qui non si trova! - The University of Chicago Library

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qui non si trova! - The University of Chicago Library
QUI NON SI TROVA!
THE
UNIVERSITY
OF CHICAGO
LIBRARY
DELLA MEDESIMA AUTRICE
(Edizioni Trpvcf»).
Dopo la vittoria, romanzo . . L. 3 5o
La costola di Adamo, romanzo.
. 5 —
// castigamatti, novelle . . . .4 —
Lettere intime, novelle. . . . . 4 —
SFINGE
QUI NON SI TROVA!
NOVELLE
"•,... l'amore è necessario a questo mondo: ma ve n'ha quanto basta, e non fa mestieri che altri si dia la briga di coltivarlo. „
MANZONI.
\FT€/
MILANO
FRATELLI TREVES, EDITORI
1920
Secondo migliaio.
PROPRIETÀ
LETTERARIA.
I dìriili di riproduzione e di traduzione sono
riservati per tutti i paesiy compresi la Svezia,
la Norvegia e VOlanda,
Milano, Tip, Tjreves,
UNA DONNA
INCONTRATA DUE VOLTE...,
U n a voce disse:
— La maternità è la sola religione che non
ha miscredenti.
Un'altra disse:
— La maternità, che ha vissuto in questo
tempo la sua più vasta tragedia, è il solo sentimento u m a n o puro di ogni egoismo.
U n a terza, disse :
— La maternità è una funzione fisiologica
c o m e un'altra, abbellita dal fatale bisogno di
poesia che è nell'uomo.
Io, pregata di fare la mia definizione.... raccontai:
u
U n a donna incontrata due volte, è rimasta
impressa nell'obbiettivo della mia memoria con
segni netti e profondi di violenta acquaforte,
e mi ha date matasse di pensieri da dipanare
intorno alla questione che non può essere contenuta in nessun cerchio fisso di parole.
S F I N G E , Jf$«/ non si trova !
1
S*
OUI N O N si T R O V A !
L'ho incontrata due volte in tre anni; ma
nei due rapidi incontri, in due orizzonti diversi, essa ha lasciata nel mio ricordo l'impronta incancellabile della sua passione e della
sua robusta eppure indefinibile figura morale.
Il primo incontro avvenne tre anni fa, in
una celebre città d'acque. Nel vecchio giardino
di un quieto albergo, mi fu presentata questa
desolata madre che aveva perduto il suo unico
figlio : un giovinetto eroe morto in guerra. Ancora giovane e bellissima, con la pallida faccia
bendata di gramaglie, aveva una forma di dolore selvatico, quasi aggressivo, che le dava
l'avversione del prossimo e l'insofferenza d'ogni
amichevole consolazione.
Desiderò conoscer m e , con una iniziativa
che sbalordì la nostra comune conoscente, e
venne a cercarmi un giorno, in un recinto solitario, sotto i vecchi alberi del parco, dove
io avevo piantate le mie tende.
Mi disse:
— Faccio un'eccezione per Lei. Sento che
Lei può capirmi. Gli altri mi sono indifferenti....
quando non mi sono odiosi. N o n trovo nessuno che meriti di guardare da vicino nel mio
dolore, di assistere allo strazio del mio povero
cuore.
Parlava con una strana voce dura, con la
Una donna incontrata due volte....
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fronte ostinata, con lampi di luce fosca nei
magnifici occhi neri, senza lagrime. Era, e più
ancora doveva essere stata, una delle più belle
creature che sia possibile immirare. Alta, formosa, slanciata, con quel sicuro portamento,
con quella armoniosa eleganza di movenze
che accompagna la perfetta proporzione delle
membra.
Sulla faccia di un caldo pallore sano, ora
un po' sfiorita, i denti splendevano in un luccichio un po' aspro, quasi cattivo e le parole
vi passavano attraverso c o m e dardi che avessero l'intenzione di colpire qualcuno o qualche
cosa. U n a superba maschera tragica, che il mio
senso estetico contemplò con gioia ancor prima
che il mio cuore si svegliasse alla pietà. Cercai richiamarla a più miti sentimenti, cercai destare in lei la voce della ragione.... cercai pietose menzogne e filosofiche verità per lenire
il suo duolo così grande e così disumano. Ma
essa non si raddolcì sotto l'onda delle mie parole amichevoli, non si lasciò ingannare, non
potè rasserenarsi, non volle piegarsi. Dura,
impietrita, nemica, ostile a tutto e a tutti, ripeteva :
— Ma mio figlio non c'è più, ma il mio piccolo non è più con m e , mio, tutto mio, solo
mio, unico mio tesoro! La patria? La gloria?
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QUI NON si T R O V A ] !
Ah per carità, non mi dica codeste inutili cose1
Si. scandalizza? Ila orrore eli ine? No..,, oh no'
Lei può capirmi, lo sento, lo so.
N o n sono abbastanza vecchia per rassegnarmi, come un povero cencio inutile, come una
pianta mezzo morta, al mio terribile destino;
e non sono più abbastanza giovine per potermi
rifare una felicità. Ho ormai quarant'anni....
Passò sulla sua faccia medusea una grande
ombra che la oscurò tutta, materialmente, e
parve appesantirla di una improvvisa vecchiezza.
Poi una subita luce sfolgorò, cacciò via l'ombra e parve accendere una misteriosa fiaccola
interiore che tinse le guance di rosa e fece
sfavillare gli occhi, tanto che le palpebre sbatterono due o tre volte....
Io dissi:
— Ci sono nella vita molte maniere di consolazione, molte forme di attività che aiutano
a sopportare il dolore.
Ella mi interruppe:
— No, non per m e ! Per m e , il solo, solissimo, esclusivo m o d o d'esser felice, era la maternità. Io non sono nata con altra vocazione,
con altra missione che questa: essere madre.
C o m e ? Tutte le donne, lei dice? N o , non come
m e , non così esclusivamente. Tutte le donne
Una donna incontrata due volte....
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che mi vedevo, che mi vedo intorno, hanno
anche altre occupazioni, altre tendenze, altre
predilezioni che lottano con l'istinto della maternità, che qualche volta lo superano, che
spesso lo addormentano. Io non sono mai stata
altro che una madre. Quando ero piccina dicevo, cullando le mie bambole, che adoravo:
" Quando sarò grande voglio avere cento bambini „. Da giovinetta ero felice della mia bellezza, perchè sapevo che avrei trovato presto
un marito per avere dei figli. Fino a circa
diciotto anni, dicevo ingenuamente: " C o m ' è
noioso che per avere dei bambini sia necessario essere in due! „ N o n sono mai stata civetta. N o n sono sensuale. Tutta la mia vitalità si è esplicata in una tendenza sola, in una
passionalità sola: nella gioia d'essere madre.
Io amavo mio figlio non solo con l'anima, ma
con tutta me stessa. È un dolore anche fisico
il mio! È come se m'avessero amputata una
parte di me stessa!
La guardavo mentre parlava, sincera, veemente, superba, àccusatrice, come se stesse
facendo il processo alla natura, a Dio, al destino, ferita nella sua umanità possente, nelle
sue viscere materne che'parevano quasi visibilmente sanguinare; e da tutta quella forza
ancor così viva e giovane, si sprigionava al-
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QUT. NON 61 TROVA,'
cunchè di battagliero, di non domo, che voleva
difendersi, ribellarsi, che aveva voglia di espandersi, di vivere, di gioire, di fiorire ancora
sotto la luce del sole!
Le dissi:
— Forse.... Lei dovrebbe rimaritarsi....
Insorse :
— Perchè? Eppoi come si fa, così, a decidersi, a scegliere, a non buttarsi in un precipizio? N o n ho tempo da perdere, io.... E ho
orrore dei legami, avvezza da tanti anni, come
sono, alla libertà. Rimasi vedova assai giovane.
Sono ricca, sono sempre stata padrona di m e ,
col ricordo di un u o m o che mi adorava, un
u o m o che radunava in se tutte le perfezioni.
N o n vorrei un u o m o vecchio.... e avrei paura
di un u o m o troppo giovane. Ho delle sorelle, delle
amiche infelicissime. Il matrimonio mi ha sempre riempita di spavento.... Avrei potuto rimaritarmi tante volte, assai bene e non volli mai....
Avevo il mio tesoro. Mi bastava quello. La sola
felicità possibile per me era la maternità. N o n
sono nata amante, io. N o n sento nessuna attrazione e nessuna tenerezza per i maschi. Mio
marito, buon'anima, si lagnava sempre della
mia freddezza con lui. Eppure gli volevo un
gran bene. L'uomo non serve alla donna che
per renderla madre. Tutti gli altri rapporti
Una donna incontrata due volte....
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fra i due sessi, secondo il mio avviso, sono
inutili.
Era così sincera, così convinta, nella sua teoria brutale, direi quasi, bestiale, di castità feroce e irriducibile.... che ne ero scombussolata, come se mi trovassi davanti non ad una
dolente madre che aveva perduto suo figlio....
ma ad una cieca forza della natura che voleva
furiosamente trovare uno sbocco per la sua
salvezza. Comprendevo d'essere in presenza di
un chiuso inconscio egoismo che, in fondo,
non pensava che a sé, non piangeva che di sé
e per sé.... Perchè non l'udivo lamentarsi della
spezzata vita del fiore ventenne che era suo
figlio.... non l'udivo lagnarsi e straziarsi del
crudo destino di lui, ma sempre e soltanto del
destino suo proprio.... Ella era senza pianto a
forza di patimento, ella era nel più nero abisso
di dolore, sì, perchè suo figlio era morto....
eppure non soffriva così atrocemente per pietà
di lui.... ma per sé, per la sua solitudine, per
la sua nostalgia, per la delusa maternità di cui
aveva bisogno....
Quale strano, difficile, astruso problema andavo io proponendo alla mia indiscreta indagine? Forse che abbiamo il diritto di domandare al dolore di quali ingredienti esso sia
composto? Davanti alle sue lagrime o davanti
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QUI NON SI TROVA !
al suo silenzio marmoreo, chi e che siamo noi
che osiamo vivisezionarlo con irriverente coi
tello?
Cercai nella mia anima commossa e curiosa
insieme, tutti i pallidi fiori della fraterna pietà
e li gettai con gesti soavi sul grembo della
povera madre, in quel lontano mattino di settembre, sotto i vecchi platani del silente giardino emiliano, serrato nelle brune cinture geometriche di antiche mortelle dall'odore dolceamaro....
La donna dolente, tutta armata del suo dolore pugnace, non si ammansava e non si arrendeva, ma non poteva sottrarsi all'incanto
buono che su di lei operavano le mie parole,
la mia voce, la mia presenza.... Ascoltava, ascoltava cose senza preciso significato, blandizie,
sillabe dolci, voci di pace, suggestioni di speranza.... Mi guardava fìssa.... e ogni tanto distoglieva gli occhi dai miei, forse per timore
che io vi leggessi, fuggevolmente, il rinascere
di una lontana fede....
A un tratto, dallo chalet vicino, alcuni giovanissimi ufficiali, bimbi del 1900, coetanei del
suo, uscirono e mossero verso di noi.... Erano
convalescenti in cura.... Ancora tinti dal sole
del Carso e dell'Isonzo; spavaldi, allegri adolescenti redivivi, pronti ad assalire la vita e
Una donna incontrata due volte....
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la morte, divinamente incoscienti.... Parlavano
alto, in una nube di fumo di sigarette, in un
sonare di passi sulla ghiaia....
Ella si alzò bruscamente, mi lasciò, fuggì,
selvaggia, tra i suoi veli svolazzanti, c o m e una
grande farfalla nera notturna, offesa dalla luce
del sole....
Io partii il giorno seguente e non la rividi.
Eran passati tre anni. In una mattina di febbraio radiosa e tepida, in un paese della riviera ligure, passeggiavo lungo il marciapiede
che costeggia il mare. Il mare e il cielo erano
di un azzurro intenso, uniforme, quasi irreale,
c o m e di liquefatti lapislazzuli, e parevano tingere dello stesso colore di serenità le cose ed
i pensieri.
Il sole era insaporato di mare, l'aria auliva di
giovani aromi, le palme immobili disegnavano
nell'aria dolce i loro ventagli orientali, emersi
dai tronchi grigi, rugosi c o m e dossi di elefanti.... La solita folla frivola ed elegante di
coatti del piacere, animava la passeggiata. Si
formavano crocchi, si intrecciavano flirts, si
pensava al giuoco, all'amore che passa, alla
vanità permanente, al m o d o di far passare le
CU
QUI NON -51 T R O V A !
ore, in un continuo succedersi dì delizie, sempre le stesse, inesorabilmente monotone....
Tra tutte quelle marionette quasi consimili
persino nell'aspetto, attrasse il mio sguardo
un gruppetto verso il quale si volgevano molti
curiosi sguardi. U n a bellissima ed elegantissima donna, vestita di chiaro, che teneva per
m a n o un bambino di forse due anni, tutto avvolto in un ricco mantello di pelliccia bianca,
c o m e una pallottola di neve : un baby magnifico, sano, esuberante, che tentava sfuggire all'amorosa stretta materna, insubordinato, splendido, biondo con grandi occhi neri, di quella
perfetta bellezza infantile che rallegra e intenerisce anche i più indifferenti cuori.... Seguiva
una nurse inappuntabile che spingeva un ricco
carrozzino, spumeggiante di merletti e di nastri azzurri.
Sorrisi al meraviglioso bambolo e ristetti
alla voce della madre che lo vezzeggiava, rincorrendolo scherzevolmente.... Sotto l'ampia
falda del cappello nero, due occhi cogniti mi
guardarono.... Ero stata riconosciuta e.... finalmente, riconoscevo ! Lo sbalordimento, qualche
altra cosa di indefinibile, c'impedì di salutarci.
Ma era questa veramente la donna che avevo
veduta tre anni innanzi, disperata e misera,
nel vecchio giardino malinconico della città
Una donna incontrata due volte....
n
d'acque, tutta fasciata di veli neri, quasi dissennata per la morte dell'unico figlio ventenne ?
Questa giovine donna vestita di lieti colori,
radiosa, fiorente di bellezza e di felicità?
Fui salutata da alcuni conoscenti e con essi
mi sedetti sul muricciuolo che fronteggia il
mare....
Ma ero turbata e distratta dall'incontro enigmatico. Intanto ella si era allontanata dal mio
sguardo, proseguendo la passeggiata.... ma volgendosi ogni tanto a cercarmi con gli occhi.
C o m e fui di nuovo sola, essa volse indietro
i suoi passi: mise il piccino nella vetturetta,
fra i suoi merletti e i suoi balocchi.... e mosse
risolutamente verso di m e . Mi prese le mani,
me le strinse forte, mi trasse accanto al piccolo, mi disse piano:
— Lo ha visto? È mio figlio. L'ho voluto.
N o n avevo tempo da perdere. Mi era necessario per non morire.
— C h e splendore! — io esclamai.
Ella fece:
— N o n è vero? Somiglia all'altro! Ora io
vivo un'altra volta. Sia benedetta la vita!
La sua faccia raggiava. Pareva giovanissima.
