EVOLUZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI: DALLA CASA A

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EVOLUZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI: DALLA CASA A
EVOLUZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI:
DALLA CASA A BASSO CONSUMO AL TARGET “PASSIVHAUS”
arch. Fabio Sciurpi, Dipartimento TAeD, Università di Firenze
Via San Niccolò 93, tel. 055 2491538, e-mail: [email protected]
http://web.taed.unifi.it/fisica_tecnica/
1. Cambiamenti climatici e inquinamento ambientale
La terra, nel corso della sua storia, ha subito diverse variazioni climatiche, alcune anche di
eccezionali proporzioni, che si sono verificate principalmente per cause naturali. Negli ultimi
secoli tali cambiamenti sono stati caratterizzati da una forte accelerazione dei fenomeni,
tanto che gran parte del mondo scientifico internazionale concorda nel sostenere che il clima
della Terra sia influenzato, oltre che da cause naturali, anche da cause antropiche e
principalmente dalle emissioni di gas dovute all’uso di combustibili fossili per la produzione di
energia e per i trasporti. Negli ultimi anni infatti si è assistito ad un aumento della
concentrazione nell’atmosfera di questi gas, soprannominati “gas ad effetto serra”, fra cui
l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), il protossido di azoto (N2O), l’esafluoruro di zolfo
(SF6), gli idrofluorocarburi (HCFs) ed i perfluorocarburi (PFCs), l’ozono troposferico (O3) ed i
suoi precursori. Tra questi, il gas climalterante più importante in termini di emissioni è la CO2,
costituendo oltre l'80% delle emissioni di tutti gli altri gas. Parallelamente si è assistito
all’accentuazione di vari fenomeni, fra cui il noto “effetto serra”, fattore principale del
surriscaldamento del pianeta.
Delle problematiche inerenti il risparmio energetico si è cominciato a parlare dopo la crisi
energetica del 1973, dovuta alla così detta guerra del Kippur (guerra del golfo fra paesi Arabi
ed Israele), che ha portato alla ribalta mondiale il problema delle risorse energetiche in via di
esaurimento. In quegli anni si sviluppò infatti la convinzione che l’umanità fosse entrata in
una fase storica in cui, irrimediabilmente, lo sviluppo tecnologico-industriale avrebbe
determinato un progressivo esaurimento della fonte di energia su cui esso più si fondava: il
petrolio. I tagli sulle forniture di petrolio alle nazioni industrializzate dipendenti dai paesi Arabi
e l’ascesa dei suoi prezzi fu interpretata come il primo indice della scarsità delle risorse non
rinnovabili e della pericolosa dipendenza dei paesi dell’occidente dagli stati dell’OPEC.
Attualmente, in seguito alla scoperta di nuovi giacimenti ed all’introduzione di nuove
tecnologie estrattive, il problema del risparmio energetico parte da una preoccupazione
diversa, non più l’esaurimento delle risorse non rinnovabili, ma l’inquinamento ambientale e
le problematiche dei cambiamenti climatici dovuti alle emissioni di CO2 e degli altri gas serra.
Per rispondere alle problematiche sui cambiamenti climatici di origine antropica, nel 1988
l’ONU istituisce l’Intergovernamental Panel on Climate Change (IPCC). Nel 1991 iniziano le
trattative per la preparazione di un trattato mondiale inerente il problema dei gas serra, che
porteranno alla Conferenza del 1997 a Kyoto, durante la quale viene firmato il cosiddetto
“Protocollo di Kyoto”, un atto che prevede limiti alle emissioni di gas serra nei 39 paesi che
hanno aderito all’accordo, per giungere agli obiettivi prefissati tra il 2008 ed il 2012.
L’Unione Europea ha firmato il protocollo il 29 aprile 1998 e lo ha ratificato definitivamente il
4 marzo 2002 con l’impegno di ridurre le emissioni di gas serra dell’8% tra il 2008 e il 2012.
In Italia la ratifica del protocollo di Kyoto è avvenuta con legge 120 del 1 giugno 2002 con
l'obiettivo di riduzione delle emissioni dei gas serra del 6,5% entro il 2012.
