Café Jerusalem: al Teatro Duse l`amore proibito è

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Café Jerusalem: al Teatro Duse l`amore proibito è
19 marzo 2015
Café Jerusalem: al Teatro Duse l'amore proibito è possibile
Lo spettacolo canta
Gerusalemme attraverso le
voci di un uomo ebreo e di
una donna palestinese. Per
andare oltre i confini e
aprire la mente. Fino al 22
marzo. La recensione
Carla Peirolero, Pino Petruzzelli e i Radiodervish in Café Jerusalem ©
teatrostabilegenova.it
Genova Giovedi 19 marzo 2015
Giovedì 19 marzo, alle 17.30, nel foyer del Teatro della Corte, Paola Caridi e gli attori
Carla Peirolero e Pino Petruzzelli protagonisti di Café Jerusalem, incontrano il pubblico
genovese, nel corso di una conversazione condotta da Umberto Basevi.
L’incontro, organizzato nell’ambito del ciclo Conversazioni con i protagonisti e realizzato
in collaborazione con l’associazione per il Teatro Stabile di Genova, è a ingresso libero.
Ci sono notti piene di stelle nelle quali si respira il vento che soffia dal mare e ci sono notti
senza luna, dove il cielo si mischia alla polvere ed è duro come la pietra. Un cielo, però,
che non ha confini, come quel mare che chi vive affacciato sul Mediterraneo sente
sotto la pelle come un sale che brucia. Chi può dire dove finiscono le stelle di un
popolo e incominciano quelle di un altro?
È proprio sulle dicotomie, su un modo di ragionare per opposti noi/loro, dentro/fuori,
inclusione/esclusione che riflette Café Jerusalem, che ha debuttato, in anteprima
nazionale, mercoledì 18 marzo al Teatro Duse di Genova. Lo spettacolo di Paola Caridi
rimane in scena fino a domenica 22 marzo (ore 20.30; domenica ore 16).
Café Jerusalem, che vede alla regia Pino Petruzzelli, canta, attraverso la voce di Nura
(Carla Peirolero), le contraddizioni di una città antichissima, gloriosa e insieme dolente
e violenta come Gerusalemme. Città dove tutti sono stranieri, nessuno anonimo, come se
tutti portassero un marchio indelebile, un codice a barre impresso sulla guancia, a
rendere palese le appartenenze di ognuno. Eppure una città dove tutti sono soli, in cui
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ognuno è relegato in un recinto, ideologico o reale che sia, dove un noi si contrappone
sempre a un loro, senza possibile via di mediazione e comunicazione.
Eppure un anello che non tiene, un grimaldello che scardina il pregiudizio esiste: è la
storia d'amore tra Nura, palestinese di fede cristiana, e l'ebreo Moshe (Pino
Petruzzelli). Un amore che diventa paradigma per raccontare una città intera e un pezzo
di storia che continua ad essere ancora oggi. Lei lavora in un Café, con tutta la famiglia. È
già sposata un matrimonio imposto dai costumi tradizionali delusa eppure viva; lui
passa per caso davanti al locale e, pur accortosi di lei, non la guarda quasi mai. Ed è in
quel quasi che si gioca il tutto, la forza di una amore proibito che li sorprende e il
travolge. Un sentimento fatto di sguardi che illuminano, occhi che sembrano suggerire
la possibilità di un altro linguaggio, oltre quello della violenza e dell'odio, un linguaggio
che parla nel silenzio.
Ma anche quello di Nura e Moshe è una passione destinata a finire: un futuro mangiato
dalla storia, che deve fare i conti inesorabilmente con la realtà. Consumato da un altro
tipo di silenzio: quello che non fa domande, quello che non si apre alle ragioni dell'altro,
quello che non è pronto a rischiare e a mettersi in gioco.
Un silenzio simile a quello che blocca, ancora prima che nasca, la storia tra il giovane
palestinese Musa (a cui presta la voce Pino Petruzzelli) e la soldatessa israeliana che,
fermatolo, gli chiede i documenti. Il giovane, sente il cuore della ragazza, cogliendolo
in pienezza, anche qui, per un attimo, quando riesce a guardarla negli occhi. Ma anche in
questo caso è un momento, perché Musa non chiede, non pronuncia parole che
avrebbero potuto cambiare la storia. Tutto rimane in un'afasia che costringe e uccide,
come la creatura concepita da Moshe e Nura che non è riuscita a venire al mondo.
Su tutto lo spettacolo le note dal vivo dei Radiodervish, che portano sul palco non solo
musica, ma il canto dell'essere umano. I colori di Gerusalemme, le sue luci, le sue
ombre, l'antico e doloroso canto di un'epoca lontana che si ripercuote sul presente, vivono
nei loro sospiri. Parole e suoni che, al di là della comprensione, sanno intercettare
l'anima delle persone. In modo universale.
E tutta la sofferenza, la forza e la debolezza che intessono le varie voci che si agitano
nei ricordi di Nura, aleggiando sul Café e impregnandolo intimamente, si proiettano
verso il futuro nel momento finale. Con un barlume di speranza che Nura consegna alle
nuove generazioni, a quei giovani da lasciare liberi. Liberi di amare e di vivere,
nonostante tutto, nonostante tutti. Oltre le divisioni e i pregiudizi.
A chiudere la serata i Radiodervish con un bis del brano che apre lo spettacolo e che sarà
una delle colonne portanti del loro prossimo album in uscita a maggio. Un brano che,
significativamente, si intitola Nura, come la protagonista, come la luce in arabo: quella
luce necessaria a illuminare il vento del cambiamento.
Federica Burlando