Una filiera di servizi per nuovi processi produttivi nel Distretto

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Una filiera di servizi per nuovi processi produttivi nel Distretto
DISTRETTO
CALZATURIERO
VENETO
Una filiera di servizi
per nuovi processi
produttivi nel Distretto
Calzaturiero Veneto
Ipotesi di studio per la creazione
di un multiservice nell'area
artigianale-industriale di Fossò (Ve)
Relazione finale progetto di ricerca
Distretto Calzaturiero Veneto
Via Mazzini, 2 – 30039 Stra (Ve) Italy
tel. +39.049.9801422
fax. +39.049.9800503
[email protected]
www.distrettocalzaturieroveneto.it
Si ringraziano per la collaborazione alla realizzazione del progetto:
Le aziende:
Accademia Srl, Alfi Srl, Bel Mark Snc, Brera Srl, Casal Snc, Elyse Srl, Gritti Srl, Guardi Spa, Insalp Srl,
Mima Srl, Original Sergio Salmaso Srl, Panizzolo Antonio Srl, Pellico Srl, Rediris Srl, Sielv Snc, Speed
Service International Srl, Stefmarie Srl, Ust Srl, Volpato Snc
Guido Carraro (Sindaco), Paolo Carraro (Vice Sindaco), funzionari e tecnici
Comune di Fossò (Ve)
Daniela Contin (Sindaco)
Comune di Fiesso d'Artico (Ve)
Paolo Vecchiato
Assessore unico Attività Produttive dei comuni di Dolo, Fossò, Stra (Ve)
Chiara Pescarolo – Sabrina Cadamuro – Marianna Simo
ACRIB (Associazione Calzaturifici Riviera del Brenta)
Franco Cestonaro, Vittorino Martarello
CNA di Rovigo (Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa)
Elio De Gasperi
Associazione Artigiani e Piccola Impresa “Città della Riviera del Brenta”
Gianpiero Menegazzo
Rappresentante Patto di Distretto
Mario Zambelli, Mauro Tescaro
Politecnico Calzaturiero Scarl
Claudio Zaccarin, Jacopo Zanella, Tiziana Basso
Filtea-Cgil
Alfio Calvagna, Carlo Nicolli, Massimo Meneghetti
Femca-Cisl
Rino Dal Pos
Unindustria Padova
Pierluigi Matteraglia
Studio Ates
Maurizio Simion
Studio Berti, Garelli – Simion & Partners Studio Commercialisti Associati
A&A – Account & Audit srl, Studium Professionisti d’Impresa – Beltrame/Depieri Associati, Shoe Servizi s.r.l.
Redattori
Sandra Cavazzuti, Stefano Maccaferri con i collaboratori Marcello De Felice, Chiara Bonazzi
Con il contributo della Regione Veneto L.R. 8/2003
In collaborazione con:
Rovigo
CGIL
CISL
Federazione Energia Moda
Chimica ed Affini
FILTEA
Federazione Italiana lavoratori
tessile abbigliamento
Una filiera di servizi
per nuovi processi
produttivi nel Distretto
Calzaturiero Veneto
Ipotesi di studio per la creazione
di un multiservice nell'area
artigianale-industriale di Fossò (Ve)
Relazione Finale Progetto di Ricerca
PREFAZIONE
DISTRETTI: 3 ANNI PROFICUI CHE IL CALZATURIERO
HA SAPUTO METTERE A FRUTTO.
ED ORA GUARDIAMO AL DOMANI
di Fabio Gava
Il modello distrettuale, che ha visto crescere e svilupparsi una miriade di
piccole imprese, è stato quello che il Capo dello Stato Carlo Azeglio
Ciampi ha definito “il miracolo” che ha saputo divenire “oggetto di studio
nel mondo”. Un modello che ha dato vita a varie filiere produttive che
costituivano e costituiscono delle vere “comunità” produttive. Nel
rivolgermi ai protagonisti di una delle migliori esperienze in assoluto
vissute nel Veneto in questi 3 anni e spiccioli come quella degli
imprenditori del calzaturiero, mi pare questa citazione del Presidente della
Repubblica il modo più adatto per esprimere tutta la mia considerazione e
rivolgere a tutti sinceri complimenti per il cammino svolto ed i risultati
raggiunti. La legge regionale che avete così ben saputo utilizzare ha
dimostrato in questo triennio la fondatezza delle scelte operate dalla
Regione Veneto che, proprio anche grazie alle indicazioni giunte dai
destinatari della legge, ai primi di marzo ne ha approvato una rivisitazione,
con un cammino veloce, concertato e concreto che è andato ben aldilà
degli schieramenti politici, con tante novità come i metadistretti, i distretti
di filiera, i nuovi parametri per favorire l’aggregazione, il rafforzamento
delle Misure rivolte alla ricerca e all’innovazione. Ecco due parole chiave,
come “internazionalizzazione” e “aggregazione sistemica” sulle quali si
gioca il nostro futuro, e sulle quali il calzaturiero ha già saputo concentrare
il suo lavoro in sede distrettuale, fatto ampiamente dimostrato nei
contenuti di questa pubblicazione. La vera forza che le imprese possono
trovare all’interno di questi sistemi organizzativi è anche quella di
esprimere la loro capacità di cooperare dialogando tra loro, non in
competizione, ma come “giocatori” con ruoli diversi di una “stessa
squadra”, che riescono a vedere i loro competitors all’esterno. Di prendere
consapevolezza di “essere comunità”, che parla lo stesso linguaggio, per
favorire
l’interscambio di conoscenze. Il Distretto allora diventa, e dovrà sempre più
diventare, il luogo che esalta la struttura organizzativa di tanti piccoli che si
specializzano e integrano reciprocamente, richiedendo d’altro canto servizi
più avanzati della grande impresa, in cui le banche e le Istituzioni non
possono rimanere inerti. Dall’agosto 2003, quando vennero riconosciuti dalla
Regione i primi 28 Distretti, di strada ne è stata fatta tanta. Nel 2003 vennero
presentati 123 progetti, di cui 116 ammessi a contributo per un totale di
finanziamenti erogabili di quasi 15 milioni di Euro. Nel 2004 i Distretti
salirono a 40; 107 furono i progetti ammessi; 16 milioni 730 mila Euro i fondi
destinati dalla Regione. Questi numeri hanno mobilitato investimenti per 54
milioni di Euro, saliti ad oltre 60 milioni nel 2005, con altri 20 milioni di
stanziamenti regionali. Dati di sintesi, questi, dai quali mi pare opportuno
cogliere alcune considerazioni interessanti come, ad esempio, la crescita dei
progetti relativi alle Misure “2” “ricerca, sviluppo e trasferimento
tecnologico”: dai 16 proposti nel 2003, pari al 13%, siamo passati ai 40 del
2004, pari al 33%; e ai 58 del 2005, pari al 44% di tutti i progetti presentati e
al 60% del cofinanziamento regionale impegnato. Dei questa escalation
positiva il distretto della Calzatura è stato ed è una delle stelle polari, e di
questo vi ringrazio e mi complimento.
Avv. Fabio Gava
Assessore Politiche Economiche ed Istituzionali
Regione del Veneto
PREMESSA
Il settore calzaturiero Veneto si trova, oggi, a fronteggiare uno scenario
competitivo in rapida e continua evoluzione dove i fenomeni più evidenti
sono: il mutamento dei consumi, la perdita di importanza delle stagioni moda,
la diffusione di nuove tecnologie CAD, l’internazionalizzazione delle imprese
ed il miglioramento della qualità dei prodotti.
Questi elementi esercitano sulle imprese una forte pressione sul
cambiamento di tipo strategico ed organizzativo, e richiedono una revisione
complessiva dei processi e delle metodologie di lavoro, finalizzate al miglioramento
della competitività e del valore dell’offerta commerciale.
Il Distretto Calzaturiero Veneto, costituito per supportare questo
processo di cambiamento, ha pianificato ed organizzato una serie di interventi
finalizzati a migliorare la capacità competitiva delle aziende calzaturiere e
della filiera.
Nell’ambito di tali attività il Distretto, con l’apporto di tutte le sue
componenti economiche e sociali, è particolarmente impegnato a dare
rilevanza al fattore costituito dalla capacità di gestire le risorse umane.
Le aziende, soprattutto le PMI, sono sempre più consapevoli che
devono il loro successo, oltre che allo spirito imprenditoriale ed alla abilità
direzionale, al fatto di poter contare su un patrimonio di Risorse Umane
flessibili, professionali ed affidabili.
Gli sforzi di valorizzazione del capitale umano non devono essere legati
a logiche occasionali, rispondenti ad urgenze o momenti di “crisi”, ma ad una
precisa pianificazione degli interventi.
In tale logica è stata realizzata una ricerca per valutare la possibilità di
introdurre processi di riorganizzazione del lavoro e metodiche di flessibilità in
grado di coniugare i tempi di vita e di lavoro, tenuto conto delle reali necessità
personali dei lavoratori, nel rispetto delle esigenze delle imprese.
La attuale iniziativa è stata attuata nell’ambito della Legge Regionale 4
aprile 2003, n.8: “Disciplina dei Distretti Produttivi ed interventi di politica
industriale locale – Bando 2004”, ed ha come obiettivo la realizzazione di una
attenta ed accurata ricerca ed analisi delle peculiarità logistiche e strutturali
per giungere al miglioramento ed al rafforzamento della rete dei servizi
territoriali a disposizione di aziende e dipendenti. La finalità è quella di
valutare la possibilità di sostenere le esperienze conciliative mediante
l’introduzione di servizi, di tipo non convenzionale, da offrire ai lavoratori
occupati nelle aziende del distretto.
Si tratta di una sfida che investe il territorio e che deve essere affrontata in
modo congiunto da tutti i soggetti che
sul territorio operano con la
consapevolezza di esserne i principali attori: enti locali, organizzazioni
imprenditoriali e sindacali, imprese e lavoratori.
Mobilitare tutte queste forze su un progetto condiviso è di per sé già un
risultato positivo.
Franco Ballin – Presidente ATI “Distretto Calzaturiero Veneto”
SOMMARIO
OBIETTIVI DELLA RICERCA, DEFINIZIONE
DELL’AMBITO SPAZIO-TEMPORALE E FINALITA’
DEL PROGETTO D’INDAGINE
2
CAPITOLO 2
CHE COSA E’ UN MULTISERVICE? – LE SFIDE
DELLA GLOBALIZZAZIONE
15
CAPITOLO 3
LA SCELTA DELL’AREA PRODUTTIVA DI
FOSSO’ COME IPOTESI DI SEDE LOGISTICA
DEL MULTISERVICE
25
CAPITOLO 4
LE
METODOLOGIE
UTILIZZATI
STRUMENTI
27
CAPITOLO 5
IL TERRITORIO: DALLA RIQUALIFICAZIONE
DELL’AREA PRODUTTIVA ALLA RESPONSABILITA’
SOCIALE DELLE IMPRESE
34
CAPITOLO 6
I
PROGETTI
TECNICO-TERRITORIALI
DI
SUPPORTO AL PROGETTO DI CREAZIONE DI
UN MULTISERVICE AZIENDALE
46
CAPITOLO 1
E
GLI
6.1 – PROGETTO LOCALE DI UN CENTRO SERVIZIO
NELL’AREA PRODUTTIVA DI FOSSO’ 47
6.2 - RICERCA A.TE.S SRL – Architettura territoriale
strategica
CAPITOLO 7
I RISULTATI DELLA RILEVAZIONE
56
ALLEGATO A
Questionario del progetto ATES SRL - modello
95
ALLEGATO B
Risultati del questionario ATES SRL
98
ALLEGATI
1
1 – OBIETTIVI DELLA RICERCA, DEFINIZIONE DELL’AMBITO
SPAZIO-TEMPORALE
E
FINALITA’
DEL
PROGETTO
D’INDAGINE
La presente ricerca e l’indagine ad essa connessa rientrano nell’ambito della
Legge regionale n.8/2003 che disciplina i distretti produttivi del Veneto e gli
interventi di politica industriale locale.
Il limite spaziale e geografico della ricerca è stato individuato nelle aziende
dell’area calzaturiera del Brenta, fra le province di Padova e Venezia, in
particolare all’interno della zona artigianale-industriale di Fosso’, in provincia di
Venezia, ma al confine con la provincia di Padova.
Nell’area territoriale che si estende geograficamente a cavallo fra le due
province di Padova e Venezia, ha posto le basi negli anni il sistema calzaturiero
della Riviera del Brenta, dedicato per lo più alla produzione di calzature di
altissima qualità e caratterizzato dall’alto numero di centri di design che
studiano, progettano e realizzano le collezioni per i più noti marchi della moda.
A far parte di quello che si può definire un “vero e proprio distretto produttivo”
sono PMI, imprese di tipo artigianale, industriale e commerciale, specializzate
ed integrate fra loro in filiere produttive all’interno dello specifico settore
calzaturiero.
Le aziende di dimensione medio-grande spesso stabiliscono un forte rapporto
di leadership con quelle di minori dimensioni presenti nella filiera produttiva.
Tale situazione rappresenta un fattore di sviluppo per il settore e per il “Sistema
Distretto” nel suo complesso, ma può costituire nel contempo un elemento di
rischio e di instabilità economica.
La storia della calzatura nell’ambito della Riviera del Brenta racconta di una
lunga tradizione che ha saputo dare un notevole contributo ai processi di
crescita e sviluppo economico della realtà locale, fino al secolo scorso
2
esclusivamente di tipo rurale. I numeri di questo sistema economico si
mostrano consistenti sia nella media territoriale che di assoluto rilievo in quella
nazionale per il complesso di dipendenti coinvolti, di aziende presenti sul
territorio ed infine per i ragguardevoli livelli di fatturato annuo raggiunti.
Il distretto calzaturiero è ancora fortemente legato ad una dimensione
artigianale
dei
processi
produttivi
e
di
gran
parte
delle
lavorazioni
assolutamente specialistiche presenti nello stesso (si pensi alle donne addette
all’orlatura che ancora in molti casi lavorano dal proprio domicilio e sono spesso
caratterizzate da una età avanzata, o da almeno diversi anni, se non decenni, di
esperienza nella mansione specifica) e molte delle aziende del distretto si
stanno confrontando con le problematiche della crisi-cambiamento dei processi
produttivi e commerciali, dovute in particolar modo alla concorrenza dei paesi
asiatici ed alla conseguente difficoltà per diverse imprese di “fare massa critica”
nelle strategie attuate nei confronti dei competitors mondiali con particolare
riferimento alle tematiche legate alla commercializzazione del prodotto.
E’ quindi sentita con molta forza la necessità di industrializzare i processi
produttivi artigianali, “professionalizzando” verso l’alto le competenze delle
risorse umane ed investendo in innovazioni tecnologiche, di processo/prodotto
ed in innovazioni organizzative tendenti alla forte elevazione della qualità del
prodotto realizzato.
Tutto ciò deve trovare anche espressione concreta in una prassi di comakership
tendente a creare strategie di azione e meccanismi concreti di supporto
reciproco
fra
le
imprese
finalizzati
al
sostegno
dell’intero
sistema,
globalizzandone la capacità di risposta e l’efficacia ed efficienza dei processi
operativi.
Tale processo deve, però, maturare e realizzarsi attraverso la contemporanea
realizzazione di due esigenze di fondo o se si preferisce di contesto di natura,
anche, socio-economica:
3
1. la salvaguardia del brand “Made in Italy” di alta ed altissima qualità per
un mercato mondiale selezionato e sempre più esigente, caratterizzato
dalla apertura verso geografie di mercati sino a qualche anno fa
impensabili per le nostre imprese.
2. l’adeguamento e cambiamento delle strategie operative del sistema dei
servizi di supporto alle esigenze del complessivo comparto economico e
produttivo, la cui attuale, parziale, inadeguatezza o incompletezza può
rappresentare una funzione di freno alle potenzialità effettive di sviluppo
e di crescita del distretto.
In tale processo di adeguamento dei servizi trova sviluppo l’ipotesi della
presente ricerca industriale afferente l’ipotesi di introduzione di servizi anche
per il sistema socio-economico e produttivo.
•
In merito al primo punto, si rileva che le aziende del distretto progettano,
producono e commercializzano, pressoché esclusivamente, calzature da donna
di tipo fine-lusso, per il 95% e calzature per uomo, di qualità medio-alta, per il
restante 5%.
Nell’era
della
globalizzazione,
orientata
ad
una
omogeneizzazione
standardizzata dei comportamenti di consumo, la diversificazione dei gusti, dei
bisogni, delle attese, delle motivazioni e dei comportamenti crea delle nicchie di
consumo sempre più specifiche, che non possono essere coperte dalla
produzione di serie e di massa, ma che richiedono un’articolazione specifica ed
estremamente sensibile dell’offerta. Un’importante risposta al calo dei consumi
di alcuni mercati tradizionali europei ed americani ed al fenomeno della forte
concorrenza, soprattutto dei paesi asiatici, è rappresentata dalla capacità di
farsi interpreti di “strategie di nicchia”.
Esse consistono in quella particolare capacità e comportamento di quelle
aziende capaci di capire e penetrare le innumerevoli nicchie dei bisogni e dei
consumi espresse da acquirenti di culture e gusti sempre più diversi.
4
Le imprese calzaturiere del distretto sono cresciute con il gusto del “Made in
Italy” e dell’ “Italian Style” ed è solo attraverso questa eccellenza creativa ed il
continuo rinnovamento che è possibile trovare spazi per competere nel campo
della produzione e in quello della commercializzazione. Non è quindi sufficiente
un know-how tecnico e scientifico, che può essere rapidamente assorbito dai
concorrenti; bisogna valorizzare il prodotto italiano di qualità che affonda le sue
radici proprio in un modello culturale ed organizzativo tipicamente italiano che è
quello del “sistema a rete”, che trova la sua più vasta espressione nei distretti
produttivi. Nel distretto, infatti, operano in stretto rapporto l’ambiente, la storia, i
costumi ed i movimenti culturali del territorio che poi caratterizzano
l’organizzazione ed il funzionamento delle realtà produttive ed i relativi prodotti
finali.
•
In merito al secondo punto, si può osservare che spesso, purtroppo, la
possibilità, non strategica bensì spesso operativa, di passare dalla semplice
rilevazione di un nuovo bisogno alla concretizzazione di una realtà operativa
di fatto è vincolata dalla parziale assenza o scarsità di servizi di supporto
esterni all’azienda, che consentirebbero l’implementazione di innovazioni
organizzative flessibili ed efficaci.
Tali innovazioni potrebbero riguardare gli aspetti di organizzazione del
processo produttivo, gli aspetti di gestione delle risorse umane, gli aspetti di
selezione, crescita e formazione dei lavoratori coinvolti nei processi produttivi
del settore ed anche gli elementi che potrebbero supportare tali processi con
moderni strumenti di flessibilità e conciliazione fra i tempi di vita ed i tempi di
lavoro, centrali nella comprensione del fondamentale ruolo che le risorse
umane e la loro competenza e motivazione, rivestono per il successo finale di
un delicato processo produttivo qual è quello della calzatura di lusso.
La presenza di un sistema strutturato di servizi innovativi dedicati e di
riferimento per il distretto, permetterebbe di trasformare l’attuale, storico,
distretto “geografico” in un nuovo e moderno distretto “operativo” strutturato,
cioè in un luogo di realizzazione di eccellenze produttive ed al tempo stesso di
5
sperimentazione di innovative prassi organizzative assistite da politiche
concertate dalle parti sociali e dagli attori economico-produttivi.
Ciò potrebbe riguardare elementi quali la ri-strutturazione dei tempi e dei
metodi di produzione, la riorganizzazione degli orari e dei processi produttivi,
con conseguente creazione di prassi conciliative all’interno delle aree e delle
zone artigianali ed industriali, l’introduzione di servizi, di tipo non
convenzionale, alle aziende e soprattutto ai lavoratori occupati nelle stesse e
quindi servizi alternativi ed aggiuntivi ai tradizionali servizi in outsourcing
(paghe, contabilità, previdenziali, servizi tecnici, di tutela giuridico contrattuale,
finanziari, commerciali, ecc.) ai quali le aziende stesse, piccole o grandi che
siano, ricorrono appoggiandosi alle competenti ed efficaci associazioni di
categoria, ed alle società specializzate presenti nel territorio distrettuale.
Occorre inoltre ricordare come la sperimentazione di queste innovative prassi
organizzative, assistite da politiche concertate dalle parti sociali e dagli attori
istituzionali ed economico-produttivi locali, sarebbe fortemente sostenuta da
esse in funzione di un eccellente sistema locale di rapporti ed azioni concertate
istituito nel corso degli ultimi anni all’interno del territorio del Distretto
Calzaturiero della Riviera del Brenta.
Tale sistema di relazioni espresso formalmente e sintetizzato operativamente
dal 2001 dalla Consulta Territoriale Calzaturiera, organismo paritetico composto
da sei rappresentanti dei lavoratori e da sei rappresentanti del sistema delle
imprese che si pone l’obiettivo di sviluppare e promuovere nel territorio tutte le
attività ritenute idonee a migliorare l’efficienza e la qualità del comparto
calzaturiero, si propone infatti di trovare concretamente nuove soluzioni alle
problematiche del Distretto e che coinvolgono sia le imprese che i lavoratori
occupati nello stesso.
