Valori e società di Roma antica

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Valori e società di Roma antica
1
Le istituzioni
LA FAMIGLIA
Rilievo funerario della fine dell’età repubblicana
in cui è raffigurata la famiglia del liberto Fuficio
con moglie e figli; nel riquadro inferiore compaiono i liberti, gli schiavi che Fuficio aveva liberato
LA FAMIGLIA
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Introduzione
La famiglia era nel mondo romano profondamente diversa da quella moderna.
Il termine familia deriva, infatti, da famulus (servo addetto alla famiglia) e fa
riferimento ad un gruppo allargato di persone che gravitava intorno alla casa,
sottoposte all’autorità di un pater familias (padre di famiglia).A questo nucleo
appartenevano, oltre al padre (pater), la madre (mater), i figli (liberi, distinti in
filii, figli maschi e filiae, figlie femmine), gli schiavi (servi) e i clienti (clientes).
Tutte le famiglie che vantavano un antenato comune appartenevano alla stessa
gens (stirpe); praticavano gli stessi culti, celebravano le stesse feste, avevano
terre e pascoli in comune.
La casa e la famiglia erano tutelate da divinità, i Lari e i Penati. I Lari, protettori
dai pericoli esterni, erano rappresentati da immagini venerate in un apposito
luogo della casa (lararium), mentre le statuette d’argento, di terracotta o di cera
dei Penati, erano custodite nella zona più interna della casa (penetralia).
Tra coloro che facevano parte integrante della famiglia sono degni di particolare
attenzione gli schiavi (servi), che costituivano la familia rustica e quella urbana. I primi si occupavano della coltivazione dei campi, gli altri della manutenzione e dei servizi nella casa di città. Gli schiavi erano considerati res e costituivano quindi parte integrante della proprietà del pater, qualunque fosse la loro
provenienza: bottino di guerra, acquisto o figli di schiavi nati in casa. Potevano
mutare la loro condizione divenendo liberi (liberti) in due modi: o pagando al
padrone una certa somma, frutto dei loro risparmi, o gratuitamente come ricompensa per le qualità dimostrate nelle loro mansioni.
Accanto ai liberti e in posizione non dissimile c’erano i clientes, persone che
godevano della protezione del padrone di casa e potevano essere, oltre che liberti, anche liberi cittadini. L’istituto della clientela ha origini antichissime: secondo
la tradizione si deve a Romolo. Il vincolo che legava il cliens con il patronus era
regolato fin dall’età arcaica, come testimonia una norma riportata nelle XII
Tavole.
La clientela comportava obblighi e doveri: il cliente si impegnava a seguire in guerra il patronus, ad appoggiarlo durante le elezioni, a prestargli denaro, per esempio
come aiuto per la dote di una figlia. In cambio riceveva la protezione in tribunale,
la concessione di terre da coltivare e piccole ricompense in denaro o in generi alimentari (sportula). È evidente che avere molti clienti costituiva un segno di
potenza: infatti questi rimanevano legati alla famiglia gentilizia per generazioni e
nella tarda repubblica si erano costituiti in vari gruppi a carattere politico.
L’istituzione della famiglia
Si propongono quattro testi di natura diversa: il primo (T. 1) è una breve definizione giuridica data da Ulpiano (giurista del III sec. d.C.); il secondo (T. 2) è invece un’ampia e complessa trattazione nella quale Cicerone (I sec. a.C.) analizza i
valori più profondi della famiglia all’interno della società.
Gli altri due (Tt. 3-4) sono tratti dalle commedie di Plauto (III sec. a.C.) e contengono una preghiera agli dei domestici e la presentazione del Lare familiare
(Lar familiaris), venerato nel luogo della casa dove il fuoco rimaneva sempre
acceso, da cui deriva il termine focolare (focus Laris).
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UNO - Le istituzioni
T. 1
Definizione di famiglia
Familiam dicimus plures personas quae sunt sub unius potestate aut natura
aut iure subiectae.
Ulpiano, Digesto, L, 16
Lessico
Fas (n. indeclinabile):“lecito”. È contrapposto a ius, in quanto indica il diritto divino e deriva dal verbo for, faris, fatus sum, fari (parlare, in senso religioso); la relazione è evidente nel sostantivo fatum, i (destino), neutro sostantivato dal participio perfetto di fari.
È opposto a nefas, composto da ne + fas,“ciò che è illecito, non consentito
dalla legge divina”, di conseguenza contrario alla legge naturale e alla legge
morale.
Da questo termine deriva l’aggettivo fastus, a, um usato nelle locuzioni dies
fasti (giorni propizi) e dies nefasti (giorni sfavorevoli), in cui era suddiviso il
calendario romano. Sempre da fas derivano i termini feriae (feste) e festus
(festivo).
Ius, iuris (n.):“diritto”. Indica il complesso delle leggi e delle consuetudini
su cui si fonda una comunità.
Da questo termine deriva il verbo iurare (giurare), il cui significato apparentemente non risulta correlato.Tuttavia esiste una relazione in quanto il “giuramento” viene definito ius iurandum (letteralmente “formula da formulare”), in cui la ripetizione serve a dare maggiore efficacia all’atto stesso.
L’aggettivo derivato è iustus, a, um, in uso soprattutto nelle espressioni legali: iustae nuptiae (giuste nozze) e iusta uxor (sposa legittima).
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. Familiam dicimus plures personas: di quale costrutto sintattico si tratta?
2. quae subiectae sunt: di quale proposizione si tratta?
b. Comprensione
1. La preposizione sub compare ripetuta come prefisso in un altro termine.
Indica quale e ricava il concetto che intende esprimere.
LA FAMIGLIA
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2. La congiunzione correlativa aut... aut è una disgiuntiva forte, in quanto distingue natura da iure. I due termini sono, infatti, riferibili a coloro che costituivano la famiglia sia in base ad un vincolo naturale sia in base ad un vincolo contrattuale. Dopo aver scelto i termini che ti permettono di identificare i componenti della famiglia, completa la tabella: pater, servi, famuli, liberi, mater, uxor,
clientes, nepotes, gentes, fratres, generi, viri.
Natura
Iure
...........................................................
...........................................................
...........................................................
...........................................................
...........................................................
...........................................................
...........................................................
...........................................................
c. Traduzione
T. 2
I diversi gradi
della società umana
genere: trattato filosofico
varietà linguistica: latino classico
Secondo Cicerone (I sec. a.C.) la società umana ha diversi gradi, da una forma di associazione più ampia ad una più ristretta: la famiglia. Questa nasce dal desiderio di procreare, comune a tutti gli uomini.All’interno di essa esistono vincoli che la rendono origine della città e dello Stato e vengono insegnati valori alla prole, seme dello Stato, perché sia in grado di contribuire profondamente alla vita sociale.
T. 2a
Gradus autem plures sunt societatis hominum. Ut enim ab illa
infinita discedatur, propior est eiusdem gentis, nationis, linguae, qua maxime
homines coniunguntur. Interius etiam est eiusdem esse civitatis; multa enim
sunt civibus inter se communia, forum, fana, porticus, viae, leges, iura, iudicia, suffragia, consuetudines praeterea et familiaritates multisque cum multis res rationesque contractae. Artior vero colligatio est societatis propinquorum; ab illa enim immensa societate humani generis in exiguum angustumque concluditur.
Cicerone, De officiis, I, 17
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UNO - Le istituzioni
Lessico
Gens, gentis (f): “il casato, la stirpe”. È legato alla radice indoeuropea
*gen/gn e designa coloro che si riconoscono in un antenato comune in linea
maschile. Si collega al verbo gigno, is, genui, genitum, ere (generare) e ad
altri sostantivi, come per esempio genus, eris (origine, discendenza); genitor,
oris (genitore); ingenium, ii (qualità innata, ingegno); ingenuus, i (uomo
nato libero).
Tra questi assume particolare importanza il sostantivo Genius, ii (generatore
della vita), che per i Romani era una divinità sotto la cui tutela era posto ogni
uomo al momento della nascita: il Genius lo accompagnava durante la vita,
ne determinava il destino e lo proteggeva dopo la morte, rimanendo nel larario domestico. Il giorno in cui si festeggiava la nascita, i Romani compivano
sacrifici in onore del proprio Genius. In italiano il temine gens ha assunto il
valore generico di “persone”, quello di genius, il valore di “persona geniale”,
quindi eccezionale, in quanto creatrice.
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1.Analizza le seguenti forme: infinita, propior, interius, artior.
2. Ut discedatur: di che proposizione si tratta?
b. Comprensione
1. Ordina gerarchicamente i plures gradus societatis hominum.
1 ............................................................................................................
2 ............................................................................................................
3 ............................................................................................................
4 ............................................................................................................
2.Trascrivi l’espressione che riassume l’idea centrale del passo.
T. 2b
Nam cum sit hoc natura commune animantium, ut habeant libidinem procreandi, prima societas in ipso coniugio est, proxima in liberis,
deinde una domus, communia omnia; id autem est principium urbis et quasi
seminarium rei publicae. Sequuntur fratrum coniunctiones, post consobrinorum sobrinorumque, qui cum una domo iam capi non possint, in alias
domos tamquam in colonias exeunt. Sequuntur conubia et affinitates, ex quibus etiam plures propinqui; quae propagatio et suboles origo est rerum publicarum. Sanguinis autem coniunctio et benevolentia devincit homines et caritate. Magnum est enim eadem habere monumenta maiorum eisdem uti
sacris, sepulchra habere communia.
Cicerone, De officiis, I, 17
LA FAMIGLIA
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ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. ut habeant: di che proposizione si
tratta?
2. procreandi: che forma è?
3. Magnum est... habere... uti... habe-
re communia: indica la funzione logica degli infiniti presenti in questo
periodo.
4. uti: riporta il paradigma del verbo e
indica quale caso regge.
ANALISI COMPLESSIVA dei testi 2a e 2b
b. Analisi morfologica
1. Rintraccia e classifica tutti i pronomi
e gli aggettivi pronominali, inserendoli
in una tabella con la relativa traduzione.
2. Rintraccia e classifica tutte le preposizioni e, secondo il caso che reggono,
inseriscile in una tabella.
c. Percorso lessicale
Esegui gli esercizi secondo le indicazioni fornite nelle Modalità di lavoro
1a. Ricerca dei termini.
d. Comprensione
1. Rileggi i testi ed ndividua le espressioni che trasmettono l’idea della famiglia come fondamento dello Stato.
2. Per una più esauriente comprensione del concetto di civitas, fai riferimento anche ai passi del De republica
presenti nel Percorso 4 - LO STATO
(Tt. 4a-6).
Una proposta di traduzione
T. 2a
Diversi sono poi i gradi della società umana. Per non parlare infatti di
quella società universale che unisce tutti gli uomini, ci riguarda più da vicino quella costituita fra gli uomini della stessa stirpe, nazione e lingua, che sono i vincoli
più importanti.Ancora più intima è quella fra uomini dello stesso Stato; poiché i
cittadini hanno molte cose in comune, le piazze, i templi, i portici, le leggi, i diritti, i tribunali, i voti, le consuetudini inoltre e le amicizie, i molteplici impegni ed i
contratti d’affari. Società più stretta è poi quella della propria famiglia: infatti dalla
grande società del genere umano si restringe ad un cerchio più piccolo.
T. 2b
E poiché in tutti gli animali è naturale l’istinto della procreazione, la
prima società è costituita proprio dal matrimonio, la seconda dai figli, e quindi
dall’avere un’unica casa e dei beni comuni: questo è il principio della città e per
così dire il semenzaio dello Stato. Seguono poi i legami con i fratelli, con i cugini di primo e di secondo grado, i quali, non potendo coabitare tutti nella stessa
casa, vanno in altre case, come in colonie. Vengono poi i matrimoni e le parentele acquisite, per cui i parenti diventano più numerosi; e questa propagazione è
l’origine dello Stato. Il vincolo del sangue unisce gli uomini con affetto ed amore;
ed è proprio gran cosa avere gli stessi ricordi di famiglia, le cerimonie religiose
e gli stessi sepolcri.
(traduzione di A. Resta Barrile)
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UNO - Le istituzioni
f. Interpretazione
Rifletti e discuti sulla concezione della famiglia espressa da Ulpiano e da
Cicerone.
g. Percorso lessicale
I termini: gens, natio, lingua, civitas, res publica, societas e le espressioni eadem
monumenta maiorum, eisdem uti sacris, sepulcra habere communia indicano
un’idea di appartenenza alla res publica, profondamente sentita in età repubblicana
e che vede in Cicerone uno strenuo difensore.Costruisci una scheda secondo le
Modalità di lavoro 1b. Approfondimento.
h. Percorso storico trasversale
In base alle conoscenze acquisite dallo studio della Storia e dell’Educazione civica, quali confronti riesci ad effettuare tra l’essere un cittadino di ieri e uno di
oggi?
T. 3
Le divinità familiari
genere: teatro
varietà linguistica: latino arcaico
Di Penates meum1 parentum, familiai2 Lar pater,
vobis mando meum1 parentum rem bene ut tutemini3.
Plauto, Mercator, vv. 834-835
1. meum: arcaismo per meorum.
2. familiai: arcaismo per familiae.
3. ut tutemini: proposizione finale con il congiuntivo presente di tutor, aris, tutatus sum, tutari, intensivo di tueor, con
lo stesso significato.
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Comprensione
1.A chi è rivolta la preghiera? Da quale
tipico complemento è caratterizzata?
2. Quale richiesta viene espressa?
b. Traduzione
Larario della casa dei Vettii (Pompei), con la raffigurazione del Genius tra due Lari danzanti e il
serpente sacro.
LA FAMIGLIA
T. 4
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genere: teatro
varietà linguistica: latino arcaico
Il Lare familiare
I versi che seguono sono tratti dal prologo dell’Aulularia di Plauto e riportano le parole
pronunciate dal Lare familiare, divinità che tutela la casa del vecchio Euclione, protagonista della commedia.
1. paucis: “con poche
parole”.
2. iam multos annos est
quom: quom arcaismo
per cum; traduci: “è già
da molti anni che”.
3. patri avoque: dativi di
vantaggio.
4. avos: arcaismo per
avus.
5. omnis: = omnes, accusativo plurale. La desinenza -is per-es è frequente in poesia.
LAR FAMILIARIS
5
Ne quis miretur qui sim, paucis1 eloquar.
Ego Lar sum familiaris ex hac familia
unde exeuntem me aspexistis. Hanc domum
iam multos annos est quom2 possideo et colo
patri avoque3 iam huius qui nunc hic habet.
Sed mihi avos4 huius obsecrans concredidit
thesaurum auri clam omnis5: in medio foco
defodit, venerans me ut id servarem sibi.
Plauto, Aulularia, prologo, vv. 1-8
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. Ne quis miretur: di quale proposizione si tratta?
2. qui sim: proposizione interrogativa
indiretta; da quale forma verbale è
espressa?
3. exeuntem, obsecrans, venerans:
che forme sono? Con quale elemento
della frase concordano?
4. multos annos: che complemento è?
5. ut... sibi: di quale proposizione si
tratta? Da che cosa è retta?
b. Comprensione
1. Chi è il personaggio che parla?
2. Quali funzioni si attribuisce?
3. Quali azioni ha compiuto l’avus
(nonno)?
c. Traduzione
Il ruolo di “padre”
Nella famiglia romana il padre aveva il ruolo più importante, perché era il proprietario di tutti i beni e il sacerdote delle divinità domestiche (il Genius, i Lares
e i Penates) alle quali all’inizio di ogni giornata, celebrava i riti per ottenere la
protezione sui suoi cari.
Nell’antichità l’autorità del padre (patria potestas) era assoluta. I suoi poteri
erano praticamente illimitati, come ci testimoniano alcuni passi tratti dalle
Institutiones di Gaio (giurista del II sec. d.C.) e dalle leggi delle XII Tavole (Tt.
5-8).
