Una filiera di servizi per nuovi processi produttivi nel Distretto
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Una filiera di servizi per nuovi processi produttivi nel Distretto
DISTRETTO CALZATURIERO VENETO Una filiera di servizi per nuovi processi produttivi nel Distretto Calzaturiero Veneto Ipotesi di studio per la creazione di un multiservice nell'area artigianale-industriale di Fossò (Ve) Relazione finale progetto di ricerca Distretto Calzaturiero Veneto Via Mazzini, 2 – 30039 Stra (Ve) Italy tel. +39.049.9801422 fax. +39.049.9800503 [email protected] www.distrettocalzaturieroveneto.it Si ringraziano per la collaborazione alla realizzazione del progetto: Le aziende: Accademia Srl, Alfi Srl, Bel Mark Snc, Brera Srl, Casal Snc, Elyse Srl, Gritti Srl, Guardi Spa, Insalp Srl, Mima Srl, Original Sergio Salmaso Srl, Panizzolo Antonio Srl, Pellico Srl, Rediris Srl, Sielv Snc, Speed Service International Srl, Stefmarie Srl, Ust Srl, Volpato Snc Guido Carraro (Sindaco), Paolo Carraro (Vice Sindaco), funzionari e tecnici Comune di Fossò (Ve) Daniela Contin (Sindaco) Comune di Fiesso d'Artico (Ve) Paolo Vecchiato Assessore unico Attività Produttive dei comuni di Dolo, Fossò, Stra (Ve) Chiara Pescarolo – Sabrina Cadamuro – Marianna Simo ACRIB (Associazione Calzaturifici Riviera del Brenta) Franco Cestonaro, Vittorino Martarello CNA di Rovigo (Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa) Elio De Gasperi Associazione Artigiani e Piccola Impresa “Città della Riviera del Brenta” Gianpiero Menegazzo Rappresentante Patto di Distretto Mario Zambelli, Mauro Tescaro Politecnico Calzaturiero Scarl Claudio Zaccarin, Jacopo Zanella, Tiziana Basso Filtea-Cgil Alfio Calvagna, Carlo Nicolli, Massimo Meneghetti Femca-Cisl Rino Dal Pos Unindustria Padova Pierluigi Matteraglia Studio Ates Maurizio Simion Studio Berti, Garelli – Simion & Partners Studio Commercialisti Associati A&A – Account & Audit srl, Studium Professionisti d’Impresa – Beltrame/Depieri Associati, Shoe Servizi s.r.l. Redattori Sandra Cavazzuti, Stefano Maccaferri con i collaboratori Marcello De Felice, Chiara Bonazzi Con il contributo della Regione Veneto L.R. 8/2003 In collaborazione con: Rovigo CGIL CISL Federazione Energia Moda Chimica ed Affini FILTEA Federazione Italiana lavoratori tessile abbigliamento Una filiera di servizi per nuovi processi produttivi nel Distretto Calzaturiero Veneto Ipotesi di studio per la creazione di un multiservice nell'area artigianale-industriale di Fossò (Ve) Relazione Finale Progetto di Ricerca PREFAZIONE DISTRETTI: 3 ANNI PROFICUI CHE IL CALZATURIERO HA SAPUTO METTERE A FRUTTO. ED ORA GUARDIAMO AL DOMANI di Fabio Gava Il modello distrettuale, che ha visto crescere e svilupparsi una miriade di piccole imprese, è stato quello che il Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi ha definito “il miracolo” che ha saputo divenire “oggetto di studio nel mondo”. Un modello che ha dato vita a varie filiere produttive che costituivano e costituiscono delle vere “comunità” produttive. Nel rivolgermi ai protagonisti di una delle migliori esperienze in assoluto vissute nel Veneto in questi 3 anni e spiccioli come quella degli imprenditori del calzaturiero, mi pare questa citazione del Presidente della Repubblica il modo più adatto per esprimere tutta la mia considerazione e rivolgere a tutti sinceri complimenti per il cammino svolto ed i risultati raggiunti. La legge regionale che avete così ben saputo utilizzare ha dimostrato in questo triennio la fondatezza delle scelte operate dalla Regione Veneto che, proprio anche grazie alle indicazioni giunte dai destinatari della legge, ai primi di marzo ne ha approvato una rivisitazione, con un cammino veloce, concertato e concreto che è andato ben aldilà degli schieramenti politici, con tante novità come i metadistretti, i distretti di filiera, i nuovi parametri per favorire l’aggregazione, il rafforzamento delle Misure rivolte alla ricerca e all’innovazione. Ecco due parole chiave, come “internazionalizzazione” e “aggregazione sistemica” sulle quali si gioca il nostro futuro, e sulle quali il calzaturiero ha già saputo concentrare il suo lavoro in sede distrettuale, fatto ampiamente dimostrato nei contenuti di questa pubblicazione. La vera forza che le imprese possono trovare all’interno di questi sistemi organizzativi è anche quella di esprimere la loro capacità di cooperare dialogando tra loro, non in competizione, ma come “giocatori” con ruoli diversi di una “stessa squadra”, che riescono a vedere i loro competitors all’esterno. Di prendere consapevolezza di “essere comunità”, che parla lo stesso linguaggio, per favorire l’interscambio di conoscenze. Il Distretto allora diventa, e dovrà sempre più diventare, il luogo che esalta la struttura organizzativa di tanti piccoli che si specializzano e integrano reciprocamente, richiedendo d’altro canto servizi più avanzati della grande impresa, in cui le banche e le Istituzioni non possono rimanere inerti. Dall’agosto 2003, quando vennero riconosciuti dalla Regione i primi 28 Distretti, di strada ne è stata fatta tanta. Nel 2003 vennero presentati 123 progetti, di cui 116 ammessi a contributo per un totale di finanziamenti erogabili di quasi 15 milioni di Euro. Nel 2004 i Distretti salirono a 40; 107 furono i progetti ammessi; 16 milioni 730 mila Euro i fondi destinati dalla Regione. Questi numeri hanno mobilitato investimenti per 54 milioni di Euro, saliti ad oltre 60 milioni nel 2005, con altri 20 milioni di stanziamenti regionali. Dati di sintesi, questi, dai quali mi pare opportuno cogliere alcune considerazioni interessanti come, ad esempio, la crescita dei progetti relativi alle Misure “2” “ricerca, sviluppo e trasferimento tecnologico”: dai 16 proposti nel 2003, pari al 13%, siamo passati ai 40 del 2004, pari al 33%; e ai 58 del 2005, pari al 44% di tutti i progetti presentati e al 60% del cofinanziamento regionale impegnato. Dei questa escalation positiva il distretto della Calzatura è stato ed è una delle stelle polari, e di questo vi ringrazio e mi complimento. Avv. Fabio Gava Assessore Politiche Economiche ed Istituzionali Regione del Veneto PREMESSA Il settore calzaturiero Veneto si trova, oggi, a fronteggiare uno scenario competitivo in rapida e continua evoluzione dove i fenomeni più evidenti sono: il mutamento dei consumi, la perdita di importanza delle stagioni moda, la diffusione di nuove tecnologie CAD, l’internazionalizzazione delle imprese ed il miglioramento della qualità dei prodotti. Questi elementi esercitano sulle imprese una forte pressione sul cambiamento di tipo strategico ed organizzativo, e richiedono una revisione complessiva dei processi e delle metodologie di lavoro, finalizzate al miglioramento della competitività e del valore dell’offerta commerciale. Il Distretto Calzaturiero Veneto, costituito per supportare questo processo di cambiamento, ha pianificato ed organizzato una serie di interventi finalizzati a migliorare la capacità competitiva delle aziende calzaturiere e della filiera. Nell’ambito di tali attività il Distretto, con l’apporto di tutte le sue componenti economiche e sociali, è particolarmente impegnato a dare rilevanza al fattore costituito dalla capacità di gestire le risorse umane. Le aziende, soprattutto le PMI, sono sempre più consapevoli che devono il loro successo, oltre che allo spirito imprenditoriale ed alla abilità direzionale, al fatto di poter contare su un patrimonio di Risorse Umane flessibili, professionali ed affidabili. Gli sforzi di valorizzazione del capitale umano non devono essere legati a logiche occasionali, rispondenti ad urgenze o momenti di “crisi”, ma ad una precisa pianificazione degli interventi. In tale logica è stata realizzata una ricerca per valutare la possibilità di introdurre processi di riorganizzazione del lavoro e metodiche di flessibilità in grado di coniugare i tempi di vita e di lavoro, tenuto conto delle reali necessità personali dei lavoratori, nel rispetto delle esigenze delle imprese. La attuale iniziativa è stata attuata nell’ambito della Legge Regionale 4 aprile 2003, n.8: “Disciplina dei Distretti Produttivi ed interventi di politica industriale locale – Bando 2004”, ed ha come obiettivo la realizzazione di una attenta ed accurata ricerca ed analisi delle peculiarità logistiche e strutturali per giungere al miglioramento ed al rafforzamento della rete dei servizi territoriali a disposizione di aziende e dipendenti. La finalità è quella di valutare la possibilità di sostenere le esperienze conciliative mediante l’introduzione di servizi, di tipo non convenzionale, da offrire ai lavoratori occupati nelle aziende del distretto. Si tratta di una sfida che investe il territorio e che deve essere affrontata in modo congiunto da tutti i soggetti che sul territorio operano con la consapevolezza di esserne i principali attori: enti locali, organizzazioni imprenditoriali e sindacali, imprese e lavoratori. Mobilitare tutte queste forze su un progetto condiviso è di per sé già un risultato positivo. Franco Ballin – Presidente ATI “Distretto Calzaturiero Veneto” SOMMARIO OBIETTIVI DELLA RICERCA, DEFINIZIONE DELL’AMBITO SPAZIO-TEMPORALE E FINALITA’ DEL PROGETTO D’INDAGINE 2 CAPITOLO 2 CHE COSA E’ UN MULTISERVICE? – LE SFIDE DELLA GLOBALIZZAZIONE 15 CAPITOLO 3 LA SCELTA DELL’AREA PRODUTTIVA DI FOSSO’ COME IPOTESI DI SEDE LOGISTICA DEL MULTISERVICE 25 CAPITOLO 4 LE METODOLOGIE UTILIZZATI STRUMENTI 27 CAPITOLO 5 IL TERRITORIO: DALLA RIQUALIFICAZIONE DELL’AREA PRODUTTIVA ALLA RESPONSABILITA’ SOCIALE DELLE IMPRESE 34 CAPITOLO 6 I PROGETTI TECNICO-TERRITORIALI DI SUPPORTO AL PROGETTO DI CREAZIONE DI UN MULTISERVICE AZIENDALE 46 CAPITOLO 1 E GLI 6.1 – PROGETTO LOCALE DI UN CENTRO SERVIZIO NELL’AREA PRODUTTIVA DI FOSSO’ 47 6.2 - RICERCA A.TE.S SRL – Architettura territoriale strategica CAPITOLO 7 I RISULTATI DELLA RILEVAZIONE 56 ALLEGATO A Questionario del progetto ATES SRL - modello 95 ALLEGATO B Risultati del questionario ATES SRL 98 ALLEGATI 1 1 – OBIETTIVI DELLA RICERCA, DEFINIZIONE DELL’AMBITO SPAZIO-TEMPORALE E FINALITA’ DEL PROGETTO D’INDAGINE La presente ricerca e l’indagine ad essa connessa rientrano nell’ambito della Legge regionale n.8/2003 che disciplina i distretti produttivi del Veneto e gli interventi di politica industriale locale. Il limite spaziale e geografico della ricerca è stato individuato nelle aziende dell’area calzaturiera del Brenta, fra le province di Padova e Venezia, in particolare all’interno della zona artigianale-industriale di Fosso’, in provincia di Venezia, ma al confine con la provincia di Padova. Nell’area territoriale che si estende geograficamente a cavallo fra le due province di Padova e Venezia, ha posto le basi negli anni il sistema calzaturiero della Riviera del Brenta, dedicato per lo più alla produzione di calzature di altissima qualità e caratterizzato dall’alto numero di centri di design che studiano, progettano e realizzano le collezioni per i più noti marchi della moda. A far parte di quello che si può definire un “vero e proprio distretto produttivo” sono PMI, imprese di tipo artigianale, industriale e commerciale, specializzate ed integrate fra loro in filiere produttive all’interno dello specifico settore calzaturiero. Le aziende di dimensione medio-grande spesso stabiliscono un forte rapporto di leadership con quelle di minori dimensioni presenti nella filiera produttiva. Tale situazione rappresenta un fattore di sviluppo per il settore e per il “Sistema Distretto” nel suo complesso, ma può costituire nel contempo un elemento di rischio e di instabilità economica. La storia della calzatura nell’ambito della Riviera del Brenta racconta di una lunga tradizione che ha saputo dare un notevole contributo ai processi di crescita e sviluppo economico della realtà locale, fino al secolo scorso 2 esclusivamente di tipo rurale. I numeri di questo sistema economico si mostrano consistenti sia nella media territoriale che di assoluto rilievo in quella nazionale per il complesso di dipendenti coinvolti, di aziende presenti sul territorio ed infine per i ragguardevoli livelli di fatturato annuo raggiunti. Il distretto calzaturiero è ancora fortemente legato ad una dimensione artigianale dei processi produttivi e di gran parte delle lavorazioni assolutamente specialistiche presenti nello stesso (si pensi alle donne addette all’orlatura che ancora in molti casi lavorano dal proprio domicilio e sono spesso caratterizzate da una età avanzata, o da almeno diversi anni, se non decenni, di esperienza nella mansione specifica) e molte delle aziende del distretto si stanno confrontando con le problematiche della crisi-cambiamento dei processi produttivi e commerciali, dovute in particolar modo alla concorrenza dei paesi asiatici ed alla conseguente difficoltà per diverse imprese di “fare massa critica” nelle strategie attuate nei confronti dei competitors mondiali con particolare riferimento alle tematiche legate alla commercializzazione del prodotto. E’ quindi sentita con molta forza la necessità di industrializzare i processi produttivi artigianali, “professionalizzando” verso l’alto le competenze delle risorse umane ed investendo in innovazioni tecnologiche, di processo/prodotto ed in innovazioni organizzative tendenti alla forte elevazione della qualità del prodotto realizzato. Tutto ciò deve trovare anche espressione concreta in una prassi di comakership tendente a creare strategie di azione e meccanismi concreti di supporto reciproco fra le imprese finalizzati al sostegno dell’intero sistema, globalizzandone la capacità di risposta e l’efficacia ed efficienza dei processi operativi. Tale processo deve, però, maturare e realizzarsi attraverso la contemporanea realizzazione di due esigenze di fondo o se si preferisce di contesto di natura, anche, socio-economica: 3 1. la salvaguardia del brand “Made in Italy” di alta ed altissima qualità per un mercato mondiale selezionato e sempre più esigente, caratterizzato dalla apertura verso geografie di mercati sino a qualche anno fa impensabili per le nostre imprese. 2. l’adeguamento e cambiamento delle strategie operative del sistema dei servizi di supporto alle esigenze del complessivo comparto economico e produttivo, la cui attuale, parziale, inadeguatezza o incompletezza può rappresentare una funzione di freno alle potenzialità effettive di sviluppo e di crescita del distretto. In tale processo di adeguamento dei servizi trova sviluppo l’ipotesi della presente ricerca industriale afferente l’ipotesi di introduzione di servizi anche per il sistema socio-economico e produttivo. • In merito al primo punto, si rileva che le aziende del distretto progettano, producono e commercializzano, pressoché esclusivamente, calzature da donna di tipo fine-lusso, per il 95% e calzature per uomo, di qualità medio-alta, per il restante 5%. Nell’era della globalizzazione, orientata ad una omogeneizzazione standardizzata dei comportamenti di consumo, la diversificazione dei gusti, dei bisogni, delle attese, delle motivazioni e dei comportamenti crea delle nicchie di consumo sempre più specifiche, che non possono essere coperte dalla produzione di serie e di massa, ma che richiedono un’articolazione specifica ed estremamente sensibile dell’offerta. Un’importante risposta al calo dei consumi di alcuni mercati tradizionali europei ed americani ed al fenomeno della forte concorrenza, soprattutto dei paesi asiatici, è rappresentata dalla capacità di farsi interpreti di “strategie di nicchia”. Esse consistono in quella particolare capacità e comportamento di quelle aziende capaci di capire e penetrare le innumerevoli nicchie dei bisogni e dei consumi espresse da acquirenti di culture e gusti sempre più diversi. 4 Le imprese calzaturiere del distretto sono cresciute con il gusto del “Made in Italy” e dell’ “Italian Style” ed è solo attraverso questa eccellenza creativa ed il continuo rinnovamento che è possibile trovare spazi per competere nel campo della produzione e in quello della commercializzazione. Non è quindi sufficiente un know-how tecnico e scientifico, che può essere rapidamente assorbito dai concorrenti; bisogna valorizzare il prodotto italiano di qualità che affonda le sue radici proprio in un modello culturale ed organizzativo tipicamente italiano che è quello del “sistema a rete”, che trova la sua più vasta espressione nei distretti produttivi. Nel distretto, infatti, operano in stretto rapporto l’ambiente, la storia, i costumi ed i movimenti culturali del territorio che poi caratterizzano l’organizzazione ed il funzionamento delle realtà produttive ed i relativi prodotti finali. • In merito al secondo punto, si può osservare che spesso, purtroppo, la possibilità, non strategica bensì spesso operativa, di passare dalla semplice rilevazione di un nuovo bisogno alla concretizzazione di una realtà operativa di fatto è vincolata dalla parziale assenza o scarsità di servizi di supporto esterni all’azienda, che consentirebbero l’implementazione di innovazioni organizzative flessibili ed efficaci. Tali innovazioni potrebbero riguardare gli aspetti di organizzazione del processo produttivo, gli aspetti di gestione delle risorse umane, gli aspetti di selezione, crescita e formazione dei lavoratori coinvolti nei processi produttivi del settore ed anche gli elementi che potrebbero supportare tali processi con moderni strumenti di flessibilità e conciliazione fra i tempi di vita ed i tempi di lavoro, centrali nella comprensione del fondamentale ruolo che le risorse umane e la loro competenza e motivazione, rivestono per il successo finale di un delicato processo produttivo qual è quello della calzatura di lusso. La presenza di un sistema strutturato di servizi innovativi dedicati e di riferimento per il distretto, permetterebbe di trasformare l’attuale, storico, distretto “geografico” in un nuovo e moderno distretto “operativo” strutturato, cioè in un luogo di realizzazione di eccellenze produttive ed al tempo stesso di 5 sperimentazione di innovative prassi organizzative assistite da politiche concertate dalle parti sociali e dagli attori economico-produttivi. Ciò potrebbe riguardare elementi quali la ri-strutturazione dei tempi e dei metodi di produzione, la riorganizzazione degli orari e dei processi produttivi, con conseguente creazione di prassi conciliative all’interno delle aree e delle zone artigianali ed industriali, l’introduzione di servizi, di tipo non convenzionale, alle aziende e soprattutto ai lavoratori occupati nelle stesse e quindi servizi alternativi ed aggiuntivi ai tradizionali servizi in outsourcing (paghe, contabilità, previdenziali, servizi tecnici, di tutela giuridico contrattuale, finanziari, commerciali, ecc.) ai quali le aziende stesse, piccole o grandi che siano, ricorrono appoggiandosi alle competenti ed efficaci associazioni di categoria, ed alle società specializzate presenti nel territorio distrettuale. Occorre inoltre ricordare come la sperimentazione di queste innovative prassi organizzative, assistite da politiche concertate dalle parti sociali e dagli attori istituzionali ed economico-produttivi locali, sarebbe fortemente sostenuta da esse in funzione di un eccellente sistema locale di rapporti ed azioni concertate istituito nel corso degli ultimi anni all’interno del territorio del Distretto Calzaturiero della Riviera del Brenta. Tale sistema di relazioni espresso formalmente e sintetizzato operativamente dal 2001 dalla Consulta Territoriale Calzaturiera, organismo paritetico composto da sei rappresentanti dei lavoratori e da sei rappresentanti del sistema delle imprese che si pone l’obiettivo di sviluppare e promuovere nel territorio tutte le attività ritenute idonee a migliorare l’efficienza e la qualità del comparto calzaturiero, si propone infatti di trovare concretamente nuove soluzioni alle problematiche del Distretto e che coinvolgono sia le imprese che i lavoratori occupati nello stesso. Tale sistema gode inoltre del forte sostegno ed apporto concreto di parti sociali, ed istituzionali locali come la Conferenza dei Sindaci, nonché provinciali e regionali e tutto ciò si è concretamente tradotto in una costante scelta politica e strategica di perseguire l’obiettivo