alla propria
attività. Negli altri stati europei viene definita la distanza
massima alla quale gli aeromodelli possono spingersi. E
che equivale alla portata ottica di un osservatore / collaboratore che deve affiancare il pilota modellista durante tutto
il volo ed eventualmente prendere il controllo del velivolo
in caso di necessità. Sarà così anche da noi? Vedremo cosa
delibererà L’Ente Nazionale Aviazione Civile.
Cosa ci riserverà il futuro
Dal punto di vista economico c’è un grande fermento attorno a questo nuovo business dei droni, che al momento
rimane in attesa delle disposizioni Enac. Una intera industria neonata spera che, nonostante la profonda crisi, il
settore possa avere un tasso di crescita superiore alla media nazionale, con la certezza che tutte le attività saranno svolte rispettando parametri e standard di sicurezza,
preservando l’incolumità degli operatori, delle persone e
delle cose sorvolate. 
lavoro aereo
I droni civili e i mezzi a pilotaggio remoto possono rendersi utili
in operazioni difficili o pericolose per gli operatori umani
Grandi rischi
Nel terremoto emiliano i droni
hanno aiutato i vigili del fuoco a
verificare tetti e muri pericolanti.
Spesso tali prestazioni sono state
fornite gratuitamente da piccole
aziende private. Nello scorso aprile, i droni hanno monitorato una
frana nel comune di Monselice.
pompieri
I mini droni possono evitare
rischi ai vigili del fuoco entrando
in avanscoperta in edifici pericolanti o incendiati. Sono già stati
eseguiti con successo le prime
simulazioni di lancio di salvagente
a bagnanti in difficoltà.
Agricoltura
In Spagna l’ Institute for Sustainable Agriculture ha utilizzato un
drone con termocamera per studiare gli effetti di un fitofarmaco.
Fauna
In alcune riserve naturali russe
verranno utilizzati UAV per monitorare alcune specie di animali a
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rischio estinzione e per la prevenzione contro attività di bracconaggio. In India è partito un progetto
per sorvegliare i parchi nazionali
popolati da elefanti.
CATASTO
I comuni possono noleggiare i
droni per monitorare abusi edilizi
o l’avanzamento lavori di opere
pubbliche documentandone l’avanzamento.
I droni possono fornire la documentazione di legge per la detrazione fiscale per il montaggio dei
pannelli solari: nella maggioranza
dei casi i pannelli solari sono installati sopra i tetti di case, capannoni industriali o in grandi aeree
di campagna; il noleggio di un
piccolo UAV costa meno rispetto
a un aereo o a un elicottero.
Tv
Piccole emittenti locali e case di
produzione possono permettersi il
noleggio di droni per riprese aeree
di eventi sportivi locali e fatti di
cronaca.
Il drone
di
zio tobia
di Matteo Campini
I velivoli senza pilota rinnovano
l’antichissimo mestiere del contadino
L’
agricoltura si trova di fronte a una sfida difficilissima: nutrire un mondo sempre più sovrappopolato, mantenendo costi accettabili in
modo che tutti, anche gli ultimi della Terra, possano
permettersi cibo buono e sano tutti i giorni, senza sacrificare altro terreno agli appetiti di un’umanità sempre più numerosa e con stili di vita sempre più consumistici.
Non potendo aumentare all’infinito l’estensione dei
campi, l’unica strada percorribile è quella di incrementare la produttività di quelli che ci sono oggi.
Una delle frontiere più promettenti è l’agricoltura di
precisione, che significa portare l’esatta quantità di acqua, agrofarmaci, diserbanti e fertilizzanti esattamente dove serve, alle piante che ne hanno più bisogno,
evitando sprechi di prodotti chimici e carburanti per
i trattori, risparmiando allo stesso tempo all’ambiente
le chimiche agricole inutili. Il risultato è un raccolto
più sano e abbondante a costi più contenuti.
il ranch di john
John, farmer dello Iowa, come suo padre e suo nonno prima di lui, coltiva una terra generosa ma difficile. Campi strappati al Mississippi da difendere dal
gelo spaventoso dell’inverno, alle estati torride, dove
la colonnina di mercurio sfonda tranquillamente i 37
gradi, dai tornado e dai 50 giorni all’anno di grandine
e violenti temporali che trasformano il ranch di famiglia in una palude. Da tre generazioni, la famiglia
di John sa che per avere un buon raccolto non basta
spargere con l’elicottero insetticidi e anticrittogamici a
tonnellate. Ogni angolo dei campi ha le sue esigenze,
e un farmer coscenzioso sa dove e come intervenire.
Il nonno di John percorreva faticosamente a cavallo
in lungo e in largo la proprietà, per assicurarsi dello
stato di salute di ogni pianta di mais. Il padre di John
faceva lo stesso col trattore. John fino a ieri si affidava
alle fotografie con analisi spettrale riprese da un satellite artificiale, sfruttando un abbonamento a prezzi
convenienti offerto dall’associazione locale dei coltivatori. I falsi colori delle foto del satellite gli dicevano
quali piante soffrivano per mancanza d’acqua, quali
avevano bisogno di antiparassitari, dove intervenire
con più o meno fertilizzante. Un metodo comodo, ma
non sempre preciso, soprattutto perché le termografie
del satellite sono fortemente influenzate dalla temperatura dell’aria, rendendo difficile interpretare correttamente i risultati. Il satellite non basta, non oggi, per
lo meno, dove la precisione in agricoltura fa la differenza tra successo e fallimento di una azienda agricola
di medie dimensioni.
John così si è affidato a un drone, un semplice esacottero di derivazione hobbistica, che gli permette di
Un drone in volo
su un campo dello
Iowa
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applicazioni
trattori volanti
ottenere un dettaglio infinitamente superiore a quello
del satellite, a costi persino più contenuti. Un drone
equipaggiato con una telecamera a infrarossi che gli
dà indicazioni precise sull’idratazione del mais, sulla
salute del suolo, sulle malattie delle piantine: un tesoro
di informazioni ricavato semplicemente illuminando
il mais con un faro a infrarossi ed elaborando l’immagine letta dalla telecamera di bordo.
il mississippi ringrazia
Il costo del noleggio del drone viene ripagato in fretta
con i significativi risparmi sulle chimiche da irrorare nel
campo: solo usando un drone per il controllo dell’azoto,
cioè in pratica per vedere dove è necessario concimare e
dove no, i farmer americani hanno ottenuto risparmi che
vanno dai 17 ai 52 dollari per acro all’anno, risparmiando
il 40% del fertilizzante.
Anche il Mississippi ringrazia, il grande fiume è sull’orlo
del collasso ecologico a causa dell’eutrofizzazione, cioè
l’esplosione della popolazione delle alghe, che crescono
in maniera abnorme sottraendo ossigeno ai pesci proprio perché le alghe si ingozzano di concimi chimici che
i famosi 50 temporali all’anno dilavano dai campi e trascinano nel fiume, avvelenandolo. E oltre al fertilizzante
grazie al drone si risparmia anche acqua, con grande sollievo dei farmer dell’Arizona e del Texas, che lottano con i
denti per strappare le loro terre dall’avanzare del deserto.
Secondo le previsioni della Federal Aviation Administration, per il 2030 nei cieli americani ci saranno decine di
migliaia di droni, molti dei quali saranno proprio trattori
con le ali. O meglio, con le eliche.
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Sulle risaie del Giappone
Già oggi in Giappone ci sono più droni agricoli che
trattori, visto il grande successo commerciale dei droni Rmax costruiti da Yamaha. In questo caso, il compito del drone non è quello di fotografare, ma di difendere il riso dal riso selvatico, il temibile crodo, che
cresce prima del riso e lo soffoca. In passato, strappare
a mano il crodo era il terribile, massacrante compito
delle mondine. Oggi in tutto il mondo il crodo si combatte coi diserbanti.
E grazie ai droni, i giapponesi possono diserbare
solo dove c’è il crodo, invece che trasformare massicciamente le risaie in piscine velenose.
Il successo dei droni giapponesi dipende anche
dall’illuminata burocrazia del Sol Levante, che invece di proibire o comunque ostacolare lo sviluppo
dei droni, come peraltro fanno in tanti, Stati Uniti
compresi, ha capito che per evitare lo spopolamento delle campagne bisognava puntare diritti alla fase
due della meccanizzazione, quella dei trattori alati.