Il capofamiglia poteva disporre della vita e della morte di ciascun membro (ius
vitae et necis) e poteva decidere il riconoscimento dei figli. Al momento del
riconoscimento al maschio venivano imposti tre nomi, mentre alla femmina veni-
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UNO - Le istituzioni
va dato solo il gentilizio (nomen). Nel caso non volesse riconoscerli, il padre non
compiva il gesto rituale di sollevarli da terra subito dopo la nascita (tollere
filium o suscipere filium,“sollevare il figlio”); li faceva invece esporre (exponere), abbandonandoli in qualche luogo e destinandoli quindi a morte quasi
sicura. Più frequente era l’esposizione delle bambine, che avrebbero richiesto,
una volta cresciute, una dote. Il padre aveva anche la possibilità di mettere in
vendita (mancipium) i figli. Il termine mancipium deriva da manu + capio
(prendo con la mano) e rimanda ad un rito d’acquisto in base al quale l’acquirente acquisiva il diritto formale di proprietà sull’oggetto toccato battendo con
un pezzo di rame o una moneta sulla bilancia, tenuta da un libripens (il “pesatore”, ovvero la persona incaricata di reggere la bilancia). Il pater familias aveva il
potere di vendere (mancipare), oltre i figli, anche tutti gli altri componenti della
famiglia: la moglie e gli schiavi.
Da altri testi, invece, è possibile ricavare un diverso profilo della figura paterna.
Alcuni passi delle commedie di Terenzio (Tt. 10-11) sono significativi per illustrare il tema dell’educazione, problema che è sempre stato causa di conflitti
generazionali.Altre fonti testimoniano, invece, un padre ora educatore e trasmettitore dei valori della romanità secondo la concezione di Catone il Censore (T.
9), ora sinceramente preoccupato della sorte dei suoi familiari e degli schiavi, o
incerto sulle decisioni da prendere riguardo l’avvenire e la felicità dei figli o di
altri componenti della famiglia.A questo proposito si riportano tre testi tratti dall’epistolario di Cicerone, che amava teneramente la figlia Tullia, chiamandola
affettuosamente con l’appellativo di Tulliola e che si preoccupava della salute
dello schiavo Tirone (Tt. 12-14).
APPROFONDIMENTI - L’onomastica presso i Romani
I cittadini avevano il nome formato da tre elementi (tria nomina).
PRAENOMEN
nome personale
NOMEN
nome gentilizio
COGNOMEN
nome di famiglia
Marcus
Tullius
Cicero
Cornelius
Scipio
AGNOMEN
nome onorifico
Quintus
Publius
Africanus
LA FAMIGLIA
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Il praenomen era il nome personale. I prenomi erano solo diciotto e spesso si scrivevano abbreviati:
A. = Aulus
L. = Lucius
Q. = Quintus
App. = Appius
Mam. = Mamercus
Ser. = Servius
C./G. = Gaius
M’. = Manius
S. = Sextus
Cn. = Gnaeus
M. = Marcus
Sp. = Spurius
D. = Decimus
N. = Numerus
T. = Titus
K. = Kaeso (Cesone)
P. = Publius
Ti. = Tiberius
Il primogenito maschio assumeva il praenomen del padre; la prima figlia
femmina prendeva il nomen dal nomen del padre. La figlia di M. Tullio
Cicerone si chiamava infatti Tullia; Cornelia quella di Scipione. La donna quindi mancava del nome personale o individuale, il praenomen. I nomi di donne
romane più noti sono Cornelia, Cecilia,Tullia, Clodia. Quando all’interno della
stessa famiglia c’erano più figlie femmine si potevano creare delle confusioni, allora al gentilizio si aggiungeva una specificazione come Maior, Minor,
Prima, Secunda, Tertia, Quintilla. Molto discussa è la tesi se in realtà le
donne romane non avessero un nome individuale segreto, pronunciabile solo
in famiglia, ma il mancato uso del nome individuale voleva comunque significare che la donna doveva essere soprattutto elemento passivo e anonimo
del gruppo familiare.
Il nomen era il nome gentilizio, che distingueva l’appartenenza ad una gens,
cioè al casato.
Il cognomen, oltre ad indicare il nome della famiglia, era un soprannome che
spesso aveva origine da qualche particolarità fisica. Per esempio: Claudius da
claudus (zoppo); Cicero da cicer (cece), pare infatti che colui dal quale prese
il nome la famiglia avesse una piccola protuberanza a forma di cece sul naso.
I figli adottivi prendevano prenome, nome e cognome di chi li aveva adottati, ma conservavano anche il nome della loro gens col suffisso -anus. Il figlio
di Paolo Emilio, adottato da Q. Fabio Massimo, infatti si chiamò Q. Fabius
Maximus Aemilianus.
Gli schiavi non avevano propriamente un nome, ma erano designati o con un
aggettivo che indicava la loro patria (Syrus, Afer), o col nome di un antico
eroe (Priamus, Pollux) o con quello di una pianta o di una pietra. Gli schiavi liberati prendevano il praenomen e il nomen della gens del patrono.
L’agnomen era il soprannome che si aggiungeva in riferimento a particolari
meriti o imprese, per esempio Africanus, per sottolineare la vittoria di
Scipione sui Cartaginesi a Zama (202 a.C.).
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UNO - Le istituzioni
T. 5
La patria potestas
genere: trattato giuridico
varietà linguistica: latino tardo
Ius autem potestatis quod in liberos habemus proprium est civium
Romanorum, nulli enim alii sunt homines qui talem in filios suos potestatem
habeant, qualem nos habemus.
Gaio, Institutiones, I, 55
T. 6
Omnes liberorum personae, sive mascolini sive femini sexus,
quae in potestate parentis sunt, mancipari ab eodem hoc modo possunt quo
etiam servi mancipari possunt.
Gaio, Institutiones, I, 117
T. 7
Si pater filium ter venum duit, filius a patre liber esto.
XII Tavole, IV, 2
Se il padre ha posto in vendita un figlio per tre volte, il figlio è libero dal padre.
T. 8
Cito necatus insignis ad deformitatem puer.
XII Tavole, IV, 1
Sia subito ucciso il bambino deforme.
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Traduzione
Traduci i testi 5 e 6.
b. Riflessioni
Esprimi le tue considerazioni sull’istituto della patria potestà nel mondo antico facendo riferimento ad altre civiltà
che conosci. Effettua poi un confronto
con l’attuale legislazione italiana, che
prevede la patria potestà solo per tutelare i figli minorenni, attribuendo pari
poteri ad entrambi i genitori.
c. Approfondimento
Se il termine mancipium significa
“vendita”, il termine emancipatio
significa “liberazione dal potere” (da e
+ manu) del padre, che però non era
da considerarsi una conquista vantaggiosa, in quanto comportava la perdita
di privilegi connessi all’appartenenza
alla famiglia.
Quale significato in italiano ha il termine ”emancipazione” e in quali contesti è usato?
LA FAMIGLIA
T. 9
Il pater familias
31
genere: trattato tecnico-scientifico
varietà linguistica: latino arcaico
Secondo M. Porcio Catone (III-II sec. a.C.) il pater familias ideale nel tempo antico era il
bonus agricola bonusque colonus che doveva occuparsi personalmente della sua terra,
controllando la produzione e i lavori dei campi, fondamentali nel sistema economico
romano basato sull’agricoltura e sulla proprietà.
T. 9a
1. quom: si tratta di un
arcaismo per quem.
Et virum bonum quom1 laudabant, ita laudabant: bonum agricolam bonumque colonum.Amplissime laudari existimabatur, qui ita laudabatur. Mercatorem autem strenuum studiosumque rei quaerendae existimo,
verum, ut supra dixi, periculosum et calamitosum. At ex agricolis et viri fortissimi et milites strenuissimi gignuntur, maximeque pius quaestus stabilissimusque consequitur minimeque invidiosus, minimeque male cogitantes sunt
qui in eo studio occupati sunt.
Catone, De agri cultura, praefatio, 2-4
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. Mercatorem... existimo, di quale
costrutto si tratta?
2. rei quaerendae: da che cosa è retto?
Che costrutto è?
3. Analizza le seguenti forme: fortissimi, strenuissimi, maxime, stabilissimus, minime.
1. circumeat, vocet,
roget: sono congiuntivi
esortativi.
2. quomodo fundus cultus siet (= sit) operaque
quae facta infectaque
sient: ordina: cognovit
quomodo... et quae opera
facta et infecta sint: si
tratta di proposizioni
interrogative indirette
rette da cognovit e da
roget.
3. quid operis siet
factum: ordina: (cognovit)
quid operis factum sit e
traduci letteralmente:
“che cosa di lavoro”; operis: genitivo partitivo retto
da quid.
b. Percorso lessicale
1. Individua un termine appartenente
alla sfera del sacro.
2. Il termine agricola è una parola
composta. Da quali elementi? Ne conosci altre?
3. In questo testo sono contrapposte
due attività economiche, quella del
contadino e quella del mercante. Quali
termini rimandano all’uno e dell’altro?
4. Nella lingua latina con quali sinonimi, derivati dal verbo colo, is colui, cultum, ere, viene indicato “il contadino”?
T. 9b
Paterfamilias, ubi ad villam venit, ubi larem familiarem salutavit, fundum eodem die, si potest, circumeat1; si non eo die, at postridie. Ubi
cognovit quomodo fundus cultus siet, operaque quae facta infectaque sient2
postridie eius diei vilicum vocet1, roget1 quid operis siet factum3, quid restet,
satisne temperi opera sient confecta, possitne quae reliquia sient conficere: et
quid factum vini, frumenti, aliarumque rerum omnium.
Catone, De agri cultura, 2, 1
32
UNO - Le istituzioni
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. Individua le interrogative indirette
presenti nel brano e indica gli elementi morfologici che le introducono.
2. vini, frumenti, aliarum rerum
omnium: di quale caso si tratta? Quale
funzione logica hanno?
b. Traduzione
Traduci i testi 9a e 9b.
L’educazione dei figli
I temi proposti in questo percorso, come l’educazione dei figli, la concezione del
matrimonio, il ruolo della donna nella famiglia, il rapporto tra schiavi e padroni,
sono affrontati dal commediografo Terenzio (II sec. a.C.) in un nuovo contesto
storico. Dopo la seconda guerra punica infatti, Roma si era rivolta ad Oriente,
conquistando il controllo della Grecia e della costa asiatica, con la battaglia di
Pidna (168 a.C.) Lucio Emilio Paolo aveva sconfitto definitivamente il re macedone Perseo, ottenendo il controllo totale sul Mediterraneo.
Non si trattò solo di un mutamento politico ed economico, ma di una vera “rivoluzione culturale”, in quanto il modello intellettuale greco, attraverso il saccheggio di intere biblioteche, cominciò a penetrare nel mondo romano, provocando
non pochi dibattiti tra i filoellenici e i tradizionalisti. I primi diedero vita ad un
vero e proprio “circolo” intorno a Scipione Emiliano (nipote adottivo
dell’Africano Maggiore e figlio di quell’Emilio Paolo vincitore a Pidna); gli altri,
che vedevano nel nuovo una minaccia ai valori del mos maiorum, ebbero nella
figura di Catone il Censore uno strenuo difensore.
In questo particolare momento le commedie di Terenzio assolvono la funzione
di analizzare l’animo umano ponendo a confronto il vecchio con il nuovo. La
presa di posizione contro i metodi tradizionali di educazione, particolarmente
presente nell’Adelphoe (“I fratelli”), le critiche alle condizioni di inferiorità in cui
era tenuta la donna, la smitizzazione del matrimonio, non nascono per il gusto di
una dissacrazione irriverente, ma per contrapporre ai vincoli giuridici la valorizzazione dei sentimenti e di un rapporto d’amore. Questa nuova concezione del
mondo e della cultura riguarda la sfera etica ed è ispirata ad un ideale di humanitas certamente aristocratico, ma straordinariamente moderno e progressista.
È ancora una volta Terenzio, che nella commedia Heautontimorumenos (“Colui
che castiga se stesso”) evidenzia l’atteggiamento di chi, interrogandosi, si giudica e si punisce. Attraverso il dialogo dei due senes, Cremete e Menedemo, si
ripropone il tema del rapporto tra padri e figli, tradizionale nella palliata di
Plauto ed ora sentito con maggiore problematicità e serietà, come dimostra la
presenza del concetto-chiave di humanitas, in piena sintonia con la filantropia
greca, ma ispirato da un pragmatismo attivo tipicamente romano. Si tratta di una
sintesi costruttiva ed ottimistica, in cui confluiscono vari filoni del pensiero
greco, ma originale e nuova (A.Traina, 1969).
La concezione espressa dalle parole di Cremete: homo sum: humani nil a me
alienum puto (v. 77), emblema dell’ideale classico dell’humanitas, è nuova per
i Romani ed implica un senso di solidarietà e di compartecipazione alle vicende
LA FAMIGLIA
33
umane difficile da realizzare e che rischia di rimanere una definizione teorica, se
non si accompagna ad una convinta e profonda scelta di vita.
Lo stesso Cremete si mostra nel corso della commedia incapace di praticare il precetto pedagogico ed etico appena enunciato:ciò non toglie comunque alcun valore al principio stesso. Quella famosa frase diventa l’elogio dell’indiscrezione, è un
invito alla comunicazione, a superare le barriere tra noi e gli altri, sostituendo l’incomprensione con la confidenza, la cura e la sollecitudine per l’altro, la volontà di
comprendere le sue ragioni. L’uomo non è più un nemico, un avversario da ingannare, ma un altro uomo da comprendere e aiutare (M. Bettini, 1995).
È, in sintesi, proprio con il teatro pedagogico di Terenzio che ha inizio quella
civiltà del dialogo, che vedrà poi la sua piena definizione nel pensiero filosofico
e politico di Cicerone.
T. 10
Educazione permissiva
o autoritaria?
genere: teatro
varietà linguistica: latino arcaico
Questi versi, tratti dall’Adelphoe, fanno emergere il tema dell’educazione. La scena si
svolge ad Atene in una piccola piazza: in un accorato monologo, Micione dà sfogo alla sua
amarezza ripensando al rapporto con il figlio adottivo, verso il quale ha avuto un atteggiamento permissivo e tollerante, opposto a quello del fratello Demea, severo e autoritario.
MICIO
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70
Eduxi a parvolo, habui, amavi pro meo,
in eo me oblecto, solum id est carum mihi.
Ille ut item contra me habeat facio sedulo:
do, praetermitto, non necesse habeo omnia
pro meo iure agere; postremo alii clanculum
patres quae faciunt, quae fert adulescentia,
ea ne me celet consuefeci filium.
Nam qui mentiri aut fallere insuerit patrem aut
audebit, tanto magis audebit ceteros.
Pudore et liberalitate liberos
retinere satius esse credo quam metu.
Haec fratri mecum non conveniunt neque placent;
venit ad me saepe clamitans: “Quid ais, Micio?
Cur perdis adulescentem nobis? Cur amat?
Cur potat? Cur tu his rebus sumptum suggeris?
Vestitu nimio indulges; nimium ineptus es”.
Nimium ipse est durus praeter aequumque et bonum,
et errat longe mea quidem sententia
qui imperium credat gravius esse aut stabilius
vi quod fit quam illud quod amicitia adiungitur.
Mea sic est ratio et sic animum induco meum:
malo coactus qui suum officium facit,
dum is rescitum iri credit, tantisper cavet;
34
UNO - Le istituzioni
75
si sperat fore clam, rursum ad ingenium redit.
Ille quem beneficio adiungas ex animo facit,
studet par referre, praesens absensque idem erit.
Hoc patrium est, potius consuefacere filium
sua sponte recte facere quam alieno metu:
hoc pater ac dominus interest; hoc qui nequit,
fateatur nescire imperare liberis.
Terenzio, Adelphoe, I, 1, vv. 48-77
MICIONE L’ho tirato su fin da piccolo, l’ho tenuto e amato come se fosse mio. È
il mio piacere, la mia unica gioia e faccio di tutto perché lui mi ricambi: gli concedo quel che vuole; lascio correre, non pretendo di far valere sempre i miei
diritti e, poi, la cosa più importante: le imprese che la giovinezza porta con sé e
che gli altri fanno di nascosto dai padri, io ho abituato mio figlio a non tenermele
celate. Infatti, se uno prende l’abitudine e il coraggio di mentire a suo padre e di
ingannarlo, non avrà poi scrupolo di trattare così anche gli altri. Io sono convinto che il freno migliore per i figli sia il senso dell’onore e l’indulgenza, non la
paura. Ma mio fratello non è d’accordo con i miei principi, non gli piacciono. È
sempre qui a gridare: “Allora, Micione, che dici? Perché vuoi rovinare il nostro
ragazzo? Lasci che abbia un’amante, che beva, gli dai i soldi per queste cose: ma
perché? Quello si veste troppo bene a tue spese e tu sei troppo debole”. Ma è lui
troppo severo, più di quanto sia giusto e opportuno; sbaglia di grosso, secondo
me, chi crede che l’autorità sostenuta dalla forza sia più efficace e duratura di
quella fondata sull’amicizia. Io la penso così e di questo sono convinto: chi fa il
proprio dovere perché è costretto da un castigo, si lascia frenare dal timore finché crede di essere scoperto; ma se spera di farla franca, ritorna alla sua natura.