del riposizionamento delle produzioni su di un 6 più alto valore aggiunto perseguendo costantemente la via dell’innovazione e della ricerca. In particolare, l’obiettivo della ricerca è volto quindi a studiare ed a definire nel dettaglio la natura e l’organizzazione di un multiservice, cioè di un centro servizi di tipo non convenzionale all’interno dell’area industriale, nonché a delinearne la potenziale realizzazione concreta nell’area artigianale-industriale del Comune di Fossò. La creazione di un multiservice renderebbe possibile la trasformazione di una parte del territorio distrettuale in un effettivo sistema strutturato di moderna concezione ed operatività. Le finalità dell’intervento proposto sono contenute nella misura 2 “Progetti di ricerca, sviluppo e trasferimento tecnologico” del Bando con il quale la Regione Veneto dà attuazione alle prescrizioni di cui alla Legge Regionale 8/2003. Partendo da dati e materiali della ricerca del 2005-2006 sul progetto di “Sviluppo di nuovi processi produttivi ed organizzativi per il settore calzaturiero”, sono emersi una serie di spunti di approfondimento e di nuovi indicatori significativi di potenziale cambiamento per le modalità organizzative non solamente delle imprese localizzate nel territorio distrettuale ma anche per aree produttive più vaste del territorio stesso. Alcuni spunti di riflessione emersi dalle interviste e dalle risultanze della ricerca suddetta svolta nel 2005 hanno sottolineato e suggerito: l’opportunità di superare un modello produttivo ed organizzativo arcaico e poco flessibile come quello della catena di montaggio o “manovia”. La manovia è, infatti, una catena di lavoro e di strutturazione del processo produttivo, attraverso la quale vengono trasportate, montate e “rifinite” le 7 varie parti che compongono la scarpa. Lungo questa catena sono dislocate le rigide postazioni degli operai che montano ed operano lavorazioni sul prodotto in questione (tomaie, suole, tacchi e particolari) durante le varie fasi di taglio, assemblaggio, levigatura, smerigliatura, lucidatura, finissaggio, ecc. La manovia rappresenta quindi una modalità lavorativa e produttiva molto rigida ed alienante, scandita dal ritmo dei rigidi orari dei differenti turni di lavoro: le catene di montaggio che partono dalla materia prima semilavorata per arrivare, attraverso numerosi passaggi, al prodotto finito, rappresentano una modalità di lavoro arcaica ed un modello produttivo che risulta poco flessibile e scarsamente influenzabile per quanto riguarda gli aspetti della flessibilità di compiti e mansioni, della qualità produttiva e della destrutturazione dei ruoli del processo ai fini del miglioramento dello stesso. l’ipotesi di creare nuovi processi produttivi che permettano il passaggio reale dalla catena di montaggio all’isola di lavoro. Ciò consentendo di realizzare forme di flessibilità organizzativa e produttiva estremamente elevate sia per quanto riguarda l’organizzazione dei tempi e metodi di lavoro che per le modalità produttive applicate. Nell’isola verrà conferita maggiore autonomia organizzativa al gruppo di lavoratori; verranno fissati obiettivi e tempi produttivi specifici; verranno individuate le modalità di gestione del lavoro ed organizzazione delle mansioni interne con la struttura dei tempi e metodi delle stesse concordandole in modo maggiormente libero ed autogestito rispetto alle esigenze personali di ciascun lavoratore dell’isola. All’interno del modello ad isola, verranno inoltre valorizzati il ruolo e le competenze di ciascuno ed incentivati atteggiamenti di responsabilità nel rapportarsi al lavoro, nonché di trasferimento effettivo di competenze (alcune della quali talmente specializzate da essere ritenute oggetto di doverosa difesa dal rischio di perdita totale per il territorio italiano come, ad esempio, la tecnica di orlatura a mano). 8 L’impegno nel valorizzare i ruoli di specializzazione artigianale. Dall’analisi realizzata risulta che ancora molte aziende utilizzano la pratica del lavoro a domicilio con retribuzione a cottimo, soprattutto per quanto riguarda lo svolgimento di mansioni di tipo artigianale e di cura dei dettagli (orlatura), capaci in molti casi di fare della produzione della scarpa un lavoro di alta qualità che si rivela essere un fattore strategico vincente per la collocazione sul mercato. La necessità di intervenire su tali modalità produttive, migliorandone aspetti organizzativi e di processo, è dettata in primo luogo dal bisogno di innovare, senza disperdere, le preziose professionalità di tipo artigianale acquisite dai dipendenti, per lo più donne, che operano a domicilio. Inoltre, le aziende del territorio, sfruttando tali potenzialità già presenti sullo stesso, saranno in grado di evitare di incorrere parzialmente nella scelta della delocalizzazione, spostando quindi le proprie produzioni verso la nuova frontiera dell’Est Europa, soprattutto Albania e Romania o dell’Estremo Oriente, strada da alcuni già intrapresa. L’opportunità di introdurre forme di flessibilità, legate soprattutto alla gestione dell’orario di lavoro ed attraverso la creazione di banche delle ore aziendali. La necessità di intervenire sui tempi di lavoro è un’esigenza espressa soprattutto dalle donne, che costituiscono la metà dei dipendenti delle aziende del distretto. L’elevata presenza femminile ha dato modo di marcare più fortemente, durante la fase di ricerca, i bisogni di conciliazione fra tempi del lavoro e tempi della famiglia. La rigidità degli attuali orari delle aziende vincolano, infatti, fortemente i dipendenti, limitandone la disponibilità alle cure familiari e non sempre sono conciliabili con gli orari delle strutture di servizio pubbliche, come ad esempio asili o scuole. Le modalità operative studiate all’interno della ricerca per assecondare i bisogni di conciliazione fra vita e lavoro in particolar modo delle donne, riguardano il ricorso a maggiori 9 forme di part-time o congedo, compattamenti e modificazioni dell’orario di lavoro (flessibilità di orari di inizio, possibile riduzione degli orari della pausa pranzo, con conseguente anticipo dell’orario di termine della giornata lavorativa). l’opportunità di trasformare il distretto geografico di fatto esistente in un distretto operativo strutturato e vero contenitore sperimentale di innovazioni organizzative e di gestione dei rapporti con il personale occupato nelle imprese operanti nello stesso. E’ necessario far confluire le esigenze delle PMI in un’istanza comune e forte di un vero polo industriale. La condivisione di problematiche e di possibili soluzioni fra gli attori economici del distretto si inserisce in un processo di maturazione ed evoluzione aziendale che deve condurre alla piena consapevolezza dell’importanza dell’unione per concertare politiche comuni, per possedere una maggiore visibilità e credibilità, per ottenere una maggiore forza contrattuale e una rilevanza socio-politica. Occorre “fare massa critica” anche nelle scelte organizzative e di politica economicoproduttiva, oltre che nelle strategie di marketing. Il limite temporale dell’ attuale ricerca e della raccolta dati e bibliografica realizzata per implementare la stessa, è collocato fra il gennaio del 2006 ed il dicembre del 2006 e prevede lo sviluppo e la realizzazione sul campo di diverse fasi progettuali: - Individuazione geografica del campo della ricerca fra i comuni della Riviera del Brenta inseriti all’interno del Distretto Calzaturiero. La scelta finale è stata, dopo una fase iniziale di incontri ed approfondimenti conoscitivi con le parti sociali ed economiche coinvolte nel progetto, limitata fra i comuni di Stra, Fiesso d’Artico e Fossò. - Ideazione e strutturazione di dettaglio degli strumenti metodologici atti ad analizzare il contesto, i fabbisogni ed a definire in modo più specifico il 10 campo della ricerca (l’intervista a domande aperte rivolta alle direzioni aziendali, alle istituzioni ed ai sindacati/associazioni di categoria ed un questionario sottoposto ai lavoratori delle varie aziende strutturato sulla tecnica della “scala di Likert”). Il primo e più indicativo strumento di analisi è stata l’intervista aperta ad amministratori, soggetti economici ed associativi e sindaci dei comuni suddetti, in particolare il sindaco di Fiesso d’Artico la prof.ssa Daniela Contin ed il sindaco del comune di Fossò dott. Guido Carraio. - Studio di contesto ed analisi del mercato potenziale con valutazione di dettaglio del contesto territoriale finalizzato a comprendere e tener conto della tipologia, della natura, della efficacia, utilizzo e degli effettivi costi dei servizi già esistenti. In sostanza una raccolta quali-quantitativa dei servizi già presenti nel territorio acquisendo dati anche da precedenti ricerche realizzate nella zona. - Analisi delle eventuali difficoltà legate alla mancanza od inadeguatezza di alcune tipologie di servizi presenti sul territorio e di cui sia le aziende che i lavoratori potrebbero usufruire (attraverso interviste dirette condotte con soggetti economici, parti sociali, soggetti associativi, amministratori pubblici, ecc.) In questo caso si è provveduto anche ad elaborare facendo propri della nostra ricerca gli assunti conclusivi maturati attraverso il lavoro di Unindustria Padova ne “Il censimento delle aree produttive padovane: aspetti qualitativi e quantitativi in “Rigenerare le aree produttive. Idee per un’evoluzione sostenibile, 2006”, ed il lavoro realizzato dallo studio A.te.s. nella “ricerca architettura territoriale strategica” che ha coinvolto i soggetti pubblici e privati sulle scelte strategiche dell’assetto del territorio (PATI) (con riferimenti in modo preciso al comune di Fossò). 11 - Rilevazione di eventuali vantaggi per aziende e lavoratori di fronte alla realizzazione di una struttura operativa integrata di servizi (sulla base delle risultanze statistiche dei questionari raccolti); - Studio generale di fattibilità dell’intervento, con valutazione degli aspetti burocratici e logistici, indispensabili a consentire un pieno ed effettivo start up del multiservice (anche sulla base di acquisizione di materiali progettuali di una struttura di servizio per l’area industriale di Fossò operata tramite il Comune stesso); - Eventuale individuazione dei soggetti privati/enti pubblici necessari alla reale costruzione del servizio; - Valutazione generale degli effetti che la struttura di multiservice può apportare in termini di utilità complessiva e di impatto sul territorio, sui servizi già esistenti e sull’organizzazione delle aziende e dei lavoratori in esse occupati; - Valutazione del reale utilizzo potenziale dei servizi ipotizzati (sulla base delle risultanze statistiche dei questionari raccolti); - Pubblicazione dei risultati generali della rilevazione statistica e della ricerca nonchè dello studio di fattibilità potenziale e relativa diffusione presso aziende, amministrazioni pubbliche territoriali, parti sociali, cittadini e lavoratori occupati nell’area interessata. La corretta realizzazione cronologica e temporale delle fasi progettuali di ricerca risulta essere indispensabile non solo per raggiungere le finalità e gli obiettivi progettuali, ma anche per ottenere risultati qualitativi e quantitativi a favore dei lavoratori, delle imprese e dell’intero sistema di distretto. L’identificazione di un’ipotesi d’intervento e la sua messa a punto e realizzazione sperimentale dovranno risultare in grado di incidere positivamente sull’organizzazione e l’integrazione dei servizi attualmente impiegati. Questo processo è necessario per giungere ad un superamento di modalità arcaiche e poco flessibili del lavoro. 12 Il passaggio organizzativo, che investirà i processi e l’organizzazione dei servizi, “tamponerà” efficacemente situazioni di crisi ed assicurerà una maggiore tenuta competitiva del distretto a fronte dell’ascesa di nuovi e ben organizzati produttori all’interno della Comunità Economica Europea (Spagna), asiatici ed in generale extraeuropei, forti soprattutto di dinamiche di costo del lavoro ben diverse dalla nostra. La diretta partecipazione dei soggetti che operano nella realtà distrettuale durante la messa a punto dei percorsi di riorganizzazione del lavoro, consentirà poi di rendere di sicura efficacia l’applicazione potenziale di nuovi modelli produttivi su vasta scala all’interno della realtà economica del distretto calzaturiero. L’indagine, inoltre, deve tenere conto di una serie di fattori discriminanti ed indicativi ai fini della sua efficacia ed utilità finale : 1. quali sono i servizi che vanno ad integrarsi ed a confluire nel multiservice; 2. come deve essere strutturato il multiservice; 3. quale deve essere il collegamento fra la struttura di servizio e le aziende del distretto-area produttiva servita dalla struttura stessa; 4. come devono essere organizzati i servizi in termini di orario e di modalità di erogazione per rispondere alle esigenze evidenziate dalle aziende e dai lavoratori del distretto; 5. quali sono i costi massimi raggiungibili da questi servizi; 6. come deve essere realizzato un piano di simulazione dei costi dell’attività che garantisca coperture economiche del servizio e redditività dello stesso per gli esercenti delle varie tipologie di attività; 7. come devono essere ripartiti i costi di realizzazione del servizio fra diretti investimenti aziendali, eventuali contributi pubblici e partecipazioni di enti territoriali pubblici e privati; 13 8. quali sono i vantaggi socio-economici per il distretto ed il territorio nel suo complesso; 9. quali possono essere le possibili forme di integrazioni efficaci con i servizi già esistenti; 10. quali nuove dimensioni occupazionali la struttura andrà a creare; 11. in che modo la struttura può costituire una “buona prassi” replicabile per altri territori comunali, provinciali, regionali e nazionali organizzati come distretti o meno. Il progetto viene presentato, sostenuto e reso possibile da A.C.Ri.B. (Associazione Calzaturifici Riviera del Brenta), associazione di categoria nata nel 1961 che offre servizi ed attiva iniziative a favore della filiera calzaturiera che, a sua volta, si serve della collaborazione di società di ricerca, di progettazione, di analisi dei sistemi produttivi e dei fabbisogni aziendali. Collaborano, inoltre, l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese “Città della Riviera del Brenta”, l’UPA di Padova e la CNA di Rovigo. Un deciso contributo allo sviluppo delle azioni progettuali ed alla diffusione degli obiettivi dello stesso viene offerto anche dal Politecnico Calzaturiero Scarl, ente formativo per la crescita e lo sviluppo delle competenze dei lavoratori del settore, di cui A.C.Ri.B. fa parte attivamente, e dalle Associazioni sindacali settoriali presenti nel territorio provinciale. Inoltre un ruolo di fondamentale partecipazione e concretezza ha assunto la collaborazione continuativa e diretta con il Comune di Fossò e con tutti gli amministratori dello stesso dal sindaco, al vice sindaco, e tecnici e personale vario che a più riprese hanno contribuito alla realizzazione della rilevazione oggetto della ricerca. 14 2 – CHE COSA E’ UN MULTISERVICE ? – LE SFIDE DELLA GLOBALIZZAZIONE Per dare una definizione tecnica di “multiservice”, è stata condotta una consultazione accurata sia a livello bibliografico che a livello multimediale, ma tale ricerca non porta ad alcun risultato specifico sulla stretta definizione lessicale del concetto di multiservice all’interno di una area artigianale, produttiva o distretto industriale. Tale concetto, completamente nuovo dal punto di vista organizzativo ed operativo, è anche sintatticamente nuovo oltre che come strumento veicolante innovazioni di servizio per un contesto produttivo. Le uniche imprese multiservizio di cui si parla in Italia sono le multiutility, cioè imprese che offrono contemporaneamente più servizi di pubblica utilità come acqua, gas, elettricità e telefonia, e che coincidono spesso con le ex-imprese municipalizzate. Tali imprese sono nate dai processi di liberalizzazione e privatizzazione che negli ultimi anni sono stati avviati nei servizi di pubblica utilità e che tradizionalmente erano gestiti in regime di monopolio; l’affermazione delle “multiutility” ha evidenziato la gestione dei servizi pubblici tramite criteri imprenditoriali, migliorandone così l’efficienza e il risultato economico finale. La vera strategia “multiutility” cerca di sfruttare in qualche modo l’integrazione fra i servizi a diversi livelli. Il livello più basso del settore riguarda l’integrazione dei servizi generali di amministrazione ed è simile a ciò che si può verificare in qualunque impresa multiprodotto. Un tipo di integrazione molto più significativo è invece relativo all’integrazione dei servizi forniti dall’impresa, e in questo caso si potrebbe avere integrazione nelle funzioni di vendita e più in generale di servizio al cliente. Un’ integrazione ancora più impegnativa, potrebbe riguardare, infine, la gestione delle reti: diversi servizi possono essere resi attraverso la stessa rete (ad esempio, telefonia e trasmissione di dati relativi alla misurazione del consumo di prodotti 15 energetici), oppure diverse reti possono operare in sinergia (come la convergenza tra elettricità e telecomunicazioni e tra reti di trasporto e telecomunicazioni). Dunque, a seconda delle opportunità tecnologiche, è possibile avere una sola rete per servizi anche significativamente differenti, oppure reti differenti la cui gestione congiunta risulta funzionale ad un dato servizio. Quindi, una multiutility è un’impresa che produce beni e servizi di vario genere, in parte o del tutto appartenenti ai servizi di pubblica utilità. Questa premessa risulta utile per cercare di definire correttamente, nel significato letterale ed in quello più propriamente operativo, il concetto di multiservice. Un “centro servizi” situato all’interno di un’area industriale-artigianale rappresenta un trait d’union fra i tempi di vita ed i tempi di lavoro. Infatti multiutility e multiservice riassumono entrambi valori imprenditoriali di efficienza ed efficacia economica; tuttavia, il concetto di multiservice si arricchisce ulteriormente di un aspetto sociale e socializzante che ne sottolinea la “ricchezza” potenziale di significati ed opportunità rispetto alla multiutility. Si pensi, per fare un esempio banale, all’inserimento di un servizio mensa strutturato e supportato da un servizio di ristorazione e bar, all’interno del centro servizi: esso risponde ad un bisogno imprenditoriale e lavorativo di ottimizzazione dei tempi di lavoro e dei tempi di vita, dal momento che tale servizio può ridurre significativamente i tempi della pausa pranzo e conseguentemente anche quelli di permanenza nell’area di lavoro. Esso può inoltre decongestionare il traffico nelle ore di pausa pranzo inducendo diversi lavoratori alla permanenza in area lavorativa per il periodo di pausa e contribuendo così allo scardinamento di alcuni stereotipi comportamentali tipici del territorio quali l’onere per la donna lavoratrice di rientrare per tempo a casa per la pausa pranzo al fine di preparare il desco ai familiari, ecc. ecc. Rispetto alla multiutility, il multiservice non produce beni e servizi, ma li aggrega, creando una rete di interconnessioni che innescano una specie di reazione a catena. 