Tra i paesi dell’UE, la maggiore quantità di CO2 è emessa dalla Germania, seguita dal Regno
Unito, dall’Italia e dalla Francia. Nell’UE tra il 1990 ed il 2001 le emissioni di gas serra sono
complessivamente diminuite di circa il 2,3% ed i paesi che hanno ottenuto i migliori risultati
sono stati la Germania (-141Mt) e il Regno Unito (-24Mt), grazie soprattutto alla sostituzione
del carbone con il gas naturale, mentre l’Italia, con emissioni crescenti dal 1990 ad oggi
(+34Mt), appare lontana dall’obiettivo di riduzione assunto formalmente; appare quindi
urgente soprattutto nel nostro paese mettere in atto politiche capaci di diminuire la crescita
delle emissioni dal settore energetico.
2. Consumi energetici
Nel 2002 i consumi mondiali di energia primaria sono aumentati del 2,6% rispetto al 2001. La
composizione per fonti dei consumi di energia primaria nei paesi dell’UE mette in luce la
grande importanza del petrolio (42%), seguito da gas naturale (24%), energia nucleare
(14%) e carbone (14%); la parte restante del fabbisogno (6%) è di produzione idroelettrica.
In Italia dal 1995 ad oggi il consumo interno lordo di energia è andato sempre aumentando. Il
consumo di prodotti petroliferi è nel 2002 diminuito a favore del gas naturale, mentre i
consumi di carbone sono aumentati soprattutto nei mesi estivi, per l’aumento della
produzione termoelettrica per rispondere alla richiesta di energia elettrica per il
raffrescamento estivo. La dipendenza energetica dell’Italia è andata sempre più crescendo
negli anni, passando dall’81% nel 1995 all’84,3% nel 2002, e riguarda sia il petrolio che il gas
naturale che i combustibili solidi. L’analisi dei consumi energetici italiani per macro settori
d’uso mette in evidenza, relativamente all’anno 2002, l’importanza del settore dei trasporti
(31% dei consumi totali) e di quello civile (30%), seguiti dal settore industriale (29,1%) e da
quello dell’agricoltura (2,5%). Ciò dimostra come i nostri edifici siano dei veri e propri
divoratori di energia. Analizzando i consumi energetici del settore civile (residenziale e
terziario) per tipologia di fonte emerge come il gas naturale continui a soddisfare più della
metà della domanda di energia del settore (51,9%), seguito dall’energia elettrica (27,7%), dai
combustibili liquidi (17,7%), dalle rinnovabili (2,5%) e dai combustibili solidi (0,2%). Per
quanto riguarda la ripartizione dei consumi energetici del settore civile anche nel 2002 il
residenziale ha assorbito circa il 70% della domanda e il terziario il restante 30%.
riscaldamento
14%
6%
acqua calda sanitaria
usi cucina
12%
68%
usi elettrici
Figura 1 – Consumi energetici nel settore residenziale in Italia
L’elevata incidenza dei consumi per riscaldamento rispetto ai consumi totali del residenziale
(figura 1) è da attribuire prevalentemente alle caratteristiche degli involucri degli edifici: i due
terzi delle nostre abitazioni sono di costruzione anteriore alla legge 373/1976 ed una
percentuale analoga non subisce interventi di manutenzione straordinaria da almeno
vent’anni. Un contributo al contenimento dei consumi per riscaldamento è dato invece dalla
mitezza del clima: le abitazioni italiane, infatti, nonostante la scarsa qualità degli involucri, si
caratterizzano fra quelle dei Paesi sviluppati, ad eccezione del Giappone, per il minor
consumo energetico per riscaldamento per m 2. I medesimi consumi, depurati dalla
componente climatica, portano l’Italia ai valori più alti nella graduatoria dei consumi specifici.
3. Evoluzione energetica degli edifici
Da questo panorama si può evincere come un ruolo importante nella tutela dell’ambiente e
nella riduzione dei consumi energetici può essere svolto dal settore delle costruzioni, e in
particolare dal risparmio e dall’efficienza energetica delle abitazioni, nonché dall’uso di fonti
energetiche rinnovabili.
Al tal fine, gli interventi progettuali dovrebbero essere orientati in una rivalutazione delle
prestazioni dell’involucro integrate con quelle dell’impianto, nell’ottica irrinunciabile della
progettazione integrata del sistema edificio-impianto, il cui progetto deve essere sviluppato
tenendo conto dei fattori ambientali e tipologici, e dove l’involucro si riappropria della primaria
funzione protettiva dal clima, mentre nel contempo l’impianto è chiamato a svolgere una
funzione di supporto e di regolazione dei flussi energetici.
