28° Congresso SCIVAC

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28° Congresso SCIVAC
28° Congresso SCIVAC
EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995
Consiglio Direttivo 1995-1998
Presidente:
CARLO SCOTTI
Presidente Senior:
GIORGIO ROMANELLI
Vice Presidente:
PIERMARIO PIGA
Segretario:
MAURIZIO CORNELLI
Tesoriere:
GILDO BARONI
Consigliere:
MARCO CALDIN
Consigliere:
UGO LOTTI
Coordinatori Scientifici del Congresso
MARCO CALDIN
GEORGE LUBAS
Commissione Scientifica Congressi e Corsi
ALESSANDRA FONDATI, Presidente
CLAUDIO PERUCCIO
STEFANO PIZZIRANI
GIORGIO ROMANELLI
FULVIO STANGA
ALDO VEZZONI
Commissione Congressuale Organizzativa SCIVAC
FULVIO STANGA, Presidente
MAURIZIO CORNELLI
LUCIANO COSTIGLIOLO
ERNESTO FIORE
Segreteria SCIVAC
Palazzo Trecchi - Via Trecchi, 20 - 26100 CREMONA
Tel. 0372/460440 - Fax 0372/457091
Organizzazione Congressuale e Alberghiera
NEW TEAM
Via Ghiretti, 2 - 43100 PARMA
Tel. 0521/293913
Fax 0521/294036
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EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995
La SCIVAC è particolarmente grata alla ditta
WALTHAM
per il significativo contributo fornito alla realizzazione del Congresso.
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EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995
INDICE
SALUTO AI PARTECIPANTI E INAUGURAZIONE DELL’INCONTRO . . . . . . .pag.
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INFORMAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag.
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RELATORI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag.
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PROGRAMMA DELLE RELAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag.
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ALTERAZIONI DEGLI ERITROCITI
Urs Giger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag.
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ALTERAZIONI DEI GLOBULI BIANCHI
Craig E. Greene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag.
31
ALTERAZIONI DELLE PIASTRINE
Urs Giger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag.
55
ALTERAZIONI DEI PROCESSI DI COAGULAZIONE
Craig E. Greene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag.
65
PRINCIPALI MALATTIE EREDITARIE DEL SANGUE
Urs Giger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag.
91
TERAPIA TRASFUSIONALE: L’ESPERIENZA ITALIANA
George Lubas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag.
103
ALTERAZIONI DEGLI EQUILIBRI FLUIDO-ELETTROLITICI E ACIDO-BASE
Jeanne Barsanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag.
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PROFILO PANCREATICO (QUADRI ACUTO E CRONICO)
Jeanne Barsanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag.
135
PROFILO EPATICO
Marco Caldin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag.
157
PROFILO ENDOCRINO
Craig E. Greene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag.
165
VALUTAZIONE DELLO STATO NUTRIZIONALE DALLE INDAGINI
DI LABORATORIO DI ROUTINE
Tim Watson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag.
199
PROFILO RENALE
Jeanne Barsanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag.
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EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
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Dal Presidente
È con estremo piacere che mi accingo a redarre queste poche righe che vedono l’inizio della
attività pubblica del Consiglio Direttivo che guiderà la SCIVAC fino al marzo del 1998.
Le nostre iniziative culturali si fanno sempre più articolate. Seminari di base e avanzati, incontri dei Gruppi di Studio, giornate culturali regionali, corsi di base e avanzati. Tuttavia gli appuntamenti con i Congressi Nazionali rappresentano sempre il momento culminante dell’attività associativa.
All’aggiornamento scientifico si accompagna la possibilità di incontrare Colleghi, scambiare
opinioni, rivedere vecchi amici, confrontarsi tra realtà professionali diverse.
Le tematiche scientifiche congressuali sono sempre di notevole interesse generale, tali da coinvolgere tutti i colleghi associati SCIVAC.
Un esempio è l’Ematologia Clinica e la Diagnostica di Laboratorio, argomento di questo 28°
Incontro SCIVAC.
Tutti noi, sia che svolgiamo la nostra attività professionale singolarmente che in forma associata, sia
che ci occupiamo di clinica chirurgica piuttosto che di clinica medica, abbiamo l’esigenza di avere una
buona conoscenza delle possibilità che ci offre la diagnostica di laboratorio; allo stesso modo a nessuno
di noi sfugge quanto l’ematologia abbia assunto una valenza sempre maggiore per una corretta diagnostica e per il riconoscimento di patologie che non ci sono ancora troppo chiare.
A Riccione riteniamo di avere costruito la giusta occasione per fare il punto della situazione.
Sono quindi certo di incontrarVi numerosi per trascorrere quattro giorni insieme, in un mix di
aggiornamento scientifico, relax e svago.
Con cordialità.
Dr. Carlo Scotti
Presidente SCIVAC
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Iscrizione
Le quote di iscrizione sono le seguenti (IVA compresa)
Fino al 15 maggio
Dopo il 15 maggio
Soci SCIVAC
L. 200.000 ❐
L. 300.000 ❐
Non Soci
L. 400.000 ❐
L. 500.000 ❐
N.B.: La quota ridotta è valida solo per i soci SCIVAC in regola con il rinnovo annuale
dell’iscrizione. La quota associativa alla SCIVAC per il 1995 è di L. 200.000
se versata prima del 31 marzo e di L. 230.000
se versata dopo il 31 marzo e va inviata esclusivamente a:
SCIVAC - Via Trecchi, 20 - 26100 Cremona
utilizzando l’apposito modulo da richiedere alla Segreteria SCIVAC
Tel. 0372-460440 (Catia)
Le quote comprendono:
• partecipazione al congresso
• cartella congressuale
• volumi degli Atti
• attestato di frequenza
• servizio di traduzione simultanea
Rinunce
In caso di rinuncia la quota versata verrà restituita all’80% solo se la richiesta perverrà per iscritto
alla Segreteria Organizzativa Congressuale entro 10 giorni dalla data di svolgimento del
Congresso; oltre tale termine all’iscritto che non ha potuto partecipare spetterà unicamente il volume degli Atti.
NORME CONGRESSUALI
Contrassegni
Colori:
• rosso: Relatori e Coordinatori
• azzurro: Congressisti
• bianco: Consiglio SCIVAC
• verde: Ditte espositrici
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Attestato di frequenza
Al termine dell’Incontro sarà rilasciato a tutti i congressisti che ne faranno richiesta presso la
Segreteria del Congresso.
Segreteria Congressuale
- La Segreteria verrà aperta alle ore 8,30 di giovedì 22 giugno 1995. All’atto della registrazione
si prega di esibire la tessera SCIVAC e un documento d’identità.
Contrassegno Congressuale
- Il contrassegno congressuale che consente l’accesso alla sala deve essere esibito in maniera visibile ed è obbligatorio.
- Il contrassegno congressuale è strettamente personale e non può essere ceduto ad altre persone
non iscritte al Congresso.
- In caso di smarrimento il contrassegno congressuale non può essere sostituito.
- L’esibizione del contrassegno congressuale può essere richiesta dal Comitato Organizzatore o dal
Servizio d’Ordine in qualsiasi momento.
Variazioni
L’Organizzazione si riserva il diritto di apportare al programma del Congresso cambiamenti resi
necessari da esigenze tecniche o da cause di forza maggiore.
Sede del Congresso
Centro Internazionale Congressi e Vacanze
Hotel Le Conchiglie - Riccione (Italia) - Viale D’Annunzio 227 - 47036 Riccione
Tel. (0541) 640422
Autostrada: A14: uscita casello Riccione a km 3
Aeroporto: Bologna-Borgo Panigale a km 75
Stazione: a km 2
Il Centro Internazionale Congressi “Le Conchiglie” è situato sul lungomare che congiunge
Riccione a Rimini. Per ulteriori indicazioni si rimanda alla cartina allegata a questo programma.
L’Hotel “Le Conchiglie” è dotato di un parcheggio coperto per i residenti, un parcheggio esterno
libero, 2 bar con servizio di quick lunch all’aperto, 2 ristoranti con una capacità totale di 1000
coperti, servizio di baby-sitting a richiesta, pineta privata, 2 campi da tennis, 2 piscine di cui una
coperta con idromassaggio, spiaggia privata.
Lingue ufficiali
Italiano e inglese con traduzione simultanea reciproca di tutte le relazioni e discussioni.
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27° Incontro SCIVAC
PROBLEMI IN OSTETRICIA, GINECOLOGIA E PEDIATRIA
PISA, 17-19 MARZO 1995
Mostra tecnico-commerciale
Nell’area di 700 mq adiacente alla sala congressuale verrà allestita la mostra dedicata alle attrezzature chirurgiche, alla diagnostica strumentale, alla farmacoterapia, alla produzione nutrizionale e
all’editoria scientifica. L’area espositiva sarà aperta dalle ore 9.00 di giovedì 22 giugno fino alle
13.30 di domenica 25 giugno.
Il modulo di iscrizione debitamente compilato nonché la quota di iscrizione devono essere inviati a:
NEW TEAM - Via Ghiretti 2 - 43100 Parma (Italia)
Sistemazione alberghiera
La prenotazione alberghiera è stata affidata a “NEW TEAM”. Tutti i congressisti interessati sono
pregati di inviare direttamente a “NEW TEAM” il modulo compilato per la prenotazione con il
pagamento di una caparra.
Per ulteriori informazioni rivolgersi a:
NEW TEAM - Via Ghiretti 2 - 43100 Parma (Italia)
Tel. (0521) 293913 - Fax (0521) 294036
ALBERGHI CONSIGLIATI A RICCIONE
Cat.
HOTEL
Singola
Doppia
★★★★
LE CONCHIGLE
Viale D’Annunzio, 227 - Sede Congresso
Tel. 0541/640422
115.000 ITL.
180.000 ITL.
★★★
KENT
Viale D’Annunzio, 110 - 500 mt. dalla sede
Tel. 0541/646594
70.000 ITL.
120.000 ITL.
★★★
MEETING
Viale D’Annunzio, 221 - Riccione
Tel. 0541/642065
90.000 ITL.
Doppia
uso singolo
115.000 ITL.
I prezzi si intendono per camera con trattamento di pernottamento e prima colazione.
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27° Incontro SCIVAC
PROBLEMI IN OSTETRICIA, GINECOLOGIA E PEDIATRIA
PISA, 17-19 MARZO 1995
La scheda di prenotazione alberghiera va inviata alla Segreteria Organizzativa entro il 15 maggio
1995, unitamente ad una caparra pari ad un pernottamento a persona. Tale termine è tassativo. Non
saranno prese in considerazione prenotazioni prive di relativa caparra o prenotazioni spedite dopo
il 15 maggio 1995.
Si prega di indicare l’Hotel prescelto ed un secondo nel caso il primo fosse esaurito. La prenotazione di camera singola sarà effettuata ad esaurimento dopodiché saranno attribuite camere doppie
uso singolo.
Le disdette pervenute entro i 15 giorni precedenti la data del Congresso avranno diritto all’80% di
rimborso; nessun rimborso sarà dovuto se la disdetta perverrà oltre tale termine
Altre possibilità di sistemazione
ALTRI ALBERGHI A RICCIONE (Prezzi da confermare)
Cat.
HOTEL
Singola
Doppia
★★
PUCCINI
Via Puccini - 2 km dalla sede
Tel. 0541/646126
40.000 ITL.
70.000 ITL.
★★
FANTASY
Via Puccini - 2 km dalla sede
Tel. 0541/600851
40.000 ITL.
70.000 ITL.
I prezzi si intendono per camera con trattamento di pernottamento e prima colazione.
Per ulteriori possibilità di sistemazione in zona si consiglia di contattare gli APT locali di cui vengono riportati i numeri telefonici:
Ufficio Informazioni Turistiche di Riccione
Tel. 0541/605627
Azienda di Promozione Turistica di Rimini
Tel. 0541/51101
Camping Maximum International Miramare di Rimini
(500 mt. dalla Sede congressuale)
Tel. 0541/372602-370271-370270
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EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
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PROGRAMMA
SCIENTIFICO
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RELATORI
JEANNE BARSANTI
Jeanne Barsanti si è laureata al New York State College nella Facoltà di Medicina Veterinaria
presso la Cornell University nel 1974. Seguì un intership, conseguì un Master’s Degree in
Medicina dei Piccoli Animali e il primo anno di residency (diploma) di medicina interna
all’Auburn University nell’Alabama. Completò il residency in medicina interna presso la
University of Georgia.
Dal 1977 divenne un membro del Dipartimento della facoltà di Medicina dei Piccoli Animali presso l’Università della Georgia. Attualmente ricopre il ruolo di professore ed ha congiuntamente una
nomina nel Dipartimento di Psicologia e Farmacologia. Ha ottenuto la specializzazione in
Medicina Interna presso l’American College of Veterinary Internal Medicine e ha prestato la sua
attività presso la Board of Regent of the ACVIM per 11 anni.
Ha scritto numerose pubblicazioni nell’ambito della medicina interna, urologia, nefrologia e malattie canine della prostata. È coautore di un testo (Trattamento chirurgico e urologico nel cane e nel
gatto, Lea & Febiger) ed è editrice della sezione urinaria per il Current Veterinary Therapy by
Bonagura and Kirk. Le sono stati assegnati diversi premi per la ricerca e l’insegnamento, incluso
l’Harden Award.
MARCO CALDIN
Laureato a Bologna con una tesi in “Diagnostica Strumentale nella Cardiologia dei Piccoli
Animali”. Ha rivestito il ruolo di coordinatore del gruppo di studio SCIVAC di “Diagnostica per
immagini” negli anni 1988/89 e 1990. Ha partecipato come relatore al 16° Congresso Nazionale
SCIVAC “Dal segno clinico alla diagnosi” presentando l’approccio diagnostico all’ittero.
Attualmente è coordinatore del gruppo di studio SCIVAC di medicina interna. Il Dott. Marco
Caldin esercita come libero professionista a Padova presso la Clinica Veterinaria San Marco.
“Membro del Consiglio Direttivo SCIVAC per il triennio 1995-1998”.
URS GIGER
Urs Giger si è laureato all’Università di Zurigo dove ha anche compiuto un tirocinio iniziale in
medicina e chirurgia dei piccoli animali.
Trasferitosi negli Stati Uniti agli inizi degli anni ’80, Giger ha completato un residency in medicina dei piccoli animali all’Università della Florida diplomandosi all’American College of
Veterinary Internal Medicine nel 1986.
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Attualmente lavora alla School of Veterinary Medicine of the University of Pennsylvania come
Associate Professor of Medicine and Medical Genetics.
Le sue principali aree di interesse sono le malattie ematologiche e genetiche nei piccoli animali.
Il dr. Giger ha pubblicato oltre cento articoli ed ha conseguito il Medicine Academic Award da
parte del National Institutes of Health.
Il dr. Giger ha anche un incarico all’Università di Zurigo ed è un “founding diplomate”
dell’European College of Veterinary Internal Medicine.
CRAIG E. GREENE
Department of Small Animal Medicine
College of Veterinary Medicine - University of Georgia
Athens, GA 30602
Craig Greene conseguì la sua laurea all’Università della California nel 1973 e ricoprì il ruolo di
assistente presso la Cornell University. Egli proseguì all’Università di Auburn e conseguì un MS
grado nel 1976.
Divenne un membro della Facoltà Clinica dell’Università della Georgia fino al 1976 dove egli è
attualmente un professore del Dipartimento di Medicina dei Piccoli Animali. È Diplomato
all’American College of Veterinary Internal Medicine, Specialista di Medicina Interna e Neurologia.
Ha scritto numerose pubblicazioni scientifiche e di ricerca nell’ambito della medicina interna, neurologia, coagulazione del sangue e malattie infettive. Il suo più recente libro è “Casi clinici microbiologici e malattie infettive nel gatto e nel cane” pubblicato da W.B. Saunders nel 1990.
GEORGE LUBAS
Professore Associato di Ematologia ed Immunologia Clinica Veterinaria
Istituto di Clinica Medica Veterinaria
Viale delle Piagge 2 - Università di Pisa, 56124 Pisa
George Lubas ha conseguito, presso l’Università di Pisa, la laurea in Medicina Veterinaria nel
1975 e la specializzazione in Malattie dei Piccoli Animali nel 1977. Dal 1976 al 1978 ha beneficiato di una borsa di studio del CNR e nel 1979 ha vinto il concorso di Assistente Ordinario per la
Clinica Medica Veterinaria. Dal 1983 è stato nominato professore Associato di Ematologia Clinica
Comparata, posizione che tutt’ora ricopre a tempo pieno. Dal 1984 è anche docente presso la
Scuola di Specializzazione in Malattie dei Piccoli Animali per il settore di Genetica orientato alle
malattie ereditarie.
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La carriera scientifica è documentata da oltre un centinaio di pubblicazioni sulla immunoematologia e sull’ematologia clinica del cavallo, cane, gatto e bovino. Dal 1990 è coordinatore della sezione di Diagnostica di Laboratorio nel gruppo di Medicina Interna della SCIVAC.
TIM WATSON
Tim Watson si è laureato alla Royal Dick School of Veterinary Studies all’Università di
Edimburgh nel 1987.
Dopo un breve periodo di attività nella clinica dei piccoli animali egli si è associato al Department
of Veterinary Medicine a Glasgow, dove ha ottenuto la posizione di Senior Postdoctoral Fellow.
Tim Watson si è associato al Waltham Centre per l’alimentazione animale nel 1994 come dietologo.
I suoi interessi clinici e nell’ambito della ricerca sono concentrati nella sfera delle malattie metaboliche degli animali da compagnia, in particolare l’obesità e i disordini del metabolismo lipidico.
Tim Watson ricevette il suo PhD nel 1992, the “Equine Veterinary Journal Open” nel 1992 e il
Fournier UK Lipidology Research nel 1994. Ha pubblicato oltre 30 articoli su riviste di rilevanza
internazionale e collabora con il nuovo Kirk’s Current Veterinary Therapy XII, ed ha curato l’uscita del Journal of Small Animal Practice sui disordini dei lipidi.
Tim Watson è attualmente il Segretario Scientifico della Animal Clinical Chemistry Association.
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PROGRAMMA SCIENTIFICO
PRIMO GIORNO:
GIOVEDI, 22 GIUGNO 1995
8.30 Registrazione dei partecipanti e distribuzione della documentazione congressuale
9.30 Saluto del Consiglio Direttivo SCIVAC ai partecipanti e inaugurazione del Congresso
PRIMA SESSIONE:
EMATOLOGIA CLINICA
9.45 URS GIGER
Alterazioni degli eritrociti
Esami di laboratorio per la tipizzazione dell’anemia. Morfologia e rigenerazione
eritrocitaria Approccio, diagnosi e terapia dell’anemia.
11.15 Discussione
12.30 CRAIG E. GREENE
Alterazioni dei globuli bianchi
Interpretazione del leucogramma,
situazioni che comportano leucopenia, situazioni che comportano leucocitosi, valutazione
del tipo e del grado di modificazione cellulare.
13.30 Discussione
14.30
Interruzione
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SECONDO GIORNO:
VENERDI, 23 GIUGNO 1995
9.00 URS GIGER
Alterazioni delle piastrine
Trombocitopenia immunomediata, Ehrlichiosi.
Test da usare nella clinica pratica per la valutazione del sanguinamento. Presentazione di
casi clinici.
9.45 CRAIG E. GREENE
Alterazioni dei processi di coagulazione
Disordini acquisiti a carico dei fattori della coagulazione, caratteristiche dell’emorragia
come indizio della causa sottostante, esami di laboratorio più accessibili.
11.00 Discussione
11.30
Pausa caffè
12.00 URS GIGER
Principali malattie ereditarie del sangue
Difetti eritrocitari che causano emolisi, immunodeficienze primarie dovute ad anomalie
dei neutrofili o dei linfociti, coagulopatie, malattia di Von Willebrand, difetti funzionali
delle piastrine.
13.00 GEORGE LUBAS
Terapia trasfusionale: L’esperienza italiana
Principi di base per un corretto impiego dell’emotrasfusione. Identificazione dei donatori.
Tipi di prodotti emotrasfusionali e
loro applicazione. Situazione emotrasfusionale in Italia.
13.30 Discussione
14.30
18
Interruzione
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SECONDA SESSIONE:
DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
TERZO GIORNO:
SABATO, 24 GIUGNO 1995
9.00 JEANNE BARSANTI
Alterazioni degli equilibri fluido-elettrolitici e acido-base
Gli esami di laboratorio per l’identificazione delle modificazioni dell’equilibrio idroelettrolitico e per la migliore scelta di una terapia mirata.
10.15 JEANNE BARSANTI
Profilo pancreatico (quadri acuto e cronico)
Patologie infiammatorie acute e patologie croniche congenite o distruttive. Quali sono le
indagini di laboratorio per una rapida identificazione e differenziazione con altre
patologie.
11.00 Discussione
11.30
Pausa caffè
12.15 MARCO CALDIN
Profilo epatico
Valutazione delle principali alterazioni emocromocitometriche, biochimiche ed urinarie
in corso di affezione epatobiliare. In particolare ALT, SAP, GGT, Bil. totale, Alb, BUN,
Colesterolo, Glucosio. Esami di approfondimento: Ammoniemia, Acidi biliari ed
isoenzimi della fosfatasi alcalina. Uso dei risultati di laboratorio in un contesto clinico.
13.30 Discussione
14.00
Interruzione
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EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
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QUARTO GIORNO:
DOMENICA, 25 GIUGNO 1995
9.00 CRAIG E. GREENE
Profilo endocrino
Iperadrenocorticismo endogeno ed esogeno nel cane e nel gatto, test ormonali specifici
per la differenziazione e il riconoscimento dei fattori causali; ipoadrenocorticismo
spontaneo.
10.00 TIM WATSON
Valutazione dello stato nutrizionale dalle indagini di laboratorio di routine
Le indagini di laboratorio come mezzo per l’identificazione di squilibri nutrizionali o di
patologie che rispondono a diete particolari.
10.45 Discussione
11.15
Pausa caffè
11.45 JEANNE BARSANTI
Profilo renale
Parametri da considerare per valutare la funzionalità renale. Il profilo renale come
mezzo per riconoscere la gravità e la cronicità delle patologie in atto, nonché per
individuare la terapia richiesta e monitorare la risposta a questa.
13.15 Discussione
13.30 Termine del Congresso
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EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995
Urs Giger
PD, Dr. Med. Vet., MS, FVH
Associate Professor of Medicine
and Medical Genetics
Alterazioni degli eritrociti
Giovedì, 22 giugno 1995, ore 9.45
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NOTE
RIASSUNTO
L’anemia è uno dei segni clinici di più comune riscontro, che compare in associazione con una gran varietà di
affezioni, sia ematologiche che di altro tipo. Attraverso gli
esami di laboratorio di routine è possibile caratterizzare le
varie forme di anemia sulla base della morfologia e della
rigenerazione eritrocitaria. Le perdite di sangue, l’emolisi
e la riduzione o la mancanza di efficacia dell’emopoiesi
sono i principali meccanismi patogenetici delle anemie da
cause infettive, tossiche ed immunomediate o dovute ad
anomalie di altri organi. Nel presente lavoro vengono illustrati, anche attraverso la presentazione di casi clinici,
l’approccio, la diagnosi e la terapia specifica di queste
affezioni, nonché i principi del supporto trasfusionale.
SEGNI CLINICI
L’anemia è un segno clinico o un riscontro di laboratorio molto comune, ma non è una diagnosi, dal momento
che non costituisce una specifica malattia. I segni clinici
manifestati dal paziente sono dovuti alla riduzione della
capacità di trasporto di ossigeno e del volume ematico, alla
malattia primaria ed alle modificazioni compiute dall’organismo per aumentare l’efficienza dell’eritrone. La gravità
di tali manifestazioni dipende dalla loro rapidità di insorgenza, dall’entità e dalla causa dell’anemia e dal grado di
attività fisica del paziente. Il segno clinico classico è il pallore delle mucose, ma possono essere presenti anche altre
manifestazioni specifiche dovute all’emorragia (sede del
sanguinamento) o all’emolisi (ittero e pigmenturia). I segni
clinici aspecifici comunemente riscontrati sono rappresentati da debolezza, vasocostrizione periferica, intolleranza
all’attività fisica, tachicardia con soffio sistolico e shock
ipovolemico. La tachipnea non è una manifestazione tipica
dell’anemia, ma può indicare un’affezione polmonare
associata al problema ematologico.
RISULTATI DEGLI ESAMI DI LABORATORIO
Nel cane e nel gatto, il volume ematico è approssimativamente pari all’8% del peso corporeo. Il volume ematico
relativo dipende da età dell’animale, dimensioni della
22
milza e stato di idratazione. La disidratazione può mascherare l’anemia. La gravità di quest’ultima viene valutata
sulla base di ematocrito, emoglobinemia e numero di eritrociti. Risultano molto utili l’esame emocromocitometrico
completo (emogramma) e l’accurata valutazione citologica
di uno striscio di sangue periferico.
NOTE
CLASSIFICAZIONE DELLE ANEMIE
Le anemie possono essere distinte in base alle caratteristiche morfologiche degli eritrociti, alla risposta midollare
ed ai meccanismi fisiopatologici coinvolti.
Indici eritrocitari: in questo caso, la classificazione si
basa sulla determinazione di volume globulare medio
(MCV) e concentrazione emoglobinica globulare media
(MCHC), nonché sulle modificazioni di forma degli eritrociti.
Anemia normocitica-normocromica: è il tipo più comune, di solito scarsamente rigenerativa, è associata a molte
malattie croniche e non fornisce alcuna indicazione sulla
sua fisiopatologia.
Anemia macrocitica: è caratterizzata da eritrociti di
grandi dimensioni (aumento del MCV) e può essere normoo ipocromica. Nella maggior parte dei casi, l’aumento del
MCV è dovuto alla presenza di reticolociti ed eritrociti giovani, che sono anche responsabili di un lieve calo della
MCHC. Altre cause di macrocitosi sono l’anemia FeLVcorrelata, la diseritropoiesi e la stomatocitosi.
Anemia microcitica-ipocromica: l’entità della microcitosi (calo del MCV) e dell’ipocromasia (calo della MCHC)
è di entità variabile. L’ipocromasia risulta meglio valutabile attraverso l’osservazione di uno striscio di sangue periferico, mentre la microcitosi viene identificata attraverso la
misurazione del MCV. La causa più comune di questo tipo
di anemia è la carenza di ferro da perdita ematica cronica.
Altre cause di microcitosi sono gli shunt epatici; la condizione è inoltre caratteristica dell’akita e delle altre razze
canine giapponesi.
Conteggio dei reticolociti: i reticolociti vengono
visualizzati impiegando le colorazioni vitali che spingono i
ribosomi degli eritrociti immaturi ad ammassarsi. Nei normali strisci ematici, questi elementi appaiono sotto forma
23
NOTE
di cellule policromatofile. I reticolociti non divengono evidenti fino al terzo giorno successivo all’insorgenza
dell’anemia. La reticolocitosi può essere espressa in diversi modi:
– % di reticolociti (non corretta), stabilita identificando 500-1000 eritrociti in uno striscio di sangue;
– conteggio corretto dei reticolociti (%) = (% di reticolociti x ematocrito rilevato)/45 [37 nel gatto]; permette
di correggere il valore ottenuto in base all’entità dell’anemia. In condizioni normali, deve risultare < 0,5%;
– conteggio assoluto dei reticolociti = % di reticolociti
x numero di eritrociti/100. Normale: < 50.000/µl;
– indice di produzione dei reticolociti = conteggio
corretto dei reticolociti/fattore di maturazione (1 se l’ematocrito è del 45%, 1,5 se è 35%, 2 se è 25%, 2,5 se è 15%).
Tale indice in condizioni normali risulta inferiore ad 1 e
permette di valutare l’immissione in circolo di elementi
prematuri;
– reticolociti aggregati e puntati nel gatto: quelli di
tipo aggregato sono simili ai reticolociti del cane. Quelli
puntati presentano pochi granuli basofili (< 10) e possono
rimanere in circolo per 3-4 settimane.
L’anemia può poi essere classificata in base all’entità
della produzione di eritrociti, stabilita attraverso il conteggio dei reticolociti e l’esame del midollo osseo.
Anemia rigenerativa: il conteggio dei reticolociti
risulta aumentato (> 50.000/µl, indice di produzione dei
reticolociti > 1, conteggio corretto > 0,6%). Il midollo
osseo presenta un’iperplasia eritroide (basso rapporto mieloide:eritroide) o generalizzata. L’anemia rigenerativa si ha
in seguito alla perdita di eritrociti per emorragia o emolisi.
La presenza di globuli rossi nucleati non è un buon indice
di rigenerazione.
Anemia non rigenerativa: si ha quando, pur in presenza di uno stato di anemia, il numero dei reticolociti risulta
ridotto (si può anche avere un’anemia scarsamente rigenerativa). In genere, l’anemia è di tipo normocitico-normocromico e gli eritrociti sono di solito normali sia per quanto riguarda l’aspetto che la durata media della vita.
L’esame del midollo osseo è sempre indicato e può rivelare
l’esistenza di ipoplasia (ridotta eritropoiesi) o iperplasia
(eritropoiesi inefficace), associate o meno ad alterazioni di
24
altri elementi midollari o ematici. Le anemie refrattarie
sono di tipo non rigenerativo, solitamente lievi o moderate
ed associate al riscontro di un numero di leucociti e piastrine normale o aumentato, che suggerisce che l’insuccesso
dell’eritropoiesi sia dovuto a cause extra-midollari, come
avviene nell’anemia da malattia cronica e in quella da
nefropatia o nei disordini endocrini. Le anemie aplastiche
sono caratterizzate da pancitopenia (anemia, leucopenia e
trombocitopenia) associata ad un quadro di ipoplasia o
aplasia midollare, che suggerisce un’alterazione intramidollare causata da radiazioni, agenti chimici (estrogeni
nel cane, chemioterapia), infezioni (FeLV, ehrlichiosi) o
disordini linfo- o mieloproliferativi.
NOTE
ANEMIA DA PERDITA EMATICA
Perdita iperacuta: le perdite di sangue di entità significativa che si verificano nell’arco di minuti od ore sono
causa di ipovolemia, shock ed anche morte improvvisa se
il volume ematico viene ridotto al 60-70% della norma. Di
solito, è possibile individuare un sanguinamento evidente
(di origine traumatica o chirurgica) associato ai segni clinici dello shock ipovolemico. L’ematocrito e le proteine totali possono essere normali, ma non riflettono la gravità del
processo in atto. È necessario impedire ogni ulteriore perdita di sangue ed instaurare prontamente e rapidamente
un’aggressiva terapia reidratante mediante soluzioni elettrolitiche bilanciate.
Perdita ematica acuta: le perdite ematiche significative che si verificano nell’arco di ore o giorni provocano una
grave anemia. Si verifica uno spostamento di liquidi dallo
spazio extravascolare ed entro 3 giorni compare una risposta midollare (reticolocitosi). Piastrine e leucociti possono
risultare moderatamente aumentati. La triade costituita da
anemia, ipoproteinemia e reticolocitosi è considerata patognomonica di emorragia esterna acuta. Oltre ad evitare le
ulteriori perdite ematiche e trattare l’affezione primaria
(come i disordini piastrinici sistemici o le coagulopatie),
può essere necessario ricorrere alle trasfusioni di sangue se
l’ematocrito scende al di sotto del 15-20% e l’animale
mostra segni di ipossia.
Volume (ml) = 2 × aumento dell’ematocrito × peso corporeo (kg)
25
NOTE
Perdita ematica cronica = anemia da carenza di
ferro: le perdite ematiche croniche sono solitamente dovute a emorragie gastroenteriche (somministrazione di farmaci, neoplasie), parassitosi (pulci, anchilostomi), neoplasie
caratterizzate da sanguinamento cronico e trombocitopenia
cronica. Due ml di sangue contengono circa 1 mg di ferro,
che corrisponde esattamente alla quantità assorbita ed
escreta quotidianamente nei piccoli animali. La carenza di
ferro può anche essere dovuta all’inadeguata assunzione di
questo elemento negli animali giovani ed in quelli affetti
da sindromi di malassorbimento. Nella perdita ematica
cronica i segni clinici possono anche essere poco evidenti,
dal momento che l’organismo dell’animale va incontro ad
un notevole processo di adattamento, ma sono comunque
rappresentati da pallore delle mucose, intolleranza all’esercizio fisico ed eventualmente melena, presenza di ectoparassiti e pica. L’anemia è tipicamente di tipo microcitico
ipocromico e scarsamente rigenerativa. È presente un’iperplasia eritroide con arresto della maturazione ed assenza di
ferro evidenziabile a livello midollare con le colorazioni
normalmente impiegate allo scopo (blu di Prussia). È
comune la trombocitosi, che può essere grave. Gli animali
colpiti presentano bassi valori di sideremia e normale
capacità totale di legare il ferro.
La terapia consiste nel 1) impedire le ulteriori perdite
ematiche (mediante antielmintici, controllo delle pulci,
ecc.), 2) effettuare trasfusioni di sangue con emazie concentrate o sangue intero (eventualmente conservato) e 3)
somministrare un’integrazione di ferro mediante solfato
ferroso per os (10 mg/kg una volta al giorno), iniezioni di
ferro destrano (10-50 mg IM) in caso di necessità e trasfusioni di sangue. La risposta alla terapia è buona, ma lenta,
e richiede un’integrazione prolungata.
ANEMIE EMOLITICHE
Le anemie emolitiche sono dovute all’accelerazione
della distruzione eritrocitaria, che avviene principalmente
a livello extravascolare mediante fagocitosi degli eritrociti
da parte dei macrofagi e, più raramente, in sede intravasale, come conseguenza delle alterazioni della permeabilità
di membrana o della frammentazione cellulare. Nel cane,
l’emolisi immunomediata è la forma più comune e può
essere primaria (idiopatica), anche nota col nome di ane-
26
mia emolitica autoimmune, oppure secondaria ad infezioni, somministrazioni di farmaci o neoplasie. Altre cause di
anemia emolitica da prendere in considerazione sono i
difetti ereditari degli eritrociti, che vengono identificati
con sempre maggiore frequenza, le emolisi indotte da
agenti chimici come l’anemia a corpi di Heinz e la metemoglobinemia (cipolle, zinco) e quelle di origine batterica
(leptospirosi) e parassitaria (babesiosi, emobartonellosi,
sindrome della vena cava). In questa sede verranno illustrati i test ematologici ed i metodi terapeutici da impiegare nei pazienti con anemie emolitiche, anche attraverso la
presentazione di casi clinici, sottolineando alcuni argomenti attualmente oggetto di controversie.
Le anemie emolitiche sono più comuni durante i mesi
primaverili ed estivi. Oltre alle abituali manifestazioni
dell’anemia ed ai segni clinici dell’affezione primaria, si
riscontrano tipicamente emolisi e pigmenturia, e nei casi
gravi anche ittero, che impongono la differenziazione della
condizione dalle epatopatie. Si riscontrano costantemente
bilirubinuria e bilirubinemia di grado variabile, mentre
l’emoglobinuria, pur essendo presente solo in modo transitorio, è patognomonica di emolisi intravascolare, quale si
osserva in caso di avvelenamento da zinco e negli springer
spaniel inglesi con carenza di fosfofruttochinasi eritrocitaria. Le anemie emolitiche sono di solito ben rigenerative,
con un numero elevato di reticolociti (3-90%); tuttavia,
durante gli stadi acuti (3-4 giorni), possono sembrare non
rigenerative. In una recente indagine, un terzo della totalità
dei cani con anemia emolitica autoimmune presentava, al
momento della visita, un’anemia non rigenerativa. Le anomalie della morfologia eritrocitaria possono fornire indicazioni utili a sospettare determinate cause di emolisi, come
la presenza di schistociti, sferociti, corpi di Heinz ed emoparassiti. Il riscontro di agglutinazione macro- o microscopica dopo lavaggio con soluzione fisiologica, marcata sferocitosi e/o positività al test di Coombs diretto è caratteristico dei processi immunomediati, ma non permette di differenziare le forme primarie da quelle secondarie. Si deve
far eseguire da un laboratorio affidabile il test di Coombs
diretto con IgG ed IgM specie-specifiche e complemento. I
risultati inizialmente non sono influenzati da corticosteroidi o trasfusioni. L’isoeritrolisi neonatale felina e le reazioni
trasfusionali emolitiche acute sono causate da alloanticorpi
ad insorgenza spontanea. Nel cane, gravi emolisi acute da
reazioni trasfusionali si osservano nei pazienti DEA 1.1
NOTE
27
NOTE
28
negativi che ricevono sangue DEA 1.1 positivo dopo essere stati sensibilizzati da una precedente trasfusione con
sangue dello stesso gruppo (DEA 1.1).
Inoltre, è possibile eseguire i test sierologici per l’identificazione della babesiosi (piroplasmosi). L’esame radiografico dell’addome può rivelare la presenza all’interno
dello stomaco di oggetti metallici, come le monete, che
possono essere una fonte di zinco e, quindi, indurre emolisi; l’anamnesi può indicare altre intossicazioni. In rari casi,
nei giovani Bedlington terrier si osservano crisi emolitiche
da avvelenamento da rame. Inoltre, in certe razze sono stati
identificati specifici difetti ereditari degli eritrociti, come
la carenza di piruvatochinasi e fosfofruttochinasi, che però
richiedono l’esecuzione di specifici test eritrocitari per la
formulazione della diagnosi. Quindi, in tutti i casi di anemia emolitica, la causa deve essere identificata.
Gli animali in condizioni critiche e quelli gravemente
anemici che mostrano segni di ipossia possono richiedere
un’immediata trasfusione di sangue. Nel cane, la prima
trasfusione dovrebbe essere sempre compatibile, dal
momento che in questa specie animale non vi sono alloanticorpi ad insorgenza spontanea clinicamente importanti.
Ogni volta che sia possibile, si deve trattare la causa primaria ed eliminare ogni eventuale agente scatenante. Ad
esempio, nei cani con monetine o bulloni nello stomaco
può essere necessaria la rimozione chirurgica. La piroplasmosi va trattata con il diminazene, mentre per l’emobartonellosi, che si osserva nei gatti e nei cani splenectomizzati,
è indicata l’ossitetraciclina. Nell’anemia emolitica autoimmune, è necessario sopprimere l’attività dei macrofagi e
della risposta immunitaria. Il principale intervento terapeutico a questo scopo è la somministrazione di prednisolone
(alla dose di 2-4 mg/kg suddivisi ad intervalli di 12 ore) o,
inizialmente, desametazone (in dose equivalente). La posologia di partenza va poi gradualmente ridotta (in misura
non superiore ad 1/3 ogni 1-2 settimane) per arrivare alla
somministrazione a giorni alterni per settimane o mesi. Nei
casi di autoagglutinazione fulminante e di emolisi intravascolare, nonché nelle recidive dell’anemia emolitica
autoimmune, ai corticosteroidi è possibile associare la
ciclosporina, l’azatioprina, la ciclofosfamide o il danazolo
ed infine, quale ultima risorsa, si può ricorrere alla splenectomia. Nei cani gravemente anemici, le trasfusioni di
sangue si sono dimostrate capaci di salvare la vita del
paziente. Ciò vale anche in caso di anemia emolitica
autoimmune, che non viene aggravata dall’infusione di
sangue esogeno. È invece improbabile che risulti utile
l’apporto di ossigeno. Un’altra alternativa può essere rappresentata dall’iniezione endovenosa di immunoglobuline
umane. Gli animali trattati devono essere strettamente
monitorati per rilevare le risposte e gli effetti collaterali
determinati dalla terapia. Nella maggior parte dei casi, il
trattamento dei pazienti con anemie emolitiche risulta soddisfacente.
NOTE
Tabella
Ematocrito
Emoglobina (Hb)
Eritrociti
Reticolociti
Volume globulare medio (MCV)
Emoglobina globulare media (MCH)
Concentrazione emoglobinica globulare media (MCHC)
Piastrine
Leucociti
Neutrofili segmentati
Neutrofili non segmentati
Linfociti
Monociti
Eosinofili
Basofili
Rapporto mieloide:eritroide (M/E)
Proteine plasmatiche (mediante refrattometria)
Fibrinogeno plasmatico (precipitazione con calore)
Unità di misura
Cane
Gatto
%
g/dl
n × 106/µl
%
fl
pg
g/dl
n × 105/µl
n/µl
(%) n/µl
(%) n/µl
(%) n/µl
(%) n/µl
(%) n/µl
(%) n/µl
37-55
12-18
5,5-8,5
0-1,5
60-77
19,5-24,5
32-36
2-9
4.000-17.000
(60-77) 3.000-11.400
(0-3) 0-300
(12-30) 1.000-4.800
(3-10) 150-1.350
(2-10) 100-750
Rari
0,75-2,4/1,0
6,0-7,5
150-300
30-45
8-15
5,0-10,0
0-1,0
39-50
13,0-17,0
30-36
3-7
5.500-19.500
(35-75) 2.500-12.500
(0-3) 0-300
(20-55) 1.500-7.000
(1-4) 0-850
(2-12) 0-750
Rari
0,6-3,9/1,0
6,0-7,5
150-300
g/dl
mg/dl
29
28° Congresso SCIVAC
EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995
Craig E. Greene
Department of Small Animal Medicine
College of Veterinary Medicine
University of Georgia
Athens, GA 30602
Alterazioni dei globuli bianchi
Giovedì, 22 giugno 1995, ore 12.30
31
NOTE
RIASSUNTO
Il leucogramma, che costituisce uno degli esami di
laboratorio richiesti con maggiore frequenza, viene utilizzato per stabilire la presenza di disordini a carattere
infiammatorio nell’organismo. Sfortunatamente, i risultati
di questo test possono essere interpretati erroneamente. La
leucopenia comporta una riduzione del numero di tutti i
leucociti ed è generalmente associata a grave distruzione,
eccessivo consumo o ridotta produzione midollare o linfoide di questi elementi. Il loro incremento può invece essere
dovuto a eccitazione, stress e processi infiammatori generalizzati o localizzati. Analizzando il tipo e l’entità delle
alterazioni cellulari, il clinico è spesso in grado di stabilire se il processo è acuto o cronico oppure localizzato o
tendente alla generalizzazione. Alcune specifiche modificazioni del leucogramma possono suggerire determinate
cause primarie.
DEFINIZIONE:
ALTERAZIONE DI TUTTI GLI ELEMENTI
CELLULARI NUCLEATI DEL SANGUE
A. Neutrofili
1. Funzioni
a. Fagocitosi ed idrolisi enzimatica
b. Risposta a fattori chemiotattici
c. Equilibrio fra offerta e richiesta
d. Midollo
Sangue
proliferazione → maturazione → pool circolante →
pool marginale
2. Neutrofilia
a. > 11.500 nel cane e > 12.500 nel gatto
b. Valutare le cause
(1) Fisiologiche
(a) Aumentata attività muscolare
(b) Aumento della pressione ematica
(c) Mobilizzazione del pool marginale
(d) Rilascio di adrenalina nei gatti sotto stress
(2) Stress
(a) Riduzione della marginazione indotta dai
glucocorticoidi
(b) Minimo spostamento a sinistra
32
(3) Aumentata necessità
(a) Infiammazione - il numero totale dipende
dall’equilibrio fra fabbisogno ed apporto
(b) Comune risposta midollare
(c) Valori più elevati in caso di suppurazione
localizzata
3. Neutropenia
a. Solitamente associata a leucopenia
b. Maggior rischio di infezioni batteriche
c. Cause
(1) Eccessiva utilizzazione - eccessiva richiesta
(a) Peritonite diffusa, sepsi grave
(b) Rottura di ascessi, polmonite
(c) Infezioni virali acute
(d) Cause immunologiche?
(e) Endotossiemia (sequestro)
(2) Minore produzione - affezioni midollari
(a) Infezioni virali: panleucopenia, parvovirosi,
FIV
(b) Ehrlichiosi (stadi finali)
(c) Intossicazioni da agenti chimici (estrogeni
nel cane)
(d) Neutropenia o emopoiesi cicliche da cause
genetiche
(e) Malattie mieloproliferative
i. Virus della leucemia felina (FeLV)
ii. Neoplasie FeLV-indotte
iii. Linfosarcoma del cane
NOTE
B. Monociti - macrofagi tissutali circolanti
1. Monocitosi
a. Stress (acuto) ed infiammazione acuta
b. Processi infiammatori cronici
c. Emorragie interne o emolisi
d. Affezioni immunologiche
e. Malattie granulomatose
f. Immunodeficienza dei neutrofili (quantitativa o
qualitativa)
C. Eosinofili
1. Funzioni
a. Reazioni allergiche o di ipersensibilità
b. Neutralizzazione di questi processi
2. Eosinofilia
a. Ipersensibilità acuta
33
NOTE
b. Parassitosi
(1) Gastroenteriche: anchilostomi, tricocefali, ascaridi, ecc.
(2) Polmonari: Aelurostrongylus, ascaridi
(3) Vascolari: filariosi cardiopolmonare
(4) Cutanee: demodicosi, pulci
c. Disordini specifici - infiammazioni croniche
(1) Gastroenteriche: gastroenterite eosinofilica
(2) Polmonari: eosinofilia polmonare
(3) Muscolari: polimiosite
(4) Cutanee: dermatite miliare; granuloma eosinofilico
(5) Tessuti molli: eosinofilia (cane)
d. Neoplasie
(1) Linfosarcoma
(2) Mastocitoma
(3) Neoplasie metastatiche
e. Altre
(1) Estro (alcuni cani)
(2) Malattie autoimmuni
(3) Leucemia eosinofilica
3. Eosinopenia
a. Stress, Cushing
b. Somministrazione di corticosteroidi esogeni
D. Basofili - Mast cell circolanti
1. Funzioni
a. Reazioni di ipersensibilità immediata
b. Lipoproteina-lipasi
2. Basofilia
a. Infiammazione cronica dei tessuti contenenti mast
cell (cute, polmoni, apparato genitourinario e
gastroenterico)
b. Lipemia cronica a digiuno
(1) Morbo di Cushing
(2) Ipotiroidismo
c. Eosinofilia
d. Mastocitoma
(1) Soprattutto mastocitomi polmonari
(2) Gatti anziani - mastocitosi sistemica
E. Linfociti
1. Funzioni
a. Difese immunologiche
b. La maggior parte delle forme circolanti è costituita
da elementi T
34
c. Temporanea localizzazione linfonodale
vasi linfatici e dotto toracico → vie efferenti →
entrata in circolo (20 minuti) → ritorno in circolo
2. Linfocitosi
a. Fisiologica: rilascio di adrenalina nei gatti eccitati
b. Stimolazione antigenica cronica delle cellule T infezioni o infiammazioni croniche
c. Linfosarcoma - cellule normali o anormali
3. Linfopenia
a. Corticosteroidi
(1) Endogeni
(a) Malattie stressanti
(b) Iperadrenocorticismo
(c) Esposizione a calore o freddo
(d) Crisi convulsive, shock, interventi chirurgici,
traumi
(2) Esogeni
b. Perdita linfatica
(1) Ripetuti drenaggi linfatici (chilotorace)
(2) Enteropatie proteino-disperdenti
(3) Ustioni o ferite secernenti croniche
c. Diminuita produzione
(1) Immunosoppressione
(a) Chemioterapia antineoplastica
(b) Terapie prolungate con glucocorticoidi
d. Immunodeficienze congenite
(1) Ereditarie
(2) Cimurro (neonatale)
NOTE
35
NOTE
CASI CLINICI
CASO 1
N. 142189 ............ “Cleo”, il gatto malaticcio
Segnalamento: gatto domestico a pelo corto, maschio
castrato di 2 anni.
Problema: anoressia; caso inviato dal veterinario curante.
26/2 Anamnesi: investito da un autoveicolo l’11/12: frattura della mandibola, riparata con filo metallico. Buona guarigione. Anoressia da 2 giorni.
Esame clinico: peso 6,3 kg; temperatura 41 °C. Vescica
ingrossata.
Emogrammi eseguiti dal veterinario curante:
Data
Leucociti
Neutrofili segmentati
Linfociti
Eosinofili
26/2
01/3
02/3
3.500
3.100
5.600
0
0
122
3.220
2.790
5.52
280
124
168
26/2 - 1/3 Enrofloxacin, fluidoterapia sottocutanea.
2/3 - Comunicazione col curante, passaggio alla somministrazione SC di amoxicillina ed invio il 2/3; l’animale presentava una piccola tumefazione in corrispondenza del sito
operato a livello del ramo della mandibola.
Emogramma 3/3:
Ematocrito
Eritrociti
Hgb
MCV
MCH
MCHC
45,9
10,44
15,3
44
14,7
33,3
(30-45)
(5,0-10,0)
(9,8-15,4)
(39-55)
(13,0-17,0)
(30-36)
Leucociti
11.100
Neutr. seg.
888
Neutr. non seg. 110
Linf.
8.325
Mono.
222
Eosin.
555
LEUCOCITI: marcata basofilia del citoplasma.
36
(5.500-19.500)
(2.500-12.500)
(0-300)
(1.500-7.000)
(0-900)
(0-800)
Test di malattie infettive: FeLV-test: ELISA negativo (Ag)
FIV-test: ELISA negativo (Ac)
FeLV-test: IFA negativo (Ag)
NOTE
Esame radiografico della mandibola: le immagini in
proiezione latero-laterale potevano essere riprese solo con
la sedazione;
– assenza di modificazioni ossee evidenti;
– lieve radiopacità dei tessuti molli nella zona del ramo.
Midollo osseo 3/3: numerose particelle ipercellulari; adeguati megacariociti; aumento del rapporto M/E; normale
maturazione di entrambi i tipi; assenza di cellule anomale;
iperplasia granulocitaria.
Aspirazione con ago sottile della regione della mandibola: piccolo numero di neutrofili, degenerati e non degenerati; rari cocchi intracellulari; alcuni macrofagi e fibroblasti. Interpretazione: infiammazione cronica.
Trattamento:
Fluidoterapia:
– deficit: 4,5 kg x 0,05 = 225 ml di fabbisogno;
– mantenimento: 60 ml x 4,5 kg = 270 ml/die;
– amossicillina/ac. clavulanico: 125 mg 3 volte/die.
Controlli successivi e relativi emogrammi:
Condizioni
cliniche
Leucociti Neutr. seg.
Marzo
OK
8.200
Aprile
OK
10.600
Luglio Vomito, ittero 3.700
Linf.
Eos.
23% (1800) 50% (4900) 8% (600)
40% (4200) 60% (6360)
10% (370) 80% (2960) 10% (370)
Quadro riassuntivo:
Data Temperatura Terapia in atto Leucociti Neutr. seg. Non seg.
26/2
41,1
1/3
41,1
2/3
39,4
3/3
40,0
4/3
39,4
6/3
38,9
18/3
38,3
2/4
38,9
6/7 Vomito, ittero
Enrofloxacin
3500
Enrofloxacin
3100
Ampicillina
5600
Ampicillina
11.100
Amoss./ac. clav. 10.500
Amoss./ac. clav. 9.500
Nessuno
8.200
Nessuno
10.600
Nessuno
3.700
0
0
120
888
4305
2945
1800
4200
370
0
0
0
1110
735
190
82
NA
NA
37
NOTE
CASO 2
N. 139976 ........... “Buff”, il gatto che tossiva
Problema: difficoltà di respirazione il 10/9; tricobezoari in
agosto, trattati con olio.
Anamnesi: difficoltà respiratorie da 2-3 mesi; tosse produttiva; inizialmente trattato con cefadroxil, poi sostituito
con enrofloxacin da 1 settimana. Inizialmente si è avuto un
miglioramento, poi è di nuovo peggiorato. È anche evidente un calo di peso.
Anamnesi: temperatura 39,4; polso 140; respiro 68, peso
2,5 kg. Condizioni generali scadenti, mantello rado. Feci
di pulci. Gravi rantoli in tutti i campi polmonari. Scolo
oculare mucopurulento.
Problemi: dispnea, tosse (produttiva), rantoli, “febbre”,
scolo oculare mucopurulento.
Indagini diagnostiche: per tosse/dispnea/rantoli. Emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina, radiografie toraciche, eventuale lavaggio tracheale.
Emogramma eseguito l’11/9:
Ematocrito
Eritrociti
Hgb
MCV
MCH
MCHC
Retic.
26,1
6,95
9,2
37,6
13,2
35,2
0
(30-45)
(5,0-10,0)
(9,8-15,4)
(39-55)
(13,0-17,0)
(30-36)
Leucociti
Neutr. seg.
Neutr. non seg.
Linf.
Mono.
38.200
16984
16984
3.088
1544
(5.500-19.500)
(2.500-12.500)
(0-300)
(1.500-7.000)
(0-900)
Profilo biochimico (11/9): normale ad eccezione di proteine totali = 10,6 (6,0-7,9), albumina = 1,8 (2,8-3,9) e glicemia = 148 (60-120).
Analisi dell’urina (11/9): normale, peso specifico = 1.025.
Lavaggio tracheale: numerosi neutrofili con piccoli batteri
bastoncellari, grappoli di cellule epiteliali cuboidali.
Interpretazione: infiammazione settica purulenta.
38
Elettroforesi delle proteine: proteine totali 10,7 (6,0-7,9),
albumina = 2,0, alfa = 0,9, beta1 = 0,6, beta2 = 0,4, gamma
= 6,6.
NOTE
Radiografie del torace: grave pneumopatia bronchiale ed
interstiziale con molteplici opacità nodulari disperse in
tutto il campo polmonare e tendenti a confluire in una
trama alveolare nei settori caudali. Diagnosi differenziali:
processi eosinofilici, ascessualizzazione polmonare, neoplasie polmonari.
Esami sierologici: FeLV: ELISA negativo (Ag)
FIV: ELISA negativo (Ac)
Toxo: IgM = 32, IgG = neg
Coltura endotracheale: Mycoplasma sp., Corynebacterium sp., Staphylococcus coag. positivo, Pasteurella sp.
Gli ultimi tre erano sensibili a cloramfenicolo, clindamicina, eritromicina, novobiocina, tetraciclina, enrofloxacin.