16 Offerta di servizi in rete in una logica operativa di rete L’offerta di servizi aggregati in un multiservice contribuisce allo sviluppo di una scala ascendente con i seguenti processi di causa-effetto: EFFICIENZA UMANA, RELAZIONALE E CREATIVA MOTIVAZIONE SODDISFAZIONE CONCILIAZIONE FLESSIBILITA’ EFFICIENZA PRODUTTIVA Questa innovazione di processo (costituita dall’introduzione di sistemi aggregati di servizi in aree produttive ove essi non erano preesistenti) si pone su una scala in ascesa; l’efficienza raggiunta dopo le diverse fasi del percorso è un’efficienza intesa non solo come puro concetto astratto (l’efficienza in sé), ma è un’efficienza arricchita di aspetti umani, relazionali e creativi. La nascita di questa nuova entità operativa è resa possibile anche da un ulteriore e non trascurabile aspetto: la collocazione. Il multiservice, infatti, collocato all’interno di un distretto artigianale-industriale, ne assorbe i valori che lo contraddistinguono: ambiente, storia, costumi, modelli di consumo, usi e consuetudini dei cittadini-lavoratori che si serviranno di esso, tipologie 17 produttive prevalenti nell’area, movimenti culturali che caratterizzano i prodotti, i soggetti e conseguentemente anche il centro servizi. Si può così cercare di dare una definizione di multiservice come di una struttura operativa integrata di servizi in outsoucing e territorialmente centralizzata che realizza una offerta di servizi in rete in una logica operativa di rete. In particolare, il multiservice deve essere strategicamente funzionale al distretto produttivo, nel senso che deve essere fruibile, economicamente conveniente e vantaggioso per i suoi beneficiari diretti che sono sia le aziende che soprattutto i loro lavoratori. Rappresentando un punto di riferimento per servizi costanti, esso deve: supplire ad eventuali carenze in termini di servizi offerti-presenti sul territorio affiancare ed arricchire le offerte e le proposte già presenti nell’ambito di riferimento, andando a strutturarle in modo che rispondano a bisogni tradizionali oppure a fabbisogni nuovi precedentemente inespressi od ignorati realizzare nuovi servizi anche sulla base di nuovi modelli socio-culturali di vita e consumo Il progetto prevede il raggiungimento di risultati diretti: comporre un modello operativo chiaro ed implementabile di multiservice che consenta all’intero distretto di valorizzarne la realizzazione come buona prassi operativa e all’area artigianale-industriale di Fossò di ottimizzare le proprie potenzialità organizzative ed in seconda battuta produttive. Soprattutto si tratta di arrivare al superamento di un approccio culturale ormai desueto delle dinamiche di produzione, per giungere invece a 18 comprendere appieno i benefici legati all’adozione di politiche di flessibilità applicate al mondo del lavoro ed all’organizzazione della realtà industriale. Il maggiore risultato di una nuova maturità imprenditoriale raggiunta sarà intanto certamente l’impegno, da parte delle aziende del distretto, ed in particolare dell’area artigianale-industriale di Fossò, a sostenere la struttura di multiservice anche attraverso l’investimento di proprie risorse, non solo quindi attraverso il ricorso al finanziamento pubblico (magari ricorrendo ad integrazioni con finanziamenti per le azioni positive, previsti dalle legge 53/2000, art. 9 – lettere a, b, c, d, - vedi Allegati alla relazione B e C) realizzare la progettazione e l’ideazione di un centro servizi. Attraverso tale azione si intendono raccogliere, strutturare ed accrescere le potenzialità latenti presenti nel contesto del distretto produttivo, caratterizzato da una forte destrutturazione fra le richieste socioeconomiche e le risposte fornite soprattutto in termini di fornitura e fruibilità dei servizi. A seguito della composizione del quadro d’intervento, si intende giungere a creare un nuovo modello di servizi, di cui saranno valutate le possibilità di interagire con i processi industriali attraverso l’indispensabile realizzazione di alcune importanti fasi progettuali, collegate in sequenza logica: 1. creazione di un modello di nuova organizzazione di servizi, 2. sperimentazione in aziende del territorio ed a favore di lavoratori occupati in esse, dell’efficacia e dell’applicabilità del modello, 3. individuazione di indicatori di performance e risultato ( anche di natura contabile e gestionale B.E.P. della struttura R.O.I. della gestione della stessa, ecc.), 4. realizzazione della “idea/struttura” di multiservice che si comporrà a titolo esemplificativo di servizi di ristorazione, cura dei bambini e assistenza agli anziani o disabili, disbrigo di piccole pratiche burocratico-amministrative 19 e prenotazione visite mediche, biglietteria per servizi, spettacoli, ecc. e spesa con consegna al domicilio/lavoro. Gli indicatori di performance e risultato, attraverso cui sarà possibile valutare direttamente sul campo i risultati attesi dall’iniziativa progettuale, sono stati individuati tenendo conto del modo in cui il miglioramento del processo organizzativo dei servizi viene percepito dalle aziende e dai dipendenti in termini di flessibilità e di conciliazione vita-lavoro, e tenendo conto del modo in cui esso incide sui livelli di produttività aziendale, sul clima aziendale, sui livelli di vita e di motivazione al lavoro dei dipendenti e sulla capacità delle aziende di ottenere flessibilità produttiva ed indirettamente migliori risultati sui mercati. L’iniziativa proposta, che intende realizzare una attenta ed accurata ricerca ed analisi delle peculiarità logistiche e strutturali del Distretto calzaturiero per giungere alla progettazione generale di una ipotesi di struttura multiservice, prevede anche dei risultati indiretti: il superamento di modelli culturali rigidi di approccio al lavoro fortemente radicati nel territorio come gli orari fissi, i tempi di lavoro prestabiliti, uno scarso livello di autogestione dei processi produttivi, una forte concatenazione delle mansioni operative e un approccio di tipo artigianale per processi produttivi industriali; il miglioramento e il rafforzamento della rete dei servizi territoriali a disposizione di aziende e dipendenti; l’acquisizione di nuove conoscenze e competenze tali da rendere ripetibile l’esperienza in altre realtà produttive od aree geograficoproduttive della regione; raccolta quali-quantitativa di bisogni che possa fungere da base di partenza per una reale strutturazione da parte di diversi esercenti delle attività di servizio ipotizzate nel multiservice; 20 (solo tale fase operativa può concretamente fungere da supporto pratico per chi voglia valutare il reale potenziale ritorno economico relativo all’inserimento di alcune attività imprenditoriali nuove all’interno di un progetto di nuovo centro di servizi per l’area artigianale ed industriale del Comune di Fossò). Negli ultimi anni il Distretto Calzaturiero della Riviera del Brenta, di fronte alle difficoltà ed alle oscillazioni del mercato internazionale, se ha sofferto per la concorrenza dei mercati emergenti ha, comunque, dimostrato una tenuta di fondo determinata dalla forza della propria tradizione produttiva, da un’alta coesione nei modelli e pratiche di coesione sociale, e dall’altissima qualità dei prodotti realizzati. Le aziende del distretto produttivo stanno cercando di vincere le nuove sfide dettate dalla competizione internazionale puntando su: - l’incremento della capacità di rapido adeguamento ai mutamenti della domanda; - il rafforzamento della buona strutturazione in filiere di aziende anche di modeste dimensioni altamente specializzate su singoli processi lavorativi; - l’introduzione di processi di lavoro nuovi e realmente flessibili; - la valorizzazione dei ruoli di specializzazione artigianale della propria forza lavoro; - la creazione di nuove prassi conciliative nell’organizzazione del lavoro, che portino ad aziende ed ambienti produttivi più vivibili; - la scelta di riposizionare le produzione su un più alto valore aggiunto delle stesse. La sfida della globalizzazione si giocherà, innanzitutto, in termini di competitività. La competitività distrettuale delle imprese in termini assoluti è mutata nel corso degli anni e può essere rappresentata oggi attraverso una piramide evolutiva dei valori: 21 ANNI 2000 Competitività di innovazione, internazionalizzazione, produzioni di più alto valore aggiunto, flessibilità e conciliazione tempi di vita e di lavoro, ancoraggio ai valori del territorio e del Made in Italy, socialità ed eticità dei comportamenti ANNI 1990 Competitività di prodotto – flessibilità produttiva ANNI 1980 Competitività di efficienza e velocità del processo produttivo – just in time ANNI 1960-1970 Competitività del costo del lavoro e nella produttività In pratica si è passati da un modello competitivo centrato sull’efficienza interna del processo produttivo e del prodotto finale ad un modello market-oriented, che 22 ha consentito di acquisire più forza nell’operare sul mercato, inteso non solo come “città del produrre”, ma anche come “città del vivere”. I quattro elementi strategici di successo di un’impresa si sono evoluti sino a divenire oggi: 1. L’alta qualità dei prodotti o servizi realizzati ( percepita dal cliente finale ) 2. I bassi prezzi dei prodotti o servizi (perseguiti attraverso un forte contenimento dei costi di produzione ed in modo particolare del costo del fattore produttivo manodopera). 3. la flessibilità produttiva 4. I tempi di consegna ridotti Quindi, nel nuovo scenario globale, i luoghi produttivi e con essi i distretti devono incorporare il mercato economico e dei servizi territoriali nella “fabbrica”, per meglio soddisfare le esigenze dei clienti, dei lavoratori e delle imprese stesse, a beneficio non solo della produttività ma anche del clima aziendale. La globalizzazione è una potente spinta verso l’alto della piramide della competitività distrettuale attraverso le sue esigenze di investimento in “capitale umano” e in “capitale relazionale”. Nella competizione globale, lo sviluppo produttivo non avviene solo attraverso il “capitale sociale”, ma anche e soprattutto attraverso il “capitale creativo”1, che richiede contesti sociali aperti e predisposti a cambiamenti radicali; la creatività del design e della progettazione predilige relazioni e legami propri dei centri urbani, culturalmente più aperti, rispetto a quelli dei distretti più chiusi, perché distanti culturalmente dalle aree metropolitane. Oltre che attraverso la competitività, la sfida dei distretti si giocherà nell’avvicinare questa distanza per fare dei distretti industriali i luoghi elettivi della creatività. 1 Marco Bettiol e Stefano Micelli (a cura di), Design e creatività nel Made in Italy, Mondadori, Milano, 2005 23 L’evoluzione della “città del vivere” e della “città del produrre” può essere così rappresentata: CITTA’ DEL VIVERE CITTA’ DEL VIVERE CITTA’ DEL PRODURRE M U L T I S E R V I C E 24 CITTA’ DEL PRODURRE 3 – LA SCELTA DELL’AREA PRODUTTIVA DI FOSSO’ COME SEDE LOGISTICA DEL MULTISERVICE Come abbiamo già detto, il limite spaziale della ricerca è stato individuato nelle aziende dell’area calzaturiera del Brenta, fra le province di Padova e Venezia, in particolare all’interno della zona industriale-artigianale di Fossò, in provincia di Venezia, ma al confine con la provincia di Padova. Si è giunti a tale definizione di dettaglio dell’area della ricerca dopo un capillare lavoro di ricognizione sul campo che ha visto analizzati vari elementi generali di contesto che hanno portato lo staff progettuale alla scelta del comune di Fossò. In effetti il primo e più indicativo strumento di analisi è stata l’intervista aperta ad amministratori, soggetti economici ed associativi e sindaci dei comuni suddetti, in particolare il sindaco di Fiesso d’Artico la proff.sa Daniela Contin ed il sindaco del comune di Fossò dott. Guido Carraro. Fra questi due territori comunali, nei quali si è concretamente avviata l’indagine, e nelle rispettive aree produttive artigianali ed industriali, si è al fine delimitata la scelta del campo di lavoro progettuale . In modo specifico la scelta è caduta su Fossò poiché ad una attenta analisi condotta con il sindaco del comune di Fiesso d’Artico è emerso che il territorio comunale non presenta allo stato attuale le sensibilità logistiche, le opportunità geografiche e le necessità di realizzazione di una rilevazione di questo tipo poiché i servizi già esistenti per imprese e lavoratori occupati nelle stesse sembrano essere sufficientemente finalizzati sulla reale domanda proveniente dagli stessi. Inoltre nell’area artigianale del comune una grossa impresa privata facente capo ad un importantissimo gruppo mondiale del settore ha in progetto di realizzare nel corso del biennio 2007-08 una realtà direzionale-commerciale, accessoria ad un nuovo insediamento produttivo, che potrebbe sulla carta realizzare alcune delle attività e tipologie di servizio ipotizzate dalla multiservice. Nel 2002 i Comuni di Dolo e di Fiesso d’Artico hanno costituito con le modalità di cui all’art. 32 del Testo Unico Enti Locali, approvato con D.Lgs. 267/2000, 25 l’Unione dei Comuni “Città della Riviera del Brenta”; il 28/02/2003 è stato sottoscritto il relativo contratto di servizio, con cui si è trasferita la funzione ed il Servizio Attività Produttive, con delibera del Consiglio di Amministrazione n.6. Dall’ 01/01/2006, anche il Comune di Fossò ha aderito a tale Ente “Sovracomunale”, mediante l’approvazione del contratto di servizio con delibera del Consiglio di Amministrazione n.85 del 29/12/2005. L’Amministrazione comunale di Fossò ha utilizzato il Servizio Attività Produttive unico dell’Ente Sovracomunale per predisporre uno studio atto a verificare la possibilità di ampliare il parametro numerico per il rilascio di autorizzazioni amministrative di pubblico esercizio, in considerazione dell’aumento della popolazione residente ma anche e soprattutto in virtù dello sviluppo sostenibile indicato nella stesura del Piano di Assetto Territoriale Intercomunale (PATI), in base alla LR 11/2004, mirando ad una programmazione che tenga conto di precise scelte geografiche e di qualità, tali da non pregiudicare l’attuale rete distributiva comunale ed evitare il ricorso ad aperture indiscriminate che sono quasi sempre di origine speculativa e che non rendono un maggior servizio al consumatore. Uno degli obiettivi del Patto Territoriale è lo sviluppo di iniziative economiche ed imprenditoriali in grado di garantire una forte e concreta riqualificazione del tessuto produttivo esistente; tenuto conto dell’appartenenza al Distretto Calzaturiero, nella territorialità di Fossò si vuole consolidare una dimensione residenziale ed economica distrettuale. Ai sensi del DPR 554/99 e della LR 27/2003, l’Amministrazione Comunale ha predisposto quindi una relazione programmatica di fattibilità di un’opera pubblica relativa ad un “Centro Servizi presso l’area industriale di Fossò”, ubicata a nord del territorio al confine con il Comune di Stra. Indubbiamente tale scelta strategica, ad un elevato livello di stato di avanzamento progettuale già raggiunto, ha fortemente condizionato e consigliato la scelta dell’area comunale di Fossò ed in particolare dell’area 26 artigianale ed industriale del Comune stesso come campo geografico della nostra ricerca progettuale. 4 – LE METODOLOGIE E GLI STRUMENTI UTILIZZATI La metodologia ha assunto un ruolo intermedio tra la teoria e le tecniche di ricerca sociale, in quanto ha a che fare con l’ambito puramente applicativo delle tecniche utilizzabili. Storicamente la metodologia riconosce due filoni: quello quantitativo e quello qualitativo, volti ad analizzare rispettivamente i “numeri” dei dati raccolti e le “caratteristiche” che da questi possono emergere. Tuttavia, il dibattito metodologico moderno supera tali distinzioni accademiche con la piena integrazione dei due approcci nell’ambito di una stessa ricerca sociale, come avviene, per fare un esempio concreto, per la suddetta indagine. Infatti, la strutturazione degli strumenti metodologici atti ad analizzare i fabbisogni e a definire il campo della ricerca prevede l’integrazione dei due approcci: da un lato, • l’intervista a domande aperte rivolta alle direzioni aziendali, alle istituzioni ed ai sindacati/associazioni di categoria (analisi qualitativa) e • dall’altro un questionario sottoposto ai lavoratori delle varie aziende strutturato sulla tecnica della “scala di Likert” (analisi quantitativa). Il questionario sottoposto ai lavoratori rappresenta la parte dell’indagine di tipo quantitativo che deve inoltre, in virtù di questa sua esplicita natura, porter ben supportare le conclusioni, di tipo eminentemente economico, che tale ricerca ha l’ambizione di raggiungere. Per fare un esempio concreto, dal numero di lavoratori effettivamente disposti a rimanere a pranzo presso una struttura di ristorazione mensa-bar attrezzata 27 presso il nascente Centro Servizi si evincerà la potenziale reale copertura economica relativa alla creazione di tale tipologia di attività (per esempio il livello minimo di break even point di tali strutture è normalmente fissato in 450/500 pasti giornalieri consumati, od eventualmente prodotti per conto terzi, presso di essa). A tal riguardo, ci sembra di poter dire che il campione analizzato rappresenti un campione attendibile, in quanto i questionari strutturati sono stati compilati da 470 lavoratori che, anche se non rappresentano l’universo completo della popolazione attiva della zona artigianale-industriale di Fossò, è tuttavia una parte rilevante di essa (circa il 65%, il dato non è assolutamente definibile ed accertabile con gli strumenti e le informazioni a noi messe a disposizione). Inoltre, tale questionario, è ben rappresentativo poiché ci mostra uno spaccato eterogeneo delle opinioni espresse, in quanto gli intervistati sono uomini e donne di età anagrafica diversa, appartenenti a diverse realtà aziendali, nelle quali esercitano funzioni diverse. L’intervista rivolta, invece, alle direzioni aziendali, alle istituzioni ed alle parti sociali si colloca più prettamente sul versante della qualità, in quanto si rivolge ad un numero limitato di individui, che ricoprono ruoli dirigenziali, sociali ed istituzionali. Tendenzialmente, la parte quantitativa dell’indagine è sorretta da strumenti strutturati (questionari a domande chiuse), volti ad ottenere dati codificabili e standardizzabili, trattabili tramite calcolatore, che nel nostro caso è il database relazionale di Access; invece, la parte qualitativa dell’indagine si colloca su un versante che impiega tecniche differenti rispetto a quelle quantitative: dalle interviste a domande aperte all’ analisi dei contenuti. Come già anticipato, il questionario somministrato ai lavoratori è stato strutturato sulla tecnica della “scala Likert”, dal nome dello psicologo americano che la propose. Questa tecnica prevede che un’affermazione, semanticamente collegata al concetto generale che interessa, sia sottoposta agli interrogati insieme con cinque risposte alternative: nullo / scarso / medio / alto / altissimo 28 (oppure molto sfavorevole, sfavorevole, indifferente, favorevole, molto favorevole). Come nel nostro caso, le scale Likert vengono generalmente sottoposte agli intervistati non isolatamente ma in lunghe batterie. Nella pratica della ricerca sociologica e politologica, le dimensioni medie delle batterie sono di 10-20 domande, cui si dà una presentazione grafica compatta, in forma di tabella, che le fa sembrare una domanda sola.2 Le batterie Likert sono strumenti estremamente diffusi perché consentono di ottenere velocemente notevoli quantitativi di informazioni sintetiche su argomenti complessi afferenti lo stesso concetto o sistemi concettuali connessi fra loro. Le Likert fanno parte della cosiddetta famiglia delle “scale ordinali”, le quali consentono cioè di ordinare gerarchicamente opinioni, atteggiamenti o valori. Alle cinque posizioni lungo la scala si assegnano nell’ordine le etichette 1,2,3,4,5 che corrispondono rispettivamente alle alternative nullo, scarso, medio, alto, altissimo. Diversi sono i problemi legati alle Likert 3: la scelta delle espressioni lessicali utilizzate nella scala è molto importante ed è oggetto di molte discussioni: mentre sono chiari gli estremi del continuum, non sono per nulla chiari i gradi intermedi ed è molto ampia la fascia di possibili collocazioni in termini di linguaggio e percezione comune; la costruzione delle frasi-indicatore deve essere curata per - evitare frasi strutturalmente complesse con più di un oggetto e frasi molto polarizzate sugli estremi o poco impegnative - dare una buona cognizione degli argomenti trattati, evitando così che intervistati troppo competenti polemizzino sull’eccessiva genericità delle proposte. 