Mi guardava insistentemente.... interrogava
il mio silenzio, imperiosa, superba, eppure un
po' rannuvolata dalle domande che indovinava
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QUI NON SI TROVA I
sulle mie labbra.,.. Disse in inglese alla nurse
di percorrere, sospingendo il bimbo, un piccolo tratto (che indicò) su e giù, nell'ambito
della sua sorveglianza, poi si sedette accanto
a m e , sul parapetto, nel ritmico tonfo delle
onde, sullo sfondo d'aria e d'acqua di un limpido azzurro infinito. Mi disse:
— Permette che le parli della mia felicità....
come quel giorno le parlai del mio dolore?
Io dissi candidamente:
— Ha ripreso marito. Ha fatto bene. Dio
l'ha compensata....
Ella m'interruppe:
— N o n ho ripreso marito. Un marito conveniente, un u o m o da amare e da stimare non
si trova così su due piedi.... Per m e , non si
sarebbe trovato forse mai.... Sono difficile da
contentare, io. N o n avevo tempo da perdere....
Si ricorda che glie lo dissi? N o n volevo un
marito, non volevo un amante, io. No. Volevo
un figlio, un altro figlio. Per poter vivere. Ecco.
Era così felice, così beatamente felice! Perchè mi raccontava la sua storia? Cosa le importava di quello che io potessi pensare? N o n
parlava certo per giustificarsi.... Era nella sua
voce una sicurezza piena, una persuasione trionfale del proprio diritto, come l'accento di chi
ha compiuto, con la protezione del cielo, una
Una donna incontrata due volte....
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gloriosa e santamente giusta impresa.... Riprese :
— Mi credevo perduta, mi sentivo finita, distrutta, morta.... Si ricorda? Ma l'istinto della
vita, della felicità, quasi il bisogno di vendicarmi del mio iniquo destino, mi scossero, mi
armarono per la difesa. N o , no, non ero vinta!
Potevo difendermi ancora, potevo rifarmi la
mia parte di felicità. Potevo. Volevo. Un'ora
di quella che i savi chiamano follia.... Sì. Ma
solo per questo santo scopo. Ho un'altra volta
un figlio. Tutto mio, solo mio, esclusivamente
mio. Oh Dio, Dio, vi ringrazio!
La nurse si avvicinava, sospingendo il veicolo.... A un tratto il pupattolo, scorgendo la
madre, fece un capriccio, si mise a strillare.
Essa parve realmente una leonessa, cui qualcuno minacciasse il lioncello nella nascosta
tana.... E b b e uno slancio veramente e minacciosamente felino. Si gettò sulla capricciosa
bestiola, avvezza ad esercitare ogni tirannia.
Lo coprì di carezze, di moine, chiamandolo coi
più appassionati appellativi della sua fantastica
adorazione. Mai voce di amante ebbe note di
così calda passione, di dedizione così totale e
così spasmodicamente soave.... Tutta la sua
sensualità, tutta la sua affettività, tutta la sua
bestialità originaria, tutto il suo egoismo, tutta
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QUI NON SI T R O V A !
la sete di. martino e di gioia d'ogni, creatura
che veramente ami, erano in quella voce, in
quelle parole, in quei gesti avvolgenti.
" M a m m a tua, m a m m a tua! Tesoro mio, mio,
mio! „.
Pronunciava le sillabe del sacro duetto, con
gli occhi umidi, commossa, delirante del suo
gigantesco amore per quella piccola fragile cosa
che aveva voluta, e che aveva lei sola per sua
difesa contro il terribile m o n d o così grande!
— In fondo, anche la maternità è solo un
egoismo ed usurpa forse la venerazione di cui
il m o n d o da secoli la incensa e la infiora.... —
disse tra sé il mio scetticismo pronto alla distruzione come il bolscevico folle che crede di
poter distruggere cose eterne col suo gesto
fuggevole e inutile....
Ella mi prese ancora le mani. Disse:
— Addio, signora. Voglia un po' di bene al
mio tesoro. Tutta la mia vita è in questo piccolo mucchio di roba bianca e rosea. I miei
parenti, i miei amici.... non mi guardano più.
Che me ne importa? Ho rischiato di morire
mettendolo al m o n d o . Ho calpestato tutti gli
ostacoli e tutte le leggi. Che me ne importa?
N o n esisto che per lui. Nessuno me lo porterà
via, questa volta.... Lo difenderò coi denti e
con le unghie. Se dovessi perderlo (un gran
Una donna incontrata due volte....
i5
brivido pallido la scosse) me ne andrei con
lui. Ma il Signore non lo permetterà. Sarà lui
che un giorno, il più lontano possibile, mi chiuderà gli occhi. — E fece verso il piccolo un
gesto di benedizione, con un fervore di devota
che comunichi direttamente col di là.
Poi mi piantò in faccia i grandi occhi oscuri,
sfavillanti di fiamme d'amore e mi chiese:
— Mi dica, cosa pensa di me ?
Ella si fondeva davanti al mio sguardo con
le cose circostanti. Era veramente tutt'uno, ciò
che m'attorniava. Il gran mare sonante, l'aria
salata, il caldo sole, il vento profumato e carezzevole, le palme vicine, i lontani boschi di
ulivi punteggiati dalle note allegre delle mim o s e in fiore.... e quell'immenso impeto d'am o r e u m a n o balzato su dalla carne: amore viscerale ed eccelso, fatale e sacro, anch'esso
una delle grandi misteriose forze dell'enigma
divino : la natura.
Le mie labbra restavano mute sul chiuso
groviglio dei miei pensieri. Ero sbigottita e
compunta. Quella maternità senza voluttà e,
dunque, senza peccato: quella creazione quasi
di Spirito Santo, atto di dolore e di celeste
gaudio insieme, quella specie di maternità verginale, onda di sentimento senza freno e senza
disciplina ma puro d'ogni concupiscenza, sim-
IO
QUI NON SI TROVA ì
bolo della più perfetta bellezza d'amore, mi
parve, nella sua umanità tenibile, co.^a veramente divina. Sì che, stringendo forte le mani
di colei che m'interrogava, con gli occhi fitti
nei miei, dissi, senza scegliere le mie parole:
— Creare per volontà di puro amore, nel
gaudio superiore dell'anima, è un atto così sovrumano.... che può solo essere paragonato
alla volontà creatrice di Dio.
— Davvero? Dice sul serio? — ella mi chiese,
sbalordita. E aggiunse : — Eppure tutti mi credono una donna immorale....
— Immoralissima! — feci io. E sorridemmo
tutte e due, nel sole che odorava di vicina
primavera....
UN PERDIGIORNI.
— Pronto?
— Pronto.
Il buon signor Carlo Serretti siede alla sua
modesta ma decorosa mensa; sorride alla sua
brava moglie, ai figliuoli che accorrono e prendono i loro posti. Tutti, m e n o uno. C'è un posto vuoto. Al solito. L'assente è sempre lui,
Gino. Si sa.
Il signor Carlo fa il viso scuro. Guarda la
moglie, sospira forte.
— Aufff Deve sempre durare così? Pina mia,
sono alla fine della mia pazienza!
Pina soffre, ingoia la sua materna angoscia,
ma fa la disinvolta per non accrescere la pena
del suo caro uomo. Dice, mentre scodella la
buona minestra fumante:
— Deve essere andato al Cine con dei compagni. Vedrai, tornerà presto. N o n ti arrabbiare,
S F I N G E , ^>/ti non si trova?
2
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QUI NON SI TROVA !
caro! Lascia fare a m e . Lo ricevo io, quando
torna, e lo mando a letto senza cena. E il castigo migliore. Ma non è cattivo, Curio. No....
si correggerà, ne sono sicura.... Ancora un po'
di minestrone?
Il signor Serretti si è placato. N o n tanto per
le parole di pace della sua donna, quanto per
la forza dell'abitudine. Oramai si è avvezzo a
considerarsi un padre fortunato di tre figli, che
ha la disgrazia di averne un altro irriducibile
alla ragione. — Tanto, a questo m o n d o , qualche disgrazia ci vuole. A me è toccata questa.
Così egli pensa. Soffre, ma mangia di buon
appetito. È un u o m o ancor giovane e robusto,
ha lavorato tutto il giorno, ha bisogno di ristoro fisico e morale. Guarda con tenerezza sua
moglie, che ama, dopo vent'anni di matrimonio,
c o m e il giorno stesso che l'ha sposata; guarda
Elvira, la graziosa giovinetta sedicenne, dai
grandi occhi pieni di sorrisi che guizzano di
tra le lunghe frangie brune delle ciglia; guarda
con orgoglio il figliuolo maggiore, Piero, dieciotto anni baldi e biondi, che attaccano coraggiosamente l'avvenire ; sorride alla piccoletta
Rina, di dieci anni, tutta ricci e gote rosse di
mela d'agosto : faccetta saporosa, "moscatella „,
c o m e le dice amorosamente la sua m a m m a . E
il buon galantuomo è quasi felice.
Un perdigiorni
19
Lavorano tutti, in quella casa, di profìcuo lavoro. Il padre è un piccolo impiegato di amministrazione privata, a trecento lire al mese.
La sua carriera è sicura ma lenta.
C o m e si fa a mantenere tanta cara gente ? Se
le cose del m o n d o fossero andate lisce, avrebbe
potuto bastare il suo stipendio, con qualche
incerto, ogni tanto. Ma ora non più. Ogni figliuolo, appena in grado di farlo, ha dovuto produrre
qualche cosa per aumentare il bilancio domestico. Piero è al Politecnico. Sì (aveva troppo
ingegno per sacrificarlo) : ma dà lezioni, nelle
ore libere. Elvira, da un anno, avuta la sua licenza tecnica, è impiegata in una società di
assicurazioni. La piccola va a scuola, e aiuta la
m a m m a nelle faccende domestiche. Povera
m a m m a , che non ha n e m m e n o più la servetta,
come una volta!
Questo è il gran cruccio del signor Carlo.
Ma la sua Pina lo consola e gli mostra ogni
tanto le sue piccole mani, ancora belle, che
sanno così bene ricamare, dipingendo con l'ago
e con le sete, vaghissimi fiori. Se avesse tempo !
Ma ogni tanto, per un grande negozio, qualche bel ricamo lo eseguisce ancora e qualche
sommetta guadagna anche lei.
Tutti lavorano e producono, m e n o uno: Gino,
si sa. Lo scioperato, il fannullone, la disgrazia
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QUI N O N SI T R O V A !
e l'onta della famiglia. Ha quindici anni. Vie
quenta, per m o d o di dire, la terza tecnica, ed
è la disperazione dei genitori e dei fratelli.
Piero specialmente è fuori di sé. Giudica deboli i genitori e vorrebbe che cedessero a lui
il compito di mettere il monello sulla dritta
via. Ma qualche volta le sue correzioni sono
state troppo violente.... e la pietosa madre ha
ritolto il mandato di correttore al suo primogenito.
Spera nel tempo, la dolce signora Pina, nella
forza della persuasione, nel cuore di Gino, che
in fondo è buono.... Ma anche a lei pare che
la sospirata conversione tardi troppo, e anch'essa, per quanto cerchi nasconderlo a sé
stessa ed agli altri, comincia a perdere la speranza....
La cena era finita. Piero disse:
— Esco, m a m m a . Ho una lezione. Poi, preferisco non essere in casa, quando lui torna.
Mi prudono le mani. — Baciò i genitori, pizzicò le guance delle sorelle, uscì.
Elvira e Rina risero a ghirlandette di trilli.
Ridono di tutto, pare che abbiano in gola degli uccellini che gorgheggino.
Un perdìgiorni
21
Elvira pensava al suo cappello nuovo, al gran
divertimento del domani, all'ufficio, con tante
compagne. Essa lavora volontieri e chiacchiera
con entusiasmo.
Rina pensava che la portinaia venendo su
più tardi a lavare i piatti, le porterebbe le castagne calde; pensava che domani non andrebbe
a scuola essendo giovedì; che andrà un poco
a letto con la sua m a m m a , la quale le dirà:
u
Vecchiona ! Adesso hai il tuo letto ! Vergognati! „
Ridono di tutto le due sorelle. Solo che si
guardino in faccia, scoppiano in una risata.
La vita pare loro una grande farsa.... anche
con la disgrazia di avere un fratello cattivo.
Cattivo? N o , non ci credono. " U n po'pazzerello?... Sì.... sì. Ah che ridere! „ La loro indulgenza per Gino calma la pena dei genitori.
Il signor Carlo e la signora Pina, mentre le
ragazzine sparecchiavano, si misero in un angolo a fare la loro partita a scopa. La loro
festa. Il loro ventenne idillio, dolce e fedele,
conferisce freschezza di poesia alle piccole cose
ingenue e modeste che loro sembrano cose
straordinariamente interessanti. Si adorano, darebbero la vita l'uno per l'altra; ma al gioco
(giocano solo.... l'onore!) vogliono scambievolmente sconfiggersi, e quasi s'imbronciano un
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QUI NON SI T R O V A !
poco, lui e lei, quando l'uno dei due ha troppa
fortuna !
Finita metodicamente la loro partita, il signor
Carlo, puntuale come un orologio, andò a letto.
Tutto contento perchè aveva vinto lui!
Le due bambolette erano già coricate, dormivano nella stessa cameretta, e attraverso l'uscio giungevano nel silenzio le note delle matte
risate.... che si spensero a poco a poco nel
sonno.
La m a m m a manco a dirlo, stette alzata ad
aspettare.... lui. Le dieci. Le dieci e mezzo.
Ancora non tornava. " Oramai sarà a casa Piero,
poveri noi! „
Ella credeva udire ad ogni momento il passo
del figliuolo maggiore.... e la sua chiave nella
toppa. U n a vera angoscia stringeva il suo cuore.
"Stasera è troppo. Così tardi non è mai tornato. Cosa gli sarà successo? Senza mangiare,
con questo freddo, fuori, un bambino! Ma è
una cosa orribile! Cattivi compagni, certo. Al
cine ? In qualche teatro ? A zonzo ? Sì, certo, al
solito. Se gli fosse successa una disgrazia? Mio
Dio, ve lo raccomando! „
Aveva gli occhi pieni di lagrime, mentre leggera, leggera, per non far rumore, rassettava
qualche cosa, qua e là per la sua piccola linda
casa.
Un per digiorni
23
" C o m e farà ad entrare? La porta è già
chiusa. Aspetterà, come ha fatto qualche volta,
un inquilino che rincasa. Ma certo, non osa
più toccare il nostro campanello a quest'ora... „
N o n istette alle mosse. Piano piano, zitta
zitta, andò ad aprire l'uscio, spiando.... Ah eccolo
qua! Dio sia benedetto! E poi eie, ciac, due
bei ceffoni sulla faccia del figliuol prodigo....
che li prese in pieno, e sgattaiolò dentro in
tralice, filando verso la sua stanzetta....
La madre lo seguì, e vide che si svestiva in
fretta piangendo.
— Perchè piangi? Ti ho fatto male?
— No.
— Allora?