Terapia prescritta il 29/9: clindamicina (25 mg due volte
al giorno per 4 settimane), enrofloxacin (20 mg due volte
al giorno per 4 settimane), nebulizzazione 2 volte al giorno
con 3 ml di soluzione fisiologica.
Visita di controllo l’1/11: il gatto migliora ed è ancora
trattato con antibiotici; all’ascoltazione si rilevano suoni
respiratori aspri; l’animale è ancora malato, ma in via di
miglioramento; ripetizione di emogramma, profilo biochimico e radiografie toraciche.
Radiografie del torace (1/11): lieve miglioramento del
quadro polmonare; riscontro di una trama mista broncointerstiziale. Radiopacità alveolari di aspetto schiumoso.
Emogramma del 1/11:
Ematocrito
Eritrociti
Hgb
MCV
MCH
MCHC
34,8
10,1
11,7
34,3
11,5
33,6
(30-45)
(5,0-10,0)
(9,8-15,4)
(39-55)
(13,0-17,0)
(30-36)
Leucociti
9.100 (5.500-19.500)
Neutr. seg.
7826 (2.500-12.500)
Neutr. non seg.
0 (0-300)
Linf.
364 (1.500-7.000)
Mono.
91 (0-900)
Eosin.
891 (0-800)
39
NOTE
Evoluzione del caso:
2/12: sospensione dell’enrofloxacin
1/2 : sospensione della clindamicina. L’animale continua a
tossire periodicamente. L’appetito è buono.
23/7: morte improvvisa in seguito ad un episodio dispnoico.
CASO 3
N. 140282 ............ Il “Weimaraner debole”
Segnalamento: Weimaraner maschio di 1,5 anni.
Problema: anoressia, rigidità.
5/10 Anamnesi: 7 giorni prima, comparsa di anoressia e
depressione, con andatura rigida; portato dal veterinario 1
giorno dopo la comparsa dei segni clinici. Trattamento iniziale con trimethoprim-sulfamidici: peggioramento dell’appetito ed aumento della rigidità dell’andatura. 3 giorni
prima, comparsa di brividi; l’animale, portato ad una clinica di pronto soccorso, non era in grado di alzarsi. 2 giorni
prima, portato nuovamente al pronto soccorso: Rx, gentamicina ed invio a casa con la prescrizione di ampicillina
per os. 1 giorno prima, notevole peggioramento, tumefazione dei tessuti molli dei gomiti; gonfiore sulla faccia
mediale della coscia, scroto tumefatto, respiro affannoso,
scolo nasale sieroso.
Esame clinico: temperatura = 38,9, polso = 140, respiro =
32, peso = 40,5 kg. Depressione, gonfiore della parte prossimale dell’arto pelvico di sinistra. Edema della parte sinistra del torace e di entrambi gli arti anteriori. Incapace di
alzarsi senza aiuto; tachicardia sinusale, linfoadenopatia
periferica, scolo mucopurulento dalla narice di destra.
Piano diagnostico:
Aree edematose: aspirazione con ago sottile delle zone
gonfie
Tumefazione degli arti: creatinina chinasi?
Artrocentesi
40
Linfoadenopatia generalizzata: emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina; aspirazione con ago sottile
Scolo nasale: strisci per impronta; radiografie
Piressia: emogramma, profilo biochimico, analisi
dell’urina; radiografie del torace; test sierologici per
rickettsiosi e malattie da zecche; visita oculistica; emocolture
Difficoltà ad alzarsi: esame neurologico.
NOTE
Emogramma del 5/10:
Ematocrito
Eritrociti
Hgb
36,4 (35-57)
Leucociti 36.900
5,45 (4,95-7,87) Neutr. seg. 30996
12,3 (11,9-18,9) Neutr. non 2.214
seg.
MCV
66,7 (66-77)
Linf.
2.214
MCH
22,6 (21,0-26,2) Mono.
1.476
Piastrine
188
(211-621) Eosin.
0
MPV (Volume
9,1 (6,1-10,1)
piastrinico medio)
(500-14.100)
(2.900-12.000)
(0-450)
(500-2.900)
(100-1.400)
(0-1.300)
5/10 Anomalie del profilo biochimico: proteine totali 5,9
(5,4-7,5) con albumina 1,4 (2,3-3,6); fosfatasi alcalina 167
(1-114); glicemia 68 (76-119); potassio 3,8 (3,9-5,1).
5/10 Analisi dell’urina: peso specifico = 1.001; pH = 6,0;
sangue = tracce moderate.
Aspirati tissutali: lipidi liberi, eritrociti.
Linfonodi: sangue, linfociti, plasmacellule; nessun microrganismo osservabile; iperplasia linfonodale. Creatininachinasi = 436 U/l (52-368).
Esami sierologici: Borrelia: IgM = 32; IgG = 64; Febbre
maculosa delle Montagne Rocciose: IgM = < 8, IgG < 64;
Ehrlichia = neg.
Esame del fondo dell’occhio: normale.
Emocoltura: negativa.
Radiografie:
– dell’addome: lieve ingrandimento del rene sinistro, il
fegato sembra piccolo;
– del torace: aumento della radiopacità broncointerstiziale.
41
NOTE
Terapia:
Cloramfenicolo 1800 mg IV tre volte/die, 5/10 → 6/10
Clindamicina 410 mg IV tre volte/die, 7/10 → 12/10
Enrofloxacin 200 mg IV due volte/die, 8/10 → 12/10
Clindamicina 450 mg PO tre volte/die, 13/10 → 14/10.
Dimesso il 14/10
Leucogrammi successivi:
5/10
6/10
7/10
8/10
9/10
10/10
12/10
14/10
Ematocrito
43,9
36,4
37
42,4
43,6
37,8
36,1
39,4
Piastrine
269
265
307
188
226
216
315
425
Leucociti
38600
36900
40100
47100
59100
70100
43500
40200
Neutr. segm.
33582
30996
34486
39480
41961
63790
36975
32964
Neutr. non segm.
2702
2214
802
4700
13002
2804
435
2010
Linfociti
1158
2214
2005
940
2364
0
3480
3618
Monociti
772
1476
2807
1880
1773
3505
870
402
Eosinofili
0
0
0
0
0
0
0
0
Visita di controllo il 9/11: paziente vigile e vivace; sospensione delle terapie l’1/11.
Emogramma:
Ematocrito
Leucociti
Neutr. segm.
Neutr. non segm.
Linfociti
Monociti
Gas
=
=
=
=
=
=
=
50,3
11.700
7254
117
2574
585
1170
(35-55)
(5.000-14.000)
(2.900-12.000)
(0-450)
(400-2.900)
(100-1.400)
(0-1300)
Ripetizione del profilo biochimico il 9/11: proteine totali
= 7,2 (5,4 - 7,5); albumine = 2,5 (2,3 - 3,6); fosfatasi alcalina = 63 (1- 114); glicemia = 104 (76 - 119)
42
CASO 4
NOTE
N. 122856 ................ “Buster”, il gatto che vomitava
Segnalamento: gatto domestico a pelo corto, maschio
castrato di 4 anni.
Problema: anoressia e vomito.
20/2 Anamnesi:
5/2: non mangia; ha mangiato carne e fegato crudi di cervo
e sardine, oltre ad alimenti per gatti. Temperatura =
39,4. Prescritti 100 mg di cefadroxil una volta al giorno per 7 giorni, somministrando solo carne e fegato di
cervo crudi.
8/2: beve solo latte ed un po’ d’acqua. Addome dolente.
Prescritta amossicillina iniettabile, 150 mg due volte
al giorno.
9/2: non mangia, vomita. Amossicillina, fluidi, cimetidina.
15/2: non mangia; temperatura = 37,8. Amossicillina, fluidi.
16/2: non mangia, temperatura = 40. Amossicillina e clindamicina.
17/2: mangia alimenti in scatola. Amossicillina e clindamicina, dipirone, fluidi.
Esame clinico: temperatura = 40, polso 204, respirazione
40, peso 6,3 kg. Depressione del sensorio, petecchie emorragiche nelle cripte tonsillari di entrambi i lati, lieve colorazione gialla delle sclere, disagio alla palpazione addominale, scolo ceruminoso a livello auricolare.
Problemi: anoressia, vomito, febbre, sclere gialle, petecchie faringee.
Piano diagnostico: emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina, FeLV- e FIV-test, bilirubina sierica, radiografie addominali.
Emogramma del 20/2:
Ematocrito
Eritrociti
Hgb
MCV
MCH
MCHC
36
9,78
11,5
36
12
32
(30-45)
(5,0-10,0)
(9,8-15,4)
(39-55)
(13,0-17,0)
(30-36)
Leucociti
36.600 (5.500-19.500)
Neutr. seg. 34770 (2.500-12.500)
Piastrine 478.000 (200-500.000)
Linf.
732 (1.500-7.000)
Mono.
366 (0-900)
Eosin. 732 (0-800)
43
NOTE
Profilo biochimico del 20/2:
Azotemia
9
Creatininemia
1,4
Prot. totali
6,6
Albumina
3,2
Fosfatasi alcalina 21
ALT
166
(19-34)
(0,9-2,2)
(6,0-7,9)
(2,8-3,9)
(0-45)
(25-97)
Glicemia 112
Na
153
K
3,5
Cl
118
TCO2
23
AGap
12
Ca
8,9
Bilirubina
0,4
(60-120)
(146-156)
(3,7-6,1)
(115-130)
(13-21)
(7-17)
(8,7-11,7)
(0-0,2)
Test sierologici: FIV-positivo; Toxo = IgM-negativo ed
IgG = 64; FeLV-negativo.
Lavaggio peritoneale: limpido, incolore; cellule nucleate
= 100/µl; proteine < 2,0; cellule troppo scarse per un
esame adeguato (2 neutrofili nel preparato citologico).
Radiografie dell’addome: perdita di dettaglio dei margini
delle superfici sierose nella parte craniale sinistra
dell’addome, nelle sedi della milza e del pancreas.
Enzimi pancreatici: Amilasi 777 (300-2000)
Lipasi 0,03 (< 1,0)
Pasto baritato: il mezzo di contrasto passa attraverso lo
stomaco e il duodeno, con una restrizione del passaggio in
un punto situato 5 cm distalmente al duodeno.
Coprocolture: Solo E. coli; nessun isolamento di Salmonella.
22/2 Chirurgia esplorativa: restringimento ed inspessimento duro del tenue nella zona del digiuno. Eseguita resezione con anastomosi. I linfonodi mesenterici apparivano
ingrossati e sono stati sottoposti a prelievo bioptico. In
sede intraoperatoria, inserimento di una sonda da gastrostomia.
Biopsie chirurgiche:
Fegato: marcata alterazione vacuolare (di sospetta natura
lipidica), piccole zone di necrosi epatica con infiltrazione neutrofila
Interpretazione: lipidosi epatica con necrosi multifocale
dell’organo
Digiuno: parete inspessita, infiltrazione purulenta
44
Linfonodi: centri germinativi evidenti, parte midollare e
seni corticali dilatati e gonfi; interpretazione: linfoadenite.
NOTE
22/2 Terapia postoperatoria: Interferon, 3 unità al giorno
per os; Clindamicina, 75 mg tre volte al giorno.
Alimentazione tramite sonda da gastrostomia con 30 ml di
c/d e acqua quattro volte al giorno. Dimesso l’1/3.
Conclusione: lettera del cliente del 11/9:
Buster è guarito bene. A partire dall’inizio del trattamento,
ha presentato diversi episodi di perdita dell’appetito ed irrequietezza. In queste occasioni, presentava un addome più
morbido e sensibile. Questi episodi sembravano rispondere
agli antibiotici; il veterinario curante somministrava penicillina ed azimicina mediante iniezione e noi trattavamo il
gatto con 100 mg di amossicillina una volta al giorno a casa.
Attualmente, sta bene come prima che iniziasse la malattia.
A questo punto, il vomito non è un problema.
CASO 5
N. 140656 ...... Il caso del Golden retriever che incespicava
Segnalamento: Golden retriever maschio di 8 mesi.
Problema: difficoltà di deambulazione.
28/10 Anamnesi: incespica da 1 settimana, arrivando fino
al punto di non poter più usare gli arti posteriori, poi sono
stati colpiti anche gli anteriori. Inviato a casa per un finesettimana con farmaci antiinfiammatori e sedativi. Sembra
coricarsi con tutti gli arti rigidi. Mentre giace a terra i
muscoli sono tesi e gli arti anteriori sembrano talvolta presentare degli spasmi.
Ha iniziato a vomitare 12 ore dopo la somministrazione di
compresse di desametano, iniziata alcuni giorni prima (25
mg in due dosi giornaliere per os). In precedenza, ha manifestato reazioni alla vaccinazione contro la leptospirosi
(gonfiore cutaneo, orticaria, collasso), che hanno risposto
al trattamento con dimenidrinato e steroidi. (Vaccinazione
45
NOTE
anti- cimurro, epatite, leptospirosi, parvovirosi e parainfluenza effettuata 2 mesi prima).
Esame clinico: temperatura = 39,4, polso 82, respiro 48,
peso 24 kg. Lieve depressione, atassia di tutti gli arti
durante la deambulazione. Alterazioni neurologiche a
livello dei posteriori, riflessi da MNS (motoneurone superiore). Deficit delle reazioni posturali dell’arto anteriore
destro. Dolore alla manipolazione del collo ed all’apertura
della bocca.
Problemi: piressia; anomalie neurologiche; iperestesia.
Piano diagnostico: emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina. Esami sierologici per Ehrlichia, febbre
maculosa delle Montagne Rocciose, Borrelia, cimurro.
Esame radiografico della colonna vertebrale, analisi del
liquor, mielografia?
Emogramma del 29/10:
Ematocrito
Eritrociti
Hgb
MCV
MCH
MCHC
Piastrine
MPV (Volume
piastrinico medio)
44 (35-57)
Leucociti
6,22 (4,95-7,87) Neutr. seg.
15,0 (11,9-18,9) Neutr. non
seg.
71,1 (66-77)
Linf.
24,1 (21,0-26,2) Mono.
33,9 (32,0-36,3) Eosin.
233 (211-621)
8,2 (6,1-10,1)
9.700 (500-14.000)
3298 (2.900-12.000)
97
(0-300)
4.656 (400-2.900)
873
(100-1.400)
776
(0-1.300)
5/10 Anomalie del profilo biochimico:
Azotemia
Creatininemia
Prot. totali
Albumina
Fosfatasi alcalina
ACT
14
0,9
6,8
2,9
74
25
(8-28)
(0,5-1,7)
(5,4-7,5)
(2,3-3,6)
(1-114)
(76-109)
Glicemia 105
Na
146
K
4,2
CO2
22
AGap
10
Ca
10,9
(76-119)
(142-152)
(3,9-5,1)
(14-26)
(5-17)
(9,1-11,7)
28/10 Analisi dell’urina: Prelievo non effettuato! L’infermiere ha rinunciato!
46
28/12 Analisi del liquor:
Colore: incolore
Trasparenza: limpido
Eritrociti:
0
N/A Esame microscopico: 96 linfociti
Leucociti: 103 (0-5)
4 monociti
Proteine: 65,1 (15-35)
NOTE
Esame oftalmoscopico: cataratta incipiente bilaterale;
ptosi palpebrale dell’occhio sinistro.
Esami sierologici:
Prove di neutralizzazione
Cimurro: siero = 21160
= 67,5
liquor = 32
Epatite infettiva: siero = 384
= 96
liquor = 4
Esame radiografico: colonna cervicale: rimodellamento
della lamina craniodorsale di C1, con formazione di un
picco.
Coltura del liquor: nessuna crescita dopo 5 giorni.
Test IFA per la diagnosi di cimurro: ricerca degli antigeni
negativa su sangue, urina e liquor.
Problemi medici: dolore cervicale, linfocitosi, pleocitosi
mononucleare, aumento dei livelli proteici del liquor.
Esami sierologici: malattia di Lyme: IgM < 32 ed IgG <
32; febbre maculosa delle Montagne Rocciose: IgM < 8 ed
IgG = 128; Ehrlichia: IgG = 128
Esame al microscopio elettronico del liquor: negativo per
la ricerca di virus.
Terapia: doxiciclina, 100 mg due volte al giorno per 3 settimane.
47
NOTE
CASO 6
N. 107852
Segnalamento: gatto domestico a pelo corto, maschio
castrato di 1 anno.
Anamnesi: in passato, numerose zuffe con altri gatti ed
infezioni. 2 settimane prima, il proprietario è stato fuori
città ed il gatto è stato affidato ad un vicino. Al ritorno del
proprietario, si osservava un ascesso all’orecchio sinistro,
che venne drenato e guarì.
1 settimana prima il gatto è diventato letargico, rimanendo
seduto in un punto per tutto il giorno. Quando si stira,
appare rigido. Il collo sembra dolente. Polidipsia.
Esame clinico: depressione. A livello dell’orecchio sinistro è presente una ferita in via di cicatrizzazione con crosta. Dolore alla manipolazione del collo. Alito maleodorante. Dolore alla manipolazione dell’arto. Linea iperemica in corrispondenza del margine dentale.
Emogramma:
Ematocrito 40
(30-45)
TS
8,0 H
(6-7,5)
FeLV
negativo
Leucociti
15.200
Neutr. seg. 12312
Linf.
1.672
Mono.
912
Eosin.
304
Piastrine
234.000
(5.500-19.500)
(2.500-12.500)
(1.500-7.000)
(0-900)
(0-800)
Profilo biochimico:
Azotemia
Prot. totali
Albumina
Fosfatasi alcalina
SGPT
CPK
48
22
8,1
2,5
12
63
38
(19-34)
(6,0-7,9)
(2,8-3,9)
(0-45)
(25-29)
(25-30)
Glicemia 141
Na
62
K
4,4
Cl
127
TCO2
19
AGap
20
Ca
9,2
Bilirubina
0,4
(60-120)
(146-156)
(3,7-6,1)
(115-130)
(13-21)
(7-17)
(8,7-11,7)
(0-0,2)
Analisi dell’urina:
NOTE
Colore: giallo
Eritrociti: 0-5
Trasparenza: torbida
Leucociti: occasionali
pH: 7,0
Cellule epiteliali: occasionali
Peso specifico: 1065
Cilindri: rari, granulari
Proteine: neg.; Chetoni: neg; Glucosio: neg; Bilirubina: neg; Sangue
occulto: neg
Analisi del liquor: Incolore/torbido
Cellule nucleate 123/µl
Proteine
45 mg/dl
Neutrofili 94%, linfociti 1%, macrofagi 5%
Strutture non identificate di colore azzurro chiaro.
Coltura del liquor: negativa per germi aerobi e miceti.
Terapia:
28/4 Prelievo di liquor; ampicillina sodica + fluidoterapia
IV; temperatura 40
29/4 Prosegue il trattamento con ampicillina; la temperatura è di 40,5 al mattino e 38,9 al pomeriggio.
Depressione post-anestesia; l’iperestesia persiste
30/4 Temperatura 40, depressione; continua l’infusione di
ampicillina IV
1/5 Il gatto appare più vigile, mangia. Il proprietario pone
limiti economici. Dimesso con prescrizione di amossicillina/ac. clavulanico, 125 mg tre volte al giorno per 7
giorni. Si prevede di passare alla somministrazione di
trimethoprim-sulfamidici dopo una settimana
Nuovo ricovero il 5/5: rifiuta il cibo, alimentazione forzata. Depressione, letargia. Dolore alla manipolazione. Il
proprietario parla di eutanasia.
Terapia 5/5 (3 kg): clindamicina 15 mg/kg 3 volte/die PO o …
Trimethoprim-sulfamidici, 30 mg/kg suddivisi in due dosi
giornaliere?
Risposta alla terapia:
5/5 Clindamicina, 50 mg/kg, tre volte al giorno; temperatura 39,6
6/5 La depressione persiste, ma la dolorabilità è minore;
temperatura = 38,9
7/5 Buone condizioni, dolore notevolmente ridotto, temperatura 39,5
8/5 Animale quasi normale, lieve dolore toracolombare;
temperatura = 38,7; dimesso.
49
NOTE
CASO 7
N. 91050
Segnalamento: beagle maschio di 1 anno.
Anamnesi: Nascita: Dicembre ’81.
Aprile ’82: inizio del programma vaccinale ed antielmintico
Maggio ’82: visita per il richiamo della vaccinazione, temperatura = 41,1 prescritta amossicillina; emogramma
29.200; neutr. segm. 21.024; neutr. non segm. 1.168,
monociti 1.752, linfociti 5,256, eosinofili 0; 4 giorni
dopo: migliorato
Giugno ’82: vaccinazione anti-parvovirosi, temperatura =
38,8
Luglio ’82: il proprietario segnala crisi convulsive e stato
epilettico; terapia anticonvulsivante con fenobarbital
Agosto ’82: sospensione dell’anticonvulsivante, senza problemi
Novembre ’82: diarrea emorragica, linfoadenopatia generalizzata, comparsa di vomito, richiesta di esami di
laboratorio.
Esame clinico: temperatura 38,5, peso 7,5 kg. Emaciazione,
mantello scadente. Lesioni crostose sulla spalla destra.
Consunzione muscolare, ridotte dimensioni dei testicoli.
Ingrossamento dei linfonodi prescapolare e popliteo.
Problemi: febbre ricorrente, crisi convulsive, diarrea emorragica, vomito, linfoadenopatia generalizzata.
Emogramma di novembre ’82:
Leucociti
54.200 (6.000-17.000) Neutr. non
seg.
Ematocrito 34,5
(37-55)
Neutr. seg.
MCH
23,9
(19,5-24,5)
Mono.
MCHC
34,1
(32-36)
Linf.
Eosin.
4.320 (0-300)
40108
3.794
5.962
0
(3.000-11.400)
(150-1.350)
(1.000-4.800)
(100-750)
Profilo biochimico:
Glicemia
92
Azotemia
9
Sodio
160
Potassio
4,8
Cloro
121
50
(71-115)
(5-28)
(141-155)
(3,6-5,6)
(96-122)
Calcio
Fosforo
Colesterolo
Albumina
Globuline
SGPT
Fos. alcalina
10,0
3,8
252
1,7
5,3
43
1146
(9,8-12)
(2,5-5)
(140-210)
(2,3-4,3)
(2,5-3,5)
(4-66)
(0-88)
NOTE
Frazionamento proteico (g/dl):
Tipo
Nel paziente
Normale
Albumina
0,98
(2,3-3,2)
α1
0,49
(0,2-0,5)
α2
0,58
(0,3-1,1)
ß
5,39
(0,6-1,2)
γ
0,67
(0,5-1,8)
Totale
9,1
(5,8-7,8)
Analisi dell’urina:
Colore: giallo oro
Aspetto: torbido
pH: 6,5
Peso specifico: 1.044
Proteine: 1+
Chetoni: neg
Glucosio: neg
Bilirubina: tracce
Sangue occulto: neg
Esame del sedimento: occasionali leucociti; cilindri finemente granulari (4-6 per campo microscopico ad elevato
ingrandimento).
Aspirato linfonodale: la maggior parte delle cellule è
costituita da piccoli linfociti; sono presenti alcuni grandi
linfociti e plasmacellule, i neutrofili sono rari. Assenza di
microrganismi.
Test per Brucella: positivo
Titolazione per Brucella: in provetta 1:500
Emocoltura: negativa per Brucella canis.
Follow up: il proprietario optò per l’eutanasia. Nello stesso
nucleo familiare viveva un bambino piccolo immunodepresso.
51
NOTE
CASO 8
N. 99112
Segnalamento: cane meticcio di 2 anni.
Esame clinico: temperatura 39,4, polso 88, respirazione
affannosa. Depressione, segni di malessere. Pulci, edema
dello scroto e dell’arto posteriore sinistro; dolore alla flessione delle articolazioni di tutti gli arti; aumento dei rumori respiratori. Ingrossamento dei linfonodi prescapolare e
popliteo.
Problemi: iperestesia generalizzata; aumento della temperatura rettale, pulci, edema delle estremità, linfoadenopatia.
Emogramma:
Ematocrito
37
Hgb
12,5
Proteine plasm. 8,0
(37-55) Leucociti
(12-18) Neutr. seg.
(6,0-7,5) Neutr. non
seg.
39.000 (2-5x105) Linf.
Mono.
30.200 (6.000-17.000)
27482 (3.000-11.400)
302
(0-300)
Piastrine
906
(1.000-4.800)
1.510 (150-1.350)
Profilo biochimico:
Azotemia
Proteine totali
Fosf. alcalina
SGPT
Glicemia
11
6,9
87
25
111
(5-28)
(5,3-7,8)
(0-88)
(4-66)
(71-115)
Na
K
TCO2
AGap
Ca
154
4,2
25
16
10,6
(141-155)
(3,6-5,6)
(13-29)
(5-25)
(9,8-12)
Analisi dell’urina (prelievo mediante cateterizzazione):
peso specifico 1.040; pH 6,5; colore giallo; aspetto trasparente; proteine 2+; chetoni neg.; glucosio neg.; sangue
occulto tracce; bilirubina moderata.
Esame del sedimento: spermatozoi, batteri 2+, cilindri
finemente granulari, eritrociti 3-5.
Aspirato linfonodale: numerose cellule, molte lisate;
soprattutto piccoli linfociti, pochi grandi linfociti, sparsi
eritrociti, gocce lipidiche. Interpretazione: probabile iperplasia.
52
Sinoviocentesi del ginocchio sinistro: leucociti 8.802/µl,
proteine 4,5 g/dl, neutrofili 54%, mononucleati 46%,
macrofagi 1. Piccoli linfociti, eritrociti.
NOTE
Piano terapeutico: tetraciclina, 22,2 mg/kg tre volte al
giorno.
Andamento dei parametri ematologici:
Ematocrito
Hgb
Prot. plasm.
Leucociti
Neutr. seg.
Neutr. non seg.
Linf.
Mono.
Eosin.
Piastrine
*
28/7
30/7*
8/8 (10 am)
37
12,5
8,9
30.200
27.482
302
906
1.050
0
3,9
33
10,8
8,5
38.200
30.560
382
1.910
4.966
382
96
42
14,0
7,3
17.600
12.320
0
1.584
1.584
2.112
5
(37-55)
(12-18)
(6,0-7,5)
(6.000-17.000)
(3.000-11.400)
(0-300)
(1.000-4.800)
(150-1.350)
(100-750)
(211-621)
il 29/7 è iniziata la terapia con tetracicline.
Problemi (elenco aggiornato): iperplasia linfonodale,
trombocitopenia, poliartrite suppurativa, leucocitosi,
edema, febbre.
Titolazione per febbre maculosa delle Montagne Rocciose:
FA diretta a livello cutaneo: neg.
Data Titolo Trattamento
29/7 1024 Inizio della terapia con tetracicline
8/8
1024 Inizio della terapia con cloramfenicolo
13/8 256
Conteggio piastrinico:
Valori normali: 211-621
28/7
3,9 Inizio della terapia con tetracicline
30/7
96
8/8
am 5
8/8
pm 3
9/8
5 Inizio della terapia con cloramfenicolo
10/8
17
11/8
45
12/8
90
13/8
21,7
53
28° Congresso SCIVAC
EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995
Urs Giger
PD, Dr. Med. Vet., MS, FVH
Associate Professor of Medicine
and Medical Genetics
Alterazioni delle piastrine
Venerdì, 23 giugno 1995, ore 9.00
55
NOTE
RIASSUNTO
L’emostasi è data dall’interazione di piastrine, fattori
della coagulazione, vascolarizzazione e sistema fibrinolitico. Le piastrine sono prodotte dai megacariociti e fanno
parte dei meccanismi emostatici primari. Quindi, gli animali colpiti da alterazioni di questi elementi presentano
tipicamente sanguinamenti superficiali. I disordini piastrinici possono essere suddivisi in trombocitopenia e trombocitopatia (difetti della funzionalità delle piastrine). Si
riscontrano comunemente nel cane e raramente nel gatto.
La trombocitopenia immunomediata e l’ehrlichiosi sono le
cause più frequenti di trombocitopenia nel cane, mentre la
malattia di von Willebrand è la principale responsabile dei
difetti funzionali delle piastrine. Esistono diversi semplici
test, utilizzabili a livello ambulatoriale, per la valutazione
dei pazienti che presentano sanguinamenti. Nel presente
lavoro vengono illustrati, anche attraverso l’esposizione di
casi clinici, la diagnosi ed il trattamento dei disordini
delle piastrine nel cane.
TEST PRATICI PER LA VALUTAZIONE DELLE
ALTERAZIONI DELLA COAGULAZIONE
Quando un animale sanguina, è importante differenziare
le emorragie causate unicamente da un danno vascolare
locale dagli aumenti della tendenza al sanguinamento dovuti ad un’alterazione primaria dell’emostasi. Queste anomalie possono interessare le piastrine, i fattori della coagulazione e la vascolarizzazione e possono essere ereditarie
(come l’emofilia) o acquisite (come gli avvelenamenti da
cumarinici, la trombocitopenia immunomediata e la DIC).
Si osservano comunemente nel cane, mentre sono poco frequenti nel gatto e possono portare ad emorragie locali o
generalizzate che insorgono spontaneamente o in seguito a
traumi (compresi gli interventi chirurgici). La presenza di
sanguinamenti superficiali, quali petecchie ed ecchimosi,
suggerisce l’esistenza di un problema piastrinico (trombocitopenia o trombocitopatia) o vascolare, mentre gli ematomi
sono più probabilmente associati alle coagulopatie.
Tuttavia, per differenziare correttamente i vari disordini
emorragici è necessario ricorrere agli esami di laboratorio.
Nel presente lavoro vengono illustrati i semplici test di verifica dell’emostasi che possono essere effettuati direttamente
56
dal clinico, anche a livello ambulatoriale, fornendo le indicazioni per l’interpretazione dei risultati e presentando
alcuni casi clinici relativi all’uso di questi test.
Esistono tre semplici prove ambulatoriali per valutare la
funzionalità dell’emostasi nelle situazioni di emergenza: il
conteggio piastrinico, la determinazione del tempo di coagulazione attivata (ACT) e quella del tempo di emorragia. Il
numero delle piastrine può essere stimato attraverso l’osservazione al microscopio di uno striscio di sangue colorato.
Dal momento che nei cani normali in un campo microscopico ad elevato ingrandimento in immersione in olio sono
presenti più di 10 piastrine, l’assenza di questi elementi
denota una grave trombocitopenia. Il conteggio piastrinico
accurato richiede l’impiego di un emocitometro o di
un’analisi di laboratorio per confermare la diagnosi (in condizioni normali, si riscontrano 200-500.000 pia-strine/µl). I
sanguinamenti secondari a trombocitopenia si osservano
solo quando il numero delle piastrine scende al di sotto di
50.000/µl. Dal momento che i test per la determinazione
degli anticorpi anti-piastrine non sono ancora disponibili in
commercio, la diagnosi di trombocitopenia immunomediata
può essere formulata unicamente attraverso l’esclusione
delle altre cause di grave trombocitopenia.
La determinazione del tempo di emorragia, effettuata a
livello della mucosa boccale, rappresenta un test eccellente
per la valutazione della funzionalità e dell’integrità piastrinica. Dal momento che l’adesione delle piastrine all’endotelio è mediata dal fattore di von Willebrand, le alterazioni
di quest’ultimo provocano tipicamente un prolungamento
del tempo di emorragia (che normalmente è inferiore a 4
minuti); tuttavia, per formulare la diagnosi definitiva di
malattia di von Willebrand è necessario ricorrere a speciali
test di laboratorio. Negli animali con grave trombocitopenia, la determinazione a livello delle mucose non è necessaria. Il tempo di emorragia cutaneo valuta l’emostasi nel
suo complesso e non solo le piastrine e le componenti
vascolari.
Per misurare il tempo di coagulazione attivata (ACT) il
sangue va prelevato direttamente nelle speciali provette a
tappo grigio contenente terra di diatomee (farina fossile),
rilevando poi il momento in cui inizia la formazione del
coagulo (che normalmente si ha prima di 120 sec nel cane
e prima di 75 sec nel gatto). Il tempo di coagulazione attivata valuta la via intrinseca e quella comune della coagulazione e, quindi, risulta prolungato in tutte le coagulopatie
NOTE
57
NOTE
(tranne che nella carenza del Fattore VII). Per verificare
l’interessamento di una particolare via della coagulazione
è preferibile effettuare la misurazione di altri parametri in
campioni di plasma con citrato prelevati dai casi sospetti e
da soggetti di controllo; in particolare, è indicata la determinazione del tempo di tromboplastina parziale attivata
(PTT, simile al tempo di coagulazione attivata, ma non
altrettanto sensibile), del tempo di protrombina (PT, tempo
di Quick) e del tempo di trombina (TT). Le coagulopatie
ereditarie, come l’emofilia, in genere provocano un prolungamento di ACT e PTT, ma per formulare la diagnosi specifica sono necessarie analisi speciali per i vari fattori. I
rodenticidi di tipo cumarinico prolungano in particolare il
PT, ma determinano un aumento dei valori anche di altri
test. Inoltre, se si sospetta un avvelenamento di questo tipo
si può ricorrere alla determinazione delle proteine indotte
dagli antagonisti della vitamina K (PIVKA, protein induced by vit. K antagonists), che costituisce un test più sensibile. La coagulazione intravasale disseminata (DIC) va
sospettata quando al quadro clinico compatibile si affiancano i seguenti riscontri di laboratorio: moderata trombocitopenia, schistocitosi, eritrociti nucleati, prolungamento
variabile dei tempi della coagulazione, aumento dei prodotti di degradazione del fibrinogeno e ridotte concentrazioni plasmatiche di fibrinogeno ed antitrombina. Infine,
per monitorare il decorso della malattia e la risposta alla
terapia, è possibile servirsi dei seguenti test dell’emostasi.
ACT
Trombocitopenia
Trombocitopatia
(malattia di von Willebrand)
Coagulopatia intrinseca
Coagulopatia estrinseca
Coagulopatia combinata
Piastrine
TE
PTT
PT
TT
D
N
A
A
N
N
N
N
N
N
N
N
D
N
N
A
A
N
A
N
A
A
N
N
A
N = normale; A = aumento (prolungamento); D = diminuzione
I disordini emorragici possono essere semplicemente
suddivisi in difetti dell’emostasi primaria e secondaria.
Mentre la formazione del coagulo primario instabile comprende le fasi iniziali, dall’adesione piastrinica al collagene
subendoteliale alle variazioni di forma delle piastrine ed
58
alla loro aggregazione, la fase secondaria è data dai fattori
della coagulazione, che portano alla formazione di un coagulo finale stabile, costituito da piastrine e fibrina. Nel presente lavoro verranno presi in considerazione soprattutto i
difetti dell’emostasi primaria ed il loro trattamento, seguiti
dalla trattazione delle coagulopatie.
I disordini primari dell’emostasi si presentano tipicamente sotto forma di sanguinamenti superficiali, che possono essere interni, come le petecchie e le ecchimosi, o esterni, come l’epistassi, la melena e l’ematuria, e possono portare a perdite ematiche e, nei casi cronici, alla comparsa di
anemia da carenza di ferro. I più semplici test di screening
per l’identificazione di queste anomalie sono il conteggio
(o la stima) del numero delle piastrine, la valutazione delle
loro dimensioni, l’esame di un aspirato midollare o di un
campione bioptico a core e la determinazione del tempo di
emorragia a livello della mucosa boccale, secondo la metodica standardizzata. Tutti questi test sono stati descritti
nella relazione precedente. Nel cane, la trombocitopenia
immunomediata è probabilmente la causa più comune di
gravi sanguinamenti, mentre la malattia di von Willebrand è
la principale responsabile dei difetti emostatici lievi. Nel
gatto, i disturbi primari dell’emostasi sono rari.
NOTE
PORPORA TROMBOCITOPENICA IDIOPATICA
Nella trombocitopenia immunomediata, gli anticorpi si
legano alla superficie delle piastrine e determinano
un’accelerazione della loro distruzione da parte del sistema
dei macrofagi. Queste trombocitopenie possono essere
suddivise in una forma primaria in cui apparentemente non
è possibile identificare alcuna causa scatenante della produzione degli anticorpi anti-piastrina, comunemente indicata come porpora trombocitopenica idiopatica, ed una
forma secondaria in cui la produzione anticorpale può
essere indotta da infezioni primarie, vaccinazioni, neoplasie o farmaci. Quindi, la diagnosi di porpora trombocitopenica idiopatica nel cane viene formulata sulla base
dell’esclusione delle altre cause di trombocitopenia.
Le femmine di media età, le razze toy ed il bobtail sembrano essere maggiormente colpiti dalla malattia. Nei cani
con porpora trombocitopenica idiopatica spesso il numero
delle piastrine è estremamente basso (< 20.000/µl) e si
osservano sanguinamenti di entità variabile. La micro59
NOTE
60
trombocitosi è una caratteristica tipica della malattia, ma
il volume piastrinico medio aumenta dopo il prelievo
durante la conservazione del campione. Il riscontro di un
numero aumentato o normale di megacariociti in un aspirato midollare suggerisce un’accelerazione della distruzione delle piastrine o un aumento del loro consumo, ma
non è specifico della porpora trombocitopenica idiopatica. In effetti, l’ipoplasia megacariocitaria non consente di
escludere la malattia. Recentemente, sono stati sviluppati
diversi metodi per rilevare gli anticorpi legati alla superficie delle piastrine (test diretti) o gli anticorpi anti-piastrine nel siero del paziente (test indiretti). Ovviamente, i
primi sono più sensibili degli altri, ma richiedono l’esecuzione dell’analisi sulle piastrine del paziente. Inoltre,
nessuno di questi esami è specifico per la porpora trombocitopenica idiopatica, dal momento che tutti risultano
positivi anche in presenza di trombocitopenie immunomediate secondarie.
Il trattamento della porpora trombocitopenica idiopatica
si basa sull’eliminazione di tutte le cause esogene, sulla
somministrazione di immunosoppressori e sulla terapia di
sostegno. Tutti i farmaci non essenziali devono essere
sospesi, mentre si possono somministrare tetracicline per
eliminare eventuali infezioni da rickettsie. Il farmaco
d’elezione per l’immunosoppressione è il prednisone, che
in genere determina la comparsa di una risposta entro 2-4
giorni. Nei casi refrattari è possibile impiegare altri farmaci come la vincristina, la ciclosporina, il danazolo, l’azatioprina o la ciclofosfamide, ma l’efficacia di questi agenti
per il trattamento della porpora trombocitopenica idiopatica del cane non è ancora stata stabilita con certezza.
Inoltre, tutti i farmaci immunodepressori hanno i loro
effetti collaterali, per cui il paziente va accuratamente
monitorato. L’apporto di piastrine mediante infusione di
sangue fresco intero, plasma ricco di piastrine o piastrine
concentrate è necessario solo in caso di sanguinamenti di
entità tale da mettere in pericolo la vita del paziente; analogamente, in caso di grave anemia sono indicati le emazie
concentrate o il sangue intero per garantire il mantenimento di un’adeguata capacità di trasporto di ossigeno. Inoltre,
va tenuto presente che anche il plasma congelato contiene
membrane di derivazione piastrinica, che possono essere
utili nelle situazioni di emergenza. Come ultima risorsa, si
può ricorrere alla splenectomia, che di solito è ben tollerata nonostante la trombocitopenia.
ELENCO DEI DISORDINI DELL’EMOSTASI
PRIMARIA
NOTE
Trombocitopenia
– Immunomediata
primaria: porpora trombocitopenica idiopatica
secondaria: farmaci, infezioni, neoplasie, vaccinazioni
– Ehrlichia canis ed E. platys
– Affezioni midollari primarie (leucemia, chemioterapia,
radiazioni, intossicazione da estrogeni)
– Coagulazione intravasale disseminata (DIC)
– Splenomegalia, ipersplenismo
Trombocitopatia
– Farmaci (ac. acetilsalicilico e FANS, acepromazina, vincristina)
– Uremia, epatopatie, iperglobulinemia
– Trombopatia ereditaria del cane (Basset, spitz)
– Tromboastenia di Glanzman (Otterhound)
– Chediak-Higashi (persiani color fumo)
– Alterazioni del pool di riserva (cocker spaniel americano)
Malattia di von Willebrand
TROMBOPATIA
Le anomalie dell’emostasi primaria si manifestano tipicamente sotto forma di sanguinamenti superficiali.
Tuttavia, mentre negli animali affetti da trombocitopenia è
classico il riscontro di petecchie ed ecchimosi, in quelli
con trombocitopatia è più probabile che le emorragie siano
limitate alle mucose o siano di natura post-traumatica o
chirurgica. È della massima importanza raccogliere attraverso l’anamnesi tutti i dati relativi agli eventuali trattamenti farmacologici, dal momento che molti agenti possono interferire con la funzionalità piastrinica; l’indagine
deve essere particolarmente accurata, poiché spesso i proprietari possono non considerare come veri e propri trattamenti alcuni prodotti di uso molto comune (come quelli
contenenti acido acetilsalicilico). Le trombocitopatie ereditarie, pur potendo essere presenti già in giovane età, in
molti casi determinano unicamente una lieve tendenza al
sanguinamento che può rendersi più evidente solo in età
più avanzata. Anche la razza di appartenenza del paziente
può indirizzare il clinico verso alcune anomalie piastrini61
NOTE
che note. Possono essere evidenti affezioni renali, epatiche
o emolinfatiche. Inoltre, va tenuta presente anche la possibilità che il paziente sia affetto da una combinazione di
trombocitopatia ereditaria ed acquisita e/o da una trombocitopenia associata ad una coagulopatia, responsabili di
gravi episodi emorragici. Nei pazienti che, pur presentando
manifestazioni emorragiche, non mostrano alterazioni del
numero delle piastrine o di PT/PTT, è indicata la determinazione del tempo di emorragia a livello della mucosa boccale, per valutare la funzionalità piastrinica. Un prolungamento di questo parametro in un cane con piastrinemia
normale suggerisce l’esistenza della malattia di von
Willebrand o di un disordine della funzione piastrinica o
vascolare.
La funzione piastrinica, valutata attraverso i test di
determinazione dei tempi di coagulazione e con prove in
vitro, può essere influenzata da un gran numero di farmaci
appartenenti a quasi tutte le classi terapeutiche (antiinfiammatori non steroidei, antibiotici ß-lattamici, agenti cardiovascolari, anestetici e chemioterapici) e da vari disturbi
sistemici ed ematologici, oppure può risultare alterata da
disordini ereditari.
Farmaci: in vitro, molti farmaci si sono dimostrati in
grado di indurre disfunzioni piastriniche, ma in vivo questi
effetti risultano meno chiari. Nei pazienti con coagulopatie
o trombocitopatie accertate ed in quelli che necessitano di
interventi chirurgici, è comunque più prudente evitare
l’impiego di questi agenti. L’acido acetilsalicilico e gli altri
farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) inibiscono
l’aggregazione piastrinica. L’eparina, che predispone gli
animali trattati alla comparsa di sanguinamenti a causa del
proprio effetto anticoagulante, può alterare la funzionalità
piastrinica inducendo uno stato di refrattarietà di questi
elementi successivo ad una loro parziale attivazione ad
opera dell’eparina stessa, nonché inibendo la produzione e
l’azione della trombina, un potente agonista piastrinico.
Disordini sistemici: in associazione con vari processi
patologici degli animali sono state osservate delle trombopatie, che però non sono state ben caratterizzate, dal
momento che spesso coesistono altri difetti emostatici. La
patogenesi delle molteplici disfunzioni piastriniche in
corso di uremia resta da definire, ma è possibile che la
condizione sia dovuta alle sostanze presenti nel plasma
62
uremico ed all’aumentata produzione di prostaciclina (inibitore piastrinico) da parte delle cellule endoteliali. Sia nel
cane che nell’uomo è stata segnalata una trombopatia associata ad epatopatia, ma i meccanismi responsabili di questa
anomalia non sono chiari.
NOTE
Alterazioni ematologiche: nei pazienti umani con porpora trombocitopenica idiopatica e lupus eritematoso sistemico sono state riscontrate trombocitopatie accompagnate
da anticorpi antipiastrinici. I disordini mieloproliferativi e
linfoproliferativi sono stati associati ad alterazione delle
caratteristiche morfologiche e diminuzione delle capacità
di aggregazione e secrezione e dell’attività procoagulante
delle piastrine. Le disproteinemie, come quelle che si
osservano nel mieloma multiplo e nell’ehrlichiosi, possono
essere affiancate da disfunzioni piastriniche dovute
all’interazione delle immunoglobuline con la superficie
delle piastrine, che a sua volta interagisce in modo aspecifico con l’adesione di queste ultime e con l’accoppiamento
stimolo-risposta.
Trattamento delle trombopatie: l’identificazione di
un’anomalia acquisita della funzione piastrinica in un
paziente con un’anamnesi di eccessivo sanguinamento può
non richiedere misure particolari. Se un cane affetto da
trombopatia, malattia di von Willebrand o coagulopatia
presenta una perdita di sangue in seguito all’ingestione di
acido acetilsalicilico o di un antibiotico ß-lattamico, la
sospensione del farmaco può essere l’unico intervento
necessario per risolvere il problema. Nei pazienti con
disproteinemie, sindromi mieloproliferative o uremia, le
manifestazioni emorragiche possono rispondere adeguatamente alla terapia specifica, come la plasmaferesi, i trattamenti citoriduttivi (ad es., con idrossiurea) o l’emodialisi.
I sanguinamenti lievi associati a trombopatia in alcuni
casi possono essere controllati localmente (ad es., con
l’applicazione di compressioni prolungate o punti di sutura, oppure ricorrendo alla cauterizzazione), mentre le
emorragie gravi talvolta richiedono la trasfusione di piastrine fresche, sotto forma di piastrine concentrate, plasma
ricco di piastrine o sangue fresco intero. Il crioprecipitato,
che contiene il fattore di von Willebrand, il fattore VIII:C,
il fibrinogeno e la fibronectina, è l’emoderivato d’elezione
per il trattamento degli episodi emorragici nei cani con
malattia di von Willebrand, ma ne è stata anche segnalata
63
NOTE
64
l’utilità per il controllo delle perdite ematiche nei pazienti
umani affetti da anomalie del pool di riserva delle piastrine
e da uremia. Analogamente, la desmopressina (DDAVP)
può essere utilizzata per il controllo delle emorragie nei
cani con malattia di von Willebrand, ma è risultata anche
in grado di abbreviare i tempi di emorragia e diminuire i
sanguinamenti clinicamente manifesti nei pazienti umani
con malattie del pool di riserva delle piastrine e uremia. In
base alla nostra limitata esperienza nel trattamento di episodi emorragici pericolosi per la sopravvivenza del paziente osservati in cocker spaniel americani affetti da anomalie
del δ-pool di riserva, è necessario ricorrere alla trasfusione
di piastrine. La necessità o meno di attuare un trattamento
preventivo nei pazienti con tendenza al sanguinamento e
trombopatia che devono essere sottoposti ad intervento
chirurgico può dipendere dal tipo di operazione che si
intende eseguire. Nell’immediato periodo postoperatorio,
per evitare sanguinamenti eccessivi, si può attuare a scopo
profilattico la trasfusione di piastrine (o di crioprecipitato
nei cani con malattia di von Willebrand).
28° Congresso SCIVAC
EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995
Craig E. Greene
Department of Small Animal Medicine
College of Veterinary Medicine
University of Georgia
Athens, GA 30602
Alterazioni dei processi
di coagulazione
Venerdì, 23 giugno 1995, ore 9.45
65
NOTE
RIASSUNTO
Le alterazioni dell’emostasi si possono osservare in
qualsiasi tipo di animale. Le malattie ereditarie sono
abbastanza semplici da diagnosticare e trattare, perché le
caratteristiche del segnalamento, ed in particolare l’età e
la razza del paziente, ne facilitano l’identificazione. I
disordini acquisiti della coagulazione, però, sono più frequenti e complessi. Si osservano in animali di qualsiasi età
e, con l’eccezione degli avvelenamenti da anticoagulanti,
sono secondari a molte altre malattie. Le caratteristiche
delle complicazioni emorragiche e la loro intensità possono servire a distinguere alcune affezioni particolari. Per
identificare le cause primarie dei disturbi della coagulazione sono disponibili alcuni test diagnostici relativamente
semplici. Fortunatamente, la maggior parte di questi
disordini può essere efficacemente trattata, anche se il fattore limitante che condiziona la prognosi relativa alle possibilità di guarigione del paziente è il processo patologico
primario.
A. Possibili diagnosi differenziali
1. Disordini emorragici ereditari (Rari)
a. È stata ben definita l’incidenza fra le razze e nelle
classi di età
b. Rilevabili con i normali test di screening della coagulazione
c. Possono diventare clinicamente evidenti nelle
forme complicate
2. Disordini emorragici acquisiti
a. Di più comune riscontro nella pratica professionale
(95%)
b. Quelle più comuni sono:
(1) DIC
(2) Trombocitopenia primaria
(3) Carenza di vitamina K
B. Piano diagnostico da impiegare nei pazienti affetti da
anomalie dell’emostasi
1. Attraverso numerosi esami di laboratorio, quali PT,
PTT, TT, conteggio piastrinico, livelli del fibrinogeno
e prodotti di degradazione della fibrina, è possibile
evidenziare le alterazioni della coagulazione
66
NOTE
2. Nella pratica professionale di routine, gli esami più
facili e più attendibili sono la determinazione del
tempo di coagulazione attivata (ACT) ed il conteggio
piastrinico (o la valutazione delle piastrine in uno striscio di sangue)
3. Riassunto dei test della coagulazione:
Conteggio piastrinico
(mediante striscio o emocitometro)
PTT (ACT) (via intrinseca)
PT (via estrinseca)
TT (tempo di trombina-fibrinogeno)
Fibrinogeno
Prodotti di degradazione del fibrinogeno
(lisi del coagulo ACT)
Emofilia A o B
Trombocitopenia
N
D
D
P
N
lievem. P
N
N
N
–––
P
N
Occ. D
P
P
P
P
+++
P
N
N
+––
N
N
N
–––
DIC Carenza di vit. K
N = normale; – – – = assente; D = diminuito; P = prolungato; +++ = presente; + – – = variabile.
4. Tecniche di laboratorio
a. Conteggio piastrinico o esame di uno striscio ematico
(1) Striscio (quantificazione approssimativa)
(a) Il sangue (1 ml) va prelevato in una provetta
con EDTA
(b) Allestire lo striscio con le metodiche di routine e colorarlo con la tecnica di Wright
(c) Esaminare il preparato alla ricerca delle piastrine, che devono essere presenti in numero
di 3-5 per campo microscopico ad elevato
ingrandimento
(d) Valutare le dimensioni delle piastrine e la
loro tendenza ad aggregarsi
(2) Conteggio elettronico con apparecchiature
automatiche. È praticamente impossibile nel
gatto, in cui l’esame deve essere effettuato con
un emocitometro. Nel cane si possono utilizzare anche i metodi elettronici, ma occorre valutare l’eventuale presenza di aggregazione piastrinica, che riduce il numero ed aumenta le
dimensioni del singoli elementi. Il volume piastrinico medio è una misura dell’età e della
rigenerazione delle piastrine. Quelle più giovani sono più grandi
67
NOTE
b. Tempo di coagulazione attivata
(1) Il test va effettuato con apposite provette
(2) La tecnica di prelievo endovenoso deve essere
corretta ed effettuata in modo pulito e asciutto
(3) Incubare a 37 °C
(4) Arrestare il cronometro ai primi segni di formazione del coagulo
(5) Valori normali: < 120 sec nel cane e < 75 sec
nel gatto
c. Tempo di tromboplastina parziale attivata (APTT)
- misura la via intrinseca della coagulazione, come
l’ACT, ma è meno soggetto a variazioni ed
influenze come la trombocitopenia. Le modificazioni del valore assoluto sono più imponenti di
quelle del PT
d. Tempo di protrombina (PT) - misura la via estrinseca della coagulazione attraverso la valutazione
del fattore VII, che è il primo ad essere interessato
dalla carenza di vitamina K
e. Tempo di trombina - viene misurato aggiungendo
trombina al plasma. Permette di determinare l’attività del fibrinogeno (Fattore I)
C. Terapia dei disordini emorragici
1. Piano terapeutico per le alterazioni piastriniche
(quantitative)
a. Trombocitopenia
(1) Anamnesi di imponenti trasfusioni di fluidi
poveri di piastrine o di emoderivati (trombocitopenia da diluizione)
(a) Evitare la diluizione (infusione di grandi
quantità di liquidi)
(b) Trasfondere componenti contenenti piastrine (non refrigerate)
(2) Minor produzione midollare
(a) Anamnesi di somministrazione di estrogeni
esogeni
i. Ripetute trasfusioni di sangue fresco o
plasma ricco di piastrine
ii. Stanozololo
Ossimetalone (circa 0,2 mg/kg/die)
Danocrina cloridrato
(b) Ehrlichiosi cronica
Steroidi anabolizzanti, minociclina, trapianto di midollo osseo?
68
(3) Aumentata distruzione piastrinica
(a) Trombocitopenia immunomediata
Assenza di altri segni clinici o alterazioni
dei parametri di laboratorio oltre alle emorragie
i. Corticosteroidi
ii. In caso di mancata risposta, ricorrere alla
vincristina (0,01 mg/kg/settimana)
(b) Ehrlichiosi in fase iniziale
(c) Sia E. platys che E. canis possono essere
causa di trombocitopenia
Trattamento: tetraciclina, minociclina o
doxiciclina alla dose di 50 mg/kg/die
(4) Aumentato consumo dei componenti che intervengono nella coagulazione: vedi oltre, DIC
2. Carenza di vitamina K
a. Diagnosi differenziali
(1) Minore assunzione
(a) Squilibri dietetici (rari)
(b) Terapie antibiotiche (rare)
(c) Malassorbimento (raro)
(2) Diminuita sintesi epatica
(a) Insufficienza epatica (poco comune)
(b) Ostruzione biliare (comune)
(3) Avvelenamento da rodenticidi (comune)
b. Piano terapeutico
(1) Inizialmente, somministrare vitamina K per via
parenterale. La vit. K1, da usare solo per via sottocutanea, è superiore a tutte le altre preparazioni
(a) 0,2 mg/kg per via sottocutanea; l’impiego
per via endovenosa è associato alla comparsa di effetti collaterali
(b) Diluire in destrosio al 5% (facoltativo se si
utilizza la via SC)
(c) Proseguire il trattamento per via orale per
5-7 giorni dopo il controllo dell’emorragia.
