Inserto Rischi Esami Radiologici

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Inserto Rischi Esami Radiologici
CEFORMED
CENTRO REGIONALE DI FORMAZIONE
PER L’AREA DELLE CURE PRIMARIE
Via Galvani n. 1 – 34074 MONFALCONE (GO)
In questo numero di “Medicina e Sanità” continuiamo a pubblicare, analogamente ad altre riviste mediche, delle pagine di educazione sanitaria rivolta ai pazienti, che possono essere staccate, fotocopiate o esposte nelle sale d’attesa e consegnate ai pazienti
L’informazione per il paziente:
Quali rischi si corrono
quando ci si sottopone
a esami radiologici
o ad altri test di immagine
che espongono
a radiazioni ionizzanti?
a cura di Doriano Battigelli
MMG, Ceformed
Indagini radiologiche e di medicina nucleare: sempre di più
Cent’anni fa il medico disponeva di soli cinque sensi per fare diagnosi. Ancora oggi un esame obiettivo condotto attraverso il contatto diretto del paziente rimane irrinunciabile, ma sempre più spesso una diagnosi può essere condotta senza
quasi visitare il malato, sottoponendosi a test di indagine, di tipo radiologico (radiografie, TAC, le angiografie, ecc.), di medicina nucleare (scintigrafie), con gli ultrasuoni (ecografie) e con le risonanze magnetiche nucleari.
I pazienti stessi hanno sempre più fiducia nell’indagine strumentale che nella capacità diagnostica del medico, e richiedono direttamente al curante di eseguirle, spesso per minimi problemi, per rassicurazione psicologica, quando neppure
servono per decidere o cambiare la terapia, o per ottenere agognati indennizzi medico-legali.
Nell’euforia dell’immagine, medici e pazienti cadono talvolta in una spensierata ridondanza dove, spesso e volentieri, lo
stesso malato viene sottoposto a più test: non si rinuncia ai vecchi e si aggiungono i nuovi. L’illusione della disponibilità di
risorse quasi illimitate nella società opulenta degli anni ’80-2000, associata allo sviluppo della tecnologia e dell’informatica,
si sono tradotte nella pratica di propinare tutto a tutti ogni volta che è possibile, in una sorta di “intossicazione da immagini”.
Medici e pazienti sono così caduti nell’”iconolatria”: convinzione quasi religiosa che ciò che si vede in un’immagine è certamente la causa del dolore o del disturbo, per esempio, che ogni “ernia” del disco intervertebrale visibile alla TAC o alla risonanza magnetica sia la causa del mal di schiena lamentato dal paziente.
–1–
Ogni giorno medici, ma anche pazienti, nel desiderio di ottenere una diagnosi sempre più raffinata, corrono un “Grand
Prix” dell’immagine, come degli Schumacher della radiologia, dove l’importante non è la vittoria (cioè la diagnosi esatta,
spesso comunque elusiva) ma il numero di giri percorsi (gli esami effettuati). Alla guida di queste sofisticate macchine, non
siedono sempre piloti di Formula 1, ma autisti comuni e qualche camionista: non corrono con gomme nuove su piste levigate, ma su terreni sconnessi, senza aver controllato l’olio, oppure con obsolete carrette che non permettono di ottimizzare
l’esposizione.
“Prevenire è meglio che curare”, è divenuto uno slogan pubblicitario, il mercato galoppa, nello stesso tempo utile a lavare
l’auto ci si può sottoporre a una TAC in qualunque struttura privata, pagando, felici (soprattutto se c’è qualche assicurazione
che rimborsa, magari con una ricetta estorta “dopo” al proprio Medico di Medicina Generale)
I dati statistici confermano un andamento in crescita della quantità di radiazioni ionizzanti assorbita pro capite per scopi
medici nei paesi industrializzati: un aumento che ha toccato nel 2006 il 600 per cento rispetto al 1980 e che fa sì che l’esposizione dovuta ad applicazioni mediche sia oggi superiore a quella dovuta alle sorgenti di radioattività naturale.
Gli esami non finiscono mai.
L’esposizione a radiazioni ionizzanti:
Le ecografie e le risonanze magnetiche sono innocue per la salute, ma la radiologia e la medicina nucleare espongono a radiazioni ionizzanti, potenzialmente rischiose.
La radiazione è paragonabile a un farmaco.
