1 7. 7.1 Le istituzioni La circolazione effettiva dell`euro dal 1

Transcript

1 7. 7.1 Le istituzioni La circolazione effettiva dell`euro dal 1
7.
7.1
LA POLITICA MONETARIA NELL’UME
Le istituzioni
La circolazione effettiva dell’euro dal 1° gennaio 2002 ha segnato il traguardo del lungo
processo di unificazione monetaria europeo. L’adozione della moneta unica europea è l’ultimo atto
di un lungo ed articolato percorso che ha portato gli stati membri dell’Unione Monetaria Europea
alla rinuncia della conduzione della politica monetaria in modo autonomo.
La politica monetaria unica europea è disciplinata dagli articoli 105-111 del Trattato
istitutivo della Comunità Europea (Trattato) mentre le Istituzioni monetarie previste dal Trattato
sono operative dal 1° gennaio 1999 con l’avvio della terza fase dell’Unione.
Le istituzioni monetarie sono: il Sistema Europeo di Banche Centrali (SEBC), l’Eurosistema
e la Banca Centrale Europea (BCE). Il SEBC, in base all’art. 107 del Trattato, è composto dalla
Banca Centrale Europea e dalle Banche Centrali Nazionali (BCN) degli Stati membri dell’Unione
Europea (UE). L’Eurosistema comprende la BCE e l’insieme delle BCN dei paesi che hanno
adottato l’euro come moneta unica.
Il Sistema Europeo di Banche Centrali è istituito conformemente all’art. 8 del Trattato
istitutivo della Comunità, la sua attività è svolta ai sensi del Trattato e dello Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea (Statuto) ed è governato dagli organi
decisionali della BCE. L’obiettivo principale del SEBC, e quindi dell’Eurosistema, è,
conformemente all’art. 105 del Trattato e all’art, 2 e ss. dello Statuto, "il mantenimento della
stabilità dei prezzi”. Contestualmente, esso sostiene le politiche economiche generali della
Comunità, agendo in conformità del principio di un’economia di mercato aperta e in libera
concorrenza, per favorire un’efficace allocazione delle risorse. I compiti del SEBC sono la
definizione e l’attuazione della politica monetaria della Comunità , lo svolgimento di operazioni sul
mercato dei cambi, la detenzione e la gestione delle riserve ufficiali in valuta estera degli Stati
membri e la promozione del regolare funzionamento dei sistemi di pagamento.
La Banca Centrale Europea è una istituzione indipendente dotata di personalità giuridica e
costituita con il capitale delle Banche centrali nazionali. L’apporto delle singole BCN è stato
determinato considerando il peso del Pil e della popolazione di ciascuna nazione sul totale della
comunità. Gli organi decisionali della BCE sono: il Consiglio Direttivo, il Comitato Esecutivo e il
1
Consiglio Generale. Il Presidente della BCE presiede sia il Consiglio Direttivo che il Comitato
Esecutivo.
Il Consiglio Direttivo, il più alto degli organi decisionali, comprende i sei membri del
Comitato Esecutivo e i dodici governatori delle BCN dell’area euro. Il Consiglio ha il diritto
esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno della Comunità. Il suo principale
compito è la formulazione della politica monetaria nell’Unione mediante la determinazione dei tassi
di interesse ai quali le Banche commerciali possono ottenere liquidità dalla rispettiva banca
centrale. Indirettamente il Consiglio Direttivo influenza quindi i tassi di interesse che le banche
commerciali applicano alla clientela e quelli che i risparmiatori percepiscono sui depositi. Per la
validità delle decisioni è richiesto il quorum costitutivo dei due terzi dei membri e la maggioranza
semplice (50% + 1 del capitale) nelle votazioni. In caso di parità il voto del Presidente vale doppio.
Il Comitato Esecutivo è formato dal Presidente, dal Vicepresidente e da quattro membri di
riconosciuta esperienza nel campo bancario e finanziario nominati di comune accordo dai capi di
Stato dei paesi aderenti all’euro. Al Comitato è demandata l’attuazione della politica monetaria
indicata dal Consiglio Direttivo e a tal fine istruisce le BCN. Gestisce inoltre tutte le attività correnti
della BCE. Il mandato di ciascun membro dura al massimo otto anni e non è rinnovabile. Il
Consiglio Direttivo, in base all’art. 10 dello Statuto, deve deliberare con la presenza di un quorum
costitutivo dei due terzi dei membri mentre le decisioni sono prese a maggioranza semplice o
qualificata (due terzi del capitale e almeno la metà degli shareholders) in base alla rilevanza
dell’argomento. Anche qui in caso di parità prevale il voto del Presidente. Ogni membro ha la
titolarità di un voto e non rappresenta il Paese di appartenenza, ma l’intera area.
Il Consiglio generale è invece l’organo decisionale del SEBC, è composto dal Presidente e
dal Vicepresidente della BCE e dai governatori delle BCN degli Stati membri dell’UE. Ha funzioni
consultive e di coordinamento delle politiche volte a favorire l’allargamento dell’Unione Monetaria.
L’obiettivo della stabilità monetaria impone al Consiglio Generale incontri trimestrali mentre il
Consiglio Direttivo si riunisce di regola due volte al mese.