(d) È possibile somministrare contemporaneamente vit. K3 o K5, continuando per periodi
prolungati
(2) Nel cane, la somministrazione di vit. K1 permette di correggere l’anomalia entro 1-2 ore,
mentre quella di K3 richiede 1 settimana
(3) I nuovi e più potenti anticoagulanti (contenenti
difacinone, ecc.) richiedono la somministrazione di 1-5 mg/kg/die di vit. K1 per 3 settimane!
NOTE
69
NOTE
70
c. Apportare fattori della coagulazione mediante trasfusione
(1) Se l’emorragia è eccessiva e l’ACT è > 4 minuti
(2) Se l’ematocrito diminuisce rapidamente
3. Piano terapeutico in caso di DIC
a. Eliminare la causa primaria o lo stimolo scatenante, se vengono identificati
b. La terapia di sostegno dipende dai fattori che concorrono a determinare il quadro clinico
(1) Correggere l’ipotensione o lo shock con la fluidoterapia
(2) Correggere l’ipossiemia e/o le anomalie della
funzione cardiaca
(3) Controllare i fenomeni settici mediante antibiotici
(4) Correggere l’acidosi con bicarbonato
(5) Mantenere adeguata la diuresi per prevenire il
blocco renale
c. Profilassi (conteggio piastrinico normale-ridotto)
(1) Anticoagulanti nelle fasi iniziali o quando si
prevede l’insorgenza della DIC (100 UI/kg SC
tre volte al giorno)
(2) L’acido acetilsalicilico (25 mg/kg/die) si è
dimostrato in grado di ridurre l’entità e la gravità dell’embolia polmonare nel cane (possono
risultare efficaci dosi inferiori a 10-15 mg/kg/
die)
(3) Eparina a basse dosi (50-100 UI/kg SC tre volte
al giorno)
d. Coagulazione intravasale acuta (conteggio piastrinico ridotto, ACT normale, abbreviato o leggermente prolungato)
(1) Eparina in caso di coagulazione potente e rapida
(a) Infusione endovenosa goccia a goccia (100
UI/kg) fino a 20 UI/kg/ora
(b) Per via sottocutanea (200-500 UI/kg tre
volte al giorno nel cane, 50-200 UI/kg tre
volte al giorno nel gatto)
e. DIC in stadio terminale (ridotto numero di piastrine,
marcato prolungamento dell’ACT oltre 4 minuti)
(1) Immediato ripristino dei fattori della coagulazione mediante infusione di sangue o plasma
(2) Se il numero di piastrine è basso (≤
50.000/cm3), il sangue deve essere fresco
(3) Contemporanea eparinizzazione
(a) Impiegare dosi relativamente basse o intermedie
(b) 200 UI/kg SC tre volte al giorno insieme al
ripristino dei fattori della coagulazione,
riducendo gradualmente la dose (50-100
UI/kg SC nel gatto)
(4) Monitorare sempre la terapia con ripetute determinazioni di ACT e conteggio piastrinico
NOTE
71
NOTE
CASI CLINICI
CASO 1
Segnalamento: Labrador femmina di 6 anni
Anamnesi (18/3):
In calore il 30 maggio scorso
Anno precedente: 15/12 intervento chirurgico per osteocondrite dissecante alla spalla sinistra. Sindrome di
Horner all’occhio sinistro
Anno in corso: 14/3 a caccia
15/3 letargia
Esame clinico (18/3):
Arto pelvico di destra tumefatto, freddo, non dolente
Livido (delle dimensioni di una palla da tennis) in corrispondenza della regione safena
Zone fluttuanti ventrali lungo la linea addominale mediana
Addome pendulo
Occhio sinistro in miosi, con riflesso pupillare
Sanguinamento eccessivo in corrispondenza dei punti di
prelievo endovenoso
Problemi: Tumefazione dell’arto pelvico
Addome pendulo
Emogramma (18/3):
Ematocrito
Eritrociti
Hgb
27,1 (35-57)
Leucociti
2,39 (4,95-7,87) Neutr. seg.
6,7 (11,9-18,9) Neutr. non
seg.
MCV
71
(66-77)
Linf.
MCH
28,0 (21,0-26,2) Mono.
MCHC
39,2 (32,0-36,3) Eosin.
Reticolociti
1,3 (0)
Piastrine
Eritr. nucleati 2
(0)
MPV
Policromasia 1+ (0)
Test di Knott
(MPV = Volume piastrinico medio)
72
15.000 (5000-14.100)
13005 (2.900-12.000)
153
(0-450)
918
1.224
0
23.000
1,0
Neg
(400-2.900)
(100-1.400)
(0-1.200)
(211.000-610.000)
(6,1-10,1)
NOTE
Profilo biochimico (18/3):
Emolisi 3+
Azotemia
21
Creatininemia 0,6
Prot. Totali
5,5
Albumina
2,6
Fosf. alcalina
2,5
ALT
29
(8-28)
(0,5-1,7)
(6,1-7,5)
(2,7-3,6)
(1-114)
(10-109)
Glicemia 127
Na
138
K
4,7
Cl
106
TCO2
22
AGap
10
Ca
9,6
(76-119)
(142-152)
(3,9-5,1)
(110-124)
(14-25)
(5-17)
(9,1-11,7)
Analisi dell’urina:
Colore:
Trasparenza:
Prelievo:
Peso specifico:
pH:
Glucosio:
Chetoni:
Proteine:
Bilirubina:
Sangue occulto:
Giallo
Torbida
Cistocentesi
1.018
6,8
Negativo
Negativo
Negativo
Negativo
Positivo
Sedimento
Eritrociti
< 10/cmei*
Leucociti
< 5/cmei*
Cellule epiteliali
Cellule squamose
* cmei: campo microscopico ad elevato ingrandimento.
Radiografie:
Torace: Esteso versamento pleurico con atelettasia polmonare. Inspessimento della parte caudoventrale del
mediastino. Nella proiezione VD si osserva una prominenza della regione dell’atrio destro. Riscontro incidentale di segni di fratture guarite dell’8a e 9a costola.
Addome: Distensione con perdita di contrasto intraaddominale, evidenziata dalla scarsa visualizzazione delle
sierose (fluidi), più accentuata nella parte craniale
dell’addome appena caudalmente allo stomaco.
Esame ecografico:
Nessuna massa identificabile a livello epatico e splenico.
Piccole sacche di liquido libero intorno alla milza ed al
fegato. Nella regione omentale-mesenterica si osservano
aree ipoecogene a chiazze. Le vene epatiche e la vena cava
caudale sono distese. L’esame del cuore mostra un ingrossamento del ventricolo destro, ma nessun segno di masse
nell’atrio destro.
73
NOTE
Esami supplementari (18/3):
ACT: > 8 minuti
Piastrine: diminuite (striscio)
Paracentesi addominale:
Sangue periferico: Ematocrito, 28; solidi totali, 4,4; siero
limpido
Liquido addominale: Ematocrito, 39; solidi totali, 3,8;
aspetto limpido
Ricovero del paziente:
Sanguinamento eccessivo in corrispondenza del punto di
prelievo endovenoso e dell’addominocentesi
ACT = 8 minuti
Richiesto il profilo della coagulazione
Profilo della coagulazione (18/3):
PT
PTT
TT
Prod. degr. fibr.
Fibrinogeno
Piastrine
Paziente
Controllo
19,0
26,9
3,7
1:128
156
23.000
5,7
14,3
4,9
Interv. di riferimento
(5,8-7,9)
(13,1-17,4)
(4,2-7,0)
(< 1:16)
(200-500)
(210.000-521.000)
Trasfusione (18/3): donatore individuato mediante prova
di compatibilità crociata
Sangue fresco intero +
Inizio alle 17:05; fine alle 12:00
600 cc a 75 ml/ora
In seguito, infusione di Ringer lattato
Terapia:
19/3
20/3
21/3
22/3
Ora
ACT
8:00
8:00
8:00
8:00
5 minuti
4 minuti
3 minuti
2 minuti
Terapia
Vit. K1; Eparina SC, basse dosi
Vit. K1; Feci scure; Eparina SC
Vit. K1; Eparina SC
Vit. K1; Eparina SC
Dosaggi terapeutici:
Peso del paziente: 31,8 kg
Eparina: 2.400 U SC tre volte/die
Vitamina K1: 150 mg PO una volta al giorno
74
Ripetizione del profilo della coagulazione (22/3):
PT
PTT
TT
Prod. degr. fibr.
Fibrinogeno
Piastrine
Paziente
Controllo
7,0
13,5
3,9
Neg a 1:16
179
76.000
6,6
13,7
3,3
NOTE
Interv. di riferimento
(5,8-7,9)
(13,1-17,4)
(4,2-7,0)
(< 1:16)
(200-500)
(200.000-500.000)
Emogramma (23/3):
Ematocrito
46,9
Eritrociti
6,36
Hgb
16,4
MCV
74
MCH
25,8
MCHC
35,0
Reticolociti N.R.
Eritr. nucleati 0
Policromasia Occ.
(35-57)
Leucociti 7.900
(4,95-7,87) Neutr. seg. 6083
(11,9-18,9) Neutr. non seg. 0
(66-77)
Linf.
632
(21,0-26,2) Mono.
790
(32,0-36,3) Eosin.
395
(0)
Piastrine 90.000
(0)
MPV
11,0
(0)
(5000-14.100)
(2.900-12.000)
(0-450)
(400-2.900)
(100-1.400)
(0-1.200)
(211.000-610.000)
(6,1-10,1)
(MPV = Volume piastrinico medio).
CASO 2
Segnalamento: Chow-chow femmina di 4 anni.
Anamnesi (23/12):
Il giorno prima alle 4:30: profusa diarrea emorragica
Animale debole ed incapace di camminare
Invio ad una clinica di pronto soccorso, con pallore delle
mucose e sanguinamento dal punto di prelievo endovenoso
Sangue sul termometro
Esame clinico (23/12): debole e depresso; colore rossobrunastro; segno di prelievo endovenoso giugulare; diarrea
emorragica dal retto
Elenco dei problemi: diarrea emorragica; pallore delle
mucose; sanguinamento delle vene; debolezza e depressione
75
Emogramma (23/12):
Ematocrito
Eritrociti
Hgb
MCV
MCH
MCHC
Piastrine
MPV
Eritr. nucleati
Leucociti:
35
5,00
11,1
70
22,2
31,5
159.000
8,3
0/100 Leucociti
granulazioni tossiche
(35-57)
(4,95-7,87)
(11,9-18,9)
(66-77)
(21,0-26,2)
(32,0-36,3)
(211.000-621.000)
(6,1-10,1)
Leucociti
Neutr. seg.
Neutr. non seg.
Linf.
Mono.
Eosin.
20.100
14271
4422
1206
201
0
(5000-14.100)
(2.900-12.000)
(0-450)
(400-2.900)
(100-1.400)
(0-1.300)
Profilo biochimico (23/12):
Azotemia
Creatininemia
Prot. Totali
Albumina
Fosf. alcalina
78
2,2
4,0
1,6
60
(8-28)
(0,5-1,7)
(5,4-7,5)
(2,3-3,6)
(1-114)
Glicemia 86
Na
146
K
3,3
Cl
119
TCO2
14
Ca
8,9
(76-119)
(142-152)
(3,9-5,1)
(110-124)
(14-26)
(9,2-11,1)
Ipocalcemia corretta:
Corretta = Ca + (3,5 - Albumina)
= 8,9 + (3/1 - 1,6)
= 10,8
Analisi dell’urina:
Colore:
Trasparenza:
Prelievo:
Peso specifico:
Glucosio:
Chetoni:
Proteine:
Bilirubina:
Sangue occulto:
Bruno
Torbida
Minzione
1.041
Negativo
Negativo
4+
Negativo
Abbondante
Sedimento
Eritrociti TNTC
Leucociti < 5
Cellule epiteliali
Poche cellule squamose
Test di screening della coagulazione (13/12): ACT = 2
min 30 sec.
Profilo della coagulazione (13/12):
PT
APTT
TT
76
Paziente
Intervallo di riferimento
8,7
19,2
5,7
(5,8-7,9)
(13,1-17,4)
(4,2-7,0)
NOTE
Terapia:
Soluzione di Ringer lattato - 2 x mantenimento
Vitamina K1 - 2 mg/kg/die
Risposta alla terapia:
Ricovero del cane, risoluzione di sanguinamento ed anemia
Esami di controllo (Follow up):
Intervallo di
riferimento
Ematocrito
MCV
Piastrine
MPV
Azotemia
Creatininemia
Prot. totali
Albumina
13/12
35-37
66-77
211-621
6,1-10,1
8-28
0,5-1,7
6,0-7,5
2,8-3,6
35
70
159
8,3
78
2,2
4,0
1,6
26/12
38
68,9
104
10,2
18
0,9
5,2
2,2
17/3
56,1
67
352
8,1
40
1,2
7,0
3,2
Nuovo ricovero 17/3:
Estro prolungato da gennaio
Emorragie persistenti
Successivi test della coagulazione:
PTT
PT
TT
Piastrine (x 103)
(13,1-17,4)
(5,8-7,9)
(4,2-7,0)
(211-601)
23/12
25/12
15/1
17/3
19,2
8,7
5,7
159
18
8,2
5,9
104
14,1
7,1
6
209
13,6
6,5
6,2
352
Follow up il 17/3: Ovaristerectomia
La cagna guarì senza complicazioni
77
NOTE
CASO 3
Segnalamento: Basset hound femmina di 5 anni.
Anamnesi (1/1):
31/12: In travaglio tutto il giorno. Nascita del primo cucciolo alle 20:30. Altri 3 cuccioli dopo un’ora.
1/1: Alle 8:00 si percepivano ancora dei cuccioli; l’esame
radiografico ne evidenzia 3. Eseguito con successo
taglio cesareo.
Esame clinico alle 13:00 del 1/1:
Depressione del sensorio, debolezza, pallore delle mucose,
emorragia vaginale, distensione dell’addome.
Piano iniziale:
Pallore delle mucose: emogramma, profilo biochimico,
analisi dell’urina
Emorragia vaginale: emogramma, test per la valutazione
della coagulazione
Addome disteso: esame radiografico o paracentesi
Emogramma (1/1):
Ematocrito
Eritrociti
Hgb
MCV
MCH
MCHC
14,1
20,03
4,5
69
22,2
31,9
(35-57)
(4,95-7,87)
(11,9-18,9)
(66-77)
(21,0-26,2)
(32,0-36,3)
Leucociti 9.500
Neutr. seg. 7410
Linf.
285
Mono.
190
Eosin.
0
Piastrine
38
MPV
9,0
(5000-14.100)
(2.900-12.000)
(400-2.900)
(100-1.400)
(0-1.300)
(211-621)
(6,1-10,1)
Profilo biochimico (1/1):
Azotemia
31
Creatininemia
1,2
Prot. Totali
3,5
Albumina
1,7
Fosf. alcalina 108
ALT
6802
(8-28)
(0,5-1,7)
(5,4-7,5)
(2,3-3,6)
(1-114)
(4-66)
Glicemia 125
Na
145
K
4,1
Cl
122
TCO2
8
AGap
15
Ca
9,2
(76-119)
(142-152)
(3,9-5,1)
(110-124)
(14-26)
(5-17)
(9,1-11,7)
Test di screening della coagulazione (1/1):
ACT = 3 min 30 sec (normale: < 2 min)
Conteggio piastrinico: 38.000 (211.000-621.000)
78
NOTE
Profilo della coagulazione (2/1):
PT
PTT
TT
Prod. degr. Fib.
Fibrinogeno:
Paziente
Controllo
11,2
22,8
8,7
Neg. a 1:15
65
6,3
13,7
4,1
Intervallo di
riferimento
(5,8-7,9)
(13,1-17,4)
(4,2-7,0)
(200-500)
Invio del caso alle 10:00 del 1/1:
Paracentesi addominale:
liquido emorragico con ematocrito = 15%
ematocrito del sangue periferico = 18%
ACT = 3 min 30 sec (normale < 2 min)
Decorso durante il ricovero:
11:50 Laparotomia esplorativa
500 cc di sangue in addome
Riscontro di una breccia sanguinante nella parete uterina
Parziale torsione splenica
Ovaristerectomia
Splenectomia
Terapia postoperatoria: fluidoterapia IV, cefradina, eparina
Terapia alle 11:00 del 2/1:
Fluidoterapia IV
Trasfusione di 800 ml di sangue fresco
2.500 unità di eparina (2,5 ml) SC tre volte al giorno
Continuare la terapia con eparina per 1 settimana e poi
ridurre gradualmente la dose
Decorso (2/1):
Miglioramento in seguito a trasfusione
300 cc di sangue intero
Aumento dell’emorragia dalla vulva
Collasso improvviso, arresto cardiaco, rianimazione
Profilo della coagulazione (4/1):
PT
PTT
TT
Prod. degr. Fib.
Fibrinogeno:
Paziente
Controllo
8,1
> 60
5,7
Neg. a 1:16
146
7,5
13,5
4,2
(Neg. a 1:16)
(200-500)
Intervallo di
riferimento
(5,8-7,9)
(13,1-17,4)
(4,2-7,0)
79
NOTE
Profilo della coagulazione (7/1):
Paziente
Controllo
PT
6,5
PTT
13,5
TT
6,3
Prod. degr. Fib. Neg. a 1:16
Fibrinogeno:
121
6,7
12,3
6,0
Intervallo di riferimento
(5,8-7,9)
(13,1-17,4)
(4,2-7,0)
(200-500)
Profilo della coagulazione (9/1):
Paziente
Controllo
PT
7,0
PTT
13,2
TT
5,7
Prod. degr. Fib. Neg. a 1:16
Fibrinogeno:
121
6,5
12,8
5,1
Intervallo di riferimento
(5,8-7,9)
(13,1-17,4)
(4,2-7,0)
(200-500)
Emogrammi successivi:
Ematocrito
MCV
Reticolociti
Policrom.
Eritr. nucleati
Leucociti
Neutr. non seg.
Monociti
Piastrine
MPV
1/1
2/1
4/1
14,1
69
NR
0
0
9,5
1615
190
38
9,0
30,7
71
NR
0
0
14,4
2736
144
83
9,0
30,3
69
NR
1+
3
25,0
1500
4250
69
11,0
Interv. di riferim.
(35-37)
(66-77)
(0)
(0)
(0)
(5-14)
(0-500)
(100-1400)
(211-621)
(6,1-10,1)
Radiografie del torace e dell’addome:
Aumento della radiopacità interstiziale
Radiopacità dei tessuti molli nella parte ventrale della
parete addominale
Graffette metalliche chirurgiche
Gas endoaddominale
Decorso:
2/1 Arresto cardiaco, intervento chirurgico d’urgenza
4/1 Crisi convulsive di tipo grande male, prescritto clorazepate
8/1 Miglioramento dello stato mentale, limitazione della
visione e dell’udito
3/1 Dimessa, lento recupero
80
NOTE
CASO 4
Segnalamento: Bulldog inglese di 2 anni, femmina sterilizzata, di circa 20 kg.
Anamnesi: Sanguinamenti vaginali nei 3 mesi precedenti
Rigurgito intermittente da 6 settimane
Poliuria/polidipsia
Feci di colore bruno scuro
Esame clinico: Depressione
Molteplici petecchie sulla parte ventrale dell’addome
Massa addominale
Piano iniziale: Giorno 1
Rigurgito - dati minimi
Radiografie del torace
Petecchie - ACT: 2 min 13 sec
Piastrine: poche nello striscio di sangue
Tempo di emorragia?
Dati minimi
Massa addominale: radiografie
Profilo della coagulazione (Giorno 1):
Intervallo di riferimento
PT
PTT
TT
Prod. degr. Fib.
Fibrinogeno:
Piastrine:
8,4
29,5
10,2
Positivo a 1:64
400
80.000
(5,8-7,9)
(13,1-17,4)
(4,2-7,0)
(200-500)
(211-621 x 103)
Emogrammi successivi:
Giorno 1
Ematocrito
Reticolociti
Leucociti
Neutr. seg.
Neutr. non seg.
Mielociti
Linfociti
Monociti
Eosinofili
32,5
0,8%
27.800
11.120
11.954
1.112
3.336
556
0
Interv. di riferim.
(35-37)
(5.000-14.000)
(2.900-12.000)
(0-500)
(0)
(400-2.900)
(100-1400)
(0-1.200)
81
NOTE
Radiografie dell’addome):
Ingrossamento del rene sinistro; mancata visualizzazione
del destro; grossa massa retroperitoneale
Profilo biochimico (Giorno 1):
Azotemia
Prot- Tot.
Albumina
19 mg/dl
8,1 g/dl
1,6 g/dl
(8-28)
(5,4-7,5)
(2,5-3,6)
Terapia (Giorno 1):
Eparina, 2.000 U, metà SC e metà IV
Ridurre la dose nell’arco di 2-3 giorni
Piastrine (Giorno 2): 189.000
Profilo della coagulazione (Giorno 4):
Piastrine
PTT
PT
TT
Prod. degr. fib.
153.000
20,2 sec
9,1 sec
8,2 sec
Pos. 1:32
(211-621.000)
(14-25)
(5-9)
(< 10)
(< 1:16)
Intervento chirurgico dopo la stabilizzazione delle condizioni del paziente (Giorno 11): Ascesso renale
DIC
Piastrine
ACT
Di lieve entità
Acuta
In stadio terminale
D
N
DD
P
D
PP
D = diminuite; DD = fortemente diminuite; N = normale; P = prolungato; PP = molto prolungato.
DIC:
Cronica
Infezioni batteriche croniche
Filariosi cardiopolmonare
Emangiosarcoma
Acuta
Setticemia che travolge le difese del paziente
Embolia polmonare acuta
Pancreatite acuta
Terminale
Filariosi cardiopolmonare dopo trattamento con caparsolate
82
Stadi della DIC
Piastrine
NOTE
ACT
Iniziale
< 100.000
< 120 sec (cane)
< 75 sec (gatto)
Acuta
< 75.000
da 120 a 200 sec (cane)
da 75 a 120 sec (gatto)
Stadio terminale
< 100.000
> 200 sec (cane)
> 120 sec (gatto)
Trattamento anticoagulante:
Durata
Intensità
DIC iniziale o di lieve entità
Inibizione delle piastrine:
Acido acetilsalicilico: nel cane, 5-10 mg/kg due volte al
giorno
nel gatto, 25 mg/kg due volte/settimana
OPPURE
Trattamento anticoagulante:
Eparina a basse dosi:
Cane: 100-250 U/kg SC tre volte al giorno
Gatto: 50-100 U/kg SC tre volte al giorno
DIC Acuta
Eparina a dosi intermedie:
Cane: 375-500 U/kg SC tre volte al giorno
Gatto: 250-375 U/kg SC tre volte al giorno
OPPURE
Cane: 10 U/kg IV ogni 3 ore
Gatto 5 U/kg IV ogni 3 ore
DIC Terminale
Eparina a basse dosi:
Cane: 100-250 U/kg SC tre volte al giorno
Gatto: 50-100 U/kg SC tre volte al giorno
E
Immediato ripristino dei fattori della coagulazione:
20 ml/kg 24 ore massimo se normovolemico
83
NOTE
CASO 5
Segnalamento: Chihuahua maschio di 1 anno.
Anamnesi:
26/7 Castrazione
27/7 Vomito, fluidoterapia (destrosio 5%) per via sottocutanea
29/7 Temperatura 39,4, disidratazione, vomito. Ac. acetilsalicilico e fluidi
30/7 Miglioramento, anoressia
31/7 Di nuovo vomito, ampicillina, vitamine del gruppo
B; il paziente beve, ma l’anoressia persiste. Invio del
caso alla University of Georgia
Esame clinico (31/7):
Temperatura 39,4, polso 132, respiro 28, peso 4 kg
Depressione, disidratazione del 5%
Fuoriuscita di materiale dall’incisione nella regione inguinale
Lesioni fistolizzate nella parete toracica
Sclere e mucose itteriche
Nessuna dolorabilità alla palpazione addominale
Molteplici petecchie nella zona rasata
Sono anche presenti lividi sulla cute
EMERGENZA
Esami di laboratorio (1/8):
Ematocrito = 43
Urina = arancione
Proteine plasm. = 4,9
pH = 7,0
Piastrine = diminuite
Peso spec. = 1.015
ACT = 1 min 53 sec
Bilirubina = abbondante
Eritrociti = 0-1
Leucociti = 0-4
Emogramma (2/8):
Ematocrito
Plasma
Proteine plasmatiche
Leucociti
Neutrofili segmentati
Neutrofili non segmentati
Linfociti
Monociti
Piastrine
84
38
Itterico
5,7
13.700
10.001
2.329
548
822
55.000
(35-57)
(limpido)
(6,1-7,5)
(5.000-14.100)
(2.900-12.000)
(0-500)
(400-2.900)
(100-1.400)
(211-621.000)
NOTE
Valutazione della coagulazione (1/8):
Piastrine
PT
PTT
TT
Prod. degr. fibr.
Fibrinogeno
32.000
8,0 sec
22,8 sec
5,0 sec
Negativi a 1:8
190 mg/dl
(211-621.000)
(5-9)
(14-25)
(< 10)
(<1:16)
(200-500)
Profilo biochimico (31/7):
Azotemia
Glicemia
K
Cl
Na
TCO2
10
75
3
105
140
30
(8-28)
(76-119)
(3,9-5,1)
(110-124)
(142-152)
(14-26)
Prot. tot.
Albumina
4,3
1,8
(5,4-7,5)
(2,5-3,6)
Piano diagnostico (1/8):
Emocolture
Piano terapeutico (1/8):
Fluidoterapia con integrazione di K
Somministrazione di antibiotici per via endovenosa
Drenaggio chirurgico degli ascessi sottocutanei
Trattamento della lieve DIC
Eparina 50 U/kg tre volte al giorno
Risultati delle emocolture: Positività per Citrobacter
Ascessi della parete toracica: Positivi per Klebsiella
Decorso:
Ematocrito
Plasma
Prot. plasm.
Leucociti
Neutr. segm.
Neutr. non segm.
Linfociti
Monociti
Piastrine
Terapia:
2/8
3/8
4/8
5/8
8/8
38
Itterico
5,7
13.700
10.001
2.329
548
822
55.000
Ampicillina IV
Eparina
37
Itt.
5,7
9.048
1.629
4.614
1.629
905
81.000
39
Itt.
6,1
24.900
15.438
5.976
1.494
1.992
128.000
39
Liev. itt.
6,7
25.600
19.200
2.560
2.816
1.024
257.000
39
Limpido
6,8
19.800
15.444
1.188
1.386
1.584
359.000
(35-57)
(Limpido)
(6,1-7,5)
(5.000-14.100)
(2.900-12.000)
(0-500)
(400-2.900)
(100-1.400)
(211-621.000)
85
NOTE
CASO 6
Segnalamento: Pointer femmina di 12 settimane.
Anamnesi:
Vaccinazione a 8 settimane
Trattamento antielmintico a 10 settimane con dichlorvos
Alimentazione ad libitum con Puppy Chow
Sulfamidici in acqua contro la coccidiosi
Altri due cuccioli morti
Sospetta polmonite
Emissione di sangue con la tosse
Alla necroscopia, emorragie timiche
Altri 4 cuccioli colpiti allo stesso modo
Esame clinico:
Temperatura 38,3, polso 199, respiro 108
Rumori espiratori
Aumento della sonorità polmonare
Addome apparentemente dolente
Emissione di sangue con conati di vomito
Disidratazione
Problemi iniziali:
Disordini dell’emostasi
Piano iniziale:
ACT: 3 min 35 sec
Piastrine: normali (striscio)
Emogramma:
Ematocrito
Eritrociti
Hgb
Leucociti
3,26 (4,95-7,87) Neutr. seg.
27.900 (5000-14.100)
23.715 (2.900-12.000)
7,4 (11,9-18,9) Neutr. non seg.
MCV
69
(60-77)
MCH
22
(21,0-26,2)
MCHC
33
(32,0-36,3) Leucociti tossici
Reticolociti
Policromasia
86
22,5 (35-57)
5,0%
Linf.
558 (0-450)
285 (400-2.900)
NOTE
Profilo biochimico:
Azotemia
10
Prot. Totali
5,5
Albumina
2,7
Fosf. alcalina 128
SGPT
26
(8-28)
(5,4-7,5)
(2,3-3,6)
(1-114)
(4-66)
Glicemia 146
Na
147
K
3,9
Cl
113
TCO2
24
Ca
9,6
(76-119)
(142-152)
(3,9-5,1)
(110-124)
(14-26)
(9,1-11,7)
Profilo della coagulazione:
Piastrine
PTT
PT
TT
Prod. degr. Fib.
353.000
101,2 sec
49,7 sec
3,7
Neg. a 1:16
(211-621.000)
(13,1-17,4)
(5,8-7,9)
(4,2-7,0)
(Neg. a 1:16)
Terapia (Giorno 1):
Vitamina K1 SC
5 mg/kg = 38 mg
Trasfusione di sangue
Perdita ematica in corrispondenza del punto della puntura
della vena
Test di screening della coagulazione (Giorno 2):
ACT = 1 min 45 sec
Somministrazione quotidiana di vit. K3 alla dose di 2,5
mg/kg
Confronto fra rodenticidi:
Rodenticida
Dose tossica
Insorgenza
Durata
Warfarin
Cumulativa
50 mg/kg
Dopo 1 settimana
1 settimana
Difacinone
Dose unica
Cane: 8 mg/kg
Gatto: 10 mg/kg
1 giorno
3 settimane
87
NOTE
Terapia degli avvelenamenti da rodenticidi con vit. K1:
Rodenticida
Dose iniziale di vit. K1
Warfarin
5-10 mg totali SC
(0,5-1 mg/kg)
5 mg/kg SC
Difacinone
Durata del trattamento con
vit. K1 per os
5-10 mg/die per 5-7 giorni
5 mg/kg per 21 giorni
VALORI NORMALI DEI PARAMETRI
EMATOLOGICI E BIOCHIMICI
University of Georgia
EMOGRAMMA
Ematocrito
Emoglobina
Eritrociti
MCV
MCH
MCHC
Proteine plasmatiche
Fibrinogeno
Reticolociti
Eritrociti nucleati/100 Leucociti
Leucociti
FORMULA LEUCOCITARIA (x 103)
Neutrofili segmentati
Neutrofili non segmentati
Linfociti
Monociti
Eosinofili
Basofili
PROFILO BIOCHIMICO
Azotemia
Creatininemia
Proteine totali
Albumina
Fosfatasi alcalina
SGPT (ALT)
Glicemia
Cl
88
Cane
Gatto
37-55
12-18
5,5-8,5
60-77
19-24
32-36
6,0-7,5
150-300
0-1,5
0
6000-17.000
25-34
8-15
5,0-10,0
39-50
13-17
30-36
6,0-7,5
150-300
0-1,0
5500-19.500
3-11,4
0-0,3
1-4,8
0,15-1,35
0,1-1,2
rari
2,5-11,5
0-0,3
1,5-7
0-0,75
0-0,75
rari
5-28
< 1,5
5,5-7,8
2,6-4,3
< 60
4-60
75-110
96-120
14-32
< 1,5
5,8-7,8
2,3-3,8
2,2-17,8
1-50
83-120
108-128
NOTE
Cane
Gatto
PROFILO BIOCHIMICO (continua)
Na
K
Ca
P
Mg
SGOT (AST)
CPK
Lipasi
Amilasi
Colesterolo
Bilirubina (totale)
BSP
Osmolalità
141-153
3,6-5,6
9,8-12,0
2,5-5,0
1,8-2,4
0-40
8-60
< 1,0
318-1050
140-210
0,1-0,6
< 5%
280-305
143-158
3,2-5,3
8,6-10,8
4,0-7,0
2,0-3,0
0-20
< 75
150-1000
95-130
0,15-0,30
< 5%
280-305
ANALISI DEI GAS EMATICI
pH
pCO2
pO2
HCO3
7,31-7,42
29-42
85-95
17-24
7,24-7,4
29-42
85-95
17-24
PARAMETRI DELL’EMOSTASI
Numero di piastrine (x 1000)
Tempo di coagulazione
PT
PTT
TT
Prodotti di degradazione del fibrinogeno
Fibrinogeno
200-400
< 2 min
5-9
14-25
< 10
< 1:8
200-500
300-600
< 70 sec
5-9
16-26
< 10
< 1:4
300-500
89
28° Congresso SCIVAC
EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995
Urs Giger
PD, Dr. Med. Vet., MS, FVH
Associate Professor of Medicine
and Medical Genetics
Principali malattie ereditarie
del sangue
Venerdì, 23 giugno 1995, ore 12.00
91
NOTE
RIASSUNTO
Conseguentemente ai notevoli sviluppi della medicina
preventiva nel campo della profilassi delle malattie infettive, delle intossicazioni e degli squilibri nutrizionali, lo studio dei disturbi ereditari è andato assumendo un’importanza clinica sempre maggiore. Le informazioni relative a
queste affezioni sono state riassunte in un sistema computerizzato di raccolta dati sulle malattie genetiche del
cane. Nel presente lavoro verranno illustrati, anche attraverso la presentazione di casi clinici, la diagnosi ed il
trattamento di queste anomalie, nonché i suggerimenti da
dare agli allevatori sulla base delle attuali nozioni di
genetica. Nel corso degli ultimi venti anni sono stati identificati molti disturbi ematologici ereditari, quali i difetti
eritrocitari responsabili di emolisi, le principali immunodeficienze conseguenti ad anomalie dei neutrofili e dei
linfociti e le alterazioni dell’emostasi come i deficit della
funzionalità piastrinica, la malattia di von Willebrand e le
coagulopatie.
Alterazioni ereditarie degli eritrociti
Nella clinica dei piccoli animali, benché l’anemia emolitica immunomediata e le anemie causate da agenti di natura infettiva o chimica siano tuttora più frequenti, i disturbi
ereditari degli eritrociti hanno assunto notevole importanza.
In particolare, nei cani che presentano un’anemia emolitica
persistente, risultano negativi al test di Coombs e non
mostrano segni di infestazione da Babesia o esposizione a
tossine (zinco, cipolle), si deve sospettare un’anomalia eritrocitaria ereditaria. La razza degli animali colpiti e gli
effetti multisistemici osservati possono fornire ulteriori
indizi a sostegno della diagnosi. Tuttavia, per la conferma
di quest’ultima, è essenziale una valutazione completa
mediante speciali test di laboratorio. Recentemente, sono
state scoperte parecchie nuove affezioni eritrocitarie ereditarie, che vengono elencate nella tabella. Queste anomalie
non sono state solo individuate a livello clinico e di laboratorio, ma, in un paio di casi, anche a livello molecolare. La
maggior parte delle alterazioni eritrocitarie è stata segnalata in singole famiglie di animali, con l’eccezione della
metaemoglobinemia, riconosciuta in molti cani isolati
92
appartenenti a razze differenti, e di due eritroenzimopatie
glicolitiche, la carenza di fosfofruttochinasi e quella di
piruvatochinasi, entrambe di comune riscontro in una specifica razza di cani, rispettivamente l’english springer spaniel ed il basenji. Per identificare gli animali colpiti e quelli portatori ed escluderli dalla riproduzione sono stati adottati appositi programmi di screening genetico. Entrambe
queste enzimopatie verranno illustrate dettagliatamente.
NOTE
Carenza di piruvatochinasi
La carenza di piruvatochinasi a livello eritrocitario
determina un’anemia persistente, grave ed altamente rigenerativa. L’affezione si riscontra nella maggior parte dei
casi in animali di età compresa fra 4 mesi ed 1 anno.
Nonostante l’intenso pallore delle mucose rilevabile, gli
animali presentano solo un lieve grado di debolezza e
intolleranza all’attività fisica. È interessante notare che i
cani con carenza di piruvatochinasi sviluppano una forma
progressiva di mielofibrosi ed osteosclerosi e muoiono
prima del 5° anno di età per anemia ed insufficienza epatica. Nel corso di prove sperimentali, il trapianto di midollo
osseo si è dimostrato in grado di determinare la completa
guarigione dei basenji colpiti, mentre la splenectomia è
risultata inefficace. Gli eritrociti dei cani colpiti sono
completamente privi del normale isoenzima di tipo R
della piruvatochinasi, ma presentano un’espressione aberrante dell’isoenzima di tipo M, labile e malfunzionante.
Quindi, per diagnosticare la malattia nel cane sono necessari esami di laboratorio speciali, dal momento che la
semplice misurazione dell’attività totale della piruvatochinasi non è sufficiente.
La carenza di piruvatochinasi a livello eritrocitario si
riscontra soprattutto, in tutto il mondo, nel basenji, ma è
stata segnalata anche in altre razze, come il beagle, il west
highland white terrier ed il cairn terrier. La malattia è ereditaria e viene trasmessa attraverso un gene autosomico recessivo, per cui i cani eterozigoti (portatori) risultano clinicamente normali, ma presentano un’attività enzimatica pari
alla metà del valore normale. Diversi laboratori di ricerca e
numerose Facoltà di Medicina Veterinaria hanno attivato
programmi di screening per l’identificazione dei cani malati
e di quelli portatori. Previo accordo con l’istituto di riferimento, per stabilire preventivamente la data dell’esame, si
93
NOTE
devono inviare al laboratorio dei campioni di sangue con
EDTA (mantenuti rigorosamente sotto ghiaccio) prelevati
dai casi sospetti e da alcuni animali di controllo. L’attuazione di questo programma di screening ha già ridotto la frequenza dei basenji con carenza di piruvatochinasi.
Recentemente, abbiamo scoperto parecchi gatti abissini
che presentavano la carenza di piruvatochinasi ed una
grave forma di anemia emolitica parzialmente sensibile
alla splenectomia. In questi soggetti non si sono rilevati
segni di espressione anomala dell’isoenzima di tipo M né
di osteosclerosi. È anche stata osservata un’inspiegabile
anemia ricorrente con splenomegalia, iperglobinemia ed
aumento della fragilità osmotica. Benché anche la porfiria
felina colpisca gli eritrociti, questa è la prima anomalia
emolitica ereditaria descritta nel gatto.
Carenza di fosfofruttochinasi
Nel cane, la carenza di fosfofruttochinasi è caratterizzata
da emolisi cronica con anemia emolitica e miopatia da sforzo. Gli animali colpiti generalmente mostrano una forma
emolitica cronica compensata con reticolociti superiori al
5%, intensa bilirubinuria e valori di ematocrito pari o prossimi a quelli normali, tranne che durante le crisi emolitiche.
Queste ultime sono indotte dall’alcalemia da iperventilazione associata a sforzi fisici intensi, eccessivo abbaiamento e
temperature ambientali elevate e si osservano per la prima
volta a diversi mesi o molti anni di età. Durante queste crisi,
i cani colpiti dalla carenza enzimatica possono divenire gravemente anemici ed itterici. Un segno clinico molto importante è rappresentato dalla comparsa sporadica di pigmenti
bruno scuro nelle urine, dovuta a grave bilirubinuria ed
emoglobinuria, che denota un’imponente emolisi intravascolare. Queste impressionanti alterazioni, accompagnate da
febbre, letargia ed anoressia, di solito si risolvono entro
pochi giorni e, quindi, possono dare l’impressione di rispondere positivamente a qualsiasi trattamento. Il difetto eritrocitario può essere corretto col trapianto di midollo osseo.
Negli springer utilizzati per le competizioni di campo si
può osservare un altro aspetto della malattia. Questi animali
possono rifiutarsi di correre per lunghe distanze, si riposano
spesso o, più raramente, manifestano crampi muscolari
durante l’allenamento. I livelli sierici di creatinachinasi possono risultare lievemente o marcatamente aumentati, ma
94
non si osserva mioglobinuria. Chiaramente, gli animali colpiti non forniscono buoni risultati nel corso dell’attività agonistica, che inoltre può esporli al rischio di crisi emolitiche.
In questi soggetti, la durata prevista della vita risulta relativamente normale, nella misura in cui si riescono ad evitare
le situazioni che possono indurre le crisi emolitiche.
Dal momento che la malattia è caratterizzata dalla completa assenza dell’isoenzima di tipo M, negli animali colpiti, rispetto a quelli di controllo, l’attività totale della fosfofruttochinasi risulta pari solo al 9-22% a livello eritrocitario ed inferiore al 5% nella muscolatura scheletrica.
Questo blocco precoce della glicolisi determina una marcata riduzione della concentrazione eritrocitaria di 2,3difosfoglicerato che, a sua volta, provoca un aumento
dell’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno ed un innalzamento del pH eritrocitario, che spiega la maggiore fragilità
alcalina riscontrata. Recentemente, attraverso studi molecolari, abbiamo scoperto nei cani colpiti l’esistenza di una
mutazione in un unico punto, con la sostituzione di un
codone terminale (TAG) con il triptofano (TGG) in prossimità dell’estremità carbossilica della proteina.
Sono già state identificate diverse dozzine di springer
spaniel inglesi con carenza di fosfofruttochinasi, soprattutto
fra i cani impiegati per le prove di campo negli Stati Uniti.
Dal momento che la malattia può anche non determinare la
comparsa di segni clinici o manifestarsi solo in modo intermittente, è possibile che in questa razza l’anomalia sia più
comune del previsto. Lo scorso anno, abbiamo scoperto uno
springer spaniel inglese con carenza di fosfofruttochinasi in
Danimarca. Inoltre, recentemente abbiamo riscontrato la
stessa mutazione in un cocker spaniel americano, il che fa
pensare che queste due razze siano state incrociate.
La malattia viene trasmessa ereditariamente attraverso
un gene autosomico recessivo. Negli animali colpiti ed in
quelli portatori, può essere diagnosticata con la misurazione dell’attività enzimatica in campioni di sangue con
EDTA appena prelevati o mantenuti sotto ghiaccio.
Rispetto ai soggetti di controllo, nei portatori, che appaiono clinicamente normali, tale attività risulta approssimativamente dimezzata. Recentemente, abbiamo messo a
punto un test di screening relativamente semplice, basato
sull’impiego della reazione a catena della polimerasi
(PCR) che rimpiazzerà le metodiche, molto più complesse,
di determinazione dell’attività enzimatica. Questo test utilizza una piccola quantità di sangue e permette di determi-
NOTE
95
NOTE
nare con la massima precisione se in un cane la sintesi
della fosfofruttochinasi è regolata da due geni mutanti
(colpito), da un gene normale e da uno mutante (portatore)
o da due geni normali (normale). Si tratta del primo test di
screening molecolare per animali da compagnia che consente di determinare la frequenza del gene responsabile di
questo difetto nella razza e di identificare con la massima
precisione i soggetti da escludere dalla riproduzione.
Immunodeficienze primitive del cane
Le immunodeficienze sono anomalie ereditarie del sistema immunitario che possono predisporre gli animali colpiti
ad una gran varietà di malattie infettive. Possono essere suddivise in specifiche (difetti delle risposte umorali e cellulomediate) ed aspecifiche (anomalie dei fagociti e del sistema
del complemento). Nell’uomo sono state identificate molte
affezioni di questo tipo e recentemente sono state riscontrate
malattie analoghe anche negli animali. L’emopoiesi ciclica
dei collie grigi venne descritta per la prima volta 35 anni fa e
oggi, grazie ai recenti progressi dell’immunologia clinica e
di laboratorio in medicina veterinaria, sono state identificate
varie altre forme di immunodeficienza.
Specifiche:
Grave immunodeficienza combinata
Carenza selettiva di IgA
Carenza selettiva di IgM
Ipoglobulinemia transitoria
Nanismo immunodeficiente
Acrodermatite letale
Aspecifiche:
Emopoiesi ciclica (neutropenia)
Anomalia di Pelger-Hüet
Carenza di adesione dei leucociti
Carenza della componente C3
del complemento
Sensibilità alla tubercolosi aviare
Difetti delle capacità battericide
dei neutrofili
Immunodeficienza con ascessi
Trasmissione*
Razze
XR
S
S
S
S
S
Basset, welsh corgi
Beagle, shar pei
Doberman
Samoiedo
Weimaraner
Bull terrier
AR
AD
AR
Collie grigi
Varie razze
Setter irlandese
AR
S
Britanny spaniel
Basset
S
S
Doberman
Weimaraner
*
XR, gene recessivo del cromosoma X; AR, gene autosomico recessivo; AD, gene autosomico dominante; S, sconosciuta.
96
Le principali caratteristiche cliniche che suggeriscono
l’esistenza di un’immunodeficienza primaria sono rappresentate da aumentata sensibilità alle infezioni (compresa
quella che si verifica nei neonati e nei cuccioli privati del
colostro, che vengono colpiti da infezioni ricorrenti alle
quali spesso soccombono), mortalità neonatale associata
all’interessamento di più soggetti della cucciolata, riscontro
di quadri gravi e spesso atipici causati da microrganismi non
patogeni e da agenti infettivi insoliti, incompleta e ritardata
risposta alla terapia antimicrobica ed inadeguata reazione
alle vaccinazioni. Possono poi essere presenti altre manifestazioni, quali diluizione del colore del mantello, scarso
accrescimento ed aumentata tendenza alle emorragie. Oltre
alla dettagliata descrizione clinica, per molte immunodeficienze sono state identificate le anomalie della funzione leucocitaria e, in alcuni casi, è stata individuata la carenza di
una specifica proteina, come la componente C3 del complemento o la CD18. Inoltre, recentemente è stato dimostrato
che la grave immunodeficienza combinata trasmessa attraverso il cromosoma X nel basset, caratterizzata da una
disfunzione cellulare ed umorale, è dovuta ad una delezione
4-bp nel primo esone del gene che regola la catena gamma
del recettore della IL-2. Le immunodeficienze primarie del
cane rappresentano condizioni omologhe alle corrispondenti
malattie genetiche dell’uomo e possono essere utili come
modello animale per chiarirne la patogenesi e verificare
l’efficacia di nuove strategie terapeutiche.
NOTE
Alterazioni ereditarie della coagulazione
Nei piccoli animali, le emorragie possono spesso essere
causate o aggravate da un disordine ereditario dell’emostasi. Sono stati identificati molti difetti di questo tipo, che
possono essere distinti in coagulopatie (cioè carenze dei
fattori plasmatici della coagulazione), alterazioni della funzionalità piastrinica e malattia di von Willebrand.
Malattia di von Willebrand
Il fattore di von Willebrand è una grande proteina plasmatica multimerica sintetizzata ed accumulata a livello
delle cellule endoteliali. È coinvolto nella prima fase
dell’emostasi, l’adesione delle piastrine al collagene endo97
Alterazioni ereditarie della coagulazione
TE
Coagulopatie
Fattore VII
Emofilia A (Fattore VIII)
Emofilia B (Fattore IX)
Fattore X
Fattore XI
PTT PT Trasmissione
N
N
N
N
N
N
↑
↑
↑
↑
↑
N
N
↑
N
AR
XR
XR
AD
AD
Fattore XII
N
Coagulopatia vitamina K- N
dipendente
↑
↑
N
↑
AR
AR
N
S
N
N
AR
N
AD/AR
Difetti della funzionalità piastrinica
Alterazioni del pool δ
↑
N
di riserva
Tromboastenia
↑
N
Trombopatia
↑
N
Malattia di von Willebrand ↑
N
Beagle, sanguinamento lieve
Beagle
Molte razze, sanguinamento da lieve a grave
Molte razze, sanguinamento da lieve a grave
Cocker spaniel americano
Kerry blue terrier, cane dei Pirenei,
Springer spaniel inglese, emorragie postoperatorie
Molti gatti, assenza di sanguinamento
Devon rex, sanguinamento grave
Cocker spaniel americano
Otterhound
Bassethound, spitz
Molte razze
TE, tempo di emorragia; PTT, tempo di tromboplastina parziale; PT, tempo di protrombina; ↑, aumento; XR,
gene recessivo del cromosoma X; AR, gene autosomico recessivo; AD, gene autosomico dominante; S, trasmissione sconosciuta.
teliale, e nelle condizioni caratterizzate da elevato consumo, come avviene nelle arteriole e nel microcircolo.
Quindi, è necessario principalmente alla funzione piastrinica, sebbene agisca anche da carrier per il Fattore VIII. Le
più grandi strutture multimeriche del fattore di von
Willebrand sono anche quelle più attive dal punto di vista
dell’emostasi.
In questa malattia, tutte le dimensioni del fattore di von
Willebrand possono essere proporzionalmente ridotte (tipo
I) o mancare completamente (tipo III); più raramente, possono andare perduti esclusivamente i grandi multimeri
(tipo II). La malattia è stata identificata in più di 50 razze,
in alcune delle quali presenta una frequenza superiore al
50%; la forma di tipo I può anche essere acquisita ed associata ad ipotiroidismo. La condizione sembra verificarsi
solo raramente nel gatto. Attualmente, presso molti laboratori è possibile effettuare un test semplice, sensibile ed
accurato, basato sul metodo ELISA, inviando un campione
di sangue con EDTA o citrato. Tuttavia, per differenziare il
tipo I da quello II (raro) è necessaria l’analisi dei multime98
ri mediante elettroforesi in gel. La determinazione del
tempo di emorragia a livello della mucosa boccale è un
esame semplice e pratico, ma non molto sensibile, per
identificare la malattia.
Nei cani colpiti, questo tempo risulta tipicamente prolungato, ma in alcuni casi può essere normale anche in presenza di bassi livelli plasmatici del fattore di von
Willebrand. Inoltre, l’entità della carenza di quest’ultimo
non risulta correlata al prolungamento del tempo di emorragia boccale, né alla tendenza alle emorragie o all’eccessivo sanguinamento operatorio. I cani colpiti dalla malattia
di von Willebrand presentano raramente sanguinamenti
spontanei, ma possono avere eccessive perdite di sangue in
caso di traumi, interventi chirurgici, estro, infezioni virali
ed ulcere gastroenteriche. In questi animali si deve evitare
l’impiego dell’acido acetilsalicilico e di ogni altro farmaco
che determini un notevole aumento della tendenza alle
emorragie.
I pazienti che, pur essendo colpiti dalla malattia, non
presentano alcun sanguinamento non necessitano di alcuna
terapia specifica, tranne che la correzione dell’eventuale
ipotiroidismo. Invece, nei soggetti con gravi emorragie è
indicata la somministrazione di fattore di von Willebrand
esogeno. Allo scopo, risultano maggiormente indicati il
crioprecipitato (fattore di von Willebrand, fattore VIII e
fibrinogeno concentrati), plasma congelato (che contiene
tutti i fattori della coagulazione) o sangue fresco intero, se
il paziente è anche gravemente anemico o non è possibile
disporre di emoderivati specifici. Sembra essere utile
anche la somministrazione due volte al giorno di tiroxina
alle dosi abituali, che può abbreviare il tempo di emorragia. A differenza di quanto avviene nell’uomo, la desmopressina, un analogo della vasopressina, determina solo un
aumento marginale dei livelli plasmatici del fattore di von
Willebrand. Tuttavia, la somministrazione per via sottocutanea di 1 µg/kg di questa sostanza ad alcuni cani colpiti
dalla malattia ha determinato una riduzione transitoria del
tempo di emorragia e può diminuire ulteriormente le perdite ematiche o l’eccessivo sanguinamento durante gli
interventi chirurgici. In ogni caso, questi ultimi devono
sempre essere effettuati curando in modo particolarmente
meticoloso l’emostasi e tenendo a disposizione degli emoderivati compatibili col sangue del paziente; inoltre, si
devono evitare tutti i trattamenti che possono compromettere l’emostasi.
NOTE
99
NOTE
Tipi di malattia di von Willebrand
Tipo I:
Tutti i multimeri sono ridotti al 5-50%
Trasmesso da un gene autosomico dominante a penetranza
incompleta
Acquisito con l’ipotiroidismo
Tipo II: Perdita dei grandi multimeri
Nel pointer tedesco a pelo corto
Tipo III: Assenza di multimeri
In Chesapeake Bay retriever, terrier scozzese, pastore delle
Shetland
100
101
Razza
Alaskan Malamute
Schnautzer nano
English springer spaniel
Akita
Macrocitosi/Disematopoiesi Barboncino
Difetti di produzione e
maturazione
Emopoiesi ciclica
Collie grigio
Microcitosi familiare
Elevati livelli eritrocitari di Akita
potassio
Incroci di razze giapponesi
Emolisi non sferocitaria
Beagle
Aumento della fragilità
Stomatocitosi
Anomalie di membrana e di
altra natura
Ellissocitosi
Cani meticci
Eritroenzimopatie
Carenza di piruvatochinasi Basenji (comune)
(PK)
Beagle (comune)
West Highland white terrier
e Cairn terrier
Barboncino nano
Gatto abissino
Carenza di fosfofruttochina- English springer spaniel
si (PFK)
(comune)
Cocker spaniel americano
Carenza di glucosio-6-fosfa- Weimaraner
to-deidrogenasi (G6PD)
Carenza di metaemoglobi- Diversi casi isolati nel cane
na-riduttasi (Met-Hb-red)
e nel gatto
Porfiria del gatto, carenza Gatto domestico a pelo
di porfobilinogeno-deami- corto, siamese
nasi
Disordini
Normale
Gene autosomico Normale
recessivo
Sconosciuta
Normale
Gene autosomico 29-42
recessivo
Sconosciuta
Normale
Sconosciuta
Gene autosomico Normale
recessivo
Gene autosomico
recessivo
Sconosciuta
Normale
Nessuna, ellissociti
Macrocitosi
Citopenie intermittenti
Microcitosi
Infezioni ricorrenti, sanguinamenti
Nessuna
Nessuna
Macrocitosi, stomatociti, condrodisplasia nei malamute
Aumento della fragilità osmotica Lieve policromasia, ipertermia
indotta dall’attività fisica
Aumento dei livelli eritrocitari e Nessuna, pseudoiperkalemia
sierici di potassio
Reticolocitosi, Ca-ATPasi (?)
Nessuna, lieve anemia
Carenza di banda 4,1
delezione genica
Aumentata fragilità, stomatociti
Normale-elevato Met-Hb-red 10-40%, Met-Hb > Cianosi, assenza di anemia, intol10%
leranza all’attività fisica (?)