Tale sistema gode inoltre del forte sostegno ed apporto concreto di parti sociali,
ed istituzionali locali come la Conferenza dei Sindaci, nonché provinciali e
regionali e tutto ciò si è concretamente tradotto in una costante scelta politica e
strategica di perseguire l’obiettivo del riposizionamento delle produzioni su di un
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più alto valore aggiunto perseguendo costantemente la via dell’innovazione e
della ricerca.
In particolare, l’obiettivo della ricerca è volto quindi a studiare ed a definire nel
dettaglio la natura e l’organizzazione di un multiservice, cioè di un centro
servizi di tipo non convenzionale all’interno dell’area industriale, nonché a
delinearne la potenziale realizzazione concreta nell’area artigianale-industriale
del Comune di Fossò.
La creazione di un multiservice renderebbe possibile la trasformazione di una
parte del territorio distrettuale in un effettivo sistema strutturato di moderna
concezione ed operatività.
Le finalità dell’intervento proposto sono contenute nella misura 2 “Progetti di
ricerca, sviluppo e trasferimento tecnologico” del Bando con il quale la Regione
Veneto dà attuazione alle prescrizioni di cui alla Legge Regionale 8/2003.
Partendo da dati e materiali della ricerca del 2005-2006 sul progetto di
“Sviluppo di nuovi processi produttivi ed organizzativi per il settore calzaturiero”,
sono emersi una serie di spunti di approfondimento e di nuovi indicatori
significativi di potenziale cambiamento per le modalità organizzative non
solamente delle imprese localizzate nel territorio distrettuale ma anche per aree
produttive più vaste del territorio stesso.
Alcuni spunti di riflessione emersi dalle interviste e dalle risultanze della ricerca
suddetta svolta nel 2005 hanno sottolineato e suggerito:
l’opportunità di superare un modello produttivo ed organizzativo arcaico
e poco flessibile come quello della catena di montaggio o “manovia”.
La manovia è, infatti, una catena di lavoro e di strutturazione del processo
produttivo, attraverso la quale vengono trasportate, montate e “rifinite” le
7
varie parti che compongono la scarpa. Lungo questa catena sono dislocate
le rigide postazioni degli operai che montano ed operano lavorazioni sul
prodotto in questione (tomaie, suole, tacchi e particolari) durante le varie
fasi di taglio, assemblaggio, levigatura, smerigliatura, lucidatura, finissaggio,
ecc. La manovia rappresenta quindi una modalità lavorativa e produttiva
molto rigida ed alienante, scandita dal ritmo dei rigidi orari dei differenti turni
di lavoro: le catene di montaggio che partono dalla materia prima
semilavorata per arrivare, attraverso numerosi passaggi, al prodotto finito,
rappresentano una modalità di lavoro arcaica ed un modello produttivo che
risulta poco flessibile e scarsamente influenzabile per quanto riguarda gli
aspetti della flessibilità di compiti e mansioni, della qualità produttiva e della
destrutturazione dei ruoli del processo ai fini del miglioramento dello stesso.
l’ipotesi di creare nuovi processi produttivi che permettano il passaggio
reale dalla catena di montaggio all’isola di lavoro.
Ciò consentendo di realizzare forme di flessibilità organizzativa e produttiva
estremamente elevate sia per quanto riguarda l’organizzazione dei tempi e
metodi di lavoro che per le modalità produttive applicate. Nell’isola verrà
conferita maggiore autonomia organizzativa al gruppo di lavoratori;
verranno fissati obiettivi e tempi produttivi specifici; verranno individuate le
modalità di gestione del lavoro ed organizzazione delle mansioni interne
con la struttura dei tempi e metodi delle stesse concordandole in modo
maggiormente libero ed autogestito rispetto alle esigenze personali di
ciascun lavoratore dell’isola. All’interno del modello ad isola, verranno
inoltre valorizzati il ruolo e le competenze di ciascuno ed incentivati
atteggiamenti di responsabilità nel rapportarsi al lavoro, nonché di
trasferimento effettivo di competenze (alcune della quali talmente
specializzate da essere ritenute oggetto di doverosa difesa dal rischio di
perdita totale per il territorio italiano come, ad esempio, la tecnica di orlatura
a mano).
8
L’impegno nel valorizzare i ruoli di specializzazione artigianale.
Dall’analisi realizzata risulta che ancora molte aziende utilizzano la
pratica del lavoro a domicilio con retribuzione a cottimo, soprattutto per
quanto riguarda lo svolgimento di mansioni di tipo artigianale e di cura
dei dettagli (orlatura), capaci in molti casi di fare della produzione della
scarpa un lavoro di alta qualità che si rivela essere un fattore strategico
vincente per la collocazione sul mercato. La necessità di intervenire su
tali modalità produttive, migliorandone aspetti organizzativi e di
processo, è dettata in primo luogo dal bisogno di innovare, senza
disperdere, le preziose professionalità di tipo artigianale acquisite dai
dipendenti, per lo più donne, che operano a domicilio. Inoltre, le aziende
del territorio, sfruttando tali potenzialità già presenti sullo stesso,
saranno in grado di evitare di incorrere parzialmente nella scelta della
delocalizzazione, spostando quindi le proprie produzioni verso la nuova
frontiera dell’Est Europa, soprattutto Albania e Romania o dell’Estremo
Oriente, strada da alcuni già intrapresa.
L’opportunità di introdurre forme di flessibilità, legate soprattutto alla
gestione dell’orario di lavoro ed attraverso la creazione di banche delle
ore aziendali.
La necessità di intervenire sui tempi di lavoro è un’esigenza espressa
soprattutto dalle donne, che costituiscono la metà dei dipendenti delle
aziende del distretto. L’elevata presenza femminile ha dato modo di
marcare più fortemente, durante la fase di ricerca, i bisogni di conciliazione
fra tempi del lavoro e tempi della famiglia. La rigidità degli attuali orari delle
aziende
vincolano,
infatti,
fortemente
i
dipendenti,
limitandone
la
disponibilità alle cure familiari e non sempre sono conciliabili con gli orari
delle strutture di servizio pubbliche, come ad esempio asili o scuole. Le
modalità operative studiate all’interno della ricerca per assecondare i
bisogni di conciliazione fra vita e lavoro in particolar modo delle donne,
riguardano
il
ricorso
a
maggiori
9
forme
di
part-time
o
congedo,
compattamenti e modificazioni dell’orario di lavoro (flessibilità di orari di
inizio, possibile riduzione degli orari della pausa pranzo, con conseguente
anticipo dell’orario di termine della giornata lavorativa).
l’opportunità di trasformare il distretto geografico di fatto esistente in un
distretto operativo strutturato e vero contenitore sperimentale di
innovazioni organizzative e di gestione dei rapporti con il personale
occupato nelle imprese operanti nello stesso.
E’ necessario far confluire le esigenze delle PMI in un’istanza comune e
forte di un vero polo industriale. La condivisione di problematiche e di
possibili soluzioni fra gli attori economici del distretto si inserisce in un
processo di maturazione ed evoluzione aziendale che deve condurre alla
piena consapevolezza dell’importanza dell’unione per concertare politiche
comuni, per possedere una maggiore visibilità e credibilità, per ottenere una
maggiore forza contrattuale e una rilevanza socio-politica. Occorre “fare
massa critica” anche nelle scelte organizzative e di politica economicoproduttiva, oltre che nelle strategie di marketing.
Il limite temporale dell’ attuale ricerca e della raccolta dati e bibliografica
realizzata per implementare la stessa, è collocato fra il gennaio del 2006 ed il
dicembre del 2006 e prevede lo sviluppo e la realizzazione sul campo di diverse
fasi progettuali:
-
Individuazione geografica del campo della ricerca fra i comuni della
Riviera del Brenta inseriti all’interno del Distretto Calzaturiero.
La scelta finale è stata, dopo una fase iniziale di incontri ed approfondimenti
conoscitivi con le parti sociali ed economiche coinvolte nel progetto, limitata fra i
comuni di Stra, Fiesso d’Artico e Fossò.
-
Ideazione e strutturazione di dettaglio degli strumenti metodologici atti ad
analizzare il contesto, i fabbisogni ed a definire in modo più specifico il
10
campo della ricerca (l’intervista a domande aperte rivolta alle direzioni
aziendali, alle istituzioni ed ai sindacati/associazioni di categoria ed un
questionario sottoposto ai lavoratori delle varie aziende strutturato sulla
tecnica della “scala di Likert”).
Il primo e più indicativo strumento di analisi è stata l’intervista aperta ad
amministratori, soggetti economici ed associativi e sindaci dei comuni suddetti,
in particolare il sindaco di Fiesso d’Artico la prof.ssa Daniela Contin ed il
sindaco del comune di Fossò dott. Guido Carraio.
-
Studio di contesto ed analisi del mercato potenziale con valutazione di
dettaglio del contesto territoriale finalizzato a comprendere e tener conto
della tipologia, della natura, della efficacia, utilizzo e degli effettivi costi
dei servizi già esistenti.
In sostanza una raccolta quali-quantitativa dei servizi già presenti nel territorio
acquisendo dati anche da precedenti ricerche realizzate nella zona.
-
Analisi delle eventuali difficoltà legate alla mancanza od inadeguatezza
di alcune tipologie di servizi presenti sul territorio e di cui sia le aziende
che i lavoratori potrebbero usufruire (attraverso interviste dirette condotte
con soggetti economici, parti sociali, soggetti associativi, amministratori
pubblici, ecc.)
In questo caso si è provveduto anche ad elaborare facendo propri della nostra
ricerca gli assunti conclusivi maturati attraverso il lavoro di Unindustria Padova
ne “Il censimento delle aree produttive padovane: aspetti qualitativi e
quantitativi in “Rigenerare le aree produttive. Idee per un’evoluzione sostenibile,
2006”, ed il lavoro realizzato dallo studio A.te.s. nella “ricerca architettura
territoriale strategica” che ha coinvolto i soggetti pubblici e privati sulle scelte
strategiche dell’assetto del territorio (PATI) (con riferimenti in modo preciso al
comune di Fossò).
11
-
Rilevazione di eventuali vantaggi per aziende e lavoratori di fronte alla
realizzazione di una struttura operativa integrata di servizi (sulla base
delle risultanze statistiche dei questionari raccolti);
-
Studio generale di fattibilità dell’intervento, con valutazione degli aspetti
burocratici e logistici, indispensabili a consentire un pieno ed effettivo
start up del multiservice (anche sulla base di acquisizione di materiali
progettuali di una struttura di servizio per l’area industriale di Fossò
operata tramite il Comune stesso);
-
Eventuale individuazione dei soggetti privati/enti pubblici necessari alla
reale costruzione del servizio;
-
Valutazione generale degli effetti che la struttura di multiservice può
apportare in termini di utilità complessiva e di impatto sul territorio, sui
servizi già esistenti e sull’organizzazione delle aziende e dei lavoratori in
esse occupati;
-
Valutazione del reale utilizzo potenziale dei servizi ipotizzati (sulla base
delle risultanze statistiche dei questionari raccolti);
-
Pubblicazione dei risultati generali della rilevazione statistica e della
ricerca nonchè dello studio di fattibilità potenziale e relativa diffusione
presso aziende, amministrazioni pubbliche territoriali, parti sociali,
cittadini e lavoratori occupati nell’area interessata.
La corretta realizzazione cronologica e temporale delle fasi progettuali di ricerca
risulta essere indispensabile non solo per raggiungere le finalità e gli obiettivi
progettuali, ma anche per ottenere risultati qualitativi e quantitativi a favore dei
lavoratori, delle imprese e dell’intero sistema di distretto.
L’identificazione di un’ipotesi d’intervento e la sua messa a punto e
realizzazione sperimentale dovranno risultare in grado di incidere positivamente
sull’organizzazione e l’integrazione dei servizi attualmente impiegati. Questo
processo è necessario per giungere ad un superamento di modalità arcaiche e
poco flessibili del lavoro.
12
Il passaggio organizzativo, che investirà i processi e l’organizzazione dei
servizi, “tamponerà” efficacemente situazioni di crisi ed assicurerà una
maggiore tenuta competitiva del distretto a fronte dell’ascesa di nuovi e ben
organizzati produttori all’interno della Comunità Economica Europea (Spagna),
asiatici ed in generale extraeuropei, forti soprattutto di dinamiche di costo del
lavoro ben diverse dalla nostra.
La diretta partecipazione dei soggetti che operano nella realtà distrettuale
durante la messa a punto dei percorsi di riorganizzazione del lavoro, consentirà
poi di rendere di sicura efficacia l’applicazione potenziale di nuovi modelli
produttivi su vasta scala all’interno della realtà economica del distretto
calzaturiero.
L’indagine, inoltre, deve tenere conto di una serie di fattori discriminanti ed
indicativi ai fini della sua efficacia ed utilità finale :
1. quali sono i servizi che vanno ad integrarsi ed a confluire nel multiservice;
2. come deve essere strutturato il multiservice;
3. quale deve essere il collegamento fra la struttura di servizio e le aziende
del distretto-area produttiva servita dalla struttura stessa;
4. come devono essere organizzati i servizi in termini di orario e di modalità
di erogazione per rispondere alle esigenze evidenziate dalle aziende e
dai lavoratori del distretto;
5. quali sono i costi massimi raggiungibili da questi servizi;
6. come deve essere realizzato un piano di simulazione dei costi dell’attività
che garantisca coperture economiche del servizio e redditività dello
stesso per gli esercenti delle varie tipologie di attività;
7. come devono essere ripartiti i costi di realizzazione del servizio fra diretti
investimenti aziendali, eventuali contributi pubblici e partecipazioni di enti
territoriali pubblici e privati;
13
8. quali sono i vantaggi socio-economici per il distretto ed il territorio nel suo
complesso;
9. quali possono essere le possibili forme di integrazioni efficaci con i
servizi già esistenti;
10. quali nuove dimensioni occupazionali la struttura andrà a creare;
11. in che modo la struttura può costituire una “buona prassi” replicabile per
altri territori comunali, provinciali, regionali e nazionali organizzati come
distretti o meno.
Il progetto viene presentato, sostenuto e reso possibile da A.C.Ri.B.
(Associazione Calzaturifici Riviera del Brenta), associazione di categoria nata
nel 1961 che offre servizi ed attiva iniziative a favore della filiera calzaturiera
che, a sua volta, si serve della collaborazione di società di ricerca, di
progettazione, di analisi dei sistemi produttivi e dei fabbisogni aziendali.
Collaborano, inoltre, l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese “Città della
Riviera del Brenta”, l’UPA di Padova e la CNA di Rovigo.
Un deciso contributo allo sviluppo delle azioni progettuali ed alla diffusione degli
obiettivi dello stesso viene offerto anche dal Politecnico Calzaturiero Scarl, ente
formativo per la crescita e lo sviluppo delle competenze dei lavoratori del
settore, di cui A.C.Ri.B. fa parte attivamente, e dalle Associazioni sindacali
settoriali presenti nel territorio provinciale.
Inoltre un ruolo di fondamentale partecipazione e concretezza ha assunto la
collaborazione continuativa e diretta con il Comune di Fossò e con tutti gli
amministratori dello stesso dal sindaco, al vice sindaco, e tecnici e personale
vario che a più riprese hanno contribuito alla realizzazione della rilevazione
oggetto della ricerca.
14
2 – CHE COSA E’ UN MULTISERVICE ? – LE SFIDE DELLA
GLOBALIZZAZIONE
Per dare una definizione tecnica di “multiservice”, è stata condotta una
consultazione accurata sia a livello bibliografico che a livello multimediale, ma
tale ricerca non porta ad alcun risultato specifico sulla stretta definizione
lessicale del concetto di multiservice all’interno di una area artigianale,
produttiva o distretto industriale.
Tale concetto, completamente nuovo dal punto di vista organizzativo ed
operativo, è anche sintatticamente nuovo oltre che come strumento veicolante
innovazioni di servizio per un contesto produttivo.
Le uniche imprese multiservizio di cui si parla in Italia sono le multiutility, cioè
imprese che offrono contemporaneamente più servizi di pubblica utilità come
acqua, gas, elettricità e telefonia, e che coincidono spesso con le ex-imprese
municipalizzate. Tali imprese sono nate dai processi di liberalizzazione e
privatizzazione che negli ultimi anni sono stati avviati nei servizi di pubblica
utilità e che tradizionalmente erano gestiti in regime di monopolio;
l’affermazione delle “multiutility” ha evidenziato la gestione dei servizi pubblici
tramite criteri imprenditoriali, migliorandone così l’efficienza e il risultato
economico finale. La vera strategia “multiutility” cerca di sfruttare in qualche
modo l’integrazione fra i servizi a diversi livelli. Il livello più basso del settore
riguarda l’integrazione dei servizi generali di amministrazione ed è simile a ciò
che si può verificare in qualunque impresa multiprodotto.
Un tipo di integrazione molto più significativo è invece relativo all’integrazione
dei servizi forniti dall’impresa, e in questo caso si potrebbe avere integrazione
nelle funzioni di vendita e più in generale di servizio al cliente. Un’ integrazione
ancora più impegnativa, potrebbe riguardare, infine, la gestione delle reti:
diversi servizi possono essere resi attraverso la stessa rete (ad esempio,
telefonia e trasmissione di dati relativi alla misurazione del consumo di prodotti
15
energetici), oppure diverse reti possono operare in sinergia (come la
convergenza tra elettricità e telecomunicazioni e tra reti di trasporto e
telecomunicazioni). Dunque, a seconda delle opportunità tecnologiche, è
possibile avere una sola rete per servizi anche significativamente differenti,
oppure reti differenti la cui gestione congiunta risulta funzionale ad un dato
servizio. Quindi, una multiutility è un’impresa che produce beni e servizi di vario
genere, in parte o del tutto appartenenti ai servizi di pubblica utilità.
Questa premessa risulta utile per cercare di definire correttamente, nel
significato letterale ed in quello più propriamente operativo, il concetto di
multiservice.
Un
“centro
servizi”
situato
all’interno
di
un’area
industriale-artigianale
rappresenta un trait d’union fra i tempi di vita ed i tempi di lavoro. Infatti
multiutility e multiservice riassumono entrambi valori imprenditoriali di efficienza
ed efficacia economica; tuttavia, il concetto di multiservice si arricchisce
ulteriormente di un aspetto sociale e socializzante che ne sottolinea la
“ricchezza” potenziale di significati ed opportunità rispetto alla multiutility.
Si pensi, per fare un esempio banale, all’inserimento di un servizio mensa
strutturato e supportato da un servizio di ristorazione e bar, all’interno del centro
servizi: esso risponde ad un bisogno imprenditoriale e lavorativo di
ottimizzazione dei tempi di lavoro e dei tempi di vita, dal momento che tale
servizio può ridurre significativamente i tempi della pausa pranzo e
conseguentemente anche quelli di permanenza nell’area di lavoro. Esso può
inoltre decongestionare il traffico nelle ore di pausa pranzo inducendo diversi
lavoratori alla permanenza in area lavorativa per il periodo di pausa e
contribuendo così allo scardinamento di alcuni stereotipi comportamentali tipici
del territorio quali l’onere per la donna lavoratrice di rientrare per tempo a casa
per la pausa pranzo al fine di preparare il desco ai familiari, ecc. ecc.
Rispetto alla multiutility, il multiservice non produce beni e servizi, ma li
aggrega, creando una rete di interconnessioni che innescano una specie di
reazione a catena.
16
Offerta di servizi in rete in una logica operativa di rete
L’offerta di servizi aggregati in un multiservice contribuisce allo sviluppo di una
scala ascendente con i seguenti processi di causa-effetto:
EFFICIENZA UMANA,
RELAZIONALE E
CREATIVA
MOTIVAZIONE SODDISFAZIONE
CONCILIAZIONE
FLESSIBILITA’
EFFICIENZA
PRODUTTIVA
Questa innovazione di processo (costituita dall’introduzione di sistemi aggregati
di servizi in aree produttive ove essi non erano preesistenti) si pone su una
scala in ascesa; l’efficienza raggiunta dopo le diverse fasi del percorso è
un’efficienza intesa non solo come puro concetto astratto (l’efficienza in sé), ma
è un’efficienza arricchita di aspetti umani, relazionali e creativi.
La nascita di questa nuova entità operativa è resa possibile anche da un
ulteriore e non trascurabile aspetto: la collocazione. Il multiservice, infatti,
collocato all’interno di un distretto artigianale-industriale, ne assorbe i valori che
lo contraddistinguono: ambiente, storia, costumi, modelli di consumo, usi e
consuetudini dei cittadini-lavoratori che si serviranno di esso, tipologie
17
produttive prevalenti nell’area, movimenti culturali che caratterizzano i prodotti, i
soggetti e conseguentemente anche il centro servizi.
Si può così cercare di dare una definizione di multiservice come di una struttura
operativa integrata di servizi in outsoucing e territorialmente centralizzata che
realizza una offerta di servizi in rete in una logica operativa di rete.