Tutte le unità della BCE sono divise in Divisioni, Direzioni e Direzioni generali. Un ruolo
fondamentale viene svolto dai Comitati che sono composti dai rappresentanti della Banca Centrale e
da alcuni esperti delle BCN; il loro compito è di studiare preventivamente alcune tematiche di
interesse per l’Eurosistema e di relazionare poi al Comitato Esecutivo.
Uno dei requisiti indispensabili ai fini del buon funzionamento dell’Eurosistema è
l’indipendenza delle banche centrali; infatti né la BCE (art.7 Statuto BCE) né le BCN appartenenti
all’Eurosistema possono accettare istruzioni da qualsiasi altro organismo. La BCE gode inoltre di
2
autonomia finanziaria, è tenuta infatti a presentare un bilancio proprio separato da quello della
Comunità Europea e dalle altre banche centrali. L’indipendenza della BCE è anche operativa, gli
art. 18 e 19 dello Statuto, infatti, le attribuiscono massima libertà nella conduzione delle operazioni
di mercato aperto e nella individuazione dei vincoli di riserva sulla raccolta bancaria.
L’indipendenza di una Banca Centrale deve essere accompagnata da una solida credibilità che si
guadagna con la trasparenza e la chiarezza. A tal fine il Trattato le impone precisi obblighi di
rendicontazione. La BCE è tenuta settimanalmente a presentare la situazione contabile
dell’Eurosistema con la descrizione di tutte le transazioni monetarie e finanziarie effettuate nella
settimana precedente; pubblica, inoltre, almeno ogni tre mesi, un rapporto sulle attività del SEBC e
con cadenza annuale è tenuta a presentare al Parlamento Europeo, alla Commissione e al Consiglio
europeo una relazione sulla politica monetaria perseguita negli ultimi due anni.
La BCE viene consultata “in merito a qualsiasi proposta di atto comunitario” e dalle autorità
nazionali sui progetti di disposizioni legislative purché rientrino nelle sue competenze. La BCE
contribuisce inoltre all’armonizzazione delle norme delle modalità relative alla raccolta, la
compilazione e la distribuzione delle statistiche relative alle aree di sua competenza.
7.2
La strategia di politica monetaria
La rinuncia alla sovranità monetaria dei paesi aderenti all’Unione Monetaria Europea è, dal
punto di vista istituzionale, la principale novità data dalla adozione dell’euro.
L’individuazione degli strumenti e della strategia ottimali per la conduzione di una politica
monetaria unica è stata quindi oggetto di un vivace dibattito. Dal punto di vista teorico la scelta
verteva tra una strategia di tipo monetarista e una di tipo inflation targeting.
I monetaristi, a differenza dei neokeynesiani, che sottolineano gli stretti rapporti di
sostituzione esistenti tra le attività finanziarie, considerano la moneta come una attività unica e non
sostituibile. La moneta, non essendo stretto sostituto di altre attività finanziarie comprende tra i suoi
immediati sostituti anche i beni reali accanto a tutte le altre attività. L’effetto della variazione della
quantità di moneta si propaga direttamente su tutte le attività sia reali che finanziarie; un aumento
dell’offerta di moneta determina infatti un eccesso di scorte monetarie reali che sarà
immediatamente speso, stimolando un aumento del reddito nominale e dei prezzi. L’incremento del
reddito e dei prezzi si arresterà solo quando le scorte monetarie reali saranno tornate al livello
desiderato dagli operatori. I monetaristi dimostrano, però, che tra gli impulsi monetari e gli effetti
sulle attività reali intercorre un lungo arco temporale e, come, interventi discrezionali, volti a
influenzare l’economia, siano quindi inefficaci e spesso destabilizzanti. Per mantenere l’economia
3
su uno stabile sentiero di crescita la politica monetaria deve rimanere neutrale per lasciare al
mercato la realizzazione dell’equilibrio. L’adozione di regole fisse diventa quindi, nell’ottica
monetarista, la migliore strategia di politica monetaria mediante la programmazione di tassi di
crescita costanti di un aggregato monetario scelto al fine di stabilizzare i prezzi e le attese degli
operatori. La fissazione del tasso di crescita della moneta appare però un obiettivo intermedio delle
autorità monetarie teso al perseguimento dell’obiettivo finale che si può via via identificare con la
crescita del reddito, del tasso di inflazione o con l’equilibrio della bilancia dei pagamenti.
L’esistenza di una domanda stabile di moneta è poi la conditio sine qua non affinché il meccanismo
di trasmissione degli impulsi monetari sia pienamente efficace.