Invece se leghi a te una persona facendole del bene, lui poi agisce volentieri
come si deve, cerca di ricambiarti, sarà sempre lo stesso da vicino e da lontano.
Questo è il dovere di un padre: abituare il figlio a comportarsi bene da sé e non
per timore degli altri. La differenza fra un padre e un padrone sta qui: chi non ne
è capace, confessi che non sa farsi obbedire dai figli.
(traduzione di D. Del Corno)
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Percorso lessicale
Costruisci una scheda secondo le
Modalità di lavoro 1b.
Approfondimento.
b. Comprensione
1. Ricava l’etimologia del verbo eduxi
(v. 48) e spiega il rapporto concettuale
fra l’etimologia e il suo significato.
Quali altri termini connotano l’atteggiamento del padre verso il figlio adottivo (pro meo)?
2. Rintraccia nel testo latino le espressioni che enunciano i principi di un’educazione basata sul rispetto dei figli
verso i padri e sulla comprensione di
questi verso i figli.
3. Rintraccia nel testo latino termini ed
espressioni che si riferiscono alle due
concezioni educative, fondate l’una sul
timore e l’altra sull’indulgenza.
4. Con le espressioni nimio indulgens
e nimium ineptus es (v. 63) si allude
alla debolezza di chi soddisfa tutte le
LA FAMIGLIA
richieste dei figli. Secondo te, ciò è
dovuto all’incapacità di contrastarle o
perché Micione “non sa”(nescire, v. 78)
svolgere il difficile “mestiere” di genitore? Rifletti, riferendoti alla tua esperienza di figlio, se la capacità di essere
un buon genitore si può apprendere.
5. La figura del padre, in base al diverso atteggiamento, con quali termini
viene definita?
6. Il verbo imperare (v. 77), tipico del
linguaggio giuridico-militare, quale
nuovo significato assume in questo
contesto?
c. Contestualizzazione
Un nuovo modello culturale può essere trasferito dalla sfera familiare a quel-
T. 11
Patrizio romano che
regge i busti di due
antenati (Roma, Musei
Capitolini).
35
la politica e prefigurare una nuova
società. Nel testo proposto l’uso di termini quali aequum et bonum (v. 64),
imperium (v. 66), vi, amicitia (v. 67),
tipici del linguaggio politico e giuridico, possono infatti essere giustificati
tenendo conto del contesto storico in
cui Terenzio opera.
Ricostruisci i tratti più significativi del
periodo storico, non trascurando le
figure e gli ideali che lo animano, indicando come le proposte innovative
emerse dal testo in relazione all’educazione familiare possano riflettersi in
un nuovo modello sociale.
Un padre tradizionalista
genere: teatro
varietà linguistica: latino arcaico
I versi riportati sono tratti dall’Heautontimorumenos, una commedia messa in scena con
successo nel 163 a.C. per i Ludi Megalenses, dedicati alla Grande Madre. La scena iniziale, una delle più famose del teatro di Terenzio, si svolge all’aperto in campagna ed è un
dialogo tra Menedemo e Cremete. Il primo ha seguito nell’educazione del figlio il rigido
metodo della tradizione, con il risultato che il figlio da tre mesi si è allontanato da casa.
Ora il padre è pentito e per tacitare il suo senso di colpa lavora sul suo campo come uno
schiavo; Cremete, l’altro senex, gliene chiede ragione, spinto non da curiosità, ma da sincera sollecitudine e umana solidarietà.Alla brusca risposta di Menedemo che, senza interrompere il suo lavoro lo invita a non immischiarsi nei suoi affari, Cremete non si offende, ma replica a sua volta di provare uno spontaneo interesse per ogni vicenda umana
semplicemente perché lui, come uomo, se ne sente coinvolto. Di fronte alla finezza dei
sentimenti del premuroso Cremete, Menedemo si lascia via via convincere a confessare
il tormento che nasconde.Alla fine del racconto anche a Cremete vengono le lacrime agli
occhi.
CHREMES
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60
Quamquam haec inter nos nuper notitia admodumst,
inde adeo quod agrum in proximo hic mercatus es,
nec rei fere sane amplius quicquam fuit,
tamen vel virtus tua me vel vicinitas,
quod ego in propinqua parte amicitiae puto,
facit ut te audacter moneam et familiariter
quod mihi videre praeter aetatem tuam
facere et praeterquam res te adhortatur tua.
Nam pro deum atque hominum fidem, quid vis tibi aut
quid quaeris? Annos sexaginta natus es,
36
UNO - Le istituzioni
65
70
aut plus eo, ut conicio; agrum in his regionibus
meliorem neque preti maioris nemo habet;
servos compluris: proinde quasi nemo siet
ita attente tute illorum officia fungere.
Numquam tam mane egredior neque tam vesperi
domum revertor quin te in fundo conspicer
fodere aut arare aut aliquid ferre; denique
nullum remittis tempus neque te respicis.
Haec non voluptati tibi esse satis certo scio:“At
enim, dices, quantum hic operis fiat paenitet”.
Quod in opere faciundo operae consumis tuae,
si sumas in illis exercendis, plus agas.
MENEDEMUS
75
Chreme, tantumne ab re tuast oti tibi
aliena ut cures ea quae nil ad te attinent?
CHREMES
Homo sum: humani nil a me alienum puto.
Vel me monere hoc vel percontari puta:
rectumst? ego ut faciam; non est? te ut deterream.
Terenzio, Heautontimorumenos, I, 1, vv. 53-79
CREMETE È vero che questa nostra conoscenza è nata da poco tempo, precisamente da quando hai comprato il tuo podere qui vicino, né c’è mai stato tra di
noi altro di comune; eppure, siano i tuoi meriti, sia il vicinato, che io metto accanto all’amicizia, fatto sta che mi sento il coraggio e la confidenza di darti dei consigli, perché mi pare che tu lavori troppo per la tua età e per quello che richiede
la tua condizione. In nome degli dei e degli uomini! Dove vuoi arrivare? Che cosa
vai cercando? Hai sessant’anni o anche di più, a giudicare a occhio; da queste
parti nessuno possiede un terreno migliore né più ricco del tuo; schiavi, ne hai
una caterva: e, proprio come se non ne avessi neanche uno, ti metti a fare tu il
mestiere loro con tanto accanimento. Non esco mai tanto presto al mattino, non
torno a casa tanto tardi la sera, che non ti veda nel tuo fondo a scavare, arare, portar pesi. Insomma, non ti dai un momento di sosta e non ti hai nessun riguardo:
sono sicuro che questo lavoro non è per te un divertimento.Tu dirai:“È che mi
dispiace vedere quanto poco si lavora qui”. Se tutta la fatica che spendi in codesto lavoro, tu la mettessi a tenere sulla breccia gli altri, ci guadagneresti un tanto.
MENEDEMO Cremete, hai così poco da pensare alle cose tue, da doverti occupare dei fatti degli altri e di quello che non ti riguarda?
CREMETE Sono un uomo; e di quello che è umano nulla io trovo che non mi
riguardi. Fa conto che il mio sia un consiglio, oppure una domanda; o hai ragione tu e allora voglio fare anch’io come te; o non hai ragione e allora ti voglio far
cambiare idea.
(traduzione di A. Ronconi)
LA FAMIGLIA
37
Lessico
Homo, hominis (m.): “uomo”. Deriva dall’indoeuropeo humus (terra) e
propriamente significa “nato dalla terra, terrestre”.
È l’essere umano senza distinzione di sesso e di età, contrapposto a Dio e agli
animali, è creatura razionale in contrapposizione a bestia. Si distingue da vir,
viri:“maschio, marito, eroe”.
Dal termine homo derivano numerosi termini, quali humanus, a, um (amabile, cortese, colto, educato, civile), humanitas, tis (“l’insieme delle qualità
per cui l’uomo acquisisce civiltà ed educazione”, differenziandosi dalla natura selvaggia delle bestie).
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi lessicale
1. Nel testo compaiono numerosi vocaboli che rimandano al concetto di relazione,
quali notitia (v.53),vicinitas (v.56),amicitia (v.57),familiariter (v.58),homo (vv.
61; 77).
Ricerca altre espressioni che esprimono un’idea di reciprocità o di vicinanza.
2. Confronta l’espressione terenziana del verso 77 con quella di Plauto: lupus est
homo homini, non homo (Asinaria, v. 495).
3. Con il termine humanitas si intende quella particolare visione dell’uomo e
della vita che i Romani elaborarono a contatto con i Greci, creando quella “civiltà classica” che caratterizza la cultura occidentale. L’uomo è posto al centro dell’attenzione, valorizzato in tutti i suoi aspetti.
A tuo parere, la società moderna rispetta la persona secondo questa prospettiva?
In che modo il senso del dovere e la solidarietà sono presenti nella coscienza dei giovani e nella loro esperienza di vita?
b. Riflessioni
Come si può dedurre da questi testi, la patria potestas, garantita dal mos maiorum, è addolcita rispetto al passato da un’esigenza di comprensione ed affetto,
tesa a consentire il libero sviluppo della personalità (A.Traina). Il tema è di grande attualità e coinvolge l’esperienza di tutti in quanto produce conflitti generazionali.
Ritieni più validi in famiglia e a scuola metodi educativi aperti e permissivi o rigidi e tradizionali?
38
UNO - Le istituzioni
T. 12
Dolore di un padre
Cicerone (I sec. a.C.) esprime il proprio dolore perché la figlia non gode della situazione matrimoniale adeguata alle sue virtù e alla sua situazione sociale. Infatti, maritata a tredici anni, vedova del primo marito e divorziata dal secondo, si risposò una terza volta scegliendo Dolabella, noto per le sue sregolatezze di vita, che le dissipò il patrimonio, dopo
avere scialacquato il proprio. Costui non le risparmiò neppure umiliazioni, quali la minaccia di repudium (vedi Introduzione al DIVORZIO), fino al momento in cui Tullia lasciò il
marito per tornare, incinta, nella casa paterna, dove morì di parto.
1. Factum esse... ut...
esset atque...: “che sia
avvenuto... che venisse a
trovarsi in una condizione
di gran lunga diversa da
quella che...; ut..esset:
proposizione completiva;
alia... atque: proposizione
comparativa.
TULLIUS S. D. TERENTIAE SUAE
S.V. B. E.V. Tullia nostra venit ad me pridie Idus Iunias: cuius summa virtute
et singolari humanitate graviore etiam sum dolore affectus, nostra factum
esse negligentia ut longe alia in fortuna esset atque1 eius pietas ac dignitas
postulabat. Nobis erat in animo Ciceronem ad Caesarem mittere et cum eo
Cn. Sallustium. Si profectus erit, faciam te certiorem.Valetudinem tuam cura
diligenter. XVII Kal. Quintil. Brundisio.
Cicerone, Ad familiares, XIV, 11
APPROFONDIMENTI - Formule di saluto
Le più comuni derivano dalle voci di alcuni verbi, che significano genericamente “star bene”: da salveo, salvere: salve, salvete, iubeo te salvere; da
valeo, vales, valui, valere: vale!, valeas (cong. esort.), fac (ut) valeas, bene
vale!; dall’accostamento di due verbi: vale et salve, vale salve!; da aveo, avere
(haveo, havere): ave!, aveto! (imper. futuro). Per esprimere l’ultimo saluto ai
morti si usava la formula ave atque vale.
Nell’epistolografia sono frequenti le seguenti abbreviazioni:
s. d. = salutem dicit;
s. p. d. = salutem plurimam dicit;
s. v. b. e. = si vales/valetis, bene est;
s. v. b. e. e. (q.) v. = si vales bene est, ego quoque valeo.
In italiano si usano per salutare i termini “addio” e “ciao”. Il primo deriva dalla
locuzione “A Dio”, sottintendendo “ti raccomando o ti affido”; si tratta quindi
di una formula di origine religiosa. Il secondo è più confidenziale e deriva da
“schiavo”,“sciao”, abbreviazione di “ti sono schiavo”, formula di cortesia veneta per esprimere la propria disponibilità nei confronti di un amico.
LA FAMIGLIA
39
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. S.V. B. E.V.: scrivi per esteso l’abbreviazione.
2. pridie Idus Iunias; XVII Kal.
Quintil.: di quali giorni si tratta?
3. Dei seguenti ablativi indica il complemento corrispondente:
summa virtute
........................................................................
singolari humanitate
........................................................................
graviore dolore
........................................................................
nostra negligentia
........................................................................
4. Si profectus erit, faciam te certiorem: si tratta di un periodo ipotetico di
I° tipo. Indica il modo e il tempo dei
verbi. Facere te certiorem: di quale
costrutto si tratta?
b. Percorso lessicale
1. Con quali espressioni e termini
Cicerone esprime il proprio dolore?
2. Con quali termini sono indicate le
qualità di Tullia?
c. Traduzione
APPROFONDIMENTI - Sistema di datazione
Il sistema di datazione dei Romani era diverso dal nostro.
L’anno si indicava nei seguenti modi:
• con i nomi dei consoli in carica (eponimi) nella formula dell’ablativo assoluto nominale (per es. C. Fabio et L. Virginio consulibus:“essendo consoli”,
o “sotto il consolato di... ”, cioè nell’anno 477 a.C.). La fonte di riferimento era
l’elenco dei consoli (fasti consulares), redatto e aggiornato dai pontefici ogni
anno.
• con la formula ab Urbe condita:“dalla fondazione di Roma”, spesso abbreviata in ab U. c., preceduta dal numerale ordinale in ablativo (per es. anno
quingentesimo nono ab U. c.,“nel 509 dalla fondazione di Roma”).
• con la formula ante o post Christum natum (a. Ch. n. o p. Ch.n.):“prima
o dopo la nascita di Cristo”, a partire dall’affermarsi dal Cristianesimo.
Per indicare il giorno e il mese si prendevano tre giorni come punto di riferimento per tutti gli altri: Kalendae (“le Calende” = il giorno 1); Nonae (“le
None” = il giorno 5, o 7 nei mesi di marzo, maggio, luglio, ottobre); Idus (“le
Idi” = il giorno 13, o 15 nei mesi già citati).
Si procedeva poi nel seguente modo: per le Calende, le None, o le Idi si usava
l’ablativo semplice (per es. Kalendis Martiis = 1 marzo); se si trattava del
giorno che precedeva le Calende, le None e le Idi si usava pridie:“il giorno
prima” o postridie: “il giorno dopo”, seguiti dall’accusativo (per es. pridie
Idus Decembres = 12 dicembre); se si trattava di qualsiasi altro giorno, si contava quanti giorni mancavano alle successive Calende, None o Idi, considerando sia il giorno di partenza, sia il giorno di arrivo (per es. die octavo ante
Kalendas Maias o ante diem octavum Kalendas Maias = 24 aprile).
40
UNO - Le istituzioni
T. 13
1. nihil est, quod... scribam: “non c’è motivo per
cui io debba scriverti”.
2. quod... accedere:
“quanto al fatto che... ”,
proposizione dichiarativa.
3. fecissem: traduci con il
condizionale passato.
4. a Pomponio: si tratta
di Pomponio Attico,
amico carissimo.
5. perferendas... velim:
“vorrei che tu me la
facessi pervenire”; velim:
congiuntivo desiderativo
seguito dal congiuntivo
cures in costruzione paratattica, senza ut, che a
sua volta regge perferendas (gerundivo in qualità
del predicativo del complemento oggetto quas.
Si ricorda la costruzione
di curo + gerundivo nel
significato di “provvedere
a compiere un’azione”.