In particolare, il multiservice deve essere strategicamente funzionale al distretto
produttivo, nel senso che deve essere fruibile, economicamente conveniente e
vantaggioso per i suoi beneficiari diretti che sono sia le aziende che soprattutto i
loro lavoratori.
Rappresentando un punto di riferimento per servizi costanti, esso deve:
supplire ad eventuali carenze in termini di servizi offerti-presenti sul
territorio
affiancare ed arricchire le offerte e le proposte già presenti nell’ambito di
riferimento, andando a strutturarle in modo che rispondano a bisogni
tradizionali oppure a fabbisogni nuovi precedentemente inespressi od
ignorati
realizzare nuovi servizi anche sulla base di nuovi modelli socio-culturali
di vita e consumo
Il progetto prevede il raggiungimento di risultati diretti:
comporre un modello operativo chiaro ed implementabile di multiservice
che consenta all’intero distretto di valorizzarne la realizzazione come
buona prassi operativa e all’area artigianale-industriale di Fossò di
ottimizzare le proprie potenzialità organizzative ed in seconda battuta
produttive.
Soprattutto si tratta di arrivare al superamento di un approccio culturale
ormai desueto delle dinamiche di produzione, per giungere invece a
18
comprendere appieno i benefici legati all’adozione di politiche di flessibilità
applicate al mondo del lavoro ed all’organizzazione della realtà industriale.
Il maggiore risultato di una nuova maturità imprenditoriale raggiunta sarà
intanto certamente l’impegno, da parte delle aziende del distretto, ed in
particolare dell’area artigianale-industriale di Fossò, a sostenere la struttura
di multiservice anche attraverso l’investimento di proprie risorse, non solo
quindi attraverso il ricorso al finanziamento pubblico (magari ricorrendo ad
integrazioni con finanziamenti per le azioni positive, previsti dalle legge
53/2000, art. 9 – lettere a, b, c, d, - vedi Allegati alla relazione B e C)
realizzare la progettazione e l’ideazione di un centro servizi. Attraverso
tale azione si intendono raccogliere, strutturare ed accrescere le
potenzialità latenti presenti nel contesto del distretto produttivo,
caratterizzato da una forte destrutturazione fra le richieste socioeconomiche e le risposte fornite soprattutto in termini di fornitura e
fruibilità dei servizi. A seguito della composizione del quadro d’intervento,
si intende giungere a creare un nuovo modello di servizi, di cui saranno
valutate le possibilità di interagire con i processi industriali attraverso
l’indispensabile realizzazione di alcune importanti fasi progettuali,
collegate in sequenza logica:
1. creazione di un modello di nuova organizzazione di servizi,
2. sperimentazione in aziende del territorio ed a favore di lavoratori
occupati in esse, dell’efficacia e dell’applicabilità del modello,
3. individuazione di indicatori di performance e risultato ( anche di
natura contabile e gestionale B.E.P. della struttura R.O.I. della
gestione della stessa, ecc.),
4. realizzazione della “idea/struttura” di multiservice che si comporrà
a titolo esemplificativo di servizi di ristorazione, cura dei bambini e
assistenza agli anziani o disabili, disbrigo di piccole pratiche
burocratico-amministrative
19
e
prenotazione
visite
mediche,
biglietteria per servizi, spettacoli, ecc. e spesa con consegna al
domicilio/lavoro.
Gli indicatori di performance e risultato, attraverso cui sarà possibile valutare
direttamente sul campo i risultati attesi dall’iniziativa progettuale, sono stati
individuati tenendo conto del modo in cui il miglioramento del processo
organizzativo dei servizi viene percepito dalle aziende e dai dipendenti in
termini di flessibilità e di conciliazione vita-lavoro, e tenendo conto del modo
in cui esso incide sui livelli di produttività aziendale, sul clima aziendale, sui
livelli di vita e di motivazione al lavoro dei dipendenti e sulla capacità delle
aziende di ottenere flessibilità produttiva ed indirettamente migliori risultati
sui mercati.
L’iniziativa proposta, che intende realizzare una attenta ed accurata ricerca ed
analisi delle peculiarità logistiche e strutturali del Distretto calzaturiero per
giungere alla progettazione generale di una ipotesi di struttura multiservice,
prevede anche dei risultati indiretti:
il superamento di modelli culturali rigidi di approccio al lavoro fortemente
radicati nel territorio come gli orari fissi, i tempi di lavoro prestabiliti, uno
scarso livello di autogestione dei processi produttivi, una forte
concatenazione delle mansioni operative e un approccio di tipo
artigianale per processi produttivi industriali;
il miglioramento e il rafforzamento della rete dei servizi territoriali a
disposizione di aziende e dipendenti;
l’acquisizione di nuove conoscenze e competenze tali da rendere
ripetibile l’esperienza in altre realtà produttive od aree geograficoproduttive della regione;
raccolta quali-quantitativa di bisogni che possa fungere da base di
partenza per una reale strutturazione da parte di diversi esercenti delle
attività di servizio ipotizzate nel multiservice;
20
(solo tale fase operativa può concretamente fungere da supporto pratico
per chi voglia valutare il reale potenziale ritorno economico relativo
all’inserimento di alcune attività imprenditoriali nuove all’interno di un
progetto di nuovo centro di servizi per l’area artigianale ed industriale del
Comune di Fossò).
Negli ultimi anni il Distretto Calzaturiero della Riviera del Brenta, di fronte alle
difficoltà ed alle oscillazioni del mercato internazionale, se ha sofferto per la
concorrenza dei mercati emergenti ha, comunque, dimostrato una tenuta di
fondo determinata dalla forza della propria tradizione produttiva, da un’alta
coesione nei modelli e pratiche di coesione sociale, e dall’altissima qualità dei
prodotti realizzati. Le aziende del distretto produttivo stanno cercando di vincere
le nuove sfide dettate dalla competizione internazionale puntando su:
-
l’incremento della capacità di rapido adeguamento ai mutamenti della
domanda;
-
il rafforzamento della buona strutturazione in filiere di aziende anche di
modeste dimensioni altamente specializzate su singoli processi lavorativi;
-
l’introduzione di processi di lavoro nuovi e realmente flessibili;
-
la valorizzazione dei ruoli di specializzazione artigianale della propria
forza lavoro;
-
la creazione di nuove prassi conciliative nell’organizzazione del lavoro,
che portino ad aziende ed ambienti produttivi più vivibili;
-
la scelta di riposizionare le produzione su un più alto valore aggiunto
delle stesse.
La sfida della globalizzazione si giocherà, innanzitutto, in termini di
competitività.
La competitività distrettuale delle imprese in termini assoluti è mutata nel corso
degli anni e può essere rappresentata oggi attraverso una piramide evolutiva
dei valori:
21
ANNI 2000
Competitività di innovazione, internazionalizzazione, produzioni di più
alto valore aggiunto, flessibilità e conciliazione tempi di vita e di lavoro,
ancoraggio ai valori del territorio e del Made in Italy, socialità ed eticità
dei comportamenti
ANNI 1990
Competitività
di prodotto –
flessibilità
produttiva
ANNI 1980
Competitività di efficienza
e velocità del processo
produttivo – just in time
ANNI 1960-1970
Competitività del costo del lavoro e nella
produttività
In pratica si è passati da un modello competitivo centrato sull’efficienza interna
del processo produttivo e del prodotto finale ad un modello market-oriented, che
22
ha consentito di acquisire più forza nell’operare sul mercato, inteso non solo
come “città del produrre”, ma anche come “città del vivere”.
I quattro elementi strategici di successo di un’impresa si sono evoluti sino a
divenire oggi:
1. L’alta qualità dei prodotti o servizi realizzati ( percepita dal cliente finale )
2. I bassi prezzi dei prodotti o servizi (perseguiti attraverso un forte
contenimento dei costi di produzione ed in modo particolare del costo del
fattore produttivo manodopera).
3. la flessibilità produttiva
4. I tempi di consegna ridotti
Quindi, nel nuovo scenario globale, i luoghi produttivi e con essi i distretti
devono incorporare il mercato economico e dei servizi territoriali nella
“fabbrica”, per meglio soddisfare le esigenze dei clienti, dei lavoratori e delle
imprese stesse, a beneficio non solo della produttività ma anche del clima
aziendale.
La globalizzazione è una potente spinta verso l’alto della piramide della
competitività distrettuale attraverso le sue esigenze di investimento in “capitale
umano” e in “capitale relazionale”. Nella competizione globale, lo sviluppo
produttivo non avviene solo attraverso il “capitale sociale”, ma anche e
soprattutto attraverso il “capitale creativo”1, che richiede contesti sociali aperti e
predisposti a cambiamenti radicali; la creatività del design e della progettazione
predilige relazioni e legami propri dei centri urbani, culturalmente più aperti,
rispetto a quelli dei distretti più chiusi, perché distanti culturalmente dalle aree
metropolitane. Oltre che attraverso la competitività, la sfida dei distretti si
giocherà nell’avvicinare questa distanza per fare dei distretti industriali i luoghi
elettivi della creatività.
1
Marco Bettiol e Stefano Micelli (a cura di), Design e creatività nel Made in Italy, Mondadori, Milano,
2005
23
L’evoluzione della “città del vivere” e della “città del produrre” può essere così
rappresentata:
CITTA’ DEL
VIVERE
CITTA’ DEL
VIVERE
CITTA’ DEL
PRODURRE
M
U
L
T
I
S
E
R
V
I
C
E
24
CITTA’ DEL
PRODURRE
3 – LA SCELTA DELL’AREA PRODUTTIVA DI FOSSO’ COME
SEDE LOGISTICA DEL MULTISERVICE
Come abbiamo già detto, il limite spaziale della ricerca è stato individuato nelle
aziende dell’area calzaturiera del Brenta, fra le province di Padova e Venezia,
in particolare all’interno della zona industriale-artigianale di Fossò, in provincia
di Venezia, ma al confine con la provincia di Padova.
Si è giunti a tale definizione di dettaglio dell’area della ricerca dopo un capillare
lavoro di ricognizione sul campo che ha visto analizzati vari elementi generali di
contesto che hanno portato lo staff progettuale alla scelta del comune di Fossò.
In effetti il primo e più indicativo strumento di analisi è stata l’intervista aperta ad
amministratori, soggetti economici ed associativi e sindaci dei comuni suddetti,
in particolare il sindaco di Fiesso d’Artico la proff.sa Daniela Contin ed il sindaco
del comune di Fossò dott. Guido Carraro.
Fra questi due territori comunali, nei quali si è concretamente avviata l’indagine,
e nelle rispettive aree produttive artigianali ed industriali, si è al fine delimitata la
scelta del campo di lavoro progettuale .
In modo specifico la scelta è caduta su Fossò poiché ad una attenta analisi
condotta con il sindaco del comune di Fiesso d’Artico è emerso che il territorio
comunale non presenta allo stato attuale le sensibilità logistiche, le opportunità
geografiche e le necessità di realizzazione di una rilevazione di questo tipo
poiché i servizi già esistenti per imprese e lavoratori occupati nelle stesse
sembrano essere sufficientemente finalizzati sulla reale domanda proveniente
dagli stessi. Inoltre nell’area artigianale del comune una grossa impresa privata
facente capo ad un importantissimo gruppo mondiale del settore ha in progetto
di realizzare nel corso del biennio 2007-08 una realtà direzionale-commerciale,
accessoria ad un nuovo insediamento produttivo, che potrebbe sulla carta
realizzare alcune delle attività e tipologie di servizio ipotizzate dalla multiservice.
Nel 2002 i Comuni di Dolo e di Fiesso d’Artico hanno costituito con le modalità
di cui all’art. 32 del Testo Unico Enti Locali, approvato con D.Lgs. 267/2000,
25
l’Unione dei Comuni “Città della Riviera del Brenta”; il 28/02/2003 è stato
sottoscritto il relativo contratto di servizio, con cui si è trasferita la funzione ed il
Servizio Attività Produttive, con delibera del Consiglio di Amministrazione n.6.
Dall’ 01/01/2006, anche il Comune di Fossò ha aderito a tale Ente
“Sovracomunale”, mediante l’approvazione del contratto di servizio con delibera
del Consiglio di Amministrazione n.85 del 29/12/2005.
L’Amministrazione comunale di Fossò ha utilizzato il Servizio Attività Produttive
unico dell’Ente Sovracomunale per predisporre uno studio atto a verificare la
possibilità di ampliare il parametro numerico per il rilascio di autorizzazioni
amministrative di pubblico esercizio, in considerazione dell’aumento della
popolazione residente ma anche e soprattutto in virtù dello sviluppo sostenibile
indicato nella stesura del Piano di Assetto Territoriale Intercomunale (PATI), in
base alla LR 11/2004, mirando ad una programmazione che tenga conto di
precise scelte geografiche e di qualità, tali da non pregiudicare l’attuale rete
distributiva comunale ed evitare il ricorso ad aperture indiscriminate che sono
quasi sempre di origine speculativa e che non rendono un maggior servizio al
consumatore.
Uno degli obiettivi del Patto Territoriale è lo sviluppo di iniziative economiche ed
imprenditoriali in grado di garantire una forte e concreta riqualificazione del
tessuto produttivo esistente; tenuto conto dell’appartenenza al Distretto
Calzaturiero, nella territorialità di Fossò si vuole consolidare una dimensione
residenziale ed economica distrettuale.
Ai sensi del DPR 554/99 e della LR 27/2003, l’Amministrazione Comunale ha
predisposto quindi una relazione programmatica di fattibilità di un’opera
pubblica relativa ad un “Centro Servizi presso l’area industriale di Fossò”,
ubicata a nord del territorio al confine con il Comune di Stra.
Indubbiamente tale scelta strategica, ad un elevato livello di stato di
avanzamento progettuale già raggiunto, ha fortemente condizionato e
consigliato la scelta dell’area comunale di Fossò ed in particolare dell’area
26
artigianale ed industriale del Comune stesso come campo geografico della
nostra ricerca progettuale.
4 – LE METODOLOGIE E GLI STRUMENTI UTILIZZATI
La metodologia ha assunto un ruolo intermedio tra la teoria e le tecniche di
ricerca sociale, in quanto ha a che fare con l’ambito puramente applicativo delle
tecniche utilizzabili. Storicamente la metodologia riconosce due filoni: quello
quantitativo e quello qualitativo, volti ad analizzare rispettivamente i “numeri” dei
dati raccolti e le “caratteristiche” che da questi possono emergere. Tuttavia, il
dibattito metodologico moderno supera tali distinzioni accademiche con la piena
integrazione dei due approcci nell’ambito di una stessa ricerca sociale, come
avviene, per fare un esempio concreto, per la suddetta indagine. Infatti, la
strutturazione degli strumenti metodologici atti ad analizzare i fabbisogni e a
definire il campo della ricerca prevede l’integrazione dei due approcci: da un
lato,
•
l’intervista a domande aperte rivolta alle direzioni aziendali, alle
istituzioni ed ai sindacati/associazioni di categoria (analisi
qualitativa) e
•
dall’altro un questionario sottoposto ai lavoratori delle varie
aziende strutturato sulla tecnica della “scala di Likert” (analisi
quantitativa).
Il questionario sottoposto ai lavoratori rappresenta la parte dell’indagine di tipo
quantitativo che deve inoltre, in virtù di questa sua esplicita natura, porter ben
supportare le conclusioni, di tipo eminentemente economico, che tale ricerca ha
l’ambizione di raggiungere.
Per fare un esempio concreto, dal numero di lavoratori effettivamente disposti a
rimanere a pranzo presso una struttura di ristorazione mensa-bar attrezzata
27
presso il nascente Centro Servizi si evincerà la potenziale reale copertura
economica relativa alla creazione di tale tipologia di attività (per esempio il
livello minimo di break even point di tali strutture è normalmente fissato in
450/500 pasti giornalieri consumati, od eventualmente prodotti per conto terzi,
presso di essa).
A tal riguardo, ci sembra di poter dire che il campione analizzato rappresenti un
campione attendibile, in quanto i questionari strutturati sono stati compilati da
470 lavoratori che, anche se non rappresentano l’universo completo della
popolazione attiva della zona artigianale-industriale di Fossò, è tuttavia una
parte rilevante di essa (circa il 65%, il dato non è assolutamente definibile ed
accertabile con gli strumenti e le informazioni a noi messe a disposizione).
Inoltre, tale questionario, è ben rappresentativo poiché ci mostra uno spaccato
eterogeneo delle opinioni espresse, in quanto gli intervistati sono uomini e
donne di età anagrafica diversa, appartenenti a diverse realtà aziendali, nelle
quali esercitano funzioni diverse.
L’intervista rivolta, invece, alle direzioni aziendali, alle istituzioni ed alle parti
sociali si colloca più prettamente sul versante della qualità, in quanto si rivolge
ad un numero limitato di individui, che ricoprono ruoli dirigenziali, sociali ed
istituzionali.
Tendenzialmente, la parte quantitativa dell’indagine è sorretta da strumenti
strutturati (questionari a domande chiuse), volti ad ottenere dati codificabili e
standardizzabili, trattabili tramite calcolatore, che nel nostro caso è il database
relazionale di Access; invece, la parte qualitativa dell’indagine si colloca su un
versante che impiega tecniche differenti rispetto a quelle quantitative: dalle
interviste a domande aperte all’ analisi dei contenuti.
Come già anticipato, il questionario somministrato ai lavoratori è stato
strutturato sulla tecnica della “scala Likert”, dal nome dello psicologo americano
che la propose. Questa tecnica prevede che un’affermazione, semanticamente
collegata al concetto generale che interessa, sia sottoposta agli interrogati
insieme con cinque risposte alternative: nullo / scarso / medio / alto / altissimo
28
(oppure
molto
sfavorevole,
sfavorevole,
indifferente,
favorevole,
molto
favorevole). Come nel nostro caso, le scale Likert vengono generalmente
sottoposte agli intervistati non isolatamente ma in lunghe batterie. Nella pratica
della ricerca sociologica e politologica, le dimensioni medie delle batterie sono
di 10-20 domande, cui si dà una presentazione grafica compatta, in forma di
tabella, che le fa sembrare una domanda sola.2 Le batterie Likert sono
strumenti estremamente diffusi perché consentono di ottenere velocemente
notevoli quantitativi di informazioni sintetiche su argomenti complessi afferenti
lo stesso concetto o sistemi concettuali connessi fra loro.
Le Likert fanno parte della cosiddetta famiglia delle “scale ordinali”, le quali
consentono cioè di ordinare gerarchicamente opinioni, atteggiamenti o valori.
Alle cinque posizioni lungo la scala si assegnano nell’ordine le etichette
1,2,3,4,5 che corrispondono rispettivamente alle alternative nullo, scarso,
medio, alto, altissimo.
Diversi sono i problemi legati alle Likert 3:
la scelta delle espressioni lessicali utilizzate nella scala è molto
importante ed è oggetto di molte discussioni: mentre sono chiari gli
estremi del continuum, non sono per nulla chiari i gradi intermedi ed è
molto ampia la fascia di possibili collocazioni in termini di linguaggio e
percezione comune;
la costruzione delle frasi-indicatore deve essere curata per
-
evitare frasi strutturalmente complesse con più di un oggetto e frasi
molto polarizzate sugli estremi o poco impegnative
-
dare una buona cognizione degli argomenti trattati, evitando così che
intervistati troppo competenti polemizzino sull’eccessiva genericità delle
proposte.
2
3
Alberto Marradi, Concetti e metodo per la ricerca sociale, La Giuntina, Firenze, 1980, pag. 62-64
Claudio Bezzi e Mauro Palombo, Questionario e dintorni, Arnaud-Gramma, Firenze, 1995, pag. 89-94
29
Il questionario dei lavoratori è stato strutturato come segue:
Giudizio:
Argomento /categoria di
NULLO
riflessione:
1-UN SERVIZIO PER LA PICCOLA
GESTIONE AMMINISTRATIVA
PER:
a)pagamento di fatture-bollette
b)disbrigo di pratiche burocratiche
c)consulenza legale di primo livello
2-UN SERVIZIO MENSA
RISTORAZIONE PER L’AREA
PRODUTTIVA con conseguente
riduzione della pausa pranzo
3-UNA STRUTTURA DI SERVIZIO
PER FAMILIARI A DOMICILIO
(anziani, disabili,ecc)
a)brevi interventi di cura
b)disbrigo di lavori
c)incombenze domestiche (spesa )
4-UN SERVIZIO PER LA
REALIZZAZIONE DI LAVORI
DOMICILIARI O SVOLGIMENTO
COMMISSIONI
5-UN SERVIZIO PER LA
PRENOTAZIONE E CONSEGNA
DELLA SPESA A DOMICILIO O
SUL LAVORO
6-UN SERVIZIO DI
BIGLIETTERIA/PRENOTAZIONI
PER SPETTACOLI, SERVIZI,
30
SCARSO
MEDIO
ALTO
ALTISSIMO
TRASPORTI, ECC
7-UN SERVIZIO DI BABY CARING
cioè un servizio di custodia/cura per
bambini fino a 8-10 anni per 1 o 2
ore dopo l’orario scolastico
8-UN SERVIZIO PER RICHIEDERE
E PRENOTARE
VISITE/PRESTAZIONI MEDICHE
9-UN SERVIZIO FITNESS (palestra,
convenzione con piscina
comunale…)
10-UNO SPORTELLO BANCARIO
O UN PUNTO BANCOMAT
11-UN SERVIZIO DI CAR
SHARING, cioè di auto condivise per
raggiungere i luoghi di lavoro
12-UN SERVIZIO DI
CURA/ASSISTENZA BAMBINI PER
IL PERIODO ESTIVO
Diversamente da tale strumento, l’intervista a domande aperte non prevede
risposte preconfezionate da parte del ricercatore. Sono quindi meno
standardizzate, danno più spazio alla soggettività dell’intervistato e lasciano
quindi maggiore libertà di scelta per quanto riguarda la forma, il contenuto e la
lunghezza della risposta. A prima vista, le domande aperte sembrano
presentare notevoli vantaggi; in realtà, la codifica di una domanda aperta
rimane sempre un problema, al quale si supplisce con l’analisi del contenuto.