— Ho fame. — E come un bambino piccolo,
si cacciò sotto le coltri nascondendo anche
la testa, singhiozzando forte.
— Dove sei stato, monellaccio?
— Nel corso, in galleria.... — Le parole erano
singhiozzate più che pronunciate.
—, A far che?
— Niente.
— C o m e , niente? Da solo?
— Prima con dei compagni, poi da solo.
— Ma perchè ? N o n sapevi che ci facevi tanto
dispiacere? Che si faceva tardi? Che saresti
punito ?
24
QUI NON SI TROVA !
— Sapevo tutto ma non me ne ricordavo più.
Quando sono fuori, è come se fossi al teatro,
al cine, anzi ancora di più. Perchè quello che
vedo sono cose vere. Mi diverto tanto! N o n
mi ricordo più di nulla!
— Ma in che cosa consiste codesto divertimento? Cosa fai? Che gusto ci trovi?
La voce della madre si è un po' raddolcita.
Ha pietà di quella testina bionda, che esce a
tratti dalle lenzuola, e avrebbe voglia di prenderla fra le mani, di accarezzarla.... ma no, no !
Sarebbe una debolezza....
La voce del peccatore, un po' m e n o roca, dice:
— Te l'ho spiegato tante volte, m a m m a ! Sai
che non dico bugie.... Mi piace andare a zonzo,
così, per guardare quel che succede nel mondo....
Tutta quella gente, quelle facce diverse, tutte
le voci che si sentono, i fatti che succedono....
le novità, non so.... e' è sempre qualche cosa di
strano da vedere.... È un teatro, un gran teatro dove non si paga niente.
Si è animato, ha messo fuori un braccio, accompagna la parola col gesto della sua m a n o
espressiva, non sa spiegarsi bene, ma è sincero, convinto di quanto dice, appassionato,
quasi eloquente.
La m a m m a esce.... poi ritorna. Ha in m a n o
una scodella di minestra ancor calda, un pezzo
Un
per
digiorni
2
5
di pane, un po' di pietanza.... Il ragazzo afferra,
divora, affamato, sorridente. Ella rassetta la
stanza, gli aggiusta il letto, raccatta i panni
ch'egli ha gettato qua e là.... Egli dice, pieno
di sonno e di riconoscenza.
— M a m m i n a , sei buona, tu! Scusa!... Domattina andrò a scuola. Sarò puntuale. Te lo giuro.
Ella trattiene, stretto stretto, come un uccellino che volesse scapparle via dal seno, il bacio
che il suo cuore vorrebbe dargli. " N o , non lo
merita, dà troppi guai al suo povero babbo ! „ e
guizza via, e va a coricarsi accanto al suo
u o m o che s'è già addormentato.
Gino Serretti, il ragazzo quindicenne indisciplinato, il perdigiorni che dà tanto filo da
torcere alla sua famiglia, è tutt'altro che un
cattivo soggetto. Suo padre e suo fratello maggiore, due uomini di lavoro e di energia, non
possono comprendere la sua singolare psicologia e lo giudicano, con tutte le ragioni, " una
disgrazia di famiglia „. La sua m a m m a e le sue
sorelle, con l'intuito femminile, più sottile e
più vero, qualche volta, della virile ragione,
sentono che non è un discolo. Ma n e m m e n o
esse lo comprendono. Perchè gli piace tanto
26
QUI NON SI T R O V A !
vagare per le vie affollate, di giorno e di sera,
preferibilmente solo? È un mistero per tutti.
Gino è ancora puro, più bimbo di quanto la
sua età comporti, e non sono le gonnelle che
lo attirano. Entra nei bars, beve, mangia dolciumi? N e m m e n o per sogno. I soldi che gli
danno*, pochissimi, li spende regolarmente e assennatamente, e non è punto ghiotto. I suoi
compagni hanno la frenesia del cinematografo.
Gino ci va, sì, qualche volta, ma preferisce la
strada. Anche al teatro, come ha detto a sua
madre (egli non mente) preferisce la strada. Il
marciapiede è la sua gioia. Piccola anima assetata di movimento, di novità, di emozioni,
egli indovina nella folla un m o n d o di cose oscure
che lo affascinano e mettono in moto la sua imaginazione acerba ma fremente. La strada gli
pare casa sua. U n a casa grande grande che ha
spettacoli sempre rinnovellati. Le belle vetrine
scintillanti di cose ricche e preziose, i profili
dei monumenti che assumono nella penombra,
aspetti fantastici, i bei palazzi signorili, le case
modeste, le note figure di venditori ambulanti,
delle fioraie, dei giornalai: le ricche automobili portanti donne impellicciate, le carrozze di
piazza con le cognite facce dei cocchieri: i
trams, i camions, le biciclette, le belle signore,
le graziose popolane.... tutto, tutti lo attirano
Un perdigiorni
27
e lo interessano. Gli piacciono i discorsi di affari che ascolta in Piazza dei Mercanti: i discorsi, colti al volo, degli oziosi ai caffè, in
Galleria, in quel gran tunnel di luce che lo magnetizza.... i colloqui dei cantanti a spasso;
i crocchi di studenti; i madrigali, più o m e n o
eleganti, degli sfaccendati alle donnine che passano.... Egli ascolta tutto, vede tutto, osserva
tutto, insacca tutto nell'obbiettivo della sua
mente e della sua memoria sveglia. E curioso,
immensamente curioso, di una curiosità larga
ed insaziata, che non è ridicola per la sua sincera passionalità.
La strada è il suo m o n d o . Ha uno spirito di
osservatore acuto, una sensibilità precoce ma
non corrotta, un nomadismo inquieto che non
trova sfogo altro che in faccia all'onda della
umanità in miniatura che gli scorre davanti
agli occhi. La solitudine per lui sarebbe c o m e la
morte. Per il piccolo congegno della sua psiche
complicata, è necessario il contatto con la folla,
il respiro di mille e mille creature ignote.... in
ognuna delle quali indovina un interessante mistero. Ci sono persone che adorano il mare, le
selve, i bei paesaggi. Gino Serretti non sente le
bellezze della natura. A m a la gente. Le selve
d'uomini vivi, il mare di creature umane, che
passano c o m e onde, che vengono, vanno, liete,
28
QUI NON SI T R O V A !
tristi, affaccendate, che si rinnovano sempre, a
lui sempre ignote. Chi sono? Dove vanno? Cosa
fanno ? Egli non lo sa, non lo saprà forse mai.
Ma non gliene importa. La sua imaginazione si
culla in quella grande incognita umana, che lo
estasia, c o m e le bellezze di un panorama naturale estasiano altre anime.... finché qualcuno o
qualchecosa lo ferma, lo prende, lo interessa
particolarmente. Allora la sua imaginazione fresca e ricca lavora, getta trame, ordisce, tesse
lunghe tele di ipotetici eventi che lo deliziano.
Fantastica, sogna, crea.... inconscio piccolo poeta
vagabondo che sarà forse, chi sa? un giorno
un artista geniale, forse un artista mancato,
certo non un u o m o d'azione perchè ha più fantasia che volontà.
Quando poi nella strada succede veramente
qualche cosa, qualche avvenimento collettivo,
qualche fatto di notevole cronaca cittadina....
allora il piccolo Gino Serretti è all'apice della
sua fremente felicità. E allora l'onda del mare
u m a n o lo prende, lo afferra, lo avvolge nelle sue
spire di serpente ; anch'egli diventa folla, smarrisce la sua piccola ma spiccata personalità, si
fonde con la massa anonima, vibra, palpita, vive
con tutti, di tutti, nel bene, nel male, fuso con
la fiumana, piccolo fuscello diventato un sol
tutto con la marea.... La sua fresca bocca dai
Un per digiorni
29
bianchi denti di cucciolo canta canzoni ribelli,
pronuncia veementi e atroci parole di cui la
mente ignora il preciso significato ; o sferra inni
patriottici che gli gonfiano l'esile petto, che gli
illuminano di visioni eroiche gli occhi limpidi
e azzurri c o m e l'aria.
Quali possibilità sono in lui ? Quali tendenze
al bene? Quali resistenze al male? La sua coscienza è ancora molle come la cera.... In casa,
nella famiglia, la buona educazione lo ha già
plasmato, gli ha dato, almeno nelle linee generali, un codice.... N o n prenderebbe un soldo non
suo, non mentirebbe per tutto l'oro del mondo,
non mancherebbe di rispetto ai suoi, che a m a
pur facendoli soffrire. M a , confuso nella folla,
quando l'io si neutralizza e si centuplica, egli
è in balìa del cieco caso.... non dà più garanzie di sé....
Suo padre lo ha minacciato del collegio.... ma
egli ha fatto sapere per mezzo delle sorelle, che
scapperebbe. Pensa anche, il povero padre, di
imbarcarlo sopra un bastimento che vada lontano ; ma la madre si oppone con le sue lagrime.
Adesso il signor Carlo, che non ha più nessuna
fiducia in Gino, cerca di ottenere, ora con le
buone, ora con le cattive, ch'egli prenda alm e n o la licenza tecnica, per poterlo collocare
in un impieguccio qualsiasi. Gli ha detto che a
3o
QUI NON SI TROVA !
sedici anni deve bastare a se stesso. Se così
non sarà, lo caccerà di casa. La madre contimia a sperare in lui.... e passa dalle liete illusioni a momenti di muto sconforto. Perchè Gino,
col suo ingegno vivo (come dicono i suoi maestri) studia poco e continua la sua vita di piccolo avventuriero delle vie.
Ha preso un certo m o d o sbarazzino di camminare, di portare il cappello, di esprimersi,
che stona col suo vestiario accurato, quasi elegante, di ragazzo di famiglia civile.
Sa il gergo del marciapiede, i modi di dire
che mutano ad ogni stagione, parolacce più
grandi di lui, di cui ignora il significato; piccole pose da giovanotto elegante, monellerie
di bambino da scuola elementare o da piccolo
teppista. Conosce i lustrascarpe, i cani randagi,
le passeggiatrici serali, le più note " macchiette „ del marciapiede. E attacca discorso
or con l'uno or con l'altro, così, per colleganza
e per simpatia, per una maniera di solidarietà
con tutte le creature che incontra sotto il padiglione del cielo, in libertà, tra la selva u m a n a
che si muove....
Un per digiorni
3i
U n a sera nebbiosa e fredda, mentre Milano
era tutta fasciata di densi veli grigiastri che
gli aerei ruscelli di luce elettrica diradavano
appena.... in un tumulto scoppiato sotto la Galleria (in cui vennero fatti parecchi arresti) il
piccolo Gino Serretti, smilzo e biondo, signorilmente vestito, col suo cappelluccio verde
sulle ventitré che gridava c o m e un ossesso contro la forza pubblica, fu portato in " guardina „
insieme ai più arrabbiati.
Fu telefonato alla famiglia. Fu consegnato
nelle mani del padre che gli diede tante busse
quante ne potè tollerare e lo tenne a letto un
giorno, senza mangiare.
La madre era desolata.
— Perchè ti disonori, e ci disonori? In prigione un Serretti! E cosa da farci impazzire.
Perchè gridavi anche tu? Cosa sai tu di certe
faccende ? Cosa volevi, dunque ? Parla, in n o m e
di Dio!
— N o n lo so n e m m e n o io. Feci quello che
facevano gli altri. Era bello opporsi alla legge,
era molto divertente ! La strada è nostra. Perchè impedirci di goderla? Sono prepotenze.
Per questo, urlavo anch'io!
32
QUI NON SI TROVA !
In un triste giorno, alcuni soldati in uniforme,
che erano stati alla guerra e che avevano vinto,
furono insultati per le vie da gruppi di poveri
dissennati.... La folla reagì, qua e là. Vi furono scontri, tafferugli, scaramuccie sciaguratamente cruente. In uno degli attacchi si trovò
coinvolto il piccolo viandante Gino Serretti.
Anche lui, oh bella! Se la strada è il suo dominio....
Si contempla fino a che le cose vanno liscie....
ma quando le vie diventano un campo d'azione
sarebbe una viltà disinteressarsi da quello che
succede.
Chi ha ragione tra coloro che combattono?
Egli non ha ancora il giudizio maturo.... si abbandona, di solito, all'onda che lo trascina....
Se si combatte da due rive opposte.... egli,
senza riflettere, si butta, o meglio, si lascia
prendere dalla parte verso la quale l'istinto
lo guida. Impulsivamente, irresistibilmente. Un
salto nel buio. Uno.... due.... tre! Quella volta
la sua buona stella (le preghiere della sua
m a m m a ? ) lo gettò di un balzo fra coloro che
33
Un per digiorni
difendevano i soldati vestiti di grigio, che avevano delle striscioline d'argento sul braccio e
dei nastrini azzurri sul petto.... Da a m b e le
parti si urlava, s'imprecava, si colpiva.... Comparvero bandiere di diversi colori.... che in breve
divennero brandelli. Ma una più grande — un
bel tricolore —• era impugnata da un giovanottone che ben la difendeva. Volevano strappargliela.
— Portala su, sul monumento, là, in alto, in
alto! — gli si gridava.
— Chi me la tocca, lo a m m a z z o ! Vigliacchi ! —
egli diceva.
— Su, su!
— Ma chi ci arriva? N o n ci si sale, lassù,
vi dico!
— El va el birocci — grida una piccola
voce ancora femminea, e un biondino, roseo,
coi larghi occhi celesti scintillanti, si slancia,
passa tra i combattenti, si curva, si rialza, afferra l'asta della bandiera, e come un gatto si
arrampica sul bronzeo monumento che s'erge
sulla piazza, e riesce ad issare il sacro vessillo! Sono urrahj sono battimani, sono imprecazioni, minacce.... urla indiavolate....
Giungono carabinieri, rinforzi di truppe, la
folla è dispersa.... Il piccolo bravo è portato
a casa in trionfo, gli vengono regalati dolci,
SFINGE, Qui non si trova /
3
34
QUI NON SI TROVAI
è baciato, abbracciato da spettatori commossi....
Quel giorno la sua m a m m a piange di tenerezza e di orgoglio, il babbo si placa un poco
e ricomincia a sperare nell'avvenire del figlio....
Lui? N o n ha la coscienza del significato morale del suo atto. E stato un colpo fortunato.
Ecco. E soddisfatto, ma gli sembra che le lodi
tributategli siano esagerate. Perfino un giornale ha parlato di lui! Doveva star lì con le
mani in m a n o ? Oibò! Era nel suo dominio....
Quel monumento lì, ha certi appigli.... è una
buona scala.... lo aveva osservato tante volte....
Se non conosce lui tutto quello che c'è per le
vie di Milano.... La strada è casa sua.... Così.
Fa il bene per caso.... fa il male senza volere,
inconscio, innocente, istintivo, senza merito e
senza colpa.... atomo attratto dagli altri atomi,
frammento di vita, granello di sabbia che può
diventare roccia se aggregato ad altre innumerevoli unità....
La strada è il suo regno, il marciapiede è il
suo trono, la curiosità è il libro della sua legge,
la ricerca di quella che crede la sua felicità è
la sua mèta....