2 3 Alberto Marradi, Concetti e metodo per la ricerca sociale, La Giuntina, Firenze, 1980, pag. 62-64 Claudio Bezzi e Mauro Palombo, Questionario e dintorni, Arnaud-Gramma, Firenze, 1995, pag. 89-94 29 Il questionario dei lavoratori è stato strutturato come segue: Giudizio: Argomento /categoria di NULLO riflessione: 1-UN SERVIZIO PER LA PICCOLA GESTIONE AMMINISTRATIVA PER: a)pagamento di fatture-bollette b)disbrigo di pratiche burocratiche c)consulenza legale di primo livello 2-UN SERVIZIO MENSA RISTORAZIONE PER L’AREA PRODUTTIVA con conseguente riduzione della pausa pranzo 3-UNA STRUTTURA DI SERVIZIO PER FAMILIARI A DOMICILIO (anziani, disabili,ecc) a)brevi interventi di cura b)disbrigo di lavori c)incombenze domestiche (spesa ) 4-UN SERVIZIO PER LA REALIZZAZIONE DI LAVORI DOMICILIARI O SVOLGIMENTO COMMISSIONI 5-UN SERVIZIO PER LA PRENOTAZIONE E CONSEGNA DELLA SPESA A DOMICILIO O SUL LAVORO 6-UN SERVIZIO DI BIGLIETTERIA/PRENOTAZIONI PER SPETTACOLI, SERVIZI, 30 SCARSO MEDIO ALTO ALTISSIMO TRASPORTI, ECC 7-UN SERVIZIO DI BABY CARING cioè un servizio di custodia/cura per bambini fino a 8-10 anni per 1 o 2 ore dopo l’orario scolastico 8-UN SERVIZIO PER RICHIEDERE E PRENOTARE VISITE/PRESTAZIONI MEDICHE 9-UN SERVIZIO FITNESS (palestra, convenzione con piscina comunale…) 10-UNO SPORTELLO BANCARIO O UN PUNTO BANCOMAT 11-UN SERVIZIO DI CAR SHARING, cioè di auto condivise per raggiungere i luoghi di lavoro 12-UN SERVIZIO DI CURA/ASSISTENZA BAMBINI PER IL PERIODO ESTIVO Diversamente da tale strumento, l’intervista a domande aperte non prevede risposte preconfezionate da parte del ricercatore. Sono quindi meno standardizzate, danno più spazio alla soggettività dell’intervistato e lasciano quindi maggiore libertà di scelta per quanto riguarda la forma, il contenuto e la lunghezza della risposta. A prima vista, le domande aperte sembrano presentare notevoli vantaggi; in realtà, la codifica di una domanda aperta rimane sempre un problema, al quale si supplisce con l’analisi del contenuto. La codifica delle risposte alle domande aperte si presta inoltre, ovviamente, ad assai più rischiosi processi di interpretazione soggettiva da parte del ricercatore relativamente ai contenuti delle risposte fornite dagli intervistati. 31 Le domande aperte dell’intervista sono le seguenti: 1. Come giudica la creazione di una struttura operativa integrata di servizi (multiservice) che sia di supporto ed aiuto ai lavoratori delle imprese situate nell’area industriale di Fossò e che risponda alle loro specifiche richieste o che affianchi ed arricchisca le offerte e le proposte di servizi già presenti sul territorio (utile/non utile, perché)? 2. Quali sono i servizi attualmente offerti dal territorio limitrofo all’area industriale di Fossò e i relativi punti di forza e/o carenze per tipologia di servizio? 3. Quali sono a suo parere i servizi maggiormente utili fra quelli enunciati (un centro per la piccola gestione amministrativa, un servizio mensa/ristorazione per la vostra area produttiva, una struttura di servizio per i familiari a domicilio, anziani, disabili, malati o infortunati, un servizio centralizzato per la realizzazione di lavori domiciliari o commissioni, prenotazione e consegna della spesa a domicilio, un servizio centralizzato con la funzione di biglietteria, un servizio di custodia/cura post orario scolastico per i bambini fino a 8-10 anni per non più di 1 o 2 ore presso l’area industriale, un servizio centralizzato per richiedere e prenotare visite mediche specialistiche, un servizio fitness con palestra o convenzione con una piscina nelle strette vicinanze del luogo di lavoro, uno sportello bancario o un punto bancomat, un servizio di auto condivise per raggiungere Padova e viceversa, un servizio di cura assistenza bambini per il periodo estivo) per migliorare o contribuire a rendere più efficace il funzionamento delle imprese, per aumentare la soddisfazione dei lavoratori e quindi migliorare la qualità del lavoro? 4. Quali servizi ritiene sarebbe utile attivare (al di fuori dell’azienda) per migliorare il rapporto dipendenti/impresa ed aumentare la conciliazione dei loro tempi di vita e di lavoro e quindi la loro motivazione al lavoro? 5. Altri suggerimenti e considerazioni 32 L’intervista a domande aperte presenta alcune leggere varianti a seconda dei referenti cui è rivolta; ad esempio alle direzioni aziendali si chiede il numero totale di dipendenti, suddivisi tra pendolari e residenti, tra uomini e donne e collaboratori extra-comunitari od in generale stranieri. Alle parti sociali sindacali ed associative si chiede di integrare alcune risposte con giudizi sinergici con le posizioni e le azioni concrete realizzate dalle parti sociali stesse in relazione a tali temi. Agli addetti ad istituzioni pubbliche si chiede invece di integrare alcune risposte con una maggiore evidenziazione dei servizi ed attività presenti già sul territorio comunale ma probabilmente non completamente percepibili dai cittadini e dai lavoratori occupati nell’area artigianale-industriale. 33 5 – IL TERRITORIO: DALLA RIQUALIFICAZIONE DELL’AREA PRODUTTIVA ALLA RESPONSABILITA’ SOCIALE DELLE IMPRESE Nel 2003 la Regione Veneto ha disciplinato con la Legge Regionale n.8 i provvedimenti a favore dei distretti industriali4, stabilendo i criteri per gli interventi di politica industriale locale. Per usufruire dei contributi previsti, le imprese e le istituzioni (Comuni, Province, Regione e Consulta regionale dei distretti) hanno elaborato un Patto per lo sviluppo del distretto. Il bando prevede la possibilità di finanziare molteplici azioni, offrendo ai singoli distretti la possibilità di progettare gli interventi più vicini alle proprie esigenze. Le politiche per i distretti del Veneto vogliono rimettere in moto lo sviluppo dei dipartimenti attraverso la crescita dimensionale delle imprese e l’innovazione tecnologica, organizzativa e territoriale. L’area produttiva oggetto d’indagine è l’area industriale-artigianale di Fossò, in provincia di Venezia, ma al confine con la provincia di Padova. Accanto al progetto operativo di creare un centro servizi che consenta all’intero distretto di valorizzare ed ottimizzare le proprie potenzialità organizzative e di conseguenza produttive, emerge un’idea più nascosta di costruire uno spazio per l’innovazione, o meglio innovare gli spazi destinati a insediamenti produttivi, rigenerando aree che rappresentano il contesto e l’ambiente ideale per tale 4 Definizione ISTAT (2005) di distretto industriale come “entità socio-territoriali in cui una comunità di persone e una popolazione di imprese industriali si integrano reciprocamente. Le imprese del distretto appartengono prevalentemente a uno stesso settore industriale, che ne costituisce quindi l’industria principale. Ciascuna impresa è specializzata in prodotti, parti di prodotto o fasi del processo di produzione tipico del distretto. Le imprese del distretto si caratterizzano per essere numerose e di modesta dimensione. Ciò non significa che non vi possano essere anche imprese abbastanza grandi; tuttavia la loro crescita “fuori scala” può causare una modifica della struttura canonica del distretto.” La legge finanziaria 2006, ai commi 366-372 ha definito i distretti industriali come “libere associazioni di imprese”, irrompendo con forza negli schemi istituzionali delle politiche industriali con novità sostanziali come la tassazione unitaria del distretto, garanzie e procedure più semplici per finanziare progetti di filiera, sburocratizzazione e sostegni mirati per l’attività di ricerca. Gianfranco Viesti, infine, in Come nascono i distretti industriali, definisce il distretto come un “cluster”, cioè come un insieme, geograficamente prossimo ed economicamente interconnesso, di imprese e istituzioni. 34 sviluppo. Si tratta di definire, attraverso lo strumento urbanistico, politiche che portino alla realizzazione di edifici ed all’offerta di spazi per le imprese e i suoi lavoratori al fine di realizzare una crescita basata sulla qualità della produzione e sulla sua innovatività: una struttura integrata di servizi diventa l’elemento trainante nella definizione di un’area produttiva e diventa l’elemento di base per far crescere collettivamente il sistema produttivo. Possiamo affermare che è la città stessa che irrompe all’interno dell’area produttiva; tra la “città del vivere” e la “città del produrre”, elementi di congiunzione diventano i servizi comuni, il verde circostante e i grandi sistemi di comunicazione. La qualificazione-riqualificazione di qualunque area produttiva deve passare attraverso la creazione nell’area stessa di luoghi deputati allo scambio e all’incontro di idee e relazioni fra gli attori che operano al suo interno. Un nuovo modello di sviluppo industriale e territoriale deve tenere conto non solo della sostenibilità ambientale ma anche delle esigenze dei suoi attori-lavoratori e delle aziende stesse per arrivare al miglioramento del clima aziendale, giungendo a comprendere pienamente i benefici legati all’adozione di politiche di flessibilità e di maggiore attenzione concreta alle risorse umane. Da una prima analisi dei questionari oggetto di studio emerge con insistenza un aspetto aggregante e socializzante del quale si avverte l’esigenza se si pensa alla mensa, al bar come punto di ritrovo, alla sala riunioni e/o conferenze, al parco giochi come luogo di incontro ed all’apertura del multiservice anche di sera come luogo di potenziale ritrovo per i giovani. Inoltre, l’altro aspetto che emerge è quello prettamente sociale, volto cioè al potenziamento di tutti quei servizi necessari per la gestione di parenti e figli, che pongono esigenze di conciliazione tempi di vita e di lavoro con conseguente necessaria flessibilità oraria. Assai Importante ed utile ai fini dello sviluppo e della realizzazione della nostra ricerca è risultato il contributo apportato da Unindustria Padova nella maturazione e raccolta di tali riflessioni nel contesto territoriale limitrofo, 35 attraverso la realizzazione di un’indagine5 conoscitiva presso le aziende associate alle quali è stato sottoposto un questionario strutturato con l’obiettivo di acquisire dati sulla consistenza delle aree, sulle potenzialità insediative residue e sulle infrastrutture esistenti, ma anche considerazioni e valutazioni circa la qualità o l’eventuale inadeguatezza dei servizi presenti. Al questionario, somministrato nel corso dell’anno 2005, hanno risposto 148 aziende, fornendo indicazioni che hanno consentito di delineare un quadro complessivo molto significativo, rappresentativo della specifica realtà locale ed espressione delle problematiche territoriali percepite dagli utenti delle zone di insediamento, a destinazione industriale ed artigianale. Le 148 aziende che hanno risposto al questionario appartengono ai diversi settori produttivi, compreso quello delle calzature. La dimensione aziendale in termini di numero di addetti riflette il carattere di PMI, peculiari del territorio provinciale di Padova, con oltre 2/3 delle aziende intervistate con meno di 50 dipendenti. Il 71,6% delle aziende è dislocata in zone artigianali e industriali, il 10,3% in zona residenziale, il 7,1% zona agricola e il 5,2% in zona commerciale. 7,1% zona industriale-artigianale 5,2% 3,2% 2,6% zona residenziale 10,3% zona agricola zona commerciale 71,6% altro non risponde Le aree produttive padovane sono una realtà in evoluzione dato che un’azienda su tre ha presentato richieste di ampliamento con modifiche del proprio edificio 5 Unindustria Padova, Il censimento delle aree produttive padovane: aspetti qualitativi e quantitativi in “Ri-generare le aree produttive. Idee per un’evoluzione sostenibile”, 2006 36 (restauro/ristrutturazione o recupero volumi non usati) o ha sottolineato la necessità di un nuovo insediamento; in particolare, ben il 22,2% delle imprese calzaturiere dell’area padovana ha presentato richieste di ampliamento e l’11,1% ha presentato richieste per un nuovo insediamento. nessuna richiesta 11,1% 22,2% richiesta di ampliamentoampliamento richi 66,7% richiesta di nuovo insediamento Per quanto riguarda la rete viaria, i collegamenti sono considerati buoni dal 25,7% degli intervistati, sufficienti dal 38,5% e carenti dal 35,1%. 0,7% 25,7% 35,1% rete viaria buona rete viaria sufficiente rete viaria carente non risponde 38,5% Gli interventi giudicati più urgenti sulla rete viaria sono il miglioramento della viabilità principale (68,9%), cui segue (a grande distanza percentuale) la creazione di nuova viabilità di collegamento con la rete esterna, la creazione di rotatorie, di nuovi innesti attrezzati, di una nuova viabilità di servizio interna alla zona produttiva, di aree di interscambio ed aree per scarico/carico merci. 37 L’analisi dei mezzi di trasporto utilizzati dai dipendenti per raggiungere il posto di lavoro sottolinea l’importanza delle rete viaria, visto che automobile e ciclomotore sono i mezzi di trasporto maggiormente impiegati; lo stesso dato può essere letto come conseguenza di una carenza nella presenza di servizio di trasporto pubblico nelle aree produttive, nelle quali è dislocato oltre il 70% delle aziende. Agli intervistati, per parte aziendale, è stato anche chiesto di elencare i servizi all’impresa e alla persona che ritenevano utili da inserire nella propria zona produttiva. Il servizio in assoluto più richiesto è legato alla sicurezza di cose e persone all’interno dell’azienda: si tratta della vigilanza notturna delle aree (63,5%); seguono i servizi legati alla ristorazione (36,5%), allo stoccaggio e recupero dei rifiuti (32,4%), sportelli postali (25,7%), strutture ricettive (24,3%) e anche residenze temporanee per lavoratori (23%). Con riferimento ai servizi alla persona, emerge la richiesta di mense (45,3%) e di un migliore trasporto pubblico (44,6%); segue la richiesta di asili nido (33%), giustificata dalla necessità di risolvere in spazi territorialmente vicini i problemi di conciliazione tempi di vita e di lavoro. Il 26,4% ritiene utile inserire anche spazi verdi e ricreativi o impianti sportivi e palestre. Riguardo il territorio, il 63,5% degli intervistati ha promosso il Distretto produttivo come strumento strategico, affermando la valenza strategica dell’appartenenza ad una specifica area geografica caratterizzata da una produzione prevalente e specialistica. 38 8,1% si 28,4% no 63,5% non risponde Il pensiero che emerge dalla pubblicazione di Unindustria e che si manifesta con sempre maggiore frequenza nella Regione Veneto è “come uscire da un modello di sviluppo esistente verso una nuova modalità di gestione del territorio che risponda alle mutate esigenze sia della produzione ma anche della sensibilità degli abitanti. […]; il difetto del modello veneto è che di fatto non è stato pensato, ma esso ha certamente risposto ad una cultura del lavoro, ad un’interpretazione dell’economia, ad un uso e ad una percezione del territorio come risorsa illimitata ed ambito in cui esplicare la propria azione lavorativa. Non è certamente distante la cultura contadina fortemente presente nel territorio del Veneto, dall’interpretazione che via via ne ha fatto l’impresa nel suo fermarsi e crescere. Tutti gli elementi della prima cultura produttiva agricola sono stati trasferiti nella seconda cultura produttiva industriale: la propensione al lavoro, la scarsa distinzione tra il patrimonio aziendale e quello familiare, la coincidenza tra il luogo del lavoro ed il luogo del vivere. E come il contadino usa il territorio come strumento del proprio lavoro, […], così pure le stesse genti entrate nel mondo della fabbrica hanno pensato e gestito l’ambitus del proprio produrre, portandolo nello stesso paesaggio e nella stessa dimensione territoriale […]. 39 Adesso esiste un surplus di aree a disposizione non funzionali che devono essere ricondizionate e riportate ad una funzione collettiva. […] la sfida annunciata è quella della crescita economica e sociale in un mondo fortemente connesso, dove il vantaggio territoriale è rappresentato dalla capacità di comunicazione oltre che dalla coesione della comunità che lo esprime. Ma c’è un altro obiettivo che si accompagna a questa sfida […] quello di generare con un minor utilizzo dello spazio la stessa quantità di ricchezza, mutandone via via le modalità di produzione in senso adeguato alle nuove sfide internazionali. [E’ quindi possibile definire] una tipologia di area produttiva come una sorta di gigantesco patchwork dove l’unico problema è quello della gradevolezza dell’assemblaggio dei colori (le singole tipologie di attività) più che l’esclusione delle opportunità che i nuovi modi del produrre invece possono offrire. Naturalmente accanto a questa redistribuzione delle modalità del produrre, elementi di cucitura sono: l’intelligenza degli edifici, il verde circostante, i servizi comuni, i parcheggi, la rapida accessibilità verso autostrade. [Dal modello statico della produzione basata sulla singola azienda si passa a considerare] l’intera area come un animale produttivo in grado di apprendere ed attivare un feed back urbanistico collegato con la città e con i nuovi modelli del produrre. Questo animale avrà bisogno di crescere, di mutare se stesso, di socializzare.”6 Abbiamo già detto che un nuovo modello di sviluppo industriale e territoriale deve tenere conto sia delle esigenze dei lavoratori e delle aziende stesse, sia dello sviluppo sostenibile. “Si definisce sviluppo sostenibile uno sviluppo che soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere le capacità di quelle future: in questo senso si devono portare reali cambiamenti nell’affrontare le problematiche ambientali, sociali, industriali e territoriali. Infatti, come afferma la Commissione Europea, è evidente che senza una rafforzata 6 Unindustria Padova, Le aree produttive esistenti e la perequazione come strumento per il mutamento e la crescita in “Ri-generare le aree produttive. Idee per un’evoluzione sostenibile”, 2006 40 integrazione della dimensione ambientale nei settori economici, e senza una forte partecipazione sociale di tutti i soggetti interessati, lo sviluppo rimarrà complessivamente insostenibile. Ne discende che ogni attività, per essere sostenibile deve coniugare il punto di vista economico, sociale, occupazionale e ambientale. […] è indispensabile creare una cultura nuova sia professionale, sia nelle singole persone, ma soprattutto un consenso diffuso nella pubblica amministrazione ed in quegli attori protagonisti della gestione e della pianificazione del territorio.”7 Le considerazioni sullo sviluppo sostenibile si riallacciano al più ampio discorso sulla responsabilità sociale delle imprese. Essendo sempre più sottoposte alle sfide di un ambiente globale in trasformazione, le imprese devono diventare consapevoli e certe del fatto che la responsabilità sociale può rivestire un valore economico diretto. Anche se il loro principale obiettivo rimane il profitto, le imprese possono al tempo stesso contribuire alla tutela dell’ambiente ed a finalità sociali, considerando la responsabilità sociale come un investimento strategico e non come un costo. “L’azione dei pubblici poteri è […] essenziale per incoraggiare le imprese a prendere ulteriormente coscienza delle loro responsabilità sul piano sociale e per creare un quadro che consenta di garantire che le imprese integrino gli aspetti ambientali e sociali nelle loro attività... Occorre incoraggiare le imprese ad integrare in modo attivo lo sviluppo sostenibile nelle attività che esse realizzano all’interno dell’Unione europea e nel mondo”.8 “Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici applicabili ad ogni fattispecie di produzione di beni o servizi, ma anche andare al di là investendo «di più» nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate. L’esperienza acquisita con gli 7 Unindustria Padova, La valutazione ambientale strategica e la certificazione ambientale del territorio come strumenti innovativi di gestione e sviluppo in “Ri-generare le aree produttive. Idee per un’evoluzione sostenibile”, 2006 8 Da il Libro Verde dell’Unione Europea [Bruxelles – 18.7.2001 COM (2001) 366 definitivo], pag. 5 41 investimenti in tecnologie e prassi produttive e commerciali ecologicamente responsabili ha suggerito che, andando oltre gli obblighi previsti dalla legislazione, le imprese potevano aumentare la propria competitività. L’applicazione