Ansia per la salute
della figlia
genere: epistolografia
varietà linguistica: latino classico
In questa lettera Cicerone esprime il proprio dolore per la figlia ammalata. Il perdurare
di questo stato d’animo spiega l’uso del tempo presente, anziché del passato che caratterizza lo stile epistolare.
TULLIUS TERENTIAE SUAE S. D.
In maximis meis doloribus excruciat me valetudo Tulliae nostrae. De qua
nihil est quod ad te plura scribam1: tibi enim aeque magnae curae esse certo
scio. Quod me propius vultis accedere2, video ita esse faciendum. Etiam iam
ante fecissem3; sed me multa impediverunt quae ne nunc quidem expedita
sunt. Sed a Pomponio4 expecto litteras quas ad me quam primum perferendas
cures velim5. Da operam ut valeas. IV Kal. Dec. Brundisio.
Cicerone, Ad familiares, XIV, 19
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. Ricerca i pronomi e indicane il caso
e la funzione logica.
2. tibi... magnae curae: di che costrutto si tratta?
T. 14
3. propius: di quale forma si tratta?
4. ita faciendum esse: che costrutto è?
b. Traduzione
Preoccupazione per la salute
genere: epistolografia
di uno schiavo
varietà linguistica: latino classico
Si tratta di un biglietto in cui Cicerone, lontano da Roma, esprime la sua preoccupazione
per la salute del suo schiavo Tirone, che aveva fatto istruire e di cui aveva piena fiducia.
A lui erano attribuiti gli incarichi più delicati, quali l’amministrazione della casa, la sorveglianza dei servi e la funzione di segretario. Per questi suoi meriti venne poi affrancato (in latino il passaggio alla libertà dal potere, manus, del padrone, era reso col termine
manumittere, da manus + mittere).
1. Menandri: è il servo di
Cicerone addetto alla consegna delle lettere.
TULLIUS TIRONI S.
Omnia a te data mihi putabo, si te valentem videro. Summa cura expectabam
adventum Menandri1, quem ad te miseram. Cura, si me diligis, ut valeas et,
cum te bene confirmaris, ad nos venias.
Vale. IV Idus April Cumis.
Cicerone, Ad familiares, XVI, 13
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. valentem: analizza la forma e indica
l’elemento con cui concorda.
2. summa cura: di quale complemento si tratta?
3. cum confirmaris (confirmaveris):
di quale proposizione si tratta?
b. Traduzione
LA FAMIGLIA
41
ESERCIZI DI RIEPILOGO sul genere epistolare
1. Completa la seguente tabella servendoti degli elementi presenti nelle lettere
esaminate:
ELEMENTI
DELLA LETTERA
Mittente
Destinatario
Nome
Caso
...................................... ......................................
...................................... ......................................
FORMULA INIZIALE DI SALUTO
Salutatio ......................................................................................................
ARGOMENTI TRATTATI
Corpus .........................................................................................................
FORMULA FINALE DI SALUTO
Congedo ......................................................................................................
Giorno
Datazione
...................................... ......................................
Nome
Località
Mese
Caso
...................................... ......................................
2. Lo stile epistolare è caratterizzato da precise scelte stilistico/lessicali.
Ricostruiscile attraverso la ricerca di:
• termini del linguaggio quotidiano e familiare;
• diminutivi;
• allitterazioni e anafore;
• interiezioni, esclamazioni, interrogative;
• tempi passati (per raccontare fatti presenti per chi scrive, ma passati per il
destinatario).
Sarcofago con scene di
vita familiare (Parigi,
Louvre).
42
UNO - Le istituzioni
Il ruolo di “figlio”
I figli non avevano giuridicamente, dinanzi alla società, la responsabilità dei loro
atti, dipendevano totalmente dal pater familias ed erano quindi persone alieni
iuris. Potevano però diventare persone sui iuris, acquistare cioè pieni diritti, con
l’istituto dell’emancipatio. Nella famiglia romana, infatti, erano chiamati liberi i
figli che acquistavano la libertà dalla patria potestas. Con il termine liberi, inoltre, si indicava la legittimità della procreazione, finalità primaria del matrimonio
e garanzia di continuità del patrimonio familiare.
I figli nei confronti dei genitori non avevano, però, solo un atteggiamento di sudditanza passiva, ma spesso erano animati da sentimenti di vero affetto, riconducibili alla pietas erga parentes, che costituiva uno degli aspetti primari del mos
maiorum.
I testi proposti sono tratti da un’opera di Valerio Massimo (I sec. d.C.) e propongono esempi di amore filiale.
Nel T. 15 l’adulescens Manlius, vittima dell’autoritarismo del padre, citato per
questo motivo in giudizio davanti al popolo, lo difende con coraggio e determinazione.
Nel T. 16 la figlia, divenuta da poco madre, salva da morte certa la propria madre,
alimentandola con lo stesso latte con cui nutriva suo figlio.
T. 15
1. quo horridiorem
patrem habuit, hoc periculo eius laudabilius subvenit: “quanto più severo
ebbe il padre, tanto più
lodevolmente gli venne in
soccorso nel momento
del pericolo”.
Amore filiale
genere: storiografia
varietà linguistica: latino classico
L. Manlio Torquato diem ad populum Pomponius tribunus plebis dixerat,
quod occasione bene conficiendi belli inductus legitimum optinendi imperii
tempus excessisset quodque filium optimae indolis iuvenem rustico opere
gravatum publicis usibus subtraheret. Is postquam Manlius adulescens cognovit, protinus urbem petit et se in Pomponii domum prima luce direxit. Qui existimans in hoc eum venisse, ut patris crimina, a quo plus iusto aspere tractabatur, deferret, excedere omnes iussit cubicolo, quo licentius remotis arbitris indicium perageret. Nactus occasionem opportunam proposito suo iuvenis gladium, quem tectum adtulerat, destrinxit tribunumque minis ac terrore compulsum iurare coegit a patris eius accusatione recessurum, eoque effectum est ne Torquatus causam diceret. Commendabilis est pietas, quae mansuetis parentibus praestatur. Sed Manlius, quo horridiorem patrem habuit,
hoc periculo eius laudabilius subvenit1, quia ad eum diligendum praeter
naturalem amorem nullo indulgentiae bladimento invitatus fuerat.
Valerio Massimo, Factorum et dictorum memorabilium libri,V, 4, 3
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. quod... excessisset; quodque... subtraheret: che proposizioni sono?
LA FAMIGLIA
43
2. urbem petit: come è costruito qui il verbo peto e con quale significato? Quali
altri costrutti ha?
3. Si riporta lo schema sintattico del periodo qui existimans... perageret.
Definisci il valore delle subordinate.
Qui (et is) iussit
omnes excedere cubicolo
existimans
quo perageret licentius indicium
in hoc eum venisse
remotis arbitris
ut deferret crimina patris
a quo plus iusto aspere tractabatur
4. Costruisci il periodo: nactus... diceret secondo lo schema precedente.
5. occasione bene conficiendi belli; obtinendi imperii tempus: di quale costrutto si tratta? Che valore ha?
b. Comprensione
1. Individua e confronta le caratteristiche del figlio con quelle del padre.
2. Qual è il termine chiave, che indica le basi su cui si fonda il rapporto filiale?
Una proposta di traduzione
Il tribuno della plebe Pomponio aveva citato davanti al popolo Lucio Manlio
Torquato, perché indotto dall’occasione offertagli di porre termine felicemente
alla guerra, aveva superato i limiti di tempo concessigli per l’esercizio della sua
carica e perché sottraeva il figlio, un ottimo giovane, gravato dai suoi impegni di
agricoltore, ai pubblici doveri. Il giovane Manlio, venuto a conoscenza del fatto,
partì subito alla volta di Roma e sul far del giorno si presentò alla casa di
Pomponio. Questi, credendo che quello fosse venuto per riferirgli sui maltrattamenti subiti dal padre che soleva trattarlo con eccessiva severità, ordinò a tutti
di uscire dalla stanza per dargli agio di fare più liberamente la sua denunzia senza
testimoni.Trovato il momento opportuno per mettere in atto il suo proposito, il
giovane impugnò la spada che si era portato di nascosto e costrinse il tribuno
con le minacce e con la paura provocatagli a giurare che avrebbe ritirato l’accusa mossa al padre, ottenendo così che Torquato non dovesse difendersi. La pietà
filiale verso i genitori mansueti è da elogiare, ma Manlio, quanto più severo ebbe
il padre, tanto più lodevolmente gli venne in soccorso nel momento del pericolo, perché a volergli bene non era stato spinto da altra lusinga che non fosse l’affetto naturale.
(traduzione di R. Faranda)
44
UNO - Le istituzioni
T. 16
1. aditum quoque ad eam
filiae, sed diligenter
excussae, ne quid cibi
inferret, dedit: costruisci
così: dedit quoque aditum
ad eam filiae, sed diligenter excussae, ne quid cibi
inferret. Excussae: il
verbo excutere ha qui il
significato di “perquisire”.
2. existimans futurum ut
inedia consumeretur:
integra così: existimans
futurum esse ut...
3. Putarit: si tratta di un
congiuntivo potenziale:
“potrebbe pensare”.
La pietas di una figlia
verso la madre
genere: storiografia
varietà linguistica: latino classico
Sanguinis ingenui mulierem praetor apud tribunal suum capitali crimine
damnatam triumviro in carcere necandam tradidit. Quo receptam is, qui
custodiae praeerat, misericordia motus non protinus strangulavit: aditum
quoque ad eam filiae, sed diligenter excussae, ne quid cibi inferret, dedit1 existimans futurum ut inedia consumeretur2. Cum autem plures iam dies intercederent, secum ipse quaerens quidam esset quo tam diu sustentaretur, curiosius observata filia animadvertit illam exerto ubere famem matris lactis sui
subsidio lenientem. Quae tam admirabilis spectaculi novitas ab ipso ad
triumvirum, a triumviro ad praetorem, a pretore ad consilium iudicum perlata remissionem poenae mulieri impetravit. Quo non penetrat aut quid non
escogitat pietas, quae in carcere servandae genetricis novam rationem invenit? Quid enim tam inusitatum, quid tam inauditum quam matrem uberibus natae alitam? Putarit3 aliquis hoc contra rerum naturam factum, nisi
diligere parentis prima naturae lex esset.
Valerio Massimo, Factorum et dictorum memorabilium libri,V, 4, 7
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. capitali crimine: di quale complemento si tratta?
2. necandam: di che forma si tratta?
Quale valore ha?
3. ne... inferret: di quale proposizione
si tratta? Cibi: da che cosa è retto? Di
quale complemento si tratta?
4. inedia: che caso è? Di quale complemento si tratta?
5. plures dies: che caso è? Di quale
complemento si tratta?
6. quidam esset: da che cosa è retta
questa proposizione? Che valore ha?
7. observata filia: di quale costrutto si
tratta? Ricercane altri dello stesso tipo.
8. servandae genitricis: di quale
costrutto si tratta? Che valore ha?
9. Ricerca i participi, analizzane la
forma e indica il paradigma dei verbi
da cui derivano.
10. Trascrivi gli elementi morfologici
che introducono le proposizioni interrogative.
b. Comprensione
1. Qual è il termine chiave, che indica
le basi su cui si fonda il rapporto filiale?
2.A che cosa alludono i termini inusitatum e inauditum? Come il fatto
viene poi giustificato?
3. Confronta la conclusione dei due
episodi, nella quale si nota un’analoga
definizione dell’amore filiale. Riporta
le espressioni e commentale.
Una proposta di traduzione
Un pretore, dopo aver condannato a morte nel suo tribunale una donna di nobile casato, la consegnò al triumviro perché ne curasse l’esecuzione capitale nel
carcere. Il capo degli addetti alla custodia la prese in consegna, ma, mosso da
pietà, non la fece strangolare subito: anzi permise che la figlia, diligentemente
perquisita ad evitare che introducesse del cibo, s’incontrasse con lei, sicuro che
LA FAMIGLIA
45
la condannata sarebbe morta di fame. Erano trascorsi parecchi giorni e il carceriere si domandava come mai ella si sostentasse così a lungo, quand’ecco, osservata con maggiore attenzione la figlia, si accorse che costei, denudata la mammella, placava la fame della madre col suo latte. Riferito il fatto ammirevole dal
carceriere al triumviro, da triumviro al pretore, dal pretore al collegio dei giudici, la sua novità valse alla condannata la remissione della pena. Dove non giunge
o che cosa non sa escogitare l’amore filiale, che scoprì un inusitato sistema per
salvare una madre nel carcere! Che cosa più strano, che più inaudito di una
madre allattata da una figlia? Si potrebbe pensare ad un fatto contro natura se
prima legge di natura non fosse amare i genitori.
(traduzione di R. Faranda)
APPROFONDIMENTI - Le età della vita
infantia
0
Statua di un ragazzo
che indossa una catenina cui è appesa la
bulla (Roma, Museo
della Civiltà Romana).
pueritia
7 anni
adulescentia
17 anni
iuventus
30 anni
media aetas senectus
40 anni
60 anni
infantia:“infanzia”, da in privativo e dalla radice indoeuropea *fa- che significa “parlare” (for, faris, fatus sum, fari). Quindi l’infans è il bambino che
non possiede ancora il linguaggio.
Nel dies lustricus, nove giorni dopo la nascita (otto per le femmine), dopo
che il neonato era stato purificato, gli veniva imposto dal padre il praenomen. In quella occasione gli venivano donati da parenti, amici e schiavi oggetti vari tra cui la bulla aurea. Questa era una sorta di medaglione-amuleto
(bolla) a forma di astuccio di cuoio o d’oro, contenente altri amuleti contro
il malocchio (crepundia, perché tintinnavano ad ogni movimento), che il
bambino avrebbe portato al collo per tutta la pueritia.
pueritia: “fanciullezza”, dalla radice indoeuropea *pu- che indica la purezza.
Quindi il puer è il fanciullo,il giovinetto,il ragazzo ancora imberbe (impubes).
L’abito tipico del puer era la toga praetexta di colore bianco, orlata di porpora come quella dei magistrati.A diciassette anni, raggiunta la maggiore età,
in una festa solenne di famiglia, il giovinetto ormai adulescens deponeva la
toga praetexta e la bulla che offriva ai Lari domestici. Indossava la toga virilis o pura (non decorata), si tagliava i capelli che fino ad allora aveva portati
lunghi, poi, accompagnato da amici e parenti, compiva un sacrificio e andava
a farsi iscrivere nella propria tribù. Si recava infine in Campidoglio per ringraziare gli dei di essere finalmente diventato un cittadino romano: cominciava così la sua preparazione alla vita pubblica e iniziava il servizio militare
esercitandosi nel campo di Marte.
adulescentia: “giovinezza”, da adolescere “crescere”. Quindi l’adulescens è
il giovane che si forma e completa la sua crescita, non già l’adolescente.
iuventus o iuventa: “giovinezza”, da iuvare “giovare”. Quindi lo iuvenis è
l’uomo adulto uscito dall’adulescentia e non ancora giunto alla senectus, in
46
UNO - Le istituzioni
grado di giovare allo Stato. La iuventus corrisponde a quel periodo della vita
contrassegnato dalla piena assunzione delle responsabilità, cioè l’età matura,
che si distingueva in due fasi: quella degli iuniores (il nerbo dell’esercito)
fino a 45 anni e quella dei seniores fino a 60 anni (milizia stanziale).
media aetas: “età matura”, è definita anche aetas constans e aetas virilis,
come si ricava dall’espressione di Cicerone constans aetas, quae media
dicitur.
senectus o senecta: “vecchiaia”, da senescere “invecchiare”. Quindi il senex
era il vecchio. Tale età non coincideva con l’emarginazione, poiché nella
società romana, sia nell’ambito familiare, sia nella vita pubblica, il vecchio era
considerato il depositario della saggezza e dell’esperienza.
Il ruolo del “vecchio”
Presso i Romani la vecchiaia iniziava dopo i sessant’anni ed era temuta in quanto accompagnata dall’indebolimento delle forze fisiche (horrida senectus), ma
nello stesso tempo venerata, perché ricca di saggezza e di esperienza. Anche
nella vita pubblica si riconosceva ai senes un ruolo significativo, come dimostra
il fatto che il maggior organo istituzionale dell’età repubblicana (senatus) era formato dai senatores, capi delle famiglie aristocratiche.