Negli ultimi anni l’evoluzione della struttura finanziaria con la creazione di nuovi strumenti
sia monetari che finanziari ha spesso reso difficile l’adozione di regole fisse e ha stimolato invece il
ritorno a regole di feedback. In quest’ultimo caso, al fine di stimolare la crescita economica,
l’obiettivo intermedio delle autorità monetarie diventa il conseguimento della stabilità dei prezzi e
non il tasso di crescita della moneta. Questo tipo di strategia dove il target è il controllo
dell’inflazione- inflation targeting- si basa su un assunto fondamentale: la stabilità dei prezzi,
migliorando la percezione dei prezzi relativi e riducendo le aspettative di inflazione, stimola un
efficiente allocazione delle risorse, stimola gli investimenti e la crescita. Numerosi studi empirici
dimostrano che i benefici di una inflazione stabile sulla crescita sono molteplici: paesi con una più
bassa inflazione crescono più velocemente (Barro, 1997) mentre un’elevata inflazione aggrava le
distorsioni nel sistema fiscale e di assistenza sociale (Feldestein, 1999). Affinché un autorità possa
implementare un regime inflation targeting è necessario, però, assicurare l’indipendenza della
banca centrale che non potrà assolutamente finanziare i deficit pubblici. Inoltre, la stabilità dei
prezzi deve essere l’obiettivo prioritario di politica monetaria, l’autorità monetaria non può avere
altri obiettivi finali, quali il tasso di cambio o l’occupazione. Requisito indispensabile per una
politica in tal senso è quindi la scelta di un indice dei prezzi, l’attribuzione di un valore numerico o
di una banda di oscillazione di riferimento. La banca centrale interviene quando l’inflazione
effettiva si discosta da quella programmata.
Numerose sono le evidenze empiriche a favore sia della tesi monetarista che dell’inflation
targeting, tuttavia, la BCE ha ritenuto che non fosse possibile stabilire la superiorità di uno dei due
approcci e ha preferito adottare un regime intermedio. Nel Trattato che istituisce la Comunità
Europea - art. 105 e ss.- si legge che obiettivo primario della politica monetaria è il perseguimento
della stabilità dei prezzi. A tal fine il Trattato conferisce all’Eurosistema un elevato grado di
indipendenza dai governi nazionali e da interferenze politiche nel rispetto comunque degli obblighi
di trasparenza. Indipendenza non significa isolamento, l’Eurosistema interagisce con le altre attività
4
ad esempio nella politica del cambio. Il Consiglio dei Ministri con delibera all’unanimità può
“concludere accordi formali su un sistema di tassi di cambio dell’euro nei confronti delle valute non
comunitarie” (art. 109 del Trattato) e può formulare, a maggioranza qualificata, “orientamenti
generali” di politica del cambio. L’Eurosistema sostiene altresì le politiche generali della Comunità,
ma il miglior modo per garantire questo sostegno è concentrarsi nel medio periodo sul
mantenimento dei prezzi stabili creando le condizioni per l’efficacia delle altre politiche. Cercare,
ad esempio, di ridurre la disoccupazione che attanaglia diversi paesi dell’area euro mediante una
politica monetaria inflazionistica sarebbe inefficace, perché minerebbe la stabilità dei prezzi che è la
base per una crescita duratura e sostenibile dell’occupazione stessa (l’idea di fondo è che la
disoccupazione in questi paesi sia dovuta soprattutto a problemi legati a rigidità strutturali).
Alla luce delle precedenti considerazioni la strategia dell’Eurosistema si fonda su tre
elementi fondamentali:
• la stabilità dei prezzi nel medio periodo che rappresenta la definizione quantitativa
dell’obiettivo primario della politica monetaria (art. 105 e ss. del Trattato);
• due “pilastri”su cui poggia la strategia prescelta:
a)
il ruolo primario della moneta , con l’annuncio di un valore di riferimento per
l’aggregato monetario ampio M3;
b)
la valutazione “di ampio respiro” dell’andamento futuro dei prezzi e degli
eventuali rischi per la loro stabilità mediante lo studio delle aspettative degli individui, le
stime econometriche di variabili reali e l’analisi di un’ampia varietà di indicatori economici,
quali, indicatori di politica fiscale o indici dei prezzi e dei costi .
La stabilità dei prezzi è stata definita, all’inizio della Terza fase del Trattato, come “un
aumento su base annua dell’Indice Armonizzato dei Prezzi al Consumo (IAPC) nell’area dell’euro
inferiore al 2 per cento”. La stabilità dei prezzi deve essere mantenuta in un orizzonte di medio
termine e il valore di riferimento viene rivisto alla fine di ogni anno. Inoltre, è chiaro che neanche
una deflazione, cioè un periodo di prolungata diminuzione del livello dell’IAPC, è compatibile con
l’obiettivo di prezzi stabili. La scelta dell’indice dei prezzi al consumo come riferimento strategico
è avvenuta al termine di lunghe controversie. Alcuni Autori (Gros, Jimeno et al. , 2001 e Alesina,
Blanchard et al., 2001) sostengono, infatti, che la BCE dovrebbe dare maggiore rilevanza alle
misure dell’”inflazione di fondo” e specificare il suo obiettivo su questa base, perché, in questo
modo, si depurerebbe l’inflazione dai fattori e dalle variabili di natura temporanea. Tuttavia, la BCE
ha ritenuto non operare una scelta di questo tipo, perché non esiste una metodologia unica per
ricavare le misure dell’inflazione di fondo e, quindi, una scelta in tal senso sarebbe stata arbitraria.
5
La scelta dello IAPC, invece, presenta il vantaggio della trasparenza, fornisce, infatti, una
indicazione per valutare il successo della politica monetaria unica, essendo i prezzi al consumo il
riferimento dei cittadini per la valutazione dell’andamento del livello dei prezzi.
