Abstracts - Facoltà di Scienze della Formazione

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Abstracts - Facoltà di Scienze della Formazione
CENTRO INTERUNIVERSITARIO PER LA RICERCA
SULLA GENESI E SULLO SVILUPPO DELLE MOTIVAZIONI PROSOCIALI E ANTISOCIALI
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA
UNIVERSITÀ ‘KORE’ DI ENNA
FONDAZIONE “CRISTINA MAZZOTTI”
Convegno
Il valore dei valori
7-8 ottobre 2005
Catania – Enna
SESSIONE POSTER
Coordinamento:
AnnaSilvia Bombi - Università di Roma ‘La Sapienza’
1. Il ruolo dei valori e degli obiettivi di vita nel promozione del benessere della persona
Alessandra Anconetti, Lisa Giacometti, Patrizia Steca - Università di Milano Bicocca
Int rod u zio ne
L’interesse scientifico per il benessere soggettivo, quale esperienza individuale e soggettiva del vissuto dello star
bene, ha registrato un forte incremento negli ultimi venti anni in varie discipline che spaziano da quelle
filosofiche e psicologiche, a quelle mediche, fino a quelle a carattere propriamente sociologico ed economico.
Tale interesse ha promosso un profondo cambiamento nella disciplina psicologica, nella quale da più parti si
reclama l’esigenza di metodi conoscitivi e di intervento maggiormente orientati alla scoperta e alla promozione
delle potenzialità (Steca, 2005) ed è certamente sostenuto dal profondo “spostamento” valoriale registrato negli
ultimi anni nelle società post-materialistiche, come la nostra, nelle quali i bisogni materiali di base sono ormai
soddisfatti per la maggior parte della popolazione e le persone sono maggiormente orientate alla soddisfazione di
bisogni “più elevati”, come la realizzazione e la soddisfazione personale.
Nello studio del benessere soggettivo un contributo di particolare rilievo è stato fornito da Ed Diener (1984,
1994, 2000), che ha distinto due componenti primarie del costrutto: una componente cognitiva, corrispondente
da un generale giudizio di soddisfazione di vita, ed una componente affettiva, corrispondente alla prevalenza di
stati emotivi positivi rispetto a stati emotivi negativi nella vita quotidiana della persona. La componente cognitiva
del benessere soggettiva è stata recentemente ampliata nell’ambito di studi italiani con l’inclusione di due
indicatori centrali di benessere individuale, l’autostima e l’ottimismo, che condividono con la soddisfazione di
vita un comune modo di valutare e di porsi positivamente nei confronti di vari aspetti del proprio sé, della vita e
del futuro, cui è stato attribuito il nome di “pensiero positivo” (Caprara, Delle Fratte e Steca, 2002).
Il ruolo rivestito dal possesso e dal perseguimento di obiettivi altamente valorizzati rispetto alla promozione del
benessere individuale è stato evidenziato in numerosi studi (Brunstein, 1993; Emmons, 2003), anche se ancora
poco chiara risulta l’influenza di diverse tipologie di obiettivi rispetto allo star bene della persona e quasi
inesistente è la letteratura sul ruolo del sistema valoriale personale.
Obiettivo del presente contributo empirico è quello di indagare in quale misura differenti tipologie di obiettivi e
di sistemi valoriali siano connesse al benessere soggettivo della persona, con particolare attenzione ad eventuali
differenze connesse al sesso e all’età.
Metod o
Soggetti
Hanno partecipato alla ricerca 221 soggetti, di cui 76 maschi (34,4%) e 145 femmine (65,6%). L’età è compresa
tra i 18 e i 55 anni, con una media di 32,51 anni e una deviazione standard di 10,10. In merito allo stato civile, il
49,8 % è celibe o nubile, il 37,1% è coniugato, il 5,4% è divorziato, il resto convivente o vedovo. Per quanto
riguarda l’occupazione, il 72,9% dei soggetti lavora, mentre il 26,2% è costituito da studenti, casalinghe o
pensionati.
Strumenti e procedura
Ai soggetti è stata somministrata una batteria di questionari contenente i seguenti strumenti di autovalutazione:
- la “Satisfaction with Life Scale” (Diener, Emmons, Larsen e Griffin, 1985) che valuta il grado generale di
soddisfazione rispetto alle proprie condizioni di vita.
- la “Rosenberg Self-esteem Scale” (Rosenberg, 1965), che valuta il senso generale di autoaccettazione, la
percezione del proprio valore e la fiducia in se stessi.
- il “Life Orientation Test” (Scheier e Carver, 1985), che valuta la tendenza ad aspettarsi occasioni positive ed
eventi favorevoli dal futuro.
- la “Positive and Negative Affect Scale (PANAS) ” (Watson, Clark e Tellegen, 1988). La scala è costituita da 20
aggettivi, 10 finalizzati a misurare stati affettivi positivi e 10 stati affettivi negativi
A ciascun soggetto è stato, inoltre, chiesto di indicare quali fossero gli obiettivi più importanti, quelli
maggiormente valorizzati nel periodo della somministrazione; tali obiettivi sono stati successivamente valutati e
categorizzati in base al loro contenuto. Nella parte finale della batteria è stato chiesto ai soggetti di mettere in
ordine di importanza i dieci valori individuati nel modello teorico di Schwartz (1992): “potere”, “successo”,
“edonismo”, “stimolazione”, “auto-direzione”, “universalismo”, “benevolenza”, “tradizione”, “conformismo” e
“sicurezza”.
Risul tat i
I risultati hanno messo in evidenza differenze significative ascrivibili al sesso e all’età dei soggetti, sia rispetto
alle variabili di benessere che rispetto ai valori e agli obiettivi maggiormente valorizzati. Sono emerse, inoltre,
diverse “configurazioni” di obiettivi e valori cui si associano in vario grado i quattro indicatori di benessere
soggettivo considerati.
Conclu sion i
I risultati del presente contributo empirico hanno fornito numerose e originali informazioni sulle relazioni che
intercorrono tra sistemi valoriali, perseguimento di obiettivi personali e vari indicatori del benessere della
persona, ormai riconosciuti e ampiamente studiati dalla letteratura. Il perseguimento di taluni obiettivi e
l’adozione di particolari valori, soprattutto connessi al benessere e alla realizzazione personale, inoltre, si sono
dimostrati particolarmente influenti nel favorire un elevato grado di benessere.
Bibliografia
Brunstein, J.C. (1993). Personal goals and subjective well-being: A longitudinal study. Journal of Personality and
Social Psychology, 65, 1061-1070.
Caprara, G.V., Delle Fratte, A., e Steca, P. (2002). Determinanti personali del benessere nell’adolescenza:
indicatori e predittori. Psicologia Clinica dello Sviluppo, 2, 203-233.
Diener, E. (1994). Assessing subjective well-being: Progress and opportunities. Social Indicators Research, 31, 103157.
Diener, E. (2000). Subjective well-being: the science of happiness, and a proposal for a national index. American
Psychologist, 55, 34-43.
Diener, E., Emmons, R.A., Larsen, R.J. e Griffin, S. (1985). The Satisfaction With Life Scale. Journal of Personality
Assessment, 49, 71-75.
Emmons, R.A. (2003). Personal goals, life meaning, and virtue: willsprings of a positive life, in L.M., Keyes e J.,
Haidt (2003) (a cura di), Flourishing: a positive psychology and the life well-lived (pp. 105-128). Washington DC:
American Psychological Association.
Rosenberg, M. (1965). Society and the adolescent self-image. Princeton, NJ: Princeton University Press.
Scheier, M.F. e Carver, C.S. (1985). Optimism, coping, and health: Assessment and implications of generalized
outcome expectancies. Health Psychology, 4, 219-247.
Schwartz, S. (1992). Universals in the content and structure of values: Theoretical advances and empirical tests in
20 countries. In Zanna, M.P. (a cura di), Advances in Experimental Social Psychology, vol. 25. Academic Press,
New York, pp. 1-65.
Steca, P. (2005). Il potenziamento delle risorse. Psicologia Contemporanea, 190, 18-25.
Watson, D., Clark, L., McIntyre, C., e Hamaker, S. (1992). Affect, personality, and social activity. Journal of
Personality and Social Psychology, 63, 1011-1025.
2. Sistema di valori in famiglie con figli disabili
Serafino Buono, Giovanni Belfiore, Santina Città, Tommasa Zagaria, Marinella Zingale - IRCCS ‘Oasi’ di Troina,
Università di Catania
La generatività è una dimensione essenziale della famiglia che permea il sistema di valori oltre che di relazioni, e
la trasmissione di questi valori da una generazione all’altra (Cigoli e al., 2000: Scabini e Cigoli, 2000).
Lo studio che verrà presentato espone dei dati su questi aspetti della vita familiare in situazioni di ‘crisi’, che della
stabilità e della flessibilità dell’assetto valoriale costituisce un importante banco di prova.
La crisi familiare studiata nella ricerca è legata al subentrare di un evento fortemente stressante, come la nascita di
un figlio disabile.
La letteratura sull’argomento ha precisato che, se certamente la disabilità di un membro comporta uno
sconvolgimento del sistema familiare, tale sconvolgimento non è necessariamente persistente e patologico, in
quanto dipende dalle modalità di problem-solving adattivo che le famiglie mettono in atto (Dyson, 1993;
Costigan e al., 1997).
Anche fattori di ‘desiderabilità sociale’ entrano in gioco nelle strategie di adattamento (Saviolo Negrin e Cristante,
1996), e si può ipotizzare che la struttura valoriale abbia un ruolo importante nel determinare le capacità della
famiglia di fronteggiare lo stress (Stoneman, 1997; Valtolina, 2000).
Nello studio presentato vengono analizzate le modalità di coping che la famiglia usa, connesse alle percezioni –
razionalizzate ed emotive - dell’evento stesso, agli atteggiamenti verso il figlio, agli stili educativi, alle
caratteristiche di coesione e flessibilità adattiva preesistenti nella famiglia, soprattutto alla struttura valoriale
presente nella coppia genitoriale.