Normale
PBG-deaminasi, siderociti
Colorazione bruna di denti ed
ossa, anemia nei gatti siamesi
Sconosciuta
Gene dominante
Normale
Sconosciuta
Attività di PK 8,22% screening Crisi emolitiche inducibili, lieve
genetico per identificare il miopatia, pigmenturia
punto di mutazione
Attività di G6PD 40%
Nessuna
Caratteristiche cliniche
Gene autosomico 9-48
recessivo
Test speciali
Anomalie della cinetica e della Anemia emolitica, mielofibrosi
stabilità della PK, attività di M- ed osteosclerosi (cane)
PK
Ematocrito (%)
Gene autosomico 11-25
recessivo
Modalità di
trasmissione
ereditaria
Tabella
Disordini eritrocitari ereditari dei piccoli animali
(Adattata da Giger, Curr Vet Therapy, 1989)
28° Congresso SCIVAC
EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995
George Lubas
Professore Associato di Ematologia ed
Immunologia Clinica Veterinaria
Istituto di Clinica Medica Veterinaria
Viale delle Piagge 2 - Università di Pisa
56124 Pisa
Terapia trasfusionale:
l’esperienza italiana
Venerdì, 23 giugno 1995, ore 13.00
103
NOTE
RIASSUNTO
L’emotrasfusione è un intervento terapeutico talora
insostituibile alla portata di qualsiasi medico veterinario,
realizzabile grazie alle conoscenze derivanti dagli studi sui
gruppi sanguigni nel cane e nel gatto che hanno reso possibile evitare reazioni immunomediate indesiderate ed
all’adozione su larga scala di una serie di semplici attrezzature. Particolare attenzione deve essere però rivolta ad
identificare gli idonei soggetti donatori gruppo sanguigno
compatibili, eseguendo un accurato esame clinico, un
completo profilo ematobiochimico ed indagini sierologiche
e parassitarie. Deve essere inoltre conosciuta l’applicazione dei diversi prodotti emotrasfusionali nel cane (concentrato di eritrociti o di piastrine, plasma fresco, ect.), il cui
utilizzo mirato può correggere selettivamente diversi stati
patologici (anemie, disturbi dell’emocoagulazione e carenze proteiche). Presso l’Università di Pisa è stato istituito il
Centro Trasfusionale Veterinario, primo del suo genere in
Italia, che grazie ad un programmato piano di cani donatori esterni, si occupa principalmente di medicina emotrasfusionale in questa specie, ma è in grado di gestire la
medesima attività a favore anche del gatto e del cavallo.
INTRODUZIONE
L’emotrasfusione è oggigiorno un intervento terapeutico talora insostituibile alla portata di qualsiasi medico
veterinario, realizzabile grazie alle conoscenze derivanti
dagli studi sui gruppi sanguigni nel cane e nel gatto ed
all’adozione su larga scala di semplici attrezzature per la
sua realizzazione pratica.
Presso la Clinica Medica Veterinaria dell’Università di
Pisa è stato istituito il Centro Trasfusionale Veterinario
(CTV), primo del suo genere in Italia, che grazie ad un
programmato piano di cani donatori esterni, si occupa
principalmente di medicina emotrasfusionale in questa
specie, ma è in grado di gestire la medesima attività a favore anche del gatto e del cavallo.
Tabella 1
104
Caratteristiche dei gruppi sanguigni del cane
Nomenclatura
Tipo di reazione
Incidenza gruppi
Incidenza gruppi
per l’identificazione
sanguigni in Italia
sanguigni nel mondo
DEA
Sistema
Fattori
Agglutinazione
1.1
1.2
A
3
4
5
6
7
B
C
D
F
Tr
a1
a2
a3
a
a
a
a
tr
o
a
a
a
a
a
+
+
+
+
+
+
+
+
+
-
J
K
L
M
N
Coombs Emolisi
+
+
+
(+)
+
+
+
+
+
+
(+)
(+)
-
Pastori tedeschi
Meticci
Pastori tedeschi
Meticci
12,5
nd
nd
nd
nd
nd
nd
10,7
nd
nd
nd
nd
nd
nd
10,7
nd
nd
nd
nd
nd
nd
11,4
nd
nd
nd
nd
nd
nd
30,4
4,3
19,6
nd
nd
nd
nd
nd
nd
nd
nd
nd
nd
nd
41,3
9,1
9,1
5,5
99,8
22,4
100
40,7
31,1
34,4
2,0
51
19
61,6
Note : + = reazione ottimale; (+) = reazione alternativa o di seconda scelta; - = assenza di reazione; nd = non
determinato.
Caratteristiche dei gruppi sanguigni del cane e del gatto
Nel cane sono noti diversi gruppi sanguigni (vedi
tabella 1), ma ai fini trasfusionali quelli più importanti
sono quelli appartenenti al sistema A (DEA 1) e Tr (DEA
7), poiché hanno una capacità di indurre una eventuale
reazione sfavorevole. Nel cane non è frequente il reperto
di anticorpi naturali antieritrocitari, ma nel caso siano
presenti hanno un titolo piuttosto basso e comunque non
sono in grado di provocare una grave reazione trasfusionale.
Scelta dei cani donatori di sangue
Per essere considerato un idoneo donatore di sangue
il cane deve avere un peso di almeno 25 kg, un’età compresa tra 2 e 8 anni ed un buon carattere; inoltre deve
essere in ottime condizioni di salute, avere un ematocrito
di almeno 40% ed essere in regola con le principali vaccinazioni. Ai fini immunoematologici i cani donatori non
105
NOTE
Tabella 2
Esami di laboratorio adottati dal CTV dell’Università di Pisa
per il cane donatore di sangue
Gruppo sanguigno:
DEA 1 (Aa), DEA 7 (Tr)
Emocromo:
n°RBC, n°WBC, Hgb, Hct, MCV, MCH,
MCHC, RDW, n° PLT, MPV, PCT, PDW
Formula leucocitaria: Neutro/Eosino/Basofili
Linfo/Monociti
Biochimica Clinica:
Alanina Transferasi (ALT), Fosfatasi Alcalina
(AP), Proteine Totali, Urea
Emocoagulazione:
Tempo Protrombina (PT)
Tempo Tromboplastina Parziale (aPTT)
Sierologia:
Ehrlichia (E. canis)
Filaria (D. immitis)
Leishmania (L. infantum)
Borrelia (B. burgdorferi)
Brucella (B. canis)
Urine:
Analisi chimico fisica
Parassitologia:
Fecale, ricerca microfilarie
devono possedere i gruppi sanguigni DEA 1 (Aa) (con i
sottotipi DEA 1.1 e DEA 1.2) ed il DEA 7 (Tr). Lo stato
di salute dell’animale donatore deve essere verificato
con apposite analisi di laboratorio (vedi tabella 2) e particolare importanza rivestono le indagini sierologiche per
alcune malattie potenzialmente trasmissibili per via ematica.
Prelievo e raccolta di sangue dai donatori
Il prelievo di sangue deve essere eseguito da vasi di
grosso calibro (vena giugulare o vena cefalica dell’arto
anteriore). L’accesso alla vena prescelta deve essere rasato
dal pelo e disinfettato. Devono essere usati aghi di grosso
diametro (16 G) che diminuiscono le possibilità di traumi
sugli eritrociti ed aumentano la velocità di riempimento
della sacca. L’anticoagulante più idoneo risulta essere il
CPDA-1 (Citrato, Fosfato, Destrosio, Adenina), nel rapporto di 14 ml su 100 ml di sangue, in quanto prolunga la
vita degli eritrociti nella sacca anche fino a 35 giorni dopo
il prelievo se conservato a 4°C. La sacca può essere riem106
pita per gravità o con un dispositivo collegato ad una
pompa a vuoto. Durante la raccolta occorre agitare delicatamente la sacca per favorire il mescolamento tra sangue
ed anticoagulante onde evitare la formazione di coaguli.
La quantità di sangue che si può prelevare da un cane
donatore è di circa 1,5-2% del peso corporeo ogni 4 settimane (oppure fino a 20 ml/kg).
NOTE
Preparazione, indicazioni e somministrazione degli
emoderivati
Sangue intero fresco
Il sangue intero fresco è raccolto in sacche contenenti
CPDA-1, va conservato a 4°C ed utilizzato entro 6-12 ore
per avere la massima disponibilità di tutti gli elementi
ematici, ma soprattutto dei leucociti, piastrine e fattori
labili della coagulazione che hanno una emivita molto
breve. Si somministra nelle anemie emorragiche acute
causate da interventi chirurgici, traumi, difetti congeniti
ed acquisiti della coagulazione e processi patologici a
carico della parete vasale (es. rottura aneurismi) e nelle
anemie emolitiche. La velocità massima di infusione deve
essere di 0,25 ml/kg per i primi 30 min, per controllare
eventuali reazioni di incompatibilità. Quindi nei pazienti
normovolemici max 22 ml/kg nelle 24 ore, nei pazienti
ipovolemici max 20 ml/kg/ora. In ragione dell’ampia
variabilità della velocità di infusione si raccomanda uno
stretto monitoraggio del paziente. L’impiego di una trasfusione di sangue intero fresco o conservato è utile quando
il valore dell’ematocrito nel potenziale ricevente scende al
di sotto del 20%. La quantità totale di sangue da trasfondere può essere calcolata con la seguente formula (valore
in ml):
88 × peso ricevente in kg × Ematocrito richiesto – Ematocrito ricevente
Ematocrito del sangue nella sacca
Concentrato di eritrociti
Viene preparato per centrifugazione o sedimentazione
della sacca di prelievo contenente CPDA-1 e successivo
allontanamento del plasma e può essere conservato fino a
35 giorni dopo il prelievo. Ha le stesse indicazioni del san107
NOTE
gue intero fresco eccetto che nelle anemie emorragiche
causate da difetti congeniti od acquisiti della coagulazione,
però non incrementa la volemia e non sovraccarica il circolo sanguigno.
Per le norme di infusione vedi quanto riportato nel sangue intero fresco. In genere il concentrato di eritrociti
viene diluito con 100 ml di soluzione fisiologica sterile. Il
volume del concentrato da trasfondere può essere calcolato
con la seguente formula:
70 × peso ricevente in kg × Hb richiesto – Hb ricevente
Hb nel concentrato eritrociti
Plasma
Viene ottenuto per centrifugazione dalla sacca di prelievo contenente sangue con CPDA-1 e successiva separazione degli eritrociti e leucociti. Il plasma fresco ricco di piastrine si ottiene con la centrifugazione a 375 giri/min per
15-20 min e deve essere trasfuso al ricevente entro 6-12
ore. È indicato in tutti i casi di trombocitopenia. Il plasma
fresco povero di piastrine si ottiene con la centrifugazione
a 2000 giri/min per 10 min.
Il plasma fresco povero di piastrine è invece chiamato
Plasma Fresco Congelato se preparato entro 6-12 ore dal
prelievo e congelato a -20°C al fine di mantenere intatti
tutti i fattori della coagulazione e le proteine plasmatiche
per la durata di un anno. Il plasma fresco congelato è indicato in tutti i casi di deficit o di ipofunzionalità congenita
od acquisita dei fattori della coagulazione (ad es. l’emofilia A, il morbo di Von Willebrand) e negli avvelenamenti
da antagonisti della Vitamina K.
Il plasma fresco povero di piastrine è chiamato plasma
congelato se la preparazione avviene oltre 12 ore dal
momento del prelievo. Può essere utilizzato come terapia
sostitutiva di albumina, globuline, elettroliti e nelle ipovolemie (ad es. ustioni gravi).
La velocità massima di infusione deve essere di 0,25
ml/kg per i primi 30 min, per controllare eventuali reazioni
di incompatibilità. Quindi la velocità di infusione suggerita
è di 6-10 ml/kg/h. Si raccomanda sempre uno stretto monitoraggio del paziente. Lo scongelamento del plasma va
effettuato in bagnomaria a 37°C.
Reazioni trasfusionali
108
Tabella 3
Sommario delle indicazioni per l’uso degli emoderivati
Indicazioni d’uso
NOTE
Emoderivati consigliati
Anemie emorragiche
Anemie emolitiche
Anemie non rigenerative
Trombocitopenia
Sangue intero fresco
Sangue intero conservato
Concentrato di eritrociti
Sangue intero fresco
Plasma fresco ricco di piastrine
Deficienza dei fattori della coagulazione Plasma fresco congelato
Sangue intero fresco
Ipoprotidemia, ipoalbuminemia, ustioni Plasma congelato
Gli emoderivati consigliati hanno attività pressoché equivalente per il
gruppo corrispondente di patologie indicate; la scelta si basa sulla
disponibilità degli emoderivati e sulle condizioni del paziente.
Le reazioni trasfusionali nel cane ricevente sono rare.
Quelle di origine immunomediata sono dovute alla trasfusione di eritrociti con il gruppo sanguigno DEA 1 o DEA 7
in un soggetto con specifici anticorpi. I sintomi si manifestano con: tremori, incontinenza urinaria e fecale, salivazione, vomito, febbre, orticaria, crisi asmatiche, aritmie
cardiache, emoglobinuria, emoglobinemia, edema, coagulazione intravasale disseminata, emorragia. Queste reazioni, talora, possono essere osservate anche inoculando
pochi ml di sangue incompatibile in un soggetto con anticorpi anti DEA 1 a titolo elevato, ma difficilmente anche
nei casi molto gravi si arriva alla morte.
Altre reazioni che si possono verificare durante la trasfusione sono dovute a varie cause, tra cui l’inquinamento
da germi pirogeni della sacca e dei raccordi (febbre, tremori muscolari, mucose congeste e vomito), il sovraccarico
circolatorio (segni di insufficienza cardiaca sinistra con
tosse e dispnea fino all’edema polmonare) ed infine uno
squilibrio acido base per eccesso di citrati (tremori muscolari e disturbi cardiaci) o di potassio (disturbi cardiaci).
Prove di compatibilità crociata
Prima di ogni trasfusione è buona norma effettuare
sempre le prove di compatibilità crociata major e minor; la
prima viene eseguita mettendo a contatto globuli rossi del
109
NOTE
donatore con il siero/plasma del ricevente in modo da evidenziare la possibile presenza di anticorpi antieritrocitari
nel ricevente. La seconda viene effettuata, invece, ponendo
a contatto i globuli rossi del ricevente con il siero/plasma
del donatore e permette di evidenziare eventuali anticorpi
antieritrocitari presenti nel donatore. La presenza di anticorpi diretti contro gli eritrociti e cioè la reazione positiva
viene rilevata per mezzo di emoagglutinazione macro e/o
microscopica o di emolisi.
BIBLIOGRAFIA
Continanza R., Gavazza A., Lubas G. - Recenti acquisizioni sull’impiego dei
gruppi sanguigni del cane - Vet. Rep. ediz. Italiana, 4, 2, 7-14, 1993.
Gavazza A., Lubas G. - Prove di laboratorio preliminari alla pratica emotrasfusionale del cane - Boll. AIVPA, 29-32, 1995.
Lubas G. - Appunti di Immunoematologia e di Immunogenetica Veterinaria Servizio Editoriale Universitario, Pisa, pp 201, 1992.
Lubas G., Continanza R., Delgadillo A.J., Campanella O.F. - Uso dei gruppi sanguigni del cane nella pratica trasfusionale - Atti S.I.S. Vet., XLV, 1407-1410,
1991.
Lubas G., Continanza R., Gavazza A. - Survey on frequency of two erythrocyte
antigens in dogs reared in Italy - Ann. Fac. Med. Vet. Pisa, XLV, 281-286,
1992.
Lubas G., Minori D., Campanella O.F. - I gruppi sanguigni del cane. II.
Applicazioni.- Riv. Mil. Med. Vet., 7, 2-13, 1993.
110
28° Congresso SCIVAC
EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995
Jeanne Barsanti
DVM, MS
Diplomate, American College of Veterinary Internal
Medicine (Speciality of Internal Medicine)
Department of Small Animal Medicine
University of Georgia
Athens, GA 30602
Alterazioni degli equilibri
fluido-elettrolitici e acido-base
Sabato, 24 giugno 1995, ore 9.00
111
NOTE
RIASSUNTO
I possibili squilibri idrici sono rappresentati da iperidratazione e disidratazione. Nella clinica dei piccoli animali, quest’ultima è più comune. Le alterazioni dell’equilibrio idrico risultano di solito evidenti nel corso dell’esame
clinico, ma determinano anche la comparsa di modificazioni dei parametri di laboratorio, come la variazione
delle concentrazioni sieriche degli elettroliti. La valutazione di queste modificazioni risulta particolarmente importante per scegliere la terapia più appropriata per ciascun
paziente.
Le anomalie dell’equilibrio acido-basico sono dovute a
disordini metabolici e respiratori e possono essere rilevate
attraverso la misurazione dei livelli di elettroliti e bicarbonati o, più precisamente, con la valutazione dei gas
disciolti nel sangue arterioso o venoso. Si deve anche
misurare il pH urinario. L’acidosi metabolica può essere
causata da molti processi patologici, mentre il riscontro di
alcalosi metabolica indica di solito un’ostruzione del
deflusso gastrico. L’accurata valutazione delle alterazioni
acido-basiche, associata a quella delle anomalie dei livelli
sierici degli elettroliti, permette di formulare un piano diagnostico e terapeutico appropriato.
INTRODUZIONE
L’iperidratazione e la disidratazione sono potenziali
squilibri elettrolitici, ma la seconda è più comune nella clinica dei piccoli animali. Le alterazioni dell’equilibrio idrico risultano di solito evidenti all’esame clinico, ma determinano anche modificazioni dei parametri di laboratorio,
come le anomalie dei livelli degli elettroliti. La valutazione
di queste variazioni è importante per la scelta della terapia
più appropriata per ogni singolo paziente.
Le alterazioni dell’equilibrio acido-basico possono
essere dovute a disordini metabolici e respiratori. Si tratta
di variazioni rilevabili attraverso la misurazione di elettroliti e bicarbonati o, in modo più preciso, ricorrendo alla
valutazione delle concentrazioni dei gas a livello arterioso
o venoso. Si può anche misurare il pH dell’urina. L’acidosi
metabolica può essere indotta da numerosi processi patologici, mentre l’alcalosi è di solito conseguente ad un’ostruzione del deflusso gastrico. La valutazione accurata delle
112
alterazioni acido-basiche, associata alla determinazione
degli elettroliti sierici, permette di formulare una diagnosi
corretta ed instaurare un piano terapeutico appropriato.
NOTE
SQUILIBRI IDRICI
Disidratazione
Si definisce come disidratazione il deficit di acqua
dell’organismo, che è spesso associato a variazioni
dell’equilibrio elettrolitico ed acido-basico. Le possibili
cause di disidratazione sono rappresentate dalla mancata
assunzione di acqua (che spesso accompagna l’anoressia) e
dall’aumento delle perdite idriche. Queste ultime si verificano tipicamente attraverso l’apparato gastroenterico
(vomito, diarrea), urinario (poliuria obbligata) o respiratorio (respirazione affannosa).
I segni clinici della disidratazione sono rappresentati da
perdita di elasticità (turgore) della cute, secchezza delle
mucose e prolungamento del tempo di riempimento capillare. La gravità di queste manifestazioni varia in relazione
a quella della disidratazione. Se questa è lieve (< 5%)
l’esame clinico risulta normale, se si esclude una discutibile alterazione del turgore cutaneo. Se è moderata (6-9%), il
turgore appare chiaramente diminuito e compare la secchezza delle mucose. Il tempo di riempimento capillare è
lievemente prolungato, da 1-2 secondi a 2-3 secondi. Si
può osservare un lieve infossamento del bulbo oculare
all’interno dell’orbita. In caso di disidratazione grave (1012%), le alterazioni del turgore cutaneo e delle mucose
sono molto più intense e il tempo di riempimento capillare
risulta superiore a 3 secondi. Gli occhi sono decisamente
infossati e possono essere presenti spasmi muscolari involontari. Quando la disidratazione raggiunge il 12-15% possono comparire debolezza, depressione, collasso cardiovascolare (shock) e morte.
Il tipo di alterazioni di laboratorio che possono essere
indotte dalla disidratazione varia in relazione alla natura
della perdita idrica subita dall’organismo. Nella maggior
parte dei casi, i fluidi perduti sono rappresentati da acqua
pura o liquidi ipotonici, con conseguente disidratazione
ipertonica. Le anomalie di laboratorio sono l’aumento
dell’ematocrito e dei livelli di proteine totali o solidi totali.
Anche gli elettroliti sierici possono aumentare. Se la fun113
NOTE
zione renale è normale, l’urina risulta molto concentrata (>
1.035 nel cane e > 1.045 nel gatto).
Iperidratazione
L’iperidratazione viene definita come la presenza di una
quantità eccessiva di acqua nell’organismo. Le possibili
cause di questa condizione sono l’eccessiva assunzione
d’acqua, solitamente dovuta ad una fluidoterapia troppo
spinta, o l’alterazione dell’escrezione dell’acqua ingerita.
Quest’ultima può essere conseguente a insufficienza cardiaca congestizia, gravi epatopatie e sindrome nefrosica. L’iperidratazione è meno comune della disidratazione come problema clinico chiaramente identificato. In parte, ciò può
essere dovuto alle difficoltà che si incontrano per distinguere
l’iperidratazione lieve o moderata dalla normale idratazione,
dal momento che in questi casi il turgore cutaneo ed il
tempo di riempimento capillare restano normali. In caso di
iperidratazione marcata, invece, possono essere presenti
edema generalizzato e/o ascite. Quando la condizione è
secondaria ad un’eccessiva fluidoterapia endovenosa, si
notano scolo nasale limpido, incremento ponderale ed
aumento della pressione venosa centrale, accompagnati da
un incremento della frequenza e dello sforzo respiratori,
dovuti alla presenza dell’edema polmonare.
Le alterazioni di laboratorio associate all’iperidratazione variano in relazione al tipo di fluido in eccesso. Se la
condizione è dovuta ad un liquido ipotonico, le alterazioni
che si riscontrano sono rappresentate da diminuzione
dell’ematocrito, delle proteine totali, dei solidi totali e
degli elettroliti sierici. Se la funzione renale è normale,
l’urina è ipotonica.
SQUILIBRI ELETTROLITICI
Sodio
Il sodio è il principale responsabile dell’osmolalità del
liquido extracellulare, nonché il principale fattore che
determina il volume del liquido extracellulare stesso e
dell’acqua fra il comparto fluido intra- ed extracellulare. I
suoi livelli plasmatici sono rigorosamente regolati, indipendentemente dalle ampie variazioni riscontrabili nel
contenuto di sodio della dieta.
114
Ipernatremia
NOTE
L’ipernatremia è dovuta alla perdita d’acqua in presenza di un eccesso di sodio, al calo dell’assunzione di acqua,
alla ritenzione di sodio in presenza di eccesso di acqua,
all’aumento dell’assunzione di sodio o ad una delle possibili combinazioni di questi fattori. In caso di inadeguata
assunzione idrica o eccessiva perdita di acqua o di fluidi
ipotonici, l’ipernatremia è accompagnata da disidratazione.
Le possibili cause dell’inadeguata assunzione di acqua
sono rappresentate dall’insufficiente disponibilità della
stessa e dalle affezioni del sistema nervoso centrale che
diminuiscono la percezione della sete. La perdita di acqua
o liquidi ipotonici può essere dovuta a respirazione affannosa (calore), dispersione renale (diabete insipido, nefrogeno o ipofisario) e manifestazioni gastroenteriche (vomito, diarrea). Se queste perdite non vengono compensate
dall’assunzione di acqua, si osservano disidratazione ed
ipernatremia. Quest’ultima, quando è dovuta ad un’eccessiva assunzione o ritenzione di sodio, spesso non è associata a disidratazione. Una delle possibili cause è l’impiego di
soluzioni ipertoniche a causa del loro contenuto di sodio
(soluzione ipertonica di NaCl, eccesso di bicarbonato di
sodio).
I segni clinici possono essere dovuti alla grave ipernatremia indotta dall’ipertonicità del liquido extracellulare e variano da debolezza a depressione fino a stupore
e coma, con possibile morte del paziente se l’ipertonicità
si aggrava ulteriormente. Le manifestazioni cliniche possono insorgere ogni volta che i livelli plasmatici superano il limite di 170 mmol/l (normale 142-152 mmol/l) e
sono molto probabili al di sopra di 180 mmol/l. L’osmolalità plasmatica può essere stimata con la seguente formula:
Posm (mOsm/l) = 2 (Na + K) + glicemia/18
I segni clinici si osservano spesso quando l’osmolalità
plasmatica è superiore a 375 mOsm/l.
Iponatremia
Ogni volta che le analisi di laboratorio evidenziano
un’iponatremia, è necessario accertarsi che non si tratti di
una pseudoiponatremia. Quest’ultima si ha in presenza di
115
NOTE
iperlipemia. I lipidi spostano il sodio nella componente
acquosa, riducendone la quantità disponibile per la misurazione in una determinata aliquota di plasma.
Anche l’iperproteinemia e l’iperglicemia, se di marcata entità, possono determinare una pseudoiponatremia.
Quindi, il primo passo per la valutazione dell’iponatremia
consiste nell’assicurarsi che il plasma non sia lipemico e
che non siano presenti marcate iperglicemia o iperproteinemia.
L’autentica iponatremia può essere dovuta ad iperidratazione determinata da acqua o liquidi ipotonici, oppure ad
una riduzione dell’assunzione del sodio o ad un aumento
della sua escrezione rispetto all’acqua. L’iponatremia è
associata a disidratazione in caso di insufficienza surrenalica (morbo di Addison), diuresi postostruttiva, rimozione di
grandi quantità di liquido ascitico, terapia con diuretici ed
alcune forme di diarrea, vomito ed insufficienza renale.
L’iponatremia con iperidratazione si ha in caso di somministrazione di fluidi ipotonici o contenenti sodio in quantità inferiori a quelle plasmatiche (come la soluzione di
Ringer lattato a mezza concentrazione in destrosio al
2,5%). L’iponatremia con iperidratazione si osserva anche
nella sindrome di inappropriata secrezione dell’ormone
antidiuretico (ADH), che può essere secondaria ad un gran
numero di malattie.
I segni clinici dell’iponatremia sono correlati alle alterazioni del SNC e sono rappresentati da irrequietezza, tremori e crisi convulsive. Queste manifestazioni si possono
osservare nei casi di iponatremia a rapida insorgenza o di
notevole gravità.
Potassio
La maggior parte del potassio (98%) è situata a livello
intracellulare. Come il sodio, anche le concentrazioni plasmatiche di questo elettrolita vengono mantenute costanti
entro limiti ristretti. La potassiemia non è necessariamente
correlata alle riserve complessive di potassio dell’organismo. La distribuzione dell’elemento fra lo spazio intra- ed
extracellulare è influenzata dal pH dei fluidi extracellulari.
L’alcalosi determina lo spostamento del potassio dal comparto extracellulare a quello intracellulare, riducendo la
potassiemia. In caso di acidosi, il potassio passa a livello
extracellulare.
116
Iperkalemia
NOTE
Le cause di iperkalemia sono rappresentate da aumento
dell’assunzione di potassio, diminuzione della sua escrezione renale e dal suo spostamento dal comparto intracellulare a quello extracellulare, una condizione tipicamente
associata ad acidemia. L’iperkalemia da aumentata assunzione di potassio è rara, se si escludono le somministrazioni per via parenterale di cloruro di potassio o di penicillina
potassica. La diminuita escrezione renale è la causa più
comune di iperkalemia, riscontrabile nei pazienti con
ostruzione uretrale, insufficienza renale oligurica ed ipoadrenocorticismo (morbo di Addison).
I segni clinici dell’iperkalemia sono rappresentati da
bradicardia, aritmie e debolezza. La cardiotossicità può
anche essere letale. Queste manifestazioni di solito non si
rendono evidenti finché la concentrazione plasmatica del
potassio non supera il valore di 7 mmol/l (normale, 3,9-5,1
mmol/l). Anche a livelli superiori a questo limite il paziente può apparire asintomatico, dal momento che la gravità
dei segni clinici non è sempre correlata a quella
dell’iperkalemia.
Ipokalemia
Le cause dell’ipokalemia sono rappresentate da ridotta
assunzione di potassio (diete carenti o anoressia cronica),
aumento della sua escrezione renale o spostamento nello
spazio intracellulare, come si osserva tipicamente in caso
di alcalemia o insulinoterapia. La somministrazione per
via parenterale di fluidi poveri di potassio è un’altra causa
frequente di ipokalemia nel cane e nel gatto. L’impiego di
soluzioni alcalinizzanti come il Ringer lattato, relativamente privo di potassio, aggrava il problema. Per evitare queste
complicazioni, l’autrice integra ordinariamente la soluzione di Ringer lattato con 15 mEq/l di KCl per la fluidoterapia di mantenimento negli animali non iperkalemici.
L’ipokalemia è stata un problema particolare nel gatto.
Inizialmente, la condizione era associata all’impiego prolungato di diete acidificanti, che determinano un aumento
del fabbisogno di potassio. A partire dalle prime segnalazioni del problema, la quantità di potassio presente in queste diete è stata aumentata. Nel gatto, l’ipokalemia può
anche essere conseguente ad insufficienza renale poliurica
117
NOTE
e può insorgere in occasione della diuresi postostruttiva nei
casi in cui si utilizzano solo liquidi privi di potassio. Dal
momento che è stato dimostrato che almeno una dieta acidificante è in grado di indurre un danno renale cronico nel
gatto, la relazione esistente fra diete di questo tipo, ipokalemia ed insufficienza renale cronica nei felini dovrà essere
oggetto di ulteriori ricerche.
I segni clinici dell’ipokalemia sono rappresentati da
anoressia, debolezza, ileo e scarsa capacità di concentrazione renale. Nel gatto si osserva anche la ventroflessione
del collo, una manifestazione di debolezza muscolare. I
segni clinici, benché in genere non divengano evidenti finché la kalemia non scende al di sotto di 3 mmol/l, spesso
non risultano ben correlati alla gravità della riduzione delle
concentrazioni plasmatiche del potassio.
Cloro
Le anomalie delle concentrazioni plasmatiche del cloro
hanno un andamento tipicamente parallelo a quello delle
alterazioni della sodiemia e vengono valutate nello stesso
modo. Anomalie della cloremia associate a sodiemia normale si possono osservare in determinati disordini acidobasici, come l’acidosi ipercloremica e l’alcalosi ipocloremica.
ALTERAZIONI ACIDO-BASICHE
Le anomalie acido-basiche possono essere dovute a
processi metabolici che determinano l’aumento o la diminuzione delle concentrazioni sieriche dei bicarbonati
(rispettivamente, alcalosi o acidosi metabolica), oppure ad
alterazioni respiratorie con calo (alcalosi respiratoria) o
incremento (acidosi respiratoria) della pressione parziale
di biossido di carbonio nel sangue (CO2). Mentre l’anamnesi può essere utile per prevedere il tipo di squilibrio
acido-basico riscontrato, l’esame clinico di solito non
serve a questo scopo. Il metodo ideale per determinare con
precisione le anomalie acido-basiche è la valutazione dei
gas ematici a livello arterioso, con la misurazione di pH,
pCO2, pO2 e bicarbonati. Sfortunatamente, questa determinazione deve essere effettuata immediatamente dopo il
prelievo del sangue e richiede apparecchiature costose, per
118
cui è raramente utilizzabile nella clinica dei piccoli animali. Una pratica alternativa consiste nel misurare il valore di
TCO2, che fornisce un’eccellente stima dei bicarbonati, dal
momento che l’acidosi e l’alcalosi metaboliche sono molto
più comuni delle corrispondenti alterazioni di origine
respiratoria.
NOTE
Acidosi
Acidosi metabolica
La diminuzione dei livelli sierici dei bicarbonati indica
l’esistenza di un’acidosi metabolica, che costituisce la più
comune anomalia dell’equilibrio acido-basico nel cane e
nel gatto. Le possibili cause della condizione sono rappresentate da diminuzione della velocità di filtrazione glomerulare (da cause prerenali, renali o postrenali), chetoacidosi
diabetica, acidosi lattica, intossicazioni (ad es., glicol etilenico), farmaci (ad es., acidificanti) e diarrea profusa.
Acidosi respiratoria
L’aumento della pCO2 arteriosa indica un’acidosi respiratoria dovuta ad una ventilazione ridotta o inefficace.
Nella maggior parte dei casi, la condizione è associata ad
anestesia con ventilazione insufficiente. Altre possibili
cause sono le lesioni dei centri respiratori del sistema nervoso centrale, le gravi ostruzioni delle vie aeree, le affezioni gravi e diffuse del parenchima polmonare, le malattie
restrittive delle vie aeree (versamento pleurico), i traumi
della parete toracica (movimento paradosso) e la debolezza
dei muscoli respiratori (paralisi del nervo frenico, votulismo e paralisi del coonhound).
Alcalosi
Alcalosi metabolica
Si ha un’alcalosi metabolica quando le concentrazioni
sieriche dei bicarbonati superano i limiti normali. La causa
più comune della condizione è il vomito profuso con emissione di succo gastrico, generalmente secondario ad ostru119
NOTE
zione pilorica. Altre cause potenziali sono l’eccessiva infusione di bicarbonati e lattati e l’impiego prolungato di diuretici come la furosemide.
Alcalosi respiratoria
Un calo della pCO2 denota un’alcalosi respiratoria. Di
solito, la condizione riflette l’esistenza di una significativa
ipossia, che determina un’eccessiva sollecitazione dei centri respiratori. Dal momento che la pCO2 viene scambiata
più facilmente dell’O2, spesso si osserva una riduzione
della pCO2 nel tentativo di ottenere un incremento di ossigeno. Le possibili cause della condizione sono le affezioni
del parenchima polmonare e le malattie restrittive delle vie
aeree. Va fatto rilevare che, nei casi in cui queste stesse
cause sono più gravi, si può avere un’acidosi respiratoria,
piuttosto che un’alcalosi. Vi sono poi alcune cause potenziali non associate ad ipossiemia, quali la respirazione
affannosa molto pronunciata, l’eccessiva ventilazione
durante l’anestesia e la stimolazione dei centri respiratori
del sistema nervoso centrale (ad es., in caso di febbre,
endotossiemia, iperammoniemia).
LETTURE CONSIGLIATE
DiBartola SP: Fluid Therapy in Small Animal Practice. W.B. Saunders Co.,
Philadelphia, PA, 1992.
Lorenz MD, Cornelius LM, Ferguson DC: Small Animal Medical Therapeutics.
J.B. Lippincott Co., NY, NY, 1992.
Lorenz MD, Cornelius LM: Small Animal Medical Diagnosis. J.B. Lippincott
Co., NY, NY, 1993.
120
NOTE
CASI CLINICI
CASO 1
Segnalamento: maltese femmina ovariectomizzata di 12
anni, peso 3,6 kg.
Anamnesi:
Due settimane prima del ricovero, il proprietario ha
notato che il cane vomitava acqua, ma non cibo. L’animale
presentava anche una diarrea acquosa (frequenti defecazioni con emissione di una limitata quantità di materiale)
senza tracce di sangue. Venne somministrato salicilato
basico di bismuto, che determinò la temporanea risoluzione del quadro clinico. In seguito, il problema si è ripresentato e non risponde più al salicilato basico di bismuto né
alla sospensione di cibo ed acqua o all’alimentazione con
Hill’s i/d.
In precedenza la cagna non era stata malata, anche se 3
mesi prima, nel corso di una serie di esami di laboratorio
eseguiti come procedura abituale di controllo in un paziente anziano era stato rilevato un aumento delle concentrazioni sieriche dell’ALT. Non sono presenti tosse, sternuti o
alterazioni dell’urinazione. La cagna non è regolarmente
vaccinata e non è sottoposta alla profilassi per la filariosi
cardiopolmonare.
Esame clinico:
Temperatura, polso e respiro normali. La cagna era
vigile e attiva, con mucose di colore normale, ma meno
umide della norma. Anche il turgore della cute era ridotto
e venne stimata l’esistenza di una disidratazione del 7%.
All’ascoltazione, si percepiva un lieve (I/VI) soffio cardiaco, più forte in corrispondenza della valvola AV sinistra.
A livello addominale non si rilevava nulla di particolare:
non vi era dolorabilità e non si percepivano strutture anomale.
121
NOTE
Elenco provvisorio dei problemi:
1. Vomito
Differenziare il vomito dal rigurgito (osservazione, pH)
Differenziare il vomito da cause gastroenteriche primarie da quello metabolico
Piano diagnostico: emogramma, profilo biochimico,
analisi dell’urina, radiografie addominali
2. Diarrea
Differenziare la diarrea del tenue da quella del crasso
(osservazione)
Differenziare la diarrea da cause gastroenteriche primarie da quella metabolica
Piano diagnostico: come sopra, più esame delle feci e
determinazione di amilasi e lipasi
3. Disidratazione
Differenziare la mancata assunzione dall’aumento delle
perdite (vomito/diarrea)
Piano diagnostico: verificare la funzionalità renale
(peso specifico dell’urina)
Reidratazione: 7% x 3,6 kg = 250 ml di soluzione
elettrolitica bilanciata, IV o SC, nell’arco di 24 ore
Mantenimento: 66 ml/kg/die x 3,6 kg = 240 ml/die
IV o SC nell’arco di 24 ore
4. Soffio cardiaco/valvola AV sinistra
Differenziare l’insufficienza mitralica (acquisita, endocardiosi) dall’endocardite
Piano diagnostico: radiografie del torace
5. Aumento dei livelli sierici di ALT
Epatopatia
Piano diagnostico: ripetere la determinazione delle
concentrazioni sieriche
6. Mancata profilassi per la filariosi cardiopolmonare
Piano diagnostico: test per la ricerca degli antigeni
delle filarie adulte; educazione del cliente
7. Mancata esecuzione dei richiami vaccinali
Piano diagnostico: vaccinazioni, educazione del
cliente
122
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Susie
Gabbia: SA WD C
Cane: Maltese
12 anni F
Diagnosi: Nessun segno clinico particolare
Caso clinico: 151709
Veterinario: Sowell
Eritrociti/Piastrine
Test
21/01/95
15:16
Unità
Ematocrito
Eritrociti
Emoglobina
MCV
MCH
MCHC
Piastrine
MPV
61,4 H
8,47 H
20,1 H
72,5
23,7
32,7
265
10,6 H
(a)
Stima delle piastrine Adeguata
(b)
Eritrociti nucleati
1H
Policromasia
(c)
%
x 106/µl
g/dl
fl
pg
%
x 103/µl
fl
Intervallo di riferimento
35,0-57,0
4,95-7,87
11,9-18,9
66-77
21,0-26,2
32,0-36,3
211-621
6,1-10,1
/100 leucociti
(a) Questo risultato è stato confermato.
(b) Scarso spostamento piastrinico.
(c) Lieve policromasia.
Leucociti
21/01/95
15:16
Test
Unità
Intervallo di riferimento
13,5
(a)
Neutrofili segmentati
9,830 (73%)
Neutrofili non segmentati 0,808 (6%) H
Linfociti
1,347 (10%)
x 103/µl
5,0-14,1
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
2,9-12,0
0,0-0,45
0,4-2,9
Monociti
Eosinofili
Basofili
Altri
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
0,1-1,4
0,0-1,3
0,0-0,14
0,0-0,0
Leucociti
1.212
0,269
0,000
0,000
(9%)
(2%)
(0%)
(0%)
123
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Susie
Gabbia: SA WD C
Test
25/01/95
10:12
Azotemia
Creatinina
Proteine totali
16
1,3
7,1
Albumina
3,7 H
Fosfatasi alcalina
ALT
Glucosio
Sodio
Potassio
Cloro
33
152 H
105
153
4,1
110 L
Bicarbonato
Gap anionico
Calcio
Fosforo
Amilasi
Lipasi
Cane: Maltese
12 anni F
Diagnosi: Nessun segno clinico particolare
23/01/95
12:44
Profilo biochimico
22/01/95
21/01/95
10:36
15:16
156
3,3 L
118
36 H
(b)
11 L
10,3
1,9 L
34 H
(b)
7L
715
157
(a) Questo risultato è stato confermato.
Questo risultato è stato comunicato al veterinario.
(b) Questo risultato è stato confermato.
(c) Emolisi 4+.
Questo risultato è stato confermato.
124
30 H
1,9 H
8,6 H
(a)
4,2 H
(b)
8
267 H
68 L
155
3,5 L
108 L
(b)
36 H
(b)
15
11,8 H
0,8 L
(c)
Unità
Caso clinico: 151709
Veterinario: Sowell
Intervallo di riferimento
mg/dl
mg/dl
g/dl
8-28
0,5-1,7
5,4-7,5
g/dl
2,2-3,5
U/l
U/l
mg/dl
mmol/l
mmol/l
mmol/l
1-114
10-109
76-119
149-159
4,1-5,2
115-129
mmol/l
13-25
mmol/l
mg/dl
mg/dl
14-23
9,1-11,7
2,9-5,3
U/l
U/l
226-1063
106-648
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Susie
Gabbia: SA WD C
Cane: Maltese
12 anni F
Diagnosi: Nessun segno clinico particolare
Caso clinico: 151709
Veterinario: Sowell
Analisi delle urine
Test
25/01/95
10:12
Prelievo
Colore
Aspetto
Peso specifico
pH
Proteine
Glucosio
Chetoni
Bilirubina
Sangue
Emissione spontanea
Giallo
Torbido
1.036
7,5
Traccia
Negativo
Negativo
Moderato
Traccia
25/01/95 10:12
Eritrociti
Leucociti
Cilindri
Cilindri
Epitelio
Epitelio
Varie
Sedimento
0
<5
0-1 finemente granulari
0-1 ialini
Molte squamose
Alcune di transizione
Molti grassi (a)
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
(a) Alcuni detriti.
125
NOTE
CASO 2
Segnalamento: American foxhound, femmina, di 4 anni,
peso 18,2 kg.
Anamnesi:
La cagna presenta crisi convulsive da 3 giorni. Le crisi
sono caratterizzate da movimenti di pedalamento in decubito laterale e uggiolii. Il veterinario curante ritenne che
l’animale fosse disidratato e somministrò un sedativo
(diazepam) per interrompere le crisi; in seguito a ciò, la
cagna divenne comatosa. Il veterinario curante effettuò
anche l’infusione di liquidi per via parenterale (bolo di 2
ml di destrosio al 50%, 1000 ml di Ringer lattato nell’arco
di 2 ore, fluidoterapia endovenosa di mantenimento con
destrosio al 2,5% in Ringer lattato) e la somministrazione
di antibiotici (amossiciclina e doxiciclina). A causa
dell’attività convulsiva dell’animale, risultava difficile
mantenere in posizione il deflussore. Le crisi ricorrenti
vennero trattate con barbiturici ad azione breve e fenobarbital. La cagna sembrava passare alternativamente dalla
coscienza al coma.
Nei 5 giorni prima dell’inizio delle crisi convulsive il
proprietario era stato fuori città e l’animale era stato affidato alle cure di un vicino di casa che effettuava visite quotidiane fornendo cibo ed acqua. Al suo ritorno, il proprietario ha trovato la ciotola dell’acqua rovesciata e vuota e
l’animale in preda ad una crisi.
Quattro settimane prima, la cagna ha partorito 6 cuccioli, 2 dei quali sono morti immediatamente dopo la
nascita. I restanti 4 stavano crescendo robusti. Nove giorni prima del ricovero, il proprietario aveva notato la presenza di sangue rosso vivo nella scatola dove erano tenuti
gli animali ed aveva somministrato una penicillina iniettabile.
L’animale era sempre stato bene e non aveva mai presentato vomito, diarrea, tosse, sternuti o modificazioni
dell’assunzione di acqua o della produzione di urina. La
cagna vive all’aperto, in un cortile recintato e dotato di
una cuccia e viene alimentata con una dieta del commercio ad elevato tenore proteico (27%). Non è regolarmente
vaccinata né sottoposta alla profilassi per la filariosi cardiopolmonare.
126
Esame clinico:
Temperatura, polso e respiro normali. L’animale si presenta in decubito, magro e con mantello opaco. Le mucose
sono iperemiche e leggermente secche. Il grado stimato di
disidratazione è del 5%. Si riscontra uno scolo vaginale
mucoide. Nella sala da visita, la paziente presenta un attacco convulsivo di tipo grande male.
NOTE
Elenco provvisorio dei problemi:
1. Crisi convulsive
Differenziare le affezioni primarie del SNC dalle cause
metaboliche
Piano diagnostico: emogramma, profilo biochimico,
analisi dell’urina, esame del fondo dell’occhio, se
possibile visita neurologica
Piano terapeutico: controllare le convulsioni
2. Disidratazione
Differenziare la mancata assunzione dall’aumento delle
perdite (allattamento)
Piano diagnostico: come sopra; è molto importante
determinare il peso specifico dell’urina
Piano terapeutico: correggere la disidratazione: 5% x
18,2 kg = 910 ml di soluzione elettrolitica isotonica nell’arco di 24 ore
Mantenimento: 66 ml/kg/die x 18,2 kg = 1200 ml
nell’arco di 24 ore
3. Scolo vaginale mucoide
Differenziare le lochiazioni post-partum dalla metrite
Piano diagnostico: esame citologico, se possibile
radiografie dell’addome
4. Mancata attuazione dei piani vaccinali e della profilassi
per la filariosi cardiopolmonare
Piano diagnostico: educazione del cliente
127
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Peaches
Gabbia: SA WD C
Cane: Foxhound americano
6 anni F
Diagnosi: Encefalopatia
Caso clinico: 141433
Veterinario: Barsanti
Eritrociti/Piastrine
Test
07/01/93 06/01/93
7:00
12:13
Ematocrito
Eritrociti
Emoglobina
MCV
MCH
MCHC
Piastrine
MPV
Stima delle piastrine
Eritrociti nucleati
99 L
11,0 H
Unità
38,1
5,06
11,6 L
(a)
75,3
22,9
30,4 L
(a)
132 L
11,2 H
(a)
(b)
0
Intervallo di riferimento
%
x 106/µl
g/dl
35,0-57,0
4,95-7,87
11,9-18,9
fl
pg
%
66-77
21,0-26,2
32,0-36,3
x 103/µl
fl
211-621
6,1-10,1
/100 leucociti
(a) Questo risultato è stato confermato.
(b) Leggermente diminuita.
6/01/93 12:13
Morfologia
Morfologia leucocitaria
Alcuni immunociti
Leucociti
Test
06/01/93
12:13
Leucociti
13,8
Neutrofili segmentati
11,178 (81%)
Neutrofili non segmentati 0,000 (0%)
Linfociti
1,104 (8%)
Monociti
1,518 (11%) H
Eosinofili
0,000 (0%)
Basofili
0,000 (0%)
Altri
0,000 (0%)
128
Unità
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
Intervallo di riferimento
5,0-14,1
2,9-12,0
0,0-0,45
0,4-2,9
0,1-1,4
0,0-1,3
0,0-0,14
0,0-0,0
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Peaches
Gabbia: SA WD C
06/01/93 12:13
Cane: Foxhound americano
6 anni F
Diagnosi: Encefalopatia
Caso clinico: 141433
Veterinario: Barsanti
Aspirazione con ago sottile
Esame citologico:
Grandi quantità di muco e molte cellule epiteliali intermedie. Alcune di queste sembrano
presentare inclusioni citoplasmatiche tondeggianti od ovali di colore bruno-arancio. Pochi
neutrofili e pochi macrofagi. Questi ultimi spesso contengono un pigmento nero fagocitato, probabilmente emosiderina. Si osserva un gruppo di cellule simile a trofoblasti.
Interpretazione:
Nessun segno di metrite. Le cellule presenti sarebbero prevedibili nel post-partum, le
“inclusioni” epiteliali non sono identificate. Si richiede FA per cimurro
D. Bounous
Analisi delle urine
Test
06/01/93
16:16
6/01/93
12:13
Prelievo
Colore
Aspetto
Peso specifico
pH
Proteine
Glucosio
Chetoni
Bilirubina
Sangue
Cistocentesi
Giallo
Torbido
1.012
6,0
3+
Negativo
Negativo
Negativo
Moderato
Minzione
Giallo
Torbido
1.011
6,0
3+
Negativo
Negativo
Negativo
Moderato
06/01/93 16:16
Eritrociti
Leucociti
Epitelio
Eritrociti
Leucociti
Cilindri
Epitelio
Epitelio
Batteri
06/01/93 12:13
Sedimento
< 10
<5
Alcune squmose
< 10
<5
0-1 grandi e granulari
Alcune di transizione
Alcune squamose
Alcuni bastoncelli
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
129
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Peaches
Gabbia: SA WD C
Test
07/01/93
15:32
Azotemia
Creatinina
Proteine totali
Albumina
Fosfatasi alcalina
ALT
Glucosio
Sodio
Potassio
Cloro
Bicarbonato
Gap anionico
Calcio
160 H
(b)
3,5 L
(b)
135 H
(b)
15
10
Cane: Foxhound americano
6 anni F
Diagnosi: Encefalopatia
07/01/93
7:00
36 H
2,3 H
5,3 L
1,8 L
(a)
93
83
96
164 H
(c)
3,9
139 H
(b)
15
11
9,2
Profilo biochimico
06/01/93
06/01/93
15:37
12:13
175 H
(c)
3,8 L
152 H
(b)
14
9
40 H
2,5 H
5,2 L
1,9 L
(a)
96
72
81
181 H
(d)
3,6 L
(b)
151 H
(e)
15
15
9,1
Caso clinico: 141433
Veterinario: Barsanti
Unità
Intervallo di riferimento
mg/dl
mg/dl
g/dl
g/dl
8-28
0,5-1,7
5,4-7,5
2,3-3,6
U/l
U/l
mg/dl
mmol/l
1-114
10-109
76-119
142-152
mmol/l
3,9-5,1
mmol/l
110-124
mmol/l
mmol/l
mg/dl
14-26
5-17
9,1-11,7
(a) Tutti i risultati sono stati confermati.
Questo risultato è stato confermato.
(b) Questo risultato è stato confermato.
(c) Questo risultato è stato comunicato al veterinario.
(d) Tutti i risultati sono stati confermati.
Questo risultato è stato comunicato al veterinario.
(e) Comunicato al veterinario.
Tutti i risultati sono stati confermati.
Esame dell’urina
Test
06/01/93
16:16
Unità
Proteine (urina)
Creatinina (urina)
Sodio (urina)
Potassio (urina)
Cloro (urina)
242,5
62,7
124
11,8
114
mg/dl
mg/dl
mmol/l
mmol/l
mmol/l
130
Intervallo di riferimento
NRR
NRR
NRR
NRR
NRR
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Peaches
Gabbia: SA WD C
Cane: Foxhound americano
6 anni F
Diagnosi: Encefalopatia
Caso clinico: 141433
Veterinario: Barsanti
Profilo dell’emostasi
Test
Protrombina
APTT
TT
07/01/93
7:00
Unità
Intervallo di riferimento
SEC
5,8-7,9
SEC
13,1-17,4
SEC
4,2-7,0
Esame dell’urina
06/01/93
16:16
Unità
Intervallo di riferimento
242,5
62,7
mg/dl
mg/dl
NRR
NRR
mmol/l
mmol/l
mmol/l
0,0-0,3
NRR
NRR
NRR
35,7 H
(a)
> 60 H
(a)
12,7 H
(a)
(a) Questo risultato è stato comunicato al veterinario.
Test
Proteine (urina)
Creatinina (urina)
21/01/93
7:52
373,0
93,0
(a)
Proteine urinarie (creatinina) 4,01 H
Sodio (urina)
Potassio (urina)
Cloro (urina)
3,87 H
124
11,8
114
(a) Ricontrollato.
131
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Peaches
Gabbia: SA WD C
Cane: Foxhound americano
6 anni F
Diagnosi: Encefalopatia
Test
Eritrociti/Piastrine
19/01/93 15/01/93
7:00
14:57
Ematocrito
Eritrociti
Emoglobina
MCV
MCH
MCHC
Piastrine
MPV
Stima delle piastrine
Numero dei reticolociti
Reticolociti
Eritrociti nucleati
Policromatofili
31,0 L
4,48 L
10,3 L
69,3
23,0
33,2
426
7,0
(a)
31
0,7
0
(b)
Caso clinico: 141433
Veterinario: Barsanti
Unità
%
x 106/µl
g/dl
fl
pg
%
x 103/µl
fl
301
7,5
x 103/µl
%
/100 leucociti
Intervallo di riferimento
35,0-57,0
4,95-7,87
11,9-18,9
66-77
21,0-26,2
32,0-36,3
211-621
6,1-10,1
0-80
0,0-1,0
(a) Adeguato.
(b) Lieve policromasia.
19/01/93 7:00
Morfologia
Morfologia eritrocitaria
Alcuni echinociti
Morfologia leucocitaria
Alcuni eosinofili sono non segmentati
Leucociti
Test
Leucociti
Neutrofili segmentati
Neutrofili non segmentati
Linfociti
Monociti
Eosinofili
Basofili
Altri
132
19/01/93
7:00
11,5
9,200 (80%)
0,230 (2%)
1,035 (9%)
0,690 (6%)
0,345 (3%)
0,000 (0%)
0,000 (0%)
Unità
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
Intervallo di riferimento
5,0-14,1
2,9-12,0
0,0-0,45
0,4-2,9
0,1-1,4
0,0-1,3
0,0-0,14
0,0-0,0
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Peaches
Gabbia: SA WD C
Cane: Foxhound americano
6 anni F
Diagnosi: Encefalopatia
Caso clinico: 141433
Veterinario: Barsanti
Profilo biochimico
Test
19/01/93
7:00
15/01/93
7:00
Azotemia
18
33 H
(a)
1,0
148
4,2
117
19
13
Creatinina
Sodio
Potassio
Cloro
Bicarbonato
Gap anionico
0,9
Unità
Intervallo di riferimento
mg/dl
8-28
mg/dl
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mmol/l
0,5-1,7
142-152
3,9-5,1
110-124
14-26
5-17
(a) Riscontrati azotemia/creatinina.
