Buthan – Festival di Paro Tra Danze Sacre e Preghiere Jigme

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Buthan – Festival di Paro Tra Danze Sacre e Preghiere Jigme
Buthan – Festival di Paro
Tra Danze Sacre e Preghiere
Jigme Singye Wangchuk, divenuto, nel 1974, sovrano del Bhutan, iniziò, pur
nel rispetto delle tradizioni, una serie di rinnovamenti, primo tra tutti, quello
di aprire le porte del paese ai visitatori stranieri, dopo secoli di isolamento.
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Il Bhutan è un piccolo stato, avvolto
nel mito e nascosto nell’ombra, al
confine con l’India, a sud, con le
montagne innevate dell’Himalaya e
con il Tibet a nord.. è uno degli ultimi
regni buddisti ad aver mantenuto un
giusto equilibrio tra tradizione e
modernità, grazie alla saggezza della
famiglia regnante che i Bhutanesi
amano molto.
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Ebbene, bisogna sapere che una volta all’anno, secondo le date del
calendario bhutanese, in ogni Dzong, i monasteri fortezza del Bhutan,
viene organizzato uno “Tsechu”
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..cioè una suggestiva festa religiosa , o come dicono loro, un festival, per
commemorare, attraverso le spettacolari danze mascherate e le
cerimonie dei monaci, la vittoria del Buddismo sull’antica religione, sempre
in onore del Guru Rimpoche.
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Ma chi è questo personaggio sempre
così nominato, amato e venerato, qui
in Bhutan?
Secondo la leggenda, questo Guru
dalla vita avventurosa, è arrivato dal
Tibet, volando aggrappato alla moglie
tibetana Yeshe Tsogyal, trasformata
in tigre volante.
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Nella valle di Paro, c’è infatti, posto su un promontorio roccioso il Monastero
“nido della tigre” …con le sue impronte.. il Guru è sempre rappresentato in
abbigliamento regale, con enormi ed affilati baffi e sguardo feroce…
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Lo Tsechu è un grande evento,
emozionante, anche per chi
non condivide il credo locale,
è un evento che movimenta la
vita di questo idilliaco piccolo
regno Himalayano.
Infatti, in questa occasione,
arrivano, fin dalle vallate più
lontane, piccole folle di
contadini, vestiti con i loro
abiti più belli…
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..arrivano da ogni dove, carichi di speranza, di aspettativa, e per parecchi
giorni, durante lo Tsechu, assistono alle danze rituali, alle feste e
soprattutto alla spettacolare esposizione del Tanka,
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..con l’immagine sacra del Guru ricamata, in una cerimonia ricca di profonda
devozione, perché il sacro non è sempre e solo mistica spiritualità interiore, è
anche, per questo popolo gioia, colore, danza, spettacolo e allegria.
Ma andiamo per gradi.
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A Paro dove mi sono
catapultata, durante
un viaggio in Bhutan,
ho voluto partecipare,
con i locali, per alcuni
giorni, ai vari eventi
del colorato festival
nel Monastero fortezza.
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All'ingresso dello Dzong due guardiani ci osservano con uno sguardo
minaccioso..
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Lo Dzong ci è apparso, fin dal
primo momento, in tutta la sua
imponenza.
Alto e maestoso, proteso, con le
sue mura massicce, verso la
cittadina sottostante, ci ha dato
l’impressione di volerla quasi
proteggere.. visibile da ogni punto
della valle.
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Per inserirci e partecipare ai festeggiamenti, attraversiamo il ponte di
legno, addobbato con centinaia di bandierine votive, e cominciamo a salire
verso il monastero..
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..gli incontri singolari sono infiniti: alcuni fedeli seduti per terra pregano,
non sono mendicanti, sono arrivati qui per il festival con tamburi, pifferi e
campanellini… però se qualcuno dona loro una moneta, non la disdegnano!
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Nel cortile principale dello Dzong si sta già svolgendo la danza di apertura,
gestita dagli Tsechul, in onore dei Guru Rimpoche, uno dei guru del passato,
più amato e venerato. Le danze rituali si suddividono in varie e diverse
categorie che solo gli addetti ai lavori conoscono.
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La prima è comunque la danza religiosa che celebra appunto l’apertura dei
rituali. Allora vediamo i danzatori che si dispongono in cerchio o lungo una
riga e si muovono seguendo una complessa sequenza di passi, ruotando su se
stessi, in modo aggraziato, ma monotono, fino all’inverosimile… ruotano,
ruotano pregando e cantando ispirati.
