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FIGLI DIVISI – FIGLI CONDIVISI – Avv. Maria Elena Guarini Il libro “Comunicare la separazione ai figli” di Michela Foti-Camilla Targher è una pubblicazione molto interessante perché cerca di mettere a fuoco la dinamica della crisi familiare valorizzando, soprattutto, le opportunità di tale percorso e chiedendo soprattutto di accompagnare i genitori verso una genitorialità responsabile che possa continuare ad esprimersi al meglio, anche dopo la fine della coppia nell’interesse prioritario dei figli. Questo è l’obiettivo sicuramente condivisibile in astratto ma come si può realizzare in concreto? Partendo dall’esperienza di noi operatori del diritto, che incontriamo quotidianamente coppie in fase di separazion,e è necessario partire dalla specificità della situazione e recuperare spazi di ascolto al fine di svolgere un’autentica opera di consulenza. I conflitti familiari nascono, e si sviluppano, per svariate ragioni che si originano dal vissuto quotidiano delle persone; le parti, quando giungono davanti ad un legale, spesso, hanno già superato la fase del confronto costruttivo e sono in una palude di frustrazione e incomprensione che facilmente può essere catalizzata verso azioni rivendicative, in ragione di condotte ingiuste, percepite spesso in modo particolarmente intenso e doloroso. Il legale dovrebbe, e deve, cogliere tale stato d’animo individuando nella fattispecie concreta le questioni in cui si concentrano domande a tipico contenuto giuridico, da frustrazioni personali e relazionali in cui nulla può essere rappresentato in modo satisfattivo davanti all’autorità giudiziaria. Il matrimonio è un negozio dissolubile, può sembrare una affermazione gratuita e/o scontata ma, al contrario, sovente è il primo assunto realistico da far percepire alle parti, cercando di accompagnare i clienti verso una seria consapevolezza di come affrontare la crisi familiare, ed in particolare di come tutelare i figli, che inevitabilmente vengono coinvolti dalle decisioni degli adulti. Decisioni che, tuttavia, devono essere responsabili. In questa ottica ed in questo obiettivo, e mio parere, si devono allontanare dal linguaggio corrente affermazioni che possono danneggiare il percorso verso un’autentica condivisione delle responsabilità genitoriali. Ad esempio si parla di collocamento alternato per i minori senza alcuna valutazione del caso specifico. Le norme generali ed astratte che definiscono i diritti dei minori in caso di separazione, divorzio, ecc., devono essere applicate al caso concreto; non si può ritenere che per un bambino di pochi mesi e per un ragazzo di 16 anni si possa applicare il medesimo progetto di vita quotidiana alternando il collocamento fra le case dei due genitori separati. “I figli” non possono essere divisi su base di tabelle con tempi e modalità precostituite a cui fare riferimento in modo stereotipato senza alcuna analisi di ogni singola fattispecie. Ai figli dovrà essere garantito uno spazio a loro dedicato durante il tempo libero dei genitori, che coincide di solito con il fine settimana, ma per il tempo ordinario si dovrà valutare in prima istanza l’età del minore e la qualità delle relazioni intrafamiliari. In tenera età, per esempio, si dovrà valutare bene il pernottamento fuori casa come momento delicato, con i significati specifici nella vita di un bambino, a cui dover garantire il persistere delle sue abitudini, la qualità dei rapporti con entrambi i genitori nel rispetto della sua fragilità e dell’età evolutiva. Si possono sollecitare vari esempi che potrebbero illuminare meglio questi concetti che, se pur scontati, non sempre trovano consapevole attuazione nelle negoziazioni degli accordi separativi. Se per esempio un padre accompagna a scuola i figli ogni mattina e si offre di continuare ad espletare tale incombente perché non assecondare tale pratica che garantisce ai figli di mantenere rapporti significativi e continuativi con entrambi i genitori? Focalizzo la mia attenzione su tali concetti giacchè, a mio parere, è questo il vero concetto di bigenitorialità; infatti, aldilà della provocatoria frase che trovate nell’ introduzione del testo a cura del dott. Massimo Silvano Gali, condivido che la bigenitorialità può spesso divenire un concetto giuridico astratto e generico se non si giunge ad una interpretazione più articolata