Profilo dell’emostasi
Test
15/01/93
14:57
Unità
Intervallo di riferimento
PT
APTT
TT
6,5
11,6 L
4,7
SEC
SEC
SEC
5,8-7,9
13,1-17,4
4,2-7,0
133
28° Congresso SCIVAC
EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995
Jeanne Barsanti
DVM, MS
Diplomate, American College of Veterinary
Internal Medicine (Speciality of Internal Medicine)
Department of Small Animal Medicine
University of Georgia
Athens, GA 30602
Profilo pancreatico
(quadri acuto e cronico)
Sabato, 24 giugno 1995, ore 10.15
135
NOTE
INTRODUZIONE
Il pancreas svolge funzioni sia esocrine che endocrine e
può essere colpito da infiammazioni acute (pancreatite
acuta) e da malattie croniche congenite o distruttive, come
il diabete mellito, l’insufficienza del pancreas esocrino e la
pancreatite cronica. La pancreatite acuta determina la comparsa di una malattia sistemica con scarsi o nulli segni di
disfunzione pancreatica. Le malattie croniche della ghiandola si manifestano spesso sotto forma di insufficienza
organica, interessando sia la funzione endocrina (diabete
mellito) che quella esocrina (insufficienza del pancreas
esocrino).
PANCREATITE ACUTA
La causa dei singoli casi di pancreatite acuta resta di
solito sconosciuta. I fattori di rischio sono rappresentati da
obesità, diete ricche di lipidi, ipercortisolemia cronica (sia
esogena che endogena), iperlipemia cronica (nello schnautzer nano) e traumi addominali (di origine accidentale
o conseguenti ad interventi chirurgici addominali). L’autore sospetta anche che l’impiego di alcuni insetticidi organofosforici possa agire da causa predisponente per questo
tipo di affezione. La malattia è apparentemente molto più
comune nel cane che nel gatto.
Nel cane, la pancreatite acuta presenta molte caratteristiche cliniche (come la comparsa di vomito, depressione,
anoressia, segni di disagio addominale) comuni ad altre
malattie, come la gastroenterite acuta e l’uremia. Il fatto
che l’anamnesi riferisca che il problema è insorto entro
breve tempo dall’ingestione di un pasto ricco di grassi
suggerisce la pancreatite. La gravità dei segni clinici varia
in relazione a quella delle lesioni infiammatorie. Nelle
forme gravi, possono essere presenti segni di tossiemia e
sepsi (iniezione sclerale, prolungamento del tempo di
riempimento capillare, ittero, alterazioni della temperatura
corporea). Nel gatto, le manifestazioni cliniche della pancreatite acuta non sono ben definite. Secondo i dati di
un’indagine pubblicata, i segni di più comune riscontro
nei felini sono rappresentati da ipotermia, disidratazione,
anoressia e letargia. Il vomito compare nel 35% dei casi
mentre il dolore addominale si rileva nel 25% degli animali colpiti.
136
La diagnosi definitiva di pancreatite acuta è difficile da
formulare, dal momento che i segni clinici della malattia
sono simili a quelli di altre affezioni, non esistono specifici
test diagnostici ed i risultati delle indagini di laboratorio
variano in relazione alla gravità ed allo stadio di sviluppo
della malattia. Per emettere il sospetto diagnostico è necessario prendere in considerazione tutti i dati anamnestici,
clinici e di laboratorio (emogramma, profilo biochimico
con determinazione dei livelli di amilasi e lipasi ed analisi
dell’urina). Allo scopo possono anche servire gli esami
radiografici ed ecografici dell’addome e l’analisi del liquido addominale prelevato mediante paracentesi. Solo
l’esplorazione chirurgica permette la formulazione della
diagnosi definitiva, ma è raro che il trattamento della
malattia richieda un intervento di questo tipo.
NOTE
EMOGRAMMA
Se il campione di sangue viene centrifugato, si può rilevare una lipemia a digiuno. La disidratazione può causare
un aumento dei valori di ematocrito e solidi totali. Nelle
forme lievi, il principale riscontro è un leucogramma da
stress. Col progredire della gravità della malattia, si osserva poi una leucocitosi neutrofila con spostamento a sinistra. In caso di pancreatite necrotizzante o ascessualizzazione dell’organo, lo spostamento a sinistra può diventare
di tipo degenerativo. Nei casi gravi può essere presente
trombocitopenia da coagulazione intravasale disseminata.
PROFILO BIOCHIMICO
Spesso è presente un’iperazotemia da disidratazione (di
tipo prerenale). Dal momento che il pancreas circonda il
dotto biliare e condivide con il fegato le vie linfatiche,
spesso si ha una parziale ostruzione delle vie biliari e/o
una colangioepatite secondaria che porta ad un aumento
delle concentrazioni sieriche di enzimi epatici, bilirubina
ed acidi biliari. Anche la tossiemia e la sepsi possono causare un incremento dei livelli sierici degli enzimi del fegato (“epatopatia reattiva”). È comune il riscontro di una
lieve iperglicemia (dovuta alla secrezione di glucagone in
quantità eccessiva rispetto all’insulina). La presenza di una
grave iperglicemia con chetonuria e glicosuria indica un
137
NOTE
diabete mellito concomitante. Occasionalmente si nota una
lieve ipocalcemia. Possono poi essere presenti, ma in misura
variabile, altre anomalie elettrolitiche ed acido-basiche
dovute a vomito e disidratazione. Sono esempi di questo
tipo l’ipokalemia e l’acidosi o l’alcalosi metaboliche.
Di solito (ma non sempre) i livelli sierici di amilasi e
lipasi aumentano parallelamente all’andamento della pancreatite acuta del cane. Tali incrementi vengono spesso
citati a sostegno della diagnosi, ma è necessario tenere
sempre presente che le concentrazioni di questi enzimi
possono aumentare in caso di iperazotemia da qualsiasi
causa o in seguito a somministrazione di desametazone
(lipasi), epatopatie e malattie gastroenteriche da altre eziologie. Quindi, questi test non consentono la diagnosi definitiva di pancreatite acuta. È particolarmente importante
valutare il peso specifico dell’urina per assicurarsi che
l’eventuale iperazotemia sia di natura prerenale e non renale prima di attribuire ad un’affezione pancreatica le variazioni dei livelli di amilasi e lipasi. L’entità dell’iperamilasemia e dell’iperlipasemia non permette di differenziare le
pancreopatie dalle nefropatie e non è correlata alla gravità
della pancreatite. Gli aumenti delle concentrazioni sieriche
di questi enzimi dovute ad una pancreatite acuta si verificano in genere entro alcune ore dall’insorgenza della condizione per poi tornare lentamente verso la normalità
nell’arco di una settimana, a meno che non persista la
causa scatenante. Nel gatto, in condizioni normali i livelli
sierici di amilasi e lipasi sono inferiori a quelli riscontrati
nel cane. Nei gatti con pancreatite sperimentalmente indotta si osserva un aumento dei livelli sierici della lipasi, ma
non dell’amilasi.
Per la diagnosi della pancreatite acuta nel cane è stato
suggerito l’impiego della determinazione dell’immunoreattività tripsino-simile del siero (TLI = trypsin-like immunoreactivity). Si è rilevato che questo parametro aumenta più
rapidamente e diminuisce più velocemente dell’amilasi e
della lipasi nei cani con pancreatite sperimentalmente
indotta. La TLI è specifica per il pancreas, ma si può anche
avere un’escrezione renale.
ANALISI DELL’URINA
Come precedentemente ricordato, è molto importante
valutare il peso specifico dell’urina prima di iniziare la
138
fluidoterapia negli animali con sospetta pancreatite acuta.
Questo test fornisce le maggiori informazioni per cercare
di differenziare le cause di vomito in prerenali (pancreatite) e renali (uremia). Nei pazienti con lieve iperglicemia si
può riscontrare una glicosuria non imponente. Il riscontro
di chetonuria e glicosuria marcate, come già ricordato,
indica un diabete mellito concomitante.
NOTE
PANCREATITE CRONICA
La pancreatite cronica è spesso una malattia subclinica
e latente, che determina una distruzione graduale della funzione pancreatica. Può essere idiopatica oppure secondaria
a lesioni croniche come quelle derivanti dall’eccesso prolungato di glucocorticoidi o dall’iperlipemia che si riscontra negli animali colpiti da certe malattie infettive, come la
toxoplasmosi nel cane o la peritonite infettiva nel gatto. In
quest’ultima specie animale si osserva spesso la contemporanea presenza di colangioepatite e pancreatite cronica,
forse perché il coledoco si unisce al dotto pancreatico
maggiore prima di penetrare nel duodeno.
I segni clinici sono rappresentati da anoressia, vomito,
diarrea e dolore addominale intermittenti e/o perdita di
peso. In altri casi, il paziente può risultare asintomatico
fino a che non compaiono i segni dell’insufficienza del
pancreas esocrino o del diabete mellito. Occasionalmente,
nel gatto è possibile apprezzare con la palpazione l’irregolarità del pancreas o del tessuto adiposo peripancreatico.
La diagnosi definitiva è molto difficile da formulare
senza ricorrere alla chirurgia esplorativa ed al prelievo di
campioni bioptici. Nei gatti più anziani, viene spesso
emessa mediante necroscopia. I risultati degli esami di
laboratorio sono molto variabili. I livelli sierici di amilasi e
lipasi possono essere lievemente aumentati, ma nella maggior parte dei casi risultano normali, forse perché la maggior parte delle cellule acinose della ghiandola è stata
distrutta. Nei gatti colpiti si riscontrano spesso aumento di
attività degli enzimi epatici ed iperglicemia da stress.
INSUFFICIENZA DEL PANCREAS ESOCRINO
L’insufficienza del pancreas esocrino (EPI) consiste
nell’incapacità dell’organo si secernere una quantità di
139
NOTE
enzimi sufficiente a permettere la normale digestione. La
condizione può essere di tipo idiopatico, da atrofia perinatale, oppure conseguente alla distruzione protratta
dell’organo (si veda quanto detto per la pancreatite cronica). La forma giovanile è ritenuta ereditaria nel pastore
tedesco e forse in altre razze di cani di grossa taglia e, di
solito, si manifesta a partire dall’età di 2 anni.
I segni clinici dell’EPI sono rappresentati da perdita di
peso in animali con appetito molto intenso, diarrea cronica
del tenue e steatorrea. L’anamnesi ed i segni clinici sono
spesso caratteristici, ma non patognomonici.
Attualmente, il test d’elezione per la diagnosi di questa
condizione nel cane è la determinazione dell’attività tripsino-simile del siero (TLI). Concentrazioni normali (> 5
µg/l) si riscontrano sia nei cani normali che in quelli con
malassorbimento, mentre livelli < 2 µg/l si rilevano solo
nei soggetti con EPI. Si possono poi utilizzare anche altri
test, che però sono soggetti a variazioni più marcate e
spesso risultano difficili da interpretare, come la determinazione del grasso fecale, dell’attività proteasica delle feci
e del test di assorbimento dei lipidi.
Nel gatto, l’EPI è molto più rara e difficile da diagnosticare. Anche per questa specie animale è stato sviluppato
un test per la misurazione della TLI che sembra essere promettente, ma non è ancora disponibile su larga scala.
Attualmente, nel gatto si utilizzano quindi il test di determinazione dell’attività proteolitica fecale mediante immunodiffusione radiale o quello di digestione delle proteine,
dal momento che nei felini colpiti, rispetto a quelli normali, si riscontrano costantemente livelli inferiori di attività.
Per ottenere un risultato significativo si devono effettuare
almeno 3 determinazioni, perché anche i gatti normali
occasionalmente emettono feci con bassa attività. Poiché
l’attività proteolitica fecale è labile, i campioni da esaminare devono essere mantenuti congelati sino al momento
dell’analisi. Anche alcuni gatti affetti da malattie del tenue
presentano bassi valori di attività.
DIABETE MELLITO
Il diabete mellito è dovuto all’alterazione della secrezione dell’insulina da parte del pancreas o ad un aumento
della resistenza all’azione dell’insulina stessa da parte dei
tessuti. Esistono 3 tipi di diabete mellito. Il tipo I è dovuto
140
alla diminuzione della produzione di insulina ed è la
forma più comune nel cane e nel gatto. Quello di tipo II
dipende dalla resistenza periferica all’insulina (che raggiunge concentrazioni ematiche normali o aumentate), la
cui secrezione, in risposta alla stimolazione operata dal
glucosio, risulta ritardata. Questa forma è ritenuta comune
nel gatto (20% della totalità dei casi di diabete), mentre
non è ben descritta nel cane adulto. Nel gatto, segni di
diabete mellito con necessità di insulina possono insorgere in risposta a stress da qualsiasi causa, ma possono essere reversibili. In certe razze di cani (Doberman, pastore
tedesco, golden retriever, keeshond, Labrador retriever,
bobtail e barboncino) è descritta una forma di diabete giovanile che sembra essere di tipo II, ma richiede il ricorso
all’insulinoterapia. Il diabete mellito di tipo III è dovuto
ad un’interferenza ormonale con l’insulina. Gli ormoni
diabetogeni sono il glucagone, l’ormone della crescita (la
cui secrezione può essere indotta dal progesterone), i glucocorticoidi e l’adrenalina.
Le manifestazioni cliniche classiche sono rappresentate
da poliuria, polidipsia, polifagia, obesità seguita da perdita
di peso e, nel cane, comparsa di cataratta.
Il risultato di laboratorio che permette la formulazione
di una diagnosi definitiva è il riscontro di iperglicemia persistente a digiuno e glicosuria. È anche comune l’incremento dei livelli di attività degli enzimi epatici. Negli animali con chetoacidosi si osserva chetonuria.
NOTE
LETTURE CONSIGLIATE
Lorenz MD, Cornelius LM, Ferguson DC: Small Animal Medical Therapeutics.
J.B. Lippincott Co., NY, NY, 1992.
Morgan RV: Handbook of Small Animal Practice. Churchill Livingstone, NY,
NY, 1988.
Kirk RW, Bonagura JD: Current Veterinary Therapy XI. W.B. Saunders Co.,
Philadelphia, PA, 1992.
141
NOTE
CASI CLINICI
CASO 1
Segnalamento: “Dandy”, bassotto maschio di 10 anni e 12
kg di peso.
Anamnesi:
Quattro giorni prima del ricovero, il cane è diventato
anorettico ed ha iniziato a vomitare con la frequenza di
circa una volta ogni ora. Il materiale emesso era rappresentato da muco di colore marrone chiaro o bianco. L’unica
modificazione dell’attività del cane prima della comparsa
dei segni clinici è stata il consumo di un osso finto (in
pelle) la notte precedente.
Nei 2-3 giorni precedenti la malattia, il proprietario
aveva rilevato polidipsia associata ad appetito normale. Il
cane ha anche urinato in casa diverse volte. Dall’inizio
della malattia l’animale non ha bevuto ed il proprietario
non può fornire dati certi relativi all’urinazione. Non sono
stati rilevati tosse, sternuti, diarrea o scolo nasale od oculare.
In precedenza l’animale è stato affetto da malattie cutanee caratterizzate da pododermatite e prurito. Per controllare le manifestazioni pruriginose, il proprietario ha somministrato compresse di cortisone per 2 giorni.
Il cane è stato regolarmente vaccinato e sottoposto al
trattamento per la prevenzione della filariosi cardiopolmonare (dietilcarbamazina). Di norma, veniva alimentato
con cibi umidi per cani a basso contenuto calorico, ma
nei 10 giorni prima della comparsa della malattia la dieta
è stata cambiata, utilizzando alimenti umidi a contenuto
calorico normale. L’animale ha inoltre a disposizione
“giochi” in pelle da masticare, biscotti per cani ed avanzi
di cucina.
Il veterinario curante ha somministrato fluidi per via
sottocutanea e clindamicina prima di inviare il caso.
Esame clinico:
Il cane appare depresso, ma reattivo. Temperatura 39,4 °C,
polso 120/min, respiro 82/min.
142
L’animale è sovrappeso e con una disidratazione del 7%
circa. Inoltre, è lievemente itterico. Cute secca con lieve
eritema umido interdigitale. Sul dorso sono presenti 4 piccole masse cutanee che sembrano verruche. La palpazione
addominale desta dolore ed il fegato risulta leggermente
ingrossato. Non si percepiscono masse anomale endoaddominali. Vescica palpabile.
NOTE
Elenco provvisorio dei problemi:
1. Vomito, anoressia, dolore addominale
Differenziare il vomito dal rigurgito mediante osservazione e determinazione del pH del materiale emesso
Differenziare le forme gastroenteriche primarie da quelle metaboliche: emogramma, profilo biochimico con
determinazione di amilasi e lipasi, analisi dell’urina,
esame radiografico dell’addome, ecografia addominale
2. Polidipsia, possibile poliuria, somministrazione di glucocorticoidi
Piano diagnostico: come sopra; molto importante
l’esame delle urine, con urocoltura
3. Dermatopatia pruriginosa, pododermatite
Piano diagnostico: esame citologico e raschiato delle
lesioni
4. Depressione, disidratazione del 7%
Differenziare: mancata assunzione o aumento delle perdite di acqua (vomito, forse minzione)
Piano diagnostico: determinazione del peso specifico
– correzione della disidratazione: 7% x 12 kg = 840 ml
di soluzione di Ringer lattato da infondere per via
endovenosa
– copertura dei fabbisogni di mantenimento e delle perdite continue: almeno 66 ml/kg/die x 12 = 800 ml/die
di soluzione di Ringer lattato
5. Ittero, lieve epatomegalia
Differenziare le forme preepatiche, epatiche e postepatiche
Piano diagnostico: come sopra; possibile, in futuro,
ricorrere ad aspirazione o biopsia epatica.
143
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Dandy
Gabbia: SA (UNK)
Cane: Bassotto
Caso clinico: 150309
9 anni M C
Veterinario: Schneider, Tim
Diagnosi: Nessun segno clinico particolare
Eritrociti/Piastrine
Test
2/10/94
16:07
Ematocrito
Eritrociti
Emoglobina
MCV
MCH
MCHC
Piastrine
MPV
Stima delle piastrine
Eritrociti nucleati
37,3
5,50
13,3
67,9
24,2
35,7
200 L
9,8
(a)
0
Unità
%
x 10^6/ul
g/dl
fl
pg
%
x 10^3/ul
fl
Intervallo di riferimento
35,0-57,0
4,95-7,87
11,9-18,9
66-77
21,0-26,2
32,0-36,3
211-621
6,1-10,1
/100 leucociti
(a) Adeguata.
Leucociti
Test
Leucociti
Neutrofili segmentati
Neutrofili non segmentati
Linfociti
Monociti
Eosinofili
Basofili
Altri
144
20,184
1,856
0,000
0,928
0,232
0,000
0,000
2/10/94
16:07
Unità
23,2 H
(87%) H
( 8%) H
( 0%) L
( 4%)
( 1%)
( 0%)
( 0%)
x 10^3/ul
x 10^3/ul
x 10^3/ul
x 10^3/ul
x 10^3/ul
x 10^3/ul
x 10^3/ul
x 10^3/ul
Intervallo di riferimento
5,0-14,1
2,9-12,0
0,0-0,45
0,4-2,9
0,1-1,4
0,0-1,3
0,0-0,14
0,0-0,0
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Dandy
Gabbia: SA (UNK)
Cane: Bassotto
Caso clinico: 150309
9 anni M C
Veterinario: Schneider, Tim
Diagnosi: Nessun segno clinico particolare
Analisi delle urine
Test
2/10/94
16:07
Prelievo
Colore
Aspetto
Peso specifico
pH
Proteine
Glucosio
Chetoni
Bilirubina
Sangue
Cistocentesi
Giallo
Torbido
1.013
7,0
Negativo
Negativo
Negativo
Abbondante
Abbondante
2/10/94 16:07
Eritrociti
Leucociti
Epitelio
Epitelio
Sedimento
50-100
<5
Alcune rotonde
Alcune squamose
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
145
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Dandy
Gabbia: SA (UNK)
Cane: Bassotto
Caso clinico: 150309
9 anni M C
Veterinario: Schneider, Tim
Diagnosi: Nessun segno clinico particolare
Profilo biochimico
Test
2/10/94
16:07
Azotemia
104 H
(a)
Creatinina
8,6 H
(b)
Proteine totali
7,0
Albumina
3,1
Fosfatasi alcalina
3022 H
Fosfatasi alcalina dopo levamisolo 139 H
Resistenza al levamisolo
4,6
ALT
333 H
Glucosio
97
Sodio
149
Potassio
4,4
Cloro
109 L
Bicarbonato
17
Gap anionico
27 H
Calcio
10,0
Fosforo
12,2 H
(c)
Amilasi
3620 H
Lipasi
506 H
Bilirubina totale
5,5 H
(a) Questo risultato è stato comunicato al veterinario.
(b) Questo risultato è stato confermato.
Questo risultato è stato comunicato al veterinario.
(c) Questo risultato è stato confermato.
146
Unità
Intervallo di riferimento
mg/dl
8-28
mg/dl
0,5-1,7
g/dl
g/dl
U/l
U/l
%
U/l
mg/dl
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mg/dl
mg/dl
5,4-7,5
2,2-3,5
1-114
0-114
10-109
76-119
149-159
4,1-5,2
115-129
13-25
14-23
9,1-11,7
2,9-5,3
U/l
U/l
mg/dl
226-1063
60-330
0,0-0,3
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Dandy
Gabbia: SA (UNK)
Cane: Bassotto
Caso clinico: 150309
9 anni M C
Veterinario: Schneider, Tim
Diagnosi: Nessun segno clinico particolare
Profilo dell’emostasi
Test
PT
APTT
TT
Fibrinogeno
3/10/94
15:16
Unità
6,9
19,9 H
(a)
7,3
263
Intervallo di riferimento
SEC
SEC
6,1-8,1
13,0-17,8
SEC
MG/DL
5,4-8,9
150-300
(a) Questo risultato è stato confermato.
Eritrociti/Piastrine
Test
3/10/94
15:16
Unità
Piastrine
MPV
253
9,6
x 103/µl
fl
Intervallo di riferimento
211-621
6,1-10,1
147
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Dandy
Gabbia: SA (UNK)
Cane: Bassotto
Caso clinico: 150309
9 anni M C
Veterinario: Schneider, Tim
Diagnosi: Nessun segno clinico particolare
Profilo biochimico
Test
10/10/94
8:05
Azotemia
22
Creatinina
1,4
Fosfatasi alcalina
2334 H
Fosfatasi alcalina dopo levamisolo 381 H
Resistenza al levamisolo
16,3
ALT
1652 H
(a)
Sodio
156
Potassio
4,7
Cloro
119
Bicarbonato
20
Gap anionico
22
Calcio
11,4
Fosforo
3,6
(b)
Amilasi
593
Lipasi
227
Bilirubina totale
6,4 H
Unità
Intervallo di riferimento
mg/dl
mg/dl
U/l
U/l
%
U/l
8-28
0,5-1,7
1-114
0-114
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mg/dl
mg/dl
149-159
4,1-5,2
115-129
13-25
14-23
9,1-11,7
2,9-5,3
U/l
U/l
mg/dl
226-1063
60-330
0,0-0,3
10-109
(a) Questo risultato è stato confermato.
(b) Campione 3+ itterico e leggermente emolizzato. L’emolisi determina un’artificiosa riduzione dei livelli di
fosforo.
148
CASO 2
NOTE
Segnalamento: gatto domestico a pelo corto, maschio
castrato, di 2,5 anni, peso 3,4 kg.
Anamnesi:
Il gatto è stato portato alla visita a causa di una perdita
di peso cronica. Un anno prima pesava 5,2 kg. L’animale
mangia bene, ma presenta vomito intermittente e diarrea
cronica. Le feci sono gialle, voluminose e molto lasse. Si
ritiene inoltre che siano presenti poliuria e polidipsia.
L’atteggiamento ed i livelli di attività del gatto sono normali.
La poliuria/polidipsia e la lassità delle feci sono state
notate per la prima volta un anno fa. All’epoca, emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina ed esame delle
feci risultavano normali, con l’eccezione di una lieve eosinofilia ed un aumento dei livelli sierici di fosfatasi alcalina.
Il peso specifico dell’urina era di 1.056. Non venne attuato
alcun trattamento.
Sei mesi prima del ricovero, vennero ripetuti gli esami
di laboratorio. L’eosinofilia persisteva ed il gatto presentava un lieve spostamento a sinistra senza neutrofilia
matura. Il peso specifico dell’urina era di 1.052. Il profilo
biochimico era normale. I test per la diagnosi di infezione
da virus dell’immunodeficienza felina e della leucemia
felina erano negativi, mentre il titolo delle IgM antiToxoplasma era di 1:128 con titolo IgG negativo, indicativi di una recente infestazione ed una possibile forma
clinica di toxoplasmosi. Non venne effettuato alcun trattamento.
Due mesi prima del ricovero, il gatto venne nuovamente esaminato perché presentava un’emorragia sclerale. Non
si rilevarono altre anomalie oculari, ma si identificò
un’otite esterna. Emogramma, profilo biochimico, analisi
dell’urina ed esame delle feci erano normali, ad eccezione
di un lieve calo delle proteine totali sieriche. FeLV-, FIV- e
FIP-test erano negativi. Il titolo delle IgM anti-Toxoplasma
era di 1:32, mentre quello delle IgG era di 1:64, suggerendo una passata infestazione. Il gatto venne trattato con
clindamicina.
Esame clinico:
L’animale appare magro, ma normale.
149
NOTE
150
Elenco provvisorio dei problemi:
1. Perdita di peso cronica, diarrea cronica del tenue, vomito intermittente
Differenziare malassorbimento da maldigestione
Piano diagnostico: esame delle feci per flottazione e
mediante strisci diretti, ricerca di Giardia, determinazione di grassi ed amidi fecali, test di assorbimento dei
grassi
Emogramma, profilo biochimico
Eventualmente, endoscopia, chirurgia esplorativa o biopsia
2. Poliuria/polidipsia
Stabilire se si tratta di perdite secondarie a diarrea o di
un’errata impressione del proprietario
Piano diagnostico: analisi dell’urina.
RISULTATI DEI TEST
Emogramma
NOTE
Intervallo di riferimento Unità
Ematocrito
Eritrociti
Emoglobina
MCV
MCH
MCHC
41,5
8,43
12,9
49
15,3
31,1
30-45
5-10
8-15
39-55
13-17
30-36
%
x 106/microl
mg/dl
fl
pg
%
Leucociti
Neutrofili segmentati
Neutrofili non segmentati
Linfociti
Monociti
Eosinofili
Basofili
Piastrine
17,8
7,832
2,136
5,162
0,356
1,958
0,356
445
5,5-19,5
2,5-12,5
0-0,3
1,5-7
0-0,9
0-0,8
0
300-700
x 103/microl
x 103/microl
x 103/microl
x 103/microl
x 103/microl
x 103/microl
x 103/microl
x 103/microl
Analisi delle urine (cistocentesi) Giallo, torbido
< 1.060
pH 6,0
4 + proteine
Abbondante sangue occulto
60-80 eritrociti/cmei
0-2 leucociti/cmei
Poche cellule di transizione
Profilo biochimico
Intervallo di riferimento Unità
Azotemia
Creatinina
Proteine totali
Albumina
Fosfatasi alcalina
ALT
Glucosio
Na
K
Cl
TCO2
AG
23
1,6
6,9
3,7
58
109
117
147
5,8
118
13
15
10-30
< 1,7
5,4-7,5
2,5-3,6
1-38
1-70
75-120
142-152
3,9-5,1
110-124
14-26
5-17
mg/dl
mg/dl
g/dl
g/dl
UI/l
UI/l
mg/dl
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mmol/l
Calcio
T4
Ammoniaca
Acidi biliari
9,6
<1
55
5,7
9,1-11,7
1-5
< 100
0-5,0
mg/dl
nmol/dl
microg/dl
micromol/l
Titolo Toxoplasmosi: IgM 1:32; IgG 1:64
Grassi fecali: abbondanti
Amido fecale: abbondante
Esami delle feci mediante flottazione e striscio diretto: negativo
151
NOTE
CASO 3
Segnalamento: gatta ovariectomizzata di 13 anni del peso
di 4,7 kg.
Anamnesi:
Il proprietario ha notato la comparsa di poliuria/polidipsia nelle ultime settimane. L’animale presenta occasionali
spasmi dei muscoli facciali da 2 settimane. Nel corso
dell’ultimo anno, ha manifestato episodi di “imbambolamento” da cui poteva essere destato.
L’appetito dell’animale, nutrito con la dieta secca Hill’s
w/d, è buono. La gatta è regolarmente vaccinata e non
viene trattata con farmaci. Non sono presenti vomito, diarrea, tosse, sternuti o scolo nasale od oculare. Cinque anni
prima si erano verificati due episodi “simil-convulsivi”,
molto ravvicinati nel tempo, dopo i quali il problema non
si è più ripetuto.
Due anni prima è stata effettuata la pulizia dentale,
riscontrando con l’occasione una glicemia di 248 mg/dl.
La gatta presentava una lieve glicosuria, ma non una chetonuria, ed era in grado di concentrare l’urina fino a 1.057.
All’età di 10 anni, la glicemia era di 160 mg/dl, mentre a 7
anni era di 113 mg/dl.
Esame clinico: Temperatura 38 °C, polso 170/min, respiro
40/min. La gatta appariva vigile ed attiva. Lieve sovrappeso. Entrambi i reni sono giudicati leggermente ridotti di
dimensioni. Non si riscontrano altri problemi.
Elenco provvisorio dei problemi:
1. Poliuria/polidipsia
Differenziare la poliuria primaria dalla polidipsia primaria e dagli errori di interpretazione del proprietario.
Piano diagnostico: Determinazione del peso specifico
dell’urina e monitoraggio dell’assunzione di acqua.
2. Spasmi facciali, atteggiamento “imbambolato”
Differenziare le forme neurologiche primarie da quelle
muscolari o metaboliche
Piano diagnostico: emogramma, profilo biochimico,
analisi dell’urina, esame neurologico, visita oculistica
3. Iperglicemia, glicosuria
Piano diagnostico: ripetere gli esami di laboratorio
4. Obesità
Piano di intervento: educazione del cliente
152
5. Lieve diminuzione delle dimensioni renali
Piano diagnostico: emogramma, profilo biochimico,
analisi dell’urina, eventuali esami radiografici o ecografici dell’addome
NOTE
Trattamento: l’animale venne trattato con glipizide alla
dose di 5 mg per os ogni 12 ore dal 16.12.1992 al
28.12.1992.
153
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Bena
Gabbia: SA (UNK)
Fel/mx brd (dlh&dmh)
15 anni F S
Diagnosi: Epatopatia acuta
Eritrociti/Piastrine
16/12/92
11:28
Test
28/12/92
13:36
Ematocrito
Eritrociti
Emoglobina
MCV
MCH
MCHC
Piastrine
MPV
Stima delle piastrine
Eritrociti nucleati
39,9
9,04
13,1
44,1
14,5
32,8
Non eseguito
Non eseguito
(a)
0
43,8
9,84
14,6
44,5
14,8
33,3
Non eseguito
Non eseguito
(a)
Caso clinico: 123067
Veterinario: Barsanti
Unità
%
x 106/µl
g/dl
fl
pg
%
x 103/µl
fl
Intervallo di riferimento
30,0-45,0
5,0-10,0
9,8-15,4
39-55
13,0-17,0
30-36
NRR
NRR
/100 leucociti
(a) Adeguata.
28/12/92 13:36
16/12/92 12:28
Morfologia
Morfologia eritrocitaria
Molti echinociti
Morfologia eritrocitaria
Alcuni echinociti
Test
28/12/92
13:36
Leucociti
Neutrofili segmentati
Neutrofili non segmentati
Linfociti
Monociti
Eosinofili
Basofili
Altri
7,7
(79%)
(0%)
(12%) L
(8%)
(1%)
(0%)
(0%)
154
6,083
0,000
0,924
0,616
0,077
0,000
0,000
Leucociti
16/2/92
11:28
3,760
0,000
0,705
0,000
0,235
0,000
0,000
4,7 L
(80%)
( 0%)
(15%) L
( 0%)
( 5%)
( 0%)
( 0%)
Unità
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
Intervallo di riferimento
5,5-19,5
2,5-12,5
0,0-0,3
1,5-7,0
0,0-0,9
0,0-0,8
0,0-0,2
0,0-0,0
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Bena
Gabbia: SA (UNK)
Fel/mx brd (dlh&dmh)
15 anni F S
Diagnosi: Epatopatia acuta
Analisi delle urine
16/12/92
12:02
Test
29/12/92
10:32
Prelievo
Colore
Aspetto
Peso specifico
pH
Proteine
Glucosio
Chetoni
Bilirubina
Sangue
Emissione spontanea
Giallo
Torbido
1.020
6,0
Negativo
Negativo
Negativo
Negativo
Negativo
29/12/92 10:32
Eritrociti
Leucociti
Epitelio
Epitelio
Cristalli
Varie
Eritrociti
Leucociti
Epitelio
Epitelio
16/12/92 12:02
Caso clinico: 123067
Veterinario: Barsanti
Cistocentesi
Incolore
Chiaro
1.030
6,0
Negativo
4+
Negativo
Negativo
Moderato
Sedimento
0
<5
Alcune rotonde
Alcune squamose
Alcune amorfe
Alcuni grassi
10-50
<5
Alcune rotonde
Alcune squamose
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
155
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Bena
Gabbia: SA (UNK)
Test
12/01/93
8:02
Fosfatasi alcalina
ALT
Glucosio
Test
Azotemia
Creatinina
Proteine totali
Albumina
Fosfatasi alcalina
ALT
Glucosio
Sodio
Potassio
Cloro
Bicarbonato
Gap anionico
Calcio
Acidi biliari
Fel/mx brd (dlh&dmh)
15 anni F S
Diagnosi: Epatopatia acuta
05/01/93
7:59
Profilo biochimico
31/12/92
31/12/92
13:44
7:00
22
155 H
(a)
134 H
77
30/12/92
7:00
28/12/92
13:36
Altre indagini
23/12/92
16/12/92
8:11
11:28
31
1,6
6,7
3,0
44
707 H
206 H
23
1,4
8,7 H
3,4
96 H
1313 H
314 H
127 H
154
4,5
119
19
16
10,1
9,3 H
359 H
(b)
153
4,9
119
15
19 H
10,9
112
38 H
1,5
7,4
3,1
57 H
37
526 H
(c)
146
4,6
118
15
13
10,2
(a) Ricontrollati.
(b) Ricontrollato.
Questo risultato è stato comunicato al veterinario.
(c) Questo risultato è stato comunicato al veterinario.
16/12/92 16:29
156
Insulina
9,2
Test di riferimento
mcu/ml
Caso clinico: 123067
Veterinario: Barsanti
Unità
Intervallo di riferimento
U/l
U/l
0-45
25-97
mg/dl
60-120
Unità
Intervallo di riferimento
mg/dl
mg/dl
g/dl
g/dl
U/l
U/l
mg/dl
19-34
0,9-2,2
6,0-7,9
2,8-3,9
0-45
25-97
60-120
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mg/dl
µmol/l
146-156
3,7-6,1
115-130
13-21
7-17
8,7-11,7
0-5
28° Congresso SCIVAC
EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995
Marco Caldin
Libero Professionista, Padova
Profilo epatico
Sabato, 24 giugno 1995, ore 12.15
157
NOTE
Il fegato riveste un ruolo importantissimo nel metabolismo e nei processi di detossificazione compiendo ben più
di 1500 funzioni biochimiche essenziali per la sopravvivenza. Per la molteplicità delle funzioni da esso espletate e
per il ruolo centrale che riveste, viene spesso coinvolto in
processi patologici primari e secondari che possono venire
svelati anche con le comuni indagini emato-chimiche-urinarie. Nell’ambito di queste bisogna saper conoscere il
significato che esse rivestono per prendere le migliori decisioni diagnostiche e terapeutiche per il nostro paziente. A
tal fine può risultare utile inquadrare in gruppi o categorie
(denotanti la specifica alterazione) i singoli test biochimici.
Si riconoscono in questo modo esami che indicano danno
epatocellulare (ALT-AST-SDH) o un effetto induttivo da
parte di farmaci e/o colestasi (SAP-GGT-ALT), esami che
riflettono la funzione di captazione coniugazione e secrezione epatica (Bilirubina-Acidi biliari), esami relativi alla
clearance portale (Acidi biliari ed Ammoniaca), ed infine
esami che indagano la funzione sintetica degli epatociti
(Albumina-Glucosio-BUN-Fattori della coagulazione.
1) DANNO EPATOCELLULARE: ALT-AST-SDH
EFFETTO INDUTTIVO (Farmaci e/o colestasi):
SAP-GGT-ALT
2) FUNZIONE DI CAPTAZIONECONIUGAZIONE-SECREZIONE:
Bilirubina-Acidi biliari
3) CLEARANCE PORTALE:
Acidi biliari-Ammoniaca
4) FUNZIONE SINTETICA:
Albumina-Glucosio-BUN-Fattori della coagulazione
Da questa semplice classificazione si evince che gli
analiti evidenziati nel gruppo 1 denotano l’esistenza di un
danno epatico o di un aumento della sintesi da parte degli
epatociti in seguito a farmaci o a colestasi. Quindi non si
può in alcun modo parlare di insufficienza epatica quando
si assiste ad un aumento sia pur rilevante degli enzimi epatici. D’altro canto la rilevazione di livelli enzimatici normali non esclude nemmeno la possibile esistenza di un
158
reale danno epatico in quanto in alcune condizioni patologiche (ascesso epatico-metastasi epatica) non esiste una
sofferenza epatocitaria diffusa in grado di determinare un
rialzo enzimatico. L’ALT è un enzima considerato epatospecifico, nonostante sia stata dimostrata anche la sua derivazione muscolare che fa sì che in alcune miopatie diffuse
si possa verificare un aumento plasmatico anche se di
entità non rilevante. Si localizza nel citosol epatocitario e il
suo tempo di emivita plasmatica è di circa 2,5 giorni nel
cane. L’ALT aumenta nella degenerazione o infiammazione degli epatociti oppure per l’aumentata produzione epatocitaria (induzione enzimatica) da parte di farmaci od
ormoni (corticosteroidi-anticonvulsivanti-iperadrenocorticismo).
NOTE
CAUSE DI AUMENTO DEI LIVELLI SIERICI DI
ALT E/O SAP NEL CANE E NEL GATTO
CANE
Farmaci:
Corticosteroidi
Anticonvulsivanti
Ketoconazolo
Tetracicline
Sulfamidici
Tiacetarsamide
Mebendazolo
Ossibendazolo
Etc..
Epatopatie:
Neoplasie
Infiammazioni
Degenerazioni
Etc...
Iperadrenocorticismo
Sepsi
Ipossia
Tossine
Pancreatite
Traumi
Dieta (S/D Hills)
GATTO
Farmaci:
Acetaminofene
Tetracicline
Ketoconazolo
Etc...
Epatopatie:
Colangioepatite
Lipidosi epatica
FeLV
Neoplasie
Etc..
Sepsi
Trauma
Ipertiroidismo
Tossine
Ipossia
159
NOTE
160
L’AST si localizza anch’esso nel citosol epatocitario
ma anche in sede mitocondriale e quando il suo innalzamento deriva da una lesione epatica, data la sua sede mitocondriale denota l’esistenza di una epatopatia di maggiore
gravità.
Non viene considerato epato-specifico data anche la sua
derivazione muscolare.
Le cause di aumento dei livelli plasmatici comprendono
oltre a quelle citate per l’ALT, anche le miopatie. L’SDH
(Sorbitol deidrogenasi) è epato-specifico in tutte le specie
animali ma la sua stabilità nei piccoli animali dopo il prelievo, non è stata ancora stabilita. Potrebbe rivelarsi un
utile strumento diagnostico nel prossimo futuro. La SAP
(Fosfatasi alcalina) pur derivando da una moltitudine di
tessuti (rene, fegato, placenta, intestino, ossa, leucociti)
riconosce due fonti rilevanti per la interpretazione di tipo
clinico: fegato ed ossa.
All’interno del fegato essa può venir prodotta
dall’epatocita e dall’epitelio biliare, il suo tempo di emivita plasmatica è di 3 giorni nel cane contro le 6 ore del
gatto. La concentrazione epatica è molto più elevata nel
cane rispetto al gatto e ciò, insieme alla sua emivita plasmatica, giustifica i livelli ematici diversi che si ritrovano nelle due specie. Un suo innalzamento plasmatico è
dovuto ad una aumentata produzione da parte degli epatociti e dell’epitelio biliare in seguito a farmaci (corticosteroidi, anticonvulsivanti), ormoni (corticosteroidi) e
colestasi.
Meno frequente e di minor entità risulta l’innalzamento
della SAP da parte del suo isoenzima osseo (nell’animale
adulto). Interessante il fatto che durante la somministrazione di corticosteroidi il fegato produce un isoenzima
(SIALP) che è resistente al calore (prova della inattivazione termica).
Tale prova consente di determinare la frazione steroideo-indotta permettendo un orientamento diagnostico
verso la diagnosi di iperadrenocorticismo o di somministrazione iatrogena di corticosteroidi.
I limiti di tale prova derivano dal fatto che dopo alcune settimane di somministrazione iatrogena di corticosteroidi il fegato comincia a produrre anche l’isoenzima
epatico vero e proprio, rendendo tale prova diagnostica
meno specifica delle prove di funzionalità surrenalica.
Ciononostante in caso si rilevasse un brusco calo della
SAP dopo inattivazione termica si potrebbe escludere con
buona precisione l’esistenza di una sindrome di Cushing,
o comunque di una ipercortisolemia. Se invece la SAP
rimane elevata dopo la prova da inattivazione termica,
dobbiamo considerare una serie di possibilità: induzione
da steroidi esogeni-endogeni e, più raramente disordini
epatobiliari (carcinoma epatico). Se ne deduce quindi che
questa è una prova sensibile ma poco specifica. Esiste
anche la prova di inibizione con levamisole che persegue
gli stessi obiettivi, cioè di determinare l’isoenzima steroideo-indotto. Entrambe presentano il limite di essere poco
standardizzate.
Al contrario i gruppi 2-3-4 rappresentano indici di
funzionalità epatica rilevanti che mettono il clinico nella
condizione di dover ricercare la causa di questa insufficienza mediante accertamenti di approfodimento come
le radiografie, l’angiografia, l’ecografia e la biopsia
epatica.
Bisogna considerare che non esiste un indice funzionale epatico che esprima la reale massa epatica funzionante e che non venga influenzato da fattori extraepatocitari.
La bilirubina infatti può aumentare non solo nell’insufficienza epatica, ma anche nella emolisi e nella ostruzione
delle vie biliari, condizioni che solo sporadicamente si
associano alla insufficienza epatica. D’altronde la differenziazione della bilirubina nella sua forma indiretta e diretta
non consente in medicina veterinaria la discriminazione tra
ittero pre-epatico, epatico e post-epatico.
Anche gli acidi biliari risentono non solo della capacità
di sintesi epatocitaria ma anche della pervietà delle vie
biliari e di fattori vascolari (circolo portale). L’applicazione principale degli acidi biliari risiede nella diagnosi di
shunt porto-sistemici e nella diagnosi di insufficienza epatica (in fase precoce) data la notevole sensibilità di questa
prova diagnostica.
L’ammoniemia risente non solo della sintesi epatica
dell’urea ma anche della presenza di batteri intestinali
ureasi produttori, di proteine dietetiche come substrato e
della integrità del sistema vascolare (circolo portale).
Viene impiegata soprattutto per la diagnosi di shuntporto-sistemici, di insufficienza epatica e della epatoencefalopatia. Tra i test che valutano la capacità sintetica
del fegato l’albumina ricopre certamente un ruolo preminente.
Le cause che determinano ipoalbuminemia sono varie:
NOTE
161
NOTE
CAUSE DI IPOALBUMINEMIA
DIMINUITA PRODUZIONE:
AUMENTATE PERDITE:
Insufficienza epatica cronica
Digiuno prolungato
Ipergammaglobulinemia
Maldigestione
Malassorbimento
Perdite renali (Glomerulopatie
ed amiloidosi)
Enteropatie proteino-disperdenti
Emorragie
Ustioni
Sepsi
Traumi
Neoplasie
SEQUESTRO:
Versamenti cavitari
Vasculopatie
IATROGENE:
Fluidoterapia
L’ipoalbuminemia di origine epatica viene utilizzata
come marker di cronicità, data l’emivita piuttosto lunga
della molecola.
Fra le altre molecole che esprimono la capacità sintetica epatica vi è il glucosio. Il fegato ricopre un ruolo centrale nella omeostasi glicidica date le funzioni gluconeogenetiche e glicogenolitiche da esso svolte. L’ipoglicemia riconosce varie cause:
CAUSE DI IPOGLICEMIA
Farmaci:
Insulina
Sulfonilurea
Etc..
Condizioni:
Sepsi
Grave epatopatia (ad es. shunt porto-sistemici, cirrosi etc.)
Ipoadrenocorticismo
Inanizione
Malassorbimento intestinale
Insulinoma
Neoplasie extrapancreatiche
Carcinoma epatocellulare
Leiomiosarcoma
Emangiosarcoma
Ipopituitarismo
Ipoglicemia idiopatica
Ipoglicemia giovanile
Ipoglicemia neonatale
Ipoglicemia dei cani da caccia
Perdita renale
Neoplasia pancreatica esocrina
Deficienza enzimatica epatica
Malattia di Von Gierke (tipo 1)
Gravidanza
162
Specificatamente riferita al fegato, l’ipoglicemia costituisce una prova diagnostica di scarsa sensibilità data la
notevole riduzione della massa epatica funzionante (75%)
necessaria per la comparsa di tale sintomo.
L’abbassamento del BUN rappresenta un interessante
parametro di valutazione della capacità sintetica epatica in
quanto il fegato è l’unica sede di sintesi di tale metabolita.
Esistono però dei fattori extra epatici indispensabili per
tale sintesi. Basti pensare che animali digiunanti o che
introducono cibi a basso tenore proteico possono presentare una ipoazotemia indipendentemente dalla normale funzione epatica. In corso di PU-PD da cause eterogenee a
causa dell’aumento di filtrazione glomerulare si assiste alla
diminuzione dei livelli di BUN. È interessante notare che
quando coesistono disfunzioni epatorenali l’abbassamento
del BUN da mancata sintesi epatica viene bilanciato da
una concomitante ritenzione dello stesso da parte degli
emuntori renali insufficienti. In questo modo viene a mancare l’ipoazotemia come sintomo di insufficienza epatica.
NOTE
163
28° Congresso SCIVAC
EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995
Craig E. Greene
Department of Small Animal Medicine
College of Veterinary Medicine
University of Georgia
Athens, GA 30602
Profilo endocrino
Domenica, 25 giugno 1995, ore 9.00
165
NOTE
RIASSUNTO
Sia il cane che il gatto possono essere affetti da iperadrenocorticismo endogeno ed esogeno. Gli animali colpiti
da queste malattie presentano le medesime caratteristiche
cliniche ed alterazioni di laboratorio. Per differenziare i
due disordini ed identificare la causa primaria dell’eccesso di glucocorticoidi è necessario ricorrere a specifici test
ormonali. L’ipoadrenocorticismo spontaneo è altrettanto
impegnativo dal punto di vista diagnostico e va confermato attraverso la determinazione del profilo endocrino. Il
trattamento di tutte queste alterazioni surrenaliche deve
essere oculato e basato su un adeguato monitoraggio dei
parametri ematici ed ormonali per evitare la comparsa di
effetti collaterali.
I. IPERFUNZIONALITÀ DELLE GHIANDOLE
SURRENALI NEL CANE
A. Iperplasia corticosurrenale (90% della totalità dei casi
di morbo di Cushing): i segni clinici sono riferibili
all’anomala ipersecrezione di cortisolo da parte della
corteccia surrenale. Spesso, si osserva anche la perdita
della periodicità della secrezione, secondaria alle stesse
alterazioni
1. La maggior parte dei cani con iperplasia corticosurrenale (80-90%) presenta ancora una normale risposta
di feedback. Questa forma della malattia è chiamata
iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente o di tipo 1.
Attraverso questo meccanismo di feedback si ha l’inibizione della secrezione di ACTH da parte dell’ipofisi in risposta alla presenza di elevati livelli plasmatici
di cortisolo. È possibile che questi cani siano affetti
da iperplasia o piccoli microadenomi dell’ipofisi,
anche se non sono ancora state effettuate approfondite ricerche anatomopatologiche in questo senso.
L’esistenza o meno di questa normale risposta di
feedback viene stabilita attraverso la somministrazione di dosi elevate di desametazone esogeno (vedi
oltre, Tabella 4)
2. In una minore percentuale di casi (10-20%), nei cani
con iperplasia corticosurrenale si osserva una diminuzione della risposta di feedback al cortisolo (iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente di tipo 2). Questi
166
animali possono presentare macroadenomi di maggiori dimensioni o tumori caratterizzati da una più
attiva secrezione di ACTH. In alcuni di essi le lesioni
possono anche interessare il lobo intermedio (come
nel cavallo), ma le correlazioni anatomopatologiche
in proposito sono scarse.
B. Neoplasie surrenali funzionalmente attive (10% della totalità dei casi di morbo di Cushing)
1. I tumori surrenalici secernono cortisolo indipendentemente dal controllo dell’ACTH endogeno, anche se
alcuni possono rispondere alla stimolazione con ACTH
esogeno. Tuttavia, il rilascio del cortisolo non viene soppresso del tutto o in parte dal desametazone esogeno
2. Le neoplasie surrenaliche sono in genere unilaterali.
La ghiandola controlaterale si atrofizza. Si possono
riscontrare sia adenomi che carcinomi
3. La produzione endogena di ACTH è notevolmente
ridotta
C. Forme iatrogene
1. La somministrazione di corticosteroidi esogeni può
provocare la comparsa dei segni clinici dell’iperadrenocorticismo
2. La soppressione della secrezione di ACTH endogeno
determina un’atrofia surrenalica bilaterale con cessazione della secrezione endogena di cortisolo
NOTE
II. DIAGNOSI
A. Esami di laboratorio di routine
1. Emogramma
a. Eosinopenia: è il reperto più comune (oltre il 99%
dei casi)
b. Leucocitosi: neutrofilia matura
c. Linfopenia
d. Raramente, rigenerazione eritrocitaria (reticolocitosi) in presenza di ematocrito normale
2. Profilo biochimico
a. Aumento della fosfatasi alcalina (ed anche di
SGPT [ALT] e TCO2). L’aumento della fosfatasi
alcalina è dovuto all’isoenzima resistente al levamisolo! Quindi, se i livelli di questo enzima si riducono a meno del 10-20% in seguito al trattamento del
siero con levamisolo, l’incremento è probabilmente
dovuto ad ipercortisolemia
b. Glicemia ai limiti superiori della norma o aumentata (120-150)
167
NOTE
168
3. Analisi dell’urina
Basso peso specifico; batteriuria; incapacità di concentrare l’urina in seguito a stimolazione (disidratazione);
spesso, scarsi o assenti leucociti nel sedimento
B. Test per la conferma dell’iperadrenocorticismo
I tre più importanti sono: 1) la determinazione dei livelli
basali di cortisolo e la stimolazione con ACTH, 2) il test di
soppressione con basse dosi di desametazone e 3) il test di
soppressione con alte dosi di desametazone. I risultati di
queste analisi devono sempre essere interpretati alla luce
dei segni clinici e degli altri riscontri di laboratorio
1. Screening - Determinazione dei livelli basali di
cortisolo
a. Valori basali normali o elevati nel morbo di
Cushing
b. Nel 50% dei cani colpiti i valori riscontrati sono
entro i limiti di riferimento
c. Valori limite: 0,5-4,0 µg/dl (5-40 ng/ml)
{1 µg/dl = 10 ng/ml}
d. Non si deve dimenticare che la produzione del cortisolo nei cani normali ha un andamento episodico
(con oscillazioni fra livelli massimi e minimi
nell’arco della giornata). Le concentrazioni massime
dei cani normali spesso si sovrappongono a quelle
minime degli animali colpiti dalla malattia. Anche
effettuando ripetute determinazioni su più campioni
prelevati in momenti diversi il test può essere inattendibile. Per risolvere il problema si deve ricorrere
ai test di stimolazione e soppressione
e. La determinazione dei livelli basali viene spesso
impiegata per stabilire i valori di riferimento da
prendere in considerazione per i test di stimolazione o soppressione
2. Test di stimolazione con ACTH
a. Metodica
(1) Misurazione dei livelli plasmatici basali del
cortisolo (su 2 ml di sangue in EDTA), di solito
effettuando il prelievo al mattino presto (fra le
ore 8:00 e 9:00)
(2) Somministrare 2 U/kg di ACTH in gel IM
(3) Prelevare un nuovo campione di sangue dopo 2
ore
b. Intervalli di riferimento: Pre-ACTH 0,5-4,0 µg/dl
(5-40 ng/ml)
Post-ACTH 8-20 µg/dl (80-200 ng/ml)
c. Verificare la capacità di riserva funzionale della
corteccia surrenale. Ciò è utile per la conferma
della diagnosi di iperadrenocorticismo; tuttavia non
permette sempre di differenziare in modo definitivo
le forme ipofisi-dipendenti dai tumori del surrene
(Tabella 1)
d. Va ricordato che in molti cani con neoplasie surrenali funzionalmente attive ed in alcuni di quelli con
iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente, gli
aumenti dei livelli di cortisolo riscontrati in seguito
alla stimolazione con ACTH possono non fornire
indicazioni definitive
(1) l’85-90% dei cani con forme ipofisi-dipendenti
(di tipo 1 e 2) presenta una risposta accentuata,
il 15% no
(2) fra i cani con neoplasie surrenali, le risposte
accentuate arrivano al 50%, e sono più comuni con i carcinomi che in presenza di adenomi. Quindi, nel 50% dei casi non si ha risposta
(3) in questi soggetti con iperadrenocorticismo che
non rispondono alla stimolazione i valori basali
riscontrati sono solitamente elevati
e. Questo è il miglior test per la diagnosi delle forme
iatrogene di sindrome di Cushing e di ipoadrenocorticismo nel cane. Si tratta di un esame sicuro,
semplice, relativamente economico ed affidabile.