di norme sociali che superano gli obblighi giuridici fondamentali, ad esempio nel settore della formazione, delle condizioni di lavoro ( anche, per fare un esempio, negli strumenti di flessibilità ed autonomia concessi ai lavoratori ai fini della conciliazione tempi di vita e di lavoro), dei rapporti tra la direzione e il personale, può avere dal canto suo un significativo impatto diretto sulla produttività. Si apre in tal modo una strada che consente di gestire il cambiamento e di conciliare lo sviluppo sociale ed una maggiore competitività.”9 L’impatto economico della responsabilità sociale delle imprese può determinare risultati diretti e indiretti. Nel primo caso, ad esempio, i risultati diretti possono derivare da un miglioramento dell’ ambiente di lavoro che si traduce in una maggiore produttività dei lavoratori; nel secondo caso, ad esempio, i risultati indiretti possono dipendere da un maggiore interesse dei consumatori, che determinano nuove possibilità dell’impresa sul mercato. La responsabilità sociale delle imprese ha una duplice dimensione: - interna - esterna. Diverse sono le variabili della dimensione interna: Gestione delle risorse umane – Una delle maggiori sfide che devono affrontare le imprese è di attrarre a sé e conservare in organico i lavoratori competenti e qualificati; infatti la manodopera altamente specializzata è un punto di forza del distretto calzaturiero e le aziende investono sul proprio personale, visto che la quasi totalità degli addetti ha contratti a tempo indeterminato. Tuttavia, i livelli di gratificazione e motivazione tra i lavoratori sono relativamente bassi con conseguente difficoltà a reperire manodopera giovane qualificata e motivata nel 9 Idem, pag. 7 42 territorio. Una serie di misure adeguate potrebbero essere l’istruzione e la formazione permanente, la responsabilizzazione del personale, un miglioramento del circuito d’informazione/comunicazione all’interno dell’impresa, un migliore equilibrio tra lavoro, famiglia e tempo libero (soprattutto per quanto riguarda le donne, che rappresentano la maggior parte dei dipendenti delle aziende calzaturiere), l’applicazione effettiva del principio di uguaglianza per le retribuzioni, le prospettive di carriera delle donne e la partecipazione ai benefits aziendali. In particolare sulla formazione, molte aziende calzaturiere hanno innovato la propria tecnologia di processo/prodotto, automatizzando la fase di progettazione e taglio attraverso i sistemi CAD-CAM; ovviamente la nuova tecnologia ha indotto l’azienda a formare il personale dei reparti suddetti. Salute e sicurezza nel lavoro – Diversi criteri di salute e di sicurezza nel lavoro sono stati inseriti, a vari livelli, nei programmi esistenti di certificazione e di etichettatura dei prodotti o attrezzature. Ad esempio, nel caso delle lavoratrici donne che operano presso il proprio domicilio e sono impegnate nei lavori di orlatura delle scarpe, alcune aziende calzaturiere intendono attivare alcune attività atte a garantire adeguati livelli di sicurezza dei processi lavorativi, acquisendo attrezzature e postazioni ergonomiche ed avvalendosi della consulenza di esperti esterni nell’ambito dell’ergonomia e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Adattamento alle trasformazioni – Abbiamo già detto che, le aree produttive padovane (ed in parte veneziane) sono una realtà in evoluzione dato che un’azienda su tre ha presentato richieste di ampliamento con modifiche del proprio edificio o ha sottolineato la necessità di un nuovo insediamento. Ristrutturare in un’ottica socialmente responsabile significa mediare e considerare gli interessi e le preoccupazioni di tutte le parti interessate ai cambiamenti ed alle decisioni. In poche parole, in una ristrutturazione è opportuno garantire la partecipazione e il coinvolgimento delle persone interessate attraverso 43 una procedura aperta di informazione e di consultazione, devono essere identificati i rischi più importanti, calcolati i costi delle varie azioni strategiche e valutate tutte le soluzioni per limitare eventuali licenziamenti. Gestione degli effetti sull’ambiente e delle risorse naturali – Un minore sfruttamento delle risorse e una riduzione delle immissioni inquinanti e dei rifiuti può portare ad un aumento della redditività e della competitività. Ad esempio, il traffico, già congestionato per il forte utilizzo dei mezzi privati in zone ad alta densità abitativa e con aree industriali/artigianali (preminenza di automobile e ciclomotore per recarsi sul posto di lavoro, conseguente anche alla carenza di mezzi pubblici nell’area produttiva di Fossò), soffre del fenomeno dell’intasamento nelle ore di punta e le scelte organizzative delle aziende con politiche di flessibilità oraria possono fortemente contribuire al miglioramento dei tempi della città (vedi L.53/200, art.22-28) e della qualità della vita dei lavoratori e dei cittadini. Alla riduzione dei gas inquinanti potrebbe anche contribuire il servizio di car sharing, cioè un servizio di auto condivise per raggiungere il posto di lavoro. Oltre alla dimensione interna, la responsabilità sociale delle imprese ha anche una dimensione esterna, sostenuta anch’essa da più variabili: Comunità locali – La responsabilità sociale delle imprese ha riflessi sulla buona integrazione delle imprese nell’ambiente locale: da un lato, le imprese contribuiscono alla comunità, in particolare a quella locale, fornendo posti di lavoro, salari e prestazioni ed entrate fiscali; dall’altro lato, le imprese dipendono dalla buona salute e dalla stabilità delle comunità che le accolgono. Nel nostro caso, questa interdipendenza è ancora più forte, perché le PMI dell’area distrettuale formano un agglomerato territoriale di produttori specializzati ed integrati fra loro in filiere produttive. Inoltre, nel distretto, operano in stretto rapporto l’ambiente, la storia e la cultura del territorio che poi caratterizza le realtà 44 produttive e i relativi prodotti. La familiarità delle imprese con gli attori locali e le tradizioni rappresentano un patrimonio che esse possono capitalizzare. Partnership commerciali, fornitori e consumatori – Per fronteggiare adeguatamente la concorrenza produttiva e le difficoltà commerciali, le aziende del Distretto Calzaturiero della Riviera del Brenta devono industrializzare i processi produttivi artigianali, professionalizzando le risorse umane processo/prodotto e ed investendo in organizzative. innovazioni Gli effetti tecnologiche delle misure di di responsabilità sociale di un’impresa non sono limitati a quest’ultima, ma si rifletteranno su tutte le aziende dell’indotto, il quale è composto in primo luogo dalle imprese produttrici di accessori. Il ciclo produttivo della calzatura non si è realizzato attraverso l’inserimento di tutte le fasi operative in una singola struttura operativa (integrazione produttiva verticale che è stato il modello di sviluppo imprenditoriale delle aziende italiane sino agli anni ’70), ma con unità produttive autonome, che si sono specializzate in lavorazioni di fasi del ciclo ben definite o nella produzione di parti o componenti (formifici, tacchifici, suolifici, …). In tale modello si è concretizzata la linea di sviluppo principale delle aziende nazionali dagli anni ’80 in poi quando la flessibilità produttiva ed il conseguente decentramento produttivo sono divenute le variabili fondamentali del fenomeno. Quindi, alla filiera calzaturiera concorrono anche produttori di tecnologia, fornitori di componenti e accessori, studi stilistici impegnati nel disegnare e progettare modelli e organizzazioni di vendita. Infine, le imprese che stringono rapporti durevoli con i clienti, concentrando l’insieme della loro organizzazione sulla comprensione delle loro aspettative e fornendo loro qualità, sicurezza e affidabilità, generano maggiori profitti. 45 6 – I PROGETTI TECNICO-TERRITORIALI DI SUPPORTO CONOSCITIVO AL PROGETTO DI CREAZIONE DI UN MULTISERVICE AZIENDALE Il progetto che ha costituito l’oggetto principale della nostra indagine trova sviluppo nella realizzazione di una ricerca statistica quali-quantitativa che supporti uno studio di fattibilità per definire in modo dettagliato la natura e la struttura di un centro servizi integrato di servizi nell’area industriale–artigianale di Fossò. La creazione del multiservice sarà di supporto ai lavoratori delle imprese ed alle imprese stesse localizzate nell’area suddetta, potenziando lo sviluppo e la crescita del sistema economico e produttivo del distretto. Alla base di questo studio vi sono due importanti premesse territoriali locali rappresentate da due progetti/ricerche. 6.1 – PROGETTO LOCALE DI UN CENTRO SERVIZIO NELL’AREA PRODUTTIVA DI FOSSO’ Il progetto, leggermente pregresso alla realizzazione temporale del nostro lavoro, prevede la realizzazione di un centro servizi su un lotto di terreno di proprietà del Comune di Fossò. Per la realizzazione di tale opera, l’Amministrazione comunale si avvarrà dell’istituto operativo/funzionale della permuta, ovvero un appalto con l’esecuzione dei lavori congiunto alla cessione di parte del bene immobile realizzato (art. 83 del DPR 554/94). L’area, proprio per le sue ampie dimensioni e la collocazione all’interno della zona artigianale-industriale, rappresenta la perfetta, potenziale, ubicazione per i fabbisogni evidenziati dal progetto oggetto d’indagine, ma in base alle deliberazioni del Consiglio comunale n.68/2004 e 25/2005, l’intervento sarà realizzato sulla base di alcune già definite destinazioni funzionali: - ristorazione tipo: centro cottura con self-service, tavola calda 46 - eventuali attività di servizio e/o commerciali per imprese - centro di esposizione (show-rooms) di prodotti industriali e locali, uffici di rappresentanza e associazioni di categoria. Il tutto al servizio dei residenti e delle imprese artigianali ed industriali, ubicate in tale zona produttiva. L’area, che si svilupperà su una superficie complessiva di 11.510 mq ca., avrà una forma ad L capovolta e si comporrà di cinque edifici (blocchi A, B, C, D, E). La forma anomala del lotto ha portato a collocare le funzioni più rappresentative nella fascia nord, che confina con il viale dell’Industria, mentre le altre funzioni trovano posto nella parte rimanente e sono raggiungibili da una nuova strada che percorre il lotto per tutta la sua profondità. Una strada di accesso, posta sul lato est e completata da parcheggi su entrambi i lati garantisce la penetrazione del lotto fino all’estremità sud e quindi l’accesso alle varie funzioni; sul lato interno (ad ovest dei blocchi A, B e C e a sud del blocco E) una strada di servizio completa la circolazione intorno all’intero complesso. I blocchi A, B e C, da sud verso nord, rappresenteranno il centro servizi e si svilupperanno per tutta la lunghezza su due piani: all’interno di questi blocchi sarà prevista la realizzazione di una mensa e di un bar per quanto riguarda la ristorazione, di un garnì composto da 23 camere, ciascuna con il proprio bagno, e 5 appartamenti di 50 mq ca. di superficie per ciò che riguarda il pernottamento e di un ampio magazzino per ciò che riguarda la logistica. Il blocco E (a est) ospiterà l’auditorium, che ingloberà una serie di differenti attività: concerti, spettacoli teatrali e cinematografici, conferenze, congressi ed esposizioni di vario genere. Il centro congressi prevederà la possibilità di effettuare contemporaneamente due incontri/conferenze: una per un massimo di 477 posti e l’altra per un numero massimo di 56. 47 Il blocco D, che costituirà il punto nodale e la cerniera di collegamento tra l’auditorium e il centro servizi, sarà una torre alta 43 m con pianta quadrata; gli otto piani della torre assorbiranno la funzione direzionale; inoltre, lo spazio aperto tra la torre e l’auditorium costituiranno la piazza del complesso. 48 49 50 6.2 – RICERCA A.TE.S SRL – Architettura territoriale strategica Oltre al progetto tecnico del comune di Fossò, con la Legge Regionale n. 11/04 sono stati formalmente introdotti i principi della concertazione nell’ambito della legislazione urbanistica regionale. Comune, Provincia e Regione hanno coinvolto i soggetti pubblici e privati sulle scelte strategiche dell’assetto del territorio Piano di Assetto Territoriale Intercomunale (PATI). Le diverse fasi in cui si è strutturato il processo condiviso per la redazione del PATI possono essere così riassunte: - la mappatura degli attori e delle politiche, cioè l’individuazione degli attori coinvolgibili e la ricostruzione delle azioni e delle politiche; - la presentazione e condivisione degli obiettivi del piano alla comunità e alle istituzioni interessate; - l’ascolto della cittadinanza e l’attivazione degli strumenti metodologici, con conseguente consegna di un questionario semistrutturato (vedi Allegato A), che ha avuto la duplice funzione di informare la popolazione e conoscerne le opinioni; - l’integrazione fra l’informazione e i valori territoriali e ambientali ai fini della decisione finale. La concertazione e la raccolta di contributi e osservazioni da parte dei diversi attori coinvolti si sono sviluppati attraverso incontri e assemblee; il confronto democratico e ampiamente condiviso per la redazione del Piano di Assetto Territoriale Intercomunale PATI, avvenuto fra il giugno 2005 e il giugno 2006, ha messo in evidenza come la partecipazione rappresenti un’espressione democratica di confronto, affinché le scelte di governo del territorio siano maggiormente condivise e non imposte “dall’alto” (art.5, comma 2 della L.R.n.11/04). 51 Oltre a fornire e ricevere informazioni, il questionario vuole evidenziare quali di queste sono comuni alle strategie dell’amministrazione comunale secondo tre livelli: - “di coerenza”, livello riferito a quelle risposte che non sono in contraddizione con gli obiettivi dell’amministrazione - “di coincidenza”, livello riferito a quelle risposte che corrispondono agli obiettivi dell’amministrazione - “di suggerimento”, livello riferito a quelle risposte che il cittadino ha suggerito o perché non comprese nelle domande del questionario o perché non incluse tra gli obiettivi del PATI. Sul “sistema ambiente”, la crescente urbanizzazione e lo smog sono un problema sia per gli amministratori che per gli abitanti e le rispettive soluzioni sono coincidenti, mentre la soluzione all’inquinamento acustico espresso dai cittadini è coerente con quella dell’amministrazione. Sul “sistema paesaggio”, le azioni di valorizzazione del paesaggio e di recupero del patrimonio storico-architettonico espresse dai cittadini sono coerenti con quelle dell’amministrazione comunale; un suggerimento riguarda la creazione di percorsi culturali tematici. Sul “sistema servizi”, gli interventi ritenuti importanti dagli abitanti come gli impianti sportivi, gli spazi verdi, le piste ciclabili e il trasporto pubblico sono coerenti con quelli dell’amministrazione; un suggerimento riguarda la richiesta di interventi su luoghi di ritrovo per giovani ed anziani e una più generale esigenza di servizi sociali. Sul “sistema viabilità”, considerato un elemento di pericolosità sia per gli amministratori che per i cittadini, le soluzioni non sono né coincidenti né coerenti; infatti, mentre gli amministratori mettono al primo posto la realizzazione di piste ciclo-pedonali, gli abitanti suggeriscono in primis nuove e migliori segnalazioni sugli attraversamenti pedonali. 52 Sul “sistema casa”, il problema delle aree dismesse e la necessità riqualificazione e recupero di edifici è coerente tra gli amministratori e i cittadini. Infine, sul sistema produttivo, la delocalizzazione di zone produttive, sostenuta dall’amministrazione, è coerente con l’idea dei cittadini, ma mentre l’amministrazione propone l’ampliamento delle zone industriali, i cittadini suggeriscono una riqualificazione urbanistica ed architettonica delle aree produttive, che sono considerate le zone più brutte del paese. Alcuni dei risultati del questionario (vedi Allegato F) si sono rivelati estremamente utili anche per lo studio di fattibilità relativo al progetto di creazione del multiservice aziendale. In particolare, - sulle problematiche legate alla qualità dell’ambiente emergono la questione dell’inquinamento e dello smog, insieme ad una più generale tutela ambientale nei confronti dell’intensa urbanizzazione e del sistema viario; - sulla soddisfazione dei servizi offerti, il cittadino lamenta la mancanza o la necessità di interventi riguardo impianti sportivi e spazi/luoghi di ritrovo per giovani e anziani; - sulla qualità/soddisfazione del sistema abitativo, emergono la presenza di aree dismesse e la mancanza di servizi connessi; - sulla scarsa qualità urbanistica ed architettonica degli insediamenti produttivi esistenti, emerge la necessità di riqualificazione territoriale e produttiva. I problemi da affrontare secondo i cittadini di Fossò che hanno partecipato al processo condiviso per la redazione del PATI possono essere così rappresentati: 53 assetto territoriale 5% 11% tutela e problematiche ambientali 13% piste ciclabili, marciapiedi, illuminazione, fognature 20% area sociale 43% viabilità 0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45% problemi da risolvere L’Amministrazione del Comune di Fossò vuole attivare diverse sinergie a livello territoriale, qualificando l’intero sistema dei servizi esistenti nel territorio, soprattutto sulla base di fabbisogni relativi alle relazioni sociali e socializzanti. Osservando il grafico, si rileva che a fronte di un’elevata soddisfazione riguardo la presenza di impianti scolastici e sportivi (rispettivamente 31% e 29%), emerge invece un’elevata insoddisfazione in merito alla carenza di spazi di ritrovo e svago, soprattutto per gli anziani, che sono la categoria più fragile dal punto di vista relazionale perché, più difficilmente, si allontanano dal luogo di residenza. Una considerazione a parte meritano, invece, i luoghi di ritrovo per i giovani, le cui percentuali di soddisfazione o insoddisfazione (rispettivamente 18% e 14%) sono pressoché in equilibrio, dal momento che la categoria “giovani” ha maggiori possibilità e predisposizione a spostarsi dal luogo di residenza per cercare spazi di ritrovo e svago. 54 0% 15% 3% 6% 18% 5% 4% spazi di ritrovo e svago 20% iniziative culturali e ricreative 10% 29% luoghi di ritovo per giovani 31% luighi di ritrovo per anziani 25% impianti sportivi 30% impianti scolastici 35% 29% 14% 27% 19% 13% 5% servizi soddisfacenti servizi NON soddisfacenti servizi soddisfacenti 55 7 – I RISULTATI DELLA RILEVAZIONE Il nostro report analitico è stato realizzato sulla base di: 18 interviste a domande aperte rivolte alle direzioni aziendali 4 interviste della stessa tipologia rivolte ai sindacati e parti associative 9 Interviste della stessa tipologia rivolte alle istituzioni, amministratori pubblici, tecnici comunali 470 questionari strutturati sulla tecnica della “scala di Likert” somministrati a lavoratori delle varie aziende dell’area artigianaleindustriale di Fossò (VE). Le aziende coinvolte nel progetto sono 18 ed appartengono tutte rigidamente alla zona artigianale-industriale di Fossò; di queste, 15 appartengono specificatamente alla filiera del settore calzaturiero (14 producono calzature e 1 produce solette), 1 azienda è del settore alimentare, 1 del settore spedizioni e 1 del settore impianti. Dall’analisi si è evidenziato che 16 fra i dirigenti-titolari aziendali intervistati ritengono utile la creazione di un multiservice principalmente per i seguenti motivi pratici : - Per valorizzare l’area in quanto attualmente la zona industriale non offre nulla 56 - Per arricchire e affiancare i pochi servizi già esistenti - Per aumentare la soddisfazione dei lavoratori Inoltre anche i 2 sindacati e le parti associative che hanno collaborato fattivamente all’intervista sono favorevoli alla creazione di una struttura operativa integrata di servizi, in quanto ne sottolineano l’utilità volta alla creazione di risposte concrete ad esigenze individuali e familiari ed alla conciliazione di tempi di vita e di lavoro dei dipendenti con le esigenze aziendali. Al contrario, i 2 dirigenti aziendali che non ritengono utile la creazione di un multiservice, pensano che Fossò offra una gamma soddisfacente di proposte e di servizi e che lavoratori e sindacati pretendano troppo senza offrire da parte loro maggiore disponibilità in momenti di necessità. Viene inoltre sottolineata una parziale e non completa conoscenza delle opportunità di servizio ed attività specifiche già esistenti nel territorio del comune, in modo particolare relativamente ai servizi all’infanzia. Tuttavia, qualche perplessità è espressa anche da quelle aziende che sono favorevoli al multiservice, nel senso che l’esistenza di tale struttura non dovrà intaccare l’economia dell’azienda e non dovrà interferire con essa, aspetto di difficile realizzazione in quanto il contesto territoriale industriale, un po’ chiuso nella conservazione e riproposizione di stereotipi e modelli organizzativi e culturali, è forse troppo rigido nell’affrontare cambiamenti, già avvenuti a livello tecnologico-produttivo e non a livello sociale, come sottolineano anche i sindacati. 