partendo dai diritti dei bambini e degli adolescenti nella loro individualità e nelle loro rispettive relazioni. Padre e madre non esprimono relazioni affettive neutre, ed intercambiabili, ma ruoli complementari per il benessere e l’equilibrio dei figli. I figli, pertanto, hanno diritto a mantenere una stabilità residua dalla separazione dei genitori; essi sovente percepiscono il fallimento del progetto personale degli adulti ma non devono sentirsi abbandonatti e/o colpevolizzati per le sofferenze che la famiglia vive; subiranno certamente un cambiamento quotidiano ma potranno adattarsi solo se con naturalezza anche i genitori “si adatteranno” a tale cambiamento, e solo se continueranno a ricevere protezione e sicurezza da entrambi i genitori. Mettere al mondo un figlio dovrebbe essere una scelta responsabile con impegni irreverisibili! Queste realtà ma a volte sfuggono alla coppia che, delusa e frustrata nelle sue aspettative di vita coniugale, alimenta un conflitto inutile e distruttivo che genera tensioni, dolore, sofferenza senza raggiungere alcun serio e vincente risultato per nessuno. Da questa condotta sicuramente grave, che si sviluppa nella persona spesso in modo inconsapevole, possono scaturire conseguenze gravissime sia da un punto di vista psicologico e su questo vi è ampia letteratura, sia da un punto di vista giudiziario. Di recente un Giudice Istruttore di Ravenna dott. Vicini ha emesso un’ordinanza 21.1.2015 di modifica dei provvedimento presidenziali ex art. 709 c.p.c. (e pertanto come ben sapete non suscettibile di alcun contrllo di 2° grado per le norme applicabili a tale fase processuale) con la quale viene disposto un collocamento alternato per una bambina di 6 anni con permanenza settimanale presso ciascun genitore con motivazioni punitive (in un risalente precedente prima dell’entrata in vigore della legge . 54/2006, si parlava di “affidamento congiunto terapeutico”. Vi rimando alla pubblicazione su “Famiglia e Diritto” del 28.3.2014 n. 14 (pag. 55 e seg.) ed ai commenti ivi esposti. Ritengo tale provvedimento gravissimo giacchè alle condotte, se pur censurabili dei genitori, il Giudice Istruttore ha risposto in modo ancora più grave punendo una bambina per le condotte dei presumibilmente irresponsabili genitori. Purtroppo il diritto con i suoi processi logici basati sul principio della “sanzione” interviene in modo solo repressivo: siccome i genitori litigano per i tempi di accudimento/collocamento dei figli e siccome la legge parla di bigenitorialità fra i genitori, allora li poniamo sullo stesso livello materiale di tempi di permanenza con la figlia, così rischiando danni ulteriori alla prole. Non c’è nessuno a cui tale decisione non ricordi la parabola del saggio Salomone che a fronte della lite tra le donne che si contendevano il bambino estrasse una spada, proponendo la spartizione del bambino in due, la vera madre urlò dicendo che rinunciava lasciando il bambino all’altra donna! In tale modo si comprese chi era la vera madre e le venne consegnato il bambino, tale parabola risale a circa 3.000 anni fa ma, purtroppo, è tuttora attuale perché ci rimanda alla centralità dei bisogni della persona/e. Al riguardo, si deve premettere che in assenza di un’effettiva cultura diffusa della separazione, le norme sull’esercizio congiunto della responsabilità genitoriale non possono avere una rigida applicazione con eventualmente scopo promozionale, giacchè coinvolgono un soggetto per sua specificità è da proteggere, perché più debole e meno garantito. In assenza di un effettivo cambiamento sociale, la giurisprudenza dovrebbe essere più attenta e meno astratta nelle soluzioni prospettate: è necessaria una maggiore specializzazione negli operatori, sia i Giudici che gli avvocati, e un autentico sviluppo della mediazione familiare spesso pre-separazione ovvero in parallelo con l’attività di negoziazione dei legali per giungere ad accordi davvero consensuali su tutte le questioni personali ed economiche. La separazione dei genitori di per sè non è un trauma per i figli giacchè esistono numerosissime coppie consapevoli e responsabili, le separazioni conflittuali, al contrario, lo possono diventare, e da questo ne deriva che ogni avvocato del nostro settore dovrebbe essere ben consapevole cercando di affrontare queste tematiche approfondimento e particolare senso etico. con professionalità,