Materia greggia e bruta, molle come la cera
o dura come la selce, può essere maneggiata
e battuta da una forza formidabile, l'Idea, che
Un perdigiorni
35
si oscura e si deforma, scendendo e diventa
passione feroce. Sempre così. Fatalmente, inesorabilmente.
Gino Serretti è uno, una piccola debole cosa,
che racchiude in sé il simbolo di una cosa
grande e paurosa: tutti.
E stato cacciato a galla dal movimento collettivo che — come l'acqua del mare — dà
vita e moto alle onde.... Poi, la marea, il flusso
e riflusso, lo ha ricacciato sulla spiaggia, pìccola onda che si scioglie, si disfà, trasparente
e spumeggiante, al sole che la rischiara....
È solo, è ridiventato un'unità, un individuo,
una piccola vigilia d'uomo, attento e curioso,
che guarda e nota. N o n è più l'azione, è il
commento; è forse l'Interprete di domani....
In faccia alla sua sensibilità palpitante e
anormalmente commossa, sta la folla senza
faccia, senza n o m e e senza parola....
E lui, il piccolo Gino curioso e vagabondo,
è forse destinato ad essere colui che parla, che
gode, che piange per tutti. 11 Poeta di domani,
emerso dal misterioso grembo della informe
nebulosa, madre dei mondi....
CAUSA DI SEPARAZIONE.
V e n n e a visitarmi l'altro giorno un mio buon
conoscente. A lui piace, anzi, chiamarsi mio
amico. Ma l'amicizia è una così aristocratica
forma di relazione umana, che il suo nome,
c o m e quello di Dio, non bisogna pronunciarlo
invano.
Un u o m o piacevole e interessante, il marchese Corradino Corradi, che ha un fiero nome,
ma un mite carattere; una specie di rassegnata
dolcezza in faccia alle grandi e piccole battaglie della vita. Almeno io lo avevo conosciuto
così, prima della parentesi della nostra lontananza, durante la quale egli ha fatte molte
cose gravi, cioè.... ha servito la patria, ha preso
moglie, se ne è separato. È un u o m o di trentacinque anni, di salute delicata, di nobile
aspetto, di acuta intelligenza. È un decadente,
cioè uno spirito che si ripiega su se stesso,
38
nui NON SI T R O V A !
in ghirigori e leziose volute, senza l'energia
di lanciarsi verso una mèta qualsiasi, in una
bella linea dritta e sicura.
Ma è proprio molto intelligente e molto colto :
ha una squisita sensibilità artistica, un temperamento un po' femminile, nervoso, mutevole,
ombroso e pudico dei suoi sentimenti. La sua
antica razza esausta ha dato, c o m e ultimo rampollo, questo esemplare d'uomo moderno, di
delicatissima e complicata psiche.
Mi aveva mandato, due anni innanzi, la partecipazione del suo avvenuto matrimonio con
una signorina dell'America del Sud. Un n o m e
qualsiasi. Certa Pepita Ballesteros, che stava
a R o m a , e che io avevo incontrata " in società,,.
Sapevo che era molto ricca e mi spiegai
quelle nozze. Corradi non possedeva molti
mezzi di fortuna e mi aveva detto una volta
che anche lui avrebbe dovuto concludere un
giorno o l'altro l'ignobile mercato, accettato
nelle buone famiglie come una cosa pulita:
quello di sposare una dote.
Egli sapeva di commettere una viltà. Ma sapeva che ciò non squalifica un gentiluomo e
ne profittava, pur disprezzandosi interiormente.
Certo la viltà può essere attenuata dai m e riti personali della donna ricca che si sposa.
U n a donna ricca può anche essere amata.... o
Causa di separazione
39
degna di esserlo. Lo era la suddetta signorina Pepita? L'avevo incontrata senza accordarle attenzione. Ma ho una memoria degna di
messer Giovanni Pico e me ne rammento quasi
esattamente. U n a pallottola di carne bianca e
rosea, magnificamente fresca. Occhi neri lucidi
e un 'po' sporgenti. Capelli scuri, spioventi in
ricci sulle tempie, bocca carnosa, bei denti,
voce stridula, maniere carezzevoli, quasi striscianti. Tutto ciò infagottato in abbigliamenti
di pessimo gusto, in un solco di profumo ultraacuto.
Sì. Rividi tutto ciò sentendo annunciare alla
porta del mio salotto il marchese Corradino
Corradi. Perchè mai si era egli separato dalla
moglie dopo poco più di un anno di matrimonio? Si avanzava verso di m e , alto e magro,
elegante e gran signore, non bello ma piacente,
con la sua aria un po' malandata, col suo sorriso triste, con quello strano sguardo implorante di cane bastonato....
Lo accolsi amabilmente, ma non sapevo cosa
dirgli su nessun argomento.... perchè tutti mi
parevano scottanti e pericolosi per lui. Gli
porsi la m a n o e mi misi a ridere. Sono sfu-
40
QUI NON SI T R O V A :
mature che non si descrivono. U n a risata,
qualche volta, salva una posizione. U n a risata
non è una parola, ma non è n e m m e n o un silenzio....
U n a risata è un trattato di psicologia.... e
di buone convenienze sociali. Anche quella
volta ottenne il suo scopo. Corradino mi baciò
la mano, con uno di quegli inchini che s'imparano solo in alcuni secoli di pratica.... retrospettiva, poi disse:
— Mi fa piacere di udirla ridere, contessa.
Io rido così poco da qualche tempo....
— D u n q u e è vero, Corradi?
— Verissimo. Sono di nuovo solo. Era dunque il mio destino....
Allora non mi trattenni più, giudicai inutili
gl'infingimenti e le mezze parole: poiché era
venuto da m e , poiché aveva accennato al fatto,
ero nel mio diritto d'interrogare e di sapere.
Egli non parve domandare di meglio che di
rispondermi. Era evidente che aveva voglia di
sfogarsi, di parlare di se stesso, del vuoto della
sua vita. Parlò : ma non andava dritto al segno :
faceva circonlocuzioni e giri di parole. Parlò
della sua attività mentale, dei libri che leggeva,
delle sue preziose collezioni d'arte, della sua
vecchia villa secentesca, dei suoi pochi denari,
che erano un ostacolo ai suoi gusti raffinati e
Causa di separazione
4*
costosi: (naturalmente aveva restituita per intero la pingue dote della moglie).
Ma io chiesi a bruciapelo:
— Senta, Corradino. Muoio di voglia di sapere una cosa. Perchè si è diviso da sua moglie?
Egli parve un po' contrariato, i suoi occhi
mi chiesero misericordia, il suo sorriso fu così
triste che ne ebbi pietà. Disse:
— Per incompatibilità di carattere.
— D o p o un anno ? In una grande casa come
la vostra? Con due appartamenti immensi?
C o n molti denari? Lei occupato e studioso,
sua moglie con quell'aria molle di spagnola
indolente e grassa? Che cosa strana!
— Ma.... — egli mormorò guardando il
tappeto.
— Me lo lasci dire, Corradino : non lo credo !
Un gentiluomo come Lei e una donna così
dolce, così senza nervi, come quella che io ricordo.... non possono litigare, nelle condizioni
da me indicate, dopo soltanto un anno di matrimonio !
— Eppure.... — egli fece, ancora più debolmente.
— Scusi se insisto.... ma gli è che mi pare
di essere certa di non fare gaffes.... ho l'intuito
che non si tratta di una separazione per infe-
42
QUI NON SI T R O V A !
deità, riè dall'una, riè dall'altra parte. Oh Dio!
N o n si può giurare di nulla a questo mondo,
ma io tuttavia metterei la m a n o nel fuoco. A
quella donna doveva parere d'aver toccato il
cielo col dito, sposando Lei. Era molto snob,
mi pare di ricordarlo. Poi, difficilmente una
giovane, non del tutto depravata, ha una cattiva condotta.... senza un prologo di saviezza!
Corradi, con tutto il fuoco di cui è capace
i! suo petto.... (un focherello) mi interruppe:
— N o n lo supponga n e m m e n o , contessa!
Quella donna era di un'indiscutibile fedeltà
coniugale!
— E Lei non è così volubile né così poco
destro da aver dato a sua moglie ragioni di
geloso furore!
— Essa non ebbe mai il più tenue sospetto
sulla mia fedeltà — egli asserì.
— Allora? non è per propormi degli enigmi
che lei è venuto a vedermi, è vero ?
Dovetti avere la faccia un po' annoiata, nel
dir così, perchè egli riebbe quella espressione
accorata.... poi i segni di un duello, che combattevano insieme nel suo interno, la volontà
di parlare e quella di tacere. Ma vinse la prima.
Mi si fece più accosto, parlò con là voce ancora più bassa, si guardò in giro come per
assicurarsi che nessuno poteva udire,... Disse:
Causa di separazione
43
— Mi pare di commettere una piccola viltà
morale verso quella poveretta svelando la ragione per la quale non ho più potuto viverle
accanto. Sì: perchè si tratta di una cosa che
getta su di lei l'ombra del ridicolo.... Ufficialmente abbiamo dichiarato che la separazione
avveniva per incompatibilità di carattere. Ma
in fondo, non è così. Mia moglie era la più
dolce, la più malleabile creatura di questo
mondo. Poco intelligente, in adorazione perpetua davanti all'intelligenza mia, senza angoli
nel carattere.... molle e ovattata di dentro, per
dir così, come di fuori. Povera donna!
— Continuo a non capire — feci io quasi
irritata. Non capire è una cosa che mi succede
di rado e ne ero umiliata.
Egli continuò:
— N o n ne ero innamorato, questo no. Ma le
volevo bene quando la sposai. Almeno mi pareva. Era buona, di retta coscienza, di uguale
umore. Eppure....
— Dunque....
— Dunque.... non rida, amica, perchè la cosa
che le racconto è, forse in parte, comica, ma
fu quasi tragica per m e . Mi sono separato da
mia moglie.... perchè mangiava troppo...,
— Ehhhh?
44
QUI NON 31 TROVA !
— Sì: così, né più né meno. Cerchi di comprendermi: Lei può, Lei deve comprendermi.
Se no, a cosa servono l'intuito, gli studi, le
attitudini, la genialità, che danno all'artista il
diritto di frugare nelle pieghe più nascoste
del cuore u m a n o ? Mia moglie aveva un difetto,
un vizio, una disposizione fìsica, una intemperanza congenita (non so bene c o m e definirla)
che repugnava in m o d o s o m m o al temperamento mio. La gola.
Io scoppiai in una matta risata. Mi scusai
ma risi, risi, risi.... Corradi conosce le mie celebri risate, quel mio folle fanciullesco ridere,
contro il quale non c'è alcun rimedio. Bisogna
lasciare che si sfoghi. N o n è offensivo, perchè
sgorga limpido e sincero, irrefrenabile e irresponsabile.
Corradi non si offese. Ma riprese, seriissimo,
il suo racconto.
— La gola. Siamo noi, che viviamo in fretta,
senza riflettere e senza ricordare, che non la
prendiamo in considerazione, e che la teniamo
per un innocuo vizio del quale si ride. C o m e
Causa di separazione
45
ha riso Lei, or ora! Era il suo un riso quasi
contagioso e avevo voglia di ridere anch'io....
Ma se sapesse come ho sofferto! Era un caso
di coscienza e di gentilhommerie. Ho molto
lottato con me stesso.... Ma l'istinto della conservazione, l'egoismo (come vuole!) è stato il
più forte. Io sarei scoppiato, proprio, fìsicamente, di repulsione spasmodica, se avessi continuato a vivere accanto a quella buona, incosciente, spaventevole divoratrice !
Parlava con una faccia così accorata, con
un accento così sincero ed una voce così lamentevole.... che non risi più, che fui vinta da
un interessamento acuto, da una vera pietà in
cospetto di quella scena tragicomica, più dolorosa forse perchè strana, anormale, con la sua
doppia faccia di pianto e di riso. Lo pregai di
continuare, lo invitai a dirmi tutto, con fraterna
commozione. Egli se ne accorse. Disse:
— Ecco. Adesso Lei ha i suoi occhi, gli occhi che aspettavo. Adesso posso parlare. Sarà
grande sollievo. Il mio segreto buffo e doloroso non l'ho confidato che al mio avvocato,
un u o m o superiore, che è anche un amico per
m e , e al mio medico, al quale domandai, da
prima, l'aiuto della scienza contro il mio disgusto che mi pareva morboso. Morboso ! Dove
finisce e dove comincia la normalità umana?
46
QUI NON SI T R O V A !
La sensibilità molto fine, come la perfetta
bontà, come l'ingegno superiore.... non sono
dunque anormalità? La norma, la regola, cioè
il perfetto equilibrio è la mediocrità opaca e
monotona. Tutti noi che pensiamo e sentiamo
sopra la misura comune, siamo degli anormali.
E l'ano^ialità è la salute del mondo, perchè
^a di essa, il m o n d o sarebbe un miserabile
gregge incolore senza impeti né slanci verso
l'Ignoto.
— N o n filosofeggi: racconti, — interruppi.
— Ha ragione. Le dirò le mie sensazioni
come fossi un fisiologo, come avessi notate le
vibrazioni di un organismo che tenessi nel mio
laboratorio in osservazione.
(Sul suo volto passò una piccola contrazione
di spasimo.)
— Fino dal nostro breve fidanzamento, nelle
poche volte in cui le parlai, mi accorsi che
Pepita, anzi Chiquita, come io la chiamai per
vezzeggiativo (ciò le mostri che ero ben disposto verso di lei) era di una ghiottoneria superiore a quella, già notevole, di quasi tutte
le donne, delle meridionali in ispecie. N o n vidi
raggiare dai suoi occhi la gioia-quando le offrii
l'anello di fidanzata e altri pregevoli doni, come
quando le portavo scatole di dolciumi. Le altre donne, davanti al dono di una bomboniera
Causa di separazione
47
si rallegrano, anzitutto, per la bomboniera
stessa, se è artistica ed elegante. Pepita non
si accorgeva n e m m e n o del contenente, non si
occupava che del contenuto. E aveva per i
dolci, per tutte le buone cose da mangiare un
entusiasmo sincero e candido, che si manifestava in forma direi quasi lirica, ricca di tutto
lo slancio di cui era capace quella povera animuccia senza palpiti, quel povero cervellino
senza luce. Le parole più soavi e più accese
che siano uscite dalla sua bocca, sono sempre
state rivolte a qualche vettovaglia " Oh cari,
adorabili marrons glacés! Piccoli amori! Ah
deliziose truffes di cioccolata! Troppo, troppo
squisite ! Divina aragosta ! Gelato del mio
cuore. Paté chèri! Ostriche mignonnes ! „ evia
dicendo. Le brillavano gli occhi, le si inumidivano le labbra, un piccolo tremito l'agitava
tutta quando un cibo le piaceva. Da principio
sorrisi di quella ipersensibilità di palato che
aveva qualche cosa di nuovo, dì quasi divertente per m e . E solleticai quel suo unico sensualismo, regalandole continuamente dolci, conducendola quotidianamente dai più celebri pasticceri, prendendo un eccellente cuoco, e così
via. Ma non erano solo i dolciumi e le cose
elegantemente ghiotte che piacevano a Pepita.