I due testi che seguono (Tt. 17-18) sono tratti dal Cato Maior de senectute di
Cicerone, dialogo tra Catone il Censore e Publio Cornelio Scipione, figure emblematiche di due tendenze diverse: l’uno rigido sostenitore della tradizione agraria
e dell’antico moralismo, l’altro aperto alla cultura greca e difensore della libertà
individuale.
Catone al suo interlocutore, che lo ammira per la serenità con cui sopporta la vecchiaia, risponde con un lungo discorso: solo chi ha vissuto pienamente e secondo
natura ogni età della vita è in grado di accettarla, come necessità intrinseca.
T. 17
1. quibus: concorda con
praeceptis: “con i
quali...”.
2. nec minus intellego me
vobis quam mihi vos esse
iucundos: integra così:
nec minus intellego me
esse iucundum vobis
quam mihi... iucundios:
proposizione comparativa.
3. ut... non sit: proposizione interrogativa indiretta retta da videtis.
Elogio alla vecchiaia
genere: trattato filosofico
varietà linguistica: latino classico
Ut enim adulescentibus bona indole praeditis sapientes senes delectantur
leviorque fit senectus eorum qui a iuventute coluntur et diliguntur, sic adulescentes senum praeceptis gaudent quibus1 ad virtutum studia ducuntur; nec
minus intellego me vobis quam mihi vos esse iucundos2. Sed videtis ut3 senectus non modo languida atque iners non sit, verum etiam sit operosa et sempre agens aliquid et moliens, tale scilicet quale cuiusque studium in superiore vita fuit. Quid? Qui etiam addiscunt aliquid! Ut et Solonem versibus gloriantem videmus qui se cotidie aliquid addiscentem dicit senem fieri, et ego
feci, qui litteras Graecas senex didici.
Cicerone, De senectute,VIII
LA FAMIGLIA
47
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintatttica
1. bona indole: di quale complemento
si tratta?
2. agens, moliens, gloriantem, addiscentem: di quali forme si tratta e che
valore hanno?
3. addiscunt, didici: ricerca il paradigma del verbo da cui derivano e indicane la costruzione sintattica.
Nel primo verbo quale significato conferisce la preposizione ad rispetto al
secondo?
4. Riporta le proposizioni infinitive
presenti nel testo, dopo aver individuato i verbi da cui sono rette.
b. Percorso lessicale
1. Senatus, senator, senectus, senex,
senescere, senilis, senior. Questi termini hanno in comune la radice
T. 18
1. non modo quod...
cogimur: costruisci così:
cogimur non modo quod
non possums, sed ne
quantum possumus quidem. Traduci: “non solo
non siamo costretti (a
fare)...”.
indoeuropea *sen-. Quale esito hanno
avuto questi vocaboli nella lingua italiana? Il termine senior che forma è?
Quale linguaggio specifico lo adopera?
Il vocabolo “vecchio” deriva invece da
un’altra radice. Sai riconoscerla?
2. Ricerca i verbi che alludono a stati
d’animo derivati da un rapporto positivo fra vecchi e giovani basato sul reciproco scambio.
3. Dopo aver individuato i termini con
cui Catone definisce la vecchiaia, evidenziane gli aspetti positivi.
c. Comprensione
Perché la vita secondo Catone è un
continuo apprendimento? In che
modo lo dimostra?
d. Traduzione
La forza della vecchiaia
genere: trattato filosofico
varietà linguistica: latino classico
Non sunt in senectute vires? Ne postulantur quidem vires a senectute. Ergo et
legibus et institutis vacat aetas nostra muneribus eis quae non possunt sine
viribus sustineri. Itaque non modo quod non possumus, sed ne quantum possumus quidem cogimur1.At multi ita sunt imbecilli senes ut nullum officii aut
omnino vitae munus exsequi possint at id quidem non proprium senectutis
vitium est, sed commune valetudinis.
Cicerone, De senectute, XI
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintatttica
1. legibus et institutis; muneribus: in
che caso sono? Di quali complementi
si tratta?
2. quae non possunt... sustineri: di
quale proposizione si tratta?
3. ut nullum officii aut omnino vitae
munus exequi possint: di quale proposizione si tratta?
4. officii: di quale caso si tratta e da
che cosa è retto?
b. Percorso lessicale
1. Il termine vis, nome difettivo del
genitivo e dativo singolare, significa
“forza”,“ vigore”,“violenza”, come nell’espressione: vim facere. Trascrivi la
declinazione al singolare e al plurale.
2. Al plurale tale vocabolo ha il significato di “forze militari (truppe), forze
materiali e fisiche”. La stessa radice è
presente anche in altre parole dello
stesso campo semantico. Sai indicarle?
48
UNO - Le istituzioni
c. Comprensione
Officium: con questo termine
Cicerone designa il dovere morale
all’interno della società e in ambito
filosofico il senso del dovere. Secondo
Cicerone quali doveri hanno i vecchi?
d. Traduzione
e. Riflessioni
Rifletti sul ruolo degli anziani nella
società di oggi e discuti se le istituzioni e le leggi ne consentono l’inserimento o la partecipazione.
A tuo parere, coloro che non hanno i
requisiti della forza e della giovinezza
devono essere emarginati?
Due ruoli “rovesciati”: la suocera e la cortigiana
Un’altra commedia di Terenzio, l’Hecyra (“La suocera”) delinea in modo efficace
e originale due personaggi femminili, la suocera e la cortigiana, ruoli tradizionali, ma riproposti ora in una nuova luce.
Protagonista è Sostrata, suocera di Filomena, sposa di Panfilo, figlio adolescente
che, marito controvoglia, a poco a poco si innamora della moglie. Filomena
improvvisamente abbandona la casa del marito e torna da sua madre. La ragione
è presto svelata: è stata sedotta prima di sposarsi da uno sconosciuto e ora attende un bambino. Sostrata, ingiustamente sospettata di essere la causa del dissidio
fra i due sposi, in realtà rivela qualità diverse dallo stereotipo convenzionale di
vecchia litigiosa.
T. 19
Il rammarico di una suocera
genere: teatro
varietà linguistica:
latino arcaico
Si propongono due passi (Tt. 19-20), in cui Sostrata si rammarica del diffuso pregiudizio
nei confronti delle suocere e comunica la sua intenzione di ritirarsi in campagna.
SOSTRATA
275
280
Edepol ne nois sumus inique aeque omnes invisae viris
propter paucas quae omnes faciunt dignae ut videamur malo.
Nam, ita me di ament, quod me accusat nunc vir, sum extra noxiam.
Sed non facile est expurgatu, ita animum induxerunt socrus
omnis esse iniquas; haud pol me quidem; nam numquam secus
habui illam ac si ex me esset gnata; nec qui hoc mihi eveniat scio,
nisi pol filium multimodis iam expecto ut redeat domum.
Terenzio, Hecyra, II, 3, vv. 274-280
SOSTRATA Davvero è un’ingiustizia che noi siamo odiate dai mariti tutte a un
modo per colpa di poche, le quali ci fanno parere detestabili tutte. Lo sanno gli
dei, se io sono innocente di tutto quello che mio marito vuol far ricadere su di
me. Ma non è facile difendersi: tanto sono convinti che le suocere sono tutte
malvagie; ma io per parte mia, no di certo: perché l’ho sempre tenuta come se
fosse figliuola mia e non so proprio da dove mi saltino fuori questi guai: non ho
ormai che da aspettare in tutti i modi il mio figliuolo che torni a casa.
(traduzione di A. Ronconi)
LA FAMIGLIA
T. 20
49
Una suocera comprensiva
genere: teatro
varietà linguistica:
latino arcaico
SOSTRATA
580
585
Non clam me est, gnate mi, tibi me esse suspectam, uxorem tuam
propter meos mores hinc abisse, etsi ea dissimulas sedulo.
Verum ita me di ament itaque obtingant ex te quae exopto mihi ut
numquam sciens commerui merito ut caperet odium illam mei.
Teque ante quod me amare rebar, ei rei firmasti fidem;
nam mihi intus tuos pater narravit modo quo pacto me habueris
praepositam amori tuo; nunc tibi me certumst contra gratiam
referre, ut apud me praemium esse positum pietati scias.
Mi Pamphile, hoc et vobis et meae commodum famae arbitror:
ego rus abituram hinc cum tuo me esse certo decrevi patre,
ne mea praesentia obstet neu causa ulla restet relicua
quin tua Philumena ad te redeat.
Terenzio, Hecyra, IV, 2, vv. 577-588
SOSTRATA Non è un mistero per me, figliuolo mio: tu sospetti di me e pensi che
tua moglie se ne sia andata di qua a causa del mio carattere, anche se fai di tutto
per nasconderlo; ma così mi aiutino gli dei e così mi possa venire da te tutto quello che desidero, come è vero che io non l’ho fatto apposta e non ho meritato che
lei fosse presa d’odio per me; quanto a te, se già pensavo che tu mi volessi bene,
ora me ne hai dato la certezza che tuo padre a casa mi ha raccontato come tu hai
preferito me al tuo amore; ora sono decisa a contraccambiarti, perché tu sappia
che la pietà filiale trova in me la sua ricompensa.
Panfilo mio, credo che questo giovi a voi e al mio buon nome: ho deciso di andarmene di qua, in campagna, insieme con tuo padre; voglio che la mia presenza
non sia un ostacolo e non resti alcun motivo perché la tua Filumena non ritorni
da te.
(traduzione di A. Ronconi)
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Percorso lessicale
1. Riporta le espressioni con cui
Sostrata si rivolge al figlio.
2. propter meos mores: oltre alla traduzione data, quale altro significato potresti attribuire al termine mos, moris?
3.Quali sentimenti emergono da questo
passo? Riporta termini ed espressioni.
4. Il sostantivo fides (v. 581) viene qui
ad affermare che il rapporto familiare
deve basarsi su uno scambio di affetto
reciproco costruito con il dialogo.
Quindi che cosa significa l’espressione
firmasti fidem? Quale altro contesto
richiama?
5. pietas (v. 584): che variazione di
significato noti rispetto al corrispondente termine italiano?
6. Il termine fama, ae (v. 585) ha la sua
radice nel verbo for, faris, fatus sum,
fari; indica i vari significati e riporta i
derivati.
50
UNO - Le istituzioni
T. 21
La cortigiana: parole
di riconoscenza
genere: teatro
varietà linguistica: latino arcaico
La vicenda dell’Hecyra trova il suo epilogo grazie all’intervento della bella cortigiana
Bacchide.
L’anello che questa porta al dito, ricevuto in dono all’incirca nove mesi prima da Panfilo
e che era stato perduto da Filomena la notte in cui aveva subito violenza, permette di
riconoscere in Panfilo l’ignoto violentatore e il padre del figlio portato in grembo da
Filomena. Bacchide, con la sua rivelazione, permette il trionfo dell’amore fra i due sposi
ed affida al pubblico un preciso messaggio di natura morale: il valore della solidarietà.
BACCHIS
835
840
Haec tot propter me gaudia illi contigisse laetor;
etsi hoc meretrices aliae nolunt; neque enim est in rem nostram
ut quisquam amator nuptiis laetetur; verum ecastor
numquam animum quaesti gratia ad malas adducam partis.
Ego dum illo licitumst usa sum benigno et lepido et comi.
Incommode mihi nuptiis evenit, factum fateor;
at pol me fecisse arbitror ne id merito mihi eveniret.
Multa ex quo fuerint comoda, eius incomoda aequomst ferre.
Terenzio, Hecyra,V, 3, vv. 833-840
BACCHIDE Sono contenta che da me gli siano venute tutte queste gioie, anche
se altre cortigiane non la penserebbero così: perché a noi non conviene che uno
dei nostri amanti abbia fortuna nel matrimonio; ma io per Castore, non mi risolverò mai a certe cattiverie per il mio interesse. Io, a suo tempo, l’ho trovato
buono con me, garbato, gentile. Le sue nozze mi hanno portato sfortuna, lo
ammetto; meno male che io credo proprio di non avere fatto niente per meritarlo. È giusto rassegnarsi ad avere dei dispiaceri da uno, quando se ne sono avuti
tanti piaceri.
(traduzione di A. Ronconi)
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Percorso lessicale
1. Ricerca i termini con cui Bacchide definisce l’atteggiamento di Panfilo nei suoi
confronti.
2. Il termine meretrices rimanda al verbo mereo e mereor. Ricercane il significato e trova i possibili derivati nella lingua italiana.
LA FAMIGLIA
51
La cortigiana: parole di lode
genere: teatro
varietà linguistica:
latino arcaico
BACCHIS
Recte amasti, Pamphile, uxorem tuam;
nam numquam ante hunc diem meis oculis eam quod nossem videram;
perliberalis visast.
Terenzio, Hecyra,V, 4, vv. 862-863
BACCHIDE Hai fatto bene Panfilo, a sposare tua moglie, io non l’avevo mai vista
coi miei occhi fino ad oggi, ch’io sappia: e mi è sembrata dolcissima.
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Comprensione relativa ai testi 19-22
1. Indica come avviene il ribaltamento dei ruoli della suocera e della cortigiana.
2. Bacchide, pur essendo una figura socialmente emarginata, dimostra di essere
altruista e disinteressata e di non pensare solo al proprio guadagno. In che modo
Terenzio mostra dunque i lati positivi della prostituta e quale messaggio le affida?
3. Il sistema dei valori tradizionali, quali per es. la patria potestas, la difesa della
reputazione (meae famae), su cui si basa l’istituto familiare, pur non venendo
completamente sovvertito, si arricchisce ora di una nuova componente, che
valorizza la sfera intima e relazionale.
Basandoti sui testi proposti, evidenzia come all’interno della famiglia gli elementi della tradizione si integrano con quelli dell’innovazione.
52
UNO - Le istituzioni
La coppia
Coppia di sposi
Presupposto indispensabile della famiglia è l’unione di un uomo e di una donna,
che vengono a formare una “coppia”, la cui costituzione è regolata da norme giuridiche e caratterizzata da riti e antiche cerimonie, tutt’oggi ancora presenti
anche se solo parzialmente riconoscibili. Il matrimonio era di solito preceduto
dal fidanzamento (sponsalia), una promessa solenne e impegnativa (T. 24). La
ragazza veniva promessa dal pater familias fin dalla giovane età al padre del
futuro sposo. Davanti a dei testimoni avveniva la celebrazione del rito, durante il
quale il fidanzato consegnava alla fidanzata dei regali e un anello (anulum) che
poteva essere o un cerchio di ferro ricoperto d’oro o un cerchio d’oro come le
fedi; la ragazza lo infilava al dito vicino al mignolo della mano sinistra. Di qui la
denominazione di anulare (anularius), che, come spiega Gellio (II sec. d.C.) in
modo suggestivo, era collegato al cuore tramite un nervo (T. 23). La cerimonia
terminava con un banchetto in cui erano stati invitati parenti ed amici. Alle
norme che regolavano il patto veniva riconosciuto valore legale e con questo si
definiva un ruolo al quale la giovane era legata tanto che, in caso di scioglimento, si ricorreva al tribunale.
T. 23
genere: miscellanea
varietà linguistica:
latino arcaizzante
L’anello di fidanzamento
Repertum est nervum quendam tenuissimum ab eo uno digito, de quo diximus, ad cor hominis pergere ac pervenire; propterea non inscitum visum esse
eum potissimum digitum tali honore decorandum, qui continens et quasi
conexus esse cum principatu cordis videretur.
Gellio, Noctes Atticae, X, 10, 2
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. Repertum est: che forma è? Quali proposizioni introduce?
2. visum esse; videretur: come sono costruiti?
3. potissimum: che forma è?
4. decorandum: che forma è?
5. conexus esse: analizza la forma e trascrivi il paradigma.
b. Comprensione
1. nervum quendam... ab eo uno digito... ad cor hominis pergere ac pervenire: che cosa collega il nervo? Di quale dito si tratta?
2. Quali implicazioni emotive richiama, secondo te, questa spiegazione pseudoscientifica?
c. Traduzione
LA FAMIGLIA
T. 24
1. Servio Sulpicio, giurista del I sec. a.C., basò la
giurisprudenza su categorie filosofiche, rendendola
una vera e propria scienza.