L’involucro edilizio costituisce la superficie di controllo che delimita il sistema termodinamico
“edificio”, ed ha la funzione di controllare i flussi di energia e massa al fine di garantire le
condizioni di comfort negli ambienti confinati, contenendo nel contempo i consumi energetici
e gli impatti dell’ambiente esterno. L'involucro edilizio nel tempo ha subito una lenta
evoluzione sia per quello che riguarda i materiali che la tipologia costruttiva utilizzata,
passando da una semplice chiusura con funzioni di protezione, a dispositivo per lo
sfruttamento delle energie naturali ed elemento tecnologico di mediazione tra l'ambiente
esterno e quello interno cui viene demandato in parte anche il controllo e la regolazione del
microclima indoor e che partecipa attivamente a garantire adeguate condizioni di comfort
termoigrometrico e di qualità dell’aria interne, nonché di risparmio energetico.
Alla protezione offerta dall’involucro, fino dall’antichità, si sono affiancati sistemi di controllo
microclimatico atti a creare condizioni ambientali interne quanto più confortevoli possibile.
Con la rivoluzione industriale e l’evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche e
ancora più con l’avvento dell’architettura moderna, l’involucro edilizio rinuncia
progressivamente alla sua funzione strutturale, diventando “facciata libera” così come la
definisce nel 1926 Le Corbusier nei cinque punti della nuova architettura. Da allora,
l’involucro comincia a perdere gran parte della funzione di regolatore dei flussi termici che
viene affidata pressoché totalmente all’impianto di climatizzazione, cui viene inoltre
demandato il controllo ed il mantenimento all’interno di ogni singolo ambiente di adeguate
condizioni termoigrometriche e di ventilazione.
Dopo la crisi petrolifera dei primi anni settanta si intensificano le ricerche nel campo
dell’architettura bioclimatica e dello sfruttamento delle energie rinnovabili, con la
conseguente rivalutazione dell’involucro edilizio ai fini dell’isolamento termico e del
contenimento delle dispersioni energetiche; parallelamente aumenta la tenuta all’aria
dell’edificio con conseguente riduzione dei ricambi d’aria e l’inizio dei problemi legati all’IAQ.
Successivamente, alle problematiche inerenti l’esaurimento delle risorse energetiche non
rinnovabili, si aggiunge una preoccupazione diversa e cioè l’inquinamento ambientale e le
problematiche dei cambiamenti climatici dovuti ad effetti antropici, ed alla fine degli anni ’80
si comincia a parlare di sviluppo sostenibile, definito come “uno sviluppo che soddisfi i
bisogni delle generazioni presenti senza compromettere le possibilità per le generazioni
future di soddisfare i propri”.
Grazie soprattutto alle norme sul risparmio energetico degli anni novanta, che pongono
particolare attenzione non solo alla corretta progettazione termofisica dell’involucro edilizio,
ma anche alla ventilazione degli ambienti interni, la ulteriore rivalutazione dell’involucro porta
una innovazione nella concezione dello stesso, che diventa così un componente a
comportamento dinamico interattivo, così detto “intelligente”, per mezzo di soluzioni che non
sono più quelle essenziali e tradizionali, ma sono tali e così tante da costituire a volte il vero
soggetto protagonista dell’involucro.
Si diffondono, così, tipologie di pareti del tutto innovative, dotate di una propria autonoma
funzionalità energetica (Institute du Monde Arabe a Parigi di Jean Nouvel, 1987), le facciate
a schermo avanzato, anche ventilate (anche con funzione di pretrattamento dell’aria o di
recupero di calore dall’aria esausta), e le pareti integrate con pannelli solari e/o fotovoltaici
(Accademia dell’Emscher Park – Herne – Sodingen di Françoise Jourda e Gilles Perraudin,
1992-1999), che non sono più impianti semplicemente addossati all’edificio, ma diventano
elementi architettonici con diversi compiti: produrre energia dal sole, caratterizzare
architettonicamente l’edificio ed impedire il surriscaldamento estivo degli ambienti.
Le recenti tendenze degli anni novanta sono quindi caratterizzate da un involucro ibrido,
dove le tecnologie edilizie e le tecnologie impiantistiche diventano fra loro complementari, e
ricco di sistemi di regolazione e controllo (edifici del BRE a Garston, palazzina I Guzzini a
Recanati, Mediå School in Norvegia, edificio dell’IVEG nei pressi di Bruxelles, edificio della
De Montfort University a Leicester, ecc.).