I dati presentati aprono interessanti prospettive di conoscenza sugli squilibri e riequilibri del sistema familiare, dei
suoi valori, dei significati della funzione generativa e di quella educativa, perturbati dall’evento critico: il figlio
‘diverso’ dalle aspettative tipiche della generatività immaginata e auspicata.
I dati presentati sono stati raccolti sia con i consueti metodi quantitativi sia mediante approcci qualitativi,
offrendo la possibilità di scoprire dimensioni nuove e significati non esplorabili con le tradizionali strategie di
ricerca.
Bibliografia
Cigoli V., Marta E., Tamanza G. (2000) La valorizzazione della famiglia nello scambio tra le generazioni, in Cigoli
V. (a cura di) Il vello d’oro. Ricerche sul valore famiglia. CISF – San Paolo, Cinisello Balsamo (pp. 11-183)
Costigan C.L., Floyd F.J., Harter K.S.M., McClintock J.C. (1997) Family process and adaptation to children with
mental retardation: Disruption and resilience in family problem-solving interactions. Journal of Family
Psychology, 11, 515-529.
Dyson L. I. (1993) Responses to the presence of a child with disabilities: Parental stress and family functioning
over time. American Journal on Mental Retardation, 98, 207-218.
Saviolo Negrin N., Cristante F. (1996) Resources and stress in parents with a mentally retarded child: a
quantitative approach. In M. Cusinato (ed.) Research on family resources and needs across the world, LED, Milano
(pp. 493-506)
Scabini E., Cigoli V. (2000) Il famigliare, Legami, simboli e transizioni. Raffaello Cortina Editore, Milano.
3. I valori tra vita lavorativa e vita extralavorativa: uno studio pilota sui lavoratori manuali ed
intellettuali.
Michela Cortini, Amelia Manuti, Giancarlo Tanucci - Dipartimento di Psicologia, Università di Bari
Introduzione
La letteratura sulla conciliazione vita lavorativa – vita extralavorativa ha messo in evidenza da tempo come la
possibilità di un equilibrio sia legata alla consonanza tra valori attribuiti soggettivamente alle diverse sfere della
vita individuale e richieste provenienti dal contesto lavorativo (per una rassegna, si veda Piccardo, Ghisleri,
Colombo, 2004). Questo equilibrio è minacciato in quei profili professionali intellettuali facenti capo alla
cosiddetta economia della conoscenza, in via di sviluppo sempre crescente, vista la difficoltà nel marcare la
distinzione lavoro – tempo libero (Cortini et al., 2005). La ricerca intende investigare le configurazioni valoriali
nei lavoratori manuali e nei lavoratori intellettuali, valutando, in aggiunta, le diverse modalità con cui viene
cercato e raggiunto l’equilibrio vita lavorativa – vita extralavorativa in queste due diverse popolazioni (Sarchielli,
2003).
Metodo
In una prima fase abbiamo intervisto 5 lavoratori intellettuali e 5 lavoratori manuali, seguendo i dettami
dell’intervista narrativa (Atkinson, 2002), al fine di cogliere le configurazioni valoriali che fungono da motore
all’azione ed i vissuti relativi al diverso significato attribuito all’esperienza lavorativa ed extralavorativa, e
all’equilibrio tra queste due dimensioni. Abbiamo successivamente triangolato i primi risultati con uno studio
dalla natura quantitativa. Sono stati interpellati 150 lavoratori, equamente distinti tra lavoratori intellettuali e
lavoratori manuali, ai quali sono stati somministrati le scale sui valori di Schwartz (1992) ed il questionario
sull’equilibrio vita lavorativa – vita extralavorativa (Eagle et al., 1997).
Risultati
Come ipotizzato, si riscontrano differenze nelle dimensioni indagate tra lavoratori intellettuali e lavoratori
manuali, che verranno discusse nel poster.
Bibliografia
Atkinson, R. (2002) L’Intervista Narrativa, Milano: Raffaello Cortina.
Cortini, M., Tanucci, G., Ingusci, E. (2005) La tecnologia rende libere? Uno studio sulle donne telelavoratrici,
poster presentato al V Incontro Annuale degli Psicologi del Lavoro e delle Organizzazioni, Torino, 10 – 12
giugno.
Eagle, B. W., Miles, E. W., & Icenogle, M. L. (1997). Inter-role conflicts and the permeability of work and family
domains: Are there gender differences? Journal of Vocational Behaviour, 50, 168-184.
Piccardo, C. & Ghisleri, C., Colombo, L. (2004) L'équilibre dans la vie personnelle entre travail, famille et reste
de la vie, XIII Congresso AIPTLF (Association Internationale de Psychologie du Travail de Langue
Française), Bologna, 26 – 29 agosto.
Sarchielli, G. (2003) Psicologia del Lavoro, Bologna : Il Mulino.
Schwartz, S. (1992). Universal in contents and structure of values: Theoretical advances and empirical tests in 20
countries. In Zanna, M.P. (a cura di). Advances in Experimental Social Psychology. Vol 25 (pp. 1-65).
Academic Press: New York.
4. Personalità, valori e motivi nelle condotte di aiuto: una ricerca su volontari e operatori del servizio di
emergenza-urgenza 118
Claudio De Carli, Lisa Giacometti, Patrizia Steca - Università di Milano - Bicocca
Int rod u zio ne
“911 Squadra Emergenza”, “ER medici in prima linea”, “Chicago Hope”: questi sono alcuni dei titoli che hanno
portato agli occhi del grande pubblico la realtà delle equipes mediche d’emergenza, che ogni giorno rischiano
anche la loro vita per aiutare in modo tempestivo le persone in pericolo, nelle emergenze di tutti i giorni:
incidenti stradali, rapine, stupri, incendi, sparatorie.
Nonostante la popolarità che tali professioni stanno acquisendo agli occhi di tutti, piuttosto scarsa risulta
l’indagine scientifica su di esse e, ancora poco ci si è interrogati da un punto di vista psicologico sulle
caratteristiche delle persone che vivono e operano in questi contesti.
Maggiore sembra, invece, la conoscenza sulle caratteristiche personali e i processi motivazionali che regolano le
attività di vontariato (si veda ad esempio Capanna, Steca, e Imbimbo, 2002); entrambe le attività, quella di
operatore sanitario nei sistemi di emergenza/urgenza e quella di volontario, sono caratterizzate dalla necessità e
dalla conseguente familiarità col prestare aiuto agli altri; nel primo caso, tuttavia, si esercita una professione e si
riceve uno stipendio, nel secondo si aiuta a titolo gratuito.
Quali caratteristiche personali, quali spinte, inducono a scegliere e perseguire l’una o l’altra attività? E’ possibile
ipotizzare delle similarità o, al contrario, delle differenze?
Scopo del presente contributo empirico è stato quello di confrontare un gruppo di operatori del sistema di
emergenza/urgenza 118 con un gruppo di volontari sulla base delle loro dimensioni di personalità e dei loro
sistemi motivazionali e valoriali. I due gruppi sono stati, inoltre, confrontati con i valori normativi provenienti da
un ampio gruppo della popolazione italiana.
Metod o
Soggetti
Hanno partecipato alla ricerca due gruppi di soggetti.
Un primo gruppo era costituito da 101 soggetti, tutti dipendenti di vari S.S.U.E.m. 118 di Aziende Ospedaliere
lombarde; il gruppo è costituito da 48 uomini e 52 donne, di età compresa tra i 22 e i 54 anni (età media=35,60,
d.s.=5.64).
Il secondo gruppo di soggetti era formato, invece, da 103 volontari, appartenenti a varie associazioni di Milano
o dell’interland della città; il gruppo è costituito da 44 uomini e 59, di età compresa tra 20 e 80 anni (età
media=50,73, d.s.=18.30).
Strumenti e procedura
Ad entrambi i gruppi di soggetti è stata somministrata una batteria di questionari finalizzata ad indagare
numerose variabili tra le quali sono di interesse per il presente contributo:
a) I cinque grandi fattori di personalità (Big Five), misurati tramite una versione ridotta del “Big Five
Questionnaire(BFQ)” (Caprara, Barbaranelli e Borgogni, 1996). La versione ridotta è composta da 60 item con
modalità di risposta a 5 posizioni, finalizzati a valutare la personalità in relazione a cinque grandi dimensioni,
ognuno delle quali si compone di due sottodimensioni:
- Energia/Estroversione, composta da “Dinamismo” e “Dominanza”;
- Amicalità/Gradevolezza, costituita da “Cooperatività” e “Cordialità”;
- Coscienziosità, composta da “Scrupolosità” e “Perseveranza”;
- Stabilità Emotiva vs. Nevroticismo, costituita da “Controllo delle emozioni” e “Controllo degli impulsi”;
- Apertura mentale, formata da “Apertura all’esperienza” e “Apertura alla cultura”.
b) L’orientamento valoriale, per la misurazione del quale è stato impiegato il “Portrait Values Questionnaire”
(PVQ), nella sua versione italiana (Capanna, Vecchione e Schwartz, 2004); il questionario è stato sviluppato
sulla base della Teoria dei Valori Personali di Base di Schwartz (1992) e validato a livello internazionale. Il PVQ
è costituito da 40 affermazioni, con modalità di risposta a 6 posizioni, che tendono a descrivere le aspirazioni,
gli obiettivi, gli assunti importanti nella vita delle persone, facendo riferimento ai valori della nostra società.
Vengono valutati dieci valori personali di base: “potere”, “successo”, “edonismo”, “stimolazione”, “autodirezione”, “universalismo”, “benevolenza”, “tradizione”, “conformismo” e “sicurezza”, riconducibili a quattro
“macrodimensioni” valoriali: Apertura al Cambiamento, Automiglioramento, Autotrascendenza e
Conservatorismo.
c) L’orientamento motivazionale, valutato con il Test di Orientamento Motivazionale (Borgogni, Petitta e
Barbaranelli, 2004); il questionario è costituito da 48 item, con formato di risposta a 7 posizioni, che mirano a
valutare quattro dimensioni motivazionali:
- l’Orientamento alla Relazione/Affiliazione che si riferisce alla tendenza a preferire la collaborazione ed evitare
ogni tipo di conflitto con le persone;
- l’Orientamento alla Leadership/Potere che concerne la tendenza ad assumere posizioni influenti e di
controllo.
