del 28 Giugno
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del 28 Giugno
Del 24 Novembre 2013 Estratto da pag. Granarolo, a Udine è senso vietato I cooperatori felsinei bramano le Latterie Friulane Ma il Pd dice no e i sindacati proclamano lo sciopero Esiste un posto dove persino il centro-sinistra riesce a dire di no alle coop rosse. Quel posto è la provincia di Udine, dove Granarolo, colosso da oltre 2mila addetti, intende comprare un consorzio, le Latterie Friulane, che pure ha adottato la forma cooperativa. Peccato che a quelle latitudini praticamente tutti, dalla Coldiretti alla giunta regionale della democratica Deborah Serracchiani, si oppongano. La cosa, sino a ieri di dominio delle cronache locali, è finita sul sito del Corriere della Sera, con un articolo di Dario Di Vico per la rubrica La nuvola del lavoro. Eh sì, qui la questione occupazionale pesa, perché le Latterie Friulane hanno 200 dipendenti distribuiti tra due siti, Campformido e Spilimbergo. E, tra la crisi e qualche spaccatura tra i soci, quei lavoratori sono in pericolo, perché il consorzio rischia di portare i libri in Tribunale. Eppure, quasi nessuno vuole il salvagente della Granarolo presieduta da Gianpiero Calzolari. Il motivo è semplice: ai nordestini non piace il modello emiliano, le coop trasformatesi in multinazionali. Troppo multinazionali per un settore come l’alimentare, che per qualcuno vive anche di specificità locali. Da una parte, insomma, piace la filiera corta, quella dei km zero, in cui la Dop Moltrasio la si trova solo nelle rivendite del Friuli, o giù di lì. Dall’altra parte, invece, il modello di Granarolo è quello dell’efficienza globalizzatrice, in cui la Dop Moltrasio la si può vendere persino in terra francese. La terra francese, già. All’inizio dell’anno il gruppo guidato da Calzolari ha acquisito l’alsaziana Compagnie de Forum: una minima rivincita, dopo che i transalpini di Lactalis, scalando Parmalat nel 2011, avevano fatto svanire il sogno di un supercampione tricolore dell’oro bianco. Da allora, con Parmalat è stato solo dualismo. Al momento, la comparazione dei multipli di bilancio non pende dalla parte del gruppo felsineo (vedere grafico), che nello scorso esercizio ha visto un fatturato di 922,6 milioni di euro e lavora 750mila tonnellate di prodotto ogni dodici mesi. Nondimeno, i cooperatori del latte ci hanno provato una seconda volta, a farsi aggregatori di un grande polo nazionale del comparto, con nuove compere tra Lazio e Sardegna. Un anno fa, le indiscrezioni di stampa alludevano all’ingresso in Granarolo del Fondo strategico Italiano: creato nel 2011 sotto la spinta dell’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti, per il 90% appartiene alla Cassa Depositi e prestiti, a propria volta controllata dallo stesso Tesoro. L’obiettivo era appunto salvare dalle mani straniere gioielli come Parmalat. Ora, il focus si è spostato su aziende che, a prescindere dalla loro contendibilità, sembrano garantire margini sicuri, come la multiutility Hera. Hera, pure lei certo vicina al mondo del centro-sinistra emiliano, ha fatto entrare il Fsi dopo la fusione con Acegas Aps, la consorella di Padova e Trieste, e mentre ancora tratta l’incorporazione dell’udinese Amga. Granarolo, che intanto guarda alla Borsa più che al Fondo, aveva forse in mente la stessa linea di espansione. Ma i 200 lavoratori delle Latterie Friulane, pur di fermare la multinazionale d’Emilia, hanno indetto persino otto ore di sciopero. Nicola Tedeschini