Nell’ultimo decennio, a seguito dell’evoluzione legislativa e normativa nel settore energetico
– ambientale e grazie anche alle molte sperimentazioni e progetti di ricerca (progetti europei
“Annex 35 HybVent” e “Reshvent“, sul tema della ventilazione ibrida; progetto europeo
CEPHEUS sul tema degli edifici passivi; ecc.), si è assistito ad una rapida evoluzione delle
strategie di controllo del microclima e dei sistemi impiantistici negli edifici, nonché ad una
parallela evoluzione delle caratteristiche tipologiche e delle tecnologie costruttive
dell’involucro edilizio che ha necessariamente visto la nascita di nuovi modelli costruttivi di
edifici definiti da elevati livelli prestazionali sia dal punto di vista energetico che della
sostenibilità ambientale, ponendosi il duplice obiettivo di avere il minore impatto possibile
sull’ambiente (minimizzando le emissioni di inquinanti e lo sfruttamento delle risorse non
rinnovabili) e di implementare la qualità ambientale interna globale (comfort
termoigrometrico, acustico, illuminotecnico e respiratorio olfattivo).
Attualmente per definire energeticamente gli edifici si usa un indicatore che rappresenta il
consumo annuale di energia riferito alla superficie di edificio riscaldata ed espresso in
kWh/m 2a. Tale parametro in genere si riferisce all’energia consumata per il riscaldamento
invernale relazionata alla superficie netta dei locali riscaldati, perché, nella maggior parte dei
paesi europei, il riscaldamento occupa il primo posto dei consumi energetici in un edificio
residenziale; ovviamente in paesi caratterizzati da estati molto calde si dovrebbe considerare
anche l’energia consumata per il raffrescamento estivo.
Sulla base di tale indicatore, è possibile classificare energeticamente gli edifici e suddividerli
nelle seguenti categorie, in funzione dei consumi di energia per il riscaldamento (figura 2):
- edifici di vecchia costruzione non adeguati alle norme sul risparmio energetico;
- edifici di recente costruzione adeguati alle norme sul risparmio energetico;
- edifici a basso consumo energetico;
- edifici passivi;
- edifici a consumo energetico zero, che producono cioè l’energia che consumano;
- plusenergiehaus, cioè edifici che, producendo più energia di quella necessaria al
proprio fabbisogno, sono in grado di immettere in rete il surplus prodotto.
Figura 2 - Consumi energetici di diversi standard edilizi a confronto
riscaldamento
300
250
acqua calda
sanitaria
200
150
100
energia elettrica
(usi domestici)
plusenergie haus
edificio passivo
-50
edificio a basso consumo
0
recente costruzione (post
L10/91)
50
vecchia costruzione
consumi in kWh/m2anno
350
energia elettrica
(ventilazione)
totale
Edifici ad alta efficienza energetica sono da considerare solo gli edifici a basso consumo
energetico, gli edifici passivi, gli edifici a consumo energetico zero e le plusenergiehaus. In
tali edifici le prestazioni energetiche dei componenti l’involucro e l’efficienza dei componenti
impiantistici raggiungono livelli così elevati da ridurre notevolmente i consumi annui di
energia per il riscaldamento.