- l’Orientamento al Successo che riguarda la tendenza a scegliere attività sfidanti e che favoriscano la verifica
delle proprie capacità;
- l’Orientamento all’Innovazione che rispecchia la tendenza a mettersi in gioco e a preferire nuove situazioni
rispetto a quelle conosciute.
Risultati
Dai confronti effettuati tra i due gruppi di volontari e operatori del servizio 118, e tra questi e i dati normativi
disponibili per la popolazione italiana, sono emerse interessanti differenze significative, sia rispetto ai tratti
personalità che rispetto alle dimensioni valoriali e motivazionali.
Differenze particolarmente evidenti sono state riscontrate in merito ai tratti di Energia e Stabilità Emotiva, e
rispetto alle dimensioni motivazionali e valoriali che maggiormente riflettono tendenze di tipo altruistico e
prosociale.
Conclusioni
I risultati del presente contributo empirico hanno fornito numerose indicazioni sulle personalità, i valori e le
motivazioni di volontari ed operatori sanitari italiani, che soprattutto in alcuni aspetti si dimostrano differenti da
quelli caratteristici della popolazione generale, contribuendo in tal modo ad arricchire l’ancora esiguo insieme di
conoscenze su queste attività e professioni. Ci auguriamo che lavori futuri approfondiscano le tematiche
affrontate, soprattutto a fronte della crescente esigenza di intervento e sostegno psicologico che recentemente si
sta registrando da parte degli operatori sanitari.
Bibliografia
Borgogni, L., Petitta, L., Barbaranelli, C. (2004). Test di Orientamento Motivazionale. Firenze: Organizzazioni
Speciali.
Caprara, G.V., Barbaranelli, C., Borgogni, L. (1996). BFQ, Big Five Questionnaire, Manuale. Firenze:
Organizzazioni Speciali.
Capanna C., Steca, P., Imbimbo, A. (2002). Un’indagine sulla motivazione al volontariato. Rassegna di Psicologia,
19, 73-90.
Capanna, C., Secchione, M., Schwartz, S. (2004). La misura dei valori. Validazione del Portrait Values Questionnaire su
un campione italiano. Manoscritto in revisione.
5. Il posizionamento discorsivo nell’ordine morale: Evidenze dall’analisi dei resoconti di attività
criminali
Eugenio De Gregorio - Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione – Università di Roma “La
Sapienza”
Introduzione
L’abstract che presentiamo è parte di una più ampia ricerca sulla costruzione narrativa dell’azione deviante. In
essa, una parte specifica è stata dedicata alla definizione di un modello narrativo sul resoconto d’azione secondo i
presupposti della Teoria del Posizionamento (Harré e van Langenhove, 1992; 1999). Secondo questo modello,
proposto specificamente orientato allo studio delle ricostruzioni (operate in situazioni discorsive) del Sé, degli
interlocutori e dei sistemi di relazione a cui l’individuo appartiene l’individuo si colloca, per mezzo di pratiche
discorsive, in un sistema di coordinate costituito da 4 ordini:
- morale: posiziona rispetto ai sistemi culturali e locali di doveri e diritti, obblighi e crediti; include le attribuzioni,
le credenze, gli atteggiamenti, i valori;
- sociale: posiziona rispetto al sistema degli interlocutori secondo le declinazioni di tipo sociologico-anagrafico, i
ruoli agiti e vissuti, le collocazioni storiche e attuali;
- spaziale: posiziona in un contesto reale delimitato da confini e caratterizzazioni definite; corrisponde alla
localizzazione fisica dell’evento narrato;
- temporale: posiziona in un momento storicamente definito e ridefinibile narrativamente; corrisponde la
collocazione in un duplice contesto: quello del momento in cui si sono svolti i fatti (“lì e allora”) e quello della
rievocazione narrativa attuale (“qui e ora”).
Obiettivi e metodo
Una parte specifica dello studio complessivo è stata orientata alla rilevazione dei contenuti variamente riferibili
alle dimensioni previste dal modello con particolare attenzione alle eventuali differenze per tipi di reati ed
esperienza nel circuito della devianza: si supponeva cioè che le narrazione di gruppi diversi di intervistati
contenessero indicatori di posizionamento differenti. La ricerca è stata svolta mediante la somministrazione di 34
interviste narrative ad altrettanti autori di reati (omicidi, rapine, spaccio, detenzione e traffico di stupefacenti,
ricettazione). Le trascrizioni delle interviste sono state sottoposte ad analisi del contenuto di tipo interpretativo
con l’ausilio del software ATLAS.ti (De Gregorio e Mosiello, 2004; De Leo, Patrizi e De Gregorio, 2004).
I risultati più importanti sono ascrivibili in particolare alla dimensione dell’ordine morale e alla valenza
positiva/negativa dell’autocollocazione esemplificata da temi quali: la scelta di dedicarsi alle attività criminali, la
deresponsabilizzazione e il disimpegno, il pentimento (versante negativo); il senso di autoefficacia; il senso di
responsabilità; l’autocolpevolizzazione, il rispetto per le vittime e per famiglia (versante positivo). Analogamente
è stata rilevata la collocazione posizionale degli altri (famiglia, agenzie di controllo formale e informale, vittima,
etc.). I risultati verranno esemplificati mediante l’estrazione di network concettuali di ampie porzioni di testo
tratte dalle interviste narrative.
Conclusioni
Il concetto di posizionamento discorsivo apre prospettive di ricerca e percorsi di riflessione che non sono stati
precedente tenuti in considerazione nella ricerca classica sul Sé secondo gli approcci socio-cognitivi. Dalla
prospettiva proposta infatti emerge un attore attivo costruttore di immagini di Sé con un ruolo tanto più attivo
quanto più variegate e complesse sono le situazioni sociali che incontra (Patrizi, 2005): l’ottica del
posizionamento consente di superare la staticità delle letture precedenti in base alle quali il Sé era definibile con
riferimento a uno schema cognitivo, a una struttura solo parzialmente variabile nel corso dell’arco di vita, ma
sostanzialmente stabile e coerente nelle diverse situazioni quotidiane.
La teoria del posizionamento non dovrebbe essere ritenuta una “teoria generale” che richiede un’applicazione
deterministica a specifiche applicazioni. Non è come la teoria gravitazionale. Piuttosto, può essere considerata
come un punto di partenza per riflettere su molti differenti aspetti della vita sociale (Harré e van Langenhove,
1999, pp. 9-10).
Bibliografia
De Gregorio E. e Mosiello F. (2004), Tecniche di ricerca qualitativa e di analisi delle informazioni con ATLAS.ti, Roma,
Kappa.
De Leo G., Patrizi P. e De Gregorio E. (2004), L’analisi dell’azione deviante. Bologna, Il Mulino.
Harré R. e Moghaddam F.M. (2003), Introduction: The Self and Others in Traditional Psychology and in Positioning Theory,
in R. Harré e F.M. Moghaddam (eds.), The Self and Others. Positioning Individuals and Groups in Personal,
Political, and Cultural Contexts, Westport, Praeger, pp. 1-11.
Harré R. e van Langenhove L. (1992), Varieties of Positioning. Journal for the Theory of Social Behaviour, 21 (4), pp.
393-407.
Harré R. e van Langenhove L. (1999) (eds.), Positioning Theory. Moral Contexts of Intentional Action, Oxford,
Blackwell Publishers.
Patrizi P. (2005), Deviant Action and Self-Narration: A Qualitative Survey through ATLAS.ti. Journal for the Theory
of Social Behavior, 35(2), pp. 171-188
6. Valori e relazioni familiari in tarda adolescenza
Laura Di Giunta, Marinella Paciello, Maria Gerbino - Centro Interuniversitario per la ricerca sulla Genesi e sullo Sviluppo
delle Motivazione Prosociali e Antisociali- Unità di Roma ‘La Sapienza’
Le persone portano nelle relazioni con gli altri i propri valori, le proprie convinzioni e le proprie norme. I valori
possono essere intesi come il risultato dell’eredità sociale comune trasmessa a tutti gli individui di una
determinata società attraverso molteplici agenzie di socializzazione e, a livello individuale, come insieme di
convinzioni e di standard che generalmente costituiscono una filosofia di vita personale (Brewster Smith, 1963).
In questo contributo ci siamo interrogati sul ruolo dei valori nella famiglia, quale importante contesto di
socializzazione. La famiglia è un’istituzione sociale investita della funzione di riprodurre una società e di
promuovere lo sviluppo dei suoi membri (Gecas, 1990; Hess, 1995).
Nella maggior parte delle famiglie i conflitti sono più frequenti nel corso dell’adolescenza ma tendono a
diminuire nel corso del tempo mano a mano che i figli crescono e i genitori ne riconoscono la maturità (Laursen
et al., 1998; Paikoff, Brooks-Gunn, 1991).
Le relazioni tra genitori e figli sono continuamente rinegoziate lungo i due assi principali del controllo e
dell’affetto. “Uno sviluppo ottimale si raggiunge laddove si realizzi un buon adattamento tra stadio di crescita e
ambiente, tra bisogni degli individui in fase di sviluppo e le opportunità offerte dai loro ambienti sociali” (Eccles
et al., 1993, p.28). I genitori e gli adolescenti devono sentirsi in grado di comunicare gli uni con gli altri. I genitori
devono aver fiducia nelle proprie capacità di combinare disciplina e accettazione interpersonale; gli adolescenti
devono saper trarre beneficio dalla consapevolezza di poter resistere alle pressioni trasgressive dei pari e di
parlare francamente delle proprie esperienze con i genitori.
Questo studio intende esaminare le relazioni tra i valori degli adolescenti e la qualità delle loro relazioni familiari.