La definizione quantitativa della stabilità dei prezzi aiuta, inoltre, nella formulazione delle
aspettative sul livello dei prezzi migliorando la credibilità della nuova strategia. Inoltre il
perseguimento della stabilità dei prezzi nel medio periodo riflette il fatto che, nel breve periodo, i
prezzi sono soggetti ad una variabilità non ascrivibile a cause monetarie e quindi non controllabile
dalla politica monetaria.
La scelta del limite massimo dell’IAPC riflette l’ampio consenso che sia auspicabile la
presenza di una bassa inflazione. L’inflazione infatti genera diversi costi legati alla distribuzione del
reddito, all’inefficiente allocazione delle risorse causata dalle distorsioni nei prezzi relativi, ai menu
costs e agli effetti sui premi per il rischio, solo per citare qualche esempio. Alla luce di queste
considerazioni, sembrerebbe che la migliore strategia sia quella di perseguire una stabilità dei prezzi
in senso stretto, cioè una inflazione pari a zero. Tuttavia vi sono diversi fattori che suggeriscono il
mantenimento di un tasso di inflazione leggermente positivo; la discussione si incentra su quattro
elementi fondamentali (BCE, 2003a):
a)
l’esistenza di una distorsione positiva nella misurazione dello IAPC. Se
l’indice con cui si misura l’inflazione è soggetto ad un errore positivo di misurazione, la
registrazione di una inflazione pari a zero potrebbe corrispondere ad una riduzione del livello
dei prezzi. Nel calcolo dell’Indice Armonizzato dei Prezzi al Consumo questa distorsione
comunque è limitata;
b)
la presenza di rigidità nominali verso il basso. Un lieve livello di inflazione
può facilitare l’adeguamento dell’economia reale agli shock, in presenza di rigidità nominali
verso il basso dei prezzi e dei salari, perché permette una riduzione dei salari reali anche se
quelli nominali rimangono invariati. Il dibattito su questo fattore è molto vivace, infatti, una
crescita della produttività potrebbe permettere alle imprese di ridurre il costo del lavoro per
unità di prodotto senza diminuire i salari nominali. Inoltre se le rigidità fossero diffuse,
assecondarle significherebbe radicare ulteriormente questa caratteristica. Sembra quindi più
importante accentuare la flessibilità dei mercati dei beni e del lavoro in modo da poter
usufruire dei vantaggi derivanti dalla stabilità dei prezzi nell’area euro;
c)
l’esistenza di differenziali di inflazione all’interno dell’area. L’esistenza di
forti differenziali tra i tassi medi di inflazione nell’area euro potrebbe spingere alcuni paesi
verso periodi di deflazione oppure incrementare le rigidità nominali verso il basso nei paesi a
6
più bassa inflazione. La BCE (2003b) sostiene che i differenziali di inflazione sono una
caratteristica delle aree valutarie e che la politica monetaria unica non può intervenire per
ridurli, così come la politica monetaria di un singolo paese non può ridurre i differenziali
esistenti tra regioni e città. La BCE ritiene, invece, necessario un buon grado di flessibilità dei
servizi e dei salari per contrastare shock dal lato della domanda e dell’offerta. Se i
differenziali di inflazione sono di natura temporanea e, quindi, riflettono le politiche di
bilancio nazionali, la situazione congiunturale delle varie economie o la trasmissione degli
shocks esterni sui costi e sui prezzi, allora potrebbe essere necessario intervenire a livello
nazionale per evitare, ad esempio, una perdita di competitività. Se i fattori che causano i
differenziali sono, invece, strutturali e, ad esempio, dovuti all’effetto Balassa-Samuelson che
li lega alle differenze tra la tendenza della produttività relativa nel settore dei beni
commerciabili e in quello dei beni non commerciabili in diverse economie, allora, si
tratterebbe di un “fenomeno di equilibrio” (i differenziali nella produttività potrebbero
derivare da un processo di convergenza degli standard di vita tra i paesi) che non richiede
correttivi di politica economica. Diversi studi empirici (Rodriguez-Palenzuela et al., 2003)
dimostrano che l’effetto Balassa-Samuelson è di ridotta entità nell’area euro e ritengono che la
sua entità sarà via via minore, in considerazione della convergenza in termini di Pil pro capite
dei paesi aderenti all’Unione. La BCE ritiene, infine, improbabile che un singolo paese
dell’UME possa entrare in una spirale deflazionistica, trovandosi in un’area caratterizzata da
prezzi stabili. Se si creasse una tale situazione, ne deriverebbe un guadagno di competitività
per il paese in questione che spingerebbe la domanda dei prodotti verso l’alto in modo da
incrementare il livello dei prezzi.