Gli edifici a basso consumo energetico sono caratterizzati da un consumo energetico per il
riscaldamento, variabile a seconda delle diverse normative, in genere compreso fra 25 e 70
kWh/m 2a. Un edificio a basso consumo energetico è in genere caratterizzato principalmente
da una forma compatta, per limitare le superfici disperdenti, da un involucro opaco e
trasparente termicamente ben isolato, secondo un filosofia non dissipativa, da sistemi
bioclimatici per lo sfruttamento passivo (ampie superfici finestrate a sud, serre, sistemi di
controllo dell’irraggiamento solare, ecc.) ed attivo (collettori solari per la produzione di acqua
calda, pannelli fotovoltaici per produrre energia elettrica, ecc.) dell’energia solare, da
efficienti sistemi di ventilazione meccanica degli ambienti e/o di climatizzazione che utilizzino
fonti energetiche rinnovabili. In alcuni paesi europei (Svezia, Germania, Svizzera, ecc.) gli
standard delle case a basso consumo energetico sono obbligatori per tutti i nuovi edifici. In
Europa fra le esperienze più interessanti in tema di edifici a basso consumo energetico si
possono ricordare i quartieri di Kronsberg, di Vienna, di Saarbrucken, BedZed di Londra,
Vauban di Friburgo, ecc. In questa categoria di edifici rientrano per esempio lo standard
energetico svizzero Minergie, nonché gli standard della Provincia Autonoma di Bolzano
CasaClima A, B e C, caratterizzati rispettivamente da un indice energetico ≤30, ≤50 e ≤70
kWh/m 2a. Il concetto della “passivhaus” tedesca (letteralmente “casa passiva”), termine che
deriva dal fatto che l’edificio è in grado di riscaldarsi pressoché da solo riducendo
notevolmente i consumi energetici, è stato ideato nel 1988 dal prof. Wolfang Feist che,
grazie ad un contributo finanziario del Ministero per l’Economia della Regione tedesca
dell’Assia, ha realizzato quello che è stato il primo edificio passivo, un complesso di case a
schiera a tre piani costruito a Darmstadt – Kranichstein nel 1990, dove i consumi di energia
sono risultati inferiori del 90% di quelli di una casa tradizionale. Dopo questa prima
esperienza positiva, la realizzazione di edifici passivi si è intensificata e nel 1996 è stato
fondato il Passivhausinstitut (PHI) di Darmstadt, un istituto di ricerca e sperimentazione che
si occupa dell'analisi, dello sviluppo e della certificazione di edifici passivi.
In ambito europeo si può dire che il principale livello prestazionale energetico richiesto dal
PHI ad un edificio passivo consiste in un fabbisogno energetico per riscaldamento invernale
non superiore a 15 kWh/m 2 all’anno (e fabbisogno di energia utile compresi altri usi domestici
non superiore a 42 kWh/m 2 all’anno). Ciò significa che, se fino agli anni ’90 si consumavano
per m2 di appartamento circa 30 litri di gasolio l’anno, con gli edifici a basso consumo
energetico si è potuti arrivare da 3 a 7 litri e, con gli edifici passivi, addirittura a circa 1,5 litri.
Le caratteristiche più importanti di un edificio passivo sono principalmente un involucro
esterno altamente isolato, realizzato senza ponti termici e a tenuta all'aria, e un impianto di
climatizzazione non convenzionale ed altamente efficiente in grado di assicurare un
adeguato ricambio d’aria agli ambienti, privilegiando sistemi di recupero del calore e l’uso di
fonti di energia rinnovabili. Il termine edificio passivo non va confuso con il termine di edificio
solare o edificio solare passivo; infatti mentre il primo indica, almeno nell’Europa centrale, un
preciso standard energetico, i secondi indicano edifici che ricadono nella categoria più ampia
dell’architettura bioclimatica, che sfruttano l’energia solare in maniera passiva per il
riscaldamento, senza però rispondere ad alcun limite energetico prestazionale.
Attualmente esistono in Europa migliaia edifici passivi, di diverse tipologie costruttive e con
diversa destinazione d’uso: villette, case a schiera, condomini, ma anche edifici ad uso
industriale e del terziario. Anche in Italia negli ultimi anni, soprattutto al nord, sono stati
costruiti molti edifici passivi, che si distinguono dall’esempio europeo per l’utilizzo di
materiali, tecnologie e sistemi costruttivi più vicini alla tradizione italiana e ad un clima più
“mediterraneo” (legno, laterizio, pietra, ecc.), rappresentando un valido esempio di alte
prestazioni energetico ambientali.
Note Bibliografiche
ENEA, Rapporto Energia e Ambiente 2003, 2003
Alfano,G.,Raffellini, G. & Masoero, M., 2001, La ventilazione naturale e controllata attraverso gli elementi di
involucro, in Atti del Convegno AICARR “Progettare l’involucro edilizio: correlazioni tra il sistema edificio e i
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C. Carletti, G. Cellai, G. Raffellini, F. Sciurpi, S. Secchi, “Sulle prestazioni del sistema edificio-impianto: dagli
edifici tradizionali a quelli “passivi”, Atti Congresso Climamed, Lisbona, 2004.
C. Carletti, G. Gantioler, F. Nardi, G. Raffellini, F. Sciurpi, “Problematiche e sviluppi degli edifici passivi in
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