Su un campione di 553 soggetti (238 maschi e 315 femmine) di età compresa tra 19 e i 26 anni (m. 21,65 d.s. 1,53
per i maschi; m.21,55 e d.s. 2,24 per le femmine) sono stati misurati i valori e alcuni indicatori familiari. I valori
sono stati misurati con il Portrait Values Questionnaire nella sua versione italiana (Schwartz, 1992; Capanna,
Vecchione e Schwartz, in stampa). La scala valuta dieci categorie valoriali distinte e valide in diverse culture: la
riuscita, il potere, la sicurezza, la conformità, la tradizione, la benevolenza, l’universalità, la direzione personale, la
stimolazione e l’edonismo. L’insieme dei dieci valori può essere rappresentato all’interno di uno spazi
bidimensionale le cui dimensioni principali sono l’apertura al cambiamento vs. il mantenimento della condizione
attuale, e l’autoaccrescimento vs. l’autotrascendenza. Per quanto riguarda gli indicatori familiari abbiamo
utilizzato le seguenti misure:
la scala di autoefficacia percepita filiale (Caprara et al., 2005) misura quanto i soggetti si sentano “efficaci” come
figli: dal sentirsi in grado di discutere con i propri genitori di problemi personali anche in circostanze difficili, al
sentirsi capaci di esprimere sentimenti positivi e gestire le reazioni emotive negative verso di loro, dalla
sensazione di essere in grado di far comprendere il proprio punto di vista in una discussione, a sentirsi efficaci
nel gestire lo stress derivato da un eventuale litigio tra i genitori,o la loro intrusività;
la scala del Monitoring (Capaldi e Patterson, 1989) misura se e in quale modo si esplica la funzione del
“controllo” genitoriale sulla condotta dei ragazzi, focalizzandosi specialmente su come e se gli adolescenti
tengono informati i propri genitori circa le proprie attività e le compagnie frequentate;
la scala del Supporto Genitoriale (Scabini e Cigoli, 1992) fa riferimento all’affidabilità del legame tra genitori e
figli, a quanto i genitori sostengono in termini psicologici il loro figlio. L'adolescente ha completato due versioni:
la prima riferita al padre, la seconda alla madre;
la scala della Comunicazione Aperta (Barnes e Olson, 1982) misura se e come i soggetti si sentono liberi di
discutere dei propri problemi con i genitori e come essi rispondono, se in modo comprensivo e supportivo,
separatamente per padre e madre;
la scala dell’Esito del Conflitto (Zani, Cicognani, 1999) nella quale viene chiesto agli adolescenti di descrivere le
modalità con cui si conclude il conflitto all’interno della famiglia, tre sono gli esiti possibili: 1) Escalation; 2)
Frustrazione; 3) Intimità;
la scala di Prosocialità (Caprara, Pastorelli, 1993; Caprara, Steca, Zelli, & Capanna, 2005) misura la propensione
degli adolescenti a fornire aiuto agli altri, a prendersi cura degli altri, a condividere le proprie cose con gli altri;
sono rilevate inoltre le capacità cognitivo-affettive che consentono agli individui di porsi nella prospettiva
dell’altro, di comprendere le richiesta di aiuto, di empatia;
la scala della Soddisfazione Familiare (Olson, Wilson, 1982) fa riferimento alla valutazione complessiva di
soddisfazione sperimentata in relazione al legame con i diversi componenti della famiglia e ai livelli di coesione e
adattabilità presenti nella vita della famiglia.
I risultati principali evidenziano che maschi e femmine presentano pattern di correlazioni non del tutto
sovrapponibili. Conformismo e benevolenza sembrano i valori che maggiormente pesano su quegli indicatori che
incidono di più sulla qualità delle relazioni familiari in tarda adolescenza.
Bibliografia
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7. Le relazioni tra autoritarismo di destra, orientamento alla dominanza sociale e struttura psicologica
universale dei valori di Schwartz.
Giovanni Di Stefano, Giorgio Falgares - Dipartimento di Psicologia, Università di Palermo
Introduzione
Il presente studio si propone di identificare le relazioni tra dimensioni valoriali, l’autoritarismo di destra (RWA) e
l’orientamento alla dominanza sociale (SDO), il primo riferito alla covariazione dell’aggressività autoritaria, della
sottomissione autoritaria e del convenzionalismo (Altemeyer, 1981; 1998), il secondo espressione di una
predilezione per un sistema sociale nel quale le relazioni tra i gruppi che vi appartengono sono strutturate
gerarchicamente (Sidanius & Pratto, 1999).
Rispetto alle relazioni tra RWA e SDO, in letteratura sono state evidenziate numerose differenze riconducibili
alle variabili di personalità, credenze sul mondo, dimensioni di natura ideologica e sociopolitica (Duckitt, Wagner,
Du Plessis, & Birum, 2002; Duriez & Van Hiel, 2002; Ekehammar, Akrami, Gylje, & Zakrisson, 2004; Heaven &
Bucci, 2001).
Nella comprensione delle similarità e delle differenze tra RWA e SDO, di grande utilità pare il modello dei valori
descritto da Schwartz (1992; Schwartz, Melech, Lehmann, Burgess, & Harris, 2001) sull’esistenza di dieci tipi
motivazionali (Potere, Successo, Stimolazione, Edonismo, Autodirezione, Universalismo, Benevolenza,
Tradizione, Conformismo, Sicurezza). Ci si attende, da un lato, una relazione negativa tra RWA ed Edonismo,
Stimolazione ed Autodirezione e una relazione positiva tra RWA e Tradizione, Conformismo e Sicurezza e,
dall’altro, una relazione negativa tra SDO Universalismo, Benevolenza e Tradizione e una relazione positiva tra
SDO e Potere, Successo, Edonismo e Stimolazione. Inoltre, ci si attende di potere discriminare soggetti autoritari
e persone orientate alla dominanza rispetto agli individui democratici ed egalitari in funzione dei differenti
orientamenti valoriali.
Metodo
A circa 200 adulti siciliani è stato somministrato un questionario comprendente un adattamento italiano delle
scale RWA (Giampaglia & Roccato, 2002), SDO (Di Stefano & Roccato, 2005), del Portrait Values Questionnaire di
Schwartz (Capanna, Vecchione, & Schwartz, 2005), una versione breve della scala di desiderabilità sociale di
Marlowe e Crowne (Manganelli Rattazzi, Canova, & Marcolin, 2000), una scala di collocazione politica e di
importanza accordata alla religione.
Sui punteggi ponderati delle scale sono stati calcolati coefficienti di correlazione bivariati e parziali e applicate
analisi discriminante e test ANOVA.
Risultati
I risultati ottenuti corroborano parzialmente le ipotesi. RWA correla negativamente con l’Autodirezione e la
Stimolazione, ma anche con la Benevolenza e l’Universalismo, mentre correla positivamente con il
Conformismo e la Tradizione ma non con la Sicurezza; SDO correla negativamente con la Benevolenza e
positivamente con il Potere.
L’analisi discriminante, applicata ai soggetti distinti in sottogruppi in funzione dei punteggi ottenuti
congiuntamente su RWA e SDO, fa emergere due funzioni discriminanti significative, definite, rispettivamente,
dai valori Conformismo e Sicurezza e da quelli di Edonismo, Potere e Universalismo.
L’applicazione dell’ANOVA sui punteggi discriminanti calcolati mostra che i “Democratici” (bassi punteggi in
RWA e in SDO) e i “Dominanti” (alti punteggi in SDO ma non in RWA) si distinguono significativamente dagli
“Autoritari” (alti punteggi in RWA ma non in SDO) e dai “Double Highs” (alti punteggi in RWA e in SDO: cfr.
Altemeyer, 2004) rispetto alla prima funzione discriminante estratta, e che i Democratici si distinguono dai
Dominanti rispetto alla seconda funzione.
Conclusioni
I risultati, per molti aspetti in linea con quelli ottenuti in studi analoghi (Altemeyer, 1998; Duriez & Van Hiel,
2002; Heaven & Connors, 2001) evidenziano nondimeno la necessità di approfondire le relazioni, le similarità e
le differenze tra RWA e SDO a partire dai rispettivi orientamenti valoriali e dalle specificità dei contesti
sociopolitici di indagine.
Bibliografia
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Di Stefano, G., & Roccato, M. (2005). Una banca di item per misurare l’orientamento alla dominanza sociale in
Italia. TPM, 12, 5-20.
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Sidanius, J., & Pratto, F. (1999). Social dominance. An intergroup theory of social hierarchy and oppression. Cambridge,
England: Cambridge University Press.
Il gruppo di ricerca coordinato da Franco Di Maria si avvale anche della collaborazione di Chiara Hoffmann e Lucrezia Lorito,
Giuseppa La Tona, Corinna Gugliotta.
8. Il valore dell’altro culturale: come le coppie immigrate incontrano la coppia italiana.
Marialuisa Gennari, Filippo Aschieri, Ilaria Montanari - Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Salvatore Nuccio Leotta - Università Statale di Milano
Introduzione
I risultati del presente contributo si configurano come parte di una più ampia ricerca multimetodologica e
multifocale sulle coppie di differente etnia immigrate in Italia.
Il lavoro qui presentato si basa sull’analisi delle narrazioni che coppie di differente etnia (Marocco, Filippine,
Pakistan) forniscono a immagini-stimolo che raffigurano coppie italiane in vari aspetti della loro vita di coppia.
Metodo
La serie degli stimoli è composta da 11 immagini (dimensioni 20x15) tratte da quadri e da fotografie che
propongono la coppia occidentale in diversi contesti e situazioni quotidiane. I contenuti tematici proposti dagli
stimoli sono: il matrimonio, l’intimità, la seduzione, la coppia nella vita famigliare, la tenerezza, la sessualità, il
conflitto, la sofferenza, la vecchiaia, la coppia nel contesto comunitario e i ruoli di genere.
Di fronte a ciascuna immagine le coppie sono state chiamate a raccontare una storia e a fornire indicazioni sui
vissuti e le emozioni dei partecipanti, nonché a produrre un quadro degli antecedenti e degli sviluppi connessi a
tali situazioni. Di fronte a ciascuno stimolo i partecipanti sono stati inoltre invitati ad identificare, prima
separatamente (mariti e mogli) e in seguito congiuntamente, le tre immagini più e meno apprezzate riguardo alla
coppia.
La ricerca ha coinvolto 10 coppie per ciascuna etnia considerata.
I dati raccolti sono stati sottoposti ad un’analisi del contenuto narrativo e del processo interattivo attraverso una
griglia appositamente predisposta.
