Giallo indiano alle Mauritius

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Giallo indiano alle Mauritius
Giallo indiano alle Mauritius
Mercoledì 31 Gennaio 2007 01:00
Alla ricerca dell'incanto delle terre dai sette colori, tra i quali uno di questi è a noi più gradito,
delle lontane isole Mauritius - che nell'immaginario collettivo rappresentano una delle località
più belle del mondo - siamo partiti a metà gennaio da Milano.
Ci seduce l'idea del mare azzurro dell'isola e le sue piantagioni di canna da zucchero,
frammiste ad alcune architetture di case coloniche del 1600 e 1700, quando gli abitanti furono
schiavizzati da francesi e inglesi che fecero man bassa delle loro risorse.
Prima però di atterrare laggiù, il nostro agente di fiducia della Blu Vacanze, cui da un anno ci
rivolgiamo, ci mette in guardia che le Mauritius, analogamente ad altre importanti isole come le
Seychelles e le Maldive, per non parlare della Polinesia, sono posti esclusivi molto costosi.
Dopo oltre 11 ore di volo notturno, atterriamo finalmente alle Mauritius, dall'alto davvero
magnifiche, accolti da una leggera nebbia e dalla pioggia, mentre percorriamo col bus gli oltre
quaranta chilometri che dall'aeroporto ci portano all'hotel, attraversando per due ore strade
pessime e piene di curve pericolose che mettono a dura prova lo stomaco d'alcuni viaggiatori.
Alle 17 arriviamo al nostro bellissimo hotel, l'Indian Resort, in stile coloniale e costruito
utilizzando tronchi d'alberi tagliati e talvolta non levigati, in sintonia con le analoghe costruzioni
già viste in Kenia. Colpisce il lussureggiante verdeggiare di piante e fiori, che qui abbondano.
Capiamo che l'hotel è isolatissimo da tutto e da tutti (il che ci fa sentire protetti, ma anche
reclusi ed esclusi dal mondo) appena il poliziotto di guardia richiude il gran cancello, lasciando
fuori la desolazione dei campi, dei boschi e del niente.
Poco conta, invece, che al ristorante e nelle camere entrino topi o altri animali, ma per fortuna
non ci sono irruzioni di scimmie come avviene in Kenia. Una delle regole dell'albergo è di
depositare, per motivi cautelari, 40EUR alla reception che saranno restituiti alla fine non in euro,
ma in rupie (un euro al cambio ufficiale in banca è pagato 42,5 rupie, mentre in albergo un euro
è cambiato in 37/38 rupie).Dopo il breefing rituale, siamo ansiosi di tuffarci in mare ma, appena
mettiamo i piedi nudi sulla battigia a venti metri dalla nostra camera, ci arriva l'acqua calda del
mare sulla falange del pollicione in avanscoperta. Pertanto, non abbiamo bisogno di effettuare
un'escursione per vedere tra i sette colori delle terre delle Mauritius, quello da noi preferito,
perché questo ci viene incontro giulivo con le sue alghe galleggianti e le schiume sfavillanti. Nel
frattempo l'acqua gialla ha raggiunto le nostre caviglie, ma non proviene dal porto di Genova,
bensì dall'Oceano Indiano, col suo colore limaccioso, frammisto al verde senape marcio.
Tale visione cromatica ci permette di divagare sulle origini storiche del giallo indiano, un colore
tra l'ocra e il rosa pallido, che ci ha calamitato alle Mauritius. Il giallo indiano fu introdotto dalla
Persia nel XV secolo, e in India nel 1786. Si chiama così perchè, ottenuto dalle urine degli
animali che si nutrivano di Curcuma (la radice gialla dello zenzero cui sono riconosciute
proprietà medicinali e che costituisce uno degli ingredienti del curry cui conferisce il suo
caratteristico colore giallo) e che un pittore dilettante ipotizzò che, opportunamente depurata,
poteva essere utilizzata come colore. La sua origine rimase a lungo un mistero. Per molto
tempo, non si capì come fosse ottenuto quel colore, (le vacche indiane che mangiano il curry?),
quindi la storia si connotò di giallo.....il giallo indiano appunto!
Ma d'indiani in albergo ce ne sono, così come quelli che fanno "l'indiano", vale a dire i tour
operator, che mirano solo al guadagno, facendosi male da soli e tirandosi addosso fiumi di
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ridicolaggini, a cominciare dal costo del viaggio, che diventa quasi il doppio rispetto all'allettante
offerta esposta nelle vetrine delle loro agenzie. Questa è gravata da svariati supplementi, come
l'adeguamento del carburante (che com'è noto tende ora a diminuire), la quota d'iscrizione,
l'assicurazione sui bagagli, le tasse d'imbarco, spese dossier e quant'altro. A chi parte per le
Mauritius è detto che l'Isola è un paradiso, ma che è anche molto cara. Arrivati sul posto,
invece, la realtà è un'altra: l'isola non è così bella, il mare non è paragonabile al Mar Rosso o ai
Caraibi, l'albergo è defilato, mentre la vita all'esterno non è per niente cara. Se poi a tali
inconvenienti si aggiungono quelli dovuti alla pioggia quasi giornaliera, e alla sfortuna di
capitare in un albergo dove si cucinano pasti immangiabili che danneggiano i clienti con disturbi
gastrici, allora proprio non si capisce perché le Mauritius siano così famose. C'è tuttavia da
rilevare che il mare non è sempre giallo, perché spesso le correnti portano via questo colore e
talvolta l'acqua non è per niente male, ma per essere sicuri di trovarla bella, non ci resta che
compiere una gita fantastica all'Isola dei Cervi, spendendo la miseria di 75EUR, dove il mare è
stupendo. Ma, prima di arrivare a quest'eden, un motoscafo ci porta in un canale, dove
affiorano pericolosamente alcuni scogli, che il conducente evita con bravura, per vedere una
meravigliosa cascata che, da alcune alte rocce, rovescia in mare una misteriosa acqua color
giallo indiano.In ogni caso, consigliamo al turista intenzionato alla visita che, per godersi un tale
spettacolo naturale, deve premunirsi con ore di preghiere rivolte alla sanguinaria dea Kalì,
quella dei thugs di Salgari, affinché appena sbarcato colà col catamarano, non trovi la pioggia e
il riparo sotto un gazebo della spiaggia, o sotto un tendone di una bancarella, come c'è capitato.
Noi però non ci scoraggiamo più di tanto, perché qualche giorno dopo, col modesto costo di
36EUR, andiamo in pullman a St. Louis, dove la guida Karima ci fa salire su un monticello alto
un centinaio di metri, che qui chiamano la Cittadella, dove osserviamo il panorama della città.
Ciò non suscita in noi grandi interessi, ma ci basta per capire che la capitale delle Mauritius ha
dei normali grattacieli, palazzoni alti di cemento e qualche fabbrica. La ragazza ci mostra le
vecchie costruzioni coloniali dall'alto, ma francamente non riusciamo ad apprezzarne il
significato, anche perché non vediamo l'ora di ritornare a casa con la pelle bruciata dal sole, per
dipingere un quadro col giallo indiano, mentre pioverà per ore, prima del decollo per la
Malpensa.
Antonio Fomez
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