d) la presenza di un limite inferiore pari a zero per i tassi di interesse nominali ed il
rischio di spirale deflazionistica per l’area euro (Coenen, 2003; Klaeffling e Lopez., 2003;
Yates, 2002). I costi legati alla deflazione sono, come per l’inflazione, legati, agli effetti sulla
distribuzione del reddito, ad una inefficiente allocazione delle risorse, all’incertezza sui premi
per il rischio. Vi sono tuttavia dei costi specifici legati alla deflazione che invitano a
mantenere un tasso di inflazione leggermente positivo: un tasso di inflazione superiore di poco
allo zero, riduce, in primo luogo, la probabilità che i tassi di interesse nominali si avvicinino
allo zero, fatto che impedisce alla banca centrale di contrastare gli shock deflazionistici e
rende quindi la politica monetaria inefficace; in seconda istanza vi sono dei problemi associati
ad un probabile differimento della domanda se vi sono attese di una riduzione dei prezzi. I
risultati condotti da diversi studi empirici (Yates già cit.) sulla probabilità che, in relazione a
determinati livelli di inflazione, i tassi di interesse si collochino sullo zero, non hanno fornito
7
indicazioni univoche. Tuttavia la maggior parte di questi studi suggeriscono che questa
probabilità decresca a livelli molto bassi, quando l’obiettivo dell’inflazione è fissato a livelli
superiori all’1 per cento.
Alla luce di tutte queste considerazioni va letto l’obiettivo della stabilità dei prezzi
dell’Eurosistema con la scelta di un tasso (aumento annuo dello IAPC inferiore al 2% )
sufficientemente basso da aumentare i vantaggi legati alla stabilità di prezzi e minimizzare, allo
stesso tempo, i costi dell’inflazione, e tale da incorporare un sufficiente margine di sicurezza per
ovviare ai rischi di deflazione.
Il primo “pilastro” della strategia di politica monetaria assegna alla moneta un ruolo
primario, sulla base della considerazione che l’inflazione è un fenomeno sostanzialmente
monetario. Inoltre sancisce anche la responsabilità dell’Eurosistema per gli impulsi di origine
monetaria dell’inflazione, essendo questi ultimi più controllabili dalla banca centrale dell’inflazione
stessa. Il Consiglio Direttivo ha quindi annunciato un valore quantitativo di riferimento per il tasso
di crescita annuo dell’aggregato monetario ampio M3 pari al 4 1/2 per cento. La scelta di un tasso
specifico piuttosto che di un intervallo di variazione è stata dettata dal fatto che quest’ultimo
potrebbe essere interpretato come una indicazione di una immediata correzione dei tassi di interesse
in caso di superamento della fascia. Invece, nel breve periodo, non c’è un impegno implicito da
parte dell’Eurosistema a correggere deviazioni della crescita monetaria dal valore di riferimento; un
eventuale scostamento darà luogo a ulteriori indagini per poterne identificare e interpretare le cause
economiche e, solo se sarà individuata una minaccia per la stabilità dei prezzi , la politica monetaria
reagirà. L’aggregato M3 è molto ampio e comprende il circolante, i depositi a vista, i depositi con
scadenza fissa fino a 2 anni, i depositi rimborsabili con preavviso fino a tre mesi, i pronti contro
termine, le quote di fondi di investimento monetario, i titoli di mercato monetario e le obbligazioni
con scadenza fissa fino a due anni. La scelta di un aggregato monetario così ampio è stata dettata da
due importanti proprietà empiriche:
•
gli aggregati monetari ampi mostrano maggiore stabilità; la domanda di
moneta è stabile quando vi è una funzione stabile che lega la massa monetaria al livello dei
prezzi. Un aggregato stabile consente alla banca centrale di individuare correttamente il
tasso di crescita della moneta compatibile con la stabilità dei prezzi;
•
gli aggregati monetari ampi hanno migliori capacità anticipatorie degli
aggregati ristretti; contengono cioè informazioni che aiutano a prevedere il futuro dei prezzi
8
a medio termine quando si saranno già verificati i processi di aggiustamento che si esplicano
con ritardo.
D’altro canto gli aggregati ampi sono più difficilmente controllabili nel breve periodo
attraverso i tassi di interesse ufficiali, perché molte delle loro componenti sono remunerate a tassi
simili a quelli di mercato e quindi l’elasticità della domanda, rispetto a questi ultimi, è relativamente
bassa.
Il valore di riferimento per la crescita monetaria è stato ottenuto applicando la relazione di
matrice monetarista che lega la moneta ai prezzi, al Prodotto interno Lordo reale e alla velocità di
circolazione. Il calcolo del valore di riferimento è basato su diverse ipotesi:
•
che l’aumento annuo dello IAPC si mantenga al di sotto del 2 per cento;
•
che con un orizzonte di medio termine il trend di crescita annuale del Pil reale
si attesti tra il 2 el 2,5 per cento;
•
che la diminuzione della velocità di circolazione, nel medio periodo, sia
compresa tra lo 0,5 e l’1 per cento annuo.
Sebbene la strategia monetaria dell’Eurosistema si basi prevalentemente sugli andamenti di
M3, anche l’evoluzione degli altri aggregati monetari e delle contropartite nel bilancio consolidato
di tutte le istituzioni finanziarie monetarie sono oggetto dell’analisi della BCE.
Le statistiche sugli aggregati monetari, sebbene cruciali, non riescono a fornire tutte le
informazioni necessarie per la conduzione della politica monetaria. Parallelamente quindi viene
effettuata una valutazione di “ampio respiro” di altre variabili che hanno la proprietà di essere
indicatori anticipatori del futuro livello dei prezzi.Tra queste variabili sono inclusi i salari, i prezzi
dei titoli, i tassi di cambio congiuntamente ad alcune inchieste fatte presso le imprese ed i
consumatori.