Risultati
I risultati possono essere suddivisi in due focus:
1. lo specifico processo comunicativo e interattivo che porta i membri della coppia intervistata alla
costruzione dei commenti sulle singole immagini-stimolo;
2. le narrazioni/valutazioni che i partners costruiscono rispetto ai contenuti proposti da ogni stimolo.
Questi focus possono essere indagati a seconda delle richieste effettuate dal ricercatore: in primis la costruzione
della storia a partire dall’immagine e infine la scelta, in positivo e in negativo, di 3 immagini stimolo.
Tra i risultati emerge l’influenza delle differenze di genere, del contenuto dello stimolo e dell’etnia considerata per
quanto concerne la presenza e la qualità delle narrazioni.
Emerge anche uno specifico processo di attribuzione di valore/disvalore rispetto alla coppia italiana che viene
messo in luce attraverso la scelta delle immagini selezionate come positive e come negative dal campione.
9. I valori fra le variabili dell'orientamento scolastico-professionale: confronti fra diversi livelli di età.
Paola Magnano, Stefania Scaffidi - Facoltà di Scienze della Formazione, Università degli Studi di Catania
La possibilità di effettuare scelte di studio consapevoli e fondate soprattutto sulla conoscenza di sé e dei propri
interessi e valori rappresenta – così come confermato dai dati della ricerca-intervento realizzata all’interno al
Progetto Orientamento dell’Università di Catania dal 1998 al 2005 – un predittore del successo formativo per gli
studenti universitari.
Gli studi di Donald Super (1974, 1981), e poi di numerosi altri autori (cfr. Trentini, 1995, 1999; Castelli, 1996;
Bellotto 1997) sottolineano in particolare l’importanza dei valori professionali ed il ruolo prioritario che essi
giocano nell’interazione dell’individuo con il contesto sociale in cui è inserito; essi possono facilitare o rendere
più difficili i processi di socializzazione e di inserimento lavorativo.
Tali riflessioni hanno mosso un’ulteriore ampliamento della ricerca originaria al fine di verificare se la congruenza
tra diverse dimensioni della personalità (valori ma anche bisogni, interessi, competenze e immagine di sé) possa
collegarsi anche con scelte formative e lavorative soddisfacenti, con un adattamento armonico con l’ambiente
esterno e con un più generale benessere personale.
In particolare, questo studio prende in considerazione l’analisi delle aspettative verso il lavoro, dei significati ad
esso attribuiti e dei valori sottesi, verificandone la relazione con altre variabili della scelta e differenziando le
matrici di correlazioni per le diverse fasce d'età.
Lo studio ha previsto, infatti, il coinvolgimento di gruppi di studenti di fasce d’età differenti ma tutti in
prossimità di una scelta scolastica e/o professionale (terza media, diploma, laurea) e l’analisi delle suddette
dimensioni attraverso il Questionario di Orientamento messo a punto dalla cattedra di Psicologia
dell’Orientamento Scolastico e Professionale e dal Centro di Orientamento e Formazione dell’Università di
Catania (cfr. Di Nuovo, 2003) e ampiamente utilizzato nell’arco di diversi anni.
I risultati forniscono una mappa articolata dei cambiamenti nella posizione dei valori all’interno delle dinamiche
che influenzano le scelte scolastiche e professionali nelle varie fasi del ciclo di sviluppo.
Bibliografia
Bellotto M. (a cura di) (1997) Valori e lavoro. Dimensioni psicosociali dello sviluppo personale. F. Angeli, Milano.
Castelli C. (1996) L’approccio psicometrico: attitudini, interessi e valori. In: C. Castelli, L. Venini (Eds.) Psicologia
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Di Nuovo S. (a cura di) (2003) Orientamento e formazione. Giunti-O.S., Firenze.
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Firenze.
10. Valori e potenziale personale degli studenti universitari. I questionari “Individuazione del
Potenziale Personale” (IPP) per l’orientamento intra e post-universitario e “Portrait Values
Questionnaire” (PVQ) per la misura dei valori basilari in relazione al successo accademico
Manuela Morricone, Francesca Cardinali, Michele Vecchione - Centro Interuniversitario per la Ricerca sulla Genesi e lo
Sviluppo delle Motivazioni Prosociali e Antisociali della Facoltà di Psicologia 2 dell’Università “La Sapienza” di Roma
Introduzione
Il Centro Interuniversitario (C.I.R.G.M.P.A.) di Roma promuove, già da alcuni anni, un articolato programma di
orientamento pre-, intra- e post-universitario (Programma CentrOrienta).
Ciò ha dato l’impulso a numerose attività di ricerca-intervento (Cardinali, Morricone, 2002): dalla realizzazione di
strumenti per la misura di variabili fortemente coinvolte nella scelta del percorso accademico, agli studi di tipo
predittivo in cui emerge che la Competenza accademica – capacità percepita dagli studenti di organizzare in
maniera ottimale il proprio tempo e le proprie energie per riuscire bene nelle diverse materie e impegnarsi
costantemente nello studio – e la Self-regulation –capacità di darsi degli obiettivi, pianificare l’azione, monitorare
in corso d’opera e valutare i risultati predicono alcuni importanti indicatori di successo scolastico ed accademico.
Avendo rilevato, inoltre, che ogni specifico contesto universitario, con i suoi valori predominanti, può
contribuire ad influenzare il concetto di sé, le aspettative e gli obiettivi degli studenti, nello scorso anno
accademico è stata avviata una ricerca per indagare la rispettiva incidenza di variabili riconducibili
rispettivamente, a Caratteristiche di personalità, Convinzioni di efficacia specifiche e Valori, rispetto agli
indicatori di successo accademico, e le loro le reciproche relazioni.
I valori, infatti, trasmessi tramite i processi di socializzazione, risultano rintracciabili negli standard personali
interiorizzati dall’individuo, i quali costituiscono dei meccanismi chiave nell’ambito dei processi di
autoregolazione delle azioni per il perseguimento degli scopi (Bandura, 1986; 1999). I valori sono
rappresentazioni cognitive di ciò che viene ritenuto importante e giusto dall’individuo e, in questa accezione, si
sovrappongono alla nozione di standard di prestazione (Schwartz, 1992).
Ne deriva, pertanto, che la consapevolezza delle proprie capacità e potenzialità può assumere implicazioni
personali diverse all’interno di sistemi educativi che incoraggiano o meno l’affermazione individuale (Caprara &
Cervone, 2003).
Metodo
Soggetti
Il campione è composto da 329 studenti di età compresa tra i 18 e i 33 anni provenienti prevalentemente dalla
facoltà di Scienze Politiche (50,6%) ma anche dalle altre due facoltà della Libera Università Luiss Guido Carli di
Roma (il 26,6% di Economia e l’11,4% di Giurisprudenza). Sono in buona parte iscritti al quarto (42,7%) e al
terzo anno di corso (27,2%).
Strumenti
Individuazione del Potenziale Personale (IPP) - (Caprara, Barbaranelli, Cardinali, Morricone, 2000)
Il questionario di autovalutazione IPP è stato realizzato con lo scopo di focalizzare l’attenzione sui processi e le
strategie di self-management fondamentali per la riuscita accademica e per il futuro inserimento professionale
(Cardinali, Morricone, 2002).
Il questionario mira ad orientare e sostenere lo studente durante il percorso formativo, consentendogli di
indagare i meccanismi mentali che sorreggono le proprie strategie personali di relazione con l'ambiente
accademico. Il presupposto è che, mediante tale conoscenza, la persona sia in grado di cimentarsi nella scoperta e
lo sviluppo del proprio potenziale e nella conseguente messa in atto di prestazioni di successo.
Il questionario misura dieci dimensioni articolate a loro volta in sottodimensioni: Self Management (impression
management, autostima, self-monitoring); Agency (social-efficacy, leadership); Disponibilità al Rapporto Interpersonale
(amicalità, fiducia interpersonale, prosocialità); Self Regulation (accountabitity/accuratezza/tenacia, action-task
orientation, action-regulation, attività/resistenza); Emotional Intelligence (gestione delle emozioni negative, resiliency,
equilibrio emotivo, gestione dello stress); Innovation (apertura mentale, sperimentazione/creatività);
Machiavellismo; Conservatorismo; Decisionalità; Competenze Accademiche.
Portrait Values Questionnaire (PVQ) – (versione riadattata –Capanna, Vecchione, 2003)
Il Portrait Values Questionnaire (PVQ) è composto da 40 item (Schwartz, Melech, Lehmann, Burgess, Harris e
Owens, 2001) e viene utilizzato per la misura dei dieci valori la cui esistenza è ipotizzata nella tassonomia
proposta da Schwartz.
I valori proposti dal modello sono: Successo, Potere, Sicurezza, Conformismo, Tradizione, Benevolenza,
Universalismo, Autodirezione, Stimolazione ed Edonismo.
L’insieme dei valori può essere rappresentato all’interno di uno spazio bidimensionale le cui dimensioni principali
sono: 1) L’Apertura al cambiamento rispetto al Conservativismo; 2) L’Autoaffermazione rispetto all’Autotrascendenza.
Risultati
Dalle prime analisi, emerge una forte correlazione tra le dimensioni misurate dai due test.
Inoltre, dopo aver sottoposto i dati ad alcuni modelli di regressione gerarchica, è stato possibile verificare che le
dimensioni dell’IPP sono molto più predittive dei valori misurati dal PVQ rispetto agli indicatori di successo
disponibili (numero di esami sostenuti e media dei voti). In particolare, si conferma il ruolo importantissimo della
scala di Competenze accademiche.
Se si considerano come variabili indipendenti solo i valori, l’Edonismo ha un impatto significativo sulla media dei
voti.
Dall’indagine effettuata per mezzo dell’analisi della varianza, si è evidenziato un effetto di interazione tra Genere
e appartenenza alla Facoltà (Scienze politiche versus Economia) rispetto ai punteggi della Benevolenza: le donne
iscritte a Scienze Politiche esibiscono un livello di benevolenza più elevato.