Per ogni farmaco esiste una dose minima efficace e una dose massima, oltre la quale c’è sicuramente un effetto tossico.
Ma, a differenza del farmaco, non esiste in radiologia e in medicina nucleare una dose così piccola da essere innocua: perciò
non c’è un esame radiologico gratuito dal punto di vista radiobiologico.
Ogni esame radiologico o di medicina nucleare è un rischio, per cui dal punto di vista del rischio “il migliore esame” è “nessun esame”.
C’è però una relazione lineare tra dose e rischio di danno: maggiore è la dose che comporta un esame radiologico o di
medicina nucleare, maggiore è il rischio di danno; di conseguenza maggiore dovrà essere il beneficio atteso dall’esame (per
compensare il rischio).
C’è inoltre un effetto cumuIativo: ogni esposizione si somma alle precedenti, avvenute nella vita dell’individuo; il
rischio globale va valutato sommando i rischi corsi nell’arco della propria esistenza, in base a tutti gli esami radiologici a cui
ci si è sottoposti.
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Riquadro. Unità di misura
La dose assorbita è l’energia depositata da un joule per chilo di materia e si misura in Gray (1 Gy = 1 J/Kg).
La dose efficace è una stima della dose assorbita che tiene conto di un fattore di ponderazione proprio dell’organo o tessuto esposti e si misura in Sievert (Sv).
Viene spesso usato il sottomultiplo milliSievert (mSv), pari alla millesima parte del Sv.
Gli effetti provocati dalle radiazioni ionizzanti dipendono dalle dosi che rilasciano agli organi irradiati.
Per dosi elevate gli effetti sono detti “deterministici”: questo significa che, una volta superati specifici valori di soglia
che dipendono dal tipo di radiazione e dalla parte del corpo irradiata, c’è la certezza che si verifichino. Questi effetti comprendono:
• eritemi;
• ulcerazioni della pelle;
• cataratta;
• sterilità temporanea o permanente;
• nel caso colpiscano il feto, malformazioni, ritardi mentali e anomalie della crescita.
Nei casi limite, le esposizioni acute a dosi altissime possono risultare fatali, come dimostrano le vittime delle bombe atomiche in Giappone e dell’incidente di Chernobyl.
Le dosi di soglia tipiche sono di alcuni sievert se assorbite in una sola volta e più alte se assunte in momenti diversi, ma
comunque molto più elevate di quelle impiegate in medicina, che arrivano ad alcune decine di millisievert nel caso di alcune
procedure interventistiche (per esempio l’angioplastica coronaria).
Le dosi impiegate in medicina sono in grado di provocare effetti detti stocastici (o probabilistici), cioè effetti che possono manifestarsi in seguito all’esposizione, ma non è certo che si verifichino.
–3–
L’esposizione alle basse dosi, in altre parole, aumenta la probabilità di questi effetti, che comprendono soprattutto lo
sviluppo di tumori e leucemie.
Il rischio di tumore, secondo gli esperti, cresce con la dose in modo lineare e senza che esista una soglia al di sotto
della quale la probabilità è nulla. Il rischio di incidenza patogena letale da esposizione a raggi x è di 5-6,5 casi/100.000
per ogni mSv di irradiazione.
Questa ipotesi di proporzionalità diretta senza soglia è stata assunta dalle principali istituzioni internazionali che si occupano di radioprotezione come misura di cautela, per evitare di sottostimare il rischio derivante dalle basse dosi e finora,
nonostante sia stata spesso discussa, non è stata smentita dagli studi epidemiologici.
La gravità degli effetti, al contrario, è indipendente dalla dose.
Come si può quantificare l’aumento del rischio?
Secondo la Health Protection Agency britannica una radiografia del torace comporta un rischio aggiuntivo di sviluppare
un tumore fatale nel corso della vita di 2 su un milione, mentre per una singola TAC del cranio si sale a 1 su 10.000 e se lo
stesso esame è fatto all’addome il rischio aggiuntivo è di 1 su 2.000. Per un singolo esame di medicina nucleare come la
scintigrafia, poi, il rischio sale a 1 su 500.
Nel complesso, i dati indicano che all’esposizione alle radiazioni per uso medico è imputabile una percentuale di
casi di cancro variabile tra l’1 e il 3 per cento di tutti quelli registrati nei paesi industrializzati. Un dato che, secondo gli
esperti, rappresenta una stima al ribasso, perché ricavato in base all’esposizione medica dei primi anni novanta, circa sei
volte più bassa di quella attuale.