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Bisogna dire che lo spirito del
Buddismo Butanese e del suo
primo maestro Padna Sambhava,
si manifesta in tutta la sua
intensità e pienezza proprio
durante i festival che diventano,
in fondo, una specie di
pellegrinaggio che i fedeli sanno
di dover compiere, almeno una
volta nella vita, ma anche un
incontro sociale dove la gente
partecipa per gioire della
compagnia dei propri simili e,
come ho accennato prima, per
mostrare i colorati abiti della
festa e i gioielli migliori.
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Dopo la danza iniziale nel cortile dello Dzong, i giorni successivi ci spostiamo
nel grande cortile esterno delle feste e prendiamo posto sulle fredde
gradinate tra i butanesi in attesa della grande processione.
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Nonostante la folla, l’atmosfera è
gelida, intabarrate nelle giacche a
vento, mimetizzate nei berretti di
calda lana, ascoltiamo il monotono,
languido suono dei corni, delle
trombe, che i monaci, dal monastero,
diffondono per tutta la valle.
La gente è vestita a festa, con colori
variopinti.. l’attesa li rende cordiali e
disponibili e noi rubiamo sorrisi ed
espressioni particolari.
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Finalmente il corteo arriva: ci sono monaci, contadini, notabili e fanciulle,
insieme ai danzatori che guidano il tutto.
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I monaci, a questo punto si allineano, iniziando a suonare dei lunghi corni che
toccano terra: c’è colore e musica attorno a noi!
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Danzano le divinità con la testa di drago, danza il diavolo giullare rosso,
l’ Atsara, scherzoso e divertente che però funge da guardiano ed ha il
compito simbolico di difendere il bene e spaventare, allontanando, con lo
schioccare della frusta, gli spiriti cattivi.
Buthan – Festival di Paro
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Danzano gli uomini con il cappello nero per scacciare il maligno, danzano i
contadini per ottenere prosperità nel prossimo raccolto…. Molti danzatori
con il viso coperto da meravigliose maschere di legno intagliato e bronzo
dorato, si muovono in cerchio al ritmo di tamburi, gong, trombe e cimbali.
Buthan – Festival di Paro
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È un tripudio generale e noi
dalle scalinate non avvertiamo
quasi più il freddo, tale è
l’entusiasmo e il piacere di
vedere.
Buthan – Festival di Paro
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L’ ultimo giorno del festival di Paro è ancora più suggestivo: all’alba, al buio,
sempre nel cortile centrale dello Dzong si attende che venga esposto tra
migliaia di fedeli, il gigantesco sacro Tangka del Guru Rimpoche, il Thondrol,
letteralmente “liberazione in vista” esposto solo nelle occasioni speciali come
questa.
Buthan – Festival di Paro
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Lo scenario diventa teatrale e
quando, dopo una lunga attesa,
dall’alto, si srotola il tangka , esso
ricopre letteralmente tutta la
facciata del Monastero, si alza dalla
folla un coro di approvazione.
Buthan – Festival di Paro
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Allora si forma una ordinata coda di monaci , civili e qualche coraggioso
straniero, per andare a toccare e baciare il tangka e farsi anche benedire
dal guru che presiede la cerimonia. La coda è lunghissima, tutti aspettano il
loro turno tranquilli, senza scomporsi, sicuri che prima o poi riusciranno ad
arrivare alla meta.
Buthan – Festival di Paro
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Devo dire che l’atmosfera ora, sta diventando mistica ed intensa. Il Festival
si sta concludendo in modo solenne con una coreografia a dir poco sontuosa.
I monaci dello Dzong, seduti per terra, vestiti di arancione, fanno da cornice
al Guru di Paro, pregano tutti e cantano davanti al sacro Tangka del
Rimpoche…
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Migliaia e migliaia sono i pellegrini che affollano non solo la strada, le
gradinate, il cortile, ma anche la collina attorno.
In questo clima di magia, con il sole ormai alto nel cielo, i festeggiamenti del
“Festival di Paro” si concludono: tra poco, la folla che gremisce ancora le
gradinate, si diraderà, tornerà a casa, indossando gli abiti da lavoro, si
rotolerà di nuovo il tangka e lo si conserverà nel monastero per il prossimo
anno.
I monaci faranno ritorno alle loro quotidiane mansioni e di tutto questo non
resterà che il ricordo nelle migliaia di persone che hanno assistito all’evento..
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...tra cui noi che… lasciata Paro,
riprenderemo il nostro viaggio
attraverso il magico Bhutan...