La codifica delle risposte alle domande aperte si presta inoltre, ovviamente, ad
assai più rischiosi processi di interpretazione soggettiva da parte del ricercatore
relativamente ai contenuti delle risposte fornite dagli intervistati.
31
Le domande aperte dell’intervista sono le seguenti:
1. Come giudica la creazione di una struttura operativa integrata di servizi
(multiservice) che sia di supporto ed aiuto ai lavoratori delle imprese
situate nell’area industriale di Fossò e che risponda alle loro specifiche
richieste o che affianchi ed arricchisca le offerte e le proposte di servizi
già presenti sul territorio (utile/non utile, perché)?
2. Quali sono i servizi attualmente offerti dal territorio limitrofo all’area
industriale di Fossò e i relativi punti di forza e/o carenze per tipologia di
servizio?
3. Quali sono a suo parere i servizi maggiormente utili fra quelli enunciati
(un centro per la piccola gestione amministrativa, un servizio
mensa/ristorazione per la vostra area produttiva, una struttura di servizio
per i familiari a domicilio, anziani, disabili, malati o infortunati, un servizio
centralizzato per la realizzazione di lavori domiciliari o commissioni,
prenotazione e consegna della spesa a domicilio, un servizio
centralizzato con la funzione di biglietteria, un servizio di custodia/cura
post orario scolastico per i bambini fino a 8-10 anni per non più di 1 o 2
ore presso l’area industriale, un servizio centralizzato per richiedere e
prenotare visite mediche specialistiche, un servizio fitness con palestra o
convenzione con una piscina nelle strette vicinanze del luogo di lavoro,
uno sportello bancario o un punto bancomat, un servizio di auto
condivise per raggiungere Padova e viceversa, un servizio di cura
assistenza bambini per il periodo estivo) per migliorare o contribuire a
rendere più efficace il funzionamento delle imprese, per aumentare la
soddisfazione dei lavoratori e quindi migliorare la qualità del lavoro?
4. Quali servizi ritiene sarebbe utile attivare (al di fuori dell’azienda) per
migliorare il rapporto dipendenti/impresa ed aumentare la conciliazione
dei loro tempi di vita e di lavoro e quindi la loro motivazione al lavoro?
5. Altri suggerimenti e considerazioni
32
L’intervista a domande aperte presenta alcune leggere varianti a seconda dei
referenti cui è rivolta; ad esempio alle direzioni aziendali si chiede il numero
totale di dipendenti, suddivisi tra pendolari e residenti, tra uomini e donne e
collaboratori extra-comunitari od in generale stranieri.
Alle parti sociali sindacali ed associative si chiede di integrare alcune risposte
con giudizi sinergici con le posizioni e le azioni concrete realizzate dalle parti
sociali stesse in relazione a tali temi.
Agli addetti ad istituzioni pubbliche si chiede invece di integrare alcune risposte
con una maggiore evidenziazione dei servizi ed attività presenti già sul territorio
comunale ma probabilmente non completamente percepibili dai cittadini e dai
lavoratori occupati nell’area artigianale-industriale.
33
5 – IL TERRITORIO:
DALLA
RIQUALIFICAZIONE
DELL’AREA
PRODUTTIVA ALLA RESPONSABILITA’ SOCIALE DELLE IMPRESE
Nel 2003 la Regione Veneto ha disciplinato con la Legge Regionale n.8 i
provvedimenti a favore dei distretti industriali4, stabilendo i criteri per gli
interventi di politica industriale locale. Per usufruire dei contributi previsti, le
imprese e le istituzioni (Comuni, Province, Regione e Consulta regionale dei
distretti) hanno elaborato un Patto per lo sviluppo del distretto. Il bando prevede
la possibilità di finanziare molteplici azioni, offrendo ai singoli distretti la
possibilità di progettare gli interventi più vicini alle proprie esigenze. Le politiche
per i distretti del Veneto vogliono rimettere in moto lo sviluppo dei dipartimenti
attraverso la crescita dimensionale delle imprese e l’innovazione tecnologica,
organizzativa e territoriale.
L’area produttiva oggetto d’indagine è l’area industriale-artigianale di Fossò, in
provincia di Venezia, ma al confine con la provincia di Padova.
Accanto al progetto operativo di creare un centro servizi che consenta all’intero
distretto di valorizzare ed ottimizzare le proprie potenzialità organizzative e di
conseguenza produttive, emerge un’idea più nascosta di costruire uno spazio
per l’innovazione, o meglio innovare gli spazi destinati a insediamenti produttivi,
rigenerando aree che rappresentano il contesto e l’ambiente ideale per tale
4
Definizione ISTAT (2005) di distretto industriale come “entità socio-territoriali in cui una comunità di
persone e una popolazione di imprese industriali si integrano reciprocamente. Le imprese del distretto
appartengono prevalentemente a uno stesso settore industriale, che ne costituisce quindi l’industria
principale. Ciascuna impresa è specializzata in prodotti, parti di prodotto o fasi del processo di produzione
tipico del distretto. Le imprese del distretto si caratterizzano per essere numerose e di modesta
dimensione. Ciò non significa che non vi possano essere anche imprese abbastanza grandi; tuttavia la loro
crescita “fuori scala” può causare una modifica della struttura canonica del distretto.”
La legge finanziaria 2006, ai commi 366-372 ha definito i distretti industriali come “libere associazioni di
imprese”, irrompendo con forza negli schemi istituzionali delle politiche industriali con novità sostanziali
come la tassazione unitaria del distretto, garanzie e procedure più semplici per finanziare progetti di
filiera, sburocratizzazione e sostegni mirati per l’attività di ricerca.
Gianfranco Viesti, infine, in Come nascono i distretti industriali, definisce il distretto come un “cluster”,
cioè come un insieme, geograficamente prossimo ed economicamente interconnesso, di imprese e
istituzioni.
34
sviluppo. Si tratta di definire, attraverso lo strumento urbanistico, politiche che
portino alla realizzazione di edifici ed all’offerta di spazi per le imprese e i suoi
lavoratori al fine di realizzare una crescita basata sulla qualità della produzione
e sulla sua innovatività: una struttura integrata di servizi diventa l’elemento
trainante nella definizione di un’area produttiva e diventa l’elemento di base per
far crescere collettivamente il sistema produttivo. Possiamo affermare che è la
città stessa che irrompe all’interno dell’area produttiva; tra la “città del vivere” e
la “città del produrre”, elementi di congiunzione diventano i servizi comuni, il
verde circostante e i grandi sistemi di comunicazione.
La qualificazione-riqualificazione di qualunque area produttiva deve passare
attraverso la creazione nell’area stessa di luoghi deputati allo scambio e
all’incontro di idee e relazioni fra gli attori che operano al suo interno. Un nuovo
modello di sviluppo industriale e territoriale deve tenere conto non solo della
sostenibilità ambientale ma anche delle esigenze dei suoi attori-lavoratori e
delle aziende stesse per arrivare al miglioramento del clima aziendale,
giungendo a comprendere pienamente i benefici legati all’adozione di politiche
di flessibilità e di maggiore attenzione concreta alle risorse umane.
Da una prima analisi dei questionari oggetto di studio emerge con insistenza un
aspetto aggregante e socializzante del quale si avverte l’esigenza se si pensa
alla mensa, al bar come punto di ritrovo, alla sala riunioni e/o conferenze, al
parco giochi come luogo di incontro ed all’apertura del multiservice anche di
sera come luogo di potenziale ritrovo per i giovani. Inoltre, l’altro aspetto che
emerge è quello prettamente sociale, volto cioè al potenziamento di tutti quei
servizi necessari per la gestione di parenti e figli, che pongono esigenze di
conciliazione tempi di vita e di lavoro con conseguente necessaria flessibilità
oraria.
Assai Importante ed utile ai fini dello sviluppo e della realizzazione della nostra
ricerca è risultato il contributo apportato da Unindustria Padova nella
maturazione e raccolta di tali riflessioni nel contesto territoriale limitrofo,
35
attraverso la realizzazione di un’indagine5 conoscitiva presso le aziende
associate alle quali è stato sottoposto un questionario strutturato con l’obiettivo
di acquisire dati sulla consistenza delle aree, sulle potenzialità insediative
residue e sulle infrastrutture esistenti, ma anche considerazioni e valutazioni
circa la qualità o l’eventuale inadeguatezza dei servizi presenti. Al questionario,
somministrato nel corso dell’anno 2005, hanno risposto 148 aziende, fornendo
indicazioni che hanno consentito di delineare un quadro complessivo molto
significativo, rappresentativo della specifica realtà locale ed espressione delle
problematiche territoriali percepite dagli utenti delle zone di insediamento, a
destinazione industriale ed artigianale.
Le 148 aziende che hanno risposto al questionario appartengono ai diversi
settori produttivi, compreso quello delle calzature.
La dimensione aziendale in termini di numero di addetti riflette il carattere di
PMI, peculiari del territorio provinciale di Padova, con oltre 2/3 delle aziende
intervistate con meno di 50 dipendenti. Il 71,6% delle aziende è dislocata in
zone artigianali e industriali, il 10,3% in zona residenziale, il 7,1% zona agricola
e il 5,2% in zona commerciale.
7,1%
zona industriale-artigianale
5,2% 3,2% 2,6%
zona residenziale
10,3%
zona agricola
zona commerciale
71,6%
altro
non risponde
Le aree produttive padovane sono una realtà in evoluzione dato che un’azienda
su tre ha presentato richieste di ampliamento con modifiche del proprio edificio
5
Unindustria Padova, Il censimento delle aree produttive padovane: aspetti qualitativi e quantitativi in
“Ri-generare le aree produttive. Idee per un’evoluzione sostenibile”, 2006
36
(restauro/ristrutturazione o recupero volumi non usati) o ha sottolineato la
necessità di un nuovo insediamento; in particolare, ben il 22,2% delle imprese
calzaturiere dell’area padovana ha presentato richieste di ampliamento e
l’11,1% ha presentato richieste per un nuovo insediamento.
nessuna richiesta
11,1%
22,2%
richiesta di
ampliamentoampliamento
richi
66,7%
richiesta di nuovo insediamento
Per quanto riguarda la rete viaria, i collegamenti sono considerati buoni dal
25,7% degli intervistati, sufficienti dal 38,5% e carenti dal 35,1%.
0,7%
25,7%
35,1%
rete viaria buona
rete viaria sufficiente
rete viaria carente
non risponde
38,5%
Gli interventi giudicati più urgenti sulla rete viaria sono il miglioramento della
viabilità principale (68,9%), cui segue (a grande distanza percentuale) la
creazione di nuova viabilità di collegamento con la rete esterna, la creazione di
rotatorie, di nuovi innesti attrezzati, di una nuova viabilità di servizio interna alla
zona produttiva, di aree di interscambio ed aree per scarico/carico merci.
37
L’analisi dei mezzi di trasporto utilizzati dai dipendenti per raggiungere il posto
di lavoro sottolinea l’importanza delle rete viaria, visto che automobile e
ciclomotore sono i mezzi di trasporto maggiormente impiegati; lo stesso dato
può essere letto come conseguenza di una carenza nella presenza di servizio
di trasporto pubblico nelle aree produttive, nelle quali è dislocato oltre il 70%
delle aziende.
Agli intervistati, per parte aziendale, è stato anche chiesto di elencare i servizi
all’impresa e alla persona che ritenevano utili da inserire nella propria zona
produttiva. Il servizio in assoluto più richiesto è legato alla sicurezza di cose e
persone all’interno dell’azienda: si tratta della vigilanza notturna delle aree
(63,5%); seguono i servizi legati alla ristorazione (36,5%), allo stoccaggio e
recupero dei rifiuti (32,4%), sportelli postali (25,7%), strutture ricettive (24,3%) e
anche residenze temporanee per lavoratori (23%).
Con riferimento ai servizi alla persona, emerge la richiesta di mense (45,3%) e
di un migliore trasporto pubblico (44,6%); segue la richiesta di asili nido (33%),
giustificata dalla necessità di risolvere in spazi territorialmente vicini i problemi
di conciliazione tempi di vita e di lavoro. Il 26,4% ritiene utile inserire anche
spazi verdi e ricreativi o impianti sportivi e palestre.
Riguardo il territorio, il 63,5% degli intervistati ha promosso il Distretto
produttivo come strumento strategico, affermando la valenza strategica
dell’appartenenza ad una specifica area geografica caratterizzata da una
produzione prevalente e specialistica.
38
8,1%
si
28,4%
no
63,5%
non risponde
Il pensiero che emerge dalla pubblicazione di Unindustria e che si manifesta
con sempre maggiore frequenza nella Regione Veneto è “come uscire da un
modello di sviluppo esistente verso una nuova modalità di gestione del territorio
che risponda alle mutate esigenze sia della produzione ma anche della
sensibilità degli abitanti. […]; il difetto del modello veneto è che di fatto non è
stato pensato, ma esso ha certamente risposto ad una cultura del lavoro, ad
un’interpretazione dell’economia, ad un uso e ad una percezione del territorio
come risorsa illimitata ed ambito in cui esplicare la propria azione lavorativa.
Non è certamente distante la cultura contadina fortemente presente nel
territorio del Veneto, dall’interpretazione che via via ne ha fatto l’impresa nel
suo fermarsi e crescere.
Tutti gli elementi della prima cultura produttiva agricola sono stati trasferiti nella
seconda cultura produttiva industriale: la propensione al lavoro, la scarsa
distinzione tra il patrimonio aziendale e quello familiare, la coincidenza tra il
luogo del lavoro ed il luogo del vivere.
E come il contadino usa il territorio come strumento del proprio lavoro, […], così
pure le stesse genti entrate nel mondo della fabbrica hanno pensato e gestito
l’ambitus del proprio produrre, portandolo nello stesso paesaggio e nella stessa
dimensione territoriale […].
39
Adesso esiste un surplus di aree a disposizione non funzionali che devono
essere ricondizionate e riportate ad una funzione collettiva. […] la sfida
annunciata è quella della crescita economica e sociale in un mondo fortemente
connesso, dove il vantaggio territoriale è rappresentato dalla capacità di
comunicazione oltre che dalla coesione della comunità che lo esprime.
Ma c’è un altro obiettivo che si accompagna a questa sfida […] quello di
generare con un minor utilizzo dello spazio la stessa quantità di ricchezza,
mutandone via via le modalità di produzione in senso adeguato alle nuove sfide
internazionali. [E’ quindi possibile definire] una tipologia di area produttiva come
una sorta di gigantesco patchwork dove l’unico problema è quello della
gradevolezza dell’assemblaggio dei colori (le singole tipologie di attività) più che
l’esclusione delle opportunità che i nuovi modi del produrre invece possono
offrire.
Naturalmente accanto a questa redistribuzione delle modalità del produrre,
elementi di cucitura sono: l’intelligenza degli edifici, il verde circostante, i servizi
comuni, i parcheggi, la rapida accessibilità verso autostrade. [Dal modello
statico della produzione basata sulla singola azienda si passa a considerare]
l’intera area come un animale produttivo in grado di apprendere ed attivare un
feed back urbanistico collegato con la città e con i nuovi modelli del produrre.
Questo animale avrà bisogno di crescere, di mutare se stesso, di socializzare.”6
Abbiamo già detto che un nuovo modello di sviluppo industriale e territoriale
deve tenere conto sia delle esigenze dei lavoratori e delle aziende stesse, sia
dello sviluppo sostenibile. “Si definisce sviluppo sostenibile uno sviluppo che
soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere le capacità di
quelle future: in questo senso si devono portare reali cambiamenti
nell’affrontare le problematiche ambientali, sociali, industriali e territoriali. Infatti,
come afferma la Commissione Europea, è evidente che senza una rafforzata
6
Unindustria Padova, Le aree produttive esistenti e la perequazione come strumento per il mutamento e
la crescita in “Ri-generare le aree produttive. Idee per un’evoluzione sostenibile”, 2006
40
integrazione della dimensione ambientale nei settori economici, e senza una
forte partecipazione sociale di tutti i soggetti interessati, lo sviluppo rimarrà
complessivamente insostenibile. Ne discende che ogni attività, per essere
sostenibile deve coniugare il punto di vista economico, sociale, occupazionale e
ambientale. […] è indispensabile creare una cultura nuova sia professionale, sia
nelle singole persone, ma soprattutto un consenso diffuso nella pubblica
amministrazione ed in quegli attori protagonisti della gestione e della
pianificazione del territorio.”7
Le considerazioni sullo sviluppo sostenibile si riallacciano al più ampio discorso
sulla responsabilità sociale delle imprese. Essendo sempre più sottoposte alle
sfide di un ambiente globale in trasformazione, le imprese devono diventare
consapevoli e certe del fatto che la responsabilità sociale può rivestire un valore
economico diretto. Anche se il loro principale obiettivo rimane il profitto, le
imprese possono al tempo stesso contribuire alla tutela dell’ambiente ed a
finalità sociali, considerando la responsabilità sociale come un investimento
strategico e non come un costo.
“L’azione dei pubblici poteri è […] essenziale per incoraggiare le imprese a
prendere ulteriormente coscienza delle loro responsabilità sul piano sociale e
per creare un quadro che consenta di garantire che le imprese integrino gli
aspetti ambientali e sociali nelle loro attività... Occorre incoraggiare le imprese
ad integrare in modo attivo lo sviluppo sostenibile nelle attività che esse
realizzano all’interno dell’Unione europea e nel mondo”.8
“Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli
obblighi giuridici applicabili ad ogni fattispecie di produzione di beni o servizi,
ma anche andare al di là investendo «di più» nel capitale umano, nell’ambiente
e nei rapporti con le altre parti interessate. L’esperienza acquisita con gli
7
Unindustria Padova, La valutazione ambientale strategica e la certificazione ambientale del territorio
come strumenti innovativi di gestione e sviluppo in “Ri-generare le aree produttive. Idee per
un’evoluzione sostenibile”, 2006
8
Da il Libro Verde dell’Unione Europea [Bruxelles – 18.7.2001 COM (2001) 366 definitivo], pag. 5
41
investimenti in tecnologie e prassi produttive e commerciali ecologicamente
responsabili ha suggerito che, andando oltre gli obblighi previsti dalla
legislazione, le imprese potevano aumentare la propria competitività.
L’applicazione di norme sociali che superano gli obblighi giuridici fondamentali,
ad esempio nel settore della formazione, delle condizioni di lavoro ( anche, per
fare un esempio, negli strumenti di flessibilità ed autonomia concessi ai
lavoratori ai fini della conciliazione tempi di vita e di lavoro), dei rapporti tra la
direzione e il personale, può avere dal canto suo un significativo impatto diretto
sulla produttività. Si apre in tal modo una strada che consente di gestire il
cambiamento e di conciliare lo sviluppo sociale ed una maggiore competitività.”9
L’impatto economico della responsabilità sociale delle imprese può determinare
risultati diretti e indiretti. Nel primo caso, ad esempio, i risultati diretti possono
derivare da un miglioramento dell’ ambiente di lavoro che si traduce in una
maggiore produttività dei lavoratori; nel secondo caso, ad esempio, i risultati
indiretti possono dipendere da un maggiore interesse dei consumatori, che
determinano nuove possibilità dell’impresa sul mercato.
La responsabilità sociale delle imprese ha una duplice dimensione:
-
interna
-
esterna.
Diverse sono le variabili della dimensione interna:
Gestione delle risorse umane – Una delle maggiori sfide che devono
affrontare le imprese è di attrarre a sé e conservare in organico i
lavoratori competenti e qualificati; infatti la manodopera altamente
specializzata è un punto di forza del distretto calzaturiero e le aziende
investono sul proprio personale, visto che la quasi totalità degli addetti ha
contratti a tempo indeterminato. Tuttavia, i livelli di gratificazione e
motivazione tra i lavoratori sono relativamente bassi con conseguente
difficoltà a reperire manodopera giovane qualificata e motivata nel
9
Idem, pag. 7
42
territorio. Una serie di misure adeguate potrebbero essere l’istruzione e
la formazione permanente, la responsabilizzazione del personale, un
miglioramento del circuito d’informazione/comunicazione all’interno
dell’impresa, un migliore equilibrio tra lavoro, famiglia e tempo libero
(soprattutto per quanto riguarda le donne, che rappresentano la maggior
parte dei dipendenti delle aziende calzaturiere), l’applicazione effettiva
del principio di uguaglianza per le retribuzioni, le prospettive di carriera
delle donne e la partecipazione ai benefits aziendali. In particolare sulla
formazione, molte aziende calzaturiere hanno innovato la propria
tecnologia di processo/prodotto, automatizzando la fase di progettazione
e taglio attraverso i sistemi CAD-CAM; ovviamente la nuova tecnologia
ha indotto l’azienda a formare il personale dei reparti suddetti.