N o . Direi anzi che affettava quella sua raffina-
48
QUI NON SI TROVA !
tezza perchè era la parte confessabile della
sua bassa passione. Era conoscitrice di buoni
bocconi sì ma la sua vera fondamentale passione, il suo eccezionale congenito bisogno
era quello di mangiare, mangiare, mangiare.
Dotata di un appetito formidabile, con uno
stomaco possente, essa digeriva come i bambini e come certi animali, con una rapidità
prodigiosa. Regolarmente, ufficialmente, dirò
così, essa prendeva sei pasti al giorno. Tre più
di m e . Perchè, dopo il caffè e latte delle nove,
prendeva un tè alle undici, per arrivare al lunch
dell'una. Tè alle cinque e mezza, alle otto il
pranzo. E prima di coricarsi faceva regolarmente un cenino nella sua camera: senza contare gli incerti, i pasti, per dir così, di contrabbando. Tutto questo per abitudine, per
piacere, e anche per necessità del suo stomaco, il quale, essa diceva, era sempre vuoto,
sempre disposto a ricevere e a maciullare
cibo.
Io andavo provando, neh" accorgermi della
voracità di mia moglie, uno strano senso di
scontento, di malessere, di delusione.... non
trovo le parole precise perchè la cosa mi è
nuova.... un malessere tra fisico e morale....
che a poco a poco diventava disgusto. Quella
donna giovane che non aveva altro desiderio,
Causa di separazione
49
altra occupazione, altro scopo nella vita che
quello di mangiare.... mi repugnava e mi umiliava. Era gelosia di maschio davanti a quella
placidità di temperamento che si destava ai
palpiti della gioia corporale solo per mezzo
dello stomaco? N o n credo. N o n fui mai innamorato di lei. Ella, contessa, che mi conosce
e che .la conobbe, può credermi facilmente.
Era la rivolta di un essere pensante davanti
a quella cieca brutalità, era lo sdegno di un
esteta in faccia a quella femminilità umiliata,
a quel tirannico esercizio di animalità viscerale! Perchè non voglio atteggiarmi a moralista, ammantarmi di virtù, dimostrando che
il mio sdegno veniva dalla riprovazione m o rale di un vizio a me ignoto. (La nostra morale è spesso fatta così.) N o , era un disgusto
fisico, qualche cosa che urtava il mio temperamento più che la mia ragione. N o n so. Io le
devo un racconto, un documento.... La diagnosi
tocca a Lei.
Noi prendevamo insieme, grazie a Dio, solo
due pasti: la colazione ed il pranzo. Ma erano
quelle due mezz'ore, un vero supplizio per m e .
Cercavo avere spesso dei commensali, perchè
facessero da cuscinetti, da paraventi, non so
c o m e dire, fra me.... «e l'appetito di mia moglie. Quel suo terribile insaziabile appetito di
SFINGE, Qui non si trova !
4
5o
QUI NON SI TROVA?
bestia affamata, senza pudore e senza grazia,
che le faceva brillare le pupille, che le congestionava la faccia.... mi esasperava e mi rendeva duro verso di lei ogni giorno di più.
Io che avevo taciuto, interrompendo il racconto con sillabe o con vocali soltanto,
dissi :
— Ma perchè non tentava una cura.... morale? Se essa l'amava....
— Può dubitarne? Tentai. E la poveretta
fece di tutto per compiacermi.... Invano. Il correggersi, cioè il mangiare poco, il non amare
il cibo sopra ogni cosa al mondo, era superiore alle sue forze. Era giunta a nascondermi
le sue orgie; mentiva, mi ingannava, come se
avesse avuto un amante.... Perchè la gola è
veramente in quel temperamento una maniera
di voluttà, una sorta di libidine. Deve trattarsi
di una forma di nevrosi, di isterismo che ha
per sede lo stomaco. L'alcoolismo è la libidine
del bere. Tanta parte dell'umanità cerca la voluttà nell'alcool. N o n è quasi mai vero che
l'uomo si ubriachi per.... dimenticare i propri
Causa di separazione
Si
guai. Ci sarà qualche caso, sì. Ma in generale
gli ubriaconi bevono perchè trovano nel bere
la gioia fisica che preferiscono.... Mia moglie
si dava all'ubriachezza del cibo, per dir così.
Le piacevano anche i vini squisiti, lo champagne specialmente; ma senza eccesso; per
inaffiare il cibo soltanto. Di famiglia parvenue
ma bene educata, molto ricca, felice d'essere
diventata un'autentica signora, era piuttosto
snob, c o m e Lei, contessa, aveva bene indovinato. Nella mia lotta per la sua rieducazione,
ebbi diverse fasi, diverse sfumature, e mi valsi
di svariati espedienti. Mi spiego. Avevo dei
periodi in cui la mia critica era benevola.... e
allora cercavo di correggere sorridendo. La facevo riflettere sui danni per la sua salute, sul
pericolo d'ingrassare eccessivamente (la chiam a v o la mia piccola balena) sulla poca grazia
che dà ad una signora l'eccessivo appetito,
cosa del tutto plebea. Le dicevo che non era
signorile, che non era chic mangiare tanto.
Questo era l'argomento più forte.... insieme al
timore di dispiacermi. Quella povera donna mi
voleva tutto il bene che le era possibile volere.... ad un animale non commestibile! Era
anche un poco gelosa di m e . In società soffriva
se mi vedeva parlare a lungo con qualche signora che a lei paresse pericolosa. Soffriva,
52
QUI NON SI T R O V A !
ma non perdeva l'appetito. N o n lo perdeva mai,
in nessuna circostanza. Pochi mesi dopo maritata, le morì una sorella, che amava molto.
Un molto relativo, s'intende. La sua anima
fiacca, molle, plasmata come della stessa materia fìsica che l'involge, non ha vibrazioni
forti. È un'anima che oscilla continuamente fra
la infantilità e la senilità. Per la morte della
sorella patì veramente, pianse, si disperò, ma
non le venne m e n o l'appetito!
In quei giorni essa stessa si vergognava
dell'imperiosa serenità del suo stomaco. N o n
è una idiota, e aveva il confuso sentimento
di perdere la linea conveniente alla luttuosa
circostanza. Eppure.... anche tra le lagrime, depressa di umore, incurante per alcuni giorni
della sua persona, prese regolarmente, implacabilmente, i suoi consueti sei pasti, cercando
attenuare quella sua importuna fame, velandola, per dir così, mettendo delle pause studiate fra un boccone e l'altro, sospirando ma
masticando, lagrimando ma inghiottendo, dissimulando il suo godimento.... ma godendo,
giubilando, esultando in tutte le sue fibre
umane.... come la più sfrenata creatura, data
ai piaceri del senso, può carnalmente godere....
Ed io ne avevo schifo, schifo, schifo. C h e
Causa di separazione
53
farci? Ella non poteva vincere la sua sfrenata
passione. Io non potevo vincere il mio disgusto. N o n mi riusciva quasi più di mangiare
accanto a lei. La sua voracità insolente, immutabile, trionfante, uccideva in me la facoltà
di inghiottire. Mi sentivo diventare gastropatico.... ero vittima di una fobia, forse di una
lieve forma di paranoia.... non so! Chi stabilisce i confini tra la saviezza e la follia? Solo
potrebbe farlo una saviezza superiore.... che
non esiste.
Quella poveretta mi era diventata fisicamente
intollerabile. Giovane, non brutta, di carattere
dolcissimo, affezionata, innamorata (diciamo pure
la grande parola), in adorazione perpetua davanti a m e , felice d'essere mia moglie, fedele
per istinto (avrei fatto giuramento che per nulla
al m o n d o essa mi avrebbe mai ingannato), piena
di tutte le buone intenzioni di modificarsi secondo i miei gusti e i miei insegnamenti (in
un anno e mezzo l'avevo nel complesso della
sua educazione assai migliorata) non meritava
forse qualche indulgenza?
La perfezione u m a n a non esiste. Ho tanti
difetti io ch'essa tollerava, che prendeva quasi
per virtù! Ebbene, no, era superiore alle mie
forze. In certe ore della giornata le cose filavano abbastanza bene. Ma la tavola era il quo-
5*
QUI NON SI T R O V A !
tidiano campo di combattimento delle nostre
due inimicizie segrete. Essa a tavola mi amava
m e n o perchè le davo soggezione, perchè ostacolavo o coi miei frizzi o coi miei silenzi ostili
la gioia, la frégola della sua funzione. A tavola
io la detestavo. Lasci che io mi difenda. N o n
mi guardi con severità. Lo spettacolo che quella
donna offriva a tavola, era veramente rivoltante.
Bene educata e fine negli altri momenti della
vita, mangiando diventava un'altra, l'essere primitivo, originario, troglodita. N o n si dominava
più. N o n già che non seguisse gli articoli del
codice di una persona elegante. Diavolo! Era
maestra in ciò. Ma non riusciva a nascondere
la brutale sua bramosia, l'urgenza della soddisfazione, la voluttà della sensazione. Ho visto
mangiare così qualche animale, qualche pezzente
affamato o qualche mietitore. E mai creatura
di sesso femminile. I celebri divoratori di pasti
colossali furono sempre maschi. Gli eroi di
O m e r o , gli antichi romani, Gargantua, l'Orco
della favola. L'arte ha sentito che non sarebbe
stato rappresentativo né estetico creare tipi di
donne dotate di eccezionale appetito. E questo
Gargantua femmina doveva proprio toccare a
m e , che vivo presso a poco di caffè, di tè e di
sigarette ! La rivedo a tavola, con retrospettivo
orrore, e vorrei pure farla vedere a Lei.... per-
Causa di separazione
55
che potesse interamente comprendermi. Appena
seduta, ammutoliva in un raccoglimento religioso di devota che sta per accostarsi alla celebrazione della Messa. N o n rispondeva che a
monosillabi se veniva interrogata e spesso con
monosillabi fuori di tono.... c o m e fa una persona immersa in pensieri lontani. Invece era
immersa nel menu. Pregustava, si preparava
alla delizia.... in quello stato un po' sonnambolico che è quasi tormento e già inizio di piacere che precede le grandi emozioni. Appena
il suo piatto era fornito di cibo (copiosamente,
inesteticamente) essa aveva degli inconsci piccoli atti di bestia che difende la sua preda.
Gettava qua e là delle occhiate paurose, gelose,
prima di attaccare le vettovaglie, come ho visto
fare, qualche volta, alle fiere in gabbia, cui si
gettano i bocconi di carne rossa. Le esclamazioni, gli apprezzamenti sulla bontà delle pietanze, li aveva smessi, perchè io le avevo insegnato che ciò non si fa. Ma che fatica per
lei! E i benevoli commenti si leggevano nei
suoi occhi soddisfatti e lucenti, nelle sue
labbra ghiotte, nella voce che le si faceva
gutturale e voluttuosa. E i miei poveri nervi
soffrivano c o m e se un ferro stridesse sopra
un cristallo.
Ero giunto al punto che mi era intollerabile
56
QUI NON SI T R O V A !
il verso che faceva la sua gola nel deglutire,
il gesto lento col quale ricollocava le posate
sul piatto con una faccia soddisfatta di mucca
ruminante nella pausa fra una boccata e l'altra
di lupinella fresca....
Quando aveva finito, finalmente, quando si
lavava le labbra e la punta delle dita... era c o m e
la fine di un incubo per me.... era come se quell'acqua profumata mi lavasse da un maleficio!
Avevo perduta la facoltà di motteggiarla, di
frenarla scherzevolmente o anche rabbiosamente.... Ammutolivo anch'io: stavamo l'uno in
faccia all'altro, quando eravamo soli, come due
nemici. Alcune volte per annegare la mia bile
mi feci portare dello champagne e ne bevvi
troppo, io, quasi astemio ! Qualche volta diventavo villano. Accendevo la sigaretta e mi alzavo
da tavola prima di lei. L'odore del cibo mi
nauseava (benché fossi in perfetta salute), la
faccia di mia moglie, che si gonfiava alle esalazioni degli olezzi diletti, con le narici che le
palpitavano, svegliava in me un desiderio inconfessabile ma che io ora confesso: quello di
prenderla a schiaffi. Diventavo con lei grossolano, crudele, duro: il contrario di un gentiluomo. Avevo il pudore di dirle il perchè del
mio stato d'animo, ma la maltrattavo e facevo
vergogna a me stesso. Essa capiva in parte....
Causa di separazione
57
ma non del tutto. Tentava le ultime difese, si
sorvegliava, poveretta; faceva sforzi erculei
per nascondermi la causa del mio disgusto.
Ma non ci riusciva. La scopersi una volta mentre finiva di pranzare, nella sua camera. Mi
accorsi che faceva uscite misteriose, fuori d'orario, per andare dal pasticciere. Ricorreva a
mezzucci, ad inganni, a menzogne, come un'adultera per correre tra le braccia di un amante....
Ma io non mi dominavo più. Ero diventato di
una ostilità permanente. Relazioni maritali con
lei non ne avevo più. La vedevo piangere qualche volta. Sì, ma non mi avrebbe sacrificato
n e m m e n o un pasto ! Storia ridicola, ridicola veramente.... A h , ah, ah! Eppure dolorosa. Io
giunsi a proporre a me stesso questo quesito:
Avrei preferito che mia moglie mi fosse infedele e fosse una femmina dissoluta.... anziché
avere il vizio che aveva? E risposi a me stesso,
risolutamente, di sì. Dissoluta, colei, era lo
stesso. Forse che esiste un solo m o d o di prevaricare, di essere schiavi del senso, di soggiacere alla bassa animalità da cui è escluso
lo spirito ? Ma niente affatto. L'egoismo sessuale
degli uomini ha dato la prevalenza alla lussuria
nella classificazione dei peccati da abborrirsi
nelle femmine. Ma la Chiesa, grande maestra
di leggi sempre, ha posto la gola nella stessa
58
QUI NON si T R O V A !
categoria della lussuria: poco più giù: uno è
considerato il terzo peccato: l'altro il quinto.
Dante, grande maestro d'arte, ha bollato i golosi
coi peggiori supplizi, forse in m o d o più atroce
che i lussuriosi.
Nel mio giudizio segreto, ma sicuro, mia
moglie era una Messalina, né più né m e n o di
colei che ha dato il n o m e alla ignominiosa categoria. Perchè no ? Essa aveva un insaziabile
bisogno di un godimento bestiale, da cui traeva
la massima gioia della sua vita e che stava per
lei al disopra di ogni pensiero e di ogni sentimento di vergogna. Era quel vizio per lei un
bisogno insostituibile ed inguaribile: dico era
perchè ora essa per me non esiste più. Se
fosse stata proclive al terzo peccato, con quell'assenza di energie inibitorie, certamente essa
non avrebbe potuto difendersene, c o m e non le
riusciva difendersi da quello della gola. M e n o
grave, Lei dice, nella scala dei valori, perchè
m e n o nocivo altrui? È discutibile. Degrada il
corpo e lo spirito, danneggia la salute, quindi,
per eredità, la salute dei figli; è cagione di
sperpero di danaro, d'ozio, di inebetimento
progressivo: quindi antisociale, pericoloso e
dannoso. Nel caso mio, distruttore addirittura.