2. ex sponsu agebat:
espressione del linguaggio giuridico: “intentava
causa al fidanzato”.
3. Iudices cognoscebant:
“i giudici istruivano la
causa”. Qui cognosco
assume valore giuridico e
si riferisce alla cognitio
(processo dinanzi al tribunale).
4. litem pecunia aestimabat, quantique interfuerat
eam uxorem accipi aut
dari: “stimava il valore
della pattuizione derivante
dal dare o dal prendere la
moglie”.
5. eum, qui spoponderat,
ei qui stipulatus erat, condemnabat: costruisci e
integra così: condemnabat (a pagare tale
somma) eum qui...
Gli sponsali
53
genere: miscellanea
varietà linguistica: latino arcaizzante
Sponsalia in ea parte Italiae, quae Latium appellatur, hoc more atque iure
solita fieri scripsit Servius Sulpicius1 in libro, quem scripsit “De dotibus”:“Qui
uxorem”, inquit, “ducturus erat, ab eo, unde ducenda erat, stipulabatur eam
in matrimonium datum iri; qui ducturus erat, itidem spondebat. Is contractus stipulationum sponsionumque dicebatur “sponsalia”.
Tunc, quae promissa erat, “sponsa” appellabatur, qui spoponderat ducturum,
“sponsus”.
Sed si post eas stipulationes uxor non dabatur aut non ducebatur, qui stipulabatur, ex sponsu agebat2. Iudices cognoscebant3. Iudex quamobrem data
acceptave non esset uxor quaerebat. Si nihil iustae causae videbatur, litem
pecunia aestimabat, quantique interfuerat eam uxorem accipi aut dari4,
eum, qui spoponderat, ei qui stipulatus erat, condemnabat5”.
Gellio, Noctes Atticae, IV, 4, 1-2
Lessico
Mos, moris (n.). Il termine, di incerta etimologia assume diversi significati:
“costume” determinato non dalla legge, ma dall’uso; “condotta”; “comportamento”. È vox media e viene utilizzato soprattutto al plurale, mores, per indicare il corretto comportamento, la civiltà, la moralità. Per i Romani era un termine molto importante, in quanto racchiudeva tutti quei valori ispirati ad una
morale per la quale si ritenevano superiori agli altri popoli.Tra questi: la pietas, intesa come devozione verso gli dei, lo Stato, gli antenati, la famiglia; la
virtus come coraggio in pace e in guerra; la temperantia, la fides (altro termine fondamentale nel diritto romano, in quanto regola i rapporti pubblici e
privati, con una pluralità di significati). Per le donne inoltre fondamentali
erano la riservatezza, l’operosità e la pudicitia.
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. appellatur: come è costruito?
Rintraccia nel testo analoghi costrutti.
2. Analizza le seguenti forme: ducturus erat; ducenda erat; datum iri.
3. quamobrem data acceptave non
esset uxor quaerebat, costruisci così:
quaerebat quamobrem uxor data vel
accepta non esset. Di che proposizione si tratta?
b. Percorso lessicale
Esegui gli esercizi secondo le indica-
zioni fornite nelle Modalità di lavoro
1a. Ricerca dei termini e 1b.
Approfondimento.
c. Comprensione
1. Quale autore e quale opera vengono
citati da Gellio nel testo?
2. Che cosa significa il termine sponsalia?
3. Che differenza c’è tra uxor e sponsa?
4.In che circostanza si ricorreva ai giudici?
5. Quando un uomo poteva essere
chiamato sponsus?
54
UNO - Le istituzioni
6. Individua tutte le parole che possono esprimere l’idea di promettere
(spondere) e quella di siglare un contratto (stipulare).
d. Traduzione
e. Ricerca lessicale
1. Dal verbo spondeo, che significa
“promettere” deriva il termine sponsor, oris,“garante”.
In quale contesto e con quale significato viene usato oggi questo termine
in italiano?
2.Trova sul vocabolario le parole derivate da ius, comprese quelle di significato contrario, formate con il prefisso
negativo in.
Il matrimonio
Gaio (giurista del II sec. d.C.) nelle Institutiones indica le forme più antiche di
matrimonio (usus, confarreatio, coemptio), con le quali la potestas poteva
essere trasferita dal padre della donna alla famiglia del marito. Con un atto di sottomissione (conventio in manum mariti) la donna assumeva il ruolo di figlia e
il diritto di erede, mutando così il suo stato giuridico all’interno della famiglia e
della società.
Per quanto riguarda l’usus (T. 25a), questo testimonia che nel modo romano la
donna era una proprietà, che si acquistava con l’usocapione e scadeva dopo un
anno secondo una legge delle XII Tavole per i beni mobili. Per evitare che il marito acquistasse la manus sulla donna, scaduto il termine, si escogitò un rimedio:
l’allontanamento della moglie dalla casa del marito per tre notti (trinoctium).
Dei tre modi di contrarre matrimonio, solo la confarreatio (T. 25b), il più antico, era formalmente paritario, perché consisteva nella divisione tra i due sposi di
un pane di farro, ma ben presto cadde in disuso e fu riservato al matrimonio del
più importante sacerdote (Flamen Dialis). Il rito più diffuso era la coemptio, una
vera e propria compravendita, con la quale la donna-oggetto veniva venduta alla
presenza di un uomo che reggeva la bilancia (libripens), su cui veniva posto il
prezzo d’acquisto della “cosa”.Tale consuetudine dell’età arcaica è testimoniata
dall’uso dell’espressione emere mulierem (T. 25c).
APPROFONDIMENTI - Le nozze
Al fidanzamento seguivano le nozze (nuptiae), una cerimonia di cui abbiamo numerose testimonianze. Il giorno prima del matrimonio, stabilito secondo il calendario romano in un giorno propizio (dies fastus), che cadeva per
eccellenza nella seconda metà di giugno, la fidanzata offriva ai Lari le bambole, lasciando simbolicamente alle spalle il mondo dell’infanzia. Indossava
poi una tunica bianca senza orlo (tunica recta o regilla), tessuta dal basso
verso l’alto da donne che lavoravano, secondo un procedimento antichissimo, in piedi; un doppio nodo (cingolum herculeum) tratteneva la tunica in
vita. La giovane avvolgeva i capelli in una reticella e si coricava. Il giorno
dopo, li pettinava dividendoli in sei trecce avvolte da bende singolarmente,
riunite a crocchia e fissate con un apposito spillone ricurvo (hasta caelibaris). Sul capo si posava un velo di color arancione fiammeggiante (flam-
LA FAMIGLIA
55
meum), con il quale nascondeva in modo pudico il volto. Unici ornamenti
erano una corona di verbena e di maggiorana in età classica, di mirto e di fiori
d’arancio in età più tarda e una collana di metallo. Sulla tunica il mantello
(palla), ai piedi calzari color zafferano, come il mantello.
Dopo aver ultimato i preparativi, la cerimonia si svolgeva o nell’atrio
(atrium) della casa della fidanzata con l’assistenza della pronuba (matrona
univira) che univa nelle proprie mani quelle degli sposi, o in un santuario
vicino, alla presenza di un officiante (auspex), per offrire in sacrificio agli dei
un animale (pecora, bue o maiale). L’officiante davanti a dieci testimoni esaminava le interiora e, ottenuti gli auspici favorevoli, senza i quali il matrimonio non sarebbe stato valido, proclamava il favore degli dei e invitava gli sposi
a pronunciare la formula di rito.Tutti i presenti esclamavano:“La felicità sia
con voi” (Feliciter).
Ultimato il rito seguiva il banchetto, offerto dal padre della sposa, con piatti
tradizionali e benauguranti, che si protraeva fino alla sera, quando la sposa
doveva essere accompagnata in corteo alla casa del marito.
Un gruppo di fanciulli e fanciulle attendeva l’uscita degli sposi, invocando il
dio delle nozze Imeneo e con l’accompagnamento di flauti intonava canzoni
licenziose (fescennina iocatio) che propiziavano la fecondità, o gridavano
parole benauguranti. Secondo un preciso rituale la sposa, rifugiatasi tra le
braccia della madre, veniva strappata a forza, simulando un rapimento e si
avviava verso la nuova casa, tenuta per mano da due fanciulli, seguendo la
pronuba che guidava il corteo preceduto da un terzo fanciullo con in mano
una torcia di biancospino per illuminare la notte. Un’analoga torcia era stata
accesa nel nuovo focolare per simboleggiare la continuità. La sposa portava
nella nuova abitazione il fuso e la conocchia, simboli dei futuri compiti e, una
volta giunta sulla soglia, veniva presa in braccio dal marito, perché se l’avesse toccata o, peggio ancora, vi avesse inciampato, avrebbe suscitato l’ostilità
degli dei familiari. Il marito le offriva l’acqua e il fuoco e la pronuba la conduceva al letto nuziale. La cerimonia era così conclusa.
Lessico
Fescennini versus:“versi fescennini”. Si trattava di versi improvvisati pieni
di insulti e volgarità, che venivano lanciati a ritmo alterno con l’accompagnamento di canti e danze, o dai contadini durante le feste rurali, o dagli ospiti durante le cerimonie nuziali.Tale usanza, viva ancora oggi, aveva una funzione apotropaica (di allontanamento dal malocchio) ed era connessa con un
rituale atto a propiziare la fecondità.
L’etimologia di fescenninus è incerta; secondo gli antichi deriverebbe o dalla
città etrusca Fescennia o da fascinum “malocchio” e “membro virile”. Tale
duplice significato ha la sua spiegazione con il culto di Priapo, divinità agreste che proteggeva il raccolto e la fertilità della famiglia. Le statue in suo
onore erano caratterizzate da un gigantesco membro eretto, ritenuto il
migliore rimedio contro i mali, gli incantesimi e la stregoneria, in quanto
capace di attirare a sé (e non a chi ne cercava la protezione) lo sguardo maligno degli invidiosi. Nella lingua italiana sono collegati a questo termine nella
sua prima accezione di “malia” il verbo “affascinare” e il sostantivo “fascino”.
56
UNO - Le istituzioni
T. 25a
1. nupta: part. perf. di
nubo, con valore di predicativo del soggetto.
2. usucapiebatur: verbo
composto dall’ablativo di
usus e dall’imperfetto di
capio, col significato di
“prendere tramite l’uso”.
3. cautum est ut... interrumperet; costruisci così:
cautum est ut... abesset
atque... interrumperet.
Caveo col significato di
“provvedere a” introduce
due proposizioni completive.
L’usus
genere: trattato giuridico
varietà linguistica: latino tardo
Usu in manum conveniebat quae anno continuo nupta1 perseverabat; quia
enim veluti annua possessione usucapiebatur2, in familiam viri transibat
filiaeque locum obtinebat. Itaque lege XII tabularum cautum est ut, si qua
nollet eo modo in manum mariti convenire, ea quotannis trinoctio abesset
atque eo modo usum cuiusque anni interrumperet3. Sed hoc totum ius partim legibus sublatum est, partim ipsa desuetudine obliteratum est.
Gaio, Institutiones, I, 111, 1-3
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. anno continuo: di quale caso si tratta? Ricordi il modo più usuale per
esprimere il complemento di tempo
continuato? Rintraccia altre indicazioni temporali.
2. si qua: di quale pronome di tratta?
1. Esegui gli esercizi secondo le indicazioni fornite nelle Modalità di lavoro
1a. Ricerca dei termini e 1b.
Approfondimento.
2. Ricordi in quale ambito viene utilizzato il verbo “obliterare” nella lingua
italiana?
b. Percorso lessicale
c. Traduzione
T. 25b
La confarreatio
genere: trattato giuridico
varietà linguistica: latino tardo
Farreo in manum conveniunt per quoddam genus sacrificii, quod Iovi Farreo
fit; in quo farreus panis adhibetur, unde etiam confarreatio dicitur; complura
praeterea huius iuris ordinandi gratia cum certis et sollemnibus verbis praesentibus decem testibus aguntur et fiunt. Quod ius etiam nostris temporibus
in usu est; nam flamines maiores, id est Diales Martiales Quirinales, item
reges sacrorum nisi ex farreatis nati non leguntur; ac ne ipsi quidem sine confarreatione sacerdotium habere possunt.
Gaio, Institutiones, I, 112, 1-2
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. Iovi Farreo: di quale caso si tratta e
quale funzione logica ha?
2. (sacrificium) dicitur confarreatio:
di che costrutto si tratta?
3. ordinandi gratia: di quale proposizione si tratta? Indica anche gli altri
modi per esprimerla.
4. praesentibus... testibus: di quale
costrutto si tratta?
5. leguntur: in questo contesto il verbo
legere assume il significato di “scegliere”. Qual è il significato più usuale?
b. Traduzione
LA FAMIGLIA
T. 25c
1. mancipatio: “vendita o
compera di una proprietà”.
57
genere: trattato giuridico
varietà linguistica: latino tardo
La coemptio
Coemptione vero in manum conveniunt per mancipationem1, id est per
quandam imaginariam venditionem; nam adhibitis non minus quam quinque testibus civibus Romanis puberibus, item libripende, emit is mulierem
cuius in manum convenit.
Gaio, Institutiones, I, 113, 1
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. per mancipationem; per... venditionem: di quale complemento si tratta?
2. adhibitis... puberibus... libripende:
di quale costrutto si tratta?
T. 26
b. Analisi lessicale
Ricerca i termini relativi all’ambito del
commercio.
c. Traduzione
Formule del matrimonio
Si propongono due testi con le formule della promessa di matrimonio (sponsio). La
prima, riportata da Plutarco (scrittore greco del I-II sec. d.C.) è pronunciata dalla donna
come risposta alla domanda rituale del marito che le chiedeva come si chiamasse. La
seconda è un dialogo tratto dall’Aulularia di Plauto (commediografo latino del III sec.
a.C.) fra Megadoro ed Euclione, rispettivamente il fidanzato ed il padre della ragazza.
Nella prima si evidenzia il legame basato su una coinvolgente comunione di vita, nella
seconda invece emerge l’aspetto formale e contrattuale del matrimonio.
T. 26a
Ubi tu Gaius ego Gaia.
Plutarco, Quaestiones romanae, 271, d
T. 26b
255
MEGADORUS
EUCLIO
MEGADORUS
EUCLIO
genere: teatro
varietà linguistica: latino arcaico
Quid nunc? Etiam mihi despondes filiam?
Illis legibus, cum illa dote quam tibi dixi.
Spondesne ergo?
Spondeo.
Plauto, Aulularia, II, v. 255-256
58
UNO - Le istituzioni
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Traduzione
Traduci i testi 26a e 26b.
T. 27
Il canto nuziale
genere: lirica
varietà linguistica: latino classico
metro: esametri
Questi versi sono tratti dal carme LXII di Catullo (poeta del I a.C.). È un canto nuziale
(epitalamio) pronunciato alternativamente da due semicori alterni di fanciulli e fanciulle, che esaltano l’astro di Venere, al cui apparire la sposa viene condotta a casa dello
sposo. Un ritornello che inneggia a Imeneo, divinità delle nozze, viene ripetuto al termine di ogni strofa.
PUERI
1. surgere... tempus... linquere: “è tempo ormai
di...”.
2. pinguis: arcaismo per
pingues.
3. innuptae: participio perfetto da in + nubo = “non
sposate”.
4. Noctifer: stella che
porta la notte.
5. Oetaeos... ignes: la stella che porta la notte
mostra i fuochi etei (dal
monte Eta).
6.certest: = certum est.
7.viden... exiluere: = videsne... exiluerunt; proposizione interrogativa diretta.
5
Vesper adest, iuvenes, consurgite;Vesper Olympo
expectata diu vix tandem lumina tollit.
Surgere iam tempus1, iam pinguis2 linquere mensas;
iam veniet virgo, iam dicetur hymenaeus.
Hymen o Hymenaee, Hymen ades o Hymenaee!
PUELLAE
10
Cernitis, innuptae3, iuvenes? consurgite contra;
nimirum Oetaeos ostendit Noctifer4 ignes5.
Sic certest6; viden7 ut perniciter exiluere?
Non temere exiluere; canent quod vincere par est.
Hymen o Hymenaee, Hymen ades o Hymenaee!
Catullo, Liber, c. LXII, vv. 1-10
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Traduzione
Cerimonia nuziale con
la coniunctio della
mano destra dei due
sposi.