Salute e sicurezza nel lavoro – Diversi criteri di salute e di sicurezza nel
lavoro sono stati inseriti, a vari livelli, nei programmi esistenti di
certificazione e di etichettatura dei prodotti o attrezzature. Ad esempio,
nel caso delle lavoratrici donne che operano presso il proprio domicilio e
sono impegnate nei lavori di orlatura delle scarpe, alcune aziende
calzaturiere intendono attivare alcune attività atte a garantire adeguati
livelli di sicurezza dei processi lavorativi, acquisendo attrezzature e
postazioni ergonomiche ed avvalendosi della consulenza di esperti
esterni nell’ambito dell’ergonomia e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Adattamento alle trasformazioni – Abbiamo già detto che, le aree
produttive padovane (ed in parte veneziane) sono una realtà in
evoluzione dato che un’azienda su tre ha presentato richieste di
ampliamento con modifiche del proprio edificio o ha sottolineato la
necessità
di
un
nuovo
insediamento.
Ristrutturare
in
un’ottica
socialmente responsabile significa mediare e considerare gli interessi e
le preoccupazioni di tutte le parti interessate ai cambiamenti ed alle
decisioni. In poche parole, in una ristrutturazione è opportuno garantire la
partecipazione e il coinvolgimento delle persone interessate attraverso
43
una procedura aperta di informazione e di consultazione, devono essere
identificati i rischi più importanti, calcolati i costi delle varie azioni
strategiche
e
valutate
tutte
le
soluzioni
per
limitare
eventuali
licenziamenti.
Gestione degli effetti sull’ambiente e delle risorse naturali – Un minore
sfruttamento delle risorse e una riduzione delle immissioni inquinanti e
dei rifiuti può portare ad un aumento della redditività e della competitività.
Ad esempio, il traffico, già congestionato per il forte utilizzo dei mezzi
privati in zone ad alta densità abitativa e con aree industriali/artigianali
(preminenza di automobile e ciclomotore per recarsi sul posto di lavoro,
conseguente anche alla carenza di mezzi pubblici nell’area produttiva di
Fossò), soffre del fenomeno dell’intasamento nelle ore di punta e le
scelte organizzative delle aziende con politiche di flessibilità oraria
possono fortemente contribuire al miglioramento dei tempi della città
(vedi L.53/200, art.22-28) e della qualità della vita dei lavoratori e dei
cittadini. Alla riduzione dei gas inquinanti potrebbe anche contribuire il
servizio di car sharing, cioè un servizio di auto condivise per raggiungere
il posto di lavoro.
Oltre alla dimensione interna, la responsabilità sociale delle imprese ha anche
una dimensione esterna, sostenuta anch’essa da più variabili:
Comunità locali – La responsabilità sociale delle imprese ha riflessi sulla
buona integrazione delle imprese nell’ambiente locale: da un lato, le
imprese contribuiscono alla comunità, in particolare a quella locale,
fornendo posti di lavoro, salari e prestazioni ed entrate fiscali; dall’altro
lato, le imprese dipendono dalla buona salute e dalla stabilità delle
comunità che le accolgono. Nel nostro caso, questa interdipendenza è
ancora più forte, perché le PMI dell’area distrettuale formano un
agglomerato territoriale di produttori specializzati ed integrati fra loro in
filiere produttive. Inoltre, nel distretto, operano in stretto rapporto
l’ambiente, la storia e la cultura del territorio che poi caratterizza le realtà
44
produttive e i relativi prodotti. La familiarità delle imprese con gli attori
locali e le tradizioni rappresentano un patrimonio che esse possono
capitalizzare.
Partnership commerciali, fornitori e consumatori – Per
fronteggiare
adeguatamente la concorrenza produttiva e le difficoltà commerciali, le
aziende del Distretto Calzaturiero della Riviera del Brenta devono
industrializzare i processi produttivi artigianali, professionalizzando le
risorse
umane
processo/prodotto
e
ed
investendo
in
organizzative.
innovazioni
Gli
effetti
tecnologiche
delle
misure
di
di
responsabilità sociale di un’impresa non sono limitati a quest’ultima, ma
si rifletteranno su tutte le aziende dell’indotto, il quale è composto in
primo luogo dalle imprese produttrici di accessori. Il ciclo produttivo della
calzatura non si è realizzato attraverso l’inserimento di tutte le fasi
operative in una singola struttura operativa (integrazione produttiva
verticale che è stato il modello di sviluppo imprenditoriale delle aziende
italiane sino agli anni ’70), ma con unità produttive autonome, che si
sono specializzate in lavorazioni di fasi del ciclo ben definite o nella
produzione di parti o componenti (formifici, tacchifici, suolifici, …). In tale
modello si è concretizzata la linea di sviluppo principale delle aziende
nazionali dagli anni ’80 in poi quando la flessibilità produttiva ed il
conseguente decentramento produttivo sono divenute le variabili
fondamentali del fenomeno.
Quindi, alla filiera calzaturiera concorrono anche produttori di tecnologia,
fornitori di componenti e accessori, studi stilistici impegnati nel disegnare
e progettare modelli e organizzazioni di vendita. Infine, le imprese che
stringono rapporti durevoli con i clienti, concentrando l’insieme della loro
organizzazione sulla comprensione delle loro aspettative e fornendo loro
qualità, sicurezza e affidabilità, generano maggiori profitti.
45
6 – I PROGETTI TECNICO-TERRITORIALI DI SUPPORTO
CONOSCITIVO
AL
PROGETTO
DI
CREAZIONE
DI
UN
MULTISERVICE AZIENDALE
Il progetto che ha costituito l’oggetto principale della nostra indagine trova
sviluppo nella realizzazione di una ricerca statistica quali-quantitativa che
supporti uno studio di fattibilità per definire in modo dettagliato la natura e la
struttura di un centro servizi integrato di servizi nell’area industriale–artigianale
di Fossò. La creazione del multiservice sarà di supporto ai lavoratori delle
imprese ed alle imprese stesse localizzate nell’area suddetta, potenziando lo
sviluppo e la crescita del sistema economico e produttivo del distretto.
Alla base di questo studio vi sono due importanti premesse territoriali locali
rappresentate da due progetti/ricerche.
6.1 – PROGETTO LOCALE DI UN CENTRO SERVIZIO NELL’AREA
PRODUTTIVA DI FOSSO’
Il progetto, leggermente pregresso alla realizzazione temporale del nostro
lavoro, prevede la realizzazione di un centro servizi su un lotto di terreno di
proprietà del Comune di Fossò.
Per la realizzazione di tale opera, l’Amministrazione comunale si avvarrà
dell’istituto operativo/funzionale della permuta, ovvero un appalto con
l’esecuzione dei lavori congiunto alla cessione di parte del bene immobile
realizzato (art. 83 del DPR 554/94).
L’area, proprio per le sue ampie dimensioni e la collocazione all’interno della
zona artigianale-industriale, rappresenta la perfetta, potenziale, ubicazione per i
fabbisogni evidenziati dal progetto oggetto d’indagine, ma in base alle
deliberazioni del Consiglio comunale n.68/2004 e 25/2005, l’intervento sarà
realizzato sulla base di alcune già definite destinazioni funzionali:
-
ristorazione tipo: centro cottura con self-service, tavola calda
46
-
eventuali attività di servizio e/o commerciali per imprese
-
centro di esposizione (show-rooms) di prodotti industriali e locali, uffici di
rappresentanza e associazioni di categoria.
Il tutto al servizio dei residenti e delle imprese artigianali ed industriali, ubicate
in tale zona produttiva.
L’area, che si svilupperà su una superficie complessiva di 11.510 mq ca., avrà
una forma ad L capovolta e si comporrà di cinque edifici (blocchi A, B, C, D, E).
La forma anomala del lotto ha portato a collocare le funzioni più rappresentative
nella fascia nord, che confina con il viale dell’Industria, mentre le altre funzioni
trovano posto nella parte rimanente e sono raggiungibili da una nuova strada
che percorre il lotto per tutta la sua profondità. Una strada di accesso, posta sul
lato est e completata da parcheggi su entrambi i lati garantisce la penetrazione
del lotto fino all’estremità sud e quindi l’accesso alle varie funzioni; sul lato
interno (ad ovest dei blocchi A, B e C e a sud del blocco E) una strada di
servizio completa la circolazione intorno all’intero complesso.
I blocchi A, B e C, da sud verso nord, rappresenteranno il centro servizi e
si svilupperanno per tutta la lunghezza su due piani: all’interno di questi
blocchi sarà prevista la realizzazione di una mensa e di un bar per
quanto riguarda la ristorazione, di un garnì composto da 23 camere,
ciascuna con il proprio bagno, e 5 appartamenti di 50 mq ca. di superficie
per ciò che riguarda il pernottamento e di un ampio magazzino per ciò
che riguarda la logistica.
Il blocco E (a est) ospiterà l’auditorium, che ingloberà una serie di
differenti
attività:
concerti,
spettacoli
teatrali
e
cinematografici,
conferenze, congressi ed esposizioni di vario genere. Il centro congressi
prevederà
la
possibilità
di
effettuare
contemporaneamente
due
incontri/conferenze: una per un massimo di 477 posti e l’altra per un
numero massimo di 56.
47
Il blocco D, che costituirà il punto nodale e la cerniera di collegamento tra
l’auditorium e il centro servizi, sarà una torre alta 43 m con pianta
quadrata; gli otto piani della torre assorbiranno la funzione direzionale;
inoltre, lo spazio aperto tra la torre e l’auditorium costituiranno la piazza
del complesso.
48
49
50
6.2 – RICERCA A.TE.S SRL – Architettura territoriale strategica
Oltre al progetto tecnico del comune di Fossò, con la Legge Regionale n. 11/04
sono stati formalmente introdotti i principi della concertazione nell’ambito della
legislazione urbanistica regionale. Comune, Provincia e Regione hanno
coinvolto i soggetti pubblici e privati sulle scelte strategiche dell’assetto del
territorio Piano di Assetto Territoriale Intercomunale (PATI).
Le diverse fasi in cui si è strutturato il processo condiviso per la redazione del
PATI possono essere così riassunte:
-
la mappatura degli attori e delle politiche, cioè l’individuazione degli attori
coinvolgibili e la ricostruzione delle azioni e delle politiche;
-
la presentazione e condivisione degli obiettivi del piano alla comunità e
alle istituzioni interessate;
-
l’ascolto della cittadinanza e l’attivazione degli strumenti metodologici,
con conseguente consegna di un questionario semistrutturato (vedi
Allegato A), che ha avuto la duplice funzione di informare la popolazione
e conoscerne le opinioni;
-
l’integrazione fra l’informazione e i valori territoriali e ambientali ai fini
della decisione finale.
La concertazione e la raccolta di contributi e osservazioni da parte dei diversi
attori coinvolti si sono sviluppati attraverso incontri e assemblee; il confronto
democratico e ampiamente condiviso per la redazione del Piano di Assetto
Territoriale Intercomunale PATI, avvenuto fra il giugno 2005 e il giugno 2006,
ha messo in evidenza come la partecipazione rappresenti un’espressione
democratica di confronto, affinché le scelte di governo del territorio siano
maggiormente condivise e non imposte “dall’alto” (art.5, comma 2 della
L.R.n.11/04).
51
Oltre a fornire e ricevere informazioni, il questionario vuole evidenziare quali di
queste sono comuni alle strategie dell’amministrazione comunale secondo tre
livelli:
-
“di coerenza”, livello riferito a quelle risposte che non sono in
contraddizione con gli obiettivi dell’amministrazione
-
“di coincidenza”, livello riferito a quelle risposte che corrispondono agli
obiettivi dell’amministrazione
-
“di suggerimento”, livello riferito a quelle risposte che il cittadino ha
suggerito o perché non comprese nelle domande del questionario o
perché non incluse tra gli obiettivi del PATI.
Sul “sistema ambiente”, la crescente urbanizzazione e lo smog sono un
problema sia per gli amministratori che per gli abitanti e le rispettive soluzioni
sono coincidenti, mentre la soluzione all’inquinamento acustico espresso dai
cittadini è coerente con quella dell’amministrazione.
Sul “sistema paesaggio”, le azioni di valorizzazione del paesaggio e di recupero
del patrimonio storico-architettonico espresse dai cittadini sono coerenti con
quelle dell’amministrazione comunale; un suggerimento riguarda la creazione di
percorsi culturali tematici.
Sul “sistema servizi”, gli interventi ritenuti importanti dagli abitanti come gli
impianti sportivi, gli spazi verdi, le piste ciclabili e il trasporto pubblico sono
coerenti con quelli dell’amministrazione; un suggerimento riguarda la richiesta
di interventi su luoghi di ritrovo per giovani ed anziani e una più generale
esigenza di servizi sociali.
Sul “sistema viabilità”, considerato un elemento di pericolosità sia per gli
amministratori che per i cittadini, le soluzioni non sono né coincidenti né
coerenti; infatti, mentre gli amministratori mettono al primo posto la
realizzazione di piste ciclo-pedonali, gli abitanti suggeriscono in primis nuove e
migliori segnalazioni sugli attraversamenti pedonali.
52
Sul “sistema casa”, il problema delle aree dismesse e la necessità
riqualificazione e recupero di edifici è coerente tra gli amministratori e i cittadini.
Infine, sul sistema produttivo, la delocalizzazione di zone produttive, sostenuta
dall’amministrazione,
è
coerente
con
l’idea
dei
cittadini,
ma
mentre
l’amministrazione propone l’ampliamento delle zone industriali, i cittadini
suggeriscono una riqualificazione urbanistica ed architettonica delle aree
produttive, che sono considerate le zone più brutte del paese.
Alcuni dei risultati del questionario (vedi Allegato F) si sono rivelati
estremamente utili anche per lo studio di fattibilità relativo al progetto di
creazione del multiservice aziendale.
In particolare,
-
sulle problematiche legate alla qualità dell’ambiente emergono la
questione dell’inquinamento e dello smog, insieme ad una più generale
tutela ambientale nei confronti dell’intensa urbanizzazione e del sistema
viario;
-
sulla soddisfazione dei servizi offerti, il cittadino lamenta la mancanza o
la necessità di interventi riguardo impianti sportivi e spazi/luoghi di ritrovo
per giovani e anziani;
-
sulla qualità/soddisfazione del sistema abitativo, emergono la presenza
di aree dismesse e la mancanza di servizi connessi;
-
sulla scarsa qualità urbanistica ed architettonica degli insediamenti
produttivi esistenti, emerge la necessità di riqualificazione territoriale e
produttiva.
I problemi da affrontare secondo i cittadini di Fossò che hanno partecipato al
processo condiviso per la redazione del PATI possono essere così
rappresentati:
53
assetto territoriale
5%
11%
tutela e problematiche ambientali
13%
piste ciclabili, marciapiedi, illuminazione, fognature
20%
area sociale
43%
viabilità
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
35%
40%
45%
problemi da risolvere
L’Amministrazione del Comune di Fossò vuole attivare diverse sinergie a livello
territoriale, qualificando l’intero sistema dei servizi esistenti nel territorio,
soprattutto sulla base di fabbisogni relativi alle relazioni sociali e socializzanti.
Osservando il grafico, si rileva che a fronte di un’elevata soddisfazione riguardo
la presenza di impianti scolastici e sportivi (rispettivamente 31% e 29%),
emerge invece un’elevata insoddisfazione in merito alla carenza di spazi di
ritrovo e svago, soprattutto per gli anziani, che sono la categoria più fragile dal
punto di vista relazionale perché, più difficilmente, si allontanano dal luogo di
residenza.
Una considerazione a parte meritano, invece, i luoghi di ritrovo per i giovani, le
cui percentuali di soddisfazione o insoddisfazione (rispettivamente 18% e 14%)
sono pressoché in equilibrio, dal momento che la categoria “giovani” ha
maggiori possibilità e predisposizione a spostarsi dal luogo di residenza per
cercare spazi di ritrovo e svago.
54
0%
15%
3%
6%
18%
5%
4%
spazi di ritrovo e svago
20%
iniziative culturali e
ricreative
10%
29%
luoghi di ritovo per giovani
31%
luighi di ritrovo per anziani
25%
impianti sportivi
30%
impianti scolastici
35%
29%
14%
27%
19%
13%
5%
servizi soddisfacenti
servizi NON soddisfacenti
servizi soddisfacenti
55
7 – I RISULTATI DELLA RILEVAZIONE
Il nostro report analitico è stato realizzato sulla base di:
18 interviste a domande aperte rivolte alle direzioni aziendali
4
interviste della stessa tipologia rivolte ai sindacati e parti
associative
9
Interviste
della
stessa
tipologia
rivolte
alle
istituzioni,
amministratori pubblici, tecnici comunali
470
questionari strutturati sulla tecnica della “scala di Likert”
somministrati a lavoratori delle varie aziende dell’area artigianaleindustriale di Fossò (VE).
Le aziende coinvolte nel progetto sono 18 ed appartengono tutte rigidamente
alla zona artigianale-industriale di Fossò; di queste, 15 appartengono
specificatamente alla filiera del settore calzaturiero (14 producono calzature e 1
produce solette), 1 azienda è del settore alimentare, 1 del settore spedizioni e 1
del settore impianti.
Dall’analisi si è evidenziato che 16 fra i dirigenti-titolari aziendali intervistati
ritengono utile la creazione di un multiservice principalmente per i seguenti
motivi pratici :
-
Per valorizzare l’area in quanto attualmente la zona industriale non offre
nulla
56
-
Per arricchire e affiancare i pochi servizi già esistenti
-
Per aumentare la soddisfazione dei lavoratori
Inoltre anche i 2 sindacati e le parti associative che hanno collaborato
fattivamente all’intervista sono favorevoli alla creazione di una struttura
operativa integrata di servizi, in quanto ne sottolineano l’utilità volta alla
creazione di risposte concrete ad esigenze individuali e familiari ed alla
conciliazione di tempi di vita e di lavoro dei dipendenti con le esigenze
aziendali.
Al contrario, i 2 dirigenti aziendali che non ritengono utile la creazione di un
multiservice, pensano che Fossò offra una gamma soddisfacente di proposte e
di servizi e che lavoratori e sindacati pretendano troppo senza offrire da parte
loro maggiore disponibilità in momenti di necessità.
Viene inoltre sottolineata una parziale e non completa conoscenza delle
opportunità di servizio ed attività specifiche già esistenti nel territorio del
comune, in modo particolare relativamente ai servizi all’infanzia.
Tuttavia, qualche perplessità è espressa anche da quelle aziende che sono
favorevoli al multiservice, nel senso che l’esistenza di tale struttura non dovrà
intaccare l’economia dell’azienda e non dovrà interferire con essa, aspetto di
difficile realizzazione in quanto il contesto territoriale industriale, un po’ chiuso
nella conservazione e riproposizione di stereotipi e modelli organizzativi e
culturali, è forse troppo rigido nell’affrontare cambiamenti, già avvenuti a livello
tecnologico-produttivo e non a livello sociale, come sottolineano anche i
sindacati.
57
La prima fotografia di tipo statistico sulle realtà oggetto della ricerca ci sottolinea
efficacemente i dati quantitativi relativi ai lavoratori occupati nelle stesse e la
loro provenienza geografica e residenziale.
NOME
AZIENDA
DIPENDENTI
PENDOLARI RESIDENTI
TOTALI
DONNE UOMINI
EXTRACOMUNITARI
AZIENDA 1
30
1
29
18
12
1
AZIENDA 2
55
3
52
35
20
1
AZIENDA 3
41
10
31
23
18
3
AZIENDA 4
17
14
3
12
5
0
AZIENDA 5
15
0
15
10
5
0
AZIENDA 6
25
2
23
10
15
2
AZIENDA 7
12
1
11
6
6
1
AZIENDA 8
100
10
90
10
90
3
AZIENDA 9
9
9
0
7
2
1
AZIENDA 10
10
8
2
2
8
0
AZIENDA 11
19
12
7
10
9
0
AZIENDA 12
13
8
5
8
5
3
AZIENDA 13
20
19
1
8
12
3
AZIENDA 14
10
8
2
2
8
0
AZIENDA 15
22
4
18
11
11
3
AZIENDA 16
112
80
32
58
54
0
AZIENDA 17
34
30
4
25
9
3
AZIENDA 18
70
60
10
43
27
3
Totali
614
279
335
298
316
27
Rispetto al 1996, la popolazione residente nel Comune di Fossò ha avuto un
incremento annuale di modesta entità ma costante nel tempo (con l’unica
eccezione dell’anno 2001 rispetto all’anno 2000); secondo i dati forniti
dall’Ufficio Anagrafe del Comune, al 30/06/2006 gli abitanti erano 6.283 rispetto
58
a 5.492 del 1996, con un incremento percentuale pari al 14,40% nell’arco di 10
anni.