57 La prima fotografia di tipo statistico sulle realtà oggetto della ricerca ci sottolinea efficacemente i dati quantitativi relativi ai lavoratori occupati nelle stesse e la loro provenienza geografica e residenziale. NOME AZIENDA DIPENDENTI PENDOLARI RESIDENTI TOTALI DONNE UOMINI EXTRACOMUNITARI AZIENDA 1 30 1 29 18 12 1 AZIENDA 2 55 3 52 35 20 1 AZIENDA 3 41 10 31 23 18 3 AZIENDA 4 17 14 3 12 5 0 AZIENDA 5 15 0 15 10 5 0 AZIENDA 6 25 2 23 10 15 2 AZIENDA 7 12 1 11 6 6 1 AZIENDA 8 100 10 90 10 90 3 AZIENDA 9 9 9 0 7 2 1 AZIENDA 10 10 8 2 2 8 0 AZIENDA 11 19 12 7 10 9 0 AZIENDA 12 13 8 5 8 5 3 AZIENDA 13 20 19 1 8 12 3 AZIENDA 14 10 8 2 2 8 0 AZIENDA 15 22 4 18 11 11 3 AZIENDA 16 112 80 32 58 54 0 AZIENDA 17 34 30 4 25 9 3 AZIENDA 18 70 60 10 43 27 3 Totali 614 279 335 298 316 27 Rispetto al 1996, la popolazione residente nel Comune di Fossò ha avuto un incremento annuale di modesta entità ma costante nel tempo (con l’unica eccezione dell’anno 2001 rispetto all’anno 2000); secondo i dati forniti dall’Ufficio Anagrafe del Comune, al 30/06/2006 gli abitanti erano 6.283 rispetto 58 a 5.492 del 1996, con un incremento percentuale pari al 14,40% nell’arco di 10 anni. POPOLAZIONE RESIDENTE A FOSSO’ N. TOTALE PER ANNO Popolazione al 31/12/1996 5.492 Popolazione al 31/12/1997 5.643 Popolazione al 31/12/1998 5.745 Popolazione al 31/12/1999 5.834 Popolazione al 31/12/2000 5.939 Popolazione al 31/12/2001 5.918 Popolazione al 31/12/2002 5.967 Popolazione al 31/12/2003 6.011 Popolazione al 31/12/2004 6.126 Popolazione al 31/12/2005 6.247 Popolazione al 31/12/2006 6.283 Su un totale di 614 lavoratori occupati nelle aziende analizzate, costituenti il campo potenziale complessivo di rilevazione, il 45,44% sono pendolari, nel senso che abitano a più di 3 Km di distanza dalla sede di lavoro, mentre il restante 54,56% sono residenti a Fossò e dintorni. La zona produttiva artigianale-industriale del Comune è caratterizzata da un pendolarismo giornaliero; tali flussi di persone determinano un considerevole consumo di pasti extradomestico, ma la rete dei servizi offerti dagli esercizi pubblici locali è inadeguata alle esigenze. Infatti, molti degli intervistati sottolineano l’esigenza di un servizio strutturato di ristorazione, essendo presenti solo una trattoria “cara (un pasto costa circa 10 €) e scomoda da raggiungere”, uno o due bar e alcuni servizi di ristorazione interni ad alcune aziende, ma poco utilizzati per la scarsa qualità. 59 Sulla base di dati Istat e sulla base di elaborazioni della Federazione Italiana Pubblici Esercizi, il fenomeno dei consumi dei pasti fuori casa ha assunto dimensioni rilevanti. Infatti nel 1993, la ripartizione della spesa delle famiglie tra consumo alimentare in casa e fuori era rispettivamente del 74,2% e del 25,8%; nel 2003, a distanza di 10 anni, c’è stata una diminuzione del consumo alimentare in casa ed un sensibile ed indicativo aumento del consumo alimentare fuori casa, rispettivamente pari al 69,1% e al 30,9%. Quindi, oggi, almeno un terzo della spesa per consumi alimentari viene veicolata fuori casa e questi dati evidenziano la profonda trasformazione che hanno attraversato gli stili alimentari e di vita degli italiani. in casa fuori casa 120,0 100,0 80,0 60,0 40,0 20,0 0,0 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 Riguardo l’attuale rete distributiva dei Pubblici Esercizi del Comune di Fossò, il cui territorio comunale è suddiviso in due zone (Fossò e Sandon), complessivamente sono attivi 13 esercizi (di cui 2 dotati di doppia tipologia ristorante + bar), per un totale di 15 autorizzazioni, così ripartite: - 6 autorizzazioni come ristorante, di cui 5 a Fossò e 1 a Sandon - 9 autorizzazioni come bar, di cui 7 a Fossò e 2 a Sandon. 60 Considerando che, secondo dati Istat, al 31/12/2005 gli abitanti del Veneto erano 4.738.913, che gli abitanti del Comune di Fossò erano, sempre al 31/12/2005, 6.247 e che nella Regione Veneto al giugno 2006 la distribuzione dei ristoranti è di 8.919 unità e la distribuzione dei bar è di 14.364 unità, la densità di esercizi di somministrazione è la seguente: - 1 ristorante ogni 531 abitanti nella Regione Veneto - 1 ristorante ogni 1.041 abitanti nel Comune di Fossò - 1 bar ogni 330 abitanti nella Regione Veneto - 1 bar ogni 694 abitanti nel Comune di Fossò. Altro dato importante, a livello nazionale, è la crescita del numero degli esercizi di ristorazione e somministrazione (cioè il numero delle unità locali di ristoranti e bar) nel corso degli ultimi 10 anni, sempre sulla base di dati Istat e di elaborazioni della Federazione Italiana Pubblici Esercizi: 140.000 120.000 113.031 121.751 100.000 80.000 ristoranti 60.000 40.000 60.293 73.619 bar bar 20.000 0 1991 ristoranti 2001 61 Fra il 1991 e il 2001, l’incremento del numero dei ristoranti è stato del 22,1%, mentre l’incremento del numero dei bar è stato del 7,7%. Considerando che il territorio di Fossò è oggetto di una nuova pianificazione intercomunale attraverso il PATI, risulta evidente l’attuale sottodimensionamento del settore pubblici esercizi, anche nel settore della ristorazione e la presenza e lo sviluppo di strutture produttive e del terziario sono necessariamente correlati alla necessità di adeguare i servizi della ristorazione, come già è stato definito nel progetto tecnico del Comune di Fossò. Riguardo l’offerta ricettiva ed alberghiera del territorio comunale, essa è molto modesta; infatti sono attive solo 2 strutture alberghiere, una a Sandon (1 stella) e una a Fossò (3 stelle) a servizio della zona produttiva, mentre non sono presenti strutture extra-alberghiere come camere e appartamenti turistici, campeggi e alloggi agrituristici. Le direzioni aziendali, infatti, sottolineano l’esigenza nell’area produttiva di un residence formato da appartamenti per quei lavoratori che vengono da fuori e devono fermarsi per settimane; anche a questa esigenza è già stata data una risposta attraverso il progetto tecnico-comunale. ELEMENTI E CONSIDERAZIONI DI GENERE Sul totale dei 614 lavoratori, il 48,53% sono donne. Spesso, la figura femminile è considerata culturalmente più problematica in termini lavorativi, sia per il concetto di inferiorità in cui lei stessa (a volte) si pone e sia per il ruolo che il mercato del lavoro inequivocabilmente le attribuisce; inoltre, nel quotidiano la donna si trova spesso a scontrarsi con problemi cui deve “per forza” trovare soluzioni (cura dei bambini e assistenza agli anziani) autonomamente, a volte, senza un adeguato supporto da parte 62 delle istituzioni pubbliche e dei soggetti privati presenti nel territorio nel quale vive e lavora. Le innovazioni legislative in tema di diritto del lavoro riguardano principalmente le problematiche legate all’inserimento lavorativo delle donne: la L. 53/2000 sottolinea “un equilibrio tra tempi di lavoro, di cura, di formazione e di relazione” e promuove misure a sostegno della flessibilità, destinando delle risorse “in favore di aziende che applichino forme contrattuali che prevedono azioni positive per la flessibilità”. La legge è innovativa sia in termini di contenuti che di azioni a favore delle donne e contemporaneamente a favore delle aziende e realizzate per il tramite di esse. Parlare di “genere” nel mondo del lavoro non significa solo portare avanti una cultura che spinga la donna ad avere gli stessi spazi lavorativi e di carriera dell’uomo, ma soprattutto significa valorizzare la “persona” e le sue risorse, creando opportunità di sviluppo personali e, di conseguenza, per il mondo produttivo. La necessità di mettere a punto sistemi di conciliazione famiglia-lavoro e politiche “family friendly” nasce dalla convergenza di due fattori: • da un lato, le trasformazioni in atto nelle strategie di vita di donne e uomini, soprattutto giovani, e • dall’altro le trasformazioni in atto nel mercato del lavoro. Finora, il problema della conciliazione tra tempi diversi della vita è stato considerato un “affare privato” (soprattutto delle donne): il tempo del lavoro è sempre stato considerato il perno centrale attorno a cui ruotava qualsiasi altro tempo. Oggi, è aumentata la richiesta di flessibilità da parte delle aziende ed al centro della scena lavorativa non si trovano più solo i lavoratori maschi; la scena lavorativa è oggi composta da una pluralità di soggetti (maschi e femmine, giovani e anziani, autoctoni ed immigrati) con diversi bisogni sia sul fronte del mercato del lavoro che su quello delle aspettative sulla vita al di fuori del lavoro. Dunque, il tema della conciliazione non può essere affrontato 63 solo attraverso interventi di tipo legislativo, ma è necessario “sperimentare sul campo”, anche attraverso accordi contrattuali innovativi e sperimentali, dal momento che non si tratta di una “questione di donne”, ma è un problema che coinvolge il sistema sociale nel suo complesso (i tempi del mercato del lavoro, i tempi del lavoro di cura, i tempi della vita sociale, i tempi della città e le modalità di erogazione dei servizi, il tempo libero, il tempo per lo studio e il tempo per sé). I progetti di conciliazione costituiscono un “ecosistema sociale complesso”, perché coinvolge molteplici attori: le imprese, la parti sociali, le istituzioni, il sistema dei servizi pubblici e privati e gli individui donne e uomini. A ciò si aggiunge che nelle aziende del distretto il 4,4% dei lavoratori sono extracomunitari. In generale, gli stranieri residenti in Veneto si sono quasi sestuplicati dal 1991 al 2000, passando da 25.000 unità a 140.000; quindi, l’incidenza della popolazione straniera sul totale è passata in Regione dallo 0,6% al 3,1% e la quota di extracomunitari sul totale degli stranieri residenti è aumentata fino a raggiungere il 94%. Nel 2000, la graduatoria delle province per incidenza della popolazione immigrata vede al primo posto Vicenza (4,4%), seguita da Verona (4%), Treviso (3,9%), Padova (2,5%), Belluno (2%), Venezia (1,7%) e Rovigo (1,4%). Il 55% della popolazione attiva extracomunitaria ha trovato lavoro nell’industria manifatturiera, un 25% nei servizi e il rimanente 20% nell’agricoltura e costruzioni. Sulla tipologia del rapporto contrattuale, in ingresso il rapporto a tempo determinato contraddistingue il 50% dei contratti di lavoro, ma l’evoluzione successiva attesta una significativa stabilizzazione: il 71,5% degli extracomunitari occupati al 31/12/2000 ha in essere un rapporto a tempo indeterminato, il 19% determinato e il rimanente lavora con contratti di apprendistato e formazione lavoro. 64 Per quanto riguarda poi la provenienza di tali cittadini, quelli arrivati dalla exJugoslavia costituiscono la parte più rilevante, seguono i marocchini, gli albanesi, i rumeni, i ghanesi, i cinesi, i nigeriani e i senegalesi. Quando si parla delle prospettive della società interculturale è a queste differenti provenienze che bisogna pensare come base per le politiche da condurre nel segno di una “globalizzazione etnica”10. Il fenomeno dell’immigrazione è strettamente congiunto con quello della globalizzazione e si presenta come un segno di modernità; l’immigrazione è un fenomeno sociale e il perseguimento di un’efficace strategia per l’integrazione richiede che si “lavori in rete” proprio per la dimensione strutturale dell’immigrazione. “Lavorare in rete”11 significa: - un maggiore collegamento tra Governo ed enti locali; - un maggiore collegamento tra strutture pubbliche e mondo sociale e del volontariato; - un riconoscimento degli spazi di protagonismo sia agli italiani che agli immigrati, considerandoli, quindi, non solo esecutori di cose già decise, ma protagonisti essi stessi. Oltre a quelli della ristorazione già ricordati (una trattoria e un paio di bar), alcuni altri servizi considerati “scarsi” o non sufficientemente incisivi nel soddisfare le richieste della cittadinanza attualmente presente nel territorio del Comune di Fossò e segnalati dalle direzioni aziendali, sono: 10 Franco Pittau, L’immigrazione in Italia all’inizio del 2001: il tempo dell’integrazione, in “Affari sociali internazionali”, rivista trimestrale n.2, 2001, Franco Angeli, Milano, pag. 101-108 11 Idem 65 1. i servizi per l’infanzia e per bambini (una scuola materna privata a numero chiuso dai 3 ai 6 anni, una scuola materna parrocchiale e un centro estivo, che però copre solo 2-3 ore al giorno), 2. i servizi sportivi (solo un palazzetto dello sport dove ogni tanto il Comune organizza corsi di ginnastica a pagamento), centri per la piccola gestione amministrativa (i patronati), 3. i servizi commerciali e alle persone (tre supermercati, tre panifici, due gastronomie, alcuni negozi di generi alimentari, un banco posta e alcuni sportelli bancari). Secondo le direzioni aziendali, i servizi maggiormente utili per migliorare o rendere più efficace il funzionamento dell’impresa e del distretto, in quanto migliorano la qualità del lavoro e aumentano la soddisfazione dei lavoratori in termini di conciliazione tempi di vita e di lavoro sono: TIPOLOGIA DEL ELENCO DEI SERVIZI PROPOSTI SERVIZIO DALLE DIREZIONI AZIENDALI - SERVIZI GIA’ PREVISTI da NEL DISEGNO TECNICO appartamenti per quei lavoratori DEL COMUNE DI un residence formato che vengono da fuori e devono SERVIZI RICETTIVI fermarsi per settimane FOSS0’ (un garnì di 23 camere e 5 appartamenti) + esigenza abitativa segnalata nel PATI - una mensa strutturata per accorciare i tempi della pausa SERVIZI DELLA pranzo e anticipare così l’uscita RISTORAZIONE dal lavoro - SERVIZI GIA’ PREVISTI NEL DISEGNO TECNICO DEL COMUNE DI un bar come punto di ritrovo 66 FOSSO’ - una sala riunioni e/o conferenze (attualmente, per queste attività viene sempre utilizzato il centro sociale di Fossò, che però è scomodo da raggiungere e privo di parcheggio) SERVIZI SOCIALIZZANTI SERVIZIO auditorium una sistemazione dell’area verde GIA’ PREVISTO NEL della zona industriale per creare DISEGNO TECNICO DEL un parco giochi e un luogo di COMUNE DI FOSSÒ + incontro - esigenza di luoghi di un bar come punto di ritrovo per ritrovo segnalata nel PATI lavoratori, rappresentanti e clienti/fornitori - l’apertura del multiservice anche di sera come luogo di ritrovo per i giovani - un trasporto pubblico potenziato con più corse da Fossò a Venezia e viceversa - Esigenza di tutela ambientale nei confronti dell’intensa luoghi di lavoro SERVIZI DI TRASPORTO un car sharing, cioè un servizio di auto condivise per raggiungere i - un servizio navetta per i lavoratori dalla fermata dell’autobus al luogo di lavoro e viceversa per i lavoratori - un altro servizio navetta per i clienti/fornitori da all’aeroporto e viceversa 67 Venezia urbanizzazione e del sistema viario segnalata nel PATI - potenziamento dei servizi offerti dai patronati SERVIZIO PER IL DISBRIGO DI un servizio per la realizzazione di lavori domiciliari o commissioni - un servizio per la prenotazione e PRATICHE consegna della spesa e per la BUROCRATICHE- prenotazione di visite mediche AMMINISTRATIVE O - PER LO un servizio di prenotazione biglietti per spettacoli o altro o un punto SVOLGIMENTO DI internet COMMISSIONI per effettuare tali prenotazioni - un servizio per gli extracomunitari, volto al disbrigo delle pratiche inerenti i permessi di soggiorno - un baby caring, cioè un servizio di custodia/cura per bambini fino a 810 anni per 1 o 2 ore dopo l’orario scolastico perché l’asilo di Fossò SERVIZI SOCIALI PER chiude alle ore 16.00 e nessuna BAMBINI scuola di Fossò fa il tempo pieno - un servizio pomeridiana di dei custodia bambini da realizzarsi non solo nel periodo estivo ma durante tutto l’anno SERVIZIO FITNESS - una palestra da utilizzare in pausa pranzo - Esigenza di impianti sportivi segnalata nel PATI una piscina 68 - una struttura di servizio per i familiari a domicilio (servizi di cura e incombenze domestiche) SERVIZI SOCIALI PER ANZIANI - un servizio di accompagnamento di anziani o disabili a visite mediche, evitando così ai familiari di prendersi permessi dal lavoro - un servizio posta aggiuntivo, essendo l’esistente sempre troppo affollato - una ferramenta e un brico center con orario continuato L’ultimo servizio SERVIZI COMMERCIALI E SERVIZI ALLE IMPRESE segnalato va incontro - un servizio di smaltimento rifiuti - un servizio per la consegna e ritiro del lavoro per quei lavoratori che operano presso il anche alle esigenze di trasporto e del sistema proprio viario domicilio, visto che molti di questi lavoratori non sono automuniti e devono utilizzare i mezzi di trasporto pubblici Alle esigenze segnalate dalle direzioni aziendali e sostenute in parte anche dalle parti sociali, si aggiunge una specifica proposta dei sindacati stessi riguardo l’implementazione di convenzioni con asili e negozi. 69 IL PUNTO DI VISTA DEI LAVORATORI: I dipendenti che hanno contribuito al progetto di ricerca rispondendo al questionario loro sottoposto sono 470 così suddivisi tra le varie aziende del distretto industriale che hanno contribuito all’indagine: AZIENDA N. QUESTIONARI RESTITUITI PER AZIENDA AZIENDA 1 21 AZIENDA 2 52 AZIENDA 3 33 AZIENDA 4 12 AZIENDA 5 15 AZIENDA 6 14 AZIENDA 7 12 AZIENDA 8 75 AZIENDA 9 7 AZIENDA 10 7 AZIENDA 11 7 AZIENDA 12 7 AZIENDA 13 17 AZIENDA 14 5 AZIENDA 15 19 AZIENDA 16 98 AZIENDA 17 25 AZIENDA 18 44 70 Come già anticipato, il questionario somministrato ai lavoratori è stato strutturato sulla tecnica della “scala Likert” e le 470 risposte sono state così suddivise tra le varie domande: NULLO SCARSO MEDIO ALTO ALTISSIMO a)pagamento di fatture-bollette 73 93 174 110 20 b)disbrigo di pratiche burocratiche 57 95 178 121 19 c)consulenza legale di primo livello 68 129 164 82 27 44 50 125 164 87 a)brevi interventi di cura 54 117 152 104 43 b)disbrigo di lavori 60 96 191 92 31 88 159 125 71 27 96 144 167 48 15 1-UN SERVIZIO PER LA PICCOLA GESTIONE AMMINISTRATIVA PER: 2-UN SERVIZIO MENSA RISTORAZIONE PER L’AREA PRODUTTIVA con conseguente riduzione della pausa pranzo 3-UNA STRUTTURA DI SERVIZIO PER FAMILIARI A DOMICILIO (anziani, disabili,ecc) c)incombenze domestiche (spesa, …) 4-UN SERVIZIO PER LA REALIZZAZIONE DI LAVORI DOMICILIARI O SVOLGIMENTO COMMISSIONI 71 5-UN SERVIZIO PER LA PRENOTAZIONE E CONSEGNA DELLA SPESA A DOMICILIO O 107 190 129 30 14 111 149 144 53 13 56 40 106 195 73 18 38 129 202 83 46 44 159 152 69 69 109 158 108 26 65 117 154 98 36 51 48 110 163 98 SUL LAVORO 6-UN SERVIZIO DI BIGLIETTERIA/PRENOTAZIONI PER SPETTACOLI, SERVIZI, TRASPORTI, ECC 7-UN SERVIZIO DI BABY CARING cioè un servizio di custodia/cura per bambini fino a 8-10 anni per 1 o 2 ore dopo l’orario scolastico 8-UN SERVIZIO PER RICHIEDERE E PRENOTARE VISITE/PRESTAZIONI MEDICHE 9-UN SERVIZIO FITNESS (palestra, convenzione con piscina comunale…) 10-UNO SPORTELLO BANCARIO O UN PUNTO BANCOMAT 11-UN SERVIZIO DI CAR SHARING, cioè di auto condivise per raggiungere i luoghi di lavoro 12-UN SERVIZIO DI CURA/ASSISTENZA BAMBINI PER IL PERIODO ESTIVO Per una corretta definizione dei servizi che andranno a comporre o meno il multiservice aziendale, verrà calcolata la percentuale per ogni etichetta della scala Likert, sapendo che la somma dei valori che definiscono ogni tipologia di servizio coincide con il totale dei questionari (470). 