Alcuni ritengono che il test di soppressione con
basse dosi di desametazone (vedi oltre) sia
migliore per la diagnosi di iperadrenocorticismo
endogeno
NOTE
Tabella 1
Test di risposta all’ACTH
Livelli di cortisolo
Livelli basali normali
Livelli basali elevati
Accentuata risposta dopo
stimolazione con ACTH
Iperadrenocorticismo
ipofisi-dipendente
Neoplasie
surrenali
0,6
0,4
0,05
0,95
85-90%
0,5
169
NOTE
170
3. Test di screening con desametazone per l’identificazione della ipercortisolemia o “Test di soppressione con basse dosi di desametazone”
a. Il test si basa sul fatto che, rispetto a quanto avviene nei cani normali, l’asse ipofisi-surrene dei soggetti con iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente è
di solito abnormemente resistente alla soppressione
indotta con basse (0,01 mg/kg) dosi di desametazone. Quest’ultimo non viene misurato dal test
b. Poiché le neoplasie surrenali sono funzionalmente
attive indipendentemente dal controllo dell’ACTH,
la somministrazione di basse dosi di desametazone
non sopprime la secrezione di cortisolo da parte di
questi tumori. Il test non permette di differenziare
l’ipercortisolemia ipofisaria da quella surrenalica,
ma solo di distinguere i cani normali da quelli con
iperplasia o neoplasia di ipofisi o surrene (Tabella 2)
c. Il desametazone a basse dosi determina una soppressione transitoria della secrezione di cortisolo
nei cani normali o stressati per un periodo di tempo
variabile fra 2 ed 8 ore
d. Metodica:
(1) ore 9:00 - determinazione dei livelli basali di
cortisolo* (2 ml di sangue in EDTA)
(2) somministrazione IV di 0,01-0,015 mg/kg di
desametazone
(3) prelievo di nuovi campioni a distanza di 2, 4*,
6 ed 8* ore (* = campionamenti più importanti)
e. Interpretazione
(1) Normale: i livelli di cortisolo restano inferiori a
1,0 µg/dl durante le 8 ore del test
(2) Cushing: vedi Tabella 2
(3) In un ridotto numero di cani stressati o colpiti
da altre malattie si osserva una soppressione
incompleta
f. Può essere il metodo d’elezione per dimostrare
l’esistenza dell’iperadrenocorticismo in cani diabetici o comunque stressati. In questi animali, ospedalizzati per altre ragioni, la produzione surrenalica può essere dovuta ad altri stati patologici! Fra
queste malattie stressanti rientrano il diabete mellito, l’insufficienza epatica, la pancreatite e l’uremia.
(Chastain, CB et al., J. Am Anim Hosp Assoc, 22:
435-442, 1986). Altre condizioni, come l’ipoglicemia (cani diabetici trattati con insulina) sono
Tabella 2
Test di soppressione con basse dosi di desametazone
Riscontri
Cortisolo in µg/dl
Ipoadrenocorticismo Neoplasie
ipofisi-dipendente
surrenali
(% di casi)
(%)
Normali
%
Soppressione < 1,0 per 8 ore
Soppressione < 1,0 fino a 8 ore, poi > 1,0
Soppressione pari al 50% del valore basale, ma sempre > 1,0
Mancata soppressione
5 (tipo 1)
35 (tipo 1)
45 (tipo 1)
15-20 (tipo 2)
95
5 (stress)
0
0
0
0
20
80
Tabella 3
Confronto fra la risposta all’ACTH e la soppressione con basse dosi di desametazone
Parametri
Costo
Test di risposta all’ACTH
Richiede un numero di determinazioni
minore, ma l’ACTH è più costoso
Tempo occorrente
2 ore
Facilità di esecuzione Facile
Vantaggi
Rileva aumenti dell’85% in caso di iperadrenocorticismo ipofisidipendente e del 50%
in caso di neoplasie (Tabella 1)
Test con desametazone
Più determinazioni, minor costo del
farmaco
8 ore
Difficile
Può essere più sensibile (95%) per
rilevare iperadrenocorticismo ipofisidipendente e neoplasie (Tabella 2)
in grado di elevare artificiosamente i livelli di cortisolo. A causa della secrezione diurna, questi test
vengono abitualmente effettuati al mattino
g. L’associazione del test di stimolazione con ACTH
a quello di soppressione con basse dosi di desametazone (da eseguire in giorni distinti) rappresenta il
metodo ideale per risolvere ogni discrepanza, ma è
difficoltosa e costosa. Eseguendo il test con desametazone al giorno 1 e quello con ACTH al giorno
2, è necessario attendere 72 ore
4. Differenziazione delle cause di iperadrenocorticismo o
“Test di soppressione con alte dosi di desametazone”
a. Modalità
(1) Ore 9:00 - determinazione della cortisolemia
basale
(2) Desametazone, 0,1 mg/kg
(3) Prelievi dopo 2, 4, 6, 8 ore
(4) I campioni più importanti sono quelli prelevati
dopo 4 ed 8 ore
171
Tabella 4
Test di soppressione con dosi elevate di desametazone
Risposta
Iperadrenocorticismo
ipofisi-dipendente
Neoplasia
surrenale
Normale
Soppressione < 1,5 per 8 ore
Soppressione < 1,5, ma > 1,5 a 8 ore
Mancata soppressione > 50% valore basale
Assenza totale di soppressione
80 (tipo 1)
5 (tipo 1)
10 (tipo 2)
5 (tipo 2)
0
0
20
80
100
0
0
0
b. Interpretazione. Nei cani con iperadrenocorticismo
ipofisi-dipendente di tipo 1 di solito si ha la soppressione, mentre quelli colpiti dalla forma di tipo
2 sono più resistenti. Negli animali con neoplasia
surrenalica i livelli di cortisolo possono aumentare,
ma anche fluttuare. Dosi elevate di desametazone
non sopprimono ulteriormente la produzione di
cortisolo indipendentemente dal dosaggio (i livelli
di ACTH sono già bassi). Nei cani con iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente di tipo 2 la soppressione può mancare o essere solo di grado intermedio. Ciò rende difficile differenziare le forme di
tipo 2 (ed anche alcune di tipo 1) dalle neoplasie.
In questi casi, può essere utile valutare l’entità
della soppressione. Ad esempio, un cane con livelli
basali molto elevati e soppressione prossima a 1,5
µg/dl è probabilmente affetto da iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente di tipo 1 (Tabella 4)
5. Determinazione dei livelli plasmatici di ACTH
(Difficile trovare laboratori che la effettuino). I livelli
plasmatici di ACTH sono normali o aumentati nei
cani con iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente (di
tipo 1 e 2). Risultano invece bassi o ai limiti inferiori
della norma nei cani con neoplasie surrenaliche, per
cui questo test può essere utile ai fini della differenziazione. Anche i valori basali dell’ACTH possono
sovrapporsi nei cani normali ed in quelli con iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente. Il test non è adatto a differenziare le cause della condizione
a. Metodica
(1) Prima di effettuare studi sul cortisolo, prelevare
un campione per la determinazione dell’ACTH
(ore 8:00-9:00)
172
(2) Il campione va prelevato con una provetta contenente EDTA o eparina. Se possibile, va poi
immediatamente centrifugato in una centrifuga
refrigerata a 4 °C. Tenere il campione in
ambiente freddo ed in provette DI PLASTICA
(3) Separare immediatamente il plasma, ponendolo
in provette di plastica o polipropilene, e congelarlo (- 40 °C) in meno di 10 minuti
(4) Inviare il campione al laboratorio. È necessario
1 ml di plasma. Attualmente, sono disponibili
appositi conservanti (inibitori delle proteasi)
b. Interpretazione
(1) Affidarsi unicamente a laboratori che garantiscano risultati affidabili nel cane
(2) Basarsi sui valori di riferimento indicati dal
laboratorio. Quelli della University of Georgia
sono i seguenti:
Basali: 20-100 pg/ml; Neoplasia < 20 pg/ml;
iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente > 40
pg/ml
(3) Interpretare i risultati alla luce di quelli del test
di soppressione con alte dosi di desametazone;
queste due analisi sono probabilmente sovrapponibili
(4) Problemi: costo, complessità della preparazione
del campione, incostanza dei risultati
6. Test di stimolazione con CRH (difficile da reperire)
a. Metodica: somministrare 1,0 µg/kg di CRH IV.
Dopo 15-30 minuti, misurare i livelli plasmatici di
ACTH o cortisolo
b. Interpretazione: il CRH (ovino) stimola il rilascio
di ACTH e poi di cortisolo. Nei cani con iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente e in quelli normali si osserva un rapido incremento di queste concentrazioni. Nei pazienti con neoplasie surrenaliche, invece, ciò non si verifica (i livelli basali di
ACTH restano bassi, mentre quelli di cortisolo
sono elevati)
c. Problemi: il CRH è costoso e difficile da reperire
7. Ulteriori test diagnostici eseguibili presso i centri
specializzati
a. Esami radiografici - calcificazione surrenale
b. Ecografia - visualizzazione del 50% delle surreni
c. Tomografia computerizzata - ipofisi e surrene
d. Scintigrafia con radioisotopi
NOTE
173
NOTE
PROTOCOLLO DIAGNOSTICO DA IMPIEGARE IN
CASO DI SINDROME DI CUSHING NEL CANE (È
possibile scegliere i test da eseguire sulla base del loro
costo e delle loro indicazioni).
– Sono già stati somministrati glucocorticoidi?
Idrocortisone:
Attendere 1 giorno
Desametazone:
Attendere 2 giorni
Prednisolone:
Attendere 4 giorni
Metilprednisolone acetato: Attendere 4-6 settimane
– È stato effettuato il test con ACTH?
Se sì, attendere almeno 72 ore prima di ricorrere alla soppressione con desametazone
– È necessario evitare che fattori stressanti o malattie
inducano alterazioni dei risultati (iperadrenocorticismo)?
Il cane deve ambientarsi nella clinica e sentirsi a suo agio
(1-2 giorni)
Effettuare il test al mattino
Eseguire il prelievo senza stressare l’animale
Non effettuare l’esame in animali in condizioni instabili o
malati
Misurare il cortisolo solo dopo aver sottoposto il paziente
agli abituali esami ematologici, biochimici ed urinari per
identificare altre affezioni.
Giorno 1: Ricovero del paziente
Prelievo di sangue per emogramma e profilo biochimico;
analisi dell’urina
Giorno 2 o 3: Test di risposta all’ACTH e/o Test di soppressione con basse dosi di desametazone (che deve essere
effettuato per primo quando i due esami vengono eseguiti
lo stesso giorno o in giorni consecutivi)
Giorno 4: Test di soppressione con alte dosi di desametazone nei casi indicati (se è già stato effettuato quello con
basse dosi; l’esame va eseguito il giorno 6 se il paziente è
stato sottoposto al test di risposta all’ACTH)
174
III. TRATTAMENTO
A. Possibilità
1. Chirurgico
a. Asportazione bilaterale delle surreni
Possibile, ma non raccomandata in caso di iperplasia
Più indicata in presenza di neoplasie
b. Ipofisectomia - impraticabile
2. Radioterapico
a. Trattamento dell’ipofisi mediante cobalto-terapia
b. Presso i centri specializzati
3. Medico
a. o-p’-DDD (adrenolitico). Terapia d’elezione
b. Ciproeptadina - blocca il CRH
c. Bromocriptina - blocca il CRH
d. Ketoconazolo - blocca la sintesi corticale
B. Iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente
1. Terapia d’elezione: o-p’-DDD
a. Provoca la necrosi selettiva delle cellule della zona
fascicolata e di quella reticolare (cioè degli elementi che secernono il cortisolo)
b. Le cellule della zona glomerulare sono più resistenti, per cui, se il farmaco viene utilizzato correttamente, di solito la secrezione di aldosterone non
viene soppressa
c. La scelta di effettuare il trattamento si basa sui
risultati degli esami e sulle caratteristiche individuali dei singoli casi
d. Protocollo regolare:
(1) Induzione
Somministrare 50 mg/kg/die (spesso suddivisi
in due dosi per ridurre gli effetti collaterali) per
7-10 giorni. Il farmaco è disponibile in compresse, che possono essere spezzate; tuttavia,
per i cani di piccola taglia è preferibile tritarle,
pesare la polvere così ottenuta e riformulare il
prodotto in capsule di gelatina.
MONITORAGGIO. Consumo d’acqua, conteggio dei linfociti, conteggio degli eosinofili,
valutazione dell’appetito e determinazione
dello stato mentale consentono di effettuare
una stima grossolana della terapia.
Il numero assoluto degli eosinofili costituisce
un mezzo abbastanza accurato e poco costoso,
anche se indiretto, per stimare i livelli plasmati-
NOTE
175
NOTE
176
ci di cortisolo durante l’induzione. Lo scopo
della terapia è quello di far sì che la corteccia
surrenale non risponda all’ACTH, per cui i
valori di cortisolo riscontrati a livello ematico
restano compresi fra 0,5 e 3 µg/dl sia prima che
dopo la stimolazione con questo ormone.
Secondo alcuni autori, i valori dopo la stimolazione con ACTH dovrebbero essere inferiori a
1-2 µg/dl. Di solito, il ciclo di terapia necessario al conseguimento di questo risultato ha una
durata di 5-14 giorni.
RIPETIZIONE DEI CONTROLLI. Ripetere
la stimolazione con ACTH non oltre 7-10 giorni dall’inizio del trattamento con o-p’-DDD. Se
i valori riscontrati non rientrano nell’intervallo
normale, continuare la terapia sino al raggiungimento della soppressione. Ciò può richiedere
30 giorni o più. Ripetere il controllo ad intervalli di 5-7 giorni.
SOMMINISTRAZIONE DI GLUCOCORTICOIDI. Alcuni effettuano la contemporanea
somministrazione di glucocorticoidi a dosi di
mantenimento, per contrastare gli effetti indesiderati della terapia (una procedura da attuare
UNICAMENTE durante la fase di mantenimento) o nei cani che, essendo particolarmente resistenti, necessitano di periodi di induzione più
prolungati. Alcuni utilizzano questo tipo di integrazione nei cani in cui l’induzione viene effettuata a domicilio, per compensare le difficoltà
di monitoraggio. Allo scopo, si impiegano idrocortisone alla dose di 0,2-1,0 mg/kg/die o prednisone alla dose di 0,04 mg/kg a giorni alterni.
Se si prevede che si verifichino situazioni stressanti, per brevi periodi è possibile somministrare una dose pari al triplo di quella di mantenimento o 3 mg/kg di idrocortisone. Ciò contribuisce a ridurre i segni della sospensione dei
glucocorticoidi. Attenzione: un eventuale sovradosaggio determina la comparsa degli stessi
effetti di tipo cushingoide che si sta cercando di
evitare. Il prednisone è meno indicato perché ha
un comportamento non fisiologico, spesso
viene sovradosato e non può essere somministrato in modo da simulare la secrezione diurna
(2) Terapia di mantenimento con o-p’-DDD
Dosaggio: 50 mg/kg alla settimana, suddivisi
in due somministrazioni (per ridurne la tossicità). Se il farmaco viene somministrato col
cibo, la stessa presenza dell’alimento contribuisce a ridurre gli effetti irritanti.
CONTROLLI PERIODICI: ogni 3-6 mesi.
Monitorare emogramma, profilo biochimico,
analisi dell’urina, test di stimolazione con
ACTH, peso corporeo, appetito e stato mentale. Obiettivo: mantenere i livelli di cortisolo
entro i limiti di 2-4 µg/dl prima e dopo la somministrazione di ACTH
C. Neoplasie surrenali
1. Il trattamento d’elezione è l’asportazione chirurgica
della ghiandola
2. Considerazioni operatorie (procedura difficile!)
a. Adenomi: unilaterali, facilmente asportabili, con
prognosi buona
b. Carcinomi: mono- o bilaterali, localmente invasivi,
difficili da rimuovere, con prognosi sfavorevole
c. La ghiandola controlaterale è atrofica. Per questa
ragione, dopo l’intervento è necessario prendere in
considerazione l’opportunità di instaurare una terapia transitoria con glucocorticoidi
NOTE
IPERADRENOCORTICISMO SPONTANEO DEL
GATTO
I. Segnalamento
A. Gatti di media età o anziani
B. Nessuna predisposizione di razza
C. Si osservano sia forme ipofisi-dipendenti che di origine neoplastica
D. Le femmine (85%) sono colpite più dei maschi
E. Nella maggior parte dei casi, questi animali vengono
portati alla visita perché sono colpiti da diabete mellito
II. Segni clinici
A. Polidipsia, poliuria
B. Distensione addominale
C. Polifagia
D. Alopecia
E. Cachessia muscolare
177
NOTE
F. Obesità
G. Epatomegalia
H. La malattia viene identificata tardivamente (andamento insidioso), spesso in seguito alla diagnosi di
diabete mellito
I. Nel gatto, la perdita di pelo è lieve o poco evidente
III. Riscontri di laboratorio
A. Iperglicemia
B. Ipercolesterolemia
C. Linfopenia, eosinopenia
D. Leucocitosi
E. Aumento dei livelli di fosfatasi alcalina (meno che
nel cane)
IV. Test diagnostici
A. Test di stimolazione con ACTH: misurazione dei
livelli basali e a distanza di 1 e 2 ore dalla stimolazione. Rispetto al cane, il gatto risponde più rapidamente all’ACTH
B. Test di soppressione con basse dosi di desametazone
(dosaggio?). Provare con dosi ridotte
C. Test di soppressione con alte dosi di desametazone
D. Teoricamente, tutti i gatti diabetici devono essere
sottoposti agli esami per la diagnosi della sindrome
di Cushing, soprattutto se sembrano essere refrattari
all’insulina
V. Terapia
A. L’o-p’-DDD non è indicato
B. Nel gatto, il ketoconazolo presenta una maggiore
epatotossicità
C. Il trattamento migliore è l’asportazione bilaterale
delle ghiandole surrenali
D. In caso di neoplasia, si può attuare l’asportazione
monolaterale.
IPOADRENOCORTICISMO NEL CANE
(Insufficienza surrenalica/morbo di Addison)
I. Eziologia (Con l’asterisco sono indicate le cause più
comuni)
*
A. Atrofia surrenale idiopatica (insufficienza primaria)
1. Di solito interessa tutte le zone della corteccia surrenale, anche se inizialmente può essere più grave
nella zona fascicolata o in quella reticolare
178
2. Molto probabilmente, si tratta di un processo
autoimmune
3. Carenza di glucocorticoidi e mineralcorticoidi
B. Necrosi acuta della corteccia surrenale (insufficienza
primaria)
1. Setticemia
2. Cimurro
3. Tubercolosi
4. Micosi sistemiche
C. Insufficienza ipofisaria spontanea (secondaria) molto raramente dovuta ad un danno ipofisario
D. Cause iatrogene (secondaria)
*
1. Somministrazione a scopo terapeutico di glucocorticoidi (per periodi prolungati o a dosi elevate), NESSUNA CARENZA DI ALDOSTERONE
causata da carenza ipofisaria iatrogena
*
2. Terapia con o-p’-DDD. Glucocorticoidi con o
senza carenza di mineralcorticoidi
3. Surrenalectomia (insufficienza primaria)
II. Diagnosi
A. Emogramma
1. Ematocrito: normale o aumentato nelle crisi addisoniane
Nei casi di insufficienza surrenale cronica si
riscontrano spesso anemie non rigenerative
2. Leucociti
a. Normali o leucopenia
b. Eosinofilia e linfocitosi, oppure livelli normali di
eosinofili e linfociti anche in condizioni di stress
B. Analisi dell’urina
1. Peso specifico: variabile, ma solitamente ai limiti
inferiori della norma
2. Perdita della capacità massimale di concentrazione, dovuta ad ipotonicità della midollare renale
C. Profilo biochimico
1. Glicemia: normale, ai limiti inferiori della norma o
diminuita. Inferiore alla norma nel 25% dei casi
2. Azotemia
a. Può essere molto elevata
b. Causata da grave ipotensione
3. Elettroliti
a. Alterati in meno del 50% dei casi
b. Sodio < 135
c. Potassio > 5,6
d. Cloro < 90
NOTE
179
NOTE
180
e. Rapporto Na/K: normale 33:1; insufficienza
surrenalica: < 25:1
f. Calcemia aumentata, in alcuni casi al di sopra di
12,5
D. ECG: utilizzato per evidenziare rapidamente gli
effetti cardiaci dell’iperkalemia
1. Onda P
a. Diminuzione dell’ampiezza
b. Aumento della larghezza
c. Assenza (arresto atriale)
2. Onde T: aumento della profondità e della larghezza
3. Bradicardia
E. Radiografie del torace
1. Microcardia
2. Restringimento dell’aorta e della vena cava caudale
F. Test di stimolazione con ACTH
1. È il test d’elezione per la conferma dell’insufficienza surrenale cronica e di quella iatrogena.
2. Può non essere necessario in caso di crisi addisoniane, quando non è possibile attendere i risultati.
Nelle prime due ore, durante l’esecuzione del test,
è possibile iniziare la fluidoterapia con soluzione
fisiologica, mentre è probabile che qualsiasi somministrazione di glucocorticoidi interferisca con
l’esame
3. Modalità di attuazione: simili a quelle indicate per
l’ipercortisolemia
a. Determinazione dei livelli basali di cortisolo
b. Somministrazione di 1,0 U/kg di ACTH in gel
per via IM
c. Determinazione dei livelli basali a distanza di 2
ore
4. Interpretazione
a. Livelli basali prima dell’ACTH ai limiti inferiori della norma o diminuiti (< 2,0 µg/dl)
b. Risposta assente o scarsa dopo ACTH
III. Terapia
A. Insufficienza surrenalica primaria acuta (Crisi addisoniana). È importante rispettare l’ordine indicato
1. Cateterizzare una vena
2. Prelevare campioni di sangue ed urina da destinare
ai test diagnostici prima di iniziare il trattamento
3. Intraprendere l’infusione endovenosa di soluzione
fisiologica: calcolare il fabbisogno e somministrarne rapidamente la metà. 40 ml/kg/ora per 1-2 ore
4. Somministrare per via endovenosa glucocorticoidi
a dosi anti-shock
a. Desametazone - 1 mg/kg. In alternativa,
b. Metilprednisolone succinato - 2 mg/kg
c. Ripetere dopo 30 minuti e dopo 1 ora se la pressione sanguigna non aumenta e la diuresi non
inizia
5. Una volta iniziata la diuresi, somministrare 0,5-5,0
mg di desossicorticosterone acetato in sospensione
oleosa IM. Ripetere ad intervalli di 24 ore e modificare il dosaggio in relazione alle variazioni dei
livelli degli elettroliti
6. Se il paziente è ipoglicemico, somministrare
destrosio al 50% IV sino ad ottenere l’effetto desiderato o aggiungere pari volumi di destrosio al 5%
alla soluzione fisiologica
7. Quando il paziente risponde, è possibile impiegare
dosi minori di desametazone IM ogni 12 ore, fino
a che l’animale non diviene in grado di tollerare la
terapia con glucocorticoidi per os
8. Tossicità miocardica da iperkalemia
a. In caso di grave iperkalemia (K > 8,5-9,0), operare come segue:
b. Somministrare 2 grammi di glucosio per unità
di insulina IV (la terapia combinata con insulina
e glucosio sposta il K nelle cellule)
c. Dosaggio dell’insulina: 0,5 U/kg IV
d. Infondere il 50% del glucosio sotto forma di
bolo e la parte restante nell’arco di 6-8 ore
B. Insufficienza surrenalica acuta (secondaria)
1. Trattare con glucocorticoidi solubili IV, come
idrocortisone o prednisolone succinato o desametazone sodio fosfato a dosi immunosoppressive o
anti-shock
2. Fluidoterapia endovenosa
C. Insufficienza surrenalica cronica
1. Richiede un intervento terapeutico meno rigoroso
2. Correggere la disidratazione e l’ipotensione con
soluzione di Ringer lattato o fisiologica
3. Somministrare idrocortisone o prednisolone come
nella terapia di mantenimento descritta oltre
4. Se sono presenti anomalie elettrolitiche, somministrare desossicortisone acetato (0,5-5,0 mg IM) o
fludrocortisone acetato (0,1-0,3 mg per os una
volta al giorno)
NOTE
181
NOTE
182
5. Se necessario, utilizzare desossicorticosterone
pivalato una volta al mese. È meno costoso, ma
più difficile da reperire.
D. Terapia di mantenimento dell’insufficienza surrenalica
1. Mineralcorticoidi
a. Necessari per la sopravvivenza dei cani con
squilibri elettrolitici
b. Fludrocortisone acetato per os, 0,1 mg/5 kg
c. Controllare i livelli degli elettroliti ogni 60 giorni
fino alla loro stabilizzazione, poi ogni 4-6 mesi
d. In alternativa: desossicorticosterone pivalato in
sospensione, 25 mg IM, per ottenere il rilascio
di 1 mg di desossicorticosterone attivo o 0,1 mg
di fludrocortisone.
La dose (stabilita nel corso di prove cliniche) è
di 25-100 mg IM ogni 25 giorni
2. Glucocorticoidi (unici farmaci richiesti per il trattamento dell’insufficienza secondaria)
a. Prednisolone (0,04 mg/kg/die): meno fisiologico e più esposto al rischio di indurre sovradosaggio a causa della potenza e delle dimensioni
delle compresse disponibili in commercio
b. Idrocortisone, 1,0 mg/kg/die
3. Integrazione con sale per os (1-2 g/die). Meno
costoso
E. Insufficienza surrenalica secondaria iatrogena
(insufficienza da glucocorticoidi)
1. Nei pazienti affetti da malattie per le quali è indicata la somministrazione di corticosteroidi, è possibile cessare il trattamento a dosi farmacologiche
e passare a quello con dosi fisiologiche, basato
unicamente sull’apporto di dosi di mantenimento
dei glucocorticoidi (prednisolone 0,04 mg/kg/die o
idrocortisone 0,2-1,0 mg/kg/die).
Si vedano gli schemi pubblicati oltre, integrati da
alcune domande che potranno servire a verificare
la comprensione del problema. I glucocorticoidi
vanno ridotti gradualmente nell’arco di diverse
settimane fino al miglioramento della funzionalità
dell’asse surrene-ipofisi-ipotalamo
2. Nei casi in cui è presente una malattia primaria
che richiede la somministrazione di glucocorticoidi, invece di effettuare trattamenti quotidiani o
impiegare prodotti “deposito” è preferibile attuare
una terapia sostitutiva a giorni alterni fino alla normalizzazione dei livelli di cortisolo.
3. La condizione è sempre reversibile se il cane viene
mantenuto in vita effettuando una corretta integrazione senza indurre la comparsa di iperadrenocorticismo durante il recupero dell’asse ipofisi-surrene. In cani trattati con glucocorticoidi esogeni per
periodi fino a 7 anni la guarigione può richiedere
anche 2 mesi.
4. Le alterazioni degli elettroliti sono rare o del tutto
assenti
5. Nel gatto, è più probabile che questa sindrome sia
indotta dai progestinici piuttosto che dai glucocorticoidi
Middleton et al: Canad J Vet Res 51:60-65, 1987
a. La soppressione surrenalica indotta dai progestinici è molto più intensa, ma si può avere anche
con i glucocorticoidi. La ripresa dell’asse ipofisi-surrene dopo la sospensione del trattamento
progestinico è più lenta e più impegnativa
b. I progestinici fanno al gatto quello che i glucocorticoidi fanno al cane
NOTE
183
NOTE
CASI CLINICI
CASO 1
Segnalamento: Boston terrier maschio di 10 anni, ricoverato il 5 marzo 1974.
Anamnesi: Inviato alla clinica per il trattamento di
un’ulcera corneale all’occhio sinistro comparsa 2 giorni
prima. Il cane si gratta l’occhio. Un mese prima, si era
verificata una lesione traumatica all’occhio destro, con formazione di stafiloma ed insorgenza di panoftalmite che
avevano imposto l’enucleazione dell’organo. Negli ultimi
sei mesi sono comparse polifagia ed alopecia del tronco.
Non è presente poliuria/polidipsia. Nelle ultime settimane
si è verificato un certo calo di peso.
Esame clinico: Temperatura 37,8, polso 80, respiro 16,
peso 6 kg. Alopecia generalizzata. Assenza di iperpigmentazione. Cute sottile. Ulcera corneale con uveite anteriore
all’occhio sinistro. Mancanza del destro.
Problemi iniziali: Che problemi si possono identificare?
1. Ulcera corneale con uveite anteriore
2. Diffusa alopecia del tronco con cute sottile
Esami di laboratorio:
Emogramma
Ematocrito:
Leucociti:
Neutrofili segmentati:
Linfociti:
Monociti
Eosinofili
Policromasia
184
37
9.550
8.069
.334 L
1.098
.047 L
(37-55)
(6.000-17.000)
(3.000-11.400)
(1.000-4.800)
(200-1.400)
(100-800)
NOTE
Profilo biochimico
Azotemia
Proteine totali
Albumina
SGPT
Fosfatasi alcalina
Glicemia
Na
K
Cl
Ca
9
7,6
3,5
41
1240
123
152
4,5
101
10,6
(8-28)
(6,1-7,5)
(2,5-3,6)
(10-109)
(1-114)
(76-119)
(142-152)
(3,9-5,1)
(110-124)
(9,1-11,7)
Analisi delle urine (raccolte mediante minzione)
Colore:
Peso specifico:
Proteine:
Leucociti:
Batteri:
Chetoni:
Glucosio:
Proteine:
Sangue occulto:
Bilirubina:
Giallo
1.024
1+
Numerosi
4+
Negativo
Negativo
Negativo
Negativo
Negativo
Qual è la vostra valutazione? Come prosegue il piano
diagnostico in questo caso?
Ulteriori test
1. Colesterolo 250 mg/dl (125-230)
2. Analisi delle urine prelevate mediante cistocentesi: pH
6,0; peso specifico 1.029; proteine 2+, leucociti e batteri
innumerevoli
3. Cortisolo plasmatico:
Prima dell’ACTH: 7 µg/dl
Dopo ACTH: 50 µg/dl
Dopo soppressione con basse dosi di desametazone: 1
µg/dl
Valutazione, indagini prescritte e piano terapeutico?
185
NOTE
CASO 2
Segnalamento: S. Bernardo maschio di 3 anni. Ricovero
18 marzo.
Anamnesi: Da 4-5 settimane presenta intolleranza all’attività fisica e perdita di vigore. La debolezza è progressivamente peggiorata, ma lo stato mentale del cane rimane
vigile. L’appetito è scarso, può essere presente polidipsia.
A carico degli arti toracici si rilevano atassia, appoggio
sulle nocche e debolezza. L’animale migliora col riposo.
Esame clinico: Temperatura 38,5, polso 98, respiro 60,
peso 45 kg. Il cane appare magro e con atrofia muscolare
generalizzata. Otite esterna bilaterale. Polso femorale
debole.
Esame neurologico:
Stato mentale: vigile
Andatura ed atteggiamento posturale: riluttante ad alzarsi.
Una volta alzatosi, le funzioni motorie sembrano buone
Si stanca con l’attività fisica e presenta fini tremori muscolari
Nervi cranici: normali
Riflessi spinali: normali
Reazioni posturali: normali
Quali sono i problemi? E il piano diagnostico?
Problemi: Debolezza episodica con atassia ed appoggio
sulle nocche
Polso femorale debole
Atrofia muscolare
Anoressia
Otite esterna
Esami di laboratorio iniziali:
Emogramma
Ematocrito:
Hb
Reticolociti
Leucociti:
Neutrofili segmentati:
Linfociti:
Monociti
Eosinofili
Solidi totali
186
31,8
10,7
0
16.700
12.191
2.756
1.253
501
8,7
(37-55)
(12-18)
(6.000-17.000)
(3.000-11.400)
(1.000-4.800)
(200-1.400)
(100-800)
(6,1-7,5)
NOTE
Profilo biochimico
Azotemia
ALT
LDH
CPK
Creatinina
Na
K
Ca
Glicemia
60
10
34
28
1,8
126
8,7
11,8
102
(8-28)
(10-109)
(2,5-3,6)
(40-220)
(0,5-1,7)
(142-152)
(3,9-5,1)
(9,1-11,7)
(76-119)
Analisi delle urine: pH: 5
Peso specifico: 1.018
Tutti i parametri delle strisce reattive risultano negativi
Rari cilindri granulari
Problemi e valutazione dei primi dati
Ulteriore piano diagnostico in questo caso
1. ECG: picco elevato delle onde T, soppressione di quelle
P. prolungamento del QRS
2. Livelli plasmatici di cortisolo
Pre-ACTH: < 0,5 µg/dl
Post-ACTH: > 0,5 µg/dl
Valutazione dei nuovi dati acquisiti
Diagnosi di iperkalemia ed ipocortisolemia secondarie ad
insufficienza della corteccia surrenale
Piano terapeutico:
1. Gittata cardiaca e velocità di filtrazione glomerulare
a. Fluidoterapia endovenosa mediante soluzione fisiologica
b. Glucocorticoidi solubili IV.
2. Monitorare la produzione di urina
3. Desossicorticosterone acetato IM per regolare accuratamente gli squilibri elettrolitici
Mantenimento:
1. Terapia con mineralcorticoidi:
Fludrocortisone acetato ogni giorno, oppure
Desossicorticosterone pivalato, iniezioni ogni 25 giorni o
Desossicorticosterone pivalato, pellet SC ogni 4-6 mesi
2. Somministrazione giornaliera di basse dosi di glucocorticoidi
3. Integrazione della dieta con sale
4. Controlli periodici ogni 3-4 mesi (appetito, livelli di attività, elettroliti)
187
NOTE
CASO 3
Segnalamento: Alano femmina ovariectomizzata di 2 anni.
Anamnesi:
Portato inizialmente alla visita 2 settimane prima per una
zoppia dell’arto anteriore sinistro
Trattato con ac. acetilsalicilico e steroidi
Peggioramento, nessuna tumefazione dell’arto
Nelle ultime 2 settimane, progressivo sviluppo di depressione e letargia
Graduale perdita di interesse per il cibo; attualmente non
mangia
Due episodi di vomito nella settimana trascorsa
Di solito, il cane defeca all’esterno
Nell’ultima settimana, una volta ha defecato in casa
Le feci erano lasse e di colore bruno molto scuro, con consistenza catramosa.
Esame clinico:
Temperatura 37,7, polso 120, respiro 32, peso 50 kg.
Magro, depresso, con disidratazione del 5%. Zoppia
dell’arto anteriore sinistro, difficile localizzare la sede del
dolore durante la visita. Soffio sistolico di grado II/VI
auscultabile sulla parete toracica destra. Presenza di molteplici ulcere a livello di mucosa orale e labbra.
Sulla base dei dati anamnestici e clinici, stilare una lista di
problemi e stabilire un piano diagnostico per ognuno di essi
1. Letargia e debolezza
2. Vomito
3. Perdita di peso e calo dell’appetito
4. Zoppia dell’arto anteriore
5. Diarrea con feci scure
6. Ulcere orali
7. Soffio sistolico
Emogramma (23/11):
Ematocrito
51
Eritrociti
5,23
Hgb
18,2
MCV
70
MCH
22,6
Piastrine 23.000
MPV
9,1
(35-57)
(4,95-7,87)
(11,9-18,9)
(66-77)
(21,0-26,2)
(211.-610.000)
(6,1-10,1)
(MPV = Volume piastrinico medio)
188
Leucociti
33.800
Neutr. seg.
7098
Neutr. non seg.
0
Linf.
9464
Mono.
0
Eosin.
17.238
(5000-14.100)
(2.900-12.000)
(0-450)
(400-2.900)
(100-1.400)
(0-1.300)
NOTE
Profilo biochimico (23/11):
Azotemia
Creatininemia
Prot. Totali
Albumina
Fosf. alcalina
ALT
P
91
5,7
6,7
2,7
66
30
6,5
(8-28)
(0,5-1,7)
(6,1-7,5)
(2,7-3,6)
(1-114)
(10-109)
(3,2-6,3)
Glicemia 82
Na
136
K
6,6
Cl
104
TCO2
12
AGap
19
Ca
12,6
(76-119)
(142-152)
(3,9-5,1)
(110-124)
(14-25)
(5-17)
(9,1-11,7)
Analisi dell’urina (23/11):
Colore:
Trasparenza:
Prelievo:
Peso specifico:
pH:
Glucosio:
Chetoni:
Proteine:
Bilirubina:
Sangue occulto:
giallo
limpido
cistocentesi
1.036
7,2
Negativo
Negativo
Negativo
Negativo
Negativo
Leucociti
Cellule epiteliali
Cilindri
Cristalli
Batteri
Sedimento
Eritrociti < 0-1/cmei
< 0/cmei
0/cmei
1-2/cmei
Negativo
Negativo
cmei: campo microscopico ad elevato ingrandimento.
Elencate tutte le anomalie riscontrate
Redigete il piano diagnostico e terapeutico (possibili
diagnosi differenziali e relativi test diagnostici)
Aggiornate la vostra lista dei problemi
Leucocitosi con linfocitosi ed eosinofilia
Diminuzione del numero delle piastrine
Iperazotemia ed ipercreatininemia
Ipoproteinemia
Iponatremia, ipocloremia
Iperkalemia
Ipercalcemia
Elettrocardiogramma:
Risultati in II derivazione
1. Soppressione delle onde P
2. Prolungamento dei complessi QRS
189
NOTE
Ripetizione del profilo biochimico dopo reidratazione:
Azotemia
Creatininemia
Prot. Totali
Albumina
Fosf. alcalina
ALT
Ca
46
2,2
5,2
2,2
61
32
10,3
(8-28)
(0,5-1,7)
(6,1-7,5)
(2,7-3,6)
(1-114)
(10-109)
(9,1-11,7)
Glicemia
Na
K
Cl
TCO2
AGap
119
141
4,5
121
14
7
(76-119)
(142-152)
(3,9-5,1)
(110-124)
(14-25)
(5-17)
Radiografie del torace:
Le dimensioni complessive dell’ombra cardiaca appaiono
ridotte. Il profilo del cuore è separato dal diaframma. È
presente un lieve ingrossamento dell’atrio sinistro. La
vascolarizzazione polmonare appare accentuata. Si rileva
una trama bronchiale generalizzata in tutti i campi polmonari.
Controlli periodici di laboratorio dopo l’instaurazione
della terapia
Primo controllo 25/11:
Emogramma:
Ematocrito
Eritrociti
Hgb
MCV
MCH
Piastrine
MPV
26
3,3
8,7
78
26
an
nr
(35-57)
(4,95-7,87)
(11,9-18,9)
(66-77)
(21,0-26,2)
(211.-610.000)
(6,1-10,1)
Leucociti
14.200
Neutr. seg.
12496
Neutr. non seg. 142
Linf.
852
Mono.
0
Eosin.
0
(500-14.100)
(2.900-12.000)
(0-450)
(400-2.900)
(100-1.400)
(0-1.300)
(MPV = Volume piastrinico medio)
Profilo biochimico:
Azotemia
Creatininemia
Prot. Totali
Albumina
Fosf. alcalina
ALT
Ca
190
28
nr
4,7
1,9
47
28
8,8
(8-28)
(0,5-1,7)
(6,1-7,5)
(2,7-3,6)
(1-114)
(10-109)
(9,1-11,7)
Glicemia 115
Na
138
K
3,5
Cl
120
TCO2
16
AGap
2
(76-119)
(142-152)
(3,9-5,1)
(110-124)
(14-25)
(5-17)
Nuovo controllo del profilo biochimico in data 3/12:
Azotemia
Creatininemia
Prot. Totali
Albumina
Fosf. alcalina
ALT
Ca
18
nr
5,9
2,9
56
34
10,6
(8-28)
(0,5-1,7)
(6,1-7,5)
(2,7-3,6)
(1-114)
(10-109)
(9,1-11,7)
Glicemia 106
Na
138
K
5,9
Cl
111
TCO2
21
AGap
7
NOTE
(76-119)
(142-152)
(3,9-5,1)
(110-124)
(14-25)
(5-17)
Test di risposta all’ACTH
Prima: 0,9 (0,5-2,0)
Dopo: 0,6
(8,0-20,0)
Livelli plasmatici di ACTH
Risultati: 500 pg/ml (200-350)
Test di soppressione con desametazone
Risultati:
Prima: 1,3 µg/dl
Dopo: 1,0 µg/dl
Esame delle feci (per flottazione): infestazione da A. caninum (lieve) e Trichuris vulpis (moderata)
Concentrazioni sieriche di aldosterone
Prima: 0 pg/ml (80-140)
2 pg/ml (80-200)
191
NOTE
CASO 4
Segnalamento: barboncino nano, femmina ovariectomizzata di 14 anni. Data: 24/1
Anamnesi:
Trattata con 7,5 mg di prednisolone per 9 mesi
9 mesi prima, il cane presentò irrequietezza ed incapacità
di deambulare. In precedenza (5 anni prima), era stato
trattato per 2 anni con glucocorticoidi per una neurite
ottica.
Attualmente il cane è stato nuovamente trattato con glucocorticoidi perché il proprietario pensava che le recenti difficoltà di deambulazione fossero una progressione della
sindrome della neurite ottica.
Due settimane prima il cane ha presentato lesioni cutanee
umide e trasudanti. Il veterinario curante ha diagnosticato
una piodermite ed ha detto al cliente di somministrare
prednisolone per trattare l’infezione.
Il cane è diventato molto irrequieto nel volgere di pochi
giorni dal termine della terapia, per cui venne nuovamente
trattato con prednisolone.
L’animale presenta polidipsia e poliuria con urinazione in
casa.
Esame clinico:
Temperatura 38,5; polso 140; respiro 40; peso 6 kg.
Distensione dell’addome. Diverse zone di alopecia sulla
cute del dorso. Le lesioni sono caratterizzate da una regione centrale con una pigmentazione scura circondata da un
anello di tessuto ipercheratosico.
Tartaro dentale, iperemia dei margini gengivali perialveolari.
Opacità lenticolari bilaterali. Deficit neurologici rappresentati da anomalie dello stato mentale (depressione); anomalie dell’andatura (il cane incespica mentre cammina);
deficit delle reazioni posturali degli arti anteriori e posteriori.
192
NOTE
Analisi dell’urina (24/1):
Colore:
giallo
Trasparenza:
limpido
pH:
5,0
Peso specifico:
1.022
Glucosio:
strisce ++; clinitest ++++
Chetoni:
Elevati
Proteine:
Tracce
Bilirubina:
Negativo
Sangue occulto:
Negativo
Eritrociti:
Occasionali
Leucociti:
Occasionali
Cellule epiteliali: Pochi elementi squamosi, occasionali cellule rotonde
Cilindri:
Molti cellulari, pochi ialini
Cristalli
Problemi:
Proteinuria
Chetonuria
Glicosuria
Piuria, ematuria
Esami di laboratorio (24/1):
Emogramma:
Ematocrito 36,8 (37-55)
Leucociti
20.400 (6000-17.000)
Eritrociti
Neutr. seg.
18156 (3.000-11.400)
5,03 (5,50-8,50)
Hgb
12,7 (12,0-18,0)
Neutr. non seg.
204 (0-300)
MCV
73
Linf.
408 (1000-4.800)
MCH
25,2 (19,5-24,5)
Mono.
MCHC
34,5 (32,0-36,0)
Eosin.
Piastrine
MPV
724
10
(60-77)
1.632 (200-1.400)
0 (100-800)
(200.-900.000)
Basofili
0
(7,0-9,2)
Altre
0
Reticolociti nr
Eritrociti nucleati
0
Fibr.
Anisocitosi
0
nr
Poichilociti
(MPV = Volume piastrinico medio)
193
NOTE
Profilo biochimico:
Azotemia
95
(8-28)
Glicemia 690
Creatininemia
3,3 (0,5-1,7)
Na
126
Prot. Totali
6,8 (6,1-7,5)
K
4,4
Albumina
2,8 (2,7-3,6)
Cl
80
Fosf. alcalina 519
(1-114)
TCO2
18
ALT
57
(10-109)
AGap
29
P
6,8 (3,5-5,2)
Ca
10,5
Fosf. alcalina dopo trattamento con levamisolo: 229
(76-119)
(142-152)
(3,9-5,1)
(110-124)
(14-25)
(5-17)
(9,1-11,7)
1. Elencare tutti i problemi che riuscite ad identificare
negli esami ematologici e biochimici
2. Indicare le possibili diagnosi differenziali per ciascun
problema. Indicare per ognuno di essi il piano terapeutico e diagnostico.
Anemia ai limiti della norma
Trombocitosi
Leucogramma da stress
Aumento dei livelli di fosfatasi alcalina
Iperglicemia
Iponatremia
Ipocloremia
Test di risposta all’ACTH
Risultati: Prima: 1,06 (0,5-2,0)
Dopo:
5,0 (8,0-20,0)
Ripetizione del profilo biochimico e dell’analisi dell’urina il 26/1:
Profilo biochimico:
Azotemia
Creatininemia
Prot. Totali
Albumina
Fosf. alcalina
ALT
31
2,9
5,7
2,4
439
89
Dopo levamisolo: 194
194
(8-28)
(0,5-1,7)
(6,1-7,5)
(2,7-3,6)
(1-114)
(10-109)
Glicemia
Na
K
Cl
TCO2
AGap
Ca
Colesterolo
330
136
3,6
96
19
21
9,2
419
(76-119)
(142-152)
(3,9-5,1)
(110-124)
(14-25)
(5-17)
(9,1-11,7)
(125-200)
NOTE
Analisi dell’urina:
Colore:
Trasparenza:
Peso specifico:
pH:
Glucosio:
Chetoni:
Proteine:
Bilirubina:
Sangue occulto:
Cilindri:
Cristalli amorfi, grasso
giallo chiaro
limpido
1.011
5,0
++ clinitest
Elevati
Tracce
Negativo
Negativo
Finemente granulari, rari
Risposta alla terapia medica
Al termine dell’ospedalizzazione si somministrò idrocortisone come integrazione. Il 24/1 si inserì un catetere endovenoso. Infusione IV di 1 unità/100 ml di insulina concentrata. Inizio della terapia alle 23:00: i rispettivi valori di
glicemia sono indicati nella scheda seguente.
Data Ora
Glicemia
24/1 23:00 380
1 unità di insulina amorfa IV
12:00 380
01:00 380
02:00 370
03:00 326
04:00 324
06:00 332
Risposta alla terapia medica con insulina NPH SC
Data Ora
Glicemia
25/1 08:00 275- 7 unità NPH SC
12:00 168
02:00 193
03:00 188
24:00 257
26/1 08:00 276 - 7 unità NPH
12:00 420
Visita dermatologica
L’esame clinico evidenziò macule pigmentate ipercheratosiche.
Squame, croste, alopecia bilateralmente simmetrica
195
NOTE
CASO 5
Segnalamento: Pastore australiano femmina ovariectomizzata di 6 anni.
Anamnesi:
Il cliente possiede il cane da tre anni.
Un anno prima, il cane perdeva ciuffi di pelo in corrispondenza della parete toracica destra.
Attualmente, si osservano ammassi di pelo con squame
attaccate.
Si è leccato a lungo gli arti anteriori.
Sei settimane prima, sono state notate vescicole sulla cute
All’epoca, il veterinario curante ha prescritto eritromicina,
prednisone e preparati tiroidei.
A distanza di 3 settimane non si è rilevata alcuna modificazione delle condizioni del mantello, per cui il trattamento è
stato interrotto.
Nelle ultime 3 settimane non sono stati somministrati farmaci.
Appetito, urinazione e consumo di acqua sono normali.
Assenza di vomito, diarrea, tosse o sternuti.
Alimentazione: alimenti secchi per cani e residui di cucina
Vaccinazioni in ordine.
Il proprietario riferisce una scrupolosa cura contro i parassiti interni ed esterni.
Esame clinico:
Temperatura 38,5; polso 100; respiro 52; peso 35 kg.
Obesità e ventre gonfio. Diffuse chiazze di alopecia a livello del tronco. Tutti gli altri riscontri sono entro i limiti
della norma.
Visita dermatologica: seborrea secca generalizzata del
tronco e collaretti epidermici.
Emogramma:
Ematocrito
Eritrociti
Hgb
MCV
MCH
Piastrine
MPV
49
nr
17,6
nr
nr
an
nr
(35-57)
(4,95-7,87)
(11,9-18,9)
(66-77)
(21,0-26,2)
(211.-610.000)
(6,1-10,1)
Leucociti
9.047
Neutr. seg.
7419
Neutr. non seg.
0
Linf.
814
Mono.
362
Eosin.
452
Retic.
nd
(MPV = Volume piastrinico medio)
196
(5000-14.100)
(2.900-12.000)
(0-450)
(400-2.900)
(100-1.400)
(0-1.300)
NOTE
Profilo biochimico:
Azotemia
14
Creatininemia nr
Prot. Totali
6,4
Albumina
3,2
Fosf. alcalina 92
ALT
86
(8-28)
(0,5-1,7)
(6,1-7,5)
(2,7-3,6)
(1-114)
(10-109)
Glicemia 132
Na
145
K
4,3
Cl
111
TCO2
21
AGap
14
Ca
10,5
(76-119)
(142-152)
(3,9-5,1)
(110-124)
(14-25)
(5-17)
(9,1-11,7)
Analisi dell’urina:
Colore:
Trasparenza:
Peso specifico:
pH:
Glucosio:
Chetoni:
Proteine:
Bilirubina:
Sangue occulto:
Eritrociti:
giallo chiaro
limpido
1.017
7,8
Negativo
Negativo
Negativo
Negativo
Negativo
Occasionali
Sedimento
Assenza di cellule
Pre e Post TSH
Pre T4: 0,3 (1,5-3,0)
Post T4: 0,2 (3,0-5,0)
Test di risposta all’ACTH:
Pre e Post ACTH
Livelli basali: 3,2 (0,5-2,0)
Post-ACTH: 22,6 (8-20)
Test di soppressione con basse dosi di desametazone (0,34
mg. Des. IV)
Livelli basali: 5,5
4 ore: 3,8
6 ore: 2,7
8 ore: 3,3
Soppressione con alte dosi di desametazone (3,4 mg IV)
0,1 mg/kg
Livelli basali: 4,0
2 ore: 6,8
4 ore: 2,9
6 ore: 1,7
8 ore: 1,5
197
NOTE
Misurazione dei livelli sierici di ACTH:
Controlli: 91,44
Paziente: 107,94
71,25
51,50
42,72
82,28
Esame ecografico
Avete diagnosticato una forma di iperplasia surrenalica/
iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente; il quadro ecografico indica che la condizione è bilaterale.
Terapia per la disfunzione surrenalica: cosa utilizzate?
Esame ormonale dopo terapia
Test di stimolazione con ACTH
Livelli basali: < 0,3 (0,5-2,0)
Dopo ACTH: 1,8 (8,0-20,0)
Ripetere l’esame
Il paziente venne riportato dopo 10 settimane di terapia per
un consulto dermatologico, a causa della persistenza
dell’alopecia del tronco.
Visita dermatologica:
Coda di topo
Mantello opaco e secco. Ritenzione del manto giovanile,
lanuginoso. Grandi chiazze squamose - Esfoliazione di
cheratina. Cute addominale sottile.
Ripetizione dopo 10 settimane del test di risposta all’ACTH
Pre- e Post-cortisolo
Prima: 2,6
Dopo: 4,1
Test di risposta al TSH:
Pre T4: 0,2
Post T4: non rilevabile
A questo punto, indicate il piano diagnostico e terapeutico.
198
28° Congresso SCIVAC
EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995
Tim Watson
BVM&S, PhD, MRCVS
WALTHAM Centre for Pet Nutrition, Freeby Lane,
Waltham-on-the -Wolds, Melton Mowbray,
Leicestershire, LE14 4RT, UK
Valutazione dello stato nutrizionale
dalle indagini di laboratorio di routine
Domenica, 25 giugno 1995, ore 10.00
199
NOTE
Introduzione
Nel presente lavoro vengono trattati i disturbi del metabolismo lipidico che si manifestano attraverso l’aumento
delle concentrazioni plasmatiche di colesterolo e/o trigliceridi (iperlipemia). Si tratta di una condizione identificata
con sempre maggiore frequenza nel cane e nel gatto, spesso in associazione con malattie clinicamente manifeste. Lo
scopo di questa relazione è quindi quello di 1) evidenziare
le complicazioni cliniche dell’iperlipemia e 2) indicare le
terapie da adottare in questi casi.
Definizioni
• L’aumento delle concentrazioni sieriche di colesterolo
e trigliceridi (iperlipemia) viene riscontrato con sempre
maggiore frequenza nella clinica dei piccoli animali, sia
nel corso di esami ematologici di routine che in occasione
di indagini cliniche in animali malati.
• Poiché il colesterolo ed i trigliceridi passano nel plasma sotto forma di speciali complessi lipoproteici detti
lipoproteine, l’iperlipemia viene occasionalmente indicata
anche col nome di iperlipoproteinemia.
• Col termine di lipemia si indica l’aspetto torbido conferito al plasma o al siero dalla rifrazione della luce determinata dalla presenza di grandi particelle lipoproteiche ricche di trigliceridi.
• In alcuni casi l’iperlipemia può essere dovuta alla
recente ingestione di un pasto ricco di grassi; questa condizione viene indicata col nome di iperlipemia postprandiale (o lipemia postprandiale) ed è del tutto normale. Il
riscontro di iperlipemia in animali a digiuno da 12-16 ore
costituisce un fatto patologico e riflette un deficit del metabolismo dei lipidi.
• Nella maggior parte dei cani e dei gatti, l’iperlipemia
a digiuno si osserva secondariamente ad altre affezioni
metaboliche o endocrine (iperlipemia secondaria).
• Negli animali che non presentano malattie primarie, si
presume che l’iperlipemia sia dovuta ad un’alterazione primaria e geneticamente determinata del metabolismo lipoproteico (iperlipemia primaria). In molti casi, questa
alterazione non risulta identificabile, per cui si preferisce
impiegare il termine di iperlipemia idiopatica.