POPOLAZIONE RESIDENTE A FOSSO’
N. TOTALE PER ANNO
Popolazione al 31/12/1996
5.492
Popolazione al 31/12/1997
5.643
Popolazione al 31/12/1998
5.745
Popolazione al 31/12/1999
5.834
Popolazione al 31/12/2000
5.939
Popolazione al 31/12/2001
5.918
Popolazione al 31/12/2002
5.967
Popolazione al 31/12/2003
6.011
Popolazione al 31/12/2004
6.126
Popolazione al 31/12/2005
6.247
Popolazione al 31/12/2006
6.283
Su un totale di 614 lavoratori occupati nelle aziende analizzate, costituenti il
campo potenziale complessivo di rilevazione, il 45,44% sono pendolari, nel
senso che abitano a più di 3 Km di distanza dalla sede di lavoro, mentre il
restante 54,56% sono residenti a Fossò e dintorni.
La zona produttiva artigianale-industriale del Comune è caratterizzata da un
pendolarismo giornaliero; tali flussi di persone determinano un considerevole
consumo di pasti extradomestico, ma la rete dei servizi offerti dagli esercizi
pubblici locali è inadeguata alle esigenze. Infatti, molti degli intervistati
sottolineano l’esigenza di un servizio strutturato di ristorazione, essendo
presenti solo una trattoria “cara (un pasto costa circa 10 €) e scomoda da
raggiungere”, uno o due bar e alcuni servizi di ristorazione interni ad alcune
aziende, ma poco utilizzati per la scarsa qualità.
59
Sulla base di dati Istat e sulla base di elaborazioni della Federazione Italiana
Pubblici Esercizi, il fenomeno dei consumi dei pasti fuori casa ha assunto
dimensioni rilevanti. Infatti nel 1993, la ripartizione della spesa delle famiglie tra
consumo alimentare in casa e fuori era rispettivamente del 74,2% e del 25,8%;
nel 2003, a distanza di 10 anni, c’è stata una diminuzione del consumo
alimentare in casa
ed un sensibile ed indicativo aumento del consumo
alimentare fuori casa, rispettivamente pari al 69,1% e al 30,9%. Quindi, oggi,
almeno un terzo della spesa per consumi alimentari viene veicolata fuori casa e
questi dati evidenziano la profonda trasformazione che hanno attraversato gli
stili alimentari e di vita degli italiani.
in casa
fuori casa
120,0
100,0
80,0
60,0
40,0
20,0
0,0
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
Riguardo l’attuale rete distributiva dei Pubblici Esercizi del Comune di Fossò, il
cui territorio comunale è suddiviso in due zone (Fossò e Sandon),
complessivamente sono attivi 13 esercizi (di cui 2 dotati di doppia tipologia
ristorante + bar), per un totale di 15 autorizzazioni, così ripartite:
-
6 autorizzazioni come ristorante, di cui 5 a Fossò e 1 a Sandon
-
9 autorizzazioni come bar, di cui 7 a Fossò e 2 a Sandon.
60
Considerando che, secondo dati Istat, al 31/12/2005 gli abitanti del Veneto
erano 4.738.913, che gli abitanti del Comune di Fossò erano, sempre al
31/12/2005, 6.247 e che nella Regione Veneto al giugno 2006 la distribuzione
dei ristoranti è di 8.919 unità e la distribuzione dei bar è di 14.364 unità, la
densità di esercizi di somministrazione è la seguente:
-
1 ristorante ogni 531 abitanti nella Regione Veneto
-
1 ristorante ogni 1.041 abitanti nel Comune di Fossò
-
1 bar ogni 330 abitanti nella Regione Veneto
-
1 bar ogni 694 abitanti nel Comune di Fossò.
Altro dato importante, a livello nazionale, è la crescita del numero degli esercizi
di ristorazione e somministrazione (cioè il numero delle unità locali di ristoranti e
bar) nel corso degli ultimi 10 anni, sempre sulla base di dati Istat e di
elaborazioni della Federazione Italiana Pubblici Esercizi:
140.000
120.000
113.031
121.751
100.000
80.000
ristoranti
60.000
40.000
60.293
73.619
bar
bar
20.000
0
1991
ristoranti
2001
61
Fra il 1991 e il 2001, l’incremento del numero dei ristoranti è stato del 22,1%,
mentre l’incremento del numero dei bar è stato del 7,7%.
Considerando che il territorio di Fossò è oggetto di una nuova pianificazione
intercomunale
attraverso
il
PATI,
risulta
evidente
l’attuale
sottodimensionamento del settore pubblici esercizi, anche nel settore della
ristorazione e la presenza e lo sviluppo di strutture produttive e del terziario
sono necessariamente correlati alla necessità di adeguare i servizi della
ristorazione, come già è stato definito nel progetto tecnico del Comune di
Fossò.
Riguardo l’offerta ricettiva ed alberghiera del territorio comunale, essa è molto
modesta; infatti sono attive solo 2 strutture alberghiere, una a Sandon (1 stella)
e una a Fossò (3 stelle) a servizio della zona produttiva, mentre non sono
presenti strutture extra-alberghiere come camere e appartamenti turistici,
campeggi e alloggi agrituristici.
Le direzioni aziendali, infatti, sottolineano l’esigenza nell’area produttiva di un
residence formato da appartamenti per quei lavoratori che vengono da fuori e
devono fermarsi per settimane; anche a questa esigenza è già stata data una
risposta attraverso il progetto tecnico-comunale.
ELEMENTI E CONSIDERAZIONI DI GENERE
Sul totale dei 614 lavoratori, il 48,53% sono donne.
Spesso, la figura femminile è considerata culturalmente più problematica in
termini lavorativi, sia per il concetto di inferiorità in cui lei stessa (a volte) si
pone e sia per il ruolo che il mercato del lavoro inequivocabilmente le
attribuisce; inoltre, nel quotidiano la donna si trova spesso a scontrarsi con
problemi cui deve “per forza” trovare soluzioni (cura dei bambini e assistenza
agli anziani) autonomamente, a volte, senza un adeguato supporto da parte
62
delle istituzioni pubbliche e dei soggetti privati presenti nel territorio nel quale
vive e lavora.
Le innovazioni legislative in tema di diritto del lavoro riguardano principalmente
le problematiche legate all’inserimento lavorativo delle donne: la L. 53/2000
sottolinea “un equilibrio tra tempi di lavoro, di cura, di formazione e di relazione”
e promuove misure a sostegno della flessibilità, destinando delle risorse “in
favore di aziende che applichino forme contrattuali che prevedono azioni
positive per la flessibilità”. La legge è innovativa sia in termini di contenuti che di
azioni a favore delle donne e contemporaneamente a favore delle aziende e
realizzate per il tramite di esse.
Parlare di “genere” nel mondo del lavoro non significa solo portare avanti una
cultura che spinga la donna ad avere gli stessi spazi lavorativi e di carriera
dell’uomo, ma soprattutto significa valorizzare la “persona” e le sue risorse,
creando opportunità di sviluppo personali e, di conseguenza, per il mondo
produttivo.
La necessità di mettere a punto sistemi di conciliazione famiglia-lavoro e
politiche “family friendly” nasce dalla convergenza di due fattori:
•
da un lato, le trasformazioni in atto nelle strategie di vita di donne
e uomini, soprattutto giovani, e
•
dall’altro le trasformazioni in atto nel mercato del lavoro.
Finora, il problema della conciliazione tra tempi diversi della vita è stato
considerato un “affare privato” (soprattutto delle donne): il tempo del lavoro è
sempre stato considerato il perno centrale attorno a cui ruotava qualsiasi altro
tempo. Oggi, è aumentata la richiesta di flessibilità da parte delle aziende ed
al centro della scena lavorativa non si trovano più solo i lavoratori maschi; la
scena lavorativa è oggi composta da una pluralità di soggetti (maschi e
femmine, giovani e anziani, autoctoni ed immigrati) con diversi bisogni sia sul
fronte del mercato del lavoro che su quello delle aspettative sulla vita al di
fuori del lavoro. Dunque, il tema della conciliazione non può essere affrontato
63
solo attraverso interventi di tipo legislativo, ma è necessario “sperimentare sul
campo”, anche attraverso accordi contrattuali innovativi e sperimentali, dal
momento che non si tratta di una “questione di donne”, ma è un problema che
coinvolge il sistema sociale nel suo complesso (i tempi del mercato del lavoro,
i tempi del lavoro di cura, i tempi della vita sociale, i tempi della città e le
modalità di erogazione dei servizi, il tempo libero, il tempo per lo studio e il
tempo per sé).
I progetti di conciliazione costituiscono un “ecosistema sociale complesso”,
perché coinvolge molteplici attori: le imprese, la parti sociali, le istituzioni, il
sistema dei servizi pubblici e privati e gli individui donne e uomini.
A ciò si aggiunge che nelle aziende del distretto il 4,4% dei lavoratori sono
extracomunitari.
In generale, gli stranieri residenti in Veneto si sono quasi sestuplicati dal 1991
al 2000, passando da 25.000 unità a 140.000; quindi, l’incidenza della
popolazione straniera sul totale è passata in Regione dallo 0,6% al 3,1% e la
quota di extracomunitari sul totale degli stranieri residenti è aumentata fino a
raggiungere il 94%. Nel 2000, la graduatoria delle province per incidenza della
popolazione immigrata vede al primo posto Vicenza (4,4%), seguita da Verona
(4%), Treviso (3,9%), Padova (2,5%), Belluno (2%), Venezia (1,7%) e Rovigo
(1,4%). Il 55% della popolazione attiva extracomunitaria
ha trovato lavoro
nell’industria manifatturiera, un 25% nei servizi e il rimanente 20%
nell’agricoltura e costruzioni.
Sulla tipologia del rapporto contrattuale, in ingresso il rapporto a tempo
determinato contraddistingue il 50% dei contratti di lavoro, ma l’evoluzione
successiva
attesta
una
significativa
stabilizzazione:
il
71,5%
degli
extracomunitari occupati al 31/12/2000 ha in essere un rapporto a tempo
indeterminato, il 19% determinato e il rimanente lavora con contratti di
apprendistato e formazione lavoro.
64
Per quanto riguarda poi la provenienza di tali cittadini, quelli arrivati dalla exJugoslavia costituiscono la parte più rilevante, seguono i marocchini, gli
albanesi, i rumeni, i ghanesi, i cinesi, i nigeriani e i senegalesi. Quando si parla
delle prospettive della società interculturale è a queste differenti provenienze
che bisogna pensare come base per le politiche da condurre nel segno di una
“globalizzazione etnica”10.
Il fenomeno dell’immigrazione è strettamente congiunto con quello della
globalizzazione e si presenta come un segno di modernità; l’immigrazione è un
fenomeno sociale e il perseguimento di un’efficace strategia per l’integrazione
richiede che si “lavori in rete” proprio per la dimensione strutturale
dell’immigrazione.
“Lavorare in rete”11 significa:
-
un maggiore collegamento tra Governo ed enti locali;
-
un maggiore collegamento tra strutture pubbliche e mondo sociale e del
volontariato;
-
un riconoscimento degli spazi di protagonismo sia agli italiani che agli
immigrati, considerandoli, quindi, non solo esecutori di cose già decise,
ma protagonisti essi stessi.
Oltre a quelli della ristorazione già ricordati (una trattoria e un paio di bar),
alcuni altri servizi considerati “scarsi” o non sufficientemente incisivi nel
soddisfare le richieste della cittadinanza attualmente presente nel territorio del
Comune di Fossò e segnalati dalle direzioni aziendali, sono:
10
Franco Pittau, L’immigrazione in Italia all’inizio del 2001: il tempo dell’integrazione, in “Affari sociali
internazionali”, rivista trimestrale n.2, 2001, Franco Angeli, Milano, pag. 101-108
11
Idem
65
1. i servizi per l’infanzia e per bambini (una scuola materna privata a
numero chiuso dai 3 ai 6 anni, una scuola materna parrocchiale e un
centro estivo, che però copre solo 2-3 ore al giorno),
2. i servizi sportivi (solo un palazzetto dello sport dove ogni tanto il Comune
organizza corsi di ginnastica a pagamento), centri per la piccola gestione
amministrativa (i patronati),
3. i servizi commerciali e alle persone (tre supermercati, tre panifici, due
gastronomie, alcuni negozi di generi alimentari, un banco posta e alcuni
sportelli bancari).
Secondo le direzioni aziendali, i servizi maggiormente utili per migliorare o
rendere più efficace il funzionamento dell’impresa e del distretto, in quanto
migliorano la qualità del lavoro e aumentano la soddisfazione dei lavoratori in
termini di conciliazione tempi di vita e di lavoro sono:
TIPOLOGIA DEL
ELENCO DEI SERVIZI PROPOSTI
SERVIZIO
DALLE DIREZIONI AZIENDALI
-
SERVIZI GIA’ PREVISTI
da NEL DISEGNO TECNICO
appartamenti per quei lavoratori
DEL COMUNE DI
un
residence
formato
che vengono da fuori e devono
SERVIZI RICETTIVI
fermarsi per settimane
FOSS0’ (un garnì di 23
camere e 5 appartamenti)
+ esigenza abitativa
segnalata nel PATI
-
una
mensa
strutturata
per
accorciare i tempi della pausa
SERVIZI DELLA
pranzo e anticipare così l’uscita
RISTORAZIONE
dal lavoro
-
SERVIZI GIA’ PREVISTI
NEL DISEGNO TECNICO
DEL COMUNE DI
un bar come punto di ritrovo
66
FOSSO’
-
una sala riunioni e/o conferenze
(attualmente, per queste attività
viene sempre utilizzato il centro
sociale di Fossò, che però è
scomodo da raggiungere e privo
di parcheggio)
SERVIZI
SOCIALIZZANTI
SERVIZIO auditorium
una sistemazione dell’area verde
GIA’ PREVISTO NEL
della zona industriale per creare DISEGNO TECNICO DEL
un parco giochi e un luogo di COMUNE DI FOSSÒ +
incontro
-
esigenza di luoghi di
un bar come punto di ritrovo per ritrovo segnalata nel PATI
lavoratori,
rappresentanti
e
clienti/fornitori
-
l’apertura del multiservice anche
di sera come luogo di ritrovo per i
giovani
-
un trasporto pubblico potenziato
con più corse da Fossò a Venezia
e viceversa
-
Esigenza di tutela
ambientale nei confronti
dell’intensa
luoghi di lavoro
SERVIZI DI
TRASPORTO
un car sharing, cioè un servizio di
auto condivise per raggiungere i
-
un servizio navetta per i lavoratori
dalla fermata dell’autobus al luogo
di
lavoro
e
viceversa
per
i
lavoratori
-
un altro servizio navetta per i
clienti/fornitori
da
all’aeroporto e viceversa
67
Venezia
urbanizzazione e del
sistema viario segnalata
nel PATI
-
potenziamento dei servizi offerti
dai patronati
SERVIZIO PER IL
DISBRIGO DI
un servizio per la realizzazione di
lavori domiciliari o commissioni
-
un servizio per la prenotazione e
PRATICHE
consegna della spesa e per la
BUROCRATICHE-
prenotazione di visite mediche
AMMINISTRATIVE O
-
PER LO
un servizio di prenotazione biglietti
per spettacoli o altro o un punto
SVOLGIMENTO DI
internet
COMMISSIONI
per
effettuare
tali
prenotazioni
-
un servizio per gli extracomunitari,
volto al disbrigo delle pratiche
inerenti i permessi di soggiorno
-
un baby caring, cioè un servizio di
custodia/cura per bambini fino a 810 anni per 1 o 2 ore dopo l’orario
scolastico perché l’asilo di Fossò
SERVIZI SOCIALI PER
chiude alle ore 16.00 e nessuna
BAMBINI
scuola di Fossò fa il tempo pieno
-
un
servizio
pomeridiana
di
dei
custodia
bambini
da
realizzarsi non solo nel periodo
estivo ma durante tutto l’anno
SERVIZIO FITNESS
-
una palestra da utilizzare in pausa
pranzo
-
Esigenza di impianti
sportivi segnalata nel
PATI
una piscina
68
-
una struttura di servizio per i
familiari a domicilio (servizi di cura
e incombenze domestiche)
SERVIZI SOCIALI PER
ANZIANI
-
un servizio di accompagnamento
di anziani o disabili a visite
mediche, evitando così ai familiari
di prendersi permessi dal lavoro
-
un
servizio
posta
aggiuntivo,
essendo l’esistente sempre troppo
affollato
-
una ferramenta e un brico center
con orario continuato
L’ultimo servizio
SERVIZI
COMMERCIALI E
SERVIZI ALLE
IMPRESE
segnalato va incontro
-
un servizio di smaltimento rifiuti
-
un servizio per la consegna e ritiro
del lavoro per quei lavoratori che
operano
presso
il
anche alle esigenze di
trasporto e del sistema
proprio
viario
domicilio, visto che molti di questi
lavoratori non sono automuniti e
devono
utilizzare
i
mezzi
di
trasporto pubblici
Alle esigenze segnalate dalle direzioni aziendali e sostenute in parte anche
dalle parti sociali, si aggiunge una specifica proposta dei sindacati stessi
riguardo l’implementazione di convenzioni con asili e negozi.
69
IL PUNTO DI VISTA DEI LAVORATORI:
I dipendenti che hanno contribuito al progetto di ricerca rispondendo al
questionario loro sottoposto sono 470 così suddivisi tra le varie aziende del
distretto industriale che hanno contribuito all’indagine:
AZIENDA
N. QUESTIONARI RESTITUITI PER
AZIENDA
AZIENDA 1
21
AZIENDA 2
52
AZIENDA 3
33
AZIENDA 4
12
AZIENDA 5
15
AZIENDA 6
14
AZIENDA 7
12
AZIENDA 8
75
AZIENDA 9
7
AZIENDA 10
7
AZIENDA 11
7
AZIENDA 12
7
AZIENDA 13
17
AZIENDA 14
5
AZIENDA 15
19
AZIENDA 16
98
AZIENDA 17
25
AZIENDA 18
44
70
Come già anticipato, il questionario somministrato ai lavoratori è stato
strutturato sulla tecnica della “scala Likert” e le 470 risposte sono state così
suddivise tra le varie domande:
NULLO
SCARSO
MEDIO
ALTO
ALTISSIMO
a)pagamento di fatture-bollette
73
93
174
110
20
b)disbrigo di pratiche burocratiche
57
95
178
121
19
c)consulenza legale di primo livello
68
129
164
82
27
44
50
125
164
87
a)brevi interventi di cura
54
117
152
104
43
b)disbrigo di lavori
60
96
191
92
31
88
159
125
71
27
96
144
167
48
15
1-UN SERVIZIO PER LA PICCOLA
GESTIONE AMMINISTRATIVA
PER:
2-UN SERVIZIO MENSA
RISTORAZIONE PER L’AREA
PRODUTTIVA con conseguente
riduzione della pausa pranzo
3-UNA STRUTTURA DI SERVIZIO
PER FAMILIARI A DOMICILIO
(anziani, disabili,ecc)
c)incombenze domestiche (spesa,
…)
4-UN SERVIZIO PER LA
REALIZZAZIONE DI LAVORI
DOMICILIARI O SVOLGIMENTO
COMMISSIONI
71
5-UN SERVIZIO PER LA
PRENOTAZIONE E CONSEGNA
DELLA SPESA A DOMICILIO O
107
190
129
30
14
111
149
144
53
13
56
40
106
195
73
18
38
129
202
83
46
44
159
152
69
69
109
158
108
26
65
117
154
98
36
51
48
110
163
98
SUL LAVORO
6-UN SERVIZIO DI
BIGLIETTERIA/PRENOTAZIONI
PER SPETTACOLI, SERVIZI,
TRASPORTI, ECC
7-UN SERVIZIO DI BABY CARING
cioè un servizio di custodia/cura per
bambini fino a 8-10 anni per 1 o 2
ore dopo l’orario scolastico
8-UN SERVIZIO PER RICHIEDERE
E PRENOTARE
VISITE/PRESTAZIONI MEDICHE
9-UN SERVIZIO FITNESS (palestra,
convenzione con piscina
comunale…)
10-UNO SPORTELLO BANCARIO
O UN PUNTO BANCOMAT
11-UN SERVIZIO DI CAR
SHARING, cioè di auto condivise per
raggiungere i luoghi di lavoro
12-UN SERVIZIO DI
CURA/ASSISTENZA BAMBINI PER
IL PERIODO ESTIVO
Per una corretta definizione dei servizi che andranno a comporre o meno il
multiservice aziendale, verrà calcolata la percentuale per ogni etichetta della
scala Likert, sapendo che la somma dei valori che definiscono ogni tipologia di
servizio coincide con il totale dei questionari (470).
72
Ovviamente si tratta di un’analisi puramente numerica, con successive
considerazioni sui singoli servizi di interesse, dal momento che il questionario è
stato strutturato in modo tale da non fornire (appositamente) alcuna
informazione sul lavoratore che ha contribuito all’indagine (né il sesso, né l’età,
né il ruolo o la funzione aziendale, né la situazione familiare).