In base ai dati raccolti nel 2005 dal registro tumori regionale, che copre tutta la popolazione residente in Friuli Venezia
Giulia, sono circa 7800 le persone a cui è stato diagnosticata un tumore maligno (esclusi i tumori della pelle non melanoma)
per circa 8400 nuove diagnosi complessive tumorali (4600 negli uomini e 3800 nelle donne): di questi, 80-240 casi di tumore sono attribuibili all’esposizione a radiazioni ionizzanti a scopo diagnostico o durante procedure interventistiche.
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Scarsa consapevolezza:
Seppure basso, il rischio di tumore per esposizione alle radiazioni a scopo medico esiste, soprattutto se si considera che
gli esami sono spesso ripetuti e questo comporta dosi aggiuntive.
Tuttavia i pazienti sembrano non percepirlo e anche dai medici è spesso sottostimato.
Dev’essere noto che ben pochi medici conoscono l’esposizione radiologica dell’esame che prescrivono. Non lo sanno i
Medici di Medicina Generale che nel 20 per cento dei casi ritengono che la risonanza magnetica adoperi radiazioni ionizzanti; non lo sanno i cardiologi, che nel 70 per cento dei casi sottostimano da 300 a 1.000 volte la dose di una scintigrafia cardiaca; e non lo sanno neanche i radiologi, che nelle stragrande maggioranza dei casi sottostimano di 50-500 volte dosi e
rischi di una comune TAC (Picano 2006).
La causa è in buona parte attribuibile alla difficoltà con cui si possono reperire e comprendere le informazioni relative
alle dosi (espresse in un’impressionante varietà di unità di misura) e ai rischi (le cui stime sono comunque frutto di estrapolazione e quindi caratterizzate da una buona dose di incertezza).
Le conseguenze, al contrario, sono facilmente intuibili. Ignorare le dosi può portare a prescrizioni inappropriate, in cui i
rischi a lungo termine sono sottovalutati a fronte dei benefici immediati.
Dev’essere anche noto che l’esposizione alle radiazioni naturali dei cittadini di molte città italiane è già intorno a 2-4,5
mSv all’anno (ma pochi lo sanno), derivanti per 2/3 al gas radon, e a radiazioni cosmiche, terrestri e interne (monitor computer, TV, schermi LCD, ecc.). 0,02 mSv è stata la dose media assorbita da ogni italiano a causa dell’incidente di Cernobyl,
nell’anno successivo all’incidente. Questi, moltiplicati per una vita media di 80 anni, fanno diverse centinaia (!) di mSv. Una
scansione con “body scanner” a raggi X in aeroporto sottopone ad una dose pari a 0,0053 mSv. A questa esposizione si
somma quella derivante dalle indagini radiologiche e di medicina nucleare.
Come fare allora per evitare di essere travolti dal vortice degli esami radiologici?
L’uso responsabile della tecnologia significa che i vantaggi devono superare i rischi: a tale proposito, la legge Euratom
del giugno 1997 per la protezione dei danni da radiazione, stabilisce che ogni esame di radiologia o di medicina nucleare
deve essere giustificato e che una tecnica non ionizzante (cioè: risonanza magnetica nucleare o ecografia) deve essere
preferita in tutti i casi in cui possa dare informazioni diagnostiche approssimativamente equivalenti a quelle della
tecnica ionizzante (cioè radiografia, TAC, scintigrafia o PET).
Vanno perciò evitati gli esami inappropriati, cioè gli accertamenti inutili che rappresentano una frazione tra il 30 e il
50 per cento di tutte le indagini con radiazioni ionizzanti effettuate ogni anno.
Gli esami inappropriati moltiplicano i costi, allungano le liste d’attesa e non migliorano, anzi tendenzialmente peggiorano, la qualità dell’assistenza. Senza contare l’aspetto più importante, cioè i rischi per la salute.
Gli strumenti per intraprendere questo percorso, in realtà, ci sarebbero.
Prima di tutto la legge (decreto legislativo 187 del 26 maggio 2000), che impone sanzioni pecuniarie e penali a chi
prescrive ed esegue esami con radiazioni ionizzanti senza adeguata giustificazione.