200
NOTE
Iperlipemie idiopatiche primarie
• Iperchilomicronemia ereditaria del gatto
• Iperchilomicronemia idiopatica dello schnautzer nano
Iperlipemie secondarie
Cane
Ipotiroidismo
Diabete mellito
Iperadrenocorticismo
Affezioni del fegato e delle vie biliari
Nefropatie
Obesità
Gravidanza, pseudogravidanza
Acromegalia
Eccessivo consumo di alcol
√
√
√
√
√
?
?
?
χ
Gatto
Uomo
χ
√
√
√
√
√
√
√
√
√
√
√
√
√
?
χ
√
χ
Prevalenza dell’iperlipemia nel cane e nel gatto
Generalmente, gli autori concordano nel ritenere che
nel cane, e forse nel gatto, l’iperlipemia secondaria sia
molto più comune di quella idiopatica. Nel corso di
un’indagine in prospettiva condotta nell’arco di un periodo
di 6 mesi su 362 cani inviati per la prima volta alla
Veterinary School della Glasgow University, l’autore ha
riscontrato in 53 casi (15%) la presenza di iperlipemia
(colesterolo > 6,5 mmol/l, trigliceridi > 1,75 mmol/l).
Nella maggior parte di questi soggetti (43,81%) la condizione era di origine secondaria. Nei restanti 10 casi (19%)
non si riuscì ad identificare alcuna affezione primaria, per
cui l’iperlipemia venne definita idiopatica. In un’indagine
meno ampia effettuata nel gatto, l’iperlipemia a digiuno
venne riscontrata in 9 campioni di sangue su 75 (12%)
inviati al laboratorio di biochimica clinica della Veterinary
School della Glasgow University. In tutti i felini colpiti,
l’iperlipemia era di origine secondaria.
Concentrazioni plasmatiche di colesterolo e trigliceridi
Valori normali
La definizione di iperlipemia presuppone che i limiti
superiori della norma adottati dai vari laboratori per le con201
NOTE
centrazioni sieriche di colesterolo e trigliceridi siano normali.
Tuttavia, stanno emergendo dati che indicano che potrebbe
non essere esattamente così, dal momento che i limiti comunemente utilizzati sembrano essere inadeguati per certe razze
o popolazioni di cani e gatti. Ad esempio, in Briard apparentemente sani è stata riscontrata una colesterolemia di 8,0 ±
0,5 mmol/l e l’autore ha rilevato concentrazioni fino a 8,6
mmol/l in un allevamento di gatti sani. Ovviamente, una
colesterolemia di 15 mmol/l è senz’altro anormale, ma si va
delineando un’“area grigia” in cui la reale importanza del
riscontro di livelli di colesterolo compresi fra 6,5 ed 8,0
mmol/l nel cane e nel gatto risulta discutibile.
Fortunatamente, questo fatto riveste un’importanza trascurabile dal punto di vista clinico, dal momento che è improbabile che si renda necessario un intervento terapeutico in animali sani con colesterolemia compresa entro questo intervallo.
Tuttavia, il riscontro di livelli di colesterolo pari, ad esempio,
a 7,8 mmol/l in un cane con sospetto ipotiroidismo potrebbe
essere considerato segno di alterazione tiroidea e suggerire il
ricorso a test di funzionalità endocrina più costosi.
Variabilità normale
Nel corso degli ultimi due anni sono emersi dei dati che
indicano la normale variabilità dei livelli plasmatici di
colesterolo e trigliceridi nel cane e nel gatto. Ad esempio,
è stato stimato che, nel cane, esista una variazione giornaliera, nei singoli individui, del 7% e del 18%, rispettivamente, per i livelli plasmatici di colesterolo e trigliceridi.
Ciò significa che in un cane che presenti i valori tipici di
4,5 e 0,8 mmol/l di colesterolo e trigliceridi, i livelli
riscontrati in più giorni consecutivi possono variare, rispettivamente, da 4,2 a 4,8 mmol/l e da 0,65 a 0,95 mmol/l.
Questa variabilità non riveste importanza clinica fino a che
i valori non si approssimano ai limiti superiori della
norma, intorno a 6,5 mmol/l per il colesterolo e ad 1,7
mmol/l per i trigliceridi. Quindi, la colesterolemia può
essere di 6,0 mmol/l (normale) un giorno e di 7,0 mmol/l
(anormale) quello successivo, mentre la trigliceridemia
può risultare, rispettivamente, di 1,40 mmol/l (normale) e
di 2,0 mmol/l (anormale). Tutto ciò, associato agli errori di
laboratorio che si possono verificare nella determinazione
dei livelli di colesterolo e trigliceridi, impone l’adozione di
una certa cautela nell’interpretazione dei valori che risulta-
202
no appena superiori al limite maggiore della norma, nel
qual caso può essere indicata la ripetizione dell’esame
prima di intraprendere indagini diagnostiche lunghe ed
economicamente impegnative.
NOTE
Razza
Un’indagine volta a studiare le concentrazioni plasmatiche dei lipidi in cinque diverse razze canine (Labrador,
beagle, West Highland white terrier, cairn terrier e bassotto) non ha evidenziato significative variazioni della colesterolemia e della trigliceridemia. È possibile, tuttavia, che
in determinate razze i valori riscontrati non siano conformi
a quelli indicati, come avviene per il briard. Nelle sue personali ricerche, l’autore ha rilevato come le concentrazioni
plasmatiche del colesterolo siano influenzate dalla razza,
ma senza riscontrare differenze interrazziali statisticamente significative. Quindi, al momento attuale sembra che
esistano scarse indicazioni per stabilire per ogni singola
razza le concentrazioni normali che, fatta eccezione per il
briard, rientrano nei limiti degli intervalli di riferimento
standard. Non sono disponibili dati analoghi per il gatto.
Sesso
L’autore non ha riscontrato significative differenze fra i
sessi nelle concentrazioni plasmatiche del colesterolo nel
cane, mentre la trigliceridemia sembra essere più elevata
nei maschi castrati e ridotta nelle femmine non ovariectomizzate. Tuttavia, non sono stati esaminati gli specifici
effetti della castrazione sul metabolismo lipidico di queste
specie animali. Sia i livelli di colesterolo che quelli dei trigliceridi sembrano aumentare durante l’estro ed il metaestro, anche se gli incrementi risultano di entità variabile e
sono solitamente compresi entro l’intervallo normale.
Nel gatto, l’autore non ha rilevato significative differenze di colesterolemia o trigliceridemia legate al sesso.
Inoltre, sia nei maschi che nelle femmine la castrazione
non sembra influire sui livelli plasmatici di questi composti. Non sono disponibili dati sugli effetti del ciclo estrale
nella gatta, ma l’autore ha preso in esame le modalità con
cui le concentrazioni plasmatiche dei lipidi vengono
influenzate dalla gravidanza e dalla lattazione in questa
specie animale. Questa indagine ha dimostrato che coleste203
NOTE
rolemia e trigliceridemia restano inalterate nella gatta gravida, mentre subiscono entrambe una diminuzione significativa dopo il parto e durante l’allattamento, per poi tornare alla normalità dopo lo svezzamento. Questi dati indicano che, almeno nel gatto, la gravidanza non può essere
considerata una causa di iperlipemia secondaria.
Dieta
Gran parte delle variazioni interindividuali delle concentrazioni plasmatiche dei lipidi riscontrate nell’uomo può
essere spiegata con la differente assunzione di grassi con la
dieta. Si ignora se ciò valga anche per il cane ed il gatto e,
al momento attuale, non è ancora stato chiarito con esattezza in che misura la dieta influisca su questi parametri. Sulla
base dei risultati di indagini sperimentali, risulta evidente
che la colesterolemia del cane risponde alle variazioni del
contenuto di colesterolo della dieta, ed in particolare
dell’assunzione di grassi saturi, anche se gli alimenti impiegati erano molto diversi dalle formulazioni con cui vengono
nutriti i cani da compagnia. Vi sono anche dei dati che indicano che la colesterolemia e la trigliceridemia diminuiscono in seguito all’assunzione di una dieta povera di grassi
nell’ambito del trattamento dell’iperlipemia nel cane. È
quindi evidente come la dieta eserciti un’importante
influenza sui livelli plasmatici dei lipidi del cane e forse del
gatto, anche se tale effetto non è ancora stato quantificato.
Complicazioni cliniche dell’iperlipemia
L’iperlipemia può essere associata ad una gamma di
condizioni patologiche che comprende:
• manifestazioni addominali: anoressia, vomito, diarrea;
• pancreatite acuta necrotizzante: anoressia, vomito,
diarrea, dolore addominale localizzato;
• anomalie oculari;
• manifestazioni dermatologiche;
• disturbi del sistema nervoso centrale.
Pancreatite e manifestazioni addominali
La pancreatite è un’importante conseguenza dell’ipertrigliceridemia non controllata del cane. Tuttavia, non è
204
chiaro a quali concentrazioni plasmatiche di trigliceridi ciò
si verifichi; inoltre, alcuni cani sembrano più esposti di
altri alle lesioni da pancreatite. L’autore ha osservato episodi di pancreatite in cani che, al momento della visita,
presentavano valori di trigliceridemia a digiuno di appena
5 mmol/l. Questo è quindi considerato il livello da raggiungere attraverso gli interventi terapeutici nei cani con
iperlipemia primaria e secondaria. Per ragioni che non
sono chiare, il gatto sembra essere del tutto resistente alla
pancreatite indotta dall’ipertrigliceridemia; non sono state
segnalate manifestazioni riferibili a pancreatite neppure nei
gatti con iperchilomicronemia ereditaria, nei quali i livelli
dei trigliceridi raggiungono valori di 50-80 mmol/l.
I segni clinici osservati nei cani affetti da pancreatite sono
rappresentati da grave dolore addominale, localizzato alla
parte anteriore dell’addome ed accompagnato dall’assunzione
del cosiddetto “atteggiamento di preghiera”, vomito, diarrea e
anoressia. Episodi di questo tipo si manifestano in modo
intermittente e tendono ad essere autolimitanti, ma in seguito
aumentano di frequenza e di gravità sino al punto di rendere
indispensabile l’ospedalizzazione del cane ed il ricorso alla
terapia intensiva. Nei pazienti colpiti, i livelli plasmatici di
amilasi e lipasi risultano spesso normali (il che può essere
dovuto al fatto che il plasma, essendo lipemico, interferisce
con la metodica spettrofotometrica utilizzata per questo tipo
di analisi), ma l’esame ecografico può rivelare segni di
edema/tumefazione del pancreas. Episodi di questo tipo sono
comuni negli schnautzer nani affetti da iperchilomicronemia
idiopatica e sono stati indicati col nome di pseudopancreatite,
dal momento che non è sempre possibile dimostrare chiaramente l’esistenza di una flogosi pancreatica. Altri cani con
ipertrigliceridemia possono presentare segni di anoressia,
vomito o diarrea in assenza di qualsiasi manifestazione algica
localizzata nella parte anteriore dell’addome; non è chiaro se
tali segni siano dovuti ad un danno pancreatico o ad una
disfunzione gastroenterica primaria.
NOTE
Anomalie oculari
Le anomalie oculari non sono rare nei cani con iperlipemia e sono rappresentate da:
• cheratopatia lipidica;
• arco lipoide della cornea (arcus lipoides corneae);
• distrofia dello stroma del cristallino;
205
NOTE
• presenza di lipidi nell’umore acqueo;
• infiltrazione lipidica macroscopica del globo oculare;
• lipemia dei vasi, compresi quelli retinici.
Alcune di queste manifestazioni, tuttavia, non si osservano costantemente in tutti i cani con iperlipemia e possono
essere presenti anche in soggetti normolipemici. Sembra
che, nel determinare la comparsa di certi segni clinici, giochino un ruolo importante fattori oculari locali, come ad
esempio la struttura della cornea, la pressione intraoculare e
la temperatura. Quando si osservano nei cani iperlipemici, le
manifestazioni oculari possono essere caratteristiche del
disturbo lipidico primario e vanno considerate come importanti marcatori della possibile presenza di iperlipemia. Data
l’importanza dei fattori locali ai fini della comparsa di queste manifestazioni, la normalizzazione delle concentrazioni
sieriche dei lipidi indotta dalla terapia non è sempre seguita
dalla risoluzione del quadro clinico.
Manifestazioni dermatologiche
Nei cani e nei gatti colpiti da iperlipemia primaria e
secondaria è stata descritta una vasta gamma di manifestazioni dermatologiche, che di solito si risolvono in seguito
alla normalizzazione dei livelli sierici dei lipidi. Tali alterazioni sono rappresentate da:
• xantomi eruttivi;
• prurito;
• alopecia (di tipo endocrino).
Manifestazioni riferibili all’interessamento del SNC
• Crisi convulsive, specialmente nello schnautzer nano
con iperchilomicronemia idiopatica.
• Neuropatie periferiche: n. facciale, nn. radiale/tibiale,
sindrome di Horner.
• Aterosclerosi cerebrale: disorientamento, maneggio,
alterazioni della visione, ictus.
Il trasporto dei lipidi a livello plasmatico: la chiave per
comprendere le origini metaboliche dell’iperlipemia
Colesterolo e trigliceridi, in quanto tali, sono tipicamente insolubili nel plasma ed il loro trasporto attraverso
206
l’ambiente acquoso del flusso ematico si fonda sull’incorporazione in speciali complessi lipoproteici detti lipoproteine. Queste ultime sono suddivise in quattro classi, ognuna delle quali riveste un ruolo distinto nel trasporto dei
lipidi a livello plasmatico e può essere definita sulla base
delle tipiche caratteristiche fisiche e chimiche indicate più
oltre. Tutte condividono la medesima struttura delle componenti idrofobe, ed in particolare dei trigliceridi e dei
colesteril-esteri, sono veicolate nel nucleo delle particelle,
protette dall’ostile ambiente plasmatico grazie ad un rivestimento polare di fosfolipidi, alcune proteine speciali
nelle apolipoproteine ed una piccola quantità di colesterolo
libero.
NOTE
1. Chilomicroni - trasportano i trigliceridi assunti con
la dieta dal piccolo intestino al tessuto adiposo (dove vengono accumulati) o alla muscolatura scheletrica (dove
sono impiegati come substrato energetico). Sono le lipoproteine più grandi e quelle che galleggiano di più e rimangono all’origine del fenomeno dell’elettroforesi in gel di
agarosio.
2. Lipoproteine a bassissima densità (VLDL o verylow-density lipoproteins) - utilizzate per trasportare i trigliceridi ed il colesterolo fuori dalla principale sede di sintesi endogena, il fegato, e veicolare i trigliceridi ai tessuti
periferici. Sono anche note come pre-ß-lipoproteine per la
loro mobilità elettroforetica.
3. Lipoproteine a bassa densità (LDL o low-density
lipoproteins) - formate a partire dalle VLDL, trasportano il
colesterolo ai tessuti periferici, come le surreni e le ghiandole della riproduzione. All’elettroforesi, migrano in posizione ß.
4. Lipoproteine ad alta densità (HDL o high-density
lipoproteins) - captano il colesterolo in eccesso rispetto alle
esigenze tissutali e lo trasportano al fegato, dove può essere
escreto sotto forma di sali biliari, accumulato o ridistribuito
ad altri tessuti dell’organismo sotto forma di VLDL o LDL.
Le HDL sono le lipoproteine più piccole e più dense e
migrano in posizione α nel tracciato elettroforetico.
I chilomicroni e le VLDL veicolano principalmente i
trigliceridi, mentre le LDL e le HDL sono utilizzate
soprattutto dal colesterolo. Di conseguenza, è probabile
che in caso di aumento delle concentrazioni plasmatiche
207
NOTE
dei trigliceridi si osservi un incremento della quantità di
chilomicroni e/o VLDL circolanti. Analogamente, l’ipercolesterolemia è dovuta di solito alle alterazioni del metabolismo delle LDL e delle HDL piuttosto che delle altre
due classi di lipoproteine. Va tenuto presente che quella
indicata rappresenta una schematizzazione abbastanza
semplicistica, dal momento che nei singoli casi possono
essere interessate più di una classe di lipoproteine, dando
origine ad un quadro lipidico più complesso. In alcune
affezioni si possono anche verificare delle modificazioni
della composizione di certe lipoproteine, come l’arricchimento di colesterolo delle VLDL o l’aumento di trigliceridi delle LDL, che confondono ulteriormente la situazione.
Tuttavia, la conoscenza delle origini metaboliche dell’iperlipemia rappresenta la base dell’indagine clinica e dello
sviluppo degli interventi terapeutici più appropriati.
Ipertrigliceridemia
Sia i chilomicroni che le VLDL sono catabolizzati
attraverso l’enzima lipoproteina-lipasi, che separa i trigliceridi da queste particelle. Quindi, le alterazioni dell’attività di questo enzima, sia di origine genetica che acquisite,
determinano una riduzione della clearance dei chilomicroni e delle VLDL, con conseguente ipertrigliceridemia. Se
la lesione è abbastanza grave, i chilomicroni persistono in
circolo per più di 12 ore dopo l’ingestione di un pasto
ricco di grassi e, quindi, possono essere presenti anche nel
plasma a digiuno. La situazione può essere complicata in
certi stati patologici, come il diabete mellito, in cui si
osserva una sovrapproduzione di VLDL come conseguenza dell’inefficace regolazione della lipolisi adiposa.
Ipercolesterolemia
L’aumento dei livelli plasmatici di colesterolo è generalmente conseguente ad un’alterazione del metabolismo
delle LDL e delle HDL. Nell’uomo, l’incremento delle
LDL si osserva tipicamente in caso di deficit dei recettori
(LDL-recettori) responsabili della loro clearance dal plasma. Tali deficit non sono stati segnalati nel cane e nel
gatto e non è chiaro in che misura in queste specie animali
l’ipercolesterolemia sia dovuta alla riduzione della clearance piuttosto che all’aumento della sintesi delle LDL.
208
Incrementi dei livelli delle HDL sono stati riscontrati in
certi tipi di iperlipemia secondaria del cane, ma le esatte
origini metaboliche di queste alterazioni restano poco chiare. La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che
in molti casi di ipercolesterolemia del cane la clearance
dei residui ricchi di colesterolo dei chilomicroni e delle
VLDL sembra essere ridotta, come indica la comparsa nel
plasma di tali residui, noti col nome di B-VLDL.
NOTE
Studio dell’iperlipemia nel cane e nel gatto
Di fronte ai pazienti iperlipemici, l’indagine diagnostica si sviluppa seguendo un protocollo soddisfacente e
ragionevolmente chiaro. È necessario rispondere alle due
seguenti domande.
1. L’iperlipemia è la conseguenza della recente ingestione di un pasto ricco di grassi?
Verifica: tenere a digiuno il paziente per una notte e
ripetere il prelievo.
Si devono misurare le concentrazioni plasmatiche di
colesterolo e trigliceridi e, nei pazienti in cui l’anamnesi
segnala l’esistenza di problemi gastroenterici, l’attività di
amilasi e lipasi.
2. L’iperlipemia è di origine secondaria?
Verifica: accertare se l’animale presenta qualsiasi altra
indicazione clinica o anamnestica che possa far sospettare
la presenza di una condizione in grado di causare iperlipemia, ed in particolare di ipotiroidismo, diabete mellito, iperadrenocorticismo, epato- e nefropatie.
Nei casi in cui si riscontra un’affezione primaria, tutti
gli sforzi diagnostici devono essere focalizzati su di essa,
ricorrendo agli opportuni test o alle prove funzionali del
caso. Nei casi in cui non si osservano segni di malattia,
l’iperlipemia deve essere considerata di natura idiopatica.
Recentemente, sono stati messi a punto alcuni test più specializzati, utilizzabili per lo studio dell’iperlipemia, quali:
• metodi di determinazione delle singole classi di lipoproteine, sia con tecnica qualitativa (elettroforesi in gel
d’agarosio) che quantitativa (separazione/precipitazione
delle lipoproteine);
• determinazione dell’attività della lipoproteina-lipasi;
• test della clearance dei chilomicroni (test di tolleranza
ai grassi somministrati per via orale o endovenosa).
209
NOTE
Questi esami, tuttavia, possono essere effettuati presso
un numero limitato di laboratori ed in genere non sono alla
portata della maggior parte dei veterinari. Sono utili in
determinati casi, ed in particolare nell’iperlipemia idiopatica, per stabilire l’origine metabolica dell’iperlipemia stessa
e, quindi, adottare la terapia specifica.
Trattamento dell’iperlipemia
• Lo scopo della terapia è quello di ridurre le concentrazioni plasmatiche dei lipidi a livelli tali da diminuire il più
possibile il rischio di insorgenza delle manifestazioni cliniche associate all’iperlipemia.
• I casi di iperlipemia secondaria vengono efficacemente trattati con la terapia più appropriata per l’affezione primaria. Tuttavia, in questi pazienti la misurazione periodica
dei livelli plasmatici dei lipidi può essere utile per monitorare l’evolversi delle condizioni dell’animale.
L’iperlipemia idiopatica va trattata in primo luogo riducendo l’apporto di grassi con la dieta. Gli animali sovrappeso devono essere sottoposti ad un programma di alimentazione controllata a ridotto contenuto calorico, facendo
presenti ai loro proprietari i benefici effetti dell’attività
fisica. La mancata normalizzazione delle concentrazioni
plasmatiche può essere dovuta a:
• scarso rispetto della dieta;
• inefficacia della dieta, solitamente conseguente al
fatto che l’alterazione del metabolismo delle lipoproteine
non può essere completamente corretta con la riduzione
dell’assunzione di grassi;
• mancata perdita di peso dei pazienti obesi;
• sviluppo di un’iperlipemia secondaria nei pazienti in
cui l’indagine clinica iniziale non ha evidenziato una
forma primaria. In questi casi, gli animali devono essere
nuovamente esaminati alla ricerca di segni clinici ed anomalie biochimiche riferibili all’affezione primaria.
Caratteristiche delle diete studiate per ridurre i livelli
dei grassi
Le modificazioni della dieta sono studiate per ridurre
l’assunzione dei grassi ed in particolare dei trigliceridi e,
quindi, diminuire la produzione di chilomicroni e VLDL.
Tutti gli alimenti per cani e gatti reperibili in commercio
210
NOTE
sono intrinsecamente poveri di colesterolo, ma le concentrazioni plasmatiche di quest’ultimo e dei trigliceridi sono
correlate all’assunzione dei grassi, ed in particolare di
quelli saturi (come l’uomo ha imparato a proprie spese).
Per il trattamento dell’iperlipemia vengono indicate varie
diete speciali per uso veterinario, basandosi sul fatto che
alcune loro peculiarità si sono dimostrate in grado di ridurre la concentrazione plasmatica dei lipidi nell’uomo.
Le caratteristiche ideali di una dieta capace di ridurre i
livelli dei lipidi sono rappresentate da:
• basso tenore di grassi; ridotta concentrazione di grassi
saturi ed elevati livelli di acidi grassi poliinsaturi. Gli acidi
grassi omega-3 (n-3) sono dotati di specifici effetti ipotrigliceridemizzanti, che non rappresentano semplicemente la
conseguenza dell’allontanamento dei grassi saturi dalla dieta;
• elevato tenore di fibra; la fibra idrosolubile limita
l’assorbimento dei grassi ed accentua l’escrezione biliare
del colesterolo;
• moderato tenore di carboidrati; N.B. le diete eccessivamente povere di questi composti determinano un aumento
delle concentrazioni plasmatiche dei trigliceridi attraverso
l’apporto di una quantità eccessiva di substrati lipogeni.
I dati relativi al contenuto in grassi, carboidrati (intesi
come estrattivi inazotati) e fibra grezza delle principali
diete per uso veterinario suggerite per il trattamento
dell’iperlipemia sono riassunti nello schema sottostante
(basato sui risultati di analisi garantite):
Grassi
g/1000 kcal
Estrattivi
inazotati
g/1000 kcal
Fibra
Dieta
Tipo
g/1000 kcal
Hills’ Canine r/d
umida
secca
28,9
27,2
147,9
151,5
108,8
94,5
Hills’ Canine w/d
umida
secca
31,9
22,6
144,7
177,4
34,9
57,2
Waltham Canine Low Fat
umida
secca
16,8
14,2
142,6
161,8
6,9
2,9
Waltham Canine High Fibre umida
secca
26,3
24,8
147,5
178,8
33,8
46,4
Hills’ Feline r/d
umida
secca
26,8
26,6
98,8
99,3
115,5
59,6
Hills’ Feline w/d
umida
secca
47,4
28,5
64,3
108,3
35,0
31,1
211
NOTE
Farmaci che riducono i livelli dei lipidi
Per il trattamento dell’iperlipemia nell’uomo sono
disponibili numerosi farmaci, che vengono impiegati per
ridurre il rischio di arteropatie coronariche. Nessuno di
questi agenti è registrato per l’impiego nel cane e nel gatto,
ma è possibile disporre di alcuni dati riguardanti il loro
margine di sicurezza, ottenuti nel corso di indagini tossicologiche precliniche. Ciò nonostante, alcuni di essi (soprattutto gli oli ricavati dai pesci marini e l’acido nicotinico)
sono stati utilizzati in campo clinico nel cane; in proposito,
esistono segnalazioni di casi isolati in cui questa terapia ha
avuto successo. L’autore suggerisce di impiegare questi
farmaci solo con cautela, monitorando in ogni modo possibile le condizioni cliniche ed i profili biochimico ed ematologico degli animali trattati.
Affezioni specifiche
Iperchilomicronemia ereditaria del gatto
Una forma primaria, geneticamente determinata, di iperlipemia del gatto venne descritta per la prima volta da Boyd
Jones et al. in Nuova Zelanda nel 1983. Il primo caso riscontrato fu un gatto domestico a pelo corto, maschio di otto mesi
di età, che presentava i segni di una neuropatia periferica
associati al riscontro di xantomi a livello cutaneo. Nei campioni di sangue prelevati a digiuno da questo animale e da un
suo fratellastro si evidenziò una lipemia macroscopicamente
evidente; inoltre, sulla superficie dei campioni lasciati a sedimentare per una notte a 4 °C galleggiava uno strato cremoso
di chilomicroni e le concentrazioni plasmatiche di trigliceridi
erano notevolmente aumentate. Successivi studi riproduttivi
confermarono l’origine familiare ed ereditaria della malattia
e fecero ipotizzare una trasmissione attraverso un gene autosomico recessivo. L’iperchilomicronemia ereditaria, come
viene oggi chiamata questa condizione, è stata in seguito
descritta in USA, Regno Unito e Francia.
Segnalamento e segni clinici
Nei gatti della Nuova Zelanda le manifestazioni cliniche comparivano in genere all’inizio dell’adolescenza,
212
mentre nei casi osservati in USA e Regno Unito la malattia si presentava in un’età molto più precoce, colpendo
gattini lattanti di due-otto settimane di vita. Questi animali erano generalmente portati alla visita perché presentavano ottundimento, letargia ed anoressia molto accentuati. I
gattini colpiti possono essere deboli e poco sviluppati
rispetto agli altri soggetti della stessa cucciolata ed
appaiono anemici, con un marcato pallore delle mucose.
L’atassia degli arti posteriori segnalata in questi animali
non sembra essere di origine neurologica, ma piuttosto
riferibile a trombosi iliaca.
I gatti più anziani erano tipicamente portati alla visita
per la comparsa di depositi di lipidi a livello della cute o
intorno ai tronchi nervosi spinali, dove causavano la comparsa di neuropatie periferiche, soprattutto sindrome di
Horner e paralisi del nervo tibiale e radiale. Questi animali
non sono anemici. Gli xantomi cutanei risultano palpabili
sotto forma di noduli duri ed indolenti di dimensioni variabili e, spesso, più evidenti al di sopra delle prominenze
ossee. In alcuni casi i lipidi possono depositarsi intorno
alle palpebre (xantolesma), nella cornea in corrispondenza
di lesioni infiammatorie primarie (cheratopatia lipidica) ed
anche nella camera anteriore dell’occhio. L’esame oftalmoscopico del fondo dell’occhio rivela la presenza di vasi
retinici di colore rosato (lipaemia retinalis), dovuti alla
presenza di sangue lattiginoso al loro interno. In alcuni
soggetti si può riscontrare splenomegalia, ma è interessante notare che la pancreatite acuta, che è una conseguenza
comune dell’iperchilomicronemia nel cane e nell’uomo,
non è stata segnalata nel gatto.
NOTE
Diagnosi
Indipendentemente da queste differenze di segnalamento e segni clinici, le due forme della malattia hanno in
comune la lipemia macroscopica dei campioni di sangue
prelevati a digiuno, che presentano un aspetto “di succo di
pomodoro”, l’imponente iperchilomicronemia e l’incremento dei livelli plasmatici dei trigliceridi (15-150 mmol/l;
valori normali < 1,5 mmol/l). Quest’ultima anomalia permette di diagnosticare la condizione. La colesterolemia
può essere normale, ai limiti superiori della norma o
moderatamente aumentata. Nei gattini anemici, l’ematocrito può essere inferiore al 10%.
213
NOTE
Nei campioni di sangue lasciati a sedimentare per una
notte a 4 °C si osserva la formazione di uno strato cremoso di chilomicroni al di sopra di un liquido torbido. L’elettroforesi e la quantificazione delle lipoproteine plasmatiche mostrano un aumento dei livelli di chilomicroni e
delle VLDL.
È importante ricordare che questa malattia colpisce i
gatti giovani, a differenza di quanto avviene nelle forme di
iperlipemia secondaria del gatto che, ad eccezione dell’acromegalia, si osservano in genere negli animali adulti.
Eziologia
Il fenotipo dei lipidi plasmatici nell’iperchilomicronemia ereditaria è simile a quello osservato nei bambini
affetti da carenze ereditarie della lipoproteina-lipasi,
l’enzima che costituisce il fattore limitante della velocità
con cui i chilomicroni e le VLDL vengono eliminati dal
circolo. Recenti studi hanno dimostrato che negli animali
colpiti l’attività di questo enzima, misurata in campioni di
plasma eparinizzato, è trascurabile; questo riscontro risulta
compatibile con l’ipotesi patogenetica prospettata. Si presume che la condizione si manifesti solo negli animali eterozigoti; nei genitori dei soggetti colpiti l’attività della
lipoproteina-lipasi sembra essere intermedia, compatibilmente con l’ipotesi di un carattere trasmesso da un gene
autosomico recessivo.
Le basi molecolari della carenza di lipoproteina-lipasi
nei gatti provenienti dalla Nuova Zelanda sono state recentemente individuate nella modificazione di una singola coppia
di basi nel gene che regola l’enzima; tale modificazione
determina la sostituzione della glicina con l’arginina in corrispondenza del residuo aminoacidico 412, equivalente a
quello 409 del gene umano. Esperimenti in vitro hanno confermato che tale mutazione Gly409Arg determina l’espressione di una proteina enzimatica cataliticamente inattiva.
L’eziologia dell’iperchilomicronemia nei giovani gatti
anemici del Regno Unito è stata recentemente posta in
discussione, dal momento che non si è stati in grado di dimostrare una qualsiasi riduzione dell’attività della lipoproteinalipasi nei gattini colpiti, nei loro fratelli della stessa cucciolata o nei loro genitori. Al momento attuale, sono oggetto di
studio la possibilità che si tratti di un difetto acquisito e transitorio dell’attività enzimatica e rilevato ricercando l’eziolo-
214
gia dell’anemia. Questi animali non presentano la mutazione
Gly409Arg. Allo stato attuale, resta da chiarire se esista o
meno una componente genetica di questa affezione.
NOTE
Terapia
Le manifestazioni cliniche dell’iperchilomicronemia
ereditaria sono reversibili con la riduzione della trigliceridemia. Questa può essere efficacemente ottenuta diminuendo la produzione di chilomicroni (e, quindi, la quantità di lipoproteina-lipasi) adottando una dieta a basso
tenore di grassi. I segni clinici in genere regrediscono entro
4-12 settimane dall’inizio della terapia.
L’autore ha suggerito di svezzare i gattini colpiti, allontanandoli dalle madri e passando ad un’alimentazione a
basso tenore di grassi. Anche se sembra che questa strategia terapeutica abbia successo, è discutibile la reale necessità di continuare ad alimentare i gattini con questa dieta
anche dopo la normalizzazione delle concentrazioni plasmatiche dei lipidi, dal momento che anche l’attività della
lipoproteina-lipasi sembra essere normale una volta ottenuta la remissione della malattia. In questi casi, è importante
fornire all’animale il sostegno necessario a superare la
concomitante anemia e nei casi colpiti più gravemente può
essere necessaria una trasfusione di sangue. In un numero
limitato dei casi segnalati in letteratura era presente
un’imponente infestazione da pulci, che deve essere trattata adeguatamente. Recentemente, in alcuni gatti colpiti è
stata diagnosticata l’infezione da virus dell’anemia infettiva, per cui tutti gli animali di questa specie devono essere
sottoposti agli opportuni test e trattati di conseguenza.
Altre considerazioni
L’iperchilomicronemia ereditaria classica è una malattia genetica e, in quanto tale, richiede ulteriori attenzioni.
Tutti i fratelli ed i genitori dei soggetti colpiti devono essere sottoposti alla determinazione dei livelli plasmatici di
trigliceridi e, se possibile, dell’attività della lipoproteinalipasi. I soggetti omozigoti colpiti e quelli eterozigoti portatori devono essere sterilizzati, anche se alcuni allevatori
possono essere contrari a questa soluzione. La prevalenza
della mutazione nella popolazione felina è estremamente
215
NOTE
bassa ed è possibile che, allo stato attuale, sia assente dal
Regno Unito, per cui le probabilità di un accoppiamento
fra eterozigoti non consanguinei sono estremamente ridotte. Ciò nonostante, alcuni ritengono contrario alla deontologia permettere la diffusione di geni patologici nell’ambito della popolazione, per cui sostengono la castrazione di
tutti gli eterozigoti.
Altri casi di iperlipemia primaria nel gatto
In due gatti adulti è stata segnalata una xantomatosi
cutanea associata a marcata ipertrigliceridemia (Grieshaber
et al., 1991). Le lesioni sono state descritte come ulcerative, caratterizzate da formazione più o meno estesa di croste e presenza di numerose papule rilevate e dure, di colore
variabile da bianco a giallo con margini eritematosi. Non è
stata identificata alcuna affezione primaria ed il passaggio
ad un’alimentazione povera di grassi ha determinato la
risoluzione delle lesioni. L’ipertrigliceridemia è stata anche
riscontrata in altri due gatti che presentavano lesioni cutanee eruttive (Scottiaux et al., 1986; Brooks, 1989) e risposero alla modificazione della dieta. In nessuno dei quattro
casi sono state studiate le origini metaboliche dell’iperlipemia, ma è probabile che nella patogenesi della condizione
fosse coinvolto un difetto della lipoproteina-lipasi.
Iperchilomicronemia idiopatica dello schnautzer nano
Il riscontro di un’iperlipemia idiopatica negli schnautzer nani adulti è stato ampiamente segnalato negli USA.
Gli animali manifestano tipicamente segni di interessamento addominale, ma l’iperlipemia a digiuno si osserva
anche in cani sani della stessa razza che possono essere
esposti o meno al rischio di sviluppare in seguito i segni
clinici. Non è stata identificata una componente genetica
della malattia, la cui esatta eziologia resta sconosciuta.
Segnalamento e segni clinici
Gli animali portati alla visita sono tipicamente di media
età o più anziani (oltre 4 anni) e presentano dolore addominale, vomito e/o diarrea, attribuibili ad una pancreatite
216
acuta. Sono state anche descritte manifestazioni neurologiche, ed in particolare alterazioni comportamentali e crisi
convulsive, indipendentemente da questi segni. L’interessamento addominale è generalmente di tipo episodico,
spesso accompagnato da anoressia e, meno frequentemente, da distensione addominale. I segni clinici durano tipicamente per alcuni giorni e sono autolimitanti. Gli animali
colpiti appaiono letargici e possono presentare una risposta
algica alla palpazione addominale, anche se spesso la dolorabilità riscontrata non è tale da permettere la localizzazione delle lesioni. L’esame del fondo dell’occhio può anche
evidenziare lipaemia retinalis.
I segni clinici sono molto simili a quelli osservati negli
animali con pancreatite acuta, la cui presenza però spesso
non viene confermata dagli esami radiografici e di laboratorio. Ciò può essere dovuto 1) al fatto che il danno pancreatico è localizzato in un’area ristretta e 2) all’interferenza della lipemia macroscopica riscontrata negli animali
colpiti con i metodi di analisi utilizzati per la misurazione
dei livelli sierici di amilasi e lipasi, che in questi casi portano a risultati falsi negativi.
NOTE
Diagnosi ed analisi di laboratorio
Gli animali colpiti, nonché alcuni di quelli asintomatici,
presentano livelli plasmatici di trigliceridi superiori a 5
mmol/l ed una lipemia macroscopicamente evidente. Nei
campioni di plasma prelevato a digiuno è possibile evidenziare la presenza di chilomicroni, sia lasciando la provetta
in posizione verticale per una notte che mediante elettroforesi. A differenza di quanto avviene nell’iperchilomicronemia del gatto, in questa affezione le concentrazioni delle
VLDL non sembrano aumentare. Gli schnautzer nani colpiti da forme asintomatiche con aumento della trigliceridemia a digiuno devono essere considerati esposti al rischio
di pancreatite e candidati ad una modificazione preventiva
della dieta.
Eziologia
Le origini metaboliche dell’iperchilomicronemia idiopatica non sono chiare. La prevalenza della condizione in
una singola razza suggerisce una trasmissione di tipo fami217
NOTE
liare, che però non è stata confermata. Il fatto che la forma
clinicamente manifesta della condizione non compaia fino
al raggiungimento della maturità o più tardi è fortemente
indicativo dell’esistenza di una componente acquisita o
ambientale della malattia. Tuttavia, il fenotipo lipidico è
compatibile con la carenza di lipoproteina-lipasi o del suo
cofattore essenziale, l’apolipoproteina C-II, anche se, sino
ad oggi, questa possibilità non è stata studiata dai ricercatori. È quindi possibile che gli animali colpiti siano affetti
da un difetto parziale primario della lipoproteina-lipasi,
che viene ulteriormente compromesso da diete ricche di
grassi, invecchiamento, obesità o forme subcliniche di diabete mellito, che riducono la clearance dei chilomicroni
sino al punto di determinare la comparsa dell’iperchilomicronemia a digiuno.
Trattamento
Lo scopo della terapia è quello di ridurre la trigliceridemia a livelli inferiori a quelli che comportano il
rischio di pancreatite, pari a 5,5 mmol/l. Anche in questo
caso, la riduzione del tenore di grassi della dieta rappresenta il principale mezzo terapeutico, da utilizzare per
tutta la vita del cane. Periodicamente si deve effettuare la
determinazione dei livelli plasmatici dei trigliceridi (ad
intervalli di 4 settimane fino a che non si riscontrano per
due volte consecutive valori di 5,5 mmol/l, poi ogni 3
mesi). Vi sono segnalazioni di casi isolati di cani che,
non avendo risposto alla riduzione del tenore di grasso
della dieta, sono stati trattati con sostanze in grado di
ridurre i livelli dei lipidi come l’acido nicotinico, il gemfibrozile e gli acidi grassi n-3 poliinsaturi (oli di pesce).
Sono stati riferiti sia successi che fallimenti di queste
terapie.
Altri casi di iperlipemia primaria nel cane
In due cuccioli di beagle appartenenti alla stessa cucciolata è stata descritta un’ipercolesterolemia (Wada et al.,
1977) che si presume rappresenti una forma di iperlipemia
familiare. Un caso isolato di sospetta carenza di lipoproteina-lipasi è stato descritto in un cucciolo meticcio (Baum et
al., 1969).
218
Iperlipemia secondaria del cane e del gatto
NOTE
A differenza di quanto avviene in medicina umana, il
fenotipo lipidico e le origini metaboliche dell’iperlipemia
del cane e del gatto non sono stati accertati con precisione.
Diabete mellito
L’iperlipemia secondaria a diabete mellito è stata
segnalata sia nel cane che nel gatto. Negli animali colpiti si
può osservare un aumento delle concentrazioni plasmatiche dei trigliceridi e/o del colesterolo. L’ipertrigliceridemia
è probabilmente dovuta all’associazione della riduzione
dell’attività della lipoproteina-lipasi (la cui azione normale
richiede la presenza di insulina) e dell’incremento della
sintesi delle VLDL (conseguente alla scarsa regolazione
dell’ormone sensibile alla lipasi, all’aumento del flusso di
acidi grassi non esterificati che giungono al fegato ed alla
maggiore sintesi dei trigliceridi). L’aumento delle concentrazioni plasmatiche di colesterolo riflette quello della sua
sintesi da parte del fegato e, forse, dell’intestino, con conseguente calo di sensibilità dei recettori delle LDL ed
incremento delle concentrazioni di LDL ed HDL1.
Ipotiroidismo
È stato segnalato che il 70% circa dei gatti con ipotiroidismo presenta un aumento delle concentrazioni plasmatiche di colesterolo (Larsson, 1988). L’escrezione biliare di
quest’ultimo sotto forma di sali biliari è stimolata dagli
ormoni tiroidei. Di conseguenza, uno stato di carenza
ormonale determina un accumulo di colesterolo a livello
epatico, con calo di sensibilità dei recettori delle LDL ed
aumento delle concentrazioni plasmatiche di queste ultime
e delle HDL1. In alcuni cani con ipotiroidismo può aumentare anche la trigliceridemia. Nell’uomo, questo fenomeno
viene attribuito alla riduzione dell’attività della lipoproteina-lipasi e l’autore ha riscontrato che un analogo calo di
attività si osserva nei cani con ipotiroidismo. Inoltre, ha
rilevato che, compatibilmente con il meccanismo patogenetico proposto, le concentrazioni delle VLDL, LDL ed
HDL nei cani ipotiroidei risultano aumentate. Nel plasma
di cani con ipotiroidismo sperimentalmente indotto e ali219
NOTE
mentati con diete ricche di colesterolo o grassi saturi si
osserva un accumulo di residui delle VLDL ricchi di colesterolo, detti ß-VLDL, che non sono invece evidenti nei
cani ipotiroidei alimentati con i normali prodotti industriali
per animali da compagnia.
Iperadrenocorticismo
Benché l’iperadrenocorticismo non sia abitualmente
considerato una causa comune di iperlipemia, uno studio
ha indicato come nel 90% dei cani affetti da sindrome di
Cushing si osservi un incremento delle concentrazioni plasmatiche di colesterolo. L’autore ha rilevato come l’ipercolesterolemia in questi casi sia principalmente dovuta
all’aumento delle concentrazioni delle LDL. Le origini di
queste alterazioni non sono chiare, ma sembra che non si
tratti semplicemente di un antagonismo dell’azione
dell’insulina da parte dei glucocorticoidi, nel qual caso ci
si dovrebbe aspettare un’ipertrigliceridemia con innalzamento dei livelli delle VLDL. Queste caratteristiche, pur
essendo presenti in 3 cani su 14 affetti da sindrome di
Cushing, non costituivano l’anomalia predominante.
L’ipercolesterolemia è stata segnalata nell’80-90% circa
dei gatti con iperadrenocorticismo.
Affezioni epatiche e del tratto biliare
Qualsiasi alterazione epatocellulare che determini una
riduzione dell’escrezione biliare provoca un aumento del
pool epatico di colesterolo, con conseguente calo di sensibilità dei recettori LDL, aumento dei livelli plasmatici di
LDL ed HDL1 ed ipercolesterolemia. Questo quadro viene
anche simulato dalle ostruzioni extraepatiche delle vie
biliari, ad esempio in caso di forme secondarie a pancreopatie croniche. Inoltre, in presenza di una grave colestasi,
come nell’ittero ostruttivo, si osserva la comparsa in circolo di nuove lipoproteine ricche di colesterolo, delle LpX,
che possono contribuire all’ipercolesterolemia. Quest’ultima è anche stata segnalata in gatti con sindrome di colangite-colangioepatite. La situazione può essere ulteriormente complicata nei pazienti in cui esiste un marcato danno
epatocellulare, nel qual caso la sintesi del colesterolo epatico viene ridotta fino al punto di portare la colesterolemia
a valori normali o anche inferiori alla norma.
220
Nefropatie
NOTE
L’ipercolesterolemia è una conseguenza comune della
nefropatia proteino-disperdente nel cane e nel gatto e,
insieme alla proteinuria ed all’ipoalbuminemia, è caratteristica della sindrome nefrosica. Sembrano aumentare sia le
concentrazioni delle LDL che delle HDL. In alcuni animali
con sindrome nefrosica si può anche riscontrare l’ipertrigliceridemia, probabilmente dovuta ad un incremento della
sintesi di VLDL.
Altre cause di iperlipemia secondaria
L’ipercolesterolemia è stata segnalata nel 40% circa dei
pazienti affetti da acromegalia; la condizione è probabilmente dovuta allo sviluppo di diabete mellito insulino resistente associato alle lesioni glomerulari che si verificano in
questi casi. Sia nel cane che nel gatto, l’obesità non sembra
essere una causa di iperlipemia, ma nel cane è associata ad
alterazioni del metabolismo lipidico postprandiale che possono predisporre alla pancreatite gli animali alimentati con
diete ad elevato tenore di grassi. L’autore ha osservato un
caso di iperlipemia associata a pseudogravidanza in una
cagna, ma l’aumento dei livelli plasmatici dei lipidi non
sembra essere una conseguenza della gravidanza né nel
cane né nel gatto.
Conclusioni
La determinazione del profilo biochimico costituisce
una parte essenziale del procedimento diagnostico volto ad
identificare le carenze nutrizionali ed è anche un importante mezzo di controllo del trattamento delle malattie che
richiedono una modificazione della dieta. Attualmente, con
la diffusione degli alimenti industriali per animali da compagnia, bilanciati e nutrizionalmente completi, le autentiche carenze dietetiche sono diventate rare. Dal punto di
vista nutrizionale, si deve quindi volgere l’attenzione a
soddisfare i fabbisogni delle varie fasi del ciclo vitale,
come l’invecchiamento, e ad utilizzare nel modo più corretto le “diete terapeutiche” studiate per trattare specifiche
situazioni cliniche, quali le disfunzioni epatiche e renali, il
diabete mellito e le affezioni cardiovascolari. Il profilo bio221
NOTE
chimico adatto ad effettuare lo screening di queste malattie
deve comprendere la determinazione di azotemia, creatininemia, sodio, potassio, cloro, calcio, fosforo, alanina-aminotransferasi, fosfatasi alcalina, albumina, glucosio e colesterolo. Presso i laboratori del Regno Unito, un simile profilo viene offerto ad un costo di circa 12 sterline (pari a
circa 34.000 lire). È necessario scegliere i test più appropriati per monitorare l’efficacia dei trattamenti farmacologici e dietetici prescritti. Il miglioramento dei parametri di
laboratorio, come l’azotemia e la creatininemia nei pazienti con nefropatie, può anche servire a dimostrare ai proprietari il successo della terapia e spingerli a collaborare
ulteriormente, rispettando sempre più la dieta prescritta.
Questo può essere un motivo per includere la determinazione del profilo biochimico nel controllo di routine dei
soggetti sani, con lo scopo specifico di identificare e monitorare le malattie sensibili alle modificazioni dell’alimentazione. In associazione con la prescrizione delle diete speciali più adatte ad ogni singola malattia, questo tipo di
approccio consentirà al veterinario per animali d’affezione
di assumere un ruolo attivo nel campo della medicina preventiva, offrendo nuove opportunità di lavoro alle prossime
generazioni e garantendo il mantenimento di standard professionali molto elevati.
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28° Congresso SCIVAC
EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995
Jeanne Barsanti
DVM, MS
Diplomate, American College of Veterinary
Internal Medicine (Speciality of Internal Medicine)
Department of Small Animal Medicine
University of Georgia
Athens, GA 30602
Profilo renale
Domenica, 25 giugno 1995, ore 11.45
225
NOTE
RIASSUNTO
Esistono molte nefropatie differenti, che però, nella
maggior parte dei casi, determinano le medesime alterazioni degli esami di laboratorio. Il profilo biochimico può
servire ad accertare l’esistenza di un’iperazotemia e determinarne la gravità. In relazione all’entità dell’insufficienza renale, possono essere presenti acidosi metabolica ed
anomalie elettrolitiche. In caso di gravi glomerulopatie, si
osserva ipoalbuminemia. L’emogramma risulta utile per
stabilire la presenza o meno di un’anemia non rigenerativa, che può indicare la cronicità del processo. Il leucogramma viene utilizzato per stabilire se esista una risposta
infiammatoria sistemica. L’analisi dell’urina costituisce
una parte essenziale del profilo renale, in particolare per
quanto riguarda la determinazione della capacità di concentrazione, il riscontro di proteinuria e l’esame del sedimento. Il profilo renale serve a stabilire se la malattia è
acuta o cronica ed a decidere la terapia necessaria, nonché a monitorare la risposta del paziente al trattamento.
INTRODUZIONE
I riscontri clinici ed anamnestici delle malattie renali
variano notevolmente, in relazione al tipo ed allo stadio
evolutivo dell’affezione. I segni clinici sono di solito aspecifici e le prime indicazioni circa la loro origine renale si
hanno in genere dagli esami di laboratorio. Il profilo
d’organo del rene richiede l’esecuzione di emogramma,
esame ematochimico (soprattutto azotemia, creatininemia,
elettroliti, albumina e proteine totali, calcio e fosforo) e,
soprattutto, analisi dell’urina. Le indagini biochimiche servono ad accertare la presenza e l’entità dell’iperazotemia.
In relazione alla gravità dell’insufficienza renale, si possono riscontrare acidosi metabolica ed anomalie elettrolitiche. Poiché queste condizioni sono già state trattate in
un’altra relazione, non verranno prese in considerazione in
questa sede. Nell’insufficienza renale si riscontrano comunemente alterazioni dei livelli sierici di calcio e fosforo,
che devono essere valutate nell’ambito della determinazione del profilo renale. Le gravi glomerulopatie sono causa
di ipoalbuminemia. L’emogramma è utile per stabilire la
presenza o meno di anemia non rigenerativa, che potrebbe
indicare la cronicità del processo. Il leucogramma permet-
226
te di valutare se quest’ultimo sia associato o meno ad una
risposta infiammatoria sistemica. L’analisi dell’urina è una
parte essenziale del profilo renale, soprattutto per quanto
riguarda capacità di concentrazione, proteinuria ed esame
del sedimento. Il profilo renale permette di stabilire se il
processo in atto è di tipo acuto o cronico e di individuare la
terapia più indicata; inoltre, viene utilizzato per monitorare
la risposta al trattamento.
NOTE
AZOTEMIA E CREATININEMIA
Col termine iperazotemia si indica una condizione
caratterizzata da livelli superiori alla norma di azotemia e
creatininemia. Il paziente viene detto uremico quando
l’iperazotemia è associata alle tipiche manifestazioni cliniche dell’insufficienza urinaria, quali anoressia, letargia,
vomito, diarrea, melena, ulcere orali e disidratazione. In
ogni paziente uremico è possibile riscontrare un certo
numero (variabile) di questi segni clinici. Alcuni autori
impiegano il termine “uremia” solo se la causa della condizione è una nefropatia. L’autrice preferisce utilizzarlo in
senso più ampio per comprendere tutte le manifestazioni
derivanti dalla ritenzione a livello ematico di una quantità
abnormemente elevata dei costituenti urinari, non solo per
cause renali, ma anche pre- e post-renali.
Non esiste alcun “valore soglia” di azotemia o creatininemia il cui superamento determini la comparsa dei segni
clinici. Il limite di tolleranza varia da un paziente all’altro.
Tale variabilità è in parte dovuta alla capacità dell’organismo di adattarsi alle lente modificazioni della funzione
renale. Ad esempio, i segni dell’uremia possono risultare
evidenti già a valori di azotemia di 100 mg/dl (normale,
10-30 mg/dl) in un animale con insufficienza renale acuta,
ed essere assenti fino al limite di 200 mg/dl in caso di
insufficienza cronica. Un’altra ragione di questa variabilità
è data dal fatto che né l’azotemia né la creatininemia sono
causa dei segni dell’uremia. Le tossine uremiche sono altri
prodotti catabolici ritenuti in circolo a causa dello stato di
insufficienza.
Ogni volta che a livello ematico si verifica un aumento
delle concentrazioni di un dato composto, ciò può essere
dovuto principalmente a due meccanismi: aumento della
produzione o diminuzione dell’escrezione. L’azoto ureico
e la creatinina vengono prodotti in modo differente, ma
227
NOTE
sono entrambi escreti principalmente in modo direttamente
proporzionale alla velocità di filtrazione glomerulare. Il
calo dell’escrezione può essere dovuto a 3 cause principali:
ridotta perfusione renale (cause prerenali), nefropatie
intrinseche (cause renali) ed ostruzione o rottura delle vie
di deflusso urinario (cause postrenali).
Aumento della produzione
L’azoto ureico deriva dalla metabolizzazione epatica
delle proteine di derivazione alimentare o endogene.
L’incremento del carico azotato sul fegato provoca un
innalzamento dell’azotemia. La condizione può essere
dovuta alla recente assunzione di un pasto ricco di proteine
(entro 18 ore) oppure a emorragie gastroenteriche ed
aumento del catabolismo delle proteine endogene (Tabella
1). Negli animali normali, questo aumento è solitamente
lieve (< 50 mg/dl). In quelli con insufficienza renale o altre
cause di ipovolemia l’incremento può essere maggiore,
poiché è contemporaneamente presente un calo dell’escrezione.