Per fortuna non c'erano figli. Nauseato, disgustato, irritato, mi attaccai alla differenza dei
Causa di separazione
59
nostri gusti; così, genericamente, senza precisare.... e ottenni da lei, non senza lotta, il consenso alla mia liberazione.
E Corradi trasse un ampio respiro, come
chi ha sofferto di un male e si sente ritornare
alla salute.
Io dissi:
— Povera diavola!
E lui.
— N e m m e n o per sogno! Finché ci saranno
al m o n d o un bravo cuoco e un buon pasticciere,
quella donna non sarà mai infelice. Il problema
della vita circoscritto al ventre. Beata lei!
— E.... Lei Corradi?
— Io? Per me non e la stessa cosa, purtroppo ! Per noi che viviamo specialmente " dalla
cintola in su „ il problema della felicità è assai
complicato.
Io pensai:
— Com'è assurdo questo voler suddividere
il nostro corpo in sezioni diverse! Cervello,
cuore, anima, senso. Tutto per vigliaccheria.
Perchè non abbiamo il coraggio di assumere
la responsabilità intera delle nostre azioni, offrendo il nostro " io „ totale al processo che ci
óo
QUI NON SI T R O V A !
intenta, ogni tanto, l'Ideale: la voce, cioè, istintiva e misteriosa di ciò che dovrebbe essere: la
coscienza, insomma.
Pensavo troppe cose: Per questo, non ne
dissi alcuna. E domandai il permesso al mio
visitatore, con un'altra buona risata, di far portare il tè....
PAROLE
NON PRONUNCIATE MAI.
N o n sono una donna romantica io, no: nemm e n o una donna moderna ; non ho mai aspirato ad essere una intellettuale. Parlo poco e
scrivo ancora [meno. N o n avevo mai sentito
il bisogno né trovato il tempo di scrivere il
mio diario, come fanno alcune mie amiche....
disoccupate. Ma ora, non so perchè, provo la
necessità intima ed urgente di qualche cosa
che mi aiuti a vedere chiaro in me stessa, a
definire con esattezza quello che sento e che
soffro, a confessarmi davanti al tribunale della
mia coscienza. Per questo ho deciso di tracciare un rapido racconto dell'ultima parte della
mia vita. Per m e , solo per me. Per mettere ordine nelle mie idee, per mettere parole su sentimenti confusi, per aprire coraggiosamente la mia
piaga, bendata e nascosta gelosamentea tutti.
Forse, in questo bisogno di scrivere la mia
pena, c'è una speranza. Quella di liberarmene,
62
QUI NON SI TROVA!
cacciandola fuori dal mio cuore, come una infermità che lo rode. Fare uscire il mio tormento da m e , con una specie di esorcismo :
con un atto di sincerità e di umiltà che mi dia
la pace, se non quella materna felicità che a
me è stata negata....
Se avessi avuta l'educazione religiosa che,
disgraziatamente, m'è mancata, se fossi cattolica praticante, credo che avrei cercato un bravo
sacerdote per aprirgli il mio cuore, e per averne
lumi e consolazioni. Si toglie un grande aiuto
alle creature tenendole lontane dalla fede! I
miei parenti, gente perfettamente morale, non
erano credenti. Ma essi furono felici.... e non
pensarono di armare me contro l'infelicità....
Il m o n d o mi crede una donna felice. Cosa mi
manca infatti, agli occhi di chi esteriormente mi
guarda? Mi maritai giovanissima, con un u o m o
che mi amava e che amavo. Un u o m o buono
e laborioso che si è arricchito a grado a grado
col suo lavoro di onesto industriale, fino a procurare a sé ed ai suoi la più larga agiatezza..
Ero, dicevano, una bellissima ragazza: sono
ancora bella, ben conservata, sana, stimata da
tutti; ho una figlia, nata dopo lunga aspettazione, accolta come un dono del cielo: una
figlia graziosa, in ottima salute, intelligente,
che avrà una cospicua dote e farà certo un
Parole non pronunciate mai
63
brillante matrimonio. Ho una bella casa, una
splendida villa, bei vestiti, diversi domestici,
l'automobile, la possibilità di viaggiare quando
voglio. -Sono amata da molte persone buone,
invidiata da qualcuno (dicono che anche questo sia un piacere) ho amici vecchi e provati.
N o n sono un'aquila.... ma non sono certo priva
d'intelligenza. Leggo buoni libri, mi piace la
musica, mi occupo alacremente della mia famiglia. La mia casa è il mio paradiso. Sono
una massaia per vocazione. N o n mi piace solo
ordinare ma fare. Detesto quelle donne che
credono disonorarsi, se ricche, adoperando le
mani in lavori utili. Io levo la polvere ai miei
ninnoli, lavoro di biancheria, aiuto e dirigo lamia
cameriera che, con l'esempio della mia attività
non oserebbe di stare in ozio. E non trovo niente
affatto ridicolo d'alternare lavori umili, come,
per esempio, l'orlo a giorno ad un lenzuolo,
con l'esecuzione di un notturno di Chopin!
Mia figlia invece, giudica ciò ridicolissimo....
Mia figlia. Ecco. L'argomento scottante e doloroso da trattare qui, fra me e m e , in segreto,
che nessuno al m o n d o mi senta, che nessuno
mi legga, che nessuno sappia mai quello che sto
per dire. Dire? No. La mia bocca si rifiuterebbe di pronunciare queste parole: il suono
della mia voce non potrebbe, neppure volendo,
6*4
QUI NON SI TROVA?
animare queste sillabe, nere sul bianco, che mi
fanno un effetto strano, nell'uscire da me per
la prima volta....
Mi fanno l'effetto d'essere scritte da un'altra
persona, da una persona che si nasconde dentro di m e , che si vergogna di uscirne, ma che è
stanca di tacere, che soffoca, che vuol dire una
volta sola, almeno una, la triste disperata verità
che fa della sua vita un continuo martirio.
La verità è che.... N o , un momento, non è
tempo ancora. Voglio raccontare con ordine.
Ero maritata da alcuni anni, e pure non avendo
figli, ero felice, o meglio, lo sarei stata, se non
mi fossi accorta che non era felice mio marito.
Egli mi adorava — e mi adora — alla sua
maniera, un po' bruscamente, alla buona, senza
romanticherie, diciamo così. Ma era afflittissimo, mortificato, deluso che io non gli mettessi al m o n d o figliuoli. Egli ha la passione
dei bambini, prima di tutto. Poi, forse gli dispiaceva di costruire il bell'edificio della sua
fortuna senza avere discendenza diretta a cui
lasciarla, un giorno. Poi.... è una cosa che non
ha bisogno di spiegazioni. Lo scopo del matrimonio, nella gente normale ed onesta, sono i
figli. Anch'io desideravo molto di averne, s'intende : per l'istinto della maternità che è in ogni
donna, per amor proprio, per bisogno di espan-
Parole non pronunciate mai
65
dere la mia tenerezza. Ma infelice non ero. Mio
marito mi bastava. Mentre io non bastavo a lui.
Allora feci doverosamente il possibile per divenire madre. Mi curai pazientemente. Soffrii
mille tormenti. E ansiosamente e fiduciosamente
aspettai.
Infatti, dopo otto anni di matrimonio, con sofferenze orribili, con pericolo della mia vita, riuscii a dare alla luce una bella e sana bambina!
C h e festa in casa nostra ! Che avvenimento !
Mio marito era addirittura fuori di sé per la
gioia. Io ero un po' stordita. Avevo tanto sofferto che non trovavo la forza di godere della
mia tanto attesa felicità. Quasi non osavo crederci. Mi pareva di sognare. Poi a poco a poco,
col ritorno della salute e dell'energia, mi sentii piena di una santa gioia, fresca e nuova,
che non avevo preveduta e che mi parve un
dono di Dio. Fu allora che sentii nascere in
me il sentimento del Divino. N o n divenni praticante, perchè non mi avevano insegnato ad
esserlo, ed era oramai troppo tardi per cominciare. Ma credetti fermamente in Dio e a
Lui sentii il bisogno di raccomandare la mia
creatura. Letizia. Mio marito voile chiamarla
così. Ma per un grazioso storpiamento ch'ella
fece del suo n o m e quando cominciò a pronunciarlo, la chiamammo poi sempre Zizì.... finché
SFINGE, Qui non si trova !
5
66
QUI NON SI T R O V A !
essa volle essere chiamata più elegantemente
Maria Letizia. Guai a non chiamarla così....
Il primo dispiacere ch'essa mi diede, povera
piccola, senza sua colpa, fu quello di non avere
il fisico ch'io avrei desiderato. N o n somigliava
né a mio marito (che è molto bello) né a m e ,
ma ricordò subito — appena la sua fisonomia
prese carattere, uscendo dal piccolo roseo arruffio di lineamenti abbozzati — la faccia di
mia suocera. Peccato! Fu un piccolo cruccio
per m e , che tenni sempre, s'intende, ben chiuso
in fondo al cuore.
Mia suocera non era una donna simpatica
moralmente. Era stata una fredda madre per
suo figlio, una perfetta egoista, una donna ambiziosa e leggera, ed io non avevo una grande
affezione per lei, pure rispettandola ed essendole cortese e deferente.
Poi.... tutto lo svolgimento della piccola personalità di Zizì, dai primi accenni informi fino
ai diciott'anni ch'essa ha avuto oggi.... è stato
tutto, dico tutto, una continua delusione e una
continua offesa alla mia sensibilità, alla mia
tenerezza, alla mia aspettazione di madre.
N o n avevo potuto nutrirla: ed essa preferì
subito la sua balia a m e , con immenso mio dolore. Divezzata la piccina, la nutrice, una buona
innocua contadina, docile e interessata, ma an-
Parole non pronunciate mai
67
che realmente affezionata alla bambina ed a noi,
rimase in casa c o m e balia asciutta. E Zizì ebbe
sempre, prima palese, poi nascosta, una vera
predilezione per la sua Gigia: la sua vittima,
la sua schiava, cieca assecondatrice di tutti i
suoi innumerevoli capricci.
Che farci, mio Dio? N o n sono di carattere
geloso, non lo sono mai stata di mio marito,
de'miei genitori che avevano altri figli amatissimi. Era un fatto, quello che mi faceva soffrire. Un fatto innegabile, non un sospetto.
Cercai, da principio, difendermi in mille modi.
Fui anche una volta sul punto di licenziare
la Gigia. Ma capii che non sarebbe stato possibile. La bambina, fiancheggiata dal padre, non
lo avrebbe permesso. E poi quella gara, quella
lotta mi umiliava. Mi rassegnai, sperando nel
tempo, cercando vedere di quel fatto la parte
buona. Se io morissi.... la bimba avrebbe accanto a sé un affetto sicuro, una fidata ed
onesta donna. N o n avevo diritto di privare mia
figlia n e m m e n o di quella fortuna. E sopportai.
Letizia cresceva con un caratterino ribelle,
dispotico, pieno di capricci e di desideri infiniti. Il padre la viziava spaventevolmente. U n o
schiavo anche lui, in ginocchio di continuo
davanti a lei. Essa ricorreva sempre in appello
al tribunale paterno, contro le mie giuste sen-
68
QUI NON SI TROVA!
tenze: le quali erano costantemente cassate.
Da piccina lo faceva apertamente. Adesso lo
fa diplomaticamente..... Ma i risultati sono gli
stessi. Mio marito, lo ripeto, mi adora. Ma idolatra nostra figlia. E crede di non offendermi
quando agisce così. Sorride, scherza, dice che
io sono severa.... mi prende con le buone, mi
prega, mi supplica c o m e un bambino.... Ed io
devo sempre cedere.... ora sorridendo.... ora
nascondendo le mie lagrime....
Così lei, la mia piccola, nata dal mio seno,
carne della mia carne, figlia del mio amore e
del mio patire, cresceva, si sviluppava, si affermava, totalmente diversa da quella che l'avrei voluta, estranea all'anima mia, come se
fossimo lontane l'una dall'altra per differenza
di razza,, di sangue, di spirito e di sentimento!
Intelligente, ambiziosa, egoista, astuta e carezzevole a volte e a volte impetuosa, assetata di tutti i piaceri della vita, superficiale,
senza vera sensibilità, non a m a nessuno a questo mondo, nessuno fuorché se stessa. Mia
figlia. Sono io che parlo così di lei? Queste
tristi verità che penso, che sento da tanti anni
e che non ho mai dette né lasciate indovinare
a nessuno (nemmeno a suo padre, Dio me ne
guardi!) le scrivo oggi qui per la prima, per
l'ultima volta, per vederle fuori di me.... per
Parole non pronunciate mai
69
distruggerle poi tosto con febbrile furore....
Potrei morire.... e non voglio lasciarle come
documento di biasimo per lei.... e ancor più,
forse, per m e .
" N o n a m o io dunque mia fì.glia} se posso giudicarla? „ Questa è la domanda atroce che
mi son fatta tante e tante volte, col cuore
in tumulto. Darei per lei la mia vita. Il bene
che voglio a lei non lo voglio a nessuno al
mondo. Andrei a cercare la sua felicità lontano, lontano, a piedi scalzi, se fosse necessario. La difenderei, come una leonessa, contro il m o n d o intero! Si chiama amore tutto
questo? M a , se Maria Letizia non fosse mia
figlia, se questa ragazza, così com'è, io la guardassi, per dir così, di fuori, ch'essa non mi
appartenesse, e che l'istintivo indistruttibile affetto non mi legasse a lei, questa ragazza non
mi piacerebbe, non la sceglierei, non l'amerei.
Siamo troppo diverse. N o n ci comprendiamo.
Non ci assomigliamo. Apparteniamo a due categorie spirituali diverse.
Perchè è fatta cosi? A chi assomiglia moralmente ? Quale strano e crudele capriccio del destino ha voluto che quell'onest'uomo di mio marito, semplice, franco, attivo, espansivo, un po'
rude, ma così buono !, ed io, abbiamo messo al
m o n d o questa piccola fredda tiranna? Ora tiran-
70
QUI NON SI TROVA!
na, quando crede di riuscire ne' suoi intenti con
la prepotenza (come fa con suo padre) ; ora commediante, come fa, o tenta di fare con m e , sempre. Quante bugie dice quella creatura, nata
da due esseri che non hanno mentito mai!
La tendenza alla menzogna fu uno dei primi
veri dolori che Zizì mi diede. Quello che ho
fatto per correggerla lo sa solo Iddio. C o n
dolcezza, con pazienza, con severità, con preghiere, con minacce. Niente. La bugia fiorisce
dalle sue labbra, dal suo cuore, per generazione spontanea, come la gramigna fra i sassi.
Più si estirpa, più rigogliosa rinasce. Mentisce
per vocazione, per gioco, per istinto invincibile?
È un esercizio della sua imaginazione ? N o n so.
Certo è una cosa che mi ulcera il cuore.