Così già nel 1981 è stato lo stesso ministro dell’agricoltura a chiedere a Yamaha di fare un drone
agricolo spruzzatore, e il primo modello, l’elicottero nella foto di apertura di questo articolo, è stato
completato già nel 1991. Un drone fino a un certo
punto, è più che altro un elicottero radiocomandato che ha bisogno di un pilota professionista. Nel
primo anno di attività, gli elicotteri Rmax hanno
liberato dal crodo 100 mila acri di terreno, oggi ne
curano 2,5 milioni, il 40% dell’intera produzione
di riso dell’arcipelago. Yamaha ha già cominciato a
esportare i suoi elicotteri robot in Corea del
Sud e pensa di venderli anche in Australia,
autorità aeronautiche
permettendo.
E poi puntano all’obiettivo grosso, gli Stati
Uniti: i giapponesi vedono interessantissime
opportunità per i loro
droni agricoli nella
coltivazione nordamericana di uva, mandorle, pistacchi.
E, naturalmente, riso. 
agro-droni all’italiana
Trattori volanti nei nostri campi?
Ne parliamo con Paolo Marchesini
di DuPont-Pioneer
«p
roprio pochi giorni fa, parlavo con un collega brasiliano dell’uso che in Sudamerica
fanno dei droni per vincere la sfida dell’agricoltura di precisione» ci racconta Paolo Marchesini di
DuPont Pioneer, una delle maggiori multinazionali agricole del mondo. «E ragionavo su quanto sarebbero utili
da noi, forse più ancora che in Brasile. Perché là i campi
hanno estensioni gigantesche, mentre da noi i campi sono
piccoli, spezzettati, e spesso hanno una morfologia complicata. E ancora più bisogno di aiuto».
E i droni come possono aiutarci?
«Grazie ai droni, possiamo avere una visione del campo
dall’alto, e sapere quali piantine soffrono per parassiti,
mancanza d’acqua o di fertilizzante. Possiamo arrivare
a una precisione del metro quadrato, mappare il campo
e passare le informazioni al software del trattore - i trattori moderni sono praticamente guidati dal computer- e
intervenire solo dove serve. Un compito che oggi non è
semplice; la visione a bordo campo non basta. E il drone fa quello che un elicottero non può fare. Non solo per
questione di costi, basta vedere qual è la realtà dei nostri
campi in Piemonte o Lombardia: incuneati tra case, paesi,
tralicci dell’alta tensione. Dopo due o tre passaggi dell’elicottero, partirebbero le petizioni dei cittadini inferociti».
Quindi senza droni non c’è agricoltura di precisione?
«Non ho detto questo. Noi di Pioneer abbiamo delle te-
lecamere all’infrarosso
montate sulle trebbiatrici che valutano la salute
delle piante al momento
in cui vengono tagliate:
ma queste informazioni
serviranno per il prossimo raccolto, non si può
Paolo Marchesini ,
fare più nulla per quelle
Government, Public and
Regulatory Affairs Manager
ormai mature. Con le
Southern
Europe - DuPont Pioneer
stesse camere montate
sul drone si potrebbe intervenire prima del raccolto, dosando esattamente quello
che serve per il campo, invece che concimare, passatemi
l’espressione, “a occhio di porco”: se il coltivatore ritiene
che in media il suo terreno abbia bisogno poniamo di
cento dosi, ne usa 150 per andare sul sicuro. Sprecando
denaro e inquinando».
Uno spreco evitabile che giustifica il costo del drone?
«Il drone non dovrebbe essere acquistato, ma noleggiato
attraverso il consorzio agrario o gestito da terzisti che offrono il servizio. Mi pare difficile immaginare i coltivatori che diventano esperti di droni. E non è solo questione
di risparmio, ma di qualità e sicurezza alimentare: se in
un angolo del campo, all’insaputa del contadino, le piante sono stressate dalla mancanza di acqua, nutrimenti o
farmaci, diventano preda dei parassiti. Come le piralidi,
farfalle che attaccano il nostro mais aprendo la strada a
infezioni da fungo molto pericolose per la salute umana.
E l’infezione si propaga alle piante sane, causando danni
enormi che i droni potrebbero contribuire a limitare». 
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il cervello
tra le
nuvole
di Silvio Di Domenico
Facciamo conoscenza con
l’elettronica di bordo dei nostri
multi: sensori grandi come
fiammiferi che ci fanno volare in
tutta sicurezza
L
a possiamo chiamare con vari nomi: scheda di
volo, flight control (o semplicemente FC), scheda di controllo, flyght control. In sostanza è un
microprocessore collegato a una serie di sensori che riceve in ingresso i segnali del radiocomando e in uscita
pilota i controller dei motori e vari accessori.
La principale differenza tra un modello e l’altro sta nel
numero di sensori. Possiamo volare con tre giroscopi,
il minimo, oppure con una serie di sensori da far invidia alla piattaforma inerziale di un Boeing di linea e
spesso superare in prestazioni i sensori che hanno porGiroscopi
Informano il
processore sulle
variazioni
dell’accelerazione
angolare.
Ne servono tre,
uno per ogni asse.
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tato l’uomo sulla luna. Il sensore principale è il giroscopio, spesso abbreviato in gyro. Fornisce alla flying
control l’accelerazione angolare, ossia al pari del giroscopio usato per il controllo della coda degli elicotteri
radiocomandati comunica al processore se il multirotore sta ruotando su uno dei tre assi per permetterne la
correzione automatica.
In realtà ne basterebbe uno per ogni asse e possiamo
volare.
Ha il difetto di accumulare errore nel tempo, questo
fa sì che in breve il processore non ha più un dato
preciso e il pilota deve continuamente intervenire
sui comandi per tenere fermo il multirotore, più o
meno come succede su un elicottero RC. Per un volo
più preciso possiamo affiancare ai giroscopi altri
sensori: tra i più comuni l’accelerometro, abbreviato
in ACC. Aiuta il giroscopio fornendo al processore
informazioni sull’accelerazione nelle tre direzioni,
e quindi oltre alla direzione verso cui si si sta spoAccelerometro
Aiuta il giroscopio
aggiungendo
il valore
dell’accelerazione
sui tre assi. Agli
albori della nostra
disciplina, spesso
si smontavano
dalle interfacce
della console di
videogame Wii
sensori e piattaforme inerziali
Tecnica
Migliaia di euro
Un drone per riprese
aeree professionali.
Per arrivare a questi livelli,
bisogna procedere per gradi.
stando il modello riporta anche la direzione dell’accelerazione gravitazionale, che dipende dalla gravità
della Terra e quindi è sempre presente. Essendo una
costante universale, diventa un ottimo riferimento
per riportare in piano il nostro drone e annullare la
precessione, ossia l’errore dei giroscopi.
Il risultato è un mezzo molto più stabile e facile da
portare: una volta centrati i comandi tornerà da solo
perfettamente livellato. E contrasta le folate di vento e
ferma le oscillazioni. Ma l’accelerometro funziona solo
su due assi, beccheggio e rollio, e non può fare nulla
per risolvere la precessione sullo Yaw, cioè la rotazione
sull’asse verticale: in pratica, il timone di direzione di
un aereo o il rotore di coda di un elicottero.
Qui la gravità non ci aiuta, ma il magnetismo terrestre
sì. Quindi a gyro e accelerometro si affianca il magnetometro, che non è altro che una bussola: perfetta per
mantenere una prua costante.
Ancora non basta: con questi sensori possiamo
contrastare ogni movimento del drone, ma non abbiamo nulla che ci aiuti a tenere una quota costante. Chi piota elicotteri sa che mantenere la quota livellata richiede una costante variazione della spinta
dei motori al variare dell’assetto. Un buon pilota lo
fa istintivamente, ma un barometro ci aiuta avvisandoci di ogni variazione con una precisione di
pochi centimetri e permettendo all’elettronica di
intervenire su richiesta del pilota per mantenere in
automatico una quota costante per tutto il volo.
Con barometro, accelerometro, gyro e magnetometro il nostro drone è quasi pronto a volare da solo.
Quasi, perché vola dritto ma non sa dove andare.
Per insegnargli la strada serve un altro fondamenale sensore, il gps. Con lui le cose si fanno serie: leggendo cinque volte al secondo la propria posizione
geografica sulla superficie terrestre, il multirotore
può, su richiesta del pilota, mantenere in perfetta autonomia la posizione in aria contrastando da
solo spostamenti e vento, tornare in automatico alla
posizione di decollo, magari in condizioni di emergenza, o anche navigare in autonomia raggiungendo una serie di Way Point programmati a terra.