Conclusioni
Si può sostenere, in linea con la letteratura di riferimento, che le convinzioni di autoefficacia sono determinanti
più prossimi nei confronti della prestazione accademica, sia rispetto alle caratteristiche di personalità, che rispetto
ai valori. Questi ultimi sembrano avere un’influenza sui comportamenti legati allo studio e al rendimento. Tale
ruolo sarà indagato più approfonditamente anche per mezzo di altre tecniche statistiche, quali i modelli di
equazioni strutturali.
Bibliografia
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Cultural Psychology, 32.
11. Le percezioni dell’opinione pubblica sull’apparato giudiziario. Indagine su due valori a confronto: la
difesa dei diritti del cittadino e i doveri del Servizio Giustizia
Patrizia Patrizi, Anna Bussu - Università di Sassari
Eugenio De Gregorio - Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione, Università di Roma “La
Sapienza”
Premessa
“Una diversa modalità di percezione del fenomeno criminale, non solo da parte degli appartenenti alle istituzioni
di controllo, ma anche dei singoli cittadini [...] può influire grandemente sulla qualità della vita quotidiana, può
orientare nella direzione di particolari linee di politica criminale, può condizionare scelte e decisioni di estremo
rilievo, può determinare il concreto funzionamento del sistema di controllo e può persino condizionare l’efficacia
delle norme stesse”(Bandini, Gatti, Marugo e Verde, 1991, p. 597)
Le opinioni del cittadino relativamente al crimine e al sistema giudiziario possono condizionare il funzionamento
di quest’ultimo e, conseguentemente, l’efficacia delle norme stesse.
Per questo motivo conoscere le percezioni, le opinioni e gli atteggiamenti dei cittadini sul funzionamento
dell’apparato giudiziario è indispensabile per una sua evoluzione e un suo adeguato funzionamento (Mestitz,
1995: Bandini et al. 2003).
Diverse sono state le ricerche attivate al riguardo per capire, per esempio, con quale criterio di priorità vengono
denunciati dalle vittime o da testimoni alcuni reati e altri no, perché non considerati gravi o magari per assenza di
fiducia nella giustizia, in quanto troppo complicata o carente nel rispecchiare l’immagine “ideale” dell’utente
(Brillon, 1985). Altri progetti di ricerca hanno rivolto la loro attenzione all’atteggiamento dell’opinione pubblica
relativamente al significato delle sanzioni - come le misure detentive, quelle alternative alla detenzione, persino la
pena di morte – e, in senso più ampio, alla relazione tra “punitività” e “visione” del mondo (Brillon, Guerin,
1985 in Bandini, Gatti, Marugo e Verde, 1991), o al condizionamento mediatico delle idee personali a riguardo.
Obiettivi, strumento e campione
Nella fase iniziale della nostra indagine abbiamo predisposto una scheda di rilevazione semistrutturata composta
da 28 quesiti, di cui 7 a risposta chiusa, 3 a riposta aperta e 18 miste.
Lo strumento è stato pensato per rilevare le opinioni del cittadino rispetto al Sistema Giustizia ed è strutturato in
6 aree conoscitive: la prima relativa ai dati socio-anagrafici, la seconda conoscitiva dell’esperienza giudiziaria degli
intervistati, come rei o vittime, la terza indagante la fruibilità del Servizio Giustizia (la valutazione del cittadino
sull’accessibilità economica alla difesa dei diritti individuali, il livello di comunicazione tra gli operatori
dell’amministrazione giudiziaria e l’utenza, l’utilità di sportelli informativi per il cittadino, etc.), la quarta volta alla
rilevazione delle competenze giuridiche personali (il livello di comprensione del procedimento giudiziario, il livello di
conoscenza della normativa e dei propri diritti), la quinta sulle problematiche vissute dal cittadino (la percezione di
sentire o meno difesi i propri diritti e la propria sicurezza personale, i tempi della giustizia, la fiducia in essa
riposta), infine il valore e il significato dei provvedimenti giudiziari, pene e misure alternative.
La scheda di rilevazione è stata somministrata ad un campione di 300 persone, residenti nella provincia di Sassari
(200 casi) e Nuoro (100 casi), di una fascia di età compresa tra i 18 e gli 80 anni, equamente distribuito per sesso.
Gli intervistati sono stati selezionati mediante il campionamento “snow ball”. L’analisi dei dati è stata effettuata
mediante SPSS. I commenti liberi degli intervistatati sono stati analizzati qualitativamente mediante analisi del
contenuto di tipo interpretativo con il software ATLAS.ti (Muhr, 2004; De Gregorio e Mosiello, 2004).
La ricerca ha offerto l’opportunità di indagare sulle diverse carenze (relazionali, procedurali, etc.) percepite dal
cittadino medio che, per reati più o meno gravi, si trova a confrontarsi con l’Amministrazione giudiziaria, spesso
sprovvisto di determinate competenze normative, che non solo ne condiziona il livello personale di
comprensione e ne determina un’autopercezione del proprio ruolo caratterizzata dalla passività e dalla
frustrazione, ma incide sullo stato di benessere psico-fisico.
Risultati preliminari
I risultati, ancora in corso di elaborazione (le osservazioni che seguono vanno, pertanto, considerate come ipotesi
in progress, suscettibili di modifiche), hanno evidenziato come le modalità comunicative risultino un elemento
aggravante delle percezione dell’evento e come una pregressa esperienza giudiziaria abbia condizionato i punti di
vista espressi. È stata poi riscontrata una scarsa conoscenza e fruibilità dei servizi offerti dalla giustizia (come gli
URP – Ufficio Relazioni con il Pubblico) e confermata la percezione distorta del diritto alla difesa che, secondo
gli intervistati, viene garantito solo alle persone benestanti. Nonostante la disinformazione venga vissuta come
una delle problematiche più invasive e ricorrenti e l’apertura di nuovi sportelli informativi accolta positivamente e
con interesse, pochi intervistati hanno fatto e fanno realmente uso di quei pochi presenti nel territorio regionale.
Bibliografia
BANDINI T., GATTI U., GUALCO B., MALFATTI D., MARUGO M.I. e VERDE A. (2003), Criminologia. Il
contributo della ricerca alla conoscenza del crimine e della reazione sociale (II edizione), vol. I, Giuffrè, Milano.
BRILLON Y. e LOUIS GUERIN C. (1985), Justice penale et phénomène criminel: attitudes et rèactions du pubblic, in D.
Szabo, M. Le Blanc (a cura di), La criminologie empirique au Quebec, Les Presses de l’Universitè de Montreal,
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BRILLON Y., LOUIS GUERIN C. e LAMARCHE M.C. (1982), Les attitudes du public canadien envers les politiques
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International de Criminologie Comparée, Montreal.
BRILLON Y. (1985), La confiance des canadiens dans la justice pénale. Canadian Journal of Criminology, 27, 271.
BANDINI T., GATTI U., MARUGO M.I. e VERDE A. (1991), Criminologia. Il contributo della ricerca alla conoscenza
del crimine e della reazione sociale (I edizione), Giuffrè, Milano.
DE GREGORIO E. e MOSIELLO F. (2004), Tecniche di ricerca qualitativa e di analisi delle informazioni con
ATLAS.ti, Kappa, Roma.
MESTITZ A. (1995), Il funzionamento e l’organizzazione del “sistema-giustizia”, in A. Quadrio e G. De Leo, Manuale di
psicologia giuridica, Led, Milano, pp. 81-139.
MUHR T. (2004), ATLAS.ti 5.0 Guide and Reference, Berlin, Scientific Software Development; disponibile su
www.atlasti.de
12. Indagine sulla valutazione dei valori lavorativi in giovani studenti e giovani lavoratori
Concetta Pirrone - Facoltà di Scienze della Formazione, Università di Catania
Premessa
Il periodo in cui si conclude la scuola dell’obbligo comporta non soltanto una presa di decisione tra diverse
alternative - scolastiche o lavorative - ma si configura anche come un processo di transizione in cui gli
adolescenti devono affrontare un compito evolutivo fondamentale che consiste nella costruzione della propria
identità adulta, costruzione condizionata sia dai tratti di personalità sia dai valori che ne caratterizzano lo
sviluppo. Diversi autori (Zazzo 1985; Benedetto 1987; Gelatt 1989) considerano il passaggio dai cicli di studio
alla scelta - successiva all’istruzione obbligatoria - fra scuola e lavoro, uno tra i compiti di sviluppo determinanti
per l’emancipazione del sé.
In questa delicata e decisiva scelta per il futuro del ragazzo, di fronte alla valutazione se continuare a studiare o
scegliere di andare a lavorare, i valori a cui ciascuno fa riferimento giocano un ruolo decisivo.
Obiettivo della ricerca. La ricerca mira a confrontare i valori lavorativi in un gruppo di studenti che decidono
di continuare gli studi dopo la terza media, ed uno di giovani lavoratori che hanno rinunciato agli studi.
Metodo
Strumento. E’ stata utilizzata la “scheda dei valori lavorativi” messa a punto dal C.O.F. (Centro di Orientamento e
Formazione) di Catania con la quale è stato chiesto di assegnare un valore, compreso tra 0 e 10, a specifici aspetti
dell’attività lavorativa.
Campione. I partecipanti alla ricerca sono complessivamente 188 adolescenti di cui 94 lavoratori e 94 studenti
frequentanti le scuole medie superiori (un Istituto tecnico Commerciale e un Liceo Scientifico) di età compresa
tra i 14 e i 18 anni (media 15.46; d.s. 1.20). Entrambi i gruppi di lavoratori e studenti sono composti da 47 maschi
e 47 femmine. 88 adolescenti risiedono a Catania e 100 in provincia di Siracusa.
Risultati. Dai dati ottenuti emerge che studenti e lavoratori sembrano attribuire importanza agli stessi valori,
anche se chi sceglie di continuare gli studi ha una rappresentazione meno stereotipata e più poliedrica del lavoro:
infatti gli studenti sono meno attenti agli aspetti legati alla sicurezza mentre attribuiscono maggiore importanza
alla compatibilità del lavoro con gli impegni familiari.
Bibliografia
Benedetto P. (1987), Intérêts, maturité vocationelle et choix des études, L’Orientation Scolaire et professionnelle, 3,
pp. 193-206.
Di Nuovo S. (a cura di), (2003), Orientamento e formazione. Firenze, Giunti-OS.