LA FAMIGLIA
T. 28
1. macte esto: espressione idiomatica in funzione
di esclamazione: “evviva”.
2. taedis: taeda, ae: “fiaccola di legno resinoso”.
3. Tam bene rara suo
miscentur cinnama
nardo, Massica Theseis
tam bene vina favis: ordina così: tam bene... favis,
cinnama: plurale collettivo di cinnamum, i: (cannella); nardus, i (f.) e nardum, i: (nardo, lavanda).
Si tratta di due spezie che
compongono profumi,
balsami, olii essenziali,
ancor oggi usati per le
proprietà benefiche.
Massica vina: il vino prodotto sul monte Massico;
favis Theseis: (sineddoche) “favi teseidi”, cioè
miele attico.
4. lotos: = lotus.
59
Auguri agli sposi
genere: lirica epigrammatica
varietà linguistica: latino classico
metro: distici elegiaci
Marziale (scrittore del I d.C.) dedica questo epigramma a Rufo, a cui comunica la notizia
delle nozze fra l’amico Pudente e Claudia Peregrina. Dopo l’esclamazione di felicità (v.
2), si sottolineano i caratteri positivi di questa unione secondo una naturale armonia (vv.
3-6). Segue l’augurio che l’amore, che unisce i due coniugi, possa rimanere vivo fino alla
vecchiaia, quando l’attrazione verrà meno.
5
10
Claudia, Rufe, meo nubit Peregrina Pudenti:
macte esto1 taedis2, o Hymenaee, tuis.
Tam bene rara suo miscentur cinnama nardo,
Massica Theseis tam bene vina favis3;
nec melius teneris iunguntur vitibus ulmi,
nec plus lotos4 aquas, litora myrthus amat.
Candida perpetuo reside, Concordia lecto,
tamque pari semper sit Venus aequa iugo:
diligat illa senem quondam, sed et ipsa marito
tum quoque, cum fuerit, non videatur anus.
Marziale, Epigrammata, IV, 13
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. esto: di quale forma si tratta?
2. melius, plus: che forme sono?
3.Analizza le seguenti forme verbali e indicane il valore: sit, diligat, videatur.
4. tum... cum fuerit: l’avverbio tum (allora) è in correlazione con la congiunzione subordinante cum con valore temporale, in questo caso con il congiuntivo
perfetto. Quale modo è usato di norma nelle proposizioni temporali rette da
cum?
b. Percorso lessicale
Esegui gli esercizi secondo le indicazioni fornite nelle Modalità di lavoro 1a.
Ricerca dei termini e 1b. Approfondimento.
c. Traduzione
60
UNO - Le istituzioni
T. 29
Il ratto delle Sabine
genere: storiografia
varietà linguistica: latino classico
Romolo, fondatore di Roma, per incrementarne la popolazione, data la penuria di donne,
cercò di favorire i matrimoni tra i giovani romani e le donne di paesi vicini. Ottenendo
solo rifiuti, abbandonò la linea diplomatica e passò ad un’azione di forza; preparò dei giochi solenni e, durante uno spettacolo, i Romani rapirono le ragazze sabine invitate per
l’occasione, che poi diventarono loro legittime mogli. Da questi matrimoni sarebbe quindi discesa la progenie romana, originata da un atto di guerra.
1. ex composito: “secondo quanto stabilito”.
2. orta: = orta est.
3. raptae: = raptae sunt e
concorda ad sensum con
il soggetto singolare
magna pars; sottintendi
“da colui” in quem quaeque inciderat.
4. primoribus: “ i più insigni fra i cittadini”.
Designa anche nel linguaggio militare coloro
che combattono nelle
prime file.
T. 29a
Ubi spectaculi tempus venit, deditaeque eo mentes cum oculis
erant, tum ex composito1 orta2 vis, signoque dato iuventus romana ad rapiendas virgines discurrit. Magna pars forte, in quem quaeque inciderat, raptae3;
quasdam forma excellentes, primoribus4 patrum destinatas, ex plebe homines, quibus datum negotium erat, domos deferebant; unam, longe ante alias
specie ac pulchritudine insignem, a globo Talassii cuiusdam raptam ferunt,
multisque sciscitantibus cuinam eam ferrent, identidem, ne quis violaret,
Talassio ferri clamitatum; inde nuptialem hanc vocem factam.
Livio, Ab urbe condita libri, I, 9
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. ad rapiendas virgines: che costrutto è?
2. forma, specie, pulchritudine: di quale complemento si tratta?
3. Completa lo schema sintattico del seguente periodo: unam... raptam (esse)
ferunt... nuptialem hanc vocem factam (esse).
ferunt (prop. principale)
unam ............. raptam esse
Il ratto delle Sabine
secondo J. L. David
(1799), Parigi, Louvre.
sub. infinitiva
multis sciscitantibus
abl. assoluto (causale)
clamitatum (esse)
hanc vocem... factam
sub. ......................... sub. .........................
ferri Talassio
sub. .........................
cuinam eam ferrent
.........................
sub. interrogativa indiretta
prop. finale negativa
LA FAMIGLIA
61
b. Analisi lessicale
Qui Talassio è nome proprio del capo di quel gruppo di giovani romani a cui
erano destinate le fanciulle migliori. Livio ci fornisce quindi una spiegazione di
questo termine usato altresì durante il corteo nuziale come augurio e indicante
la divinità del matrimonio (Catullo, Liber, LXI, v. 9).
1. Con quale altro appellativo veniva indicata tale divinità durante i riti nuziali?
2. Che cosa indica il termine “talamo”?
Una proposta di traduzione
Come giunse il momento dello spettacolo, e ad esso erano intenti gli occhi e gli
animi, ecco scoppiare, com’era stato predisposto, un tumulto; e al segnale convenuto i giovani romani si precipitano in tutte le direzioni a rapire le fanciulle.
La maggior parte di esse furono prese da quelli alle cui mani vennero; alcune più
belle, destinate ai più insigni senatori, furono portate nelle lor case da uomini
della plebe di ciò incaricati; una la più notevole di tutte per aspetto e per bellezza, si dice che fosse rapita dalla ciurmaglia di un tal Talassio e, chiedendosi da
molti a chi fosse condotta, quelli andarono di tratto in tratto gridando e ripetendo, affinché nessuno la toccasse, che veniva portata a Talassio; e allora questo
diventò grido nuziale.
(traduzione di G.Vitali)
T. 29b
Turbato per metum1 ludicro, maesti parentes virginum profugiunt, incusantes violati hospitii foedus, Deumque invocantes cuius ad sollemne ludosque per fas ac fidem decepti venissent. Nec raptis aut spes de se
melior aut indignatio est minor. Sed ipse Romulus circumibat, docebatque
patrum id superbia factum, qui conubium finitimis negassent2; illas tamen in
matrimonio, in societate fortunarum omnium civitatisque et, quo nihil
carius humano generi sit, liberum3 fore; mollirent4 modo iras, et quibus fors
corpora5 dedisset darent animos. Saepe ex iniuria postmodum gratiam
6
ortam , eoque melioribus usuras viris, quod adnisurus pro se quisque sit, ut,
cum suam vicem functus officio sit, parentium etiam patriaeque expleat desiderium7. Accedebant blanditiae virorum, factum purgantium8 cupiditate
atque amore, quae maxime ad muliebre ingenium efficaces preces sunt.
Livio, Ab urbe condita libri, I, 9
1. per metum: letter. “in mezzo al panico”, traduci “dalla paura”.
2. qui... negassent: = qui... negavissent: si tratta di una relativa causale.
3. liberum: genitivo oggettivo, forma arcaica per liberorum; ad esso si riferisce la proposizione relativa: quo nihil... sit
dove quo costituisce il secondo termine di paragone.
4. mollirent modo: “placassero almeno”; traduci nello stesso modo e tempo anche il successivo: darent.
5. quibus fors corpora: costruisci ed integra: (iis), quibus fors dedisset corpora (ipsarum).
6. ortam: = ortam esse.
7. eoque melioribus... expleat desiderium: “e avrebbero avuto mariti migliori proprio perché ciascuno si sarebbe sforzato, per quanto possibile una volta adempiuto ai doveri di marito, di acquietare la nostalgia dei genitori e della
patria”.
8.factum purgantium: purgantium si riferisce a virorum; traduci: “che giustificavano l’accaduto”.
62
UNO - Le istituzioni
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1.raptis... est:di quale costrutto si tratta?
2. carius: che forma è?
3. Individua i comparativi presenti nel
testo e riporta il grado positivo e
superlativo degli aggettivi.
b. Analisi lessicale
per fas ac fidem: la preposizione per
indica non solo il passaggio attraverso
qualcosa, ma anche “passare sopra a...”.
Quindi in questa espressione significa
“passando sopra a” cioè “calpestare”.
Tale accezione ritorna in perfidia, perfidus (da per + fides). Quali significato
attribuisci a questi termini?
c. Percorso lessicale
Esegui gli esercizi secondo le indicazioni fornite nelle Modalità di lavoro
1a. Ricerca dei termini e 1b.
Approfondimento.
d. Comprensione
1. incusantes violati hospitii foedus;
per fas ac fidem decepti: queste
espressioni rimandano al linguaggio
giuridico. Indica quale patto è stato
violato e in che cosa i Sabini si sentono oltraggiati.
2. Con quali argomentazioni Romolo
riesce a placare le ire delle donne sabine?
Una proposta di traduzione
Così turbata con grande spavento la festa, i parenti delle fanciulle fuggirono afflitti, gridando al delitto di violata ospitalità, e invocando il Dio alla festa e ai ludi del
quale erano venuti, ingannati nel lor diritto e nella loro fiducia. Né migliore speranza, né minore sdegno avevano le rapite. Ma Romolo stesso andava tra loro,
dicendo che ciò era accaduto per la superbia dei loro parenti, i quali avevano
rifiutato ai [Romani] confinanti il maritaggio; esse però sarebbero state tenute
come mogli e fatte partecipi di ogni bene, della cittadinanza e, ciò che più di
tutto è caro agli umani, della prole; addolcissero dunque lo sdegno, ed a coloro
ai quali la sorte aveva dato il lor corpo dessero anche il cuore; ché spesso da
un’offesa nasce l’affetto, ed esse avrebbero trovato i lor mariti tanto migliori
quanto più ciascuno si sarebbe sforzato, adempiendo a sua volta i propri doveri,
di compensare in loro la mancanza dei genitori e della patria. E si aggiungevano
le blandizie dei mariti, che giustificavano l’atto con l’amorosa passione: che sono
le lusinghe più efficaci presso l’anima femminile.
(traduzione di G.Vitali)
e. Riflessioni
Nel testo si afferma che l’amore nasce da un’offesa (ex iniuria... gratiam
ortam) e che le donne, sensibili alle tenerezze degli uomini, si lasciano piegare.
Ritieni che questa spiegazione sia valida e conforme alla psicologia femminile?
LA FAMIGLIA
T. 30
Un marito ideale
63
genere: storiografia
varietà linguistica: latino classico
Plinio il Giovane (I – II sec. d.C.) in una lettera indica Minicio Aciliano come candidato
perfetto al matrimonio per la figlia di un certo Aruleno Rustico.
1. Nosti: = novisti.
C. PLINIUS IUNIO MAURICO SUO S.
Petis ut fratris tui filiae prospiciam maritum. [...] Minicius Acilianius, qui me,
ut iuvenis iuvenem (est enim minor pauculis annis), familiarissime diligit,
reveretur ut senem. [...] Patria est ei Brixia, ex illa nostra Italia quae multum
adhuc verecundiae, frugalitatis, atque etiam rusticitatis antiquae retinet ac
servat. Pater Minicius Macrinus, equestris ordinis princeps, quia nihil altius
voluit. [...] Habet aviam maternam Serranam Proculam, e municipio
Patavino. Nosti1 loci mores; Serrana tamen Patavinis quoque severitatis
exemplum est. Contigit et avunculus ei P. Acilius, gravitate, prudentia, fide
prope singulari. In summa nihil erit in domo tota quod non tibi, tamquam
in tua, placeat. Aciliano vero ipsi plurimum vigoris, industriae, quamquam
in maxima verecundia. Quaesturam, tribunatum, praeturam honestissime
percucurrit, ac iam pro se tibi necessitatem ambiendi remisit. Est illi facies
liberalis, multo sanguine, multo rubore suffusa; est ingenua totius corporis
pulchritudo et quidam senatorius decor. Quae ego nequaquam arbitror
neglegenda: debet enim hoc castitati puellarum quasi praemium dari.
Plinio il Giovane, Epistulae, I, XIV
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. gravitate, prudentia, fide prope
singulari: di quale caso si tratta, quale
funzione logica ha?
2. multo sanguine, multo rubore: di
quale caso si tratta, quale funzione
logica ha?
b. Approfondimento storico trasversale
Quaesturam, tribunatum, praeturam honestissime percucurrit: sono
qui indicate alcune magistrature ordinarie dell’ordinamento politico romano.
1. Compila una tabella in cui riporti i
nomi delle istituzioni che costituivano
il cursus honorum e le rispettive funzioni.
2. Rifletti infine sulle tappe percorse
dal personaggio indicato come il “candidato perfetto” al matrimonio.
c. Comprensione
1. Per quali ragioni si può affermare
che Minicio Aciliano sia un buon partito?
2. Quali virtù morali sono ritenute
esemplari secondo il mos maiorum?
3. Quali sono i componenti della famiglia di Minicio Aciliano?
d. Traduzione
64
UNO - Le istituzioni
Il divorzio
Nel mondo romano il divorzio non era un atto giuridico registrato né pubblicamente né privatamente, come al giorno d’oggi. Avveniva frequentemente per
motivi anche futili e, comunque, quasi sempre imputabili alla cattiva condotta
della donna.Venuta meno l’intenzione di essere marito e moglie, anche da parte
di uno solo dei due, si interrompeva la convivenza e il matrimonio cessava, talora con una sola formula verbale: tua res tibi habeto (prenditi le tue cose) pronunciata di solito dal marito, senza dimenticare che anche la moglie poteva esercitare il diritto di divorziare. Se tale possibilità è indice di una certa libertà sul
piano giuridico, la società romana vede tuttavia il divorzio come evento semplicemente sfortunato, senza condannarlo sul piano religioso, anche se il mos
maiorum considerava la fedeltà coniugale tra i suoi valori primari.
Tra i motivi più gravi e più frequenti per intentare il divorzio vi erano l’adulterio
e la sterilità della donna, accuse che comportavano sanzioni economiche anche
rilevanti, come la perdita di una parte della dote.
A volte, invece, le ragioni erano meno serie, come per esempio la condanna della
donna che usciva a capo scoperto.
In ogni caso si verificava una grave penalizzazione affettiva, in quanto con il
divorzio la donna perdeva il diritto di affidamento dei propri figli, che sarebbero
vissuti nella condizione di figli legittimi con il padre ed eventualmente con una
matrigna.
T. 31
La dea Viriplaca
genere: storiografia
varietà linguistica: latino classico
In questo testo di Valerio Massimo (I sec. d.C.) i litigi tra i coniugi si placavano dinnanzi
ad una divinità (dea Viriplaca) che proteggeva la donna dalle ire del marito.Ancora una
volta la religione entra nella vita dell’uomo romano in modo tale da regolarne anche le
reazioni emotive naturali, come nel caso di uno scoppio d’ira.
Quotiens vero inter virum et uxorem aliquid iurgi intercesserat, in sacellum
deae Viriplacae, quod est in Palatio, veniebant et ibi invicem locuti quae
voluerant, contentione animorum deposita, concordes revertebantur. Dea
nomen hoc a placandis viris fertur adsecuta, veneranda quidem et nescio an
praecipuis et exquisitis sacrificiis colenda utpote cotidianae ac domesticae
pacis custos, in pari iugo caritatis ipsa sui appellatione virorum maiestati
debitum a feminis reddens honorem.
Valerio Massimo, Factorum et dictorum memorabilium libri, II, 1, 6
LA FAMIGLIA
65
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. iurgi: di quale caso si tratta? Da che
cosa è retto?
2. dea... adsecuta (esse) fertur: di
quale costrutto si tratta?
3. a placandis viris: di quale costrutto
si tratta? Quale funzione logica ha?