Spesso tutti questi sensori sono integrati in una
sola scheda, detta IMU, che è a tutti gli effetti una
piattaforma inerziale digitale. Alcuni sensori invece sono accessori separati, che potremmo installare
in un secondo tempo, espandendo le possibilità del
nostro mezzo.
per un multi acrobatico bastano i gyro
per un volo facile servono anche gli acc
per riprese aeree stabili servono tutti
DRonEziNe - 13
Tecnica
scegliere la scheda giusta
Dopo questa carrellata di sensori si intuisce che scegliere una scheda piuttosto che un’altra spesso dipende
anche da quali sensori ha o possiamo montare e quindi
da quello che farà il nostro mezzo.
Se vogliamo un piccolo acrobatico da pilotare come un
elicottero bastano i gyro, se vogliamo un mezzo meno
nervoso che ci aiuti rimanendo fondamentalmente
fermo quasi da solo, servono gli ACC; se vogliamo un
mezzo che sia in grado di riprendere un’inquadratura
senza sudare per tenerlo in posizione servono tutti.
Questo è il primo punto da tenere presente nella scelta
della scheda di volo. Ma dovremo anche considerare se
vogliamo tutti i sensori subito o preferiamo ridurre la
spesa iniziale e accessoriare il nostro mezzo in seguito.
Dovremo anche fare un esame delle nostre competenze e ammettere onestamente se usare un saldatore o se
mettere mano su stringhe di configurazione al PC fa
per noi oppure no: infatti, esistono schede Plug and Fly
con al massimo un paio di regolazioni da fare e schede
dove bisogna ottimizzare il codice in base ai sensori
che avremo comprato o magari smontato dalla Wii di
nostro figlio.
Altra scelta è se vogliamo un prodotto commerciale legato poi, per gli aggiornamenti, alla ditta produttrice
(spesso cinese) o preferiamo un prodotto open source
dove il codice è sviluppato da una comunità e dove
spesso possiamo sbizzarrirci a provare le più fantasiose
varianti o addirittura crearcene una personalizzata.
questione di budget
Una volta tratte le conclusioni, prima di andare a vedere cosa ci offre il mercato vi do un ultimo consiglio: meglio non saltabeccare da una scheda all’altra.
Ognuna ha una sua filosofia, e una volta che ne avremo studiata una non ne vale la pena passare a un’altra.
Quindi, meglio scegliere una scheda che potrà seguirvi, espandendola e travasandola da un mezzo all’altro,
lungo il vostro percorso nel mondo dei multirotori.
Questo vale soprattutto per chi vuole realizzare un
mezzo complesso, magari per un lavoro aereo.
In questo caso è necessario procedere per piccoli passi,
impratichendosi con un mezzo piccolo ed economico
da riparare, per poi riusare l’elettronica e l’esperienza in
un mezzo più grande.
Non vorrete fare scuola di volo con un mezzo che costa
qualche migliaio di euro, vero? 
DRonEziNe - 14
mikrokopter
la regina delle schede
Capostipite e re indiscusso per anni, la scheda
Mikrokopter è modulare come poche, permette di integrare per gradi sensori e funzioni.
Formato un po’ datato che rende l’elettronica
esposta a polvere e acqua.
I settaggi base permettono di far volare di tutto. Ma per sfruttarla al cento per cento bisogna
studiare le centinaia di parametri che si possono variare.
La si trova al sito www.mikrokopter.de
PRO
Avanzatissimo progetto
si adatta a qualsiasi
mezzo anche per lavori
professionali
Contro
Costoso e legato a
elettronica proprietaria,
complesso da settare in
modo ottimale
Meglio scegliere una
scheda espandibile,
che possa seguirci
nella crescita nel
mondo dei droni
volare
Come il capitano Kirk
Di Luciano zanchi
Pilotare un mezzo volante
controllato dal computer,
come le astronavi di Star Trek,
non è più un sogno ma una realtà
alla portata di tutti
F
ino a pochi anni fa, il sogno di poter costruire e
pilotare un mezzo volante era limitato agli aerei ed
elicotteri radiocomandati.
Ma i sogni non si fermano, Star Trek ci ha insegnato
che le navi spaziali non vengono pilotate con la classica
cloche: i “piloti” pigiano su strane console piene di lucette mentre il computer di bordo si occupa del vero e
proprio pilotaggio del mezzo. Fino a qualche tempo fa, questa modalità di pilotaggio
era talmente lontana dalla nostra realtà che nessuno si
sarebbe mai sognato di provarci davvero.
Ma ora, grazie alla disponibilità di avanzate schede di
controllo a prezzi più che accettabili, a software open
source disponibili su Internet e a dettagliati tutorial, il
tarlo del volo automatico inizia a penetrare nel nostro
cervello. E un nuovo sogno comincia a prendere forma: poter controllare il nostro mezzo volante solo da un
computer, tablet o smartphone e, seduti comodamente
sulla sedia di comando come il Capitano Kirk, impartire ordini di rotta e comandi, verificando i risultati non
su un simulatore ma nella realtà di volo del nostro modello.
primi passi
Il punto di partenza è la realizzazione di un multirotore RC con il quale iniziamo a imparare il pilotaggio
manuale. Chi ha già pilotato elicotteri radiocomandati
si troverà subito a suo agio. Chi non ha mai fatto questa esperienza dovrà passare necessariamente un po’ di
tempo al simulatore prima di alzare dal suolo il multicottero senza fare danni.
La costruzione o l’acquisto di un kit di un multirotore a
4 o 6 motori oggi non è più un problema. In commercio ci sono kit collaudati a prezzi assolutamente abbordabili. Una bella esperienza è anche quella di costruirsi
il multirotore da sé, acquistando e assemblando le varie
componenti. In questo caso su forum italiani e stranieri
si possono trovare ottime guide alla costruzione e “build log” da seguire.
Purtroppo (o per fortuna) oggi non esistono kit pronti
al volo in grado di effettuare un volo automatico. Costruito lo scheletro del multirotore (frame) e installati
DRonEziNe - 15
Tecnica
dal radiocomando al volo autonomo
motori e regolatori, è quindi necessario installare sul
modello una scheda di controllo per il volo autonomo. Diverse sono le schede oggi disponibili con caratteristiche e costi diversi. Per semplicità utilizzeremo la scheda
CRIUS AIO PRO, particolarmente economica e sulla
quale caricheremo il firmware Megapirateng. Anche in questo caso non c’é nulla di pronto al volo
e per procedere è necessario seguire una delle guide
all’installazione e configurazione di Megapirateng disponibili in rete, che spiegano come collegare motori,
regolatori, gps, ricevente rc e radio modem per la telemetria.
È facile tutto ciò? se dicessi di sì, il mio naso si allungherebbe fino a rompere il tablet su cui sto scrivendo.
Ma non è poi neppure cosí difficile. Basta leggere per
bene le guide e fare un po’ di pratica con l’ambiente
di sviluppo Arduino per poter configurare il software,
compilarlo e caricarlo sulla scheda. Non è un “pronto al volo”, ma neppure ci vuole una
laurea in ingegneria. E assicuro che far funzionare al
meglio tutte le componenti del multirotore è una sfida
che vale la pena di cogliere, perché la soddisfazione nel
vedere funzionare il tutto ripaga ampiamente le serate
passate a leggere e studiare i tutorial.
Allora abbiamo costruito o assemblato il nostro multirotore, abbiamo fissato opportunamente la scheda CRIUS AIO PRO sulla frame e
abbiamo collegato motori,
ESC, radio rc e telemetria.
Abbiamo configurato e caricato il software MegaPirateNG e siamo pronti ad effettuare le prime operazioni
propedeutiche al volo.
Uno dei vantaggi nell’uso di
questi software di volo automatico è la disponibilità
di strumenti di configurazione e controllo veramente sofisticati e potenti. Nel
Pronti al volo
La scheda Crius Aio
installata su un
quadricottero
DRonEziNe - 16
nostro caso utilizzeremo un software chiamato Mission
Planner che, collegato alla scheda (tramite cavo usb o
bluetooth o radio modem) consente di effettuare tutte
le operazioni preliminari, come ben descritto nelle guide e tutorial: verifica e calibrazione dei canali radio rc,
calibrazione accelerometri, impostazione modi di volo,
verifica della funzionalità del gps, ecc.