Riproponiamo, quindi, lo stesso questionario somministrato ai lavoratori con le
rispettive percentuali:
NULLO
SCARSO
MEDIO
ALTO
ALTISSIMO
14,1%
22,5%
36,6%
22,2%
4,6%
a)pagamento di fatture-bollette
15,6%
19,8%
37%
23,4%
4,2%
b)disbrigo di pratiche burocratiche
12,1%
20,2%
37,9%
25,8%
4%
c)consulenza legale di primo livello
14,5%
27,4%
34,9%
17,5%
5,7%
9,4%
10,7%
26,6%
34,8%
18,5%
14,3%
26,4%
33,1%
19%
7,2%
a)brevi interventi di cura
11,5%
24,9%
32,3%
22,1%
9,2%
b)disbrigo di lavori
12,8%
20,4%
40,6%
19,6%
6,6%
c)incombenze domestiche (spesa, …)
18,7%
33,8%
26,6%
15,1%
5,8%
20,4%
30,6%
35,5%
10,3%
3,2%
1-UN SERVIZIO PER LA PICCOLA
GESTIONE AMMINISTRATIVA
PER:
2-UN SERVIZIO MENSA
RISTORAZIONE PER L’AREA
PRODUTTIVA con conseguente
riduzione della pausa pranzo
3-UNA STRUTTURA DI SERVIZIO
PER FAMILIARI A DOMICILIO
(anziani, disabili,ecc)
4-UN SERVIZIO PER LA
REALIZZAZIONE DI LAVORI
DOMICILIARI O SVOLGIMENTO
COMMISSIONI
73
5-UN SERVIZIO PER LA
PRENOTAZIONE E CONSEGNA
DELLA SPESA A DOMICILIO O
22,8%
40,4%
27,4%
6,4%
3%
23,6%
31,7%
30,6%
11,3%
2,8%
11,9%
8,5%
22,6%
41,5%
15,5%
3,8%
8,1%
27,4%
43%
17,7%
9,8%
9,4%
33,8%
32,3%
14,7%
14,7%
23,2%
33,6%
23%
5,5%
13,8%
24,9%
32,8%
20,9%
7,6%
10,9%
10,2%
23,4%
34,7%
20,8%
SUL LAVORO
6-UN SERVIZIO DI
BIGLIETTERIA/PRENOTAZIONI
PER SPETTACOLI, SERVIZI,
TRASPORTI, ECC
7-UN SERVIZIO DI BABY CARING
cioè un servizio di custodia/cura per
bambini fino a 8-10 anni per 1 o 2
ore dopo l’orario scolastico
8-UN SERVIZIO PER RICHIEDERE
E PRENOTARE
VISITE/PRESTAZIONI MEDICHE
9-UN SERVIZIO FITNESS (palestra,
convenzione con piscina comunale…)
10-UNO SPORTELLO BANCARIO
O UN PUNTO BANCOMAT
11-UN SERVIZIO DI CAR
SHARING, cioè di auto condivise per
raggiungere i luoghi di lavoro
12-UN SERVIZIO DI
CURA/ASSISTENZA BAMBINI PER
IL PERIODO ESTIVO
Gli esiti del lavoro di ricerca ed analisi degli elementi strutturali e logistici del
territorio consentono di giungere alla composizione di un’idea di dettaglio di
come dovrà essere realizzata la struttura di multiservice; con i dati raccolti si
creerà uno scenario virtuale, attraverso cui sarà possibile valutare la concreta
fattibilità dell’ipotetico modello messo a punto, considerando e valutando il
rapporto costi-benefici previsti per la realizzazione dell’intervento.
74
Si comporrà, così, una valutazione generale degli effetti che la struttura di
multiservice può apportare dal punto di vista economico, di impatto sul territorio,
sui servizi già esistenti e sull’organizzazione delle aziende.
L’ipotesi prevede la creazione di una struttura organizzativa compatta sia dal
punto di vista dell’organizzazione sia dal punto di vista della gestione, ma non
necessariamente centralizzata a livello operativo.
La valutazione della composizione del multiservice dipenderà dalle percentuali
di maggioranza, le quali saranno supportate dalle percentuali di corollario in
eccesso o in difetto, nel senso che se un servizio avrà come percentuale
maggiore quella dell’etichetta “alto”, ovviamente l’elevato interesse verso quel
servizio sarà supportato anche dalle etichette “altissimo” e “medio”. L’etichetta
“medio” sarà di supporto all’implementazione del servizio, collocandosi sì a
metà “strada”, ma avendo semanticamente una connotazione positiva; invece,
le etichette “scarso” e “nullo” definiranno il mancato interesse ad implementare
il servizio in oggetto.
L’ipotesi concreta scaturente da tale analisi (sono stati qui evidenziati
esclusivamente i risultati statistici che sostengono in modo indiscutibile un
giudizio di positività verso la percezione relativa all’introduzione di alcune
tipologie di servizi od attività, è in sostanza assente, per correttezza
procedurale, ogni giudizio di merito o commento soggettivo relativo ad una od
altra categoria della rilevazione) e dai suddetti presupposti prevede un
multiservice potenzialmente composto da:
un servizio di baby caring, cioè un servizio di custodia/cura per
bambini fino a 8-10 anni per 1 o 2 ore dopo l’orario scolastico, sostenuto
dal 41,5% dei lavoratori con etichetta alto e supportato dal 15,5% e dal
22,6% rispettivamente dell’etichetta altissimo e medio per un totale di
79,6% di lavoratori a favore dell’implementazione del servizio;
75
un servizio di cura/assistenza bambini per il periodo estivo,
sostenuto dal 34,7% dei lavoratori con etichetta alto e supportato dal
20,8% e dal 23,4% rispettivamente dell’etichetta altissimo e medio per un
totale di 78,9% di lavoratori a favore dell’implementazione del servizio;
una struttura di servizio per familiari a domicilio (anziani, disabili, …),
sostenuta dal 33,1% dei lavoratori con etichetta medio e supportato dal
19% e dal 7,2% rispettivamente dell’etichetta alto e altissimo per un
totale di 59,3% di lavoratori a favore dell’implementazione del servizio;
la definizione di tale struttura prevede al suo interno la presenza di
diversi servizi tra i quali soprattutto il disbrigo di lavori (40,6% medio +
19,6% alto + 6,6% altissimo = 66,8%) e brevi interventi di cura (32,3%
medio + 22,1% alto + 9,2% altissimo = 63,6%), mentre le piccole
incombenze domestiche come la spesa (26,6% medio + 15,1% alto +
5,8% altissimo = 47,5%) non sono di grande interesse dal momento che
sono considerate d’interesse nullo o scarso da oltre la metà dei
partecipanti al questionario;
un servizio per richiedere e prenotare visite/prestazioni mediche,
sostenuto dal 43% dei lavoratori con etichetta alto e supportato dal
17,7% e dal 27,4% rispettivamente dell’etichetta altissimo e medio per un
totale di 88,1% di lavoratori a favore dell’implementazione del servizio;
un servizio fitness (ad esempio, una palestra), sostenuto dal 33,8% dei
lavoratori con etichetta medio e supportato dal 32,3% e dal 14,7%
rispettivamente dell’etichetta alto e altissimo per un totale di 80,8% di
lavoratori a favore dell’implementazione del servizio;
76
un servizio per la piccola gestione amministrativa, sostenuto dal
36,6% dei lavoratori con etichetta medio e supportato dal 22,2% e dal
4,6% rispettivamente con etichetta alto e altissimo per un totale di 63,4%
di lavoratori a favore dell’implementazione del servizio; la definizione di
tale struttura prevede al suo interno la presenza di diversi servizi tra i
quali il disbrigo di pratiche burocratiche (37,9% medio + 25,8% alto + 4%
altissimo = 67,7%%), il pagamento di fatture e bollette (37% medio +
23,4% alto + 4,2% altissimo = 64,6%) e un servizio di consulenza legale
di primo livello (34,9% medio + 17,5% alto + 5,7% altissimo = 58,1%);
un servizio mensa strutturato per tutta l’area produttiva, sostenuto
dal 34,8% dei lavoratori con etichetta alto e supportato dal 18,5% e dal
26,6% rispettivamente con etichetta altissimo e medio per un totale di
79,9% di lavoratori a favore dell’implementazione del servizio;
uno sportello bancario o un punto bancomat, sostenuto dal 33,6%
dei lavoratori con etichetta medio e supportato dal 23% e dal 5,5%
rispettivamente con etichetta alto e altissimo per un totale di 62,1% di
lavoratori a favore dell’implementazione del servizio;
un servizio di car sharing, cioè un servizio di auto condivise per
raggiungere i luoghi di lavoro, sostenuto dal 32,8% con etichetta medio e
supportato dal 20,9% e dal 7,6% rispettivamente con etichetta alto e
altissimo
per
un
totale
di
61,3%
di
lavoratori
a
favore
dell’implementazione del servizio.
Alcuni dei servizi sottoposti al giudizio dei lavoratori non sono stati valutati di
grande interesse, come chiaramente evidenziato dalle risultanze quantitative
della rilevazione.
77
Si tratta in particolare del:
servizio per la prenotazione e consegna della spesa sul
lavoro o presso il domicilio, per il quale la percentuale più alta
del 40,4% riguarda l’etichetta scarso, supportata dal 22,8%
dell’etichetta nullo per un totale di 63,2% di lavoratori che non
ritiene necessario tale servizio;
servizio di biglietteria/prenotazioni per spettacoli, servizi o
trasporti, per il quale la percentuale più alta del 31,7% riguarda
l’etichetta scarso, supportata dal 23,6% dell’etichetta nullo per un
totale di 55,3% di lavoratori che non ritiene necessario tale
servizio;
servizio per la realizzazione di lavori domiciliari o per lo
svolgimento di commissioni, per il quale la percentuale più alta
del 35,5% riguarda l’etichetta medio, che sommata al 10,3% e al
3,2% rispettivamente dell’etichetta alto e altissimo, non raggiunge
comunque la metà dei lavoratori; la somma tra le percentuali
dell’etichetta scarso e dell’etichetta nullo, rispettivamente del
30,6% e del 20,4%, raggiunge il totale del 51% dei lavoratori che
non ritiene necessario tale servizio.
78
L’ipotesi strutturale complessiva del multiservice potrebbe quindi prevedere,
formalmente i seguenti servizi od attività presenti nel complesso di nuova
realizzazione:
AUDITORIUM
MENSA
strutturata
SERVIZIO PER LA
PICCOLA
GESTIONE
AMMINISTRATIVA
SERVIZIO
FITNESS
SERVIZIO
PER
RICHIEDERE E
PRENOTARE
VISITE
MEDICHE
CAR
SHARING
MULTISERVICE
DI
DISTRETTO
BA R
SPORTELLO
BANCARIO
O PUNTO
BANCOMAT
BABY CARING
CURA/ASSISTENZA
BAMBINI PER IL
PERIODO ESTIVO
GARNI’
+
APPARTAMENTI
SERVIZIO PER
FAMILIARI A
DOMICILIO
79
Tale rappresentazione formale della futura struttura integrata di servizi
progettata dal comune di Fossò potrebbe prevedere quindi una integrazione
potenziale dei servizi originariamente pensati dagli amministratori locali con
alcune delle categorie proposte dalla ricerca che hanno effettivamente
riscontrato percentuali di forte interessa statistico da parte del significativo
campione di futuri fruitori di tali servizi sottoposto a sondaggio attraverso i nostri
strumenti analitici.
Per alcuni di questi servizi indichiamo ora brevemente gli elementi concreti di
fattibilità e passibili di approfondimento a supporto dell’introduzione dello
stesso.
Infatti, ad esempio:
per i due servizi di utilità sociale e familiare legati all’infanzia (baby caring e
servizio di cura/assistenza bambini per il periodo estivo), gli elementi di
fattibilità oggetto di analisi sono: la tipologia della struttura, le dimensioni, la
logistica dell’area dedicata, gli orari attinenti alle esigenze dei lavoratori,
l’organizzazione del servizio, il numero degli educatori coinvolti, i costi, i
criteri di accessibilità al servizio, il numero minimo di utenti dello stesso nei
diversi periodi dell’anno al fine di permetterne la copertura dei costi e la
redditività di gestione, le modalità di utilizzo e l’armonizzazione dello stesso
con i già preesistenti servizi presenti sul territorio comunale;
per il servizio sulla piccola gestione amministrativa, gli elementi di fattibilità
da analizzare sono: la tipologia del servizio, il numero di persone coinvolte,
l’organizzazione del servizio in termini di orari ed accessibilità, le
caratteristiche del servizio di consulenza legale di primo livello ed
amministrativa, la tipologia delle pratiche amministrative realizzabili, il
numero minimo di utenti dello stesso nei diversi periodi dell’anno al fine di
permetterne la copertura dei costi e la redditività di gestione, ed anche in
80
questo caso la doverosa non sovrapponibilità dello stesso con attività rese
dai Caf localmente attivi;
per il servizio di mensa strutturata per tutta l’area produttiva, gli elementi di
fattibilità oggetto di analisi sono: la logistica, il personale da impiegare nel
servizio, la gestione dei fornitori e degli acquisti, l’orario di accesso, la
valutazione di tempi dedicati alla pausa pranzo in relazione agli orari di
lavoro, il numero minimo di clienti o prodotti realizzati dallo stesso al fine di
permetterne la copertura dei costi e la redditività di gestione;
per la struttura di servizio domiciliare per i familiari come anziani o disabili,
ecc., gli elementi di fattibilità da analizzare sono: la logistica della struttura, il
personale qualificato e specializzato, l’accessibilità al servizio, le modalità e i
tempi di utilizzo e gli interventi di cura al domicilio, l’armonizzazione dello
stesso con i già preesistenti servizi presenti sul territorio comunale, anche in
questo caso il numero minimo di utenti al fine di permetterne la copertura dei
costi e la redditività di gestione;
per il servizio volto a richiedere e prenotare visite mediche, gli elementi di
fattibilità oggetto di analisi sono: il personale addetto alle prenotazioni, la
struttura dei moduli per le prenotazioni, gli strumenti da utilizzare, la logistica
dell’area, l’accessibilità per i lavoratori ed anche per i propri figli e familiari, la
tipologia delle prestazioni da fornire e gli orari, il numero minimo di utenti
dello stesso nei diversi periodi dell’anno al fine di permetterne il
mantenimento attivo e la conseguente copertura dei costi con redditività di
gestione, l’armonizzazione dello stesso con le attività svolte dai Cup o dalle
farmacie abilitate a tali servizi, ecc.
In modo particolare sulle strutture sanitarie, socio-sanitarie assistenziali e
sociali, la L.R. 22/2002 agli artt. 12 e 14 ha definito una classificazione delle
possibili tipologie di struttura:
81
nido integrato: è un servizio diurno strutturato in modo simile ad
un asilo nido; è collocato nello stesso edificio della scuola materna
e svolge attività socio-educative, mediante collegamenti integrativi
con le attività della scuola materna, secondo un progetto
concordato tra soggetti gestori. Accoglie fino ad un massimo di 32
bambini di età non inferiore ai 12 mesi e non superiore ai 3 anni
(può essere aperto solo se la scuola materna esiste già ed è
autorizzata ed accreditata secondo le procedure previste dal
Ministero della Pubblica Istruzione);
centro infanzia: è un servizio diurno strutturato in modo simile ad
un asilo nido; è collocato nello stesso edificio della scuola materna
e svolge attività socio-educative, mediante collegamenti integrativi
con le attività della scuola materna, secondo un progetto
concordato tra soggetti gestori; ha finalità sociali ed educative.
Accoglie fino ad un massimo di 32 bambini di età non inferiore ai
12 mesi e non superiore ai 3 anni (può essere aperto anche
contestualmente
alla
scuola
materna,
autorizzata ed accreditata secondo le
che
dovrà
essere
secondo le procedure
previste dal Ministero della Pubblica Istruzione);
comunità
educativa
per
minori:
è
un
servizio
educativo
assistenziale con il compito di accogliere temporaneamente il
minore, qualora il nucleo familiare sia impossibilitato o incapace di
assolvere al proprio compito; ha finalità educative ed assistenziali,
volte
alla
supplenza
temporanea
del
nucleo
familiare.
Compatibilmente con la capacità alloggiativa, può ospitare fino ad
un numero massimo di 8 minori maschi e/o femmine fino ai 12
anni oppure maschi o femmine di età compresa fra i 13 e i 18
anni;
comunità
educativa
mamma-bambino:
è
un
servizio
di
accoglienza di gestanti e/o madri con figlio in difficoltà sotto il
82
profilo delle relazioni familiari, parentali e sociali, oppure in
condizioni di disagio psico-sociale; ha finalità assistenziali ed
educative, volte alla preparazione alla maternità ed alla relazione
con il figlio, a sostegno dell’autonomia personale e della capacità
genitoriale. Accoglie gestanti e/o madri con figlio, fino ad un
massimo di 6 donne con i propri figli e 2 eventuali posti per la
pronta accoglienza.
In particolare, sui servizi sociali per l’infanzia la legge regionale ha definito le
linee guida per l’apertura di attività di baby sitting e baby parking, in seguito al
proliferare sul territorio regionale di tali attività non soggette a regime
autorizzativi. La struttura che potrebbe potenzialmente ospitare anche tale
attività (requisiti assolutamente cogenti e di non semplice realizzazione) deve
prevedere locali attrezzati per gestire bambini dai 12 mesi ai 6 anni per un
massimo di 2-3 ore e deve essere fruibile anche da parte di persone disabili; la
superficie complessiva deve essere di circa 8 mq per bambino e l’altezza
interna è preferibile sui 3 m; gli spazi necessari sono l’ingresso-spogliatoio
(dotato di armadietti per i bambini), la sala giochi, i servizi igienici per i bambini,
rapportati al numero di ospiti (antibagno con lavabo piccolo, fasciatoio,
vuotatoio, vasca e bagno con tazze piccole) e i servizi igienici per il personale
(con antibagno, bagno e spogliatoio); infine tra gli spazi accessori vi è la sala
per le attività pratiche, la sala riposo e lo spazio esterno.
Il Comune di Fossò (ed in generale l’Unione di Comuni) ha avviato inoltre un
proficuo confronto tra la città, l’amministrazione comunale, le parti sociali e
l’area produttiva sul tema della “flessibilità”, attraverso sperimentazioni
innovative come il multiservice, volte a progettare un diverso uso degli spazi,
una più efficace armonizzazione degli orari dei servizi, una migliore
organizzazione del lavoro ed una migliore vivacità del commercio.
83
La filosofia che si vuole portare avanti è quella di mettere in atto processi che,
partendo dall’analisi del mutamento degli stili di vita, sappiano adeguare la città
ed i suoi servizi a tali cambiamenti.
Ognuna delle progettualità e dei commenti e consigli emersi dalle interviste alle
direzioni aziendali e dai questionari somministrati ai lavoratori è stata inserita ed
integrata in una logica metropolitana che tiene conto di diverse variabili: gli
orari, gli spazi, l’accessibilità, le abitudini di chi vive e di chi abita la città “del
vivere” e “del produrre”.
Con la creazione di un centro servizi all’interno dell’area produttiva di Fossò, si
intende offrire delle risposte al tema più complesso della qualità della vita, volto
a favorire un migliore equilibrio tra la vita familiare e quella professionale.
L’implementazione dei servizi oggetto di studio e rilevazione statistica porta alla
necessità di un confronto sul tema più ampio dell’organizzazione del lavoro:
dagli orari su misura, agli orari differenziati, dai servizi più efficienti e più vicini
alla popolazione, all’orario ed al lavoro flessibile attraverso i quali riuscire
meglio a conciliare il tempo libero con il tempo del lavoro e rispondere così al
desiderio ormai diffuso di “sentirsi maggiormente padroni e consapevoli” delle
proprio scelte individuali.
Il desiderio del tempo per sé è sempre più diffuso.
Sempre più diffusa è inoltre la consapevolezza che un valore fondamentale
viene attribuito al concetto di tempo in senso generale ed alla partecipazione
diretta (anche parziale) di ogni individuo nella determinazione del proprio,
potendo agire in contesti di vite di lavoro che presentano potenzialità di scelta e
di offerta ricche e molteplici.
Gli orari sono un fattore determinante della nostra vita, tanto che il tempo è
ormai considerato un valore aggiunto. La riscoperta del valore del tempo è
stata, per i sistemi organizzativi, sociali e del lavoro, una rivoluzione profonda;
infatti, l’utilizzo della variabile del tempo pone l’uomo al centro della situazione e
in una posizione più favorevole per poterla governare.
84
Capire questo significa ridisegnare anche il nostro modo di ragionare, perché il
punto di osservazione non è più statico ma utilizza dinamiche flessibili e
adeguabili alle diverse realtà.
La differenza che passa fra un sistema organizzato ed un sistema
organizzato/strutturato è quello “spazio/tempo” per essere più vicini alla
valorizzazione dell’uomo ed al suo sentirsi parte di un gruppo sociale.