Gelatt H. B. (1989), Positive uncertainty: a new decision-making framework for counselling, Journal of Counselling
Psychology, 36, pp. 252-256.
Zazzo B., (1985) I passaggi di scolarità: adattamento e apprendimento, in Giovannini D. (a cura di), Vincoli e
risorse nelle strategie di apprendimento, Cooperativa Nuova Formazione, Bologna.
13. Il ruolo dei valori nel discriminare i diversi tipi di comportamenti antisociali
Marisol Rojas - Universidad de Salamanca
Patrizia Steca - Università di Milano Bicocca
Laura Picconi - Università G. D’Annunzio Chieti-Pescara
Int rod u zio ne
Numerose ricerche sono state dedicate allo studio della natura reattiva e proattiva dei comportamenti antisociali,
con speciale attenzione ai comportamenti aggressivi (Dodge e Coie, 1987; Poulin e Boivin, 2000), riconoscendo
l’importanza di diversi aspetti motivazionali a seconda del comportamento riportato. Le manifestazioni di natura
reattiva ed impulsiva concernono la regolazione dell’eccitazione e l’attivazione di comportamenti automatici, per
cui riflettono la predominanza di componenti affettivo-emotive e un difetto nell’autocontrollo in stati emotivi
molto coinvolgenti. D’altro canto, la corrispettiva forma proattiva è finalizzata al raggiungimento di particolari
obiettivi, quali la protezione del gruppo di pari dalle minacce di altri gruppi, l’accesso a certe risorse tramite
l’aggregazione con pari devianti, la sensazione di dominio o potere in specifici contesti di relazione. Per tanto, a
questa modalita’ si associa un senso funzionale, essendone più rilevanti gli aspetti cognitivi e intenzionali (Crick e
Dodge, 1996; Poulin e Boivin, 2000).
In entrambi casi si verifica la diminuzione dell’autoregolazione del comportamento in relazione ai principi morali
e il sistema dei valori condivisi, la quale ha delle conseguenze a livello individuale, relazionale e istituzionale e
costituisce un rischio di disgregazione normativa e sociale.
In questo senso, un’amplia letteratura ha messo in evidenza l’esistenza di differenze valoriali in gruppi di
delinquenti rispetto ai soggetti normali. Si è rilevato che essi adottano valori più edonistici, che comportano
ricerca di stimolazione e gratificazioni personali immediate, dimostrando a loro volta un interesse minore rispetto
ai valori di autotrascendenza, che riguardano il benessere dell’universo sociale (Cochrane, 1971; Heather, 1979;
Rokeach, 1967). Tuttavia, non si conoscono esattamente le relazioni che intercorrono tra i valori e la diversa
tipologia di devianza né le motivazioni che maggiormente incidono nella regolazione del comportamento
deviante in accordo agli standard personali e sociali.
Diversi studi hanno dimostrato l’importanza dell’autoefficacia percepita nell’indirizzare il proprio sviluppo e nel
contrastare l’inclinazione a mettere in atto comportamenti antisociali (Bandura, Caprara, Barbaranelli, Gerbino e
Pastorelli, 2003; Caprara, Scabini, Barbaranelli, Pastorelli, Regalia e Bandura, 1998). In particolare, è chiaro il
ruolo dell’autoefficacia regolatoria nel prevenire tali comportamenti. Nel contesto della devianza, abbiamo
ritenuto opportuno valutare inoltre la capacità del soggetto di resistere alle pressioni dei pari, la capacità di
autoregolarsi in situazioni nelle quali il comportamento antisociale può comportare esiti vantaggiosi in assenza di
controllo esterno e di autoregolarsi in situazioni emotive molto coinvolgenti. Sinora si è studiata la rilevanza del
primo componente riportato in relazione a diverse comportamenti a rischio.
Obiettivo del presente contributo empirico è quello di verificare le differenze di valori in tre gruppi di soggetti campione normativo, deviante e carcerati -, studiare la relazione delle sottodimensioni di autoefficacia regolatoria
su riportate e i valori ed indagare in quale misura queste relazioni sono in grado di discriminare gruppi di
delinquenti che emettono comportamenti antisociali di natura più impulsiva vs coloro che manifestano
comportamenti piuttosto proattivi; la distinzione è stata effettuata prevalentemente sulla base della tipologia di
reato commesso.
Metod o
Soggetti
Hanno partecipato alla ricerca 753 soggetti, di cui 473 compongono il campione normativo, 169 il campione
deviante (a rischio) e 119 detenuti . L’età è compresa tra i 16 e i 28 anni.
Strumenti e procedura
Ai soggetti è stata somministrata una batteria di questionari contenente i seguenti strumenti di autovalutazione:
- la “SEF_REG” (Rojas, 2004), che misura la capacità di evitare di mettere in atto una varietà di comportamenti
antisociali (vandalismo, comportamenti aggressivi, furto, uso di sostanze, guida pericolosa e rapporti sessuali a
rischio) rendendo conto dei diversi motivi e situazioni che possono indurre a compierli, riferiti nella parte
introduttiva.
- il “PVQ” (Schwartz, Melech, Lehmann, Burgess, Harris e Owens, 2001), che valuta l’importanza che ogni
individuo da ai 10 tipi di valori “motivazionalmente” distinti che operano come principi guida nella sua vita:
“potere”, “successo”, “edonismo”, “stimolazione”, “auto-direzione”, “universalismo”, “benevolenza”,
“tradizione”, “conformismo” e “sicurezza.
- il “QEL-N”, che valuta il comportamento delinquenziale tramite un ampio spettro di comportamenti
trasgressivi, quali rubare, vandalismo, partecipazione ad azioni di violenza ed spaccio di stupefacenti. Costituisce
una modifica dello strumento ideato da Capaldi e Paterson (1982), che incorpora altri comportamenti che non
venivano trattati nel questionario riferito.
- la scala di “Abuso di alcol e droghe” (US) (Elliot, Huizinga e Ageton, 1985), che misura la frequenza con cui i
ragazzi fumano, bevono alcolici e fanno uso di droghe.
Risul tat i
I risultati hanno messo in evidenza differenze significative ascrivibili al gruppo di appartenenza (normativo,
deviante e detenuti) in relazione alla messa in atto di comportamenti antisociali, autoefficacia regolatoria e
valori, che principalmente rivelano il ruolo esercitato dai valori che hanno a che fare con la autotrascendenza nel
contrastare comportamenti delinquenziali.
Sono emerse, inoltre, diverse configurazioni dei valori e le sottodimensioni di autoefficacia regolatoria che si
associano in modo differenziato a seconda della tendenza proattiva o reattiva dei comportamenti messi in atto.
Conclu sion i
I risultati del presente contributo empirico hanno fornito informazioni rilevanti rispetto al modo in cui i valori
si relazionano con i comportamenti antisociali e l’importanza di promuovere ed aumentare le capacità che gli
individui ritengono di aver rispetto a comportamenti socialmente desiderabili (lavoro, scuola, rapporti sociali…)
al fine di evitare che certi comportamenti antisociali servano come strumento per il raggiungimento di successo
e potere. Un’educazione fondata sulla promozione dell’interesse per gli aspetti relazionali , anziché valori
piuttosto legati al vantaggio personale, dovrebbe rafforzare le capacità autoregolatorie che consentono di
evitare la realizzazione dei diversi comportamenti problematici di fronte alle difficoltà.
Bibliografia
Bandura, A., Caprara, G.V., Barbaranelli, C., Gerbino, M.G. e Pastorelli, C. (2003). Impact of Affective selfregulatory efficacy on diverse spheres of functioning. Child Development, 74, 769-782.
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Poulin, F. e Boivin, M. (2000). The role of proactive and reactive aggression in the formation and development
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Rojas, M. (2004). Scala per la misura dell’autoefficacia regolatoria. Manoscritto non pubblicato.
Rokeach, M. (1967). Value Survey. Sunnyvale, CA: Halgren Tests.
Schwartz, S. H., Melech, G., Lehman, A., Burgess, S., Harris, M. e Owens, V. (2001).
Extending the cross-cultural validity of the theory of basic human values with a different method of
measurement. Journal of Cross-Cultural Psychology,32, 5, 519-542.
14. L’importanza dei valori nell’adattamento e nel disadattamento in adolescenza.
G.M. Vecchio, L. Di Giunta, C. Tramontano, C. Pastorelli, - Centro Interuniversitario per la Ricerca sulla Genesi e sullo
Sviluppo delle Motivazioni Prosociali e Antisociali – Università di Roma “La Sapienza”
Introduzione
I valori sono rappresentazioni cognitive di ciò che è importante e giusto nella vita e riguardano i criteri o gli
standard che le persone utilizzano per valutare le proprie azioni e quelle degli altri (Rokeach, 1973; Schwartz,
1992). Schwartz (1992) ha condotto ricerche cross-culturali sui valori che le persone adottano come principi
guida della propria esistenza e, ipotizzando l’esistenza di una struttura sovraordinata che renda ragione delle
relazioni tra i diversi valori, ha elaborato la teoria della struttura psicologica universale dei valori (Schwartz e
Bilsky, 1987).Questa teoria fornisce una cornice di riferimento per lo studio delle relazioni che intercorrono tra i
valori e le altre caratteristiche e disposizioni della persona, poichè consente di esaminare il modo in cui esse
tendono a collocarsi sia rispetto ai singoli valori sia al sistema valoriale nel complesso (Schwartz, 1992). I valori
personali sono risultati, in diversi studi, particolarmente importanti nel favorire i comportamenti d’aiuto, di
cooperazione e di promozione del senso civico (Caprara, Capanna, inviato per la pubblicazione; Caprara e Steca,
2005; Schwartz, 1996).
Obiettivo
In questo contributo intendiamo indagare il sistema dei valori in un campione di studenti di scuola media
inferiore e superiore di Roma, ponendo particolare attenzione alle differenze di genere e di età. Inoltre vengono
approfondite le relazioni tra valori e indicatori di adattamento e disadattamento psicosociale, come il
comportamento prosociale ed una varietà di comportamenti antisociali (auto ed etero-valutati), come il
comportamento aggressivo, il comportamento antisociale covert , l’aggregazione con i pari che mettono in atto
comportamenti devianti e l’uso di alcol e droghe.