Se tutte le verifiche pre-volo descritte nei tutorial hanno
dato esito positivo siamo pronti al collaudo che deve essere eseguito nella modalità di volo Stabilize.
Modo di volo STABILIZE
In questa modalità il multicottero tende a mantenersi
orizzontale regolando i giri dei motori. Megapirateng
ha un sistema di autoregolazione veramente comodo.
Una volta impostata la modalità di autoregolazione, si
mantiene il modello in hovering cercando di mantenerne l’orizzontalità con la radio. Gradualmente il modello
“impara” a stare orizzontale da solo, e dopo pochi secondi si potranno abbandonare i comandi della radio e
il multirotore rimarrà autonomamente in volo orizzontale quasi senza interventi manuali. In questa modalità
il modello va pilotato, altrimenti una lieve brezza o un
piccolo disturbo sposterà il multirotore dalla sua posizione di hovering. Non siamo ancora al volo automatico! Dopo aver collaudato per bene il nostro multicoso in
Tecnica
modalità stabilize possiamo fare un primo timido passo
nel campo del volo automatico attivando una modalità
di volo che hanno chiamato, chissà perché, LOITER. Siamo ancora lontani dalla ponte di comando dell’Enterprise del capitano Kirk, ma ci stiamo avvicinando.
Modo di volo LOITER
Attivando questo modo di volo con un interruttore della radio (canale 5), il software della scheda di controllo
utilizza in modo integrato tutti i sensori a disposizione
(giroscopi, accelerometri, magnetometro, barometro e
gps) al fine di mantenere il modello fermo sui tre assi a
una determinata quota.
Con gli stick della radio possiamo intervenire per modificare la posizione e la quota, ma appena lasciamo i
comandi il multirotore si ferma in posizione e tenta con
tutte le sue forze di stare fermo in aria. E sorprendentemente ci riesce!
Il prossimo passo, che inizia a farci assaggiare l’emozione del volo autonomo è l’attivazione della modalità di
volo: ritorno a casa automatico. Modo di volo RETURN TO LAUNCH (RTL)
Il canale 7 della radio può essere impostato un po’ come
“panic button” e in caso di emergenza, attivando l’interruttore, qualsiasi cosa stia facendo il multirotore, il
software di bordo inizia le procedure automatiche di
ritorno a casa che noi seguiremo a vista senza disturbare il modello con il radiocomando.
Come prima cosa il multirotore guadagna quota per
portarsi a una quota di sicurezza (definita in fase di
configurazione) in grado di poter superare eventuali
ostacoli (siepi, alberi, recinzioni). Quindi ruota la prua
verso il punto di decollo (posizione di home: dove la
scheda è stata “armata”) e inizia il viaggio di ritorno.
Raggiunta la verticale sulla “home” procede con una
discesa controllata fino a toccare lentamente il suolo,
arrestare i motori e disarmare la scheda.
Tutto ciò in modo totalmente autonomo. Dopo tutto
il tempo passato al simulatore per imparare a tenere in
volo il multirotore, vedere ora il modello che torna a
casa da solo è sempre sorprendente.
Con l’RTL abbiamo verificato che il nostro software di
bordo è in grado di far volare il modello in modo autonomo e possiamo quindi finalmente salire sul ponte
di comando e provare l’emozione del primo volo totalmente autonomo.
Modo di volo AUTO
Come i modi di volo Stabilize e Loiter, anche il modo
di volo Auto è attivabile da una posizione del canale 5
della radio. Prima di lanciarci nel volo automatico dobbiamo utilizzare il programma Mission Planner per disegnare il percorso che desideriamo che il multicottero
segua durante la missione.
Stabiliamo il punto di decollo e il punto di atterraggio.
Impostiamo sulla mappa i vari punti che costituiscono
il piano di volo (waypoints) e le quote che dovranno
essere rispettate. Premendo semplicemente un bottone
carichiamo infine il piano di volo sulla scheda. Ora tutto è veramente pronto per il volo autonomo. Portiamo il multicottero in un’area adeguata, in modo che il
volo si svolga in tutta sicurezza, e armiamo la scheda
con i motori al minimo per predisporci al lancio. Non
appena attiviamo la modalità AUTO il multicottero decolla automaticamente, raggiunge l’altezza definita nella
missione e inizia a volare lungo il percorso predefinito, muovendosi da un waypoint a un altro alla velocità e alla quota stabilite nei parametri di volo, mentre
il software Mission Planner scandisce con una voce
femminile e in lingua inglese le condizioni di volo e i
waypoints raggiunti.
L’ultimo waypoint è normalmente di tipo LAND e quindi il modello inizia una lenta discesa automatica verso il
suolo. Terminata la procedura di atterraggio il software
arresta i motori e disarma la scheda. Se lo desideriamo,
per la gestione della missione, anziché disporre di un
personal computer, possiamo utilizzare uno smartphone o un tablet, dispositivi sicuramente più pratici e con
una maggiore durata della batteria.
Tutto ciò è ancora modellismo?
Non lo so. e non me ne importa nulla
DRonEziNe - 17
Tecnica
Con la modalità AUTO siamo entrati decisamente nel
territorio del volo automatico. La radio è ormai usata
solo all’inizio, per attivare la modalità AUTO. E a meno
di eventuali emergenze, non viene più utilizzata per
tutta la missione. Abbiamo fatto passi avanti. Siamo
saldamente sul ponte di comando della nostra piccola
Enterprise ma il sogno è pilotare, come il tenente Sulu,
unicamente dal computer di bordo. Con la disponibilità di un solido link tramite radio modem tra personal
computer e scheda di controllo a bordo del modello
abbiamo la possibilità di impartire al multicottero comandi in tempo reale, lasciando al radiocomando solo
il ruolo di gestire eventuali emergenze.
Modo di volo GUIDED
Con il modo di volo GUIDED possiamo effettuare tutte le operazioni di volo direttamente da un computer,
smartphone o tablet. Posiamo il modello a terra (sempre in un’area adatta e in piena sicurezza) e ci sediamo
davanti alla nostra “ground station” mentre armiamo
con la radio rc il modello.
Dal software di gestione possiamo quindi attivare il
modo GUIDED e il multirotore effettuerà autonomamente il decollo portandosi alla quota specificata nei
parametri di volo, fermandosi infine in attesa di comandi. Cliccando con il mouse sulla mappa visualiz-
DRonEziNe - 18
zata dal pc o dallo smartphone possiamo ora impartire al multicottero ordini di spostamento, di cambio di
quota, di ritorno a casa e di atterraggio e potremo seguire l’esecuzione dei comandi, oltre che a vista, anche
sullo schermo della nostra “ground station”, ascoltando
sempre la simpatica vocina che ci tiene informati sulla
situazione di volo. Con uno smartphone dotato di gps
possiamo perfino chiedere al modello di seguirci mentre camminiamo (modo Follow Me), magari fermandosi a una determinata distanza di sicurezza (modo
Lead It).
Ora possiamo pilotare il nostro mezzo semplicemente
con un computer e abbiamo raggiunto il nostro obiettivo. Qualcuno potrà chiedersi se tutto ciò è ancora modellismo o se forse siamo più vicini all’elettronica applicata o alla robotica....beh, me lo sono chiesto anch’io.
Ma tutto sommato non me ne importa nulla. Qualunque cosa sia questa disciplina è fantastica, divertente,
è uno stimolo continuo allo studio, all’aggiornamento,
alla sperimentazione e alla creatività. Dove ci porterà?
Non lo so.
Lascio la risposta a quel bambino che sognava gli aeroplanini e che a sessantanni suonati è ancora entusiasta
del volo e suggerisce che la strada giusta è sempre quella: seconda stella a destra questo è il cammino e poi dritto
fino al mattino. 
gOPRO
CONTRO
hERO 3
SONY
HDR aS15
Di Stefano Orsi
Leggerezza, alto contrasto, uscita
video live sono le caratteristiche più
importanti per una action camera
adatta a un drone.
E Sony sfida il leader
U
na videocamera da utilizzare per riprese aeree
su droni e multirotori deve avere alcune caratteristiche imprescindibili. Eccole:
Leggerezza: il peso è il peggior nemico dei droni, bisogna scegliere con attenzione la videocamera che possa
fare al caso nostro, che abbia un peso contenuto, non
possiamo certo portare in volo una handycam professionale da 5Kg.