4. nescio an colenda sit: di quale
costrutto sintattico si tratta?
b. Percorso lessicale
Esegui gli esercizi secondo le indicazioni fornite nelle Modalità di lavoro
1a. Ricerca dei termini e 1b.
Approfondimento.
c. Traduzione
L’adulterio
1. si prehendisses...
necares; si adulterares
(sive tu aduterarere =
adulterareris)... non auderet: “se avessi sorpreso...
la potresti uccidere; se tu
commettessi adulterio...
non oserebbe” (puoi
omettere la correlativa in
quanto ha significato analogo). Si tratta di un
periodo ipotetico di
secondo tipo (della possibilità o eventualità), con
gli stessi tempi di quello
del terzo tipo, in quanto
nel latino arcaico non si
faceva distinzione tra la
possibilità e l’irrealtà.
T. 32
Il diritto di uccidere
la moglie
genere: miscellanea
varietà linguistica: latino arcaizzante
In questo passo Gellio si rifà ad un’orazione di M. Catone in cui veniva riconosciuto ai
mariti il diritto di uccidere (ius occidendi) le mogli sorprese in adulterio.
Verba Marci Catonis adscripsi ex oratione, quae inscribitur “De dote”, in qua
id quoque scriptum est in adulterio uxores deprehensas ius fuisse maritis
necare:“Vir” inquit “cum divortium fecit, mulieri iudex pro censore est, imperium, quod videtur, habet, si quid perverse taetreque factum est a muliebre;
multatur, si vinum bibit; si cum alieno viro probri quid fecit, condemnatur”.
De iure autem occidendi ita scriptum:“In adulterio uxorem tuam si prehendisses, sine iudicio inpune necares; illa te, si adulterares sive tu adulterarere,
digito non auderet1 contingere, neque ius est”.
Gellio, Noctes Atticae, X, 23, 4-5
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. ius fuisse maritis: di quale costrutto
si tratta? Da che cosa è retta questa
proposizione?
2. analizza queste forme: deprehensas,
occidendi.
3. pro censore: quale significato ha la
preposizione pro?
4. si... quid: di quale pronome si tratta?
5. probri quid (anastrofe per quid probri); probri: che caso è? Quale funzione logica ha?
b. Percorso lessicale
1. Esegui gli esercizi secondo le indicazioni fornite nelle Modalità di lavoro
1a. Ricerca dei termini e 1b.
Approfondimento.
2. Perché Gellio nell’espressione ius
fuisse maritis necare utilizza il vocabolo ius, iuris (n.) e non fas?
c. Traduzione
66
UNO - Le istituzioni
d. Riflessioni
Nel mondo romano alcuni comportamenti, quali bere vino o uscire a capo
scoperto, erano ritenuti disonorevoli e
puniti come reati solo quando tenuti
da una donna. Se ai nostri occhi sembrano futili e risibili, hanno una loro
giustificazione nella condizione sociale femminile chiaramente inferiore e
priva di una tutela giuridica. Il potere
maschile è invece assoluto fino al
punto che la legge riconosceva al marito il ruolo di giudice, anche dopo il
divorzio.
Esprimi le tue considerazioni su tale
discriminazione indicando in che cosa
consistevano le differenze di trattamento dell’uomo e della donna davanti alla legge. Inoltre rifletti sul potere
esercitato dagli uomini della famiglia
sulle donne.
fra i coniugi. Prima d’allora anche il
nostro codice civile assegnava al marito un ruolo preponderante nella vita
familiare e considerava reato solo l’adulterio femminile. Rifletti se le novità
introdotte hanno realizzato un’effettiva parità.
f. Ricerca lessicale
Adulterium deriva da alter, a, um
(altro, diverso), attraverso questa
sequenza: altero, are (alterare, falsificare); adultero, are (alterare con elementi estranei, falsificare, falsare, adulterare; quindi in generale: disonorare,
commettere adulterio).
Riporta alcune espressioni della lingua
italiana in cui viene usato il verbo
“adulterare”.
e. Approfondimento storico
trasversale
La riforma del diritto di famiglia effettuata in Italia nel 1975 ha sancito il
principio dell’uguaglianza reciproca
T. 33
Casi di divorzio
genere: miscellanea
varietà linguistica: latino arcaizzante
Memoriae traditum est quingentis fere annis post Romam conditam nullas
rei uxoriae neque actiones neque cautiones in urbe Roma aut in Latio fuisse, quoniam profecto nihil desiderabantur nullis etiamtunc matrimoniis
divertentibus. Servius quoque Sulpicius in libro quem composuit “De dotibus”
tum primum cautiones rei uxoriae necessarias esse visas scripsit, cum
Spurius Carvilius, cui Ruga cognomentum fuit, vir nobilis, divortium cum
uxore fecit, quia liberi ex ea corporis vitio non gignerentur, anno urbis conditae quingentesimo vicesimo tertio M. Atilio P. Valerio consulibus. Atque is
Carvilius traditur uxorem quam dimisit, egregie dilexisse carissimamque
morum eius gratia habuisse, sed iurisiurandi religionem animo atque amori
praevertisse, quod iurare a censoribus coactus erat uxorem se liberum quaerendum gratia habiturum.
Gellio, Noctes Atticae, IV, 3, 1-2
LA FAMIGLIA
67
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. Ricostruisci lo schema sintattico del
primo periodo e definisci il valore
delle subordinate.
2. Con quali espressioni sono datati nel
testo gli avvenimenti? Conosci altri
modi per indicare la datazione?
3. Ricostruisci lo schema sintattico dell’ultimo periodo e definisci il valore
delle subordinate.
b. Percorso lessicale
Esegui gli esercizi secondo le indicazioni fornite nelle Modalità di lavoro
T. 34
1a. Ricerca dei termini e 1b.
Approfondimento.
c. Comprensione
1. Per quale ragione Spurio Carvilio
divorziò dalla moglie?
2. Perché fu in un certo senso costretto a farlo?
3. In quale anno avvenne il divorzio di
Spurio Carvilio?
4. Il divorzio è sempre stato praticato
dai Romani?
d. Traduzione
Una madre come causa
di divorzio
genere: oratoria
varietà linguistica: latino classico
Nei passi che seguono, si racconta il caso di un divorzio causato da una biasimevole passione.
Sono tratti da un’orazione, pronunciata da Cicerone nel 66 a.C. in difesa di Cluenzio,
figlio di primo letto di Sassia. Costui era stato accusato di avvelenamento del patrigno
Oppianico, morto due anni prima in circostanze misteriose, da parte di Oppianico il giovane e da sua madre Sassia, ultima moglie di Oppianico.
T. 34a
1. huiusce: forma rafforzata di huius; si riferisce a
Cluenzio, di cui Cicerone
è il difensore.
2. Larinatis: Larino,
municipio romano nel
Sannio (oggi in provincia
di Campobasso).
A. Cluentius Habitus fuit, pater huiusce1, iudices, homo non
solum municipii Larinatis2 ex quo erat, sed etiam regionis illius et vicinitatis
virtute, exsistimatione, nobilitate princeps. Is cum esset mortuus, Sulla et
Pompeio consulibus, reliquit hunc annos XV natum, grandem autem et nubilem filiam, quae brevi tempore post patris mortem nupsit A. Aurio Melino,
consobrino suo, adulescenti in primis, ut tum habebatur, inter suos et honesto et nobili. Cum essent eae nuptiae plenae dignitatis, plenae concordiae,
repente est exorta mulieris importunae nefaria libido, non solum dedecore
verum etiam scelere coniuncta. Nam Sassia, mater huius Habiti – mater enim
a me in omni causa, tametsi in hunc hostili odio et crudelitate est; mater,
inquam, appellabitur, neque unquam illa ita de suo scelere et immanitate
audiet ut naturae nomen amittat; quo enim est ipsum nomen amantius
indulgentiusque maternum, hoc illius matris, quae multos iam annos et
nunc cum maxime filium interfectum cupit, singulare scelus maiore odio
dignum esse ducetis -.
Cicerone, Pro Cluentio, 5, 11-12
68
UNO - Le istituzioni
T. 34b
Ea igitur mater Habiti, Melini illius adulescentis, generi sui, contra quam fas erat amore capta primo, neque id ipsum diu, quoquo modo poterat in illa cupiditate continebatur; deinde ita flagrare coepit amentia, sic
inflammata ferri libidine ut eam non pudor, non pietas, non macula familiae,
non hominum fama, non fili dolor, non filiae maeror a cupiditate revocaret.
Animum adulescentis nondum consilio ac ratione firmatum pellexit eis omnibus rebus quibus illa aetas capi ac deleniri potest. Filia, quae non solum illo
communi dolore muliebri in eius modi viri iniuriis angeretur, sed nefarium
matris paelicatum ferre non posset de quo ne queri quidem se sine scelere
posse arbitraretur, ceteros sui tanti mali ignaros esse cupiebat; in huius amantissimi sui fratris manibus et gremio maerore et lacrimis consenescebat.
Cicerone, Pro Cluentio, 5, 12-13
T. 34c
1. lectum genialem: “letto
nuziale”, cosiddetto da
Genius (cfr. il commento
di Servio all’Eneide, VI,
303), nume tutelare della
nascita.
Ecce autem subitum divortium quod solacium malorum
omnium fore videbatur! Discedit a Melino Cluentia ut in tantis iniuriis non
invita, ut a viro non libenter. Tum vero illa egregia ac praeclara mater, palam
exsultare laetitia, triumphare gaudio coepit, victrix filiae non libidinis; diutius suspicionibus obscuris laedi famam suam noluit; lectum illum genialem1
quem biennio ante filiae suae nubenti straverat, in eadem domo sibi ornari
et sterni expulsa atque exturbata filia iubet. Nubit genero socrus nullis auspicibus, nullis auctoribus, funestis ominibus omnium.
Cicerone, Pro Cluentio, 5, 14
ATTIVAZIONE DIDATTICA
a. Analisi morfosintattica
1. Riporta l’espressione che indica l’anno della morte del padre di Cluenzio.
Analizzala e indica gli altri modi per
datare gli avvenimenti.
2. Ricerca i verbi costruiti col doppio
nominativo.
3. Come si costruisce il verbo nubo.
4. Come è costruito il verbo iubeo? Un
altro verbo ha lo stesso significato ma
diversa costruzione. Qual è?
5. nullis auspicibus: di quale costrutto
si tratta? Individuane altri simili.
b. Percorso lessicale
Esegui gli esercizi secondo le indicazioni fornite nelle Modalità di lavoro
1a. Ricerca dei termini e 1b.
Approfondimento.
c. Comprensione
1. Quali valori del mos maiorum
emergono dalla presentazione del
padre di Cluenzia?
2. Quali sono le caratteristiche di Aulo
Melino? Quali ruoli familiari ricopre?
3. Chi causa la separazione fra i coniugi?
4. Chi chiede il divorzio? Esiste una differenza rispetto ai testi precedenti?
5. Il racconto termina in modo piuttosto lapidario. Quali espressioni fanno
riferimento ai riti usuali propizi al
matrimonio?
LA FAMIGLIA
69
Una proposta di traduzione
Aulo Cluenzio Abito, padre di questo mio difeso, era, signori giurati, per virtù,
reputazione e nobiltà tra le persone più in vista oltre che del municipio di
Larino, di dove era, anche di tutta quella regione e di quelle vicine. Egli morì nell’anno del consolato di Silla e Pompeo, lasciando due figli, il mio cliente, che
aveva 15 anni, e una figlia più grande e in età da marito che, non molto dopo la
morte del padre, sposò suo cugino A.Aurio Melino, un giovane allora tra i più stimati e di nobile famiglia. Si trattava di un matrimonio nel quale regnavano senso
dell’onore e concordia, quand’ecco saltar fuori improvvisamente la sconcia libidine di una donnaccia, libidine non solo scandalosa ma pure delittuosa: Sassia, la
madre del qui presente Abito - la chiamerò madre per tutta la durata del processo, pur piena com’è di odio crudele, come quello di un nemico, verso il figlio; sì,
la chiamerò madre, lo ripeto, e mai, parlando della sua mostruosa scelleratezza,
la priverò del nome che la natura richiede: e quanto più il nome di madre comporta di per sé stesso amore e tenerezza, tanto più riterrete odiosa la straordinaria scelleratezza di una madre che già da molti anni e adesso più che mai brama
la morte del figlio -; la madre di Abito, dunque, s’incapriccia, contro ogni principio morale, di suo genero, il giovane Melino, riuscendo però in un primo tempo,
ma certo per non molto, a frenare alla men peggio la sua passione; in seguito,
però, cominciò a bruciare sì follemente sotto lo stimolo della foia, ché né il senso
dell’onore, né l’amore materno, né il dolore del figlio, né l’angoscia della figlia
riuscirono a distoglierla dalla sua passionaccia. Assennatezza e ragione non avevano ancora reso ben saldo l’animo del giovane, ed ella l’irretì con tutte quelle
arti che rendono possibile la seduzione e la conquista di chi ha quell’età. La figlia,
non soltanto angosciata come lo è ogni donna che riceve di tali offese dal marito, ma pure incapace di sopportare la sconcia tresca della madre - si considerava
in colpa anche solo a lamentarsene! -, desiderava lasciare gli altri nell’ignoranza
della sua immensa sventura e sfogava in pianto il dolore che la consumava tra le
braccia e in grembo a questo suo fratello che le vuole tanto bene. Ma eccoti di
punto in bianco il divorzio, che pareva avrebbe portato sollievo a tutti i mali!
Cluenzia si separa da Melino, non controvoglia - di così gravi torti era vittima! -.
Allora sì che la nostra incomparabile e illustre madre si dà apertamente a gongolare e a smaniare dalla gioia, vittoriosa com’era sulla figlia, non già sulla sua passione; e, non volendo che oscuri sospetti continuassero a infangare la sua reputazione, fa preparare di tutto punto quel letto matrimoniale che due anni prima
aveva lei stessa preparato per la figlia che andava sposa, e questo nella stessa casa
dalla quale aveva fatto scacciare la figlia col ripudio. Così la suocera sposa il genero: nozze fatte in assenza di auspici, di garanti, ma accompagnate dal malaugurio
di tutti.
(traduzione di G. Bellardi)
d. Interpretazione
Qual è il punto di vista dell’oratore nel descrivere la vicenda?
Quale valore emerge?
70
UNO - Le istituzioni
QUESTIONARIO RIEPILOGATIVO - Le istituzioni
1. La famiglia
1. Da chi è composta la familia romana?
2. Da che cosa deriva il termine familia?
3. Chi erano i clientes?
4. Chi è il pater familias?
5. In che cosa consiste la patria potestas?
6. Che cosa significa l’espressione tollere (o suscipere) filium?
7. Perché in latino i figli sono chiamati liberi?
8. Che cos’è l’emancipatio?
9. Quali testi fanno emergere un pater familias dal “volto umano”?
10.Indica i testi nei quali è trattato il rapporto padre e figli.
11. Che cosa indicano il nomen e il cognomen?
12. Quanti e quali nomi erano assegnati agli uomini e alle donne?
13. Quali personaggi femminili hanno assunto ruoli diversi rispetto a quelli
tradizionali nelle commedie di Terenzio?
14. In quali testi è espressa la concezione della famiglia come fondamento
dello Stato?
2. Il fidanzamento
1. Che cosa indicano i termini sponsa e sponsalia?
2. Quando un uomo era chiamato sponsus?
3. Qual era il valore legale del fidanzamento?
4. In che circostanza si ricorreva ai giudici?
3. Il matrimonio
1. Che cosa indica la parola matrimonium?
2. Quali erano le forme di matrimonio?
3. Che cos’è la coemptio? Chi poteva praticare invece la confarreatio?
4. Perché il matrimonio era molto importante per la donna?
5. Quali testi ritieni più significativi per la ricostruzione dei riti matrimoniali?
6. Per quale motivo l’episodio del rapimento delle donne sabine nel racconto di Livio diventa significativo in rapporto al tema del matrimonio?
4. Il divorzio
1. Esisteva a Roma il divorzio? Quali cause più frequentemente lo determinavano?
2. Quali erano i diritti del marito in caso di divorzio? Quali quelli della donna?
3. Se l’adulterio era dimostrato, si può dire che valessero gli stessi diritti per
il marito e per la moglie?