Metodo
Soggetti
Hanno partecipato alla ricerca 544 studenti, di età compresa tra i 11 e i 19 anni (età media = 15,011; DS = 2,126),
di cui 306 ragazzi (56,2 %) e 238 ragazze (43,7 %), frequentanti la Scuola Media e la Scuola Superiore. Gli
studenti che frequentano la Scuola Media sono complessivamente 195 (35,8% dell’intero campione), di età
compresa tra i 11 e i 14 anni (età media = 12,703; DS = 0,997), di cui 86 ragazzi (44,1 %) e 109 ragazze (55,9%).
Di questi, 36 frequentano la prima (18%), 88 frequentano la seconda (45%) e 71 frequentano la terza (36%). Gli
studenti della Scuola Superiore sono complessivamente 349 (64,23% dell’intero campione), di età compresa tra
14 e 19 anni (età media = 16,301; DS = 1,358), di cui 220 ragazzi (63 %) e 129 ragazze (37%), frequentanti la
Scuola Professionale (35%) e il Liceo (65%). Di questi, 95 frequentano la prima (27%), 131 la seconda (38%), 18
la terza (5%), 91 la quarta (26%) e 14 la quinta (4%). 1prof 2 media 3 liceo 4 sia liceo che media.
Strumenti e procedura
Agli studenti è stata somministrata una batteria comprensiva di differenti scale per la misura delle seguenti
variabili nella forma dell’auto-valutazione:
- il Portrait Values Questionnaire (Schwartz, 1992) valuta i dieci valori secondo la tassonomia: Potere,
Successo, Edonismo, Stimolazione, Autodirettività, Universalismo, Benevolenza, Tradizione,
Conformismo, Sicurezza. A loro volta i 10 valori fanno riferimento a quattro categorie sovraordinate di
valori: Autotrascendenza, Apertura al cambiamento, Autoaffermazione e Conservatorismo;
- La scala di Comportamento Prosociale (Caprara, Pastorelli, 1993; Caprara, Steca, Zelli, & Capanna,
2005) è un questionario che valuta la propensione degli adolescenti a fornire aiuto agli altri, a prendersi
cura degli altri, a condividere le proprie cose con gli altri;
- La scala di Comportamento Antisociale Covert (Capaldi e Patterson, 1992) misura la frequenza con cui i
ragazzi mentono, rubano in diversi contesti.
- La scala di Aggregazione con pari devianti (Capaldi e Patterson, 1992) misura la presenza di comportamenti
trasgressivi e dell’uso di sostanze tra gli amici frequentati dall’adolescente.
- La scala dell’Uso di sostanze (Elliot, Huizinga e Ageton, 1985) misura la frequenza con la quale si è fatto
uso di alcool, sigarette, marijuana e altre droghe nell’ultimo anno.
Per l’etero-valutazione ci si e’ avvalsi della nomina dei pari relativamente al comportamento prosociale
(aiutare e confortare gli altri) e al comportamento aggressivo di tipo fisico e verbale (Caprara e Pastorelli,
1993).
Risultati e Conclusioni
Sono emerse differenze di genere significative nelle quattro dimensioni principali del modello di Schwartz, e una
differenza significativa per l’età (11-14 anni e 15-19 anni) rispetto all’apertura al cambiamento.
I risultati delle correlazioni tra le quattro dimensioni connesse ai valori e gli indicatori di adattamento considerati
nello studio mettono in evidenza soprattutto nei più grandi (scuola media superiore) una forte relazione positiva
significativa tra il valore dell’auto-trascendenza (universalismo e benevolenza) e la prosocialità.
Per quanto riguarda le correlazioni tra le quattro dimensioni e gli indicatori di disadattamento, i principali risultati
mettono in evidenza, nei più piccoli, una relazione negativa significativa dei valori del conservatorismo e
dell’auto-trascendenza con i comportamenti antisociali.
Nei ragazzi più grandi, tali valori correlano negativamente anche con l’abuso di sostanze, mentre
l’autoaffermazione correla positivamente con il comportamento antisociale. Inoltre, sono emerse importanti
differenze di genere rispetto alle relazioni dei valori di apertura al cambiamento e di auto-trascendenza con gli
indicatori di disadattamento. In particolare, l’apertura al cambiamento (Edonismo, Stimolazione e Autodirezione) correla positivamente con il comportamento antisociale (auto ed etero-valutato) e l’abuso di alcool,
solo nelle ragazze; il valore dell’auto-trascendenza correla negativamente con il comportamento antisociale (auto
ed etero-valutato), l’aggregazione con i pari che mettono in atto comportamenti devianti e l’abuso di sostanze,
solo nei ragazzi.
Complessivamente i risultati di questo contributo evidenziano la relazione tra valori quali la benevolenza e
l’universalismo con la tendenza e il comportamento prosociale avvalorando gli studi che sostengono il
comportamento prosociale come importante fattore di protezione in grado di favorire un buon adattamento
psicosociale (Caprara, Barbaranelli, Pastorelli, Bandura e Zimbardo, 2000; Caprara, Steca, Zelli, Capanna, 2005).
E’ necessario sottolineare anche la relazione tra valori di auto-affermazione quali il successo e il potere con i
comportamenti disadattivi e pericolosi quali, l’aggregazione con pari che mettono in atto comportamenti devianti
e/o che fanno uso di droghe, l’abuso di sostanze e i comportamenti antisociali. Sarebbe opportuno che ulteriori
ricerche approfondiscano l’indagine sul pensiero morale, i valori e l’impegno civico degli adolescenti, allo scopo
di esaminarne il ruolo e le implicazioni per l’adattamento in questa fase della vita.
Bibliografia
Capaldi, D., Patterson, G. (1992). Psychometric properties of fourteen latent constructs from the Oregon Youth
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Caprara, G.V. & Capanna, C. (inviato per la pubblicazione). Moral disengagement in the exercise of civicness.
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Caprara G.V., Barbaranelli C., Pastorelli C., Bandura A., Zimbardo P. (2000) Prosocial foundations of children's
academic achievement. Psychological Science, 11, 302-306.
Caprara, G.V.; Steca P. (2005). Self-efficacy beliefs as determinants of prosocial behavior conducive to life
satisfaction across ages. Journal of Social & Clinical Psychology. Vol 24(2), Mar 2005, pp. 191-217
Caprara, G.V.; Steca, P; Zelli, A.; Capanna, C. (2005). A New Scale for Measuring Adults's Prosocialness.
European Journal of Psychological Assessment, 2005, Vol. 21, No. 2, 77-89
Elliot, D.S., Huizinga, D., Ageton, S.S. (1985). Explaining delinquency and drug use. Beverly Hills, CA: Sage.
Rokeach M. (1973). The nature of human values. New York: Free Press.
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20 countries. In Zanna, M.P. (a cura di), Advances in Experimental Social Psychology, vol. 25. Academic
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Schwartz, S. H. (1996). Gender differences in values in 46 nations: Findings and explanations. Paper presented at
the XXVI International Congress of Psychology, Montreal, Canada.
15. Valori personali e scelte occupazionali: un contributo empirico.
Michele Vecchione - Dipartimento 39 di Psicologia, Università di Roma “La Sapienza”
Laura Picconi - Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara
Introduzione.
I valori sono riferimenti ideali che guidano la vita di ogni persona. Sono le convinzioni circa i modi ideali della
condotta, e rappresentano ciò che spinge a concepire qualcosa come socialmente o personalmente desiderabile
(Rokeach, 1973). I valori giustificano il comportamento passato e determinano quello futuro (Braithwaite e Scott,
1991). Essi corrispondono ai principi ideali che dettano le priorità da perseguire e gli scopi da raggiungere. Le
priorità valoriali possono influenzare il percorso di vita individuale, le mete da raggiungere e i motivi che guidano
il comportamento. In questo contributo abbiamo esaminato, in un ottica esplorativa, la relazione tra valori
personali e scelte occupazionali. A tal scopo abbiamo utilizzato la tassonomia proposta da Schwartz (1992), che
vanta una solida tradizione di ricerca, dispone di strumenti collaudati di misura e può contare su un’elevata
invarianza e generalizzabilità transculturale. I risultati di ricerche condotte in diversi contesti culturali attestano la
possibilità di riconoscere dieci valori distinti e validi in diverse culture. Questi sono: il Successo, il Potere, la
Sicurezza, il Conformismo, la Tradizione, la Benevolenza, l’Universalismo, l’Autodirettività, la Stimolazione e
l’Edonismo. L’insieme dei dieci valori può essere rappresentato all’interno di uno spazio bidimensionale, le cui
dimensioni principali sono l’Apertura al Cambiamento vs. il Conservatorismo e l’Autoaffermazione vs. l’Autotrascendenza.
Metodo.
I valori sono stati misurati utilizzando il Portrait Values Questionnaire (PVQ), lo strumento recentemente proposto
da Schwartz e colleghi (Schwartz, 2003; Schwartz, Melech, Lehmann, Burgess, Harris, 2001) per la misura dei
dieci valori postulati dalla teoria della struttura psicologica universale dei valori. Il PVQ, recentemente validato
anche in Italia (Capanna, Vecchione e Schwartz, in stampa), è composto da 40 affermazioni, ciascuna delle quali
fornisce una breve descrizione di una persona tipo e dei suoi obiettivi, aspirazioni o desideri, in modo da
descrivere tutti i tipi valoriali nelle diverse sfaccettature che caratterizzano ciascuno dei dieci valori proposti da
Schwartz. Il questionario è stato somministrato ad un campione di 1215 soggetti appartenenti a cinque categorie
professionali: commercianti, insegnanti, imprenditori, dirigenti, liberi professionisti e operatori sociali. Per
esaminare la relazione tra le quattro dimensioni e le scelte professionali abbiamo utilizzato la tecnica dell’analisi
discriminante.
Risultati.
I risultati evidenziano differenze significative nei profili che caratterizzano ciascuna professione.
Bibliografia.
Braithwaite, V. A., e Scott, W. A. (1991). Values. In J. P. Robinson, P. R. Shaver & L. S. Wrightsman (Orgs.),
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