E la sua vanità? N o n ha limiti. Tutte noi
donne, più o meno, siamo vane. È un difetto
del nostro sesso. Ma ci sono sfumature e gradi.
Vana Zizì lo fu subito, fin da piccina. Faceva
scenate per un vestito, per un cappello che
non le piaceva, o per uno che voleva. Da qualche tempo alla vanità per se stessa, dirò così,
si è aggiunta la civetteria. Se n'è accorto perfino suo padre che è cieco per lei. Io ho cercato sempre di negare.... La mia dignità di
madre soffre neh"ammettere questo grave difetto di mia figlia. E nel mio segreto cerco
Parole non pronunciate mai
71
per lei le attenuanti: sarà tendenza naturale,
sarà temperamento, ahimè!...
Ma da certi dati che credo sicuri, essa non è e
non sarà capace di amare veramente e fedelmente un uomo. Le piacciono tutti. Sono il suo
solo pensiero — gli uomini — pur troppo ! N o n
vive più che di flirts. Ma non si attacca, sul serio,
a nessuno. Gigia dice di lei, credendo dire una
bella cosa : " Morto un papa fatto un altro ! „
A chi somiglia dunque? Suo padre fu sempre un casto, io una donna calma e fedele,
non solo per dovere ma per istinto. Anche
questo, mio Dio? La sorveglio, le faccio la
guardia, ripeto quotidiane raccomandazioni alla
sua povera governante, ch'essa fa disperare,
ma che vuole tenere perchè è chic di avere
una istitutrice: e sorveglio anche Gigia, della
quale non mi fido perchè la credo capace di
tenerle di mano.... tanto le è ciecamente devota.
Lo " snobismo „ non è uno degli ultimi difetti che mi affliggano in mia figlia. Ho scoperto che si vergogna di portare un modesto
n o m e borghese. Ad una sua conoscenza, ai
bagni, l'anno scorso, lasciò credere che suo
padre potrebbe portare il titolo di conte. Alle
mie proteste, rise.
Ride, o almeno sorride sempre di m e . Mi
tratta dall'alto in basso. È gentile, rispettosa,
72
QUI NON SI T R O V A !
s'intende, N o n tollererei il contrario. Sono sfumature. Ma è certo che non mi tiene in nessun conto, intellettualmente. Mi giudica troppo
borghese, troppo semplice pei suoi gusti raffinati. " T u non sei moderna, mammina!,, E
sorride del suo sorrisetto crudele, che somiglia
tanto a quello di mia suocera....
C'è qualche cosa di più orribile a questo
mondo, dello stato d'animo registrato spietatamente su questi fogli? N o n lo credo. U n o stato
d'animo contro natura, mostruoso eppure reale,
e immodificabile.... Poter essere il giudice spietato d'una nostra creatura, vedendola qual'è,
tanto lontana dal nostro ideale ! Ah se potesse
piacermi lo stesso, così com'è, con tutti i suoi
difetti dei quali non ha colpa! Povera, povera
creatura! Ha domandato, lei, di venire a questo m o n d o ? Perchè l'abbiamo noi creata per
il nostro piacere fisico e sentimentale? Siamo
noi che le abbiamo trasmesso germi ereditari,
malvagi ed insanabili.... siamo noi (mi accuso anch'io per umiliarmi, per vilipendermi) che non abbiamo saputo educarla, sanarla, perfezionarla....
Cosa darei per poterla rendere come il mio
cuore la vorrebbe! Per stringere fra le mie
braccia la figlia non solo della mia carne ma
della mia anima! C o m e sono sempre disposta
a ricredermi, a pentirmi, a intenerirmi per lei,
Parole non pronunciate mai
73
per la mia Zizì, ogni volta che mi pare, solo
che mi pare, per una sfumatura, per un lembo
di speranza, ch'essa abbia un movimento buono,
un gesto che piaccia a m e , uno slancio che mi
assomigli ! Ma no, ma no, ma no ! Tutto in lei,
tutto di lei mi gela e mi respinge!
Eppure nessuno s'è mai accorto di questo
mio doloroso, torturante segreto. I miei occhi
sono pieni di una perenne fiamma d'amore per
lei, della fiamma che arde idealmente per mia
figlia, per la creatura senza volto e senza nome,
che è nata dalle mie viscere.... e che io amo,
senza guardarla e senza giudicarla, ogni giorno
e ogni minuto, raccomandandola a Dio.... e che
non è Zizì, Letizia, né Maria Letizia, ma mia
figlia.... che sento e che amo, come simbolo,
come immortale aspirazione della mia istintiva
affettività. Passo per una madre tenerissima:
sulle mie labbra non sono che parole d'indulgenza e di difesa, quando parlo di lei, con gli
altri, anche con suo padre, che, pure idolatrandola, ne comincia a vedere i difetti.... Cerco
farle la vita più lieta che sia possibile, colmandola di tenerezze e di doni, se pure tenendola,
fin dove mi riesce, nel cerchio protettore della
mia giusta ed oculata vigilanza.... finché trovi
un marito che sappia (Dio lo voglia!) per un
vero miracolo d'amore esercitare su di lei una
74
QUI NON SI TROVA!
influenza buona e forte.... Cerco con ogni cura
quest'uomo, lo a m o fin d'ora.... lo avvolgo nella
mia preventiva riconoscenza, e fin d'ora lo compiango.... perchè sarà, senza forse, il più disgraziato dei mariti....
Perchè egli riceverà dalle mie oneste mani
di donna, di madre, non già un dono, ma un
castigo di Dio. Pur troppo mia figlia non ha
cuore, è una bambola di carne, un piccolo oggetto di lusso e di capriccio, una di quelle
creature nate per dare altrui l'infelicità.
Stamane quando sono entrata nella sua
camera color di rosa (un nido di principessina delle fate) per offrirle, prima di suo padre
(è una continua affettuosa e gelosa gara fra
di noi) il dono pel suo compleanno, essa stava
vestendosi davanti al suo grande specchio.
N o n è propriamente bella, Zizì, ma la ferma
volontà di esserlo, ed il suo buon gusto, hanno
fatto di lei una ragazza molto carina ed ammirata. Si è fatta una linea sua, un tipetto
bizzarro e piccante, che a me non pare da signorina ammodo.... ma che è moderno ed elegante. Porta la breve fronte scoperta, si tira
tutti i bei capelli bruni sulle guance c o m e un
cappuccetto lucido e si vede della sua faccia
appena una strisciolina. La faccia è la cosa più
coperta ch'essa abbia del suo corpicino!
Parole non pronunciate mai
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Ho avuto il solito stringimento di cuore che
provo quando la vedo come non vorrei vederla:
in un m o d o che mi sconcerta, che mi dà la
strana impressione ch'essa non sia veramente
mia figlia. In una combination di leggerissima
seta rosa, trattenuta da due sottili nastri sulle
spalle, con le gambe quasi nude entro le calze
troppo trasparenti, sugli altissimi tacchi, tutta
dinoccolata e duttile come un piccolo giocattolo di g o m m a .
Ho socchiuso gli occhi, quasi per non vederla.... l'ho baciata in fronte, le ho dato il
piccolo astuccio di pelle bianca. Essa lo ha
preso avidamente, rendendomi di volo il mio
bacio, l'ha aperto e vedendo brillare sul candido raso la bella grossa turchese circondata
da brillanti (un troppo ricco anello per una
ragazza di diciotto anni! ma era il suo desiderio e l'ho contentato) la sua faccia si è un
momento illuminata di gioia infantile. Ha detto:
" Grazie, grazie ! „ con vera sincerità d'accento,
come le succede di rado....
Mi è parsa ancora la mia Zizì piccola, di
quando le pene che mi dava erano più piccole :
l'ho amata tanto in quel momento.... le ho voluto bene come sento che avrei potuto volergliene sempre, indicibilmente, svisceratamente !
Allora l'ho presa fra le braccia, l'ho stretta,
76
QUI NON SI T R O V A !
l'ho coperta di baci, l'ho soffocata di carezze,
bagnandole il volto di lagrime....
— M a m m i n a , che ti prende? Mi fai male, mi
levi la veloutine, mi spettini tutta! — ha gridato, sgusciandomi via dalle mani come una
gattina selvatica. E correndo davanti all'alta
specchiera, si è messa a riacconciarsi, un po'
ridendo, un po' imbronciata, dicendo a m e , che
la guardavo sbigottita, quasi vergognosa del
mio gesto passionale: — E via, mammina, bisogna che tu sia più seria, oramai. Diventiamo
vecchiette! Abbiamo una figlia di diciott'anni!
Io mi sono avviata triste e avvilita. Ho mormorato quasi senza accorgermene : " Povera
m e ! „ E ho veduto dalla soglia della camera
color di rosa, riflessa da un alto specchio, la
figuretta seminuda, che faceva moine e graziette agitando la m a n o ingemmata coi piumino
della cipria fra le dita bianche dalle unghie
troppo rosee....
Ah mio Dio! A chi devo dunque chiedere
perdono di. tutto quello che ho scritto.... che
è quello che penso e sento e che nessuno sa?
Ma se tutto questo è un'orribile sofferenza per
m e , non è già il mio un peccato, ma una crudele
penitenza: e allora nessuna colpa è in me....
Parole non pronunciate mai
77
I dolori che ci vengono dal di fuori sono nulla
in paragone del martirio che ci procurano i
dolori che, come fiori velenosi, hanno radici
nella nostra stessa anima.... Ho riletto queste
pagine scritte con lagrime brucianti negli occhi
e nel cuore. Ora so cosa penso e cosa sento
precisamente. N o n posso più farmi illusioni....
Ci saranno altre madri, al mondo, nelle mie
stesse condizioni? Forse. N o n ci sono casi
isolati, nella vita. Cosa faranno? C o m e agiranno? N o n so. So che il mio dovere è il silenzio, nell'accettazione dolorosa, poiché cambiare le cose non si può. A m a r e i figli non è
un dovere, è un istinto. Per questo, n e m m e n o
le antiche tavole di Mosè lo insegnavano (ricordo bene la Storia Antica). Il grande legislatore ebreo impone ai figli di " onorare il
padre e la madre,,. Ma non impone ai genitori di amare i figli perchè sa che non c'è
bisogno di tale imposizione. È vero. Ma ci
sono dunque diversi modi di amare. Oltre l'istinto, c'è la ragione. Anche le madri amano
necessariamente di più i figli che loro assomigliano spiritualmente, quelli che meglio rispondono al loro legittimo sogno di prolungarsi, perfezionandosi, nell'umanità....
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QUI NON SI TROVA?
Deve essere così....
In fondo, si amano forse solamente e s'intendono fino al profondo le creature che si
assomigliano moralmente. Quando si è sostanzialmente diversi nello spirito, nel carattere,
nel cuore, per uno strano crudele capriccio
della natura, l'omogeneità, la vera simpatia
dell'anima è impossibile.
U n a triste anormalità, un fenomeno m o struoso e raro.... chi sa?
Forse m e n o raro di quanto la storia dell'anima umana, fatta di cose che non si dicono
e di convenzioni che sempre si ripetono, non
registri.
Ora dò alla fiamma del caminetto questi fogli.... Nessuno deve posarvi gli occhi.... Bruciano le mani a me.... come mi hanno bruciato
il cuore, queste parole che il mio labbro non
ha pronunciate mai....
U n a sola cosa devo aggiungere.
Se in questo m o m e n t o sapessi, che c'è qualcuno al m o n d o che vuole fare del male a mia
figlia, e che quell'essere cadesse nelle mie mani,
sento che io, donna mite e pusillanime, che
scansa col piede un insetto per non schiacciarlo, sento che conoscerei una passione che
ignoro: l'odio, e che sarei capace di uccidere!
IL BENEFATTORE.
Il cavalier Amilcare Radice, sui sessantacinque anni, era un ex.... tutto. Ex bell'uomo, ex
garibaldino, ex ispettore ferroviario, ex a m m o gliato. Perchè era vedovo : anzi, molto vedovo.
Aveva avuto tre mogli : ma non amava dirlo.
Il sorriso che questa sua " generalità „ destava
sulle facce altrui, lo seccava: e preferiva tacere.
Ma lo si sapeva lo stesso. Ed il cavalier Amilcare, u o m o retto, integro, austero come è oggi
assai raro d'essere in questo povero mondo,
aveva la riputazione di un donnaiolo, legittimo
sì ma non per questo m e n o impenitente.
Gli amici scherzando lo chiamavano Barbableu, anche s perchè aveva avuta, fino a pochi
anni innanzi, una bella e morbida barba nera,
quasi bluastra, che gli dava, con la sua alta
statura, col suo dignitoso portamento, un
aspetto di mago, di Klingsor benigno e mite....
So
QUI NON SI TROVA?
che aveva il solo difetto di amare immoderatamente il sesso gentile....
— Tre mogli sono un po' troppe — dicevano
i m e n o indulgenti: e si scandolezzavano in perfetta buona fede.
La terza specialmente, impalmata dal cavalier Radice quando egli era sui cinquantacinque, aveva passato il confine della tolleranza
concessa dal prossimo ad ogni peccatore....
E qualche beghina del vicinato aveva susurrato, alla morte della terza signora Radice, che
quello era stato un meritato castigo di Dio all'impenitente libertino.... che aveva sacrificata
una giovane unendola alla sua declinante m a turità.
Ma il bello di tutto ciò (cioè, l'ingiusto : strano,
non è vero? l'eufemismo di questa frase fatta?)
era che il cavalier Radice amava mediocremente
le donne e senza alcun sensualismo, che ne
aveva sposate tre suo malgrado, senza quell'interno fuoco che si suole chiamare " amore „ ;
e ch'egli era nei sentimenti e nelle azioni il
più puro, il più disinteressato degli uomini.
Egli era per vocazione innata un benefattore.
Traeva le maggiori soddisfazioni della vita dai
bene largito altrui. Era forse quello il suo egoismo, come potevano pensare gl'increduli nella
perfezione umana. Ma un egoismo che assume
77 benefattore
81
forma e sostanza di altruismo è, ad ogni modo,
un egoismo superiore.
Dunque Amilcare Radice aveva sempre preso
moglie per pietà e per bontà d'animo. La prima
era povera come Giobbe, graziosa, di una famiglia decaduta che nascondeva dignitosamente
la sua irrimediabile miseria. Si chiamava Ortensia e suonava il pianoforte. Amilcare, allora
in principio di carriera, aveva pochi danari e
una moglie con un po' di dote gli sarebbe stata
utile. Invece sposò Ortensia che sfioriva nell'ombra come il pallido fiore del suo nome.
La gente disse che non era un u o m o pratico,
ma leggero, che nella donna guardava solo il
" bel muso „ e nessuno lo lodò per il suo disinteresse.
Eppoi Ortensia morì.
D o p o pochi anni Amilcare sposò una sua lontana parente e coetanea, non bella, con una discreta dote. Si chiamava Cornelia. Essa medesima gli offrì i suoi melanconici trent'anni che
avevano bisogno di consolazione. E il dabben
u o m o non conosceva altro che un mezzo per
dare alle donne la felicità : sposarsele. E sposò
la matura vergine Cornelia, sua seconda cugina, che non gli piaceva ma che gli faceva
compassione.