In definitiva la strategia di politica monetaria della Banca Centrale Europea, orientata all’
obiettivo finale della stabilità dei prezzi, rende compatibili l’approccio monetarista e l’approccio
keynesiano e post-keynesiano descritti all’inizio di questo paragrafo. Il meccanismo di trasmissione
della politica monetaria avviene infatti a due stadi. Nella prima fase una politica di mutamento dei
tassi di interesse produce effetti sul mercato monetario e finanziario: l’impulso iniziale si trasmette
dai titoli più liquidi ai titoli meno liquidi e, qualora il costo del capitale risulti superiore (inferiore)
all’efficienza marginale del capitale, diminuiranno (cresceranno) gli investimenti. Gli effetti
ricchezza e il riassetto dei portafogli degli operatori rafforzeranno la trasmissione degli impulsi
monetari alle variabili reali. Nel secondo stadio, se le imprese si finanziano attraverso le banche alle
9
banche, il canale creditizio assumerà un ruolo fondamentale nella trasmissione della politica
monetaria, perché i tassi di interesse di maggior rilievo saranno quelli sugli impieghi bancari. Se,
invece, gli investimenti sono finanziati con l’emissione di obbligazioni, la trasmissione degli
impulsi monetari avverrà tramite il canale dei tassi di interesse sui titoli. Vi sono in ogni caso degli
effetti sulla disponibilità del credito che non vanno trascurati. Un aumento dei tassi di interesse a
breve genera spesso una riduzione della crescita dei depositi interbancari; se le banche non possono
sostituire i depositi con altre passività, si potrebbe verificare una riduzione dell’offerta di prestiti.
Inoltre, se la variazione dei tassi provoca una modifica nei valori dei portafogli delle imprese (che
vengono usati come collaterale per i prestiti bancari), possono mutare sia le condizione del credito
sia la domanda e l’offerta di prestiti.
Un ruolo importante nel meccanismo di trasmissione degli impulsi bancari è svolto dalle
aspettative. Le aspettative, infatti influenzano le decisioni di spesa e la dinamica dei prezzi. Se gli
operatori comprendono l’obiettivo della politica monetaria e riescono, ad esempio, a distinguere tra
movimenti transitori e persistenti del tasso di interesse possono anticipare le mosse della Banca
centrale e facilitarne il compito.
7.3
Gli strumenti di politica monetaria
“Al fine di perseguire gli obiettivi del SEBC e di assolvere i propri compiti, la BCE e le
banche centrali nazionali” (capo IV, articolo 18 del Protocollo sullo Statuto del SEBC e della BCE)
hanno a disposizione una serie di strumenti di politica monetaria. Possono condurre operazioni di
mercato aperto e operazioni su iniziativa delle controparti, la BCE, inoltre, può imporre agli enti
creditizi la detenzione di riserve obbligatorie su conti aperti presso di essa o presso le BCN.
Le operazioni di mercato aperto rivestono un ruolo fondamentale nel controllo dei tassi di
interesse, nella determinazione delle condizioni di liquidità sul mercato e nell’indicazione
dell’orientamento della politica monetaria. Queste operazioni sono su iniziativa della BCE e
possono essere attuate sulla base di aste standard, aste veloci o procedure bilaterali. Lo strumento
principale è rappresentato dalle operazioni temporanee mediante contratti di vendita/acquisto a
pronti con patto di riacquisto/vendita a termine o di prestiti garantiti, ma l’Eurosistema può ricorrere
anche a operazioni definitive, all’emissione di certificati di debito, agli swap in valuta e alla raccolta
di depositi a tempo determinato.
10
In relazione alla finalità, alla regolarità e alle procedure, le operazioni di mercato aperto
possono suddividersi in quattro tipologie:
•
operazioni di rifinanziamento principali: sono le operazioni che forniscono la
maggior parte di liquidità al settore finanziario, sono effettuate tramite le BCN con
frequenza settimanale e scadenza a due settimane sulla base di un calendario predefinito. Le
BCN hanno il ruolo di raccolta degli ordini e di monitoraggio della liquidità sulla base della
loro conoscenza dei sistemi bancari nazionali. La scelta del tasso a cui avvengono queste
operazioni, influenzando le aspettative dei mercati e riducendone la volatilità, costituisce un
utile segnale dell’orientamento della politica monetaria, perché indica il valore desiderato
dalla Banca centrale per i tassi interbancari.
•
operazioni di rifinanziamento più a lungo termine: sono operazioni effettuate
delle BCN con frequenza mensile e scadenza a tre mesi con l’obiettivo di fornire alle
controparti finanziamenti a più lungo termine;
•
operazioni di fine tuning: sono operazioni di norma effettuate dalle BCN,
eccezionalmente anche dalla BCE, con frequenza prestabilita con il duplice intento di
regolare la liquidità del mercato e di ridurre gli effetti delle fluttuazioni di mercato sui tassi
di interesse. Si tratta generalmente di operazioni temporanee, ma talvolta possono anche
essere definitive.