I gruppi ed in generale le persone non devono conciliarsi forzatamente, ma
devono apprezzare i vantaggi del vivere “conciliando”. La conciliazione dei
tempi di vita e di lavoro deve, quindi, essere affrontata come una nuova sinergia
capace di far dialogare gli interessi collettivi e sociali con quelli di natura
individuale e familiare. In passato queste due realtà sono state trattate in modo
distinto e l’attuale lettura etica di questo dialogo appare rivoluzionaria; la qualità
della vita va, dunque, cercata attraverso la compatibilità e la crescita di questo
rapporto.
Emerge un chiaro concetto di agire in “rete”, quale presupposto indispensabile
per la costruzione di un incrocio di nuove relazioni, di un nuovo modo di
rapportarsi con e verso gli altri, capace di riportare al centro del confronto gli
aspetti più rilevanti dal punto di vista contenutistico e valoriale, spostando in
secondo piano le gerarchie, i ruoli predefiniti e soprattutto le forme di gestione
burocratiche che schiacciano le doti dell’uomo, prima fra tutte la creatività.
Dal progetto di ricerca per la creazione di un multiservice, possono nascere
tanti piccoli spunti di riflessione o progetti/iniziative su :
-
“Tempi e orari della città”, riflessione condotta con lo scopo di migliorare
la fruibilità dei servizi e della città migliorando al tempo stesso, la qualità
del tempo dei lavoratori e, in generale, dei cittadini; tale progetto darebbe
attuazione alla L.53/2000 con la predisposizione di un Piano territoriale
degli orari, volto a migliorare la qualità della vita e la qualità
urbana/produttiva in un’ottica di conciliazione tra tempi di vita, orari di
lavoro e tempi dell’organizzazione urbana; il Piano territoriale degli orari
85
costruirebbe una rete di relazioni trasversali tra il Comune e i diversi
attori sociali, pubblici e privati della città.
-
“Orari
del
commercio”,
riflessione
condotta
ed
incentrata
sulla
liberalizzazione del commercio, attuando orari prolungati serali e festivi di
negozi e pubblici esercizi, accompagnati da cicli di animazione non solo
dei centri storici, ma anche nel nostro caso degli spazi nuovi e
comprensivi di aree mussali e teatrali nonche associative del distretto
artigianale-industriale, e con la promozione di percorsi culturali (con
l’apertura ad esempio di musei-mostre nei giorni festivi) per i turisti, gli
ospiti, i lavoratori ed i cittadini in generale.
-
“Armonizzare
gli
orari
dei
servizi
cittadini
e
della
pubblica
amministrazione”, riflessione sul piano territoriale degli orari con, ad
esempio, una giornata ben definita di apertura ad orario continuato, in
collaborazione con gli uffici di sportello di enti pubblici e privati della città.
-
“I tempi della scuola”, riflessione operativa che riguarda la riforma dei
cicli scolastici e l’organizzazione urbana, la flessibilità gestionale e
l’autonomia scolastica, la mobilità sostenibile ed i servizi territoriali per le
scuole.
Con l’attuazione di progetti su nuovi orari di apertura al pubblico di diversi
servizi od enti di natura privata ed anche pubblica, possono essere introdotte
flessibilità orarie in entrata ed in uscita dei lavoratori, con lo scopo di coniugare
flessibilità ed efficienza, il tutto in stretto accordo tra le istituzioni, le direzioni
aziendali e le parti sociali.
Non bisogna dimenticare che tali iniziative progettuali, proprio per la loro natura
partecipativa tra le forze interessate, presentano spesso difficoltà e criticità
nell’applicazione di nuovi strumenti di governo e di coordinamento del territorio:
si tratta, infatti, di definire un nuovo metodo di lavoro partecipato e trasversale
tra servizi e uffici diversi e con attori sociali anche molto differenti.
86
Nonostante molteplici rigidità anche culturali, le istituzioni, le imprese, i
lavoratori del distretto ed i cittadini in generale stanno lavorando per la “città che
cambia”, ponendo in stretto rapporto una città ed un’area produttiva legate alle
sue tradizioni, ma al tempo stesso moderne, vivibili ed a misura d’uomo.
Alcuni suggerimenti al riguardo possono essere riassunti e sintetizzati nelle
seguenti azioni:
recuperare le aree dismesse (di cui i cittadini ci parlano nel
progetto ATES), riqualificando e recuperando vecchi edifici, ad
esempio per costruire soluzioni abitative per quei lavoratori che
vengono da fuori e che devono fermarsi per settimane
(suggerimento dalle interviste aziendali per il multiservice);
elaborare un piano del traffico e del trasporto pubblico, puntando
a realizzare piste ciclo-pedonali (progetto ATES), a migliorare le
segnalazioni sugli attraversamenti pedonali (progetto (ATES), a
potenziare i mezzi pubblici da Fossò a Venezia e viceversa
(suggerimento dalle interviste aziendali per il multiservice), a
istituire dei servizi navetta (sempre suggerito dalle interviste
aziendali per il multiservice) sia per i lavoratori dalla fermata
dell’autobus al luogo di lavoro (e viceversa) e sia per i
clienti/fornitori da Venezia all’aeroporto (e viceversa), a definire un
servizio di car sharing, cioè un servizio di auto condivise per
raggiungere i luoghi di lavoro (servizio evidenziato dai questionari
sottoposti ai lavoratori), che va ad impattare non solo sul sistema
viario ma anche sulla sostenibilità ambientale;
creare spazi e luoghi d’incontro e di svago, attraverso l’istituzione
dell’auditorium, della mensa e di un bar (come punto di ritrovo per
lavoratori, cittadini, rappresentanti e clienti/fornitori), presso il
multiservice (fascicolo tecnico del Comune), costituendo la piazza
87
del centro servizi nell’area produttiva (fascicolo tecnico del
Comune), migliorando gli impianti sportivi con l’istituzione di un
servizio fitness all’interno dell’area produttiva (servizio evidenziato
dai questionari sottoposti ai lavoratori), sistemando l’area verde
attigua della zona industriale per definire un parco giochi per
bambini o aprendo il centro servizi anche di sera (suggerimenti
dalle interviste aziendali per il multiservice);
implementare servizi sociali per migliorare la qualità della vita,
delle persone e delle donne in particolare, dal momento che il
carico di lavoro di cura è soprattutto sulle spalle delle donne, sia
per la cura dei figli che per l’assistenza alle persone anziane e per
tutto quanto ruota intorno alla famiglia; in particolare, emerge la
necessità di una struttura di servizio per familiari a domicilio
(anziani, disabili, …) con brevi interventi di cura e disbrigo di
lavori, secondo una modalità di attivazione “on demand” e la
necessità di due servizi all’infanzia come il servizio di baby caring
e quello di potenziamento della cura/assistenza di bambini
durante il periodo estivo (servizi fortemente evidenziati dai
questionari sottoposti ai lavoratori);
potenziare il sistema telematico e di efficienza comunicativa e di
automazione di ufficio e burocratica, cablando innanzitutto la città
e realizzando sempre più una “città digitale” attraverso teleservizi;
ciò permetterà, ad esempio, le gestione di quei servizi di piccola
gestione amministrativa (come il disbrigo di pratiche burocratiche
o il pagamento di fatture e bollette) o la richiesta e prenotazione di
visite mediche in tempi ancora più veloci rispetto alle strutture che
dovrebbero ospitare tali servizi (servizi comunque evidenziati dai
questionari sottoposti ai lavoratori). I teleservizi influirebbero
massicciamente sulle politiche spaziali e temporali, evitando di
88
andare allo sportello con un impatto migliorativo sul traffico e sulla
mobilità.
In seguito a quanto affermato da alcune direzioni aziendali ed a quanto emerso
da alcuni questionari sottoposti ai lavoratori, queste nuove politiche e
sperimentazioni, che comprendono la creazione del centro servizi e
l’integrazione dello stesso con tipologie di attività nuove, evidenziano quanto sia
elevata la resistenza culturale verso alcuni cambiamenti e l’attaccamento a
stereotipi comportamentali e sociali di natura tradizionale.
Questo è un punto molto importante, perché nulla o poco si può fare se non c’è
un convincimento ed una partecipazione attiva dei soggetti coinvolti, di tutti i
soggetti coinvolti in queste operazioni che originano da scelte di policy making;
diventa quindi importante una efficace e costante comunicazione a tutti i livelli
per cercare di coinvolgere intorno a questi progetti ed a questi nuovi obiettivi, ed
in particolare al progetto del nuovo centro servizi e del multiservice integrato in
esso, la comunità nella sua interezza.
Il tema della flessibilità può essere visto in una duplice ottica:
-
giuslavorista
e
sindacale,
di
contrattazione
fra
l’azienda
ed
il
lavoratore/sindacato
-
territoriale e sociale, di conciliazione degli orari di lavoro con i tempi di
vita individuali.
In Italia, su tale ultima opzione la L. 53/2000, voluta dalle donne e frutto di un
lungo excursus parlamentare e di un dibattito nazionale durato 15 anni, tiene
insieme due aspetti legati alla flessibilità, uno individuale e l’altro collettivo:
-
da un lato, le forme di flessibilità dell’orario di lavoro nelle imprese, le cui
sperimentazioni sono finanziate attraverso l’art. 9;
-
dall’altro, l’articolazione della flessibilità che viene applicata ai tempi della
città.
89
Attraverso questi progetti si lavora sulla flessibilità spazio-temporale nell’offerta
dei servizi e sulla flessibilità degli orari di lavoro dei lavoratori; un esempio, è
l’implementazione di una mensa strutturata per tutta l’area industrialeartigianale di Fossò, servizio che potrà impattare fortemente sulla possibile
riduzione della pausa pranzo, con conseguente uscita anticipata dal luogo di
lavoro; in tal modo si inciderà anche sull’organizzazione del lavoro, con finalità
non solo economico-produttive ma anche etiche di qualità della vita.
Per mettere in atto politiche temporali, è necessario introdurre nuove
metodologie di lavoro:
-
co-progettare
-
costruire partenariati
-
fare rete
-
scambiare buone prassi
-
sperimentare
-
dialogare
-
coinvolgere nuovi attori
-
correggere le azioni in sperimentazione e realizzate attivando cicli
virtuosi e buone prassi.
Si tratta cioè di introdurre un radicale cambiamento nel metodo di lavoro chiuso
e fatto a tavolino per aprirsi alla città, all’area produttiva ed alle esigenze dei
lavoratori e dei cittadini in generale. Lavorare sugli orari degli uffici/negozi e
delle imprese significa lavorare sui trasporti, sui servizi sociali, sugli spazi della
città.
Quindi, intorno al tavolo della co-progettazione, è necessario che ci siano
competenze diverse per concertare in modo più efficiente e produttivo e per
equilibrare l’immagine del territorio. Il problema non è più quello di alimentare e
90
realizzare un welfare classico, ma è divenuto quello di una società che partecipi
in modo più attivo ai servizi sociali comunali (privati o pubblici) o a servizi sociali
esternalizzati come i servizi aziendali, i servizi nelle famiglie o nei condomini;
ecc. ecc.; è il territorio stesso che deve sollecitare un altro modello di welfare,
facendo comprendere alle imprese stesse che flessibilità non significa solo
competitività aziendale ma anche possibilità reale da parte dei lavoratori di
entrare ed uscire dal mercato del lavoro secondo un’esigenza dei cicli di vita e
delle condizioni familiari.
Ancora oggi, infatti, la flessibilità per le imprese viene utilizzata (come appare
logico che sia in una ottica di efficienza ed efficacia meramente produttiva)
quasi esclusivamente come necessità di risposta ad esigenze interne produttive
spesso non del lavoratore per la propria vita ed attività sociale; la flessibilità
nelle imprese viene considerata come la necessità di rincorrere il mercato, che
a sua volta rincorre il consumatore.
Le diverse forme di flessibilità contrattuale come il part-time sono viste spesso
dall’impresa come un elemento di rigidità (ed in molti casi esse si rivelano
essere tali), ma spesso anche da parte del lavoratore stesso perché part-time
significa ridotta capacità di guadagno.
Bisogna, quindi, creare le basi culturali affinché queste tematiche come pure la
flessibilità
contrattuale
siano
considerate
come
l’insieme
sinergico
e
conveniente per tutte le parti in gioco tra la dimensione lavorativa e la
dimensione del vivere sociale.
Governare tutto ciò implica il dialogo non solo tra le aziende, le parti sociali ed i
lavoratori, ma anche con le istituzioni. Il problema culturale appena citato è un
problema difficile da risolvere in poco tempo, ma sicuramente è il caso di
cominciare a parlarne in modo sistematico, dal momento che tempi e modi di
vita stanno rapidamente cambiando nel nostro paese; esiste cioè un problema
di formazione culturale degli individui sulle problematiche ambientali, sociali, di
“genere”, di eticità e di qualità della vita.
91
La parola “flessibilità” può avere tante letture: quella positiva legata alla
modernità ed al dinamismo e quella negativa vista come precarietà.
Le imprese, le parti sociali e le istituzioni devono trasformare queste parole in
azioni concrete, trasformando la negatività in opportunità e cercando di lavorare
affinché la flessibilità sia una ricchezza da trasferire all’interno della città “del
vivere” e “del produrre”: dagli orari di lavoro dei lavoratori a quelli delle aziende,
dagli orari di trasporto a quelli delle scuole.
Tutto ciò rappresenta un punto di arrivo ed un punto di partenza, nel senso che
il punto di arrivo è rappresentato dalle sperimentazioni e il punto di partenza è
rappresentato dalla trasformazione delle sperimentazioni in ordinarietà e
“mantenibilità” sostenibile e concreta delle esperienze; si tratta di trovare un
equilibrio tra la sperimentazione e la stabilizzazione rispetto alle esigenze dei
cittadini. In generale, si tratta, quindi, di svolgere un lavoro di tipo culturale da
una parte, facendo in modo di trasferire questa nuova mentalità ai vari soggetti
coinvolti e dall’altra parte di reperire risorse, vista l’importanza di questi temi,
all’interno di tutte le forme di disponibilità finanziarie che possono veicolare ed
aiutare la penetrazione di tali buone prassi.
Concludendo, possiamo affermare che la partita della conciliazione tra vita
professionale e ruolo familiare si gioca su piani diversi, e, in particolare, sulla
questione del tempo:
La
-
i tempi e le forme di organizzazione del lavoro (nelle imprese)
-
i tempi e le forme del lavoro di cura (in famiglia)
-
i tempi della città e le forme di vita sociale allargata (nel territorio)
creazione
del
multiservice
all’interno
del
distretto
permette
la
riorganizzazione degli orari, nel senso che il servizio mensa può ridurre i tempi
della pausa pranzo oppure la stessa pausa pranzo può essere vista come
possibilità per andare a ritirare un certificato, chiedere consulenza presso un
patronato, effettuare un pagamento, richiedere informazioni per un investimento
in banca o per fare attività sportiva presso la palestra interna al centro servizi.
92
La riorganizzazione degli orari permette ai lavoratori, ed ai cittadini in generale,
di riappropriarsi del proprio tempo e di scegliere il momento migliore per recarsi
presso uffici, sportelli o servizi di vario genere, evitando code e spostamenti
inutili e ottimizzando il tempo nel miglior modo possibile.
Il multiservice, quale efficace strumento in grado di favorire politiche di
flessibilità all’interno delle dinamiche produttive ed industriali del Distretto del
Brenta, rappresenta la struttura in grado di:
sperimentare innovazioni organizzative efficaci
sistematizzare le attività del distretto
offrire maggiore produttività e un migliore clima aziendale.
93
94
ALLEGATO A
QUESTIONARIO PROGETTO ATES – PATI – COMUNE DI FOSSO’
1.1 Che cosa le viene in mente appena sente il nome del suo Comune?
1.2 Con quale delle seguenti “immagini” rappresenterebbe il suo territorio comunale?
- Prevalentemente agricolo (campagna coltivata)
- ricco di ambiti di valore paesaggistico e permanenze architettoniche storiche
- zona di transito/attraversamento
- altro
1.3 Quali sono gli elementi che caratterizzano il territorio, quelli che si ricordano meglio?
1.4 A suo parere qual è il posto più bello?
1.5 E il posto più brutto?
2.1 In quali di queste affermazioni si riconosce?
-
Sono legato alla realtà ed al territorio in cui vivo
Sono legato al territorio in cui vivo, ma non ne vivo la realtà
Sono legato ad altre realtà territoriali (Venezia, Mestre, Padova, …)
Altro
2.2 E’ soddisfatto dell’ambiente in cui vive?
–
–
–
–
molto
abbastanza
non molto
per nulla
2.3 Secondo lei, la compilazione del questionario può essere d’aiuto all’Amministrazione?
–
–
–
–
molto
abbastanza
non molto
per nulla
2.4 Perché?
3.1 Negli ultimi anni l’intero territorio veneto è stato interessato da un grande sviluppo edilizio. Il
suo Comune ha preservato per ampie zone la sua caratteristica di territorio agricolo e
rurale. Secondo lei questo può essere
– una risorsa per il futuro
– non so
– uno svantaggio rispetto allo sviluppo/crescita di altri comuni
– altro
3.2 Rispetto ad oggi, come era il suo comune 10 anni fa?
– migliore
95
– peggiore
– uguale
4.1 Il permanere di ampie zone libere da costruzioni ha consentito la conservazione di alcuni
ambiti di valore paesaggistico ed entità architettoniche, anche minori, che rimangono a
testimonianza della cultura materiale dei luoghi. Cosa farebbe per valorizzare gli elementi
del paesaggio caratteristici?
– il recupero e la valorizzazione del paesaggio
– il recupero delle permanenze architettoniche, storiche e del patrimonio
artistico
– la previsione di percorsi tematici e la creazione di itinerari storicoculturali
– altro
5.1 L’amministrazione intende attivare diverse sinergie a livello territoriale e dare avvio alla
qualifica dell’intero sistema dei servizi. Ecco un elenco dei servizi presenti nel Comune. Per
ognuno di essi, indichi se è soddisfatto o meno, mettendo una crocetta nella corrispondente
casella
SERVIZI
Impianti scolastici
Impianti sportivi
Luoghi di ritrovo per i giovani
Luoghi di ritrovo per anziani
Iniziative culturali e ricreative
Spazi di ritrovo e svago
SODDISFATTO
NON SODDISFATTO
5.2 Quali interventi proporrebbe per la riorganizzazione dell’intero sistema dei servizi? Che
cosa manca?
5.3 Il tipo e la qualità del servizio soddisfano le sue esigenze?
– si
– no
5.4 Ecco un elenco di attività della vita quotidiana. Per ognuna di esse indichi se la fa all’interno
del Comune o fuori dal Comune?
ATTIVITA’
Fare la spesa
Andare alla posta
Acquistare abbigliamento
Praticare attività sportive
Passare il tempo libero con gli
amici
Andare in banca
FUORI
DENTRO
6.1 Il PATI deciderà le linee di sviluppo del futuro sviluppo edilizio. Sarà compito successivo del
P.I. individuare la loro collocazione puntuale nel territorio. Pensando allo sviluppo del
territorio comunale nei prossimi anni, a suo parere, questo dovrebbe essere
prevalentemente
– nel senso di mantenere o potenziare le caratteristiche che il comune
già possiede
– nel senso di sviluppare sempre più la dipendenza delle aree forti della
provincia
– non sapre
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6.2 Ecco una lista dei problemi connessi al sistema abitativo. Pensando alla situazione del suo
comune, li metta in graduatoria dal primo all’ultimo (il primo rappresenta il problema che a
suo parere è più grave, l’ultimo quello meno grave). Se a suo parere mancano alcuni
problemi, li indichi nelle righe bianche.
TIPO DI PROBLEMA
Mancanza di abitazioni
Disponibilità di case per gli
abitanti in paese
La presenza di aree dismesse
Mancanza di servizi connesi
(parcheggi, illuminazione…=
POSIZIONE IN GRADUATORIA
7.1 Il sistema viario presenta tutti i pro e i contro del passaggio delle Strade Provinciali. Ritiene
la strada che attraversa il centro del paese
- una risorsa
- un pericolo
- altro
7.2 Per risolvere il problema della strada, a suo avviso, sarebbero sufficienti
- interventi puntuali
- una significativa segnalazione degli attraversamenti pedonali
- la creazione di pista ciclabili/pedonali ben protette
- altro
8.1 Quali sono i problemi esistenti o emergenti che ritiene dovrebbero essere affrontati?
8.2 Quale problematica la preoccupa maggiormente?
8.3 Per quanto riguarda le possibili fonti d’inquinamento, quale ritiene sia il problema al quale si
deve porre rimedio più urgentemente?
- smog
- inquinamento acustico
- elettromagnetismo
- inquinamento ambientale
- altro
8.4 La nuova legge prevede lo strumento del Piano di assetto Territoriale Intercomunale
(PATI). Alcune problematiche per essere risolte o quantomeno mitigate, saranno trattate
assieme ai comuni limitrofi. Rispetto a questa affermazione si ritiene
– completamente d’accordo
– d’accordo
– non so
– in disaccordo
– in completo disaccordo.
8.5 Complessivamente, considerando vantaggi e svantaggi, come si vive nel suo comune?
- bene
- abbastanza bene
- abbastanza male
- male
8.6 Suggerimenti, proposte, osservazioni?
97
ALLEGATO B
98
99
100
101
102