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La legislazione europea, inoltre, impone al radiologo di controllare e di registrare la dose di radiazione emessa in
ogni esame, per evitare sovraesposizioni: l’Italia, però, come molti altri paesi, non si è ancora adeguata. Anzi, la legge
del 2000 (forse in previsione dell’introduzione delle tessere sanitarie elettroniche) ha cancellato una disposizione precedente che prevedeva la creazione di un libretto radiologico personale in cui annotare la storia degli esami con radiazioni
ionizzanti di ogni paziente.
Non bastasse la legge, ci sono le linee guida nazionali a definire i criteri che giustificano gli esami, sulla base dei principi
cardine della radioprotezione (ASSR 2004): per ridurre i rischi è necessario valutare l’effettiva necessità di esami diagnostici
con radiazioni ionizzanti (principio di giustificazione) e definire le modalità di indagine più opportune per ottenere le
informazioni volute con l’impiego della minima dose possibile (principio di ottimizzazione).
In altre parole, prima di prescrivere un esame con radiazioni ionizzanti il medico dovrebbe stabilire (e discutere
con il paziente) la sua reale utilità, valutando se le informazioni possano essere reperite dai risultati di esami precedenti o attraverso indagini di altro tipo, che non comportino l’uso di radiazioni ionizzanti.
Ma soprattutto la persona che deve sottoporsi all’esame ha il diritto/dovere di essere adeguatamente informata
sui rischi che l’indagine proposta comporta e sulla possibilità di esami alternativi ugualmente efficaci.
Questo significa che i termini, spesso un po’ oscuri, della radiodiagnostica dovrebbero essere tradotti in una forma comprensibile: i pazienti che richiedono gli esami devono essere più consapevoli dei rischi oltre che dei benefici.
Il medico dovrebbe esprimere la dose corrispondente a un determinato esame come multiplo di quella rilasciata
da una comune radiografia del torace e il rischio di cancro come numero di casi aggiuntivi, magari facendo riferimento a rischi che fanno parte della vita quotidiana. Il rischio di incidenza patogena letale da esposizione a raggi x è di 56,5/100.000 per ogni mSv di irradiazione.
Rischio di cancro stimato e dose di radiazione per i più comuni esami diagnostici per immagini.
Categoria di rischio
Dose (mSv)
Numero equivalente di radiografie al
torace (e casi di tumore per numero di
soggetti esposti) 1 mSv = 5 casi/100.000
0
0
0
0
0,001
<0,01
0,02
0,005
0,063
0,07
<<0,5 (trascurabile)
0,5 (0,05 casi di tumore/100.000)
1 (0,2 casi di tumore/100.000)
0,5 (0,05 casi di tumore/100.000)
3 (0.3 casi di tumore/100.000)
3,5 (0,35 casi di tumore/100.000)
0,3
0,6
0,7
0,7
0,7
1
1
1
1
1
1,3
1,5
1,7
1,7
2,5
3
4
15 (1,5 casi di tumore/100.000)
30 (3 casi di tumore/100.000)
35 (3,5 casi di tumore/100.000)
35 (3,5 casi di tumore/100.000)
35 (3,5 casi di tumore/100.000)
50 (5 casi di tumore/100.000)
50 (5 casi di tumore/100.000)
50 (5 casi di tumore/100.000)
50 (5 casi di tumore/100.000)
50 (5 casi di tumore/100.000)
65 (6,5 casi di tumore/100.000)
75 (7,5 casi di tumore/100.000)
85 (8,5 casi di tumore/100.000)
85 (8,5 casi di tumore/100.000)
125 (1,2 casi di tumore/10.000)
150 (1,5 casi di tumore/10.000)
200 (2 casi di tumore/10.000)
Zero
risonanza magnetica
ultrasonografia (ecografia)
Trascurabile
Densitometria ossea (DEXA) lombare e femorale
radiografia degli arti e alle giunture (eccetto l’anca)
radiografia del torace (2 proiezioni)
Radiografia ortopanoramica arcate dentarie
Breath test all’urea C-14 per helicobacter
Radiografia del cranio
Da 1 in 100.000 a 2 in 10.000
Radiografia delle anche
TAC dei seni paranasali
radiografia della colonna toracica dorsale
radiografia del bacino
Mammografia (non digitale)