72 Ovviamente si tratta di un’analisi puramente numerica, con successive considerazioni sui singoli servizi di interesse, dal momento che il questionario è stato strutturato in modo tale da non fornire (appositamente) alcuna informazione sul lavoratore che ha contribuito all’indagine (né il sesso, né l’età, né il ruolo o la funzione aziendale, né la situazione familiare). Riproponiamo, quindi, lo stesso questionario somministrato ai lavoratori con le rispettive percentuali: NULLO SCARSO MEDIO ALTO ALTISSIMO 14,1% 22,5% 36,6% 22,2% 4,6% a)pagamento di fatture-bollette 15,6% 19,8% 37% 23,4% 4,2% b)disbrigo di pratiche burocratiche 12,1% 20,2% 37,9% 25,8% 4% c)consulenza legale di primo livello 14,5% 27,4% 34,9% 17,5% 5,7% 9,4% 10,7% 26,6% 34,8% 18,5% 14,3% 26,4% 33,1% 19% 7,2% a)brevi interventi di cura 11,5% 24,9% 32,3% 22,1% 9,2% b)disbrigo di lavori 12,8% 20,4% 40,6% 19,6% 6,6% c)incombenze domestiche (spesa, …) 18,7% 33,8% 26,6% 15,1% 5,8% 20,4% 30,6% 35,5% 10,3% 3,2% 1-UN SERVIZIO PER LA PICCOLA GESTIONE AMMINISTRATIVA PER: 2-UN SERVIZIO MENSA RISTORAZIONE PER L’AREA PRODUTTIVA con conseguente riduzione della pausa pranzo 3-UNA STRUTTURA DI SERVIZIO PER FAMILIARI A DOMICILIO (anziani, disabili,ecc) 4-UN SERVIZIO PER LA REALIZZAZIONE DI LAVORI DOMICILIARI O SVOLGIMENTO COMMISSIONI 73 5-UN SERVIZIO PER LA PRENOTAZIONE E CONSEGNA DELLA SPESA A DOMICILIO O 22,8% 40,4% 27,4% 6,4% 3% 23,6% 31,7% 30,6% 11,3% 2,8% 11,9% 8,5% 22,6% 41,5% 15,5% 3,8% 8,1% 27,4% 43% 17,7% 9,8% 9,4% 33,8% 32,3% 14,7% 14,7% 23,2% 33,6% 23% 5,5% 13,8% 24,9% 32,8% 20,9% 7,6% 10,9% 10,2% 23,4% 34,7% 20,8% SUL LAVORO 6-UN SERVIZIO DI BIGLIETTERIA/PRENOTAZIONI PER SPETTACOLI, SERVIZI, TRASPORTI, ECC 7-UN SERVIZIO DI BABY CARING cioè un servizio di custodia/cura per bambini fino a 8-10 anni per 1 o 2 ore dopo l’orario scolastico 8-UN SERVIZIO PER RICHIEDERE E PRENOTARE VISITE/PRESTAZIONI MEDICHE 9-UN SERVIZIO FITNESS (palestra, convenzione con piscina comunale…) 10-UNO SPORTELLO BANCARIO O UN PUNTO BANCOMAT 11-UN SERVIZIO DI CAR SHARING, cioè di auto condivise per raggiungere i luoghi di lavoro 12-UN SERVIZIO DI CURA/ASSISTENZA BAMBINI PER IL PERIODO ESTIVO Gli esiti del lavoro di ricerca ed analisi degli elementi strutturali e logistici del territorio consentono di giungere alla composizione di un’idea di dettaglio di come dovrà essere realizzata la struttura di multiservice; con i dati raccolti si creerà uno scenario virtuale, attraverso cui sarà possibile valutare la concreta fattibilità dell’ipotetico modello messo a punto, considerando e valutando il rapporto costi-benefici previsti per la realizzazione dell’intervento. 74 Si comporrà, così, una valutazione generale degli effetti che la struttura di multiservice può apportare dal punto di vista economico, di impatto sul territorio, sui servizi già esistenti e sull’organizzazione delle aziende. L’ipotesi prevede la creazione di una struttura organizzativa compatta sia dal punto di vista dell’organizzazione sia dal punto di vista della gestione, ma non necessariamente centralizzata a livello operativo. La valutazione della composizione del multiservice dipenderà dalle percentuali di maggioranza, le quali saranno supportate dalle percentuali di corollario in eccesso o in difetto, nel senso che se un servizio avrà come percentuale maggiore quella dell’etichetta “alto”, ovviamente l’elevato interesse verso quel servizio sarà supportato anche dalle etichette “altissimo” e “medio”. L’etichetta “medio” sarà di supporto all’implementazione del servizio, collocandosi sì a metà “strada”, ma avendo semanticamente una connotazione positiva; invece, le etichette “scarso” e “nullo” definiranno il mancato interesse ad implementare il servizio in oggetto. L’ipotesi concreta scaturente da tale analisi (sono stati qui evidenziati esclusivamente i risultati statistici che sostengono in modo indiscutibile un giudizio di positività verso la percezione relativa all’introduzione di alcune tipologie di servizi od attività, è in sostanza assente, per correttezza procedurale, ogni giudizio di merito o commento soggettivo relativo ad una od altra categoria della rilevazione) e dai suddetti presupposti prevede un multiservice potenzialmente composto da: un servizio di baby caring, cioè un servizio di custodia/cura per bambini fino a 8-10 anni per 1 o 2 ore dopo l’orario scolastico, sostenuto dal 41,5% dei lavoratori con etichetta alto e supportato dal 15,5% e dal 22,6% rispettivamente dell’etichetta altissimo e medio per un totale di 79,6% di lavoratori a favore dell’implementazione del servizio; 75 un servizio di cura/assistenza bambini per il periodo estivo, sostenuto dal 34,7% dei lavoratori con etichetta alto e supportato dal 20,8% e dal 23,4% rispettivamente dell’etichetta altissimo e medio per un totale di 78,9% di lavoratori a favore dell’implementazione del servizio; una struttura di servizio per familiari a domicilio (anziani, disabili, …), sostenuta dal 33,1% dei lavoratori con etichetta medio e supportato dal 19% e dal 7,2% rispettivamente dell’etichetta alto e altissimo per un totale di 59,3% di lavoratori a favore dell’implementazione del servizio; la definizione di tale struttura prevede al suo interno la presenza di diversi servizi tra i quali soprattutto il disbrigo di lavori (40,6% medio + 19,6% alto + 6,6% altissimo = 66,8%) e brevi interventi di cura (32,3% medio + 22,1% alto + 9,2% altissimo = 63,6%), mentre le piccole incombenze domestiche come la spesa (26,6% medio + 15,1% alto + 5,8% altissimo = 47,5%) non sono di grande interesse dal momento che sono considerate d’interesse nullo o scarso da oltre la metà dei partecipanti al questionario; un servizio per richiedere e prenotare visite/prestazioni mediche, sostenuto dal 43% dei lavoratori con etichetta alto e supportato dal 17,7% e dal 27,4% rispettivamente dell’etichetta altissimo e medio per un totale di 88,1% di lavoratori a favore dell’implementazione del servizio; un servizio fitness (ad esempio, una palestra), sostenuto dal 33,8% dei lavoratori con etichetta medio e supportato dal 32,3% e dal 14,7% rispettivamente dell’etichetta alto e altissimo per un totale di 80,8% di lavoratori a favore dell’implementazione del servizio; 76 un servizio per la piccola gestione amministrativa, sostenuto dal 36,6% dei lavoratori con etichetta medio e supportato dal 22,2% e dal 4,6% rispettivamente con etichetta alto e altissimo per un totale di 63,4% di lavoratori a favore dell’implementazione del servizio; la definizione di tale struttura prevede al suo interno la presenza di diversi servizi tra i quali il disbrigo di pratiche burocratiche (37,9% medio + 25,8% alto + 4% altissimo = 67,7%%), il pagamento di fatture e bollette (37% medio + 23,4% alto + 4,2% altissimo = 64,6%) e un servizio di consulenza legale di primo livello (34,9% medio + 17,5% alto + 5,7% altissimo = 58,1%); un servizio mensa strutturato per tutta l’area produttiva, sostenuto dal 34,8% dei lavoratori con etichetta alto e supportato dal 18,5% e dal 26,6% rispettivamente con etichetta altissimo e medio per un totale di 79,9% di lavoratori a favore dell’implementazione del servizio; uno sportello bancario o un punto bancomat, sostenuto dal 33,6% dei lavoratori con etichetta medio e supportato dal 23% e dal 5,5% rispettivamente con etichetta alto e altissimo per un totale di 62,1% di lavoratori a favore dell’implementazione del servizio; un servizio di car sharing, cioè un servizio di auto condivise per raggiungere i luoghi di lavoro, sostenuto dal 32,8% con etichetta medio e supportato dal 20,9% e dal 7,6% rispettivamente con etichetta alto e altissimo per un totale di 61,3% di lavoratori a favore dell’implementazione del servizio. Alcuni dei servizi sottoposti al giudizio dei lavoratori non sono stati valutati di grande interesse, come chiaramente evidenziato dalle risultanze quantitative della rilevazione. 77 Si tratta in particolare del: servizio per la prenotazione e consegna della spesa sul lavoro o presso il domicilio, per il quale la percentuale più alta del 40,4% riguarda l’etichetta scarso, supportata dal 22,8% dell’etichetta nullo per un totale di 63,2% di lavoratori che non ritiene necessario tale servizio; servizio di biglietteria/prenotazioni per spettacoli, servizi o trasporti, per il quale la percentuale più alta del 31,7% riguarda l’etichetta scarso, supportata dal 23,6% dell’etichetta nullo per un totale di 55,3% di lavoratori che non ritiene necessario tale servizio; servizio per la realizzazione di lavori domiciliari o per lo svolgimento di commissioni, per il quale la percentuale più alta del 35,5% riguarda l’etichetta medio, che sommata al 10,3% e al 3,2% rispettivamente dell’etichetta alto e altissimo, non raggiunge comunque la metà dei lavoratori; la somma tra le percentuali dell’etichetta scarso e dell’etichetta nullo, rispettivamente del 30,6% e del 20,4%, raggiunge il totale del 51% dei lavoratori che non ritiene necessario tale servizio. 78 L’ipotesi strutturale complessiva del multiservice potrebbe quindi prevedere, formalmente i seguenti servizi od attività presenti nel complesso di nuova realizzazione: AUDITORIUM MENSA strutturata SERVIZIO PER LA PICCOLA GESTIONE AMMINISTRATIVA SERVIZIO FITNESS SERVIZIO PER RICHIEDERE E PRENOTARE VISITE MEDICHE CAR SHARING MULTISERVICE DI DISTRETTO BA R SPORTELLO BANCARIO O PUNTO BANCOMAT BABY CARING CURA/ASSISTENZA BAMBINI PER IL PERIODO ESTIVO GARNI’ + APPARTAMENTI SERVIZIO PER FAMILIARI A DOMICILIO 79 Tale rappresentazione formale della futura struttura integrata di servizi progettata dal comune di Fossò potrebbe prevedere quindi una integrazione potenziale dei servizi originariamente pensati dagli amministratori locali con alcune delle categorie proposte dalla ricerca che hanno effettivamente riscontrato percentuali di forte interessa statistico da parte del significativo campione di futuri fruitori di tali servizi sottoposto a sondaggio attraverso i nostri strumenti analitici. Per alcuni di questi servizi indichiamo ora brevemente gli elementi concreti di fattibilità e passibili di approfondimento a supporto dell’introduzione dello stesso. Infatti, ad esempio: per i due servizi di utilità sociale e familiare legati all’infanzia (baby caring e servizio di cura/assistenza bambini per il periodo estivo), gli elementi di fattibilità oggetto di analisi sono: la tipologia della struttura, le dimensioni, la logistica dell’area dedicata, gli orari attinenti alle esigenze dei lavoratori, l’organizzazione del servizio, il numero degli educatori coinvolti, i costi, i criteri di accessibilità al servizio, il numero minimo di utenti dello stesso nei diversi periodi dell’anno al fine di permetterne la copertura dei costi e la redditività di gestione, le modalità di utilizzo e l’armonizzazione dello stesso con i già preesistenti servizi presenti sul territorio comunale; per il servizio sulla piccola gestione amministrativa, gli elementi di fattibilità da analizzare sono: la tipologia del servizio, il numero di persone coinvolte, l’organizzazione del servizio in termini di orari ed accessibilità, le caratteristiche del servizio di consulenza legale di primo livello ed amministrativa, la tipologia delle pratiche amministrative realizzabili, il numero minimo di utenti dello stesso nei diversi periodi dell’anno al fine di permetterne la copertura dei costi e la redditività di gestione, ed anche in 80 questo caso la doverosa non sovrapponibilità dello stesso con attività rese dai Caf localmente attivi; per il servizio di mensa strutturata per tutta l’area produttiva, gli elementi di fattibilità oggetto di analisi sono: la logistica, il personale da impiegare nel servizio, la gestione dei fornitori e degli acquisti, l’orario di accesso, la valutazione di tempi dedicati alla pausa pranzo in relazione agli orari di lavoro, il numero minimo di clienti o prodotti realizzati dallo stesso al fine di permetterne la copertura dei costi e la redditività di gestione; per la struttura di servizio domiciliare per i familiari come anziani o disabili, ecc., gli elementi di fattibilità da analizzare sono: la logistica della struttura, il personale qualificato e specializzato, l’accessibilità al servizio, le modalità e i tempi di utilizzo e gli interventi di cura al domicilio, l’armonizzazione dello stesso con i già preesistenti servizi presenti sul territorio comunale, anche in questo caso il numero minimo di utenti al fine di permetterne la copertura dei costi e la redditività di gestione; per il servizio volto a richiedere e prenotare visite mediche, gli elementi di fattibilità oggetto di analisi sono: il personale addetto alle prenotazioni, la struttura dei moduli per le prenotazioni, gli strumenti da utilizzare, la logistica dell’area, l’accessibilità per i lavoratori ed anche per i propri figli e familiari, la tipologia delle prestazioni da fornire e gli orari, il numero minimo di utenti dello stesso nei diversi periodi dell’anno al fine di permetterne il mantenimento attivo e la conseguente copertura dei costi con redditività di gestione, l’armonizzazione dello stesso con le attività svolte dai Cup o dalle farmacie abilitate a tali servizi, ecc. In modo particolare sulle strutture sanitarie, socio-sanitarie assistenziali e sociali, la L.R. 22/2002 agli artt. 12 e 14 ha definito una classificazione delle possibili tipologie di struttura: 81 nido integrato: è un servizio diurno strutturato in modo simile ad un asilo nido; è collocato nello stesso edificio della scuola materna e svolge attività socio-educative, mediante collegamenti integrativi con le attività della scuola materna, secondo un progetto concordato tra soggetti gestori. Accoglie fino ad un massimo di 32 bambini di età non inferiore ai 12 mesi e non superiore ai 3 anni (può essere aperto solo se la scuola materna esiste già ed è autorizzata ed accreditata secondo le procedure previste dal Ministero della Pubblica Istruzione); centro infanzia: è un servizio diurno strutturato in modo simile ad un asilo nido; è collocato nello stesso edificio della scuola materna e svolge attività socio-educative, mediante collegamenti integrativi con le attività della scuola materna, secondo un progetto concordato tra soggetti gestori; ha finalità sociali ed educative. Accoglie fino ad un massimo di 32 bambini di età non inferiore ai 12 mesi e non superiore ai 3 anni (può essere aperto anche contestualmente alla scuola materna, autorizzata ed accreditata secondo le che dovrà essere secondo le procedure previste dal Ministero della Pubblica Istruzione); comunità educativa per minori: è un servizio educativo assistenziale con il compito di accogliere temporaneamente il minore, qualora il nucleo familiare sia impossibilitato o incapace di assolvere al proprio compito; ha finalità educative ed assistenziali, volte alla supplenza temporanea del nucleo familiare. Compatibilmente con la capacità alloggiativa, può ospitare fino ad un numero massimo di 8 minori maschi e/o femmine fino ai 12 anni oppure maschi o femmine di età compresa fra i 13 e i 18 anni; comunità educativa mamma-bambino: è un servizio di accoglienza di gestanti e/o madri con figlio in difficoltà sotto il 82 profilo delle relazioni familiari, parentali e sociali, oppure in condizioni di disagio psico-sociale; ha finalità assistenziali ed educative, volte alla preparazione alla maternità ed alla relazione con il figlio, a sostegno dell’autonomia personale e della capacità genitoriale. Accoglie gestanti e/o madri con figlio, fino ad un massimo di 6 donne con i propri figli e 2 eventuali posti per la pronta accoglienza. In particolare, sui servizi sociali per l’infanzia la legge regionale ha definito le linee guida per l’apertura di attività di baby sitting e baby parking, in seguito al proliferare sul territorio regionale di tali attività non soggette a regime autorizzativi. La struttura che potrebbe potenzialmente ospitare anche tale attività (requisiti assolutamente cogenti e di non semplice realizzazione) deve prevedere locali attrezzati per gestire bambini dai 12 mesi ai 6 anni per un massimo di 2-3 ore e deve essere fruibile anche da parte di persone disabili; la superficie complessiva deve essere di circa 8 mq per bambino e l’altezza interna è preferibile sui 3 m; gli spazi necessari sono l’ingresso-spogliatoio (dotato di armadietti per i bambini), la sala giochi, i servizi igienici per i bambini, rapportati al numero di ospiti (antibagno con lavabo piccolo, fasciatoio, vuotatoio, vasca e bagno con tazze piccole) e i servizi igienici per il personale (con antibagno, bagno e spogliatoio); infine tra gli spazi accessori vi è la sala per le attività pratiche, la sala riposo e lo spazio esterno. Il Comune di Fossò (ed in generale l’Unione di Comuni) ha avviato inoltre un proficuo confronto tra la città, l’amministrazione comunale, le parti sociali e l’area produttiva sul tema della “flessibilità”, attraverso sperimentazioni innovative come il multiservice, volte a progettare un diverso uso degli spazi, una più efficace armonizzazione degli orari dei servizi, una migliore organizzazione del lavoro ed una migliore vivacità del commercio. 83 La filosofia che si vuole portare avanti è quella di mettere in atto processi che, partendo dall’analisi del mutamento degli stili di vita, sappiano adeguare la città ed i suoi servizi a tali cambiamenti. Ognuna delle progettualità e dei commenti e consigli emersi dalle interviste alle direzioni aziendali e dai questionari somministrati ai lavoratori è stata inserita ed integrata in una logica metropolitana che tiene conto di diverse variabili: gli orari, gli spazi, l’accessibilità, le abitudini di chi vive e di chi abita la città “del vivere” e “del produrre”. Con la creazione di un centro servizi all’interno dell’area produttiva di Fossò, si intende offrire delle risposte al tema più complesso della qualità della vita, volto a favorire un migliore equilibrio tra la vita familiare e quella professionale. L’implementazione dei servizi oggetto di studio e rilevazione statistica porta alla necessità di un confronto sul tema più ampio dell’organizzazione del lavoro: dagli orari su misura, agli orari differenziati, dai servizi più efficienti e più vicini alla popolazione, all’orario ed al lavoro flessibile attraverso i quali riuscire meglio a conciliare il tempo libero con il tempo del lavoro e rispondere così al desiderio ormai diffuso di “sentirsi maggiormente padroni e consapevoli” delle proprio scelte individuali. Il desiderio del tempo per sé è sempre più diffuso. Sempre più diffusa è inoltre la consapevolezza che un valore fondamentale viene attribuito al concetto di tempo in senso generale ed alla partecipazione diretta (anche parziale) di ogni individuo nella determinazione del proprio, potendo agire in contesti di vite di lavoro che presentano potenzialità di scelta e di offerta ricche e molteplici. Gli orari sono un fattore determinante della nostra vita, tanto che il tempo è ormai considerato un valore aggiunto. La riscoperta del valore del tempo è stata, per i sistemi organizzativi, sociali e del lavoro, una rivoluzione profonda; infatti, l’utilizzo della variabile del tempo pone l’uomo al centro della situazione e in una posizione più favorevole per poterla governare. 