Video Live: deve avere l'uscita video live, che ci permette, per mezzo di un sistema di downlink video,
di vedere tramite monitor esterno o
occhiali lcd da volo in prima persona
cosa il drone stia inquadrando.
Contrasto: Deve essere luminosa e
avere una buona velocità di compensazione nei passaggi luce/ombra e chiaro/scuro; in
volo i fenomeni di controluce, osservando prima
l'orizzonte e poi il terreno, sono molto frequenti e accentuati.
Gopro: storia di un successo
Una scatoletta grigia di 5x5x4 cm che assomiglia (dimensioni a parte) a una lavatrice anni
‘80 con tanto di lente semisferica a forma di
oblò. Sexy proprio non è. A giudicarla solo dall’estetica, non verrebbe nemmeno voglia di testarla. Eppure
questo sgraziato concentrato di tecnologia negli ultimi due anni è diventato il punto di riferimento per le
riprese amatoriali. E non solo, visto che non la disdegnano neppure i professionisti delle video riprese.
Non c’è un video maker, un regista molto trendy o un
operatore video geek, che non abbia sempre carica in
tasca la Action Cam per eccellenza. Nessuna sorpresa
che abbia spopolato anche tra gli appassionati delle riprese aeree a livello hobbistico.
GoPro è stata inventata dal trentasettenne californiano Nicholas Woodman, definito da Forbes "Mad Billionaire" (miliardario pazzo). Surfista e appassionato
di foto e riprese, Woodman progettò la sua prima
camera "indossabile" e water proof subito dopo aver
creato la sua società nel 2002.
All'inizio i primi passi della sua company furono
molto incerti. La svolta avvenne nel 2004,
quando vendette la prima grossa partita di
100 videocamere a un cliente giapponese
per una manifestazione.
Miliardario pazzo
Nicholas “Mad
Billionaire”
Woodman, il giovane
californiano che ha
inventato la GoPro
DRonEziNe - 19
Tecnica
Gopro hero 3 e sony hdr as15 a confronto
GoPro Hero 3
Presente su tutti gli scaffali di ogni tipologia di negozio,
chi si azzarderebbe a bussare alla porte di un mercato
dominato dalla Hero, che con la versione White, Silver o
Black sfruttando la connessione WiFi nativa e la nuova
app per Iphone e Android, ha spazzato via ogni tentativo
di concorrenza?
Inquadra il codice
per vederla su Amazon
Il successo arrivò nel 2012, con più di due
milioni di GoPro vendute nel mondo. Oggi la terza generazione continua a mietere vittime illustri nell'agguerrito
settore delle Sport Cam. In tanti provarono a fargli concorrenza, con risultati altalenanti: la Contour con il suo
modello di punta HD 1080, seguita a ruota dalla Oregon
Scientific con la sua Action Cam HD senza tralasciare
l'ultima Drift HD Ghost. Ma nessuno riuscì a scalfire il
mito creato dal surfista californiano.
Pregi e difetti
I colori forse troppo saturi e l'inquadratura a fish eye sono
al contempo i suoi principali pregi e difetti.
Una tra le tante caratteristiche della GoPro è data dalla
sua grande apertura della focale con angoli regolabili, che
arrivano sino ai 170 gradi permettendo inquadrature veramente spettacolari.
Grazie al nutrito assortimento di accessori e camera
mounting è possibile posizionare la GoPro praticamente ovunque, dal manubrio di una bici impegnata in uno
spettacolare downhill alla tavola di un surfista californiano al casco di un rider stile Harley Davison o di paracadutista con la sua tuta alare.
Il successo della GoPro è dovuto anche ai bellissimi video che popolano i vari canali del "Tubo", postati anche
sul sito ufficiale con l'azzeccatissimo slogan "Be a Hero!".
DRonEziNe - 20
Lo sfidante orientale
Ci prova il colosso Giapponese Sony, leader di mercato in
diversi settori dell'elettronica consumer e prosumer con
la sua ultima nata HDR-AS15, progettata per affacciarsi
nel delicato e combattuto mercato delle Action Cameras.
A differenza dell’americana, la giapponese ha un design
accattivante e linee piacevoli che trasmettono un feeling
molto positivo.
Con il peso di soli 65 gr. (senza custodia) si candida a giocare un ruolo di primo piano non solo nel mondo dello sport d'azione, ma anche nelle riprese aeree su piccoli
droni.
Ci troviamo di fronte un obiettivo molto ampio e luminoso, che lascia ben sperare in un girato che non necessiti di
troppe correzioni in post produzione. Tuttavia l’obiettivo
non ruota. E la rotazione delle immagini non è possibile
nemmeno via software, quindi il posizionamento della
piccola videocamera è leggermente penalizzato e in alcuni casi forzatamente obbligato.
inquadra il codice
per vederla su Amazon
Sony Hdr-AS15
Tecnica
Il tanto pubblicizzato sistema di riduzione elettronico
delle vibrazioni potrebbe diventare un ulteriore arma per
combattere lo strapotere della Hero3.
Nella versione più evoluta ha anche la connessione WiFi,
corredata da funzioni che permettono di copiare facilmente i video. Peccato che non possa scattare foto. Al momento si possono solo estrarre piccoli snapshot, ma non
si può sfruttare l'ottica Carl Zeiss per produrre immagini
a un risoluzione maggiore di 2Mp. Un vero peccato, molti
smartphone di fascia bassa posseggono risoluzioni migliori. Al momento la HDR-AS15 ha un parco accessori
abbastanza ridotto che siamo certi crescerà con il tempo a
mano a mano che la Sony si addentrerà in questo campo.
Il menu di configurazione è molto sconclusionato, ci auguriamo che venga presto posto un rimedio a questo fastidioso difetto. La qualità dei colori abbinata a una buona
fluidità dei filmati sono tra i suoi punti di forza.
gettisti paiono convergere: l’ aumento delle prestazioni
e la riduzione di ingombri e pesi; possiamo così sperare
di vedere i prossimi droni con un carico pagante sempre
inferiore, che come contropartita ci regala una maggiore autonomia e manovrabilità. In conclusione, la GoPro
rimane la camera di riferimento per i droni, ma la Sony
può essere un'interessante alternativa a un prezzo conveniente, leggera e flessibile. Ma solo se non dobbiamo fare
fotografie in alta risoluzione e ci basta il video.
In conclusione...
Esistono diversi filmati comparativi, registrati anche da
professionisti, che evidenziano in modo inequivocabilmente chiaro i pregi e i difetti delle vecchie e nuove video
camere d'azione. Su un fatto però tutti i produttori e pro-
a confronto
Sensore
Memoria
Risoluzione
Foto
Batteria
Angolo di ripresa
Uscita video live
Impermeabilità
Peso
Prezzo (indicativo)
GoPro Hero3 Black Edition
12 megapixel
Micro SD sino a 64GB
Massima 1920x1080 fino a 60FPS
4K (16:9 and 17:9) @ 12, 12.5,
15fps; 2.7K (16:9 and 17:9) @ 30,
25, 24fps; 1440p (4:3) @ 48, 30,
25, 24fps; 1080p (16:9) @ 60, 50,
48, 25, 24fps; 960p (16:9) @ 100,
48fps; 720p (16:9) @ 120, 100, 60,
50fps; WVGA (16:9) @ 240fps
Risoluzione massima di 12MP in
modalità time laps, scatto singolo,
scatto continuo
Litio ricaricabile
Regolabile da 120 a 170°
Con adattatore
Fino a 60 metri, con apposito case
Circa 100 grammi
450 euro
Sony Hdr-AS15
2 megapixel
Micro SD o Memory Stick
Massima 1920x1080 a 30FPS
Frame Per Second maggiori con
risoluzioni più basse: 920x1080/30
P(HQ),1280x720/30P(STD,SLOW,
SSLOW),/30P(VGA)
Snapshot alla risoluzione massima
di 2MP
Litio ricaricabile
Regolabile da 120 a 170°
Con adattatore
Fino a 40 metri, con apposito case
Circa 60 grammi
250 euro
DRonEziNe - 21
MicroDrones
MD4-1000
Di S.O.