•
operazioni di tipo strutturale: sono effettuate ogniqualvolta la BCE intenda
modificare la posizione strutturale dell’Eurosistema nel settore finanziario; possono essere
condotte dalle BCN con operazioni temporanee o mediante l’emissione di certificati di
debito e sotto forma di operazioni definitive attraverso procedure bilaterali.
Le operazioni attivabili su iniziativa delle controparti indicano l’orientamento della
politica monetaria e sono sostanzialmente mirate ad immettere e ad assorbire liquidità overnight ed
a limitare le fluttuazioni del tasso di interesse sul mercato overnight. Vi sono due tipologie di queste
operazioni:
1)
Al fine di ottenere liquidità overnight dalle BCN, le controparti possono, a
fronte di attività stanziabili come garanzia, richiedere operazioni di rifinanziamento
marginale. Il tasso di interesse su questo tipo di operazioni è il limite superiore del tasso di
interesse del mercato overnight. Non vi sono limitazioni di quantità e di accesso per questo
tipo di operazioni, se non quello di presentare sufficienti garanzie.
11
2)
Le controparti possono costituire depositi overnight presso le BCN
utilizzando le operazioni di deposito presso la banca centrale. Il tasso di interesse sui
depositi presso la banca centrale costituisce il limite inferiore del tasso di interesse del
mercato overnight. Anche in questo caso non esistono limiti né quantitativi, né di accesso a
questa tipologia di operazioni.
Generalmente l’immissione o il drenaggio della liquidità overnight mediante le operazioni
su iniziativa delle controparti avviene a tassi superiori o inferiori di un punto percentuale
relativamente al minimo tasso applicato per le operazioni di rifinanziamento principale. Si crea
quindi un “corridoio” tra i tassi di deposito overnight e i tassi per le operazioni di rifinanziamento
principale. L’analisi di questo “corridoio” fornisce preziose informazioni sul tipo di politica
monetaria che le autorità stanno implementando. Infatti un’ampiezza molto elevata del “corridoio”
è indice del fatto che la Banca Centrale Europea non è intenzionata ad accrescere la base monetaria
e permette perciò una maggiore fluttuazione dei tassi di interesse. Per chiarire meglio il concetto
basta ipotizzare la presenza di uno shock esterno nell’area che provochi tensioni inflazionistiche; in
mancanza di un accomodamento della Banca Centrale i tassi di interesse aumenteranno fino ad
avvicinarsi al limite massimo del corridoio. In quest’ultimo caso alle banche converrà cercare di
finanziarsi al tasso marginale; il corridoio, definisce, quindi, l’intervallo delle oscillazioni dei tassi.
La riserva obbligatoria costituisce una parte importante dell’assetto operativo della politica
monetaria avviato nella Terza fase. Si applica agli istituti di credito dell’area euro con il fine di
stabilizzare i tassi di interesse del mercato monetario e creare un fabbisogno strutturale di liquidità.
Attualmente la riserva obbligatoria è commisurata al 2 per cento delle passività, comprendenti i
depositi e gli altri strumenti di debito emessi con scadenza inferiore a due anni. La riserva dovuta da
ciascuna istituzione è in relazione alle sue poste in bilancio, ma è permesso alle istituzioni di
utilizzare un meccanismo di mobilizzazione della riserva. In conseguenza l’adempimento
dell’obbligo è verificato mensilmente sulla base delle riserve medie giornaliere detenute nel periodo
a cui si fa riferimento. La remunerazione della riserva obbligatoria avviene per un importo pari al
tasso di interesse medio delle operazioni di rifinanziamento principali del SEBC per il periodo di
mantenimento; la ponderazione dei tassi avviene con il numero dei giorni di calendario. Come
avveniva prima dell’Unione Monetaria la riserva dovuta viene detenuta presso la Banca Centrale
dello Stato membro in cui è localizzata l’istituzione creditizia. Non vi è una remunerazione delle
riserve detenute in eccesso, sono, invece, previste sanzioni per il mancato adempimento degli
obblighi di riserva: l’istituzione inadempiente deve pagare una penale fino a due volte il tasso delle
12
operazioni di rifinanziamento marginale oppure fino a 5 punti percentuali sul tasso delle operazioni
di rifinanziamento marginale, in alternativa, sarà costretta a costituire un deposito infruttifero fino a
tre volte l’importo non accantonato per un periodo pari al periodo di mantenimento in cui è risultata
inadempiente.
L’accesso alle operazioni attivabili su iniziativa delle controparti e alle operazioni di
mercato aperto basate su aste standard è consentito solo alle istituzioni assoggettate al regime di
riserva obbligatoria.
In base allo statuto del SEBC, articolo 18.1, tutte le operazioni di credito, cioè tutte le
operazioni di finanziamento possono avvenire solo a fronte di “adeguate garanzie” che vengono
distinte in due categorie: “lista di primo livello” e “lista di secondo livello”. Nella prima sono
inclusi gli strumenti di debito negoziabili che soddisfano i criteri uniformi di idoneità definiti dalla
BCE. La “lista di secondo livello” è composta da attività negoziabili e non negoziabili, di rilievo per
i sistemi bancari ed i mercati finanziari, ma con criteri di idoneità fissati dalle BCN, previa
approvazione della BCE.