radiografia dell’addome diretta
scintigrafia del polmone
scintigrafia del rene
scintigrafia della tiroide
isterosalpingografia
radiografia colonna lombare
esofago baritato
TAC del cranio
TAC rachide cervicale
urografia
radiografia prime vie digerenti con bario
scintigrafia ossea
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Più di 2 su 10.000
L’esposizione supera quella di un anno
alle radiazioni naturali
tomografia a emissione di positroni (PET)
del cervello(con F-18 fluorodeossiglucosio)
PET/TAC total body (con F-18 fluorodeossiglucosio)
Cardioangiografia con radionuclide cardioangiografia
clisma opaco
TAC del torace
TAC dell’addome
TAC pelvica
TAC rachide dorsale
TAC rachide lombare
Coronarografia convenzionale
scintigrafia con Sestamibi-Tecnezio 99m
TAC del colon (“colonscopia virtuale”)
TAC multistrato (64 strati) per coronarie
Angiografia periferica
Angiografia cerebrale
Angioplastica periferica
Angioplastica coronarica
Ablazione con radiofrequenza
scintigrafia con Tallio
esami con fluoroscopia
Valvuloplastica
scintigrafia con Gallio-67
5
13-32
6
7
7,7
7,8
8,8
4,4
5,1
5,6
10
10
10
2,7-14
1,6-10,6
10-12
6,8-28,9
17-25
23
25
29
40
250 (2,5 casi di tumore/10.000)
750-1600 (6,5-16 casi di tumore/10000)
300 (3 casi di tumore/10.000)
350 (3,5 casi di tumore/10.000)
385 (3,9 casi di tumore/10.000)
390 (3,9 casi di tumore/10.000)
440 (4,4 casi di tumore/10.000)
220 (2,2 casi di tumore/10.000)
255 (2,6 casi di tumore/10.000)
280 (2,8 casi di tumore/10.000)
500 (5 casi d tumore/10.000)
500 (5 casi d tumore/10.000)
500 (5 casi d tumore/10.000)
135-700 (1,4-7 casi di tumore/10.000)
80-530 (0,8-5,3 casi di tumore/10.000)
500-600 (5-6 casi di tumore/10.000)
340-1445 (3,4-14 casi di tumore/10.000)
850-1250 (0,9-1,3 casi di tumore/1000)
1.150 (1,2 casi di tumore/1000)
1.250 (1,3 casi di tumore/1000)
1.450 (1,5 casi di tumore/1000)
2.000 (2 casi di tumore/1000)
(le dosi possono variare a seconda dell’evoluzione delle apparecchiature o delle tecniche impiegate)
Il paziente dovrebbe essere informato che fare una TAC del torace corrisponde a fare 400 radiografie e comporta un
rischio simile a quello di avere un incidente automobilistico guidando per 4.000 chilometri in autostrada, che una TAC dell’addome si associa a un rischio a lungo termine di un cancro fatale ogni 2.500 persone esposte, che una scintigrafia cardiaca con tallio corrisponde al rischio di avere un incidente automobilistico percorrendo 90.000 km percorsi in autostrada
oppure a quello di fumare 1700 sigarette.
Per la mammografia, il rischio in un milione di donne di età fra i 40 ed i 49 anni che eseguono un’unica mammografia
(0,7 mSv) in una proiezione è stimato in 4 tumori mammari in eccesso ovvero 2 morti per tumore mammario nei 34 anni di
vita medi successivi alla mammografia di queste donne. Tale rischio di morte è considerato uguale a quello corso percorrendo 2500 miglia in aereo (da New York a Los Angeles), 1500 miglia in treno (da New York a Miami) o 220 miglia in automobile
(da New York a Boston), oppure fumando 1,5 sigarette.
Solo una chiara informazione sulle dosi, sui rischi e sui benefici e sulle possibili alternative può essere la base di un
consenso realmente valido da parte del paziente all’indagine radiologica; altrimenti viene violato un diritto fondamentale della persona, come quello dell’autodeterminazione in ordine alla tutela della propria salute, e quindi della
sua integrità psico-fisica, fatto che comporta la risarcibilità di ogni tipo di danno che ne sia causalmente derivato.
Il rischio della dose cumulativa da radiazioni ionizzanti a scopo diagnostico può essere calcolato, anche cumulativamente, consultando il sito “RADAR” : http://www.doseinfo-radar.com/RADARDoseRiskCalc.html
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