Un drone autonomo e semi-autonomo
dalla lunga autonomia adatto all’impiego
extraurbano e rurale
piegati nelle sede principale più un altro centinaio
di persone nel resto del mondo tra rete di vendita e
assistenza.
Dal 2006 a oggi sono stati venduti più di 800 esemplari del fratello minore MD4-200, mentre per il
olitamente un principiante può pilotare un md4-1000 sono state vendute 250 unità partendo dal
drone dopo un’ora di lezione» si legge nella 2010 (anno di immissione sul mercato).
descrizione del MD4-1000, drone autonomo e
semi autonomo progettato e prodotto dalla tedesca Long Range
Microdrones Gmbhcon sede a Siegen in Germania. Tra le sue caratteristiche salienti abbiamo una autoIl segreto di tanta semplicità di gestione sta nel si- nomia di volo dichiarata di 88 minuti, anche se sono
stema AAHRS (Attitude, Altitude, Heading Refe- da attendersi risultati diversi a seconda delle condirencing System) esclusivo di Microdrones, che fa sì zioni meteorologiche e del payload utilizzato.
che anche i piloti completamente inesperti possano Un quadrirotore compatto dal peso approssimativo
imparare a pilotare un drone in pochissimo tempo. di 2,5 Kg con capacità di carico raccomandata vaL’azienda nasce nel 2005 e conta a tutt’oggi 25 im- riabile tra gli 800 e i 1200 grammi che può arrivare,
s
Nel camion dei pompieri
Un MD4-1000 della Protezione
Civile tedesca con le braccia ripiegate
DRonEziNe - 22
recensione
grazie alla generosa motorizzazione, sino ai 5Kg di
peso complessivo.
La distanza tra motore e motore è di circa un metro, il che pone md4-1000 in una fascia di utilizzo
extra urbana o rurale o per missioni di durata e distanza, anche grazie alla possibilità di equipaggiarlo
con sistemi di telemetria e FPV (First Person View,
trasmissione a terra delle immagini in tempo reale
riprese dalla telecamera, come se ci si trovasse a bordo del drone).
L’ampio pattino d’atterraggio semicircolare garantisce una buona base di appoggio e non interferisce
nelle riprese anche con focale molto aperta.
macchine si trovano con quotazioni intorno ai 21.000
euro e che i prezzi partono da 40.000 euro per un drone
nuovo di zecca. La ground station e il software proprietario per il controllo delle telemetria dei Way Point e della
navigazione sono a corredo del mezzo, e in alcune soluzioni è quasi d’obbligo per poter usufruire appieno delle
capacità operative offerte dal MD4-1000.
Attualmente ci sono altri prodotti, anche di case concorrenti, che probabilmente sono riusciti a sorpassare
dal punto di vista delle prestazione i risultati di questo
MicroDrones; tuttavia riteniamo che in un impiego extraurbano le generose dimensioni del telaio abbinate
all’ottimo rendimento delle eliche lo facciano preferire
come macchina da lavoro a tante new entry che ancora
pronti al decollo
devono ritagliarsi e consolidarsi una fetta di mercato in
La cupola superiore è facilmente smontabile con un uni- un settore fortemente competitivo e altamente tecnologico pulsante di blocco per accedere ai controlli pre-volo co come quello degli UAV civili.
e sopratutto per collegare le batterie di bordo che sono
realizzate con tecnologia a polimeri di Litio (LiPo 6s2p) un drone per pochi
per un totale di 22,2 Volts e 12,2 Ah erogati. Sempre sulla Considerando le peculiarità d’uso, le dimensioni e la
capottina superiore è montata l’antenna del gps che è il fascia di prezzo, possiamo affermare con sicurezza che
cuore pulsante per la navigazione autonoma.
pochi saranno i video amatori o i giovani reporter che
L’elettronica di controllo, il cervello pensante del sistema, potranno attrezzarsi con un MD4-1000 per le loro riè ben protetta al piano inferiore. Il telaio in fibra di car- prese. In effetti i clienti consolidati della casa germanica
bonio garantisce robustezza e leggerezza alla struttura sono forze di polizia, vigili del fuoco, protezione civile e
portante.
ambientale, ispezione a linee aeree o aziende correlate al
Per conoscere il prezzo, come sempre avviene in questi mondo industriale e agricolo. Per altre applicazioni più
casi e per questa tipologia di prodotti, bisogna contattare semplici e snelle è sempre possibile affidarsi al md4-200,
direttamente la casa madre e tramite un consulente si ar- mentre nel caso in cui siano necessarie prestazioni di cariva alla formulazione di una offerta. Tanto per rendere rico veramente super, allora la Micro Drones offre il nuol’idea, possiamo solo dire che nel mercato dell’usato tali vo MD4-300 con capacità di carico di 3Kg.

scheda
Batteria: LiPo 6s2p 22,2Volt
12,2Ah
Dimensioni: distanza interasse
motore – motore 1030mm.
Larghezza carrello: 620mm.
Eliche: in carbonio 700mm
Tempo di volo: > di 80 minuti
Velocità di crociera: 15mt/s
Costo: A partire da 40.000 euro
Temperature di esercizio:
-20° / +50°
Altre caratteristiche: resistente
alla polvere e alla pioggia.
Braccia ripeghevoli.
DRonEziNe - 23
La Guerra
POstUmana
I droni uccidono. Non provano né
paura né pietà. La battaglia diventa
virtuale, ma i morti sono veri
Di Luca Masali
I
droni da combattimento piaccino ai generali. Paragonandoli a Machiavelli, l’Herald Tribune li definisce
«macchine per attacchi facili, nascosti e astratti». Facili perché i droni non sbagliano mai il bersaglio. Nascosti
perché agiscono lontano dagli occhi dei media, colpiscono nell’ombra senza che nessuno ne sappia nulla, se non
sono i militari stessi a rivelarne le operazioni. Astratti,
perché la guerra diventa un tragico videogioco.
Durante i lavori di un convegno organizzato dal Corriere
della Sera, il docente di studi strategici Luciano Bozzo ha
dipinto un quadro inquietante: «Immaginate la giornata
di un tenente dell’Usaf» ha detto. «Al mattino si alza, fa
colazione con uovo al bacon e corn flakes, accompagna i
figli a scuola. Poi si dirige nel deserto del Dakota, in una
base segreta. Sembra un ufficio, con musica ovattata e segretarie alla macchinetta del caffè. Si siede alla console, e
da lì dirige un drone che dall’altra parte del mondo si alza
in volo per lanciare un missile contro una presunta base
di terroristi. Uccide delle persone. Spegne la console, torna a prendere i figli a scuola e esce a cena con la moglie».
Scene del genere non sono fantascienza, sono cose di tutti
i giorni: più di metà degli ufficiali che escono dalle accademie aeronautiche non si addestrano a pilotare caccia e
bombardieri, ma droni controllati da migliaia di chilometri di distanza. Sparsi per gli Stati Uniti ci sono 150 corsi
universitari di pilotaggio virtuale, sia per piloti civili sia
per i militari.
È difficile stimare quante sono le vittime dei droni; più
che di azioni di guerra, si tratta di missioni di
“killeraggio mirato”, veri e propri agguati volanti a persone ben precise e identificate. Luigi
Ippolito, responsabile esteri del Corriere della
Sera, riporta studi che parlano di 2500-3000
morti, tra i quali 900 civili: i cosiddetti “collaTavola rotonda
L’evento del Corriere della
Sera dedicato ai droni
DRonEziNe - 24
Terza pagina
Luciano Bozzo, Luigi Ippolito e Steven Ratner
teral damage”, i danni collaterali, gli innocenti che sempre,
in ogni guerra ci vanno di mezzo. Tra di loro, almeno 200
bambini. E chissà quante donne, vecchi e persone che con
il conflitto, o meglio con il terrorismo, primo bersaglio
della guerra robotica, non hanno nulla a che fare. Bozzo
si affretta a spiegare che in realtà la precisione chirurgica
dei droni salvaguardia anche le vite umane dalla parte del
“nemico”, permettendo di contenere di molto i danni collaterali rispetto alle consuete tattiche di combattimento.
«Obama ha prevalso alle primarie sulla signora Clinton
grazie alla sua politica contro la guerra, ha sostenuto l’urgenza e la necessità di chiudere la partita della guerra in
Iraq. Ma sotto la sua amministrazione i droni sono cresciuti più che esponenzialmente» ha detto Steven Ratner,
esperto americano di diritto internazionale, «e ha ordinato almeno 300 raid di droni in Yemen, Afghanistan,
Pakistan nel quadro della lotta al terrorismo e ad Al Quaeda». Bush è stato il primo presidente Usa a introdurre
nell’arsenale statunitense gli aerei robot, che ora sono
sviluppati da settanta nazioni del mondo, Italia compresa.