Tabella 1
Cause di iperazotemia
AUMENTATA PRODUZIONE
Recente assunzione di un pasto ad elevato tenore proteico
Emorragie gastroenteriche
Aumento del catabolismo delle proteine endogene
Febbre
Estese lesioni tissutali
Forme farmacoindotte
Glucocorticoidi
DIMINUITA ESCREZIONE
Prerenale
Diminuzione del volume ematico efficace
Insufficienza cardiovascolare
Nefropatie intrinseche
Insufficienza renale acuta
Insufficienza renale cronica
Postrenale
Ostruzione del tratto urinario
Rottura del tratto urinario
228
La creatinina viene prodotta in ogni singolo individuo a
velocità giornaliera costante partendo dalla creatina presente a livello muscolare. Esistono variazioni individuali
dovute alla differenza delle masse muscolari. Quanto più
queste sono ridotte, tanto minore è la quantità di creatinina
prodotta. In generale, il valore normale nel cane e nel gatto
è inferiore a 1,5 mg/dl. È stato segnalato che l’estesa rabdomiolisi è causa di aumento dei livelli sierici di creatinina
nell’uomo, ma questa grave lesione muscolare è estremamente rara nel cane e nel gatto. Negli animali con chetoacidosi diabetica, la creatininemia può presentare un
aumento spurio dovuto all’interferenza dei chetoni con il
test di laboratorio. Le metodiche più comunemente utilizzate per la misurazione dei livelli di creatinina rilevano
infatti anche sostanze cromagene non creatininiche come,
appunto, i chetoni.
Quindi, di norma il problema clinico è stabilire se
l’aumento dell’azotemia possa essere dovuto ad una maggiore produzione. Per escludere questa possibilità, è necessario effettuare sempre la determinazione di questo parametro dopo un digiuno di almeno 18 ore ed eseguire la
misurazione della creatininemia in tutti i pazienti con iperazotemia. Se i livelli sierici di creatinina risultano ampiamente entro i limiti della norma tenuto conto della massa
muscolare del paziente, è molto probabile che vi sia
un’aumentata produzione di urea. Se anche la creatininemia è invece superiore alla norma, si deve sospettare un
calo dell’escrezione.
NOTE
Diminuzione dell’escrezione
L’urea ematica viene escreta principalmente attraverso il
rene. Date le sue ridotte dimensioni, questo composto viene
filtrato liberamente dal glomerulo. Il 40-50% della quantità
filtrata viene poi riassorbito passivamente insieme all’acqua
nel tubulo prossimale, indipendentemente dalla velocità del
flusso dell’urina. Superato il tubulo prossimale, l’escrezione dell’urea viene invece marcatamente influenzata da tale
velocità. Se il flusso urinario è lento (0,5 ml/min
nell’uomo), un altro 25-35% dell’urea filtrata viene riassorbito passivamente a livello midollare nei dotti collettori. A
velocità di flusso più elevate (> 1,5 ml/min nell’uomo) non
si ha invece più alcun riassorbimento. La fluidoterapia può
quindi ridurre l’azotemia aumentando il flusso urinario,
229
NOTE
anche se la velocità di filtrazione glomerulare resta invariata. L’escrezione di urea può essere ulteriormente incrementata dall’impiego di agenti osmotici come il destrosio ipertonico allo scopo di diminuire il riassorbimento di acqua e,
quindi, di urea nel tubulo prossimale.
La creatinina viene escreta attraverso il rene mediante
la filtrazione glomerulare. Non viene riassorbita dal tubulo.
Nel cane maschio, si ha una piccola secrezione tubulare.
Quando l’aumento dei livelli sierici della creatinina persiste, si può avere un aumento del metabolismo di questa
sostanza da parte dei batteri enterici e determinare una
lieve riduzione delle concentrazioni sieriche.
L’utilità clinica dell’azotemia e della creatininemia è
data dal fatto che, con le eccezioni precedentemente citate,
le loro concentrazioni sono direttamente proporzionali alla
velocità di filtrazione glomerulare che, a sua volta, è l’indice più accurato per la valutazione complessiva della funzione renale. Ad esempio, un calo del 50% della funzionalità dell’organo (e quindi della velocità di filtrazione glomerulare) è seguito dal raddoppiamento della creatininemia e dell’azotemia. Sfortunatamente, tale raddoppiamento
nei singoli individui non determina il raggiungimento di
valori al di fuori dei limiti considerati normali per la popolazione presa in esame. Ad esempio, in un paziente la creatininemia potrebbe passare da 0,8 a 1,6 mg/dl e l’azotemia
da 12 a 24 mg/dl. Per determinare un aumento dei livelli di
azotemia e creatininemia tali da causare costantemente il
riscontro di valori superiori alla norma è necessaria una
riduzione del 75% della velocità di filtrazione glomerulare.
Per questa ragione, la misurazione effettiva di questa velocità attraverso i test di clearance rappresenta un indice più
accurato per valutare la funzionalità renale, soprattutto nei
casi in cui azotemia e creatininemia sono entro i limiti normali.
Esistono tre principali gruppi di cause di ridotta escrezione dell’azoto ureico e della creatinina: prerenali, renali
e postrenali.
Cause prerenali di iperazotemia
L’iperazotemia prerenale si verifica anche se i reni e le
basse vie urinarie sono normali. La condizione è solitamente reversibile, dal momento che la malattia primaria
può spesso essere trattata con successo. È molto importan-
230
te identificare la causa di questo tipo di iperazotemia. Non
si deve mai commettere l’errore di diagnosticare una grave
nefropatia in un animale il cui principale problema è una
grave forma di disidratazione reversibile dovuta da un’altra
causa, come una gastroenterite!
Le principali eziologie dell’iperazotemia prerenale sono
l’insufficienza cardiovascolare e la riduzione del volume
sanguigno arterioso efficace. Quest’ultima può essere
dovuta a perdita del volume intra- o extravasale, aumento
della capacità vascolare e spostamento di liquidi dal comparto intravascolare a quello extravasale (Tabella 2). Se
l’insufficienza cardiovascolare o la diminuzione del volume efficace persistono, si può sviluppare una disfunzione
renale primaria secondaria al danneggiamento dei nefroni
indotto dalla scarsa perfusione.
Talvolta, può risultare difficile differenziare l’iperazotemia prerenale da quella renale o postrenale. È estremamente importante raccogliere un’anamnesi accurata ed effettuare un esame clinico approfondito, che possono servire
ad identificare varie condizioni quali insufficienza cardiovascolare, emorragie, perdita di plasma, sepsi, ascite e
ostruzioni o rotture del tratto urinario. Analogamente, le
affezioni gastroenteriche primarie, la pancreatite e l’ipoa-
NOTE
Tabella 2
Cause di iperazotemia prerenale
INSUFFICIENZA CARDIOVASCOLARE
DIMINUZIONE DEL VOLUME EMATICO EFFICACE
Perdita di volume intravascolare
Gravi emorragie
Perdite plasmatiche da ustioni gravi
Perdita di volume extravascolare
Vomito
Diarrea
Diabete insipido
(con limitato accesso all’acqua)
Aumento della capacità vascolare
Sepsi
Passaggio di liquidi dal comparto intravascolare a quello extravascolare
Ascite
Pancreatite
Peritonite
Ipoadrenocorticismo (morbo di Addison)
Ustioni
231
NOTE
232
drenocorticismo sono difficili da distinguere dall’insufficienza renale primaria, poiché tutte queste condizioni sono
causa di disturbi gastrointestinali. Il rapporto azotemia:
creatininemia, impiegato in medicina umana per differenziare le forme di iperazotemia prerenali da quelle renali,
non è affidabile nel cane e nel gatto. Il test più utile per
distinguere le cause renali di iperazotemia da quelle
prerenali è la misurazione del peso specifico dell’urina
prima della somministrazione di farmaci o fluidi. Nel
cane, il riscontro di un’urina concentrata esclude un’insufficienza renale primaria.
Nel cane, l’urina con peso specifico pari a 1.035 o più è
considerata adeguatamente concentrata anche in presenza
di disidratazione o scarsa perfusione renale. Un peso specifico urinario inferiore a 1.030 indica invece un’inadeguata
capacità di concentrazione in pazienti con disidratazione o
iperazotemia. Il significato dei valori di peso specifico
compresi fra 1.030 e 1.035 è discutibile. Si deve ricercare
in primo luogo l’esistenza di un fattore prerenale, ma senza
escludere l’eventualità che si tratti di una disfunzione renale secondaria. Queste indicazioni sono basate sui risultati
di diverse indagini condotte nel cane. La maggior parte
degli animali di questa specie con disidratazione del 5%
presenta un peso specifico urinario > 1.048. Un limitato
numero di cani sottoposti a riduzione sperimentale della
massa renale (portata al 33% della norma) è risultato ancora capace di concentrare la propria urina sino a raggiungere il valore di 1.027. Dal momento che la maggior parte
dei cani con iperazotemia prerenale è affetta da altre anomalie oltre alla disidratazione e dal momento che le esperienze cliniche condotte sino ad oggi indicano che negli
animali con insufficienza renale l’urina ha tipicamente un
peso specifico inferiore a 1.030, le indicazioni citate sono
oggi generalmente accettate. Eventuali modificazioni
potranno essere effettuate in futuro, sulla base dei risultati
di nuove ricerche.
I gatti normali con disidratazione di minima entità concentrano la propria urina in misura ancora maggiore del
cane (> 1.052). In questi animali, la riduzione sperimentale
della massa renale comporta la perdita della capacità di
concentrazione. Tuttavia, in condizioni sperimentali alcuni
felini risultano ancora in grado di concentrare la propria
urina nonostante lo sviluppo dell’iperazotemia. Questo
fatto non rappresenta un problema clinico di notevole
importanza nei gatti malati, dal momento che la maggior
parte di questi animali ha ormai perso la capacità di concentrazione (peso specifico < 1.035) al momento in cui
l’insufficienza renale determina la comparsa di manifestazioni cliniche evidenti. Tuttavia, il mantenimento della
capacità di concentrazione negli stadi relativamente precoci dell’insufficienza renale cronica può costituire un dilemma diagnostico nei gatti apparentemente sani, ma iperazotemici. In questi casi, ci si deve affidare alla palpazione del
rene ed alle altre indagini cliniche per differenziare le
forme prerenali di iperazotemia da quelle renali.
Fortunatamente, nel gatto la palpazione renale è in genere
più facile che nel cane.
La produzione di urina diluita richiede il riassorbimento
attivo di una quantità di soluti superiore a quella dell’acqua
da parte del nefrone ed indica che la funzione renale è normale fino al tubulo distale. Pesi specifici urinari inferiori a
1.007 (e soprattutto < 1.006) possono essere normali oppure riflettere un’anomalia nella via dell’ADH. Sono esempi
di questo tipo il diabete insipido ipofisario e quello nefrogeno. Il riscontro di un peso specifico urinario inferiore a
1.006 non è compatibile con un’insufficienza renale primaria. Occasionalmente, cani con insufficienza renale poliurica producono urina lievemente ipostenurica (1.006-1.007).
Se il peso specifico urinario non viene determinato
prima della fluidoterapia, per differenziare l’iperazotemia
prerenale da quella renale è possibile basarsi unicamente
sulla risposta a questo trattamento. In seguito all’infusione
di liquidi, il peso specifico dell’urina diminuisce indipendentemente dal fatto che la causa della condizione sia di
tipo prerenale o renale. Le forme prerenali vengono di solito corrette entro 24 ore se si riesce ad eliminare efficacemente la causa. Anche quando l’iperazotemia è di origine
renale, azotemia e creatininemia diminuiscono in seguito
alla fluidoterapia, ma con minore velocità. Tuttavia, la
classificazione dell’iperazotemia come prerenale sulla base
della risposta alla fluidoterapia comporta maggiori probabilità di errore rispetto alla misurazione del peso specifico
dell’urina prima dell’infusione di liquidi. Ad esempio, se
un cane possiede solo il 30% della massa originale dei
nefroni sarà poliurico, ma non iperazotemico. Se lo stesso
cane ingerisce dei rifiuti ed inizia a vomitare, andrà incontro ad una rapida disidratazione a causa dell’inadeguata
capacità di concentrazione renale e diverrà iperazotemico.
Se il veterinario effettua la misurazione del peso specifico
urinario prima di intraprendere la fluidoterapia, l’anomalia
NOTE
233
NOTE
234
della capacità di concentrazione risulterà evidente. Se invece l’infusione di liquidi viene attuata senza misurare il
peso specifico, si noterà una rapida risoluzione dell’iperazotemia indotta dalla correzione della disidratazione, per
cui l’anomalia della funzionalità renale non verrà rilevata.
L’inadeguata capacità di concentrazione associata a
disidratazione o iperazotemia indica una disfunzione renale, ma non denota necessariamente una nefropatia intrinseca. Esistono molte malattie e molti disturbi elettrolitici in
grado di alterare la capacità di concentrazione (ad es., setticemia, ipoadrenocorticismo, ipokalemia, ipercalcemia,
iperadrenocorticismo, diabete mellito ed insipido, insufficienza epatica o iponatremia). Se la causa pre-renale della
disidratazione si sovrappone ad una di queste malattie, si
ha un’iperazotemia con inadeguata capacità di concentrazione dell’urina. È sempre utile ricordare che l’adeguatezza di tale capacità dipende non solo dalla presenza di un
numero sufficiente di nefroni funzionalmente attivi, ma
anche dall’ADH e dai relativi recettori. Ad esempio, se un
cane con iperadrenocorticismo sviluppa una pancreatite
con vomito profuso, risulterà iperazotemico per la disidratazione ed incapace di concentrare adeguatamente l’urina
per l’ipercortisolismo. Ciò sottolinea l’importanza di
un’accurata valutazione anamnestica, clinica e di laboratorio per determinare la probabile causa dell’iperazotemia.
Distinguere l’ipoadrenocorticismo dall’insufficienza
renale può risultare particolarmente difficile perché i segni
clinici delle due condizioni possono essere simili e perché
l’ipoadrenocorticismo può impedire un’adeguata concentrazione urinaria. I principali fattori distintivi possono
essere rappresentati dalla presenza o meno di un leucogramma da stress e dall’associazione o meno di iperkalemia con oliguria o poliuria. Nei pazienti con insufficienza
renale clinicamente manifesta, è prevedibile il riscontro di
un leucogramma da stress e di una moderata o marcata
iperkalemia associata ad oliguria. (Occasionalmente,
pazienti con insufficienza renale poliurica presentano una
lieve iperkalemia.) Nell’iperadrenocorticismo, il leucogramma da stress è assente (nonostante l’esistenza di una
condizione di stress!) e l’iperkalemia moderata o marcata è
associata ad una produzione di urina normale o aumentata.
Per confermare la diagnosi di ipoadrenocorticismo è
necessario ricorrere alla determinazione dei livelli plasmatici di cortisolo.
Iperazotemia renale
NOTE
L’iperazotemia di origine renale si verifica in presenza
di nefropatie che abbiano determinato una riduzione del
75% della velocità di filtrazione glomerulare. La nefropatia primaria può essere acuta o cronica. In generale, gli
aumenti moderati dei livelli di azotemia e creatininemia
(ad es., azotemia 100 mg/dl, creatininemia 4 mg/dl) sono
più probabilmente associati a segni clinici di uremia negli
animali con insufficienza renale acuta che in quelli con
insufficienza renale cronica. Questi ultimi sembrano apparentemente in buone condizioni fino a che l’iperazotemia
non diviene marcata (> 150 mg/dl; creatininemia > 6
mg/dl). Tuttavia, gli animali colpiti dalle forme croniche
hanno perduto la riserva renale necessaria a rispondere
adeguatamente alle variazioni improvvise dell’assunzione
di acqua o soluti. Questi individui sono molto più sensibili
di quelli normali alla disidratazione indotta da cause quali
febbre, vomito, diarrea o limitato accesso all’acqua.
Spesso, lo scatenamento di una crisi uremica in un animale
con insufficienza renale cronica precedentemente stabile è
dovuta al sovrapporsi di un fattore prerenale su una nefropatia compensata.
Per stabilire che l’iperazotemia è dovuta principalmente
ad un’affezione renale è necessario basarsi su anamnesi,
esame clinico e dati di laboratorio (soprattutto analisi
dell’urina). Le cause postrenali di iperazotemia vanno
escluse attraverso l’indagine anamnestica, clinica e, in
alcuni casi, radiografica. Le eziologie prerenali vanno
escluse sulla base dei dati anamnestici, clinici e di laboratorio descritti nella sezione precedente.
Iperazotemia postrenale
Anche la rottura o l’ostruzione del tratto urinario può
essere causa di iperazotemia, poiché l’urea e la creatinina
non possono più essere eliminate dall’organismo. In caso
di rottura delle vie urinarie, queste due sostanze vengono
riassorbite nel flusso ematico, dal momento che si tratta di
molecole relativamente piccole che si distribuiscono nel
comparto idrico dell’organismo. Poiché la creatinina è più
grande dell’urea, la sua ridistribuzione è un po’ più lenta.
Quando si cerca di determinare se un versamento addominale è costituito da urina, si devono confrontare la concentrazioni dell’urea e della creatinina nel sangue e nel liquido
235
NOTE
236
di versamento. Se quest’ultimo è costituito da urina, la
concentrazione delle due sostanze vi risulta più elevata. In
uno studio condotto sul cane, la misurazione dei livelli di
creatinina nel liquido addominale è apparsa più efficace di
quella dell’urea a distanza di 45 ore dalla rottura chirurgicamente indotta della vescica. Tuttavia, secondo la nostra
esperienza clinica, la determinazione dell’urea è utile poiché la sua concentrazione nel liquido di versamento addominale (quando questo è costituito da urina) risulta di solito superiore a quella sierica.
In caso di ostruzione del tratto urinario, si ha un aumento
della pressione all’interno delle vie di escrezione, che porta ad
una riduzione della velocità di filtrazione glomerulare. Urea e
creatinina possono venire riassorbite attraverso una parete
vescicale ischemica. Anche una vescica atonica e con distensione cronica può determinare un’iperazotemia postrenale.
Dal momento che le rotture e le ostruzioni delle vie urinarie richiedono un trattamento molto specifico, che di
solito ha successo se viene instaurato prontamente, questa
causa di iperazotemia va sempre presa in considerazione
per prima, soprattutto nei casi in cui l’insorgenza dell’iperazotemia o dell’uremia è acuta.
La rottura del tratto urinario è di solito traumatica, sebbene anche le gravi affezioni della parete vescicale (come
le neoplasie) possano occasionalmente determinare la perdita di integrità di questa struttura. La diagnosi si fonda
solitamente su anamnesi (trauma accertato o possibile) ed
esame clinico (segni di lesioni traumatiche; presenza di
versamento addominale o perineale) e viene confermata
radiograficamente evidenziando gli spandimenti di urina in
sedi improprie. Benché molti casi siano di facile identificazione, alcuni possono essere caratterizzati da scarsi dati
anamnestici e clinici riferibili ad un evento traumatico e
devono essere prima identificati sulla base del sospetto e
poi accertati con gli esami più appropriati.
Le ostruzioni delle vie urinarie possono essere dovute
ad uroliti, masse di tessuti molli come le neoplasie e stenosi. La più comune è l’ostruzione uretrale, ma si possono
avere anche occlusioni intravescicali o del collo vescicale.
L’ostruzione ureterale unilaterale non è causa di iperazotemia, a meno che l’animale non abbia un unico rene funzionante. Le forme di ostruzione ureterale bilaterale si possono avere in caso di formazione di masse a livello del trigono vescicale o grandi masse extravescicali nella zona
dell’inserzione degli ureteri sulla vescica, che nella mag-
gior parte dei casi sono dovute a grave prostatomegalia.
L’ostruzione ureterale viene diagnosticata in base ai
dati anamnestici e clinici, all’impossibilità di introdurre un
catetere e, in alcuni casi, ai riscontri radiografici. Gli animali colpiti presentano disuria e sono oligurici o anurici.
Si può osservare lo stillicidio di piccole quantità di urina
intorno all’ostruzione. All’esame clinico, la vescica appare
distesa. Quando si tenta di effettuare la cateterizzazione, si
incontra un’ostruzione. Per confermarne la presenza ed
identificarne la probabile causa si possono utilizzare le
indagini radiografiche, in bianco o con mezzo di contrasto.
Le ostruzioni localizzate in altre sedi dell’apparato urinario
richiedono il ricorso alla cistografia con mezzo di contrasto o all’urografia discendente.
NOTE
ANALISI DELL’URINA
La conoscenza del metodo con cui è stata effettuata la
raccolta del campione di urina è della massima importanza
ai fini dell’interpretazione dei risultati ottenuti. Gli esiti
scritti devono quindi essere SEMPRE integrati dall’indicazione delle modalità di prelievo dell’urina.
I risultati degli esami urinari possono essere influenzati
dall’esecuzione di test diagnostici (come la radiografia con
mezzo di contrasto) o interventi terapeutici (fluidi, diuretici o
antibiotici). Per questo motivo, il prelievo dei campioni da
sottoporre all’analisi o da utilizzare per l’urocoltura deve essere effettuato prima di attuare una terapia o riprendere una
radiografia con mezzo di contrasto, a meno che le condizioni
del paziente non siano tali da precludere la raccolta dell’urina.
L’esame completo dell’urina prevede l’osservazione del
colore e della torbidità, la misurazione del peso specifico, la
determinazione qualitativa di una serie di parametri chimici
mediante strisce reattive e l’osservazione al microscopio del
sedimento. Questo tipo di analisi è essenziale nella valutazione di un cane o un gatto con sospetta nefropatia. Secondo i
risultati di un’indagine, il 38% dei cani con sospette affezioni
del tratto urinario che non presentano alterazioni rilevabili
con le strisce reattive mostra invece anomalie del sedimento.
Quindi, il fatto che i parametri delle “strisce” siano normali
non significa necessariamente che lo sia l’urina.
Il campione deve essere esaminato nel più breve tempo
possibile dal prelievo. Se l’analisi non può essere effettuata
entro 30 minuti, l’urina va refrigerata ed esaminata entro 6
237
NOTE
ore. In questo caso, prima di effettuare l’esame con le strisce va lasciata tornare a temperatura ambiente. Le reazioni
dei vari parametri chimici possono variare con la temperatura, la cui diminuzione rende più probabile la precipitazione dei cristalli. Gli elementi formati si deteriorano con
la conservazione per più di qualche ora.
Colore dell’urina
Il colore normale dell’urina è giallo. L’intensità cromatica varia in relazione alla concentrazione ed alla presenza
dei pigmenti urinari. La torbidità dipende invece dalla concentrazione e dal tipo delle particelle in sospensione.
Peso specifico
Il peso specifico dell’urina viene impiegato per misurarne la concentrazione. L’assunzione di acqua e la produzione di urina sono direttamente correlati fra loro, a meno
che non vi sia una sostanziale perdita idrica extrarenale
(come una diarrea profusa). Qualsiasi valore del peso specifico può essere normale, in relazione al grado di idratazione. Se l’animale è disidratato, l’urina deve essere concentrata (peso specifico > 1.035 nel cane e nel gatto). In
caso di iperidratazione deve invece essere diluita (< 1.008).
Un altro parametro per misurare la concentrazione urinaria
è l’osmolalità. Quest’ultima è correlata al numero di particelle in soluzione e non viene influenzata dalle dimensioni
delle particelle stesse e dal loro peso molecolare, come
accade invece per il peso specifico. Poiché l’osmolalità
urinaria è più difficile da misurare rispetto al peso specifico, quest’ultimo è il parametro standard utilizzato in ambito clinico per la valutazione della concentrazione urinaria,
mentre l’osmolalità è limitata agli studi approfonditi su
animali colpiti da disturbi della concentrazione urinaria
inusuali o di difficile soluzione.
pH
Il pH normale dell’urina varia da 5,0 a 8,5. L’urina è
tanto più acida quanto maggiore è il contenuto di carne
della dieta (ad eccezione delle prime ore dopo il pasto).
238
L’urina del cane e del gatto è solitamente acida, ma diviene
alcalina dopo l’assunzione del cibo (marea alcalina postprandiale). L’entità di questa alcalinizzazione varia in
misura direttamente proporzionale alla quantità di proteine
vegetali consumate.
NOTE
Parametri misurati con le strisce reattive
La quantità di proteine normalmente presenti nell’urina
varia in relazione alla concentrazione di quest’ultima.
Nell’urina concentrata (> 1.035), il riscontro di tracce proteiche (1+) è considerato normale. In quella non concentrata, qualsiasi proteinuria può essere significativa. La misurazione dei livelli proteici con le strisce reattive ha esclusivamente valore qualitativo ed è soggetta a variazioni. La
conferma dell’esistenza di una proteinuria significativa
richiede ulteriori test, soprattutto quando l’entità dell’alterazione è marginale. Le strisce reattive sono più sensibili
alle albumine che alle globuline. Quindi, la proteinuria
indotta da un mieloma, che è costituita principalmente da
globuline, non viene rilevata da questo metodo. Per questa
ragione, e per la variabilità che caratterizza la lettura delle
strisce, molti laboratori impiegano metodi torbidimetrici
per valutare la proteinuria, come il test dell’acido solfosalicilico o quello dell’acido nitrico.
Altri parametri utili determinabili con le strisce sono
rappresentati da glucosio, chetoni, bilirubina e sangue. Il
reagente per il glucosio è estremamente specifico, anche se
i valori numerici stampati a fianco dei codici di colore non
risultano ben correlati con i risultati ottenibili con i metodi
spettrofotometrici. È preferibile indicare i risultati così
ottenuti come “tracce, 1+, 2+, 3+” piuttosto che con i valori di glicemia indicati sulla confezione. Solo le sostanze
contaminanti fortemente ossidanti, come il cloro, determinano risultati falsi positivi. In condizioni normali, il glucosio non è presente nell’urina del cane e del gatto. Il suo
riscontro indica il superamento della soglia di riassorbimento tubulare o un difetto nel riassorbimento stesso. La
determinazione della glicemia costituisce il primo passo
per la valutazione del significato della glicosuria. Nel cane,
la soglia di riassorbimento renale viene superata quando i
livelli plasmatici di glucosio sono superiori a 180 mg/dl;
nel gatto, si ritiene che la soglia renale sia più elevata e
venga superata solo da valori di glicemia di 300 mg/dl o
239
NOTE
più.
I reattivi specifici per l’identificazione dei corpi chetonici reagiscono principalmente con l’acido acetoacetico.
La chetonuria è associata soprattutto al diabete mellito. Il
suo riscontro è raro nelle affezioni del tratto urinario, tranne che in associazione con una grave anoressia.
Il reattivo del parametro “sangue” rileva l’emoglobina,
sia libera che all’interno degli eritrociti, e la mioglobina. Il
riscontro di una positività per sangue occulto deve imporre
un accurato esame del sedimento urinario alla ricerca di
eritrociti. La presenza di più di 5-20 emazie integre determina come minimo una positività quantificata come “tracce”. Gli eritrociti lisati liberano emoglobina, determinando
un’analoga positività del test. Se non si riscontrano globuli
rossi nel sedimento, si deve esaminare un campione di
siero per valutare l’eventuale presenza di emolisi. L’emoglobinuria è secondaria alla comparsa di emoglobinemia,
visibile sotto forma di una colorazione rossastra del plasma. La mioglobinuria è causata dalla mioglobinemia
secondaria ad un’affezione o ad un danno muscolare. Nel
cane e nel gatto è raro che si verifichino eventi traumatici
di entità tale da provocare mioglobinemia. La presenza di
mioglobina non modifica la colorazione del siero. Per differenziare l’emoglobinuria dalla mioglobinuria è possibile
impiegare un test di precipitazione con solfato d’ammonio,
basato sul fatto che la mioglobina è solubile in solfato
d’ammonio al 70-80%, mentre l’emoglobina precipita.
Nel cane e nel gatto, le strisce per l’identificazione
della presenza di batteri o leucociti si sono dimostrate
imprecise. Recentemente è stata posta in commercio una
striscia per la determinazione del peso specifico, la cui
validità negli animali da compagnia è ancora da valutare.
Tuttavia, si limita a rilevare valori di peso specifico inferiori a 1.030 ed è pH-dipendente, due caratteristiche che ne
limitano l’impiego nel cane e nel gatto.
Esame del sedimento urinario
Lo scopo dell’esame del sedimento urinario è quello di
identificare eventuali cellule, microorganismi, cilindri
tubulari e cristalli. In genere, viene eseguito su preparati
non colorati, allestiti con urina centrifugata (10 ml di urina
per 5-10 min a 350 g; si possono anche impiegare velocità
inferiori per periodi di tempo più prolungati). Si elimina il
240
surnatante ed il sedimento viene risospeso nella piccola
quantità di urina residua. Non si tratta di un metodo quantitativo perché il volume iniziale dell’urina, la quantità eliminata ed il volume del materiale posto sul vetrino per
essere esaminato sono variabili.
In genere, il sedimento viene dapprima esaminato alla
ricerca di cellule servendosi di un elevato ingrandimento
(obiettivo 40x). Si conta quindi il numero di eritrociti e leucociti visibili in un singolo campo, indicando i valori ottenuti come numero/cmei [= campo microscopico ad elevato
ingrandimento]). In condizioni normali, si rilevano meno di
10 eritrociti e meno di 5 leucociti per campo. Gli eritrociti
possono passare nell’urina a causa di traumi verificatisi
durante la cateterizzazione o la cistocentesi. Benché il
numero di questi elementi sia normalmente basso (<
50/cmei), sono possibili emorragie di maggiore entità.
Anche il numero dei batteri presenti viene solitamente
espresso facendo riferimento al campo microscopico ad
elevato ingrandimento. L’urina prelevata dalla vescica
mediante cistocentesi non deve contenere batteri di alcun
genere. Quella ottenuta per cateterizzazione, minzione
volontaria o compressione della vescica può invece essere
contaminata dalla normale flora batterica del tratto distale
dell’uretra, dell’apparato riproduttore e della cute. La
quantità di germi presenti viene di solito indicata come
Tracce (occasionale riscontro di batteri, ma non in tutti i
campi), 1+ (1-10 microrganismi/cmei), 2+ (1-100 microrganismi/cmei), 3+ (> 100 microrganismi/cmei) e 4+ (troppo numerosi per cercare di contarli). Sono stati effettuati
molti tentativi per cercare di correlare queste stime con i
risultati quantitativi dell’urocoltura. In genere, la sensibilità e la specificità dell’esame microscopico del sedimento
urinario ai fini della stima quantitativa dei risultati
dell’urocoltura sono risultate variabili. Uno dei principali
problemi è quello di differenziare accuratamente i cocchi
dal casuale movimento browniano delle particelle
nell’urina. Per poter essere rilevati, i batteri devono essere
presenti nell’urina in numero abbastanza elevato (>
104/ml). Quindi, qualsiasi riscontro di germi in un campione di urina prelevato per cistocentesi deve essere considerato significativo (anche se occorre sempre tenere presente
la possibilità di una contaminazione proveniente dalla cute
o dal tratto gastroenterico, oppure verificatasi durante la
manipolazione del campione). Per quanto riguarda i
microrganismi riscontrati nell’urina prelevata mediante
NOTE
241
NOTE
242
cateterizzazione, per valutarne il significato è necessaria la
coltura qualitativa del campione. La batteriuria rilevata
nell’urina emessa spontaneamente o in seguito a compressione manuale della vescica impone il prelievo mediante
cistocentesi di un altro campione, per differenziare le infezioni dalle contaminazioni.
La presenza di batteri può essere determinata più accuratamente esaminando con microscopio ad immersione in
olio degli strisci allestiti con urina centrifugata e colorati
con il metodo di Gram, sebbene anche così si verifichino
occasionalmente risultati falsi positivi e falsi negativi.
L’uso della colorazione di Gram ha inoltre il vantaggio di
permettere di stabilire se l’agente eziologico della malattia
è Gram-positivo o Gram-negativo e, quindi, consente di
indirizzare la scelta iniziale dell’antibiotico da impiegare,
in attesa dei risultati dell’antibiogramma.
I cilindri più comunemente osservati sono quelli granulari, costituiti da detriti delle cellule dei tubuli renali esfoliatisi in seguito al normale turnover di questi elementi.
Nell’urina normale se ne trova un numero limitato (<
2/cmbi; < 6/cmei). Un quantitativo più elevato denota un
danno tubulare in atto. I cilindri ialini, formati dalla proteina di Tamm-Horsfall, si osservano occasionalmente in
numero ridotto nell’urina normale (< 1/cmbi). La loro presenza risulta più elevata in caso di affezioni glomerulari,
dal momento che la proteina di Tamm-Horsfall tende a
precipitare in presenza di albumina. Cilindri cerei e di
grandi dimensioni sono solitamente associati a rallentamento del flusso urinario (oliguria). I cilindri cellulari (eritrocitari o leucocitari) sono molto rari, ma quando compaiono devono sempre essere considerati anormali dal
momento che indicano, rispettivamente, un’emorragia o
un’infiammazione renali.
I cristalli di struvite sono comuni nell’urina normale del
cane e del gatto e, di per sé, non indicano un’affezione del
tratto urinario. Il loro numero risulta influenzato da temperatura, concentrazione e pH dell’urina. I cristalli di urati
possono essere normali nel dalmata. In altre razze, la loro
presenza riflette un’insufficienza epatica. Quelli di cistina
sono anormali e denotano un abnorme riassorbimento di
questo composto. Il loro principale significato è quello di
indicare una predisposizione alla formazione di calcoli di
cistina. I cristalli di ossalati si osservano occasionalmente
anche in condizioni normali, ma quando sono presenti in
gran numero o in associazione con un’insufficienza renale
acuta suggeriscono un avvelenamento da glicol etilenico.
NOTE
Urocoltura
Si tratta del test definitivo per diagnosticare la presenza
di un’infezione del tratto urinario. In generale, è preferibile
ricorrere alle colture di tipo quantitativo. Queste ultime
sono essenziali nei casi in cui il campione di urina sia stato
prelevato mediante cateterizzazione, perché esiste il rischio
che sia stato contaminato dalla normale flora del tratto
distale dell’uretra. L’urocoltura dell’urina ottenuta mediante minzione spontanea o per compressione manuale della
vescica è controindicata per l’alto rischio esistente di contaminazione del campione.
Dopo il prelievo, la coltura va allestita entro 6 ore per
evitare il rischio di modificazioni dei valori numerici delle
cariche batteriche. L’urina va sempre refrigerata (+ 4 °C).
Qualora non sia possibile allestire la coltura entro 6 ore, si
deve utilizzare un conservante come l’acido borico-glicerolo-sodio, mantenere il campione a temperatura di refrigerazione e porlo comunque in coltura entro 72 ore.
Quantificazione della proteinuria
Nei casi in cui il sedimento urinario è normale, escluse
le emorragie e le infiammazioni come possibili cause di
proteinuria, la perdita di proteine con l’urina è di solito di
origine renale. Perdite proteiche di lieve entità sono associate alle affezioni tubulari, mentre perdite variabili da
scarse a molto elevate si osservano in caso di glomerulopatie. Come descritto precedentemente a proposito dell’analisi dell’urina, è possibile effettuare una stima dell’entità
della proteinuria confrontando il valore indicato dalla striscia reattiva con il peso specifico dell’urina. Tuttavia, per
una determinazione più precisa della gravità della perdita
proteica è necessaria la quantificazione.
La misurazione più accurata della perdita di proteine
attraverso l’urina è quella effettuata nell’arco di almeno 24
ore. L’ideale è effettuare più di una determinazione di 24
ore, dal momento che possono essere presenti sostanziali
variazioni da un giorno all’altro. Il metodo prevede la raccolta di tutta l’urina prodotta nelle 24 ore. Su questo campione si effettua la misurazione dei livelli proteici (utiliz243
NOTE
zando un metodo spettrofotometrico, come quello al Blu
Brillante Comassie, per le piccole quantità di proteine) e
del volume dell’urina prodotta. I risultati ottenuti vengono
espressi dal laboratorio sotto forma di mg/dl. Questo valore viene poi moltiplicato per il volume dell’urina per ottenere la perdita in mg/24 ore. Ad esempio, si consideri un
cane che produca 1200 ml di urina in 24 ore. Viene riscontrata una proteinuria di 200 mg/dl. Il cane perde quindi
2400 mg (2,4 g) di proteine in 24 ore. I valori normali sono
< 200 mg/24 ore nel cane e < 120 mg/24 ore nel gatto. In
cani normali, è stata dimostrata l’associazione fra la perdita urinaria di proteine ed il peso corporeo. Si tratta di una
correlazione statisticamente significativa, ma con ampie
variazioni. Sono stati indicati valori massimi normali di
10-22 mg/kg/die.
La perdita di proteine con l’urina può essere stimata
attraverso la determinazione del rapporto proteine:creatinina a livello urinario. Dal momento che in ogni singolo
individuo la creatinina viene escreta a velocità costante
ogni giorno (a meno che la funzione renale non venga
modificata), le sue concentrazioni a livello urinario fluttuano principalmente in relazione alla concentrazione
dell’urina. L’impiego dei livelli urinari di creatinina consente di controllare le variazioni delle concentrazioni proteiche urinarie derivanti dalle variazioni della concentrazione dell’urina. Nella maggior parte dei cani e dei gatti
normali, il rapporto proteine:creatinina nell’urina è < 0,2.
Il riscontro di un valore > 1,0 è anormale, mentre i risultati
compresi fra questi estremi sono indeterminati. Il rapporto
proteine:creatinina nell’urina è un valido test di screening
per identificare le proteinurie anomale. Resta da stabilire
se possa essere utilizzato ripetutamente per rilevare eventuali modificazioni della gravità di una nefropatia.
DETERMINAZIONE DEI LIVELLI SIERICI DEI
MINERALI
Fosforo
Negli animali iperazotemici si riscontra comunemente
un aumento dei livelli sierici di fosforo, che risultano superiori alla norma, dovuto alla notevole riduzione della velocità di filtrazione glomerulare. La fosforemia può aumentare per qualsiasi causa di iperazotemia associata ad un
244
calo della filtrazione (per cause prerenali, renali e postrenali). Quindi, nella valutazione iniziale di un animale iperazotemico la determinazione della fosforemia va presa in
considerazione insieme a quella dell’azotemia e della creatininemia. I livelli sierici del fosforo, pur essendo correlati
alla velocità di filtrazione glomerulare, sono sottoposti ad
un numero di influenze (dietetiche, ormonali, renali, ecc.)
molto più elevato dell’azotemia e della creatininemia che,
quindi, risultano molto più attendibili come indicatori della
velocità di filtrazione glomerulare. Se l’iperazotemia è
dovuta ad una grave nefropatia primaria, il mantenimento
della normale fosforemia diviene una parte importante
della terapia.
NOTE
Calcemia
Le concentrazioni sieriche del calcio interagiscono con
la funzione renale in molti modi. L’ipercalcemia può essere una causa o una conseguenza dell’insufficienza renale.
Quest’ultima può causare anche ipocalcemia. È importante
ricordare che il calcio totale misurato dalla maggior parte
dei laboratori è la somma del calcio ionizzato e di quello
legato ad altre sostanze. La calcemia totale deve quindi
essere sempre interpretata alla luce del valore dei livelli
sierici di albumina. Dal momento che solo il calcio ionizzato è attivo, è preferibile effettuare la misurazione solo di
questa componente, anche se spesso ciò non risulta possibile nella pratica clinica.
Ipercalcemia
L’ipercalcemia può essere una causa o una conseguenza
dell’insufficienza renale. L’aumento dei livelli di calcio
ionizzato danneggia i reni in diversi modi. Dapprima,
interferisce con l’azione dell’ADH a livello del tubulo
renale e con il riassorbimento del sodio, portando ad una
diuresi salina. Durante la raccolta dell’anamnesi il proprietario può riferire di aver osservato poliuria/polidipsia,
mentre clinicamente si può riscontrare una diminuita capacità di concentrare l’urina. Un aumento persistente del calcio ionizzato porta all’incremento della resistenza
dell’arteriola afferente del glomerulo, con riduzione della
velocità di filtrazione glomerulare e deposito di CaPO4
245
NOTE
nelle cellule tubulari e nell’interstizio dell’organo, causando alterazioni e fibrosi. Si osservano i segni clinici
dell’insufficienza renale (iperazotemia, incapacità di concentrare l’urina, mineralizzazione dell’organo), che possono essere reversibili oppure no, in relazione alla gravità ed
alla durata del processo. Le cause di ipercalcemia sono
rappresentate da pseudoiperparatiroidismo, iperparatiroidismo primario ed eccesso di vitamina D.
L’ipercalcemia può anche essere una conseguenza
dell’insufficienza renale. Si ritiene che in questo caso sia
dovuta principalmente al calcio legato, dal momento che
negli stati iperazotemici vengono ritenute sostanze, come i
citrati, che legano questo elemento. Il fenomeno si osserva
sia nelle nefropatie acute che in quelle croniche.
Stabilire se l’ipercalcemia sia la causa o la conseguenza
dell’insufficienza renale può essere difficile. Lo pseudoiperparatiroidismo è la condizione che determina gli incrementi
più marcati dei livelli sierici del calcio. In presenza di
aumenti moderati o accentuati, l’indagine diagnostica deve
essere volta ad accertare l’eventuale esistenza di neoplasie,
ed in particolare di un linfosarcoma. In tutti i casi si deve
effettuare un’accurata raccolta dell’anamnesi, verificando
anche se vi sia stato un contatto con una fonte di vitamina
D, ed un esame clinico approfondito, ricercando la presenza
di masse neoplastiche (linfonodi, regione perineale).
Occorre ricordare che anche quando sono aumentate di
dimensioni dall’iperparatiroidismo, le paratiroidi risultano
raramente palpabili. Se l’anamnesi, l’esame clinico e gli altri
dati di laboratorio non suggeriscono una spiegazione per la
presenza di ipercalcemia, è indicata la misurazione dei livelli sierici di paratormone e di calcio ionizzato. In caso di
pseudoiperparatiroidismo ed eccesso di vitamina D, la paratormonemia risulta soppressa, mentre nell’iperparatiroidismo da qualsiasi altra causa le concentrazioni sieriche di
questo ormone appaiono aumentate. Nell’iperparatiroidismo
secondario renale, i livelli di calcio ionizzato sono diminuiti
o normali, mentre in quello primario risultano aumentati.
Ipocalcemia
È importante che la valutazione dell’ipocalcemia venga
effettuata contemporaneamente a quella dei livelli sierici di
albumina. Una diminuzione di questi ultimi comporta un
calo delle concentrazioni totali di calcio dovuto alla riduzio-
246
ne della quota legata a queste proteine. Per correggere il
valore della calcemia in relazione a quello dell’albuminemia
sono state indicate diverse formule. Una di esse, frequentemente impiegata è la seguente: calcemia corretta
NOTE
(mg/dl) = Ca (mg/dl - albumina (g/dl) + 3,5.
L’ipocalcemia si può osservare sia nelle nefropatie
acute che in quelle croniche. Quindi, presa in considerazione da sola, non può essere utilizzata per differenziare le
due condizioni. Alcune altre possibili cause di ipocalcemia
sono rappresentate da eclampsia, pancreatite acuta, ipoparatiroidismo, carenze dietetiche o malassorbimento del calcio o carenza di vitamina D.
I livelli sierici totali del calcio tendono a diminuire nelle
nefropatie croniche. Nelle affezioni glomerulari, ciò può
essere dovuto ad un calo della quota legata alle albumine,
conseguente alla riduzione dei livelli di queste ultime. Con
qualsiasi malattia cronica (sia tubulare che glomerulare), le
concentrazioni del calcio ionizzato tendono a diminuire. Ciò
è dovuto al calo del riassorbimento tubulare, all’aumento del
calcio legato al fosforo ed alla diminuzione della produzione
renale di 1,25-vitamina D, che provoca una riduzione
dell’assorbimento intestinale del calcio ed un aumento della
resistenza dello scheletro all’azione del paratormone. Questa
tendenza alla diminuzione del calcio ionizzato determina
una stimolazione delle paratiroidi. Quindi, l’iperparatiroidismo secondario renale è un compromesso con cui l’organismo mantiene le concentrazioni di calcio ionizzato entro i
ristretti limiti della norma. Si tratta di un sistema efficace,
che però porta gradualmente all’osteodistrofia renale. Solo
in caso di insufficienza renale cronica estremamente avanzata la calcemia scende al di sotto del limite normale.
La calcemia totale può anche diminuire in presenza di
insufficienza renale acuta. Il fenomeno può essere dovuto
alla formazione acuta di complessi con il fosforo sierico che
va rapidamente aumentando, oppure al legame con certe tossine, come i prodotti metabolici del glicol etilenico.
PROTEINE TOTALI/ALBUMINA
Nei pazienti con insufficienza renale, i livelli sierici
delle proteine totali possono aumentare per effetto della
disidratazione. In questo caso, l’incremento interessa sia le
albumine che le globuline.
L’insufficienza renale associata ad una glomerulopatia
247
NOTE
può invece comportare un calo delle proteine totali dovuto
alla perdita di albumine.
EMOGRAMMA
L’emogramma non serve a stabilire se l’iperazotemia è
prerenale, renale o postrenale, anche se può riflettere la
disidratazione. Una volta che l’iperazotemia sia stata identificata come renale, gli esami ematologici divengono utili.
Il riscontro di un’anemia non rigenerativa, normocromica,
normocitica può essere segno di nefropatia cronica in stadio avanzato, con ridotta produzione di eritropoietina.
Negli animali uremici si può rilevare un leucogramma da
stress, indipendentemente dalla causa dell’uremia. Una
formula leucocitaria di tipo flogistico si osserva nelle
nefropatie associate a processi infiammatori, come la pielonefrite, che possono essere di natura acuta o cronica. La
presenza di un leucogramma infiammatorio è più probabile
nella pielonefrite acuta che in quella cronica, a meno che
questa non sia associata ad un’ascessualizzazione o ad
un’ostruzione uretrale o pelvica.
LETTURE CONSIGLIATE
Lorenz MD, Cornelius LM: Small Animal Medical Diagnosis, 2nd edition. JB
Lippincott Co., Philadelphia, PA, 1993.
Stone EA, Barsanti JA: Urologic Surgery of the Dog and Cat. Lea & Febiger,
Philadelphia, PA, 1992.
Segnalamento: bassotto maschio di 8 anni, peso 4,6 kg.
248
NOTE
CASO CLINICO
Anamnesi:
Tre giorni prima del ricovero il cane ha vagato lontano
da casa in una zona suburbana ed è rimasto fuori dal controllo del proprietario per 30-45 minuti. Al ritorno appariva
normale, ma entro un’ora divenne letargico. Due giorni
prima del ricovero, ha iniziato a vomitare ripetutamente. Il
proprietario ha sospeso la somministrazione di cibo ed
acqua. Il giorno prima del ricovero l’animale vomitava ad
intervalli di un’ora ed il proprietario si rivolse ad un veterinario. Il materiale emesso era denso e giallo e, durante
l’emesi, l’animale presentava marcate contrazioni addominali. Il veterinario curante trattò il paziente mediante infusione endovenosa di soluzione di Ringer lattato, metoclopramide ed una cefalosporina di prima generazione ed
inviò il caso allo specialista prendendo appuntamento per
il giorno seguente.
Nei tre giorni in cui l’animale era stato malato, il proprietario non aveva osservato alcuna defecazione, benché
avesse tenuto il cane sotto stretta sorveglianza. Il paziente
urinava, ma il cliente aveva rilevato che sembrava rimanere
in posizione più a lungo del normale. Non erano presenti
tosse, sternuti o scolo nasale od oculare.
In passato l’animale aveva sofferto di crisi convulsive,
caratterizzate dalla perdita di controllo degli arti quando
si eccitava. Gli episodi si erano sempre risolti spontaneamente nell’arco di 15 minuti e non era stata attuata alcuna terapia. Quattro mesi prima del ricovero si era verificata una pancreatite, trattata con fluidoterapia endovenosa. La dieta del cane era stata cambiata, passando alla
Hill’s i/d.
Attualmente, l’animale viene alimentato con questa
dieta e avanzi di cucina. Vengono effettuate regolarmente
le vaccinazioni annuali (cimurro, epatite, leptospirosi,
parainfluenza, parvovirosi, coronavirus, rabbia) ed il trattamento mensile per la profilassi della filariosi cardiopolmonare.
Esame clinico:
Temperatura 37,3 °C, polso 76/min, respiro 24/min.
249
NOTE
Depressione con fascicolazioni muscolari ed addome teso
e dolente. Disidratazione stimata pari al 7%. Entrambi i
reni risultano palpabili e sembrano di dimensioni adeguate
e non dolenti.
Elenco provvisorio dei problemi:
1. Vomito/dolore addominale
Diagnosi differenziali: affezioni gastrointestinali primarie o alterazioni metaboliche
Piano diagnostico: emogramma, profilo biochimico,
analisi dell’urina, radiografie addominali
2. Ipotermia
Diagnosi differenziali: malattie gravi
Piano: sostenere la temperatura e diagnosticare le
malattie presenti
3. Bradicardia
Diagnosi differenziali: iperkalemia, altre anomalie elettrolitiche, malattie gravi, aritmie cardiache
Piano diagnostico: profilo biochimico, ECG, monitoraggio
4. Depressione/fascicolazioni muscolari
Diagnosi differenziali: malattie metaboliche, affezioni
del SNC, miopatie, disidratazione
Piano diagnostico: come sopra
5. Disidratazione
Diagnosi differenziali: diminuzione dell’assunzione,
aumento della perdita (vomito)
Piano diagnostico: analisi dell’urina, per il resto come
sopra
Piano terapeutico:
– correggere la disidratazione: 4,6 kg x 7% = 322 ml di
Ringer lattato, da infondere nell’arco di 4 ore (manifestazioni cliniche gravi) per via endovenosa;
– mantenere l’idratazione: 4,6 kg x 6,6 ml/kg = 300 ml
di Ringer lattato da infondere per via endovenosa
nell’arco di 24 ore.
250
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Taylor
Gabbia: SA WD C
Cane: Bassotto
10 anni M
Diagnosi:
Caso clinico: 141368
Veterinario: Barsanti
Eritrociti/Piastrine
Test
30/12/92
13:43
Unità
Ematocrito
43,1
Eritrociti
6,41
Emoglobina
14,6
MCV
67,2
MCH
22,8
MCHC
33,9
Piastrine
235
MPV
8,0
Stima delle piastrine (a)
Eritrociti nucleati
0
%
x 106/µl
g/dl
fl
pg
%
x 103/µl
fl
Intervallo di riferimento
35,0-57,0
4,95-7,87
11,9-18,9
66-77
21,0-26,2
32,0-36,3
211-621
6,1-10,1
/100 leucociti
(a) Aggregati.
Leucociti
Test
30/12/92
13:43
Leucociti
21,1 H
Neutrofili segmentati
20,045 (95%) H
Neutrofili non segmentati 0,000 ( 0%)
Linfociti
0,000 ( 0%) L
Monociti
1,055 ( 5%)
Eosinofili
0,000 ( 0%)
Basofili
0,000 ( 0%)
Altri
0,000 ( 0%)
Unità
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
x 103/µl
Intervallo di riferimento
5,0-14,1
2,9-12,0
0,0-0,45
0,4-2,9
0,1-1,4
0,0-1,3
0,0-0,14
0,0-0,0
251
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Taylor
Gabbia: SA WD C
Test
Azotemia
Creatinina
Proteine totali
Albumina
Fosfatasi alcalina
ALT
Glucosio
Sodio
Potassio
Cloro
Bicarbonato
Gap anionico
Calcio
Amilasi
Lipasi
Cane: Bassotto
10 anni M
Diagnosi:
Profilo biochimico
30/12/92
13:43
251 H
(a)
9,0 H
(a)
6,4
2,1 L
226 H
116 H
131 H
149
4,0
86 L
(b)
27 H
36 H
(a)
8,6 L
800
> 1400 H
(a) Questo risultato è stato comunicato al veterinario.
(b) Questo risultato è stato confermato.
252
Caso clinico: 141368
Veterinario: Barsanti
Unità
Intervallo di riferimento
mg/dl
8-28
mg/dl
0,5-1,7
g/dl
g/dl
U/l
U/l
mg/dl
mmol/l
mmol/l
mmol/l
5,4-7,5
2,3-3,6
1-114
10-109
76-119
142-152
3,9-5,1
110-124
mmol/l
mmol/l
14-26
5-17
mg/dl
U/l
U/l
9,1-11,7
226-1063
60-330
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Taylor
Gabbia: SA WD C
Cane: Bassotto
10 anni M
Diagnosi:
Caso clinico: 141368
Veterinario: Barsanti
Analisi delle urine
Test
30/12/92
13:43
Prelievo
Colore
Aspetto
Peso specifico
pH
Proteine
Glucosio
Chetoni
Bilirubina
Sangue
Cateterizzazione
Giallo
Torbido
1.013
8,0
1+
Tracce
Negativo
Negativo
Tracce
30/12/92 13:43
Eritrociti
Leucociti
Cilindri
Cilindri
Epitelio
Varie
Sedimento
< 10
5-10
1-3 grandi e granulari (b)
0-1 grossolani e granulari (c)
Alcune cellule rotonde
Alcuni spermatozoi
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
(b) Con frammenti.
(c) Rari e finemente granulari.
30/12/92 13:43
Glicole etilenico
Ematologia speciale
Negativo
253
University of Georgia
Clinical Pathology Laboratory
Nome del proprietario:
Nome dell’animale: Taylor
Gabbia: SA WD C
Cane: Bassotto
10 anni M
Diagnosi:
Caso clinico: 141368
Veterinario: Barsanti
Analisi delle urine
Test
08/01/93
14:17
Prelievo
Colore
Aspetto
Peso specifico
pH
Proteine
Glucosio
Chetoni
Bilirubina
Sangue
Minzione
Giallo
Chiaro
1.010
5,0
Negativo
Negativo
Negativo
Negativo
Negativo
08/01/93 14:17
Eritrociti
Leucociti
Cilindri
Cilindri
Epitelio
Varie
Test
Azotemia
Creatinina
Sodio
Potassio
Cloro
Bicarbonato
Gap anionico
Calcio
Fosforo
254
Sedimento
< 10
<5
0-1 finemente granulari
0-1 cellule
Alcune squamose
Alcuni spermatozoi
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
/Campo microscopico ad alto ingrandimento
Profilo biochimico
08/01/93
7:00
25
1,1
145
4,4
107 L
22
17
9,3
6,4 H
Unità
mg/dl
mg/dl
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mg/dl
mg/dl
Intervallo di riferimento
8-28
0,5-1,7
142-152
3,9-5,1
110-124
14-26
5-17
9,1-11,7
2,9-5,3
Finito di stampare nel mese di Giugno 1995
dalla Press Point di Abbiategrasso (Milano)