Non vi è distinzione tra le due liste né qualitativa, né di utilizzo, anche se generalmente nelle
operazioni definitive vengono impiegati gli strumenti della “lista di primo livello”.
La tabella 7.1 riassume tutte le operazioni di politica monetaria dell’Eurosistema.
13
Tabella 7.1. Operazioni di politica monetaria dell’Eurosistema
Tipologie di
transazioni
Immissione di
liquidità
Tipologie di
transazioni
Assorbimento di
liquidità
Operazioni di rifinanziamento
principali
Operazioni
temporanee
-
Operazioni di rifinanziamento a
più lungo termine
Operazioni
temporanee
-
Operazioni di politica monetaria
Scadenza
Frequenza
Procedura
Due settimane
Settimanale
Aste standard
Tre mesi
Mensile
Aste standard
Non
standardizzata
Non regolare
Aste veloci
Proced.bilaterali
Non regolare
Procedure
bilaterali
Standardizzata/
non
standardizzata
Regolare e
non regolare
Aste standard
-
Non regolare
Procedure
bilaterali
Overnight
Accesso a
discrezione delle
controparti
Operazioni di mercato aperto
Operazioni di fine-tuning
Operazioni di tipo strutturale
-Operazioni
temporanee
-Operazioni di
swap in valuta
Operazioni temporanee
-Operazioni di
swap in valuta
- Raccolta di depositi
a tempo determinato
Acquisti definitivi
Vendite definitive
Operazioni
temporanee
Emissione di certificati
di debito
Acquisti definitivi
Vendite definitive
Operazioni
temporanee
-
-
Operazioni su iniziativa delle
controparti
Operazioni di rifinanziamento
marginale
Depositi presso la banca centrale
-
Depositi
Overnight
Accesso a
discrezione delle
controparti
Fonte: BCE (Aprile 2002)
vola 1
14
BIBLIOGRAFIA
Alesina A., Blanchard O., Galì J., Giavazzi F., Ulhig H. (2001): “Defining a Macroeconomic Framework For the Euro
Area”, “Monitoring the European Central Bank“, CEPR, Londra.
Arcelli M. (2002): “L’economia monetaria e la politica monetaria dell’Unione Europea”, Cedam.
Banca Centrale Europea (1999): “ Gli aggregati monetari dell’area dell’euro e il loro ruolo nella strategia di politica
monetaria dell’Eurosistema”, Bollettino mensile della BCE, Febbraio.
Banca Centrale Europea (1999): “La strategia di politica monetaria dell’Eurosistema, orientata alla stabilità”, Bollettino
mensile della BCE, Gennaio.
Banca Centrale Europea (2000): “I due pilastri della strategia di politica monetaria della BCE”, Bollettino mensile della
BCE, Novembre.
Banca Centrale Europea (2001): “European Central Bank”, disponibile su www.ecb.int/pub/.
Banca Centrale Europea (2001): “The monetary policy of the ECB” disponibile su www.ecb.int/pub/.
Banca Centrale Europea (2002): “La politica monetaria unica nell’area dell’euro: caratteristiche generali degli
strumenti e delle procedure di politica monetaria dell’Eurosistema, Aprile.
Banca Centrale Europea (2003a): ”Sintesi degli studi svolti ai fini della riflessione sulla strategia di politica monetaria
della BCE” disponibile su www.ecb.int/pub/.
Banca Centrale Europea (2003b): “La dispersione dell’inflazione nei paesi dell’area dell’euro e nelle aree metropolitane
degli Stati Uniti”, Bollettino mensile della BCE, Aprile.
Barro R.J. (1997): “Determinants of economic growth”, MIT Press.
Coenen G. (2003): “Zero lower bound: Is it a problem in the euro area?”, studio svolto ai fini della riflessione del
Consiglio direttivo della BCE sulla strategia di politica monetaria della BCE.
Commissione Europea (1998): “The EURO: explanatory notes”, Directorate general II, Economic and Financial
Affairs, Febbraio.
Feldstein M. S. (1999): “Costs and benefits of price stability”, Chicago University Press.
Gros D., Jimeno J., Monticelli C., Tabellini G., Thigesen N. (2001): Testing the Speed limit for Europe” 3rd Report of
the CEPS Macroeconomic Policy Group, Giugno.
Klaeffling M., Lopez V. (2003): “The optimal inflation target in the face of a liquidità trap”, studio svolto ai fini della
riflessione del Consiglio direttivo della BCE sulla strategia di politica monetaria della BCE.
Rodiguez-Palenzuela D., Camba-Mendez G., Garcia J.A. (2003): “Relevant economic issues concerning the optimal
rate of inflation”, studio svolto ai fini della riflessione del Consiglio direttivo della BCE sulla strategia di politica
monetaria della BCE.
Unione Europea (1992): “Trattato che istituisce la Comunità Europea”, Febbraio, Maastricht.
Unione Europea (1992): ”Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale
Europea”, Febbraio, Maastricht.
15
Yates A. (2002): “Monetary policy and the zero bound to interest rates: A review”, Banca Centrale Europea, Working
Paper n.190.
16