Dieci anni fa nel mondo c’era una cinquantina di droni, e
nessuno è stato usato nella guerra di Bush padre contro
l’Iraq. Oggi gli Usa ne scherano 7500. Non è solo questione di costi, anche se i droni sono molto convenienti: con il
killer bipartisan
«Con i droni i soldati non vanno più fisicamente sul
campo di battaglia, non c’è più il contatto col nemico.
C’è chi la chiama guerra post-umana, ma a me sembra piuttosto una guerra disumana» fa notare Ippolito, e continua: «sarà anche vero che i droni trasformano il campo di battaglia in una specie di ambiente
chirurgico, asettico, astratto. Ma per chi è bersagliato
dalle armi intelligenti e sofisticatissime degli aerei
robot continua a essere un macello concretissimo».
DRonEziNe - 25
Terza pagina
quando i droni uccidono
prezzo di un solo caccia F22 si possono acquistare ottanta
Predator, droni a elica come quello della foto nella pagina
precedente, del costo unitario di soli 5 milioni di dollari
(a seconda dell’equipaggiamento e dell’armamento). Una
macchina in grado di rimanere una intera giornata nel
teatro delle operazioni e volare basso, sotto la copertura
radar, avvicinandosi al bersaglio fin quasi a toccarlo. Senza rischi, perché i droni sono spendibili; se lo abbattono,
pazienza. Ma quello che piace di più a generali e politici
è che con la guerra robotica non ci sono piloti morti da
far rimpatriare sotto gli occhi delle telecamere, o peggio
prigionieri la cui sorte fa trattenere il fiato a una intera nazione: i droni colpiscono di nascosto, lontani dagli occhi
dell’opinione pubblica.
fermare gli eccessi
«I droni sono un estensione del corpo dell’operatore.
Sono i suoi occhi, le sue braccia. La sua pistola. E questo porta problemi non solo etici, ma anche politici» ha
detto Ratner. «L’opinione pubblica americana ha sempre
visto con favore i droni; uccidono terroristi stranieri, e il
governo sostiene che lo fanno per proteggere l’America
dal terrorismo. Ma i militari si sono spinti troppo oltre, e
l’opinione pubblica si è rivoltata». Il pasticcio è successo
nello Yemen, quando un drone ha ucciso Al Awlaki, numero due di Al Quaeda.
Obama si è affrettato a salutare l’evento come «una grande
vittoria», ma è stata una vittoria di Pirro. Perché Al Awlaki era certamente un imam radicale, un serio candidato
alla successione di Osama Bin Laden, ma era anche un
cittadino americano. Ed è scoppiata violentissima la polemica. Obama viene accusato di aver sostanzialmente
ordinato la condanna a morte di un cittadino
senza un regolare pocesso. La questione arriva
al Congresso, e subito emergono altri dettagli
scottanti: sono almeno quattro le persone con
passaporto americano uccisi dai droni nelle aree calde del pianeta. A Obama non resta
che prendere una posizione forte: in un celebre discorso afferma che la guerra dei droni si è
spinta troppo oltre, occorre mettere dei paletti:
primo, i droni da ora in poi potranno usare la
forza solo se è in gioco la sicurezza degli Stati
Uniti; secondo, potranno uccidere un sospetto
di terrorismo solo se la cattura non è possibile;
terzo, le armi di bordo potranno sparare solo se
c’è la certezza che ci siano “zero danni collateDRonEziNe - 26
rali”, cioè se non c’è alcun rischio di ferire o uccidere altre
persone al di fuori del bersaglio. Come è ovvio, queste regole in un teatro di guerra possono essere aggirate.
Ma, nota Ratner, «è davvero inusuale che un capo di Stato
si leghi da solo le mani, e le leghi anche ai suoi successori,
in mancanza di trattati internazionali condivisi».
Il fatto è che Obama, oltre a doversi confrontare con una
opinione pubblica indignata, ha dovuto fare i conti con
il diritto internazionale e il semplice buonsenso militare:
300 raid, 3000 morti più o meno mirate dimostrano che
con migliaia di droni a disposizione è anche pensabile
di assassinare la gran parte della classe dirigente dell’avversario. Ma se si decapita il nemico, poi con chi si tratta quando viene finalmente l’ora della pace? Il rischio è
quello di creare caos, di alimentare l’atroce terrorismo faida-te, quello che spinge due disperati a decapitare con un
coltellaccio un soldato nel cuore dell’Inghilterra.
Oltre a ciò, nota Ratner, il diritto internazionale imponeva a Obama di mettere un freno agli eccessi dei suoi aerei
robot. «Nel diritto di guerra moderno ci sono due principi base» spiega Raitner. «La regola della distinzione e la regola della proporzionalità. La regola della distinzione dice
che uno Stato non ha il diritto di colpire direttamente civili: oggi un attacco come il bombardamento nucleare del
Giappone sarebbe un crimine di guerra. La regola della
proporzionalità impone che non si debbano creare vittime civili sproporzionate al raggiungimento dell’obiettivo
militare: per esempio un drone non può sparare un missile su una scuola solo perché dentro ci sono dei terroristi.
Era logico che Obama declinasse questi principi di civiltà anche nella lotta robotica al terrorismo, se non voleva
passare alla storia per la guerra dei droni». 
Americano
L’Imam Al Awlaki,
cittadino Usa,
ucciso da un drone
nello Yemen
senza pilota
sulla
POrtaerei
Lo storico volo autonomo di un aereo
robot Bell 47B, dal lancio con catapulta
al touch-and-go sul ponte della nave
U
na pietra miliare nello sviluppo dei droni da combattimento, la definiscono gli ingegneri americani: nel mese di maggio 2013 un aereo militare
senza pilota ha effettuato un decollo tramite catapulta e
un touch and go sul ponte di una portaerei al largo delle
coste statunitensi.
X-47B: questo è il nome in codice di un UCAS (Unmanned Combact Air System) un velivolo da combattimento, o meglio, un sistema di combattimento aereo prodotto in collaborazione tra la US Navy e la Northrop
Grumman.
«La marina militare degli Stati Uniti è stata particolarmente orgogliosa di partecipare a questo progetto di
velivolo senza pilota, offrendo i ponti di decollo della
portaerei USS George HW Bush (CVN77) che svolge attualmente operazioni di training incrociando nell’Oceano Atlantico» dicono le fonti della Marina.
Gli esperimenti del programma X47-B iniziarono nel
2008, con il precursore Pegasus che ha effettuato il primo volo di test nel febbraio 2011.
E si concretizzano con i primi test di lancio con catapulta nel novembre 2012.
Nella settimana dal 13 al 16 maggio si sono svolti i lanci
con catapulta dal deck della portaerei e infine il giorno
17 sono stati eseguiti diversi passaggi a bassa quota con
tanto di touch and go, l’atterraggio con riattaccata, dove
l’aereo robot ha sfiorato con i carrelli il ponte della nave.
Il tutto sotto gli occhi curiosi e attenti di vari esponenti
militari di diverso rango.
Il volo è terminato con un regolare atterraggio presso la
base aeronavale di Patuxent River nel Maryland, dopo
un volo autonomo di più di un’ora.
«Oggi abbiamo visto un piccolo, ma significativo, pixel nella foto del futuro della nostra Marina Militare, di
come inizia l’integrazione di sistemi senza pilota nel più
ampio e complesso scenario dei combattimenti di guerra che esista oggi: il ponte di decollo di una portaerei
nucleare» ha detto David Buss, vice comandante della
Naval Air Force.
Buss ha definito la missione dell’aereo robot un «evento
spartiacque» nella storia dell’aviazione navale: è la prima volta che un aereo senza pilota è stato catapultato
da una portaerei, ha potuto volare per 65 minuti nello
spazio aereo nazionale ed è atterrato in un’altra base aeronavale con sicurezza e precisione, e soprattutto «senza alcun passaggio di vettori di controllo».
Cioè senza che un pilota da terra abbia dovuto intervenire via radio sui comandi dell’aereo: il computer di
bordo ha fatto tutto da solo. 
scheda
Il progetto X47 si articola in tre droni
di dimensioni e prestazioni differenti.