84 Capire questo significa ridisegnare anche il nostro modo di ragionare, perché il punto di osservazione non è più statico ma utilizza dinamiche flessibili e adeguabili alle diverse realtà. La differenza che passa fra un sistema organizzato ed un sistema organizzato/strutturato è quello “spazio/tempo” per essere più vicini alla valorizzazione dell’uomo ed al suo sentirsi parte di un gruppo sociale. I gruppi ed in generale le persone non devono conciliarsi forzatamente, ma devono apprezzare i vantaggi del vivere “conciliando”. La conciliazione dei tempi di vita e di lavoro deve, quindi, essere affrontata come una nuova sinergia capace di far dialogare gli interessi collettivi e sociali con quelli di natura individuale e familiare. In passato queste due realtà sono state trattate in modo distinto e l’attuale lettura etica di questo dialogo appare rivoluzionaria; la qualità della vita va, dunque, cercata attraverso la compatibilità e la crescita di questo rapporto. Emerge un chiaro concetto di agire in “rete”, quale presupposto indispensabile per la costruzione di un incrocio di nuove relazioni, di un nuovo modo di rapportarsi con e verso gli altri, capace di riportare al centro del confronto gli aspetti più rilevanti dal punto di vista contenutistico e valoriale, spostando in secondo piano le gerarchie, i ruoli predefiniti e soprattutto le forme di gestione burocratiche che schiacciano le doti dell’uomo, prima fra tutte la creatività. Dal progetto di ricerca per la creazione di un multiservice, possono nascere tanti piccoli spunti di riflessione o progetti/iniziative su : - “Tempi e orari della città”, riflessione condotta con lo scopo di migliorare la fruibilità dei servizi e della città migliorando al tempo stesso, la qualità del tempo dei lavoratori e, in generale, dei cittadini; tale progetto darebbe attuazione alla L.53/2000 con la predisposizione di un Piano territoriale degli orari, volto a migliorare la qualità della vita e la qualità urbana/produttiva in un’ottica di conciliazione tra tempi di vita, orari di lavoro e tempi dell’organizzazione urbana; il Piano territoriale degli orari 85 costruirebbe una rete di relazioni trasversali tra il Comune e i diversi attori sociali, pubblici e privati della città. - “Orari del commercio”, riflessione condotta ed incentrata sulla liberalizzazione del commercio, attuando orari prolungati serali e festivi di negozi e pubblici esercizi, accompagnati da cicli di animazione non solo dei centri storici, ma anche nel nostro caso degli spazi nuovi e comprensivi di aree mussali e teatrali nonche associative del distretto artigianale-industriale, e con la promozione di percorsi culturali (con l’apertura ad esempio di musei-mostre nei giorni festivi) per i turisti, gli ospiti, i lavoratori ed i cittadini in generale. - “Armonizzare gli orari dei servizi cittadini e della pubblica amministrazione”, riflessione sul piano territoriale degli orari con, ad esempio, una giornata ben definita di apertura ad orario continuato, in collaborazione con gli uffici di sportello di enti pubblici e privati della città. - “I tempi della scuola”, riflessione operativa che riguarda la riforma dei cicli scolastici e l’organizzazione urbana, la flessibilità gestionale e l’autonomia scolastica, la mobilità sostenibile ed i servizi territoriali per le scuole. Con l’attuazione di progetti su nuovi orari di apertura al pubblico di diversi servizi od enti di natura privata ed anche pubblica, possono essere introdotte flessibilità orarie in entrata ed in uscita dei lavoratori, con lo scopo di coniugare flessibilità ed efficienza, il tutto in stretto accordo tra le istituzioni, le direzioni aziendali e le parti sociali. Non bisogna dimenticare che tali iniziative progettuali, proprio per la loro natura partecipativa tra le forze interessate, presentano spesso difficoltà e criticità nell’applicazione di nuovi strumenti di governo e di coordinamento del territorio: si tratta, infatti, di definire un nuovo metodo di lavoro partecipato e trasversale tra servizi e uffici diversi e con attori sociali anche molto differenti. 86 Nonostante molteplici rigidità anche culturali, le istituzioni, le imprese, i lavoratori del distretto ed i cittadini in generale stanno lavorando per la “città che cambia”, ponendo in stretto rapporto una città ed un’area produttiva legate alle sue tradizioni, ma al tempo stesso moderne, vivibili ed a misura d’uomo. Alcuni suggerimenti al riguardo possono essere riassunti e sintetizzati nelle seguenti azioni: recuperare le aree dismesse (di cui i cittadini ci parlano nel progetto ATES), riqualificando e recuperando vecchi edifici, ad esempio per costruire soluzioni abitative per quei lavoratori che vengono da fuori e che devono fermarsi per settimane (suggerimento dalle interviste aziendali per il multiservice); elaborare un piano del traffico e del trasporto pubblico, puntando a realizzare piste ciclo-pedonali (progetto ATES), a migliorare le segnalazioni sugli attraversamenti pedonali (progetto (ATES), a potenziare i mezzi pubblici da Fossò a Venezia e viceversa (suggerimento dalle interviste aziendali per il multiservice), a istituire dei servizi navetta (sempre suggerito dalle interviste aziendali per il multiservice) sia per i lavoratori dalla fermata dell’autobus al luogo di lavoro (e viceversa) e sia per i clienti/fornitori da Venezia all’aeroporto (e viceversa), a definire un servizio di car sharing, cioè un servizio di auto condivise per raggiungere i luoghi di lavoro (servizio evidenziato dai questionari sottoposti ai lavoratori), che va ad impattare non solo sul sistema viario ma anche sulla sostenibilità ambientale; creare spazi e luoghi d’incontro e di svago, attraverso l’istituzione dell’auditorium, della mensa e di un bar (come punto di ritrovo per lavoratori, cittadini, rappresentanti e clienti/fornitori), presso il multiservice (fascicolo tecnico del Comune), costituendo la piazza 87 del centro servizi nell’area produttiva (fascicolo tecnico del Comune), migliorando gli impianti sportivi con l’istituzione di un servizio fitness all’interno dell’area produttiva (servizio evidenziato dai questionari sottoposti ai lavoratori), sistemando l’area verde attigua della zona industriale per definire un parco giochi per bambini o aprendo il centro servizi anche di sera (suggerimenti dalle interviste aziendali per il multiservice); implementare servizi sociali per migliorare la qualità della vita, delle persone e delle donne in particolare, dal momento che il carico di lavoro di cura è soprattutto sulle spalle delle donne, sia per la cura dei figli che per l’assistenza alle persone anziane e per tutto quanto ruota intorno alla famiglia; in particolare, emerge la necessità di una struttura di servizio per familiari a domicilio (anziani, disabili, …) con brevi interventi di cura e disbrigo di lavori, secondo una modalità di attivazione “on demand” e la necessità di due servizi all’infanzia come il servizio di baby caring e quello di potenziamento della cura/assistenza di bambini durante il periodo estivo (servizi fortemente evidenziati dai questionari sottoposti ai lavoratori); potenziare il sistema telematico e di efficienza comunicativa e di automazione di ufficio e burocratica, cablando innanzitutto la città e realizzando sempre più una “città digitale” attraverso teleservizi; ciò permetterà, ad esempio, le gestione di quei servizi di piccola gestione amministrativa (come il disbrigo di pratiche burocratiche o il pagamento di fatture e bollette) o la richiesta e prenotazione di visite mediche in tempi ancora più veloci rispetto alle strutture che dovrebbero ospitare tali servizi (servizi comunque evidenziati dai questionari sottoposti ai lavoratori). I teleservizi influirebbero massicciamente sulle politiche spaziali e temporali, evitando di 88 andare allo sportello con un impatto migliorativo sul traffico e sulla mobilità. In seguito a quanto affermato da alcune direzioni aziendali ed a quanto emerso da alcuni questionari sottoposti ai lavoratori, queste nuove politiche e sperimentazioni, che comprendono la creazione del centro servizi e l’integrazione dello stesso con tipologie di attività nuove, evidenziano quanto sia elevata la resistenza culturale verso alcuni cambiamenti e l’attaccamento a stereotipi comportamentali e sociali di natura tradizionale. Questo è un punto molto importante, perché nulla o poco si può fare se non c’è un convincimento ed una partecipazione attiva dei soggetti coinvolti, di tutti i soggetti coinvolti in queste operazioni che originano da scelte di policy making; diventa quindi importante una efficace e costante comunicazione a tutti i livelli per cercare di coinvolgere intorno a questi progetti ed a questi nuovi obiettivi, ed in particolare al progetto del nuovo centro servizi e del multiservice integrato in esso, la comunità nella sua interezza. Il tema della flessibilità può essere visto in una duplice ottica: - giuslavorista e sindacale, di contrattazione fra l’azienda ed il lavoratore/sindacato - territoriale e sociale, di conciliazione degli orari di lavoro con i tempi di vita individuali. In Italia, su tale ultima opzione la L. 53/2000, voluta dalle donne e frutto di un lungo excursus parlamentare e di un dibattito nazionale durato 15 anni, tiene insieme due aspetti legati alla flessibilità, uno individuale e l’altro collettivo: - da un lato, le forme di flessibilità dell’orario di lavoro nelle imprese, le cui sperimentazioni sono finanziate attraverso l’art. 9; - dall’altro, l’articolazione della flessibilità che viene applicata ai tempi della città. 89 Attraverso questi progetti si lavora sulla flessibilità spazio-temporale nell’offerta dei servizi e sulla flessibilità degli orari di lavoro dei lavoratori; un esempio, è l’implementazione di una mensa strutturata per tutta l’area industrialeartigianale di Fossò, servizio che potrà impattare fortemente sulla possibile riduzione della pausa pranzo, con conseguente uscita anticipata dal luogo di lavoro; in tal modo si inciderà anche sull’organizzazione del lavoro, con finalità non solo economico-produttive ma anche etiche di qualità della vita. Per mettere in atto politiche temporali, è necessario introdurre nuove metodologie di lavoro: - co-progettare - costruire partenariati - fare rete - scambiare buone prassi - sperimentare - dialogare - coinvolgere nuovi attori - correggere le azioni in sperimentazione e realizzate attivando cicli virtuosi e buone prassi. Si tratta cioè di introdurre un radicale cambiamento nel metodo di lavoro chiuso e fatto a tavolino per aprirsi alla città, all’area produttiva ed alle esigenze dei lavoratori e dei cittadini in generale. Lavorare sugli orari degli uffici/negozi e delle imprese significa lavorare sui trasporti, sui servizi sociali, sugli spazi della città. Quindi, intorno al tavolo della co-progettazione, è necessario che ci siano competenze diverse per concertare in modo più efficiente e produttivo e per equilibrare l’immagine del territorio. Il problema non è più quello di alimentare e 90 realizzare un welfare classico, ma è divenuto quello di una società che partecipi in modo più attivo ai servizi sociali comunali (privati o pubblici) o a servizi sociali esternalizzati come i servizi aziendali, i servizi nelle famiglie o nei condomini; ecc. ecc.; è il territorio stesso che deve sollecitare un altro modello di welfare, facendo comprendere alle imprese stesse che flessibilità non significa solo competitività aziendale ma anche possibilità reale da parte dei lavoratori di entrare ed uscire dal mercato del lavoro secondo un’esigenza dei cicli di vita e delle condizioni familiari. Ancora oggi, infatti, la flessibilità per le imprese viene utilizzata (come appare logico che sia in una ottica di efficienza ed efficacia meramente produttiva) quasi esclusivamente come necessità di risposta ad esigenze interne produttive spesso non del lavoratore per la propria vita ed attività sociale; la flessibilità nelle imprese viene considerata come la necessità di rincorrere il mercato, che a sua volta rincorre il consumatore. Le diverse forme di flessibilità contrattuale come il part-time sono viste spesso dall’impresa come un elemento di rigidità (ed in molti casi esse si rivelano essere tali), ma spesso anche da parte del lavoratore stesso perché part-time significa ridotta capacità di guadagno. Bisogna, quindi, creare le basi culturali affinché queste tematiche come pure la flessibilità contrattuale siano considerate come l’insieme sinergico e conveniente per tutte le parti in gioco tra la dimensione lavorativa e la dimensione del vivere sociale. Governare tutto ciò implica il dialogo non solo tra le aziende, le parti sociali ed i lavoratori, ma anche con le istituzioni. Il problema culturale appena citato è un problema difficile da risolvere in poco tempo, ma sicuramente è il caso di cominciare a parlarne in modo sistematico, dal momento che tempi e modi di vita stanno rapidamente cambiando nel nostro paese; esiste cioè un problema di formazione culturale degli individui sulle problematiche ambientali, sociali, di “genere”, di eticità e di qualità della vita. 91 La parola “flessibilità” può avere tante letture: quella positiva legata alla modernità ed al dinamismo e quella negativa vista come precarietà. Le imprese, le parti sociali e le istituzioni devono trasformare queste parole in azioni concrete, trasformando la negatività in opportunità e cercando di lavorare affinché la flessibilità sia una ricchezza da trasferire all’interno della città “del vivere” e “del produrre”: dagli orari di lavoro dei lavoratori a quelli delle aziende, dagli orari di trasporto a quelli delle scuole. Tutto ciò rappresenta un punto di arrivo ed un punto di partenza, nel senso che il punto di arrivo è rappresentato dalle sperimentazioni e il punto di partenza è rappresentato dalla trasformazione delle sperimentazioni in ordinarietà e “mantenibilità” sostenibile e concreta delle esperienze; si tratta di trovare un equilibrio tra la sperimentazione e la stabilizzazione rispetto alle esigenze dei cittadini. In generale, si tratta, quindi, di svolgere un lavoro di tipo culturale da una parte, facendo in modo di trasferire questa nuova mentalità ai vari soggetti coinvolti e dall’altra parte di reperire risorse, vista l’importanza di questi temi, all’interno di tutte le forme di disponibilità finanziarie che possono veicolare ed aiutare la penetrazione di tali buone prassi. Concludendo, possiamo affermare che la partita della conciliazione tra vita professionale e ruolo familiare si gioca su piani diversi, e, in particolare, sulla questione del tempo: La - i tempi e le forme di organizzazione del lavoro (nelle imprese) - i tempi e le forme del lavoro di cura (in famiglia) - i tempi della città e le forme di vita sociale allargata (nel territorio) creazione del multiservice all’interno del distretto permette la riorganizzazione degli orari, nel senso che il servizio mensa può ridurre i tempi della pausa pranzo oppure la stessa pausa pranzo può essere vista come possibilità per andare a ritirare un certificato, chiedere consulenza presso un patronato, effettuare un pagamento, richiedere informazioni per un investimento in banca o per fare attività sportiva presso la palestra interna al centro servizi. 92 La riorganizzazione degli orari permette ai lavoratori, ed ai cittadini in generale, di riappropriarsi del proprio tempo e di scegliere il momento migliore per recarsi presso uffici, sportelli o servizi di vario genere, evitando code e spostamenti inutili e ottimizzando il tempo nel miglior modo possibile. Il multiservice, quale efficace strumento in grado di favorire politiche di flessibilità all’interno delle dinamiche produttive ed industriali del Distretto del Brenta, rappresenta la struttura in grado di: sperimentare innovazioni organizzative efficaci sistematizzare le attività del distretto offrire maggiore produttività e un migliore clima aziendale. 93 94 ALLEGATO A QUESTIONARIO PROGETTO ATES – PATI – COMUNE DI FOSSO’ 1.1 Che cosa le viene in mente appena sente il nome del suo Comune? 1.2 Con quale delle seguenti “immagini” rappresenterebbe il suo territorio comunale? - Prevalentemente agricolo (campagna coltivata) - ricco di ambiti di valore paesaggistico e permanenze architettoniche storiche - zona di transito/attraversamento - altro 1.3 Quali sono gli elementi che caratterizzano il territorio, quelli che si ricordano meglio? 1.4 A suo parere qual è il posto più bello? 1.5 E il posto più brutto? 2.1 In quali di queste affermazioni si riconosce? - Sono legato alla realtà ed al territorio in cui vivo Sono legato al territorio in cui vivo, ma non ne vivo la realtà Sono legato ad altre realtà territoriali (Venezia, Mestre, Padova, …) Altro 2.2 E’ soddisfatto dell’ambiente in cui vive? – – – – molto abbastanza non molto per nulla 2.3 Secondo lei, la compilazione del questionario può essere d’aiuto all’Amministrazione? – – – – molto abbastanza non molto per nulla 2.4 Perché? 3.1 Negli ultimi anni l’intero territorio veneto è stato interessato da un grande sviluppo edilizio. Il suo Comune ha preservato per ampie zone la sua caratteristica di territorio agricolo e rurale. Secondo lei questo può essere – una risorsa per il futuro – non so – uno svantaggio rispetto allo sviluppo/crescita di altri comuni – altro 3.2 Rispetto ad oggi, come era il suo comune 10 anni fa? – migliore 95 – peggiore – uguale 4.1 Il permanere di ampie zone libere da costruzioni ha consentito la conservazione di alcuni ambiti di valore paesaggistico ed entità architettoniche, anche minori, che rimangono a testimonianza della cultura materiale dei luoghi. Cosa farebbe per valorizzare gli elementi del paesaggio caratteristici? – il recupero e la valorizzazione del paesaggio – il recupero delle permanenze architettoniche, storiche e del patrimonio artistico – la previsione di percorsi tematici e la creazione di itinerari storicoculturali – altro 5.1 L’amministrazione intende attivare diverse sinergie a livello territoriale e dare avvio alla qualifica dell’intero sistema dei servizi. Ecco un elenco dei servizi presenti nel Comune. Per ognuno di essi, indichi se è soddisfatto o meno, mettendo una crocetta nella corrispondente casella SERVIZI Impianti scolastici Impianti sportivi Luoghi di ritrovo per i giovani Luoghi di ritrovo per anziani Iniziative culturali e ricreative Spazi di ritrovo e svago SODDISFATTO NON SODDISFATTO 5.2 Quali interventi proporrebbe per la riorganizzazione dell’intero sistema dei servizi? Che cosa manca? 5.3 Il tipo e la qualità del servizio soddisfano le sue esigenze? – si – no 5.4 Ecco un elenco di attività della vita quotidiana. Per ognuna di esse indichi se la fa all’interno del Comune o fuori dal Comune? ATTIVITA’ Fare la spesa Andare alla posta Acquistare abbigliamento Praticare attività sportive Passare il tempo libero con gli amici Andare in banca FUORI DENTRO 6.1 Il PATI deciderà le linee di sviluppo del futuro sviluppo edilizio. Sarà compito successivo del P.I. individuare la loro collocazione puntuale nel territorio. Pensando allo sviluppo del territorio comunale nei prossimi anni, a suo parere, questo dovrebbe essere prevalentemente – nel senso di mantenere o potenziare le caratteristiche che il comune già possiede – nel senso di sviluppare sempre più la dipendenza delle aree forti della provincia – non sapre 96 6.2 Ecco una lista dei problemi connessi al sistema abitativo. Pensando alla situazione del suo comune, li metta in graduatoria dal primo all’ultimo (il primo rappresenta il problema che a suo parere è più grave, l’ultimo quello meno grave). Se a suo parere mancano alcuni problemi, li indichi nelle righe bianche. TIPO DI PROBLEMA Mancanza di abitazioni Disponibilità di case per gli abitanti in paese La presenza di aree dismesse Mancanza di servizi connesi (parcheggi, illuminazione…= POSIZIONE IN GRADUATORIA 7.1 Il sistema viario presenta tutti i pro e i contro del passaggio delle Strade Provinciali. Ritiene la strada che attraversa il centro del paese - una risorsa - un pericolo - altro 7.2 Per risolvere il problema della strada, a suo avviso, sarebbero sufficienti - interventi puntuali - una significativa segnalazione degli attraversamenti pedonali - la creazione di pista ciclabili/pedonali ben protette - altro 8.1 Quali sono i problemi esistenti o emergenti che ritiene dovrebbero essere affrontati? 8.2 Quale problematica la preoccupa maggiormente? 8.3 Per quanto riguarda le possibili fonti d’inquinamento, quale ritiene sia il problema al quale si deve porre rimedio più urgentemente? - smog - inquinamento acustico - elettromagnetismo - inquinamento ambientale - altro 8.4 La nuova legge prevede lo strumento del Piano di assetto Territoriale Intercomunale (PATI). Alcune problematiche per essere risolte o quantomeno mitigate, saranno trattate assieme ai comuni limitrofi. Rispetto a questa affermazione si ritiene – completamente d’accordo – d’accordo – non so – in disaccordo – in completo disaccordo. 8.5 Complessivamente, considerando vantaggi e svantaggi, come si vive nel suo comune? - bene - abbastanza bene - abbastanza male - male 8.6 Suggerimenti, proposte, osservazioni? 97 ALLEGATO B 98 99 100 101 102