X47-A ha meno di 6 metri di apertura alare, come un F-104; il drone del test, X47-B,
ne ha 19 e il fratello maggiore
X47-C ne ha 52, poco meno di un
bombardiere strategico B-52
DRonEziNe - 27
Drone
art
Di luca masali
I droni invadono la letteratura, la musica,
l’arte. Persino la danza e la moda.
i
n Inferno, l’ultimo romanzo di Dan Brown (l’autore
del Codice Da Vinci), un piccolo multicottero da ricognizione nelle mani di una oscura organizzazione
segreta tormenta i protagonisti, inseguendoli tra i vicoli e i giardini di Firenze.
Fa davvero impressione vedere con quanta naturalezza un best seller americano mescoli con noncuranza
Dante Alighieri e Hobbyking, tecnologia hobbystica e
versi della Divina Commedia.
Il drone riunisce in sé le grandi paure del nostro tempo: l’essere spiati e la fredda intelligenza meccanica
che gestisce le nostre vite. In un’epoca dove ci spiano
persino nel Dna, dove un semaforo decide se darci la
multa oppure no, un algoritmo decide se ci meritiamo
il mutuo per la casa o le rate per il frigorifero, dove un
aereo robot decide da sé se siamo terroristi o semplici passanti, e in base a
quello fa partire o meno
il missile, era solo questione di tempo prima
che la cultura popolare
riforgiasse l’antico mito
del cervello meccanico
e lo attualizzasse dandogli ali ed eliche per
DRonEziNe - 28
stare per aria. Il drone è l’evoluzione logica che unisce
l’archetipo del robot con quello dell’occhio onnipresente del potere di Orwell.
Ma mentre robot e grandi fratelli, pur nascendo nella
letteratura “nobile” sono rimasti confinati nel circuito
della fantascienza, i droni rompono i confini, e come
una metastasi sciamano alla conquista di ogni forma
espressiva: non solo letteratura e cinema, ma anche design, mode e arte. Come i lavori di James Bride, l’artista
inglese che ha tracciato col gesso la sagoma in grandezza naturale di un Predator tra le vie di Londra, per dare
un segno tangibile della presenza di queste macchine
occulte che l’Inghilterra spedisce nelle sue guerre segrete negli angoli più sperduti del mondo. E rendere così
i droni «un pochino più visibili, un pochino più vicini.
Un pochino più reali», dice lo stesso Bride.
C’è chi è più esplicito, come l’artista di strada Essam Attila, che ha creato dei falsi cartelli dell’NYPD, la polizia
di New York, che avvisano le persone di stare alla lar-
Attenti al drone
Il falso cartello della
polizia newyorkese
costato 56 denunce
penali allo street
artist Essam Attila.
Terza pagina
Burqa stealth e droni danzanti
Il burqua che rende invisibili ai droni.
Sotto, la danza di 16 droni nello show
“Meet your creator”: inquadra
il codice per vederlo su YouTube.
ga, zona controllata da droni armati. Una installazione
goliardica che mescola il burocratichese dei poliziotti
con le grafiche di Apple «per richiamale l’attenzione
sul sempre più vicino momento in cui la polizia spierà e sparerà coi droni in città». Una provocazione che
i tutori della legge non hanno apprezzato, ed è costata
all’artista americano 56 denunce penali per falsificazione degli stemmi della polizia, una per ogni cartello. A
metà strada tra arte e moda c’è la curiosa proposta di
Adam Harvey, che ha realizzato una linea di tute, foulard e persino un burqua anti-drone, in un tessuto speciale che (a suo dire) dovrebbe interferire coi rilevatori
a infrarossi del drone rendendo impossibile spiare chi
li porta. Oltre che soggetto d’arte, i droni possono diventare anche strumenti d’arte, come il pennello per un
pittore.
Un esempio particolarmente affascinante in questo
senso è lo show aereo di 16 piccoli quadricotteri che
disegnano una danza di luce, realizzato per l’agenzia
pubblicitaria Saatschi & Saatschi dai coreografi del
Marshmallow Laser Feast, Robin McNicholas, Memo
Akten e Barnaby Steel, su musiche di Oneohtrix Point
Never. Protagonisti i quadricotteri prodotti da Kmeal
Robotics equipaggiati da specchi e luci. Lo show è stato
eseguito senza problemi in un teatro pieno di gente che
si godeva lo spettacolo, a dimostrazione di quanti passi
avanti si siano fatti nella sicurezza dei robot volanti.
Se i droni diventano l’obiettivo preferito dell’arte, non
solo underground, non è detto che abbiano la stessa
fortuna anche al cinema. Come insegna il flop di Stealth - Arma suprema, film del 2005 di Rob Cohen,
imperniato sulle vicende di un drone militare di nome Edi. Costato 135
milioni di dollari, ne ha incassati la
metà, segnando il record di perdite
nella storia del cinema. 
Disastro al botteghino
Il drone di «Stealth - Arma suprema».
DRonEziNe - 29
ortnoC - editoriale
di luca masali
costruiamo
insieme il futuro
N
el 2015 gli Stati Uniti apriranno il cielo americano ai droni
civili. Per quella data, stima
l’autorità aeronautica americana,
negli Usa voleranno almeno 30 mila
robot civili in attività di lavoro aereo.
Aprendo nuovi business, creando
nuovi posti di lavoro, reinventando
anche i mestieri più antichi, come
quello del contadino di cui raccontiamo in queste pagine. I droni
aprono l’immaginazione, catalizzano
energie creative e scatenano la fantasia, a volte allegra e un poco ingenua,
come il drone che consegna la pizza
(foto qui in basso), a volte sinistra,
come i droni da guerra che nelle battaglie nascoste dell’Afghanistan, dello
Yemen e del Pakistan hanno fatto 3
mila morti, per un terzo civili.
Una pagina nera che abbiamo raccontato in questo numero.
L’alba dei droni assomiglia all’alba
del personal computer degli anni ‘80.
Chi, come me, ha qualche capello
bianco e quell’epoca l’ha vissuta,
non potrà mai dimenticare quel
mix esplosivo di sperimentazione,
scienza, passione, hobby, arte e idee
fulminanti che oggi ci ha regalato
il mondo connesso e digitale di cui
ormai non possiamo (e non vogliamo) fare a meno. In questo mondo
nuovo che nasce, la creatività italiana
ha molto da dire: è italiana, scaturita
da una costola di Olivetti, la scheda
Arduino che è stata il nucleo che ha
reso facile e alla portata di tutti la
costruzione dei droni (il nome “Arduino” viene dal bar di Ivrea dove si
DRonEziNe - 30
ritrovavano i progettisti). L’Italia delle
pmi soffre di cronica mancanza di
capitali ma, proprio come i computer
degli anni ‘80, il drone è democratico: chiunque, con qualche centinaio
di euro, può realizzare e mettere in
volo il suo aereo robot, scatenare le
sue energie creative e immaginarne
usi nuovi e inediti, portando il suo
mattone alla costruzione del futuro.
Se l’Italia è sinonimo di fantasia e
design, è anche famosa per la sua
burocrazia asfissiante e un genetico
terrore del nuovo. Perché i droni
lavoratori possano decollare anche
in questo paese dobbiamo affrontare
una dura battaglia. Per questo nasce
DroneZine: per raccontare quel che
succede nel mondo dei droni, certo,
ma anche per dar voce alle aziende
e alle associazioni che credono nei
robot volanti. Per creare un ponte
di comunicazione tra società civile e
movimento dei droni, per spiegare
che i droni non sono necessariamente pistole volanti o spie a elica, ma
sono uno dei pezzetti del mosaico
che creeranno il mondo del futuro,
quello in cui dovremo far
vivere i nostri figli.
Per questo DroneZine
si presenta con la veste
antica della rivista: perché
un blog parla all’interno
di una comunità, mentre
una rivista parla all’esterno. Ed è all’esterno che i
droni italiani dovranno
raccontarsi, farsi conoscere e farsi volere bene. 
DroneZine
anno I
numero 0
Luglio 2013

Direttore responsabile
Luca Masali
Direttore scientifico
Stefano Orsi

Hanno collaborato
Silvio Di Domenico
Luciano Zanchi
Matteo Campini

Grafica e redazione
L’Aeroplanino Editore

Contatti
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