Ma passati alcuni anni anch'essa morì. E il
SFINGE, Qui non si trova !
82
QUI NON SI TROVA?
povero Radice fu di nuovo solo nella due volte
vedova casa. La sua carriera avanzava, lo stipendio era aumentato, aveva ereditato la discreta sostanza della moglie, era diventato cavaliere.
Tutte belle cose. Ma egli si sentiva solo e
melanconico perchè aveva la vocazione della
famiglia, il bisogno intimo di render felice qualcheduno.... e la sua agiatezza solitaria gli sembrava un triste deserto.
N o n si decideva però a riammogliarsi.
I maligni avevano detto ch'egli aveva sposata Cornelia per la dote; e poiché ciò non era
vero, egli se ne affliggeva e pensava che, nel
caso di un suo terzo matrimonio, solo una donna
sprovvista di ogni mezzo di fortuna e non bella
avrebbe fatto al caso suo : così la gente non lo
accuserebbe né di leggerezza né di interessato
animo. Perchè l'ottimo u o m o aveva, fra tante
perfezioni, una sola debolezza: dava molta importanza all'opinione della gente. Il " m o n d o „
(ossia quei trenta o quaranta imbecilli o maligni, quella ventina di pettegoli che conosceva)
gli faceva paura. Prendeva sul serio il prossimo e gli pareva di avere verso di esso qualche dovere; credeva che esso avesse il diritto
di giudicare la sua condotta e pensava che è
giusto sacrificarsi a vivere nel m o d o che piac-
Il benefattore
83
eia un poco anche agli altri. Ad una sola cosa
non rinunziava: alla necessità morale di avere
una famiglia. Adorava i bambini, e poiché le
sue due prime mogli non glie ne avevano dati,
a cinquant'anni passati si decise a prenderne
una terza : Zelinda. Questa era una giovane vedovella briosa e intraprendente che rideva con
delle risate lunghe e tremule somiglianti all'annitrire dei cavalli. Il cavalier Amilcare (anzi
adesso era cavaliere ufficiale) era suo vicino
di casa e non aveva, da principio, grande simpatia per lei, che si muoveva troppo, che faceva ciarlare la gente. Ma a poco a poco fu
irretito, al solito, sentimentalmente. Essa versava in cattive condizioni finanziarie, era leggera ma non corrotta, aspirava ad avere dei
bei vestiti. La felicità per lei consisteva in questo.
Perciò mise gli occhi sui suo vicino e lo persuase a poco a poco della sua infelicità, della
sua illibatezza, della malignità dell' invida gente :
lagrimò, si lamentò e.... si fece sposare.
Ma questo terzo matrimonio fu il m e n o felice pel cavaliere ufficiale Radice. Quella donnina annitrente era troppo rumorosa, troppo
irrequieta, troppo m o n d a n a per i suoi gusti. Egli
era sempre stato tranquillo e casalingo; ora
più che mai la casa, le pantofole, la veste da
camera, gli sorridevano dopo l'ufficio.... e nos-
84
QUI NON SI T R O V A !
signore, la mogliettina vivace voleva essere accompagnata " in società „ (ella chiamava pomposamente così le sue conoscenze) e al teatro.
E i desiderati figli non venivano....
Fu quello il periodo m e n o roseo per il povero Amilcare, tanto più che vedeva la disapprovazione sul volto ed anche in qualche discorso de'suoi amici e colleghi....
In quel tempo egli fece anche una inaspettata eredità (di una vecchia sorella avara e
senza figli, cui il marito era premorto) e la gente
non potè perdonargli tanta fortuna in una volta.
Un'eredità.... una moglie giovane ed elegante....
era un po' troppo ! Usciva dall'ombra, diventava
centro di attenzione, scatenava le lingue del
prossimo. Ed egli, invece d'infischiarsene, se
ne affliggeva. Aveva sfidato, da giovane, le
palle austriache.... e aveva paura delle lingue
della gente!
Ma il suo destino volle che anche la gaia
Zelinda, c o m e una farfallina leggera che si brucia le ali, fosse rapita dalla morte.... La morte,
una cosa così grave; Zelinda, una cosina così
frivola, pareva non dovessero andar d'accordo;
eppure.... Quella volta il vedovo fece solenne
giuramento di non prendere moglie mai più.
Aveva sessant'anni. Il suo sogno di avere una
famiglia era inviso alla sorte. " Doveva „ ras-
Il benefattore
85
segnarsi a star solo. Si fece pensionare e si
mise a viaggiare il mondo. Ma ogni volta che
tornava nella sua deserta casa (una bella casa
di cui era il proprietario) si sentiva struggere
dalla solitudine amara. Aveva una vecchia serva
brontolona che lo tiranneggiava. Quella tirannia
era la sua sola dolcezza...,
Passavano gli anni. La bella barba mosaica
era quasi bianca ; ma la sua salute era ancora
buona e l'anima sua, un po' ingenua sempre,
un po' fanciullesca e romantica, era ancora assetata d'idealità....
La sua vecchia perpetua aveva una giovane
parente campagnola, che aveva " fallato „ e che
cercava collocarsi in città, essendo stata ripudiata dalla famiglia. La vecchia propose al padrone di prenderla per qualche tempo, come
aiuto, fintanto che non fosse collocata. Sapeva
cucire bene; avrebbe lavorato perla famiglia.
Il padrone accettò. E fu così insediata in casa
sua la giovane Franchina, che era madre di un
bambino.... senza padre. Franchina non era
bella ed era di malinconico umore. A m a v a ancora il cattivo arnese che l'aveva piantata, scappando in America, e si preoccupava dell'avvenire del suo povero bambino, che, intanto, era
a balia in campagna.
Però ora in casa Radice c'era m e n o monoto-
86
QUI NON SI T R O V A !
nia : invece d'essere in due, erano in tre. Quell'umile dolore taciturno riempiva tuttavia un poco
la deserta casa del vedovo. Il quale aveva pietà
di Franchina, la solita pietà disinteressata e generosa. Ora egli era agiatissimo, aveva una buona
pensione, il mantenere una persona di più non
gli era di nessun peso.... D o v e mandare quella
poveretta? Pur deplorando il suo fallo, la lodava di non aver voluto rinunziare, c o m e tante
sciagurate fanno, al suo bambino; e quel coraggioso amore materno c o m m o v e v a il suo vecchio cuore invano assetato di paternità.
Erano passati parecchi mesi, oramai il piccino
aveva più che l'anno, si trattava di toglierlo
alla nutrice, di riunirlo alla madre che, in verità, non sapeva a quale mestiere darsi che bastasse a mantenere due creature.
Il cavalier Radice disse un giorno alla vecchia fantesca brontolona:
— Voglio vedere il marmocchio di Franchina.
Fatemelo condurre qui.
E quando l'ebbe visto (era un bellissimo
bambino, biondo e azzurro come un angioletto
tradizionale) se ne invaghì siffattamente, che
disse alla madre estasiata:
— Be', Franchina, per adesso tienilo qui. Intanto si penserà al tuo collocamento. Quel cherubino ci farà allegria, che ne abbiamo bisogno.
// benefattore
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Ma nel vicinato e fra le conoscenze del cavalier ufficiale Radice, ispettore ferroviario in
riposo, si levò un formidabile scalpore.
Franchina fu senz'altro giudicata l'amante di
lui; il bimbo (che si chiamava Bruno, lui così
biondo) passò per suo figlio; la vecchia serva
zia fu vilipesa c o m e mezzana. Quelle parti furono distribuite con tale sicurezza che anche
i m e n o malevoli dovevano accettare senza discutere il fatto compiuto.
— Ma è un'indecenza! Quel vecchio matto
vuol farcene vedere di tutti i colori! Tre mogli giovani.... e adesso una concubina e un
figlio bastardo ! Ma la sposi ! Sarà sempre una
cosa mostruosa alla sua età! Ma sarà meglio
dello scandalo attuale.
Così press'a poco si esprimeva l'opinione
pubblica. E il povero Radice si accorgeva di
essere salutato freddamente, d'essere sfuggito
dai suoi antichi amici e conoscenti. U n o dei
più intimi si fece anzi " leader „ dell'unione
della morale offesa e affrontò un giorno per
la strada l'ex ispettore:
— Caro Amilcare, è il destino che mi ti fa
incontrare. Da tanto tempo noi del Biffi andiamo dicendo che uno di noi si deve decidere
a parlarti....
— Oh bella! e di che?
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QUI NON SI TROVA !
— M a , sai, della tua vita privata. C o m e antichi compagni ci crediamo in diritto di dirti
che la tua condotta desta il nostro dolore ed
il nostro biasimo.
— La mia condotta? Ma.... hai voglia di
scherzare? Bada, io non sono molto paziente....
— Allora, scusa; non parlo....
— Ma no, di', di' presto....
— Ma.... quella tua amante che tieni in casa
col figlio! Regolarizza tutto ciò! Alla tua età,
col tuo passato patriottico, uno scandalo non
devi darlo....
— Ma sei pazzo?
— N o , guarda, lo capisco. Quattro mogli
sono troppe. Accidenti! Ti faccio i miei complimenti! Ma meglio una moglie che una concubina....
— Oh, punto e a capo ! È ora di finirla con
queste supposizioni ingiuriose. Sono un galantuomo, e mi duole dovertelo ricordare, proprio a te che dovresti conoscermi. Io non ho
amante né concubina. Delle donne ne ho fin
sopra i capelli. Franchina è una povera ragazza,
parente della mia serva, che ho raccolta col
suo bambino. E un'anima onesta.... a malgrado
del suo fallo. Ho cercato redimerla, togliendola dalla miseria. N o n è bella, non l'ho nemm e n o mai guardata in faccia. Rispetterei la
// benefattore
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sua giovinezza e la sua sventura anche se fossi
giovane. Amori ancillari, no. N o n sono aristocratico.... ma mi piacciono le cose pulite. Eppoi.... ho sessantasette anni. Rispettate tutti
la mia barba bianca. Mi meraviglio di voi!
E piantò l'amico in asso, allontanandosi col
suo passo solenne, con la sua alta statura, con
la sua bella barba fluente che lo faceva rassomigliare alla personificazione del Padre Eterno.
Egli parlando con l'amico aveva detta la sacrosanta verità. E quell'ingiustizia lo umiliava
e lo addolorava. Nulla aveva da rimproverarsi.
La sua coscienza era limpida, la sua condotta
verso Franchina era quella di un generoso benefattore. Ma aveva egli il diritto di esporla
alla calunnia del m o n d o birbaccione e linguacciuto? Pensò, riflettè. E volle ch'ella potesse
dire di vivere veramente del proprio lavoro.
La m a n d ò in una sartoria (sapeva adoperare
l'ago con perizia) a perfezionarsi, l'aiutò a diventare socia della direttrice. Le ridiede così
una coscienza, un'attività, un senso di responsabilità che la riabilitava ai suoi propri occhi.
Il bimbo più che mai restava nell'affettuoso
dominio del suo protettore, che si era attaccato a lui col suo cuore romantico, onesto, assetato per tutta la vita di paternità dell'anima.
Bruno era uno splendore e cresceva intelligente
90
QUI NON SI TROVA!
e studioso, benché vivace e pieno di volontà.
Per fortuna non somigliava né al mascalzone
di suo padre né alla pecorina anima insulsa
della madre....
Amilcare Radice aveva per lui la tenerezza
e l'orgoglio di un nonno. Lo sentiva suo spiritualmente e aveva deciso di legargli, m o rendo, il suo onorato n o m e e la sua sostanza.
Aveva comprato un modesto ma grazioso villino al mare e là passava col piccolo, con una
balia asciutta e con la vecchia domestica tutta
l'estate. Franchina vi passava solo un mese
perchè non poteva lasciare la sua azienda bene
avviata. Era sempre magra, bruttina, poco attraente, ma aveva ritrovata la serenità e benediceva notte e giorno il suo benefattore, che
la trattava con cordialità un po' burbera senza
darle soverchia confidenza. Solo Bruno era
ammesso alla tavola padronale; le tre donne
desinavano insieme in cucina.
Passavano gli anni così. La gran barba fluviale del vecchio garibaldino oramai era tutta
un nevaio, la sua alta statura cominciava un
poco ad incurvarsi. Bruno cresceva come un
giovane alberello di pesco, tutto roseo e ricciuto di lucida piuma d'oro.
Quel tramonto e quell'aurora si attiravano
irresistibilmente e si adoravano. Bruno chia-
// benefattore
9i
m a v a " nonno „ il vecchio senza che nessuno
glie lo avesse insegnato....
Un giorno d'estate stavano tutti e due come
al solito in riva al mare, all'ombra della loro
capanna. Le domestiche erano a casa insieme con
Franchina, giunta il giorno innanzi per passare
lì il suo mese di vacanza.
Bruno costruiva un porto per le sue barche.
Seminudo, dritto, bello, con la carne patinata
dall'ardente bacio del sole, pareva un tritoncello amico dell'acqua e dei cimenti.
Il vecchio, con un libro di ricordi garibaldini aperto sulle ginocchia, lo guardava estasiato, richiamandolo ogni tanto alla prudenza
e al riposo.
All'ombra di una capanna vicina chiacchieravano alcune donne poco coperte dai loro
accappatoi vistosi e procaci. Credevano forse
il vicino assorto nella lettura.... o sordo per
gli anni?
U n a bruna formosa alla quale usciva dall'accappatoio rosso una gamba ben tornita fin
sopra il ginocchio, diceva:
— Lo vedi? Eccolo là. Deve essere stato
un gran bell'uomo!... Ma è rivoltante il libertinaggio a quell'età! Ogni frutto ha la sua
stagione....
L'altra, una bionda ossigenata un po' matura,
92
QUI NON SI TROVA !
col volto dalle intenzioni serafiche, avvolta in
un cadente paludamento celeste che le scopriva molto territorio dal collo alla cintola....
diceva:
— Ieri è arrivata la sua mantenuta, la madre del bambino, di cui il vecchio imbecille si
crede il padre.... Dicono ch'è brutta e che fa
cattiva vita a Milano.... Vogliamo vedere se
ha il coraggio di venire qui alla spiaggia accanto a noi!
La terza, una languida signorina bruna, magra, con gli occhi tinti e un braccialetto alla
caviglia sinistra, sospirò, allungandosi tutta
sulla sabbia, stretta nella sua combination da
bagno, di seta giallo vivo. Aveva visto avvicinarsi il gruppo degli ammiratori, fra i quali
il poetino (così brutto nell'acqua, in verità!...),
che la trovava somigliante ad una giovane
pantera....
Ella disse, sbadigliando:
— N o n sapete? Il vecchio signore ha avute,
prima dell'amante attuale e di chi sa quante
altre, cinque mogli legittime! È un u o m o benemerito, dopo tutto.... E dicono sia molto
ricco....
E lanciò verso di lui un'inutile occhiata lunga
c o m e un'agugliata. Quell'uomo che aveva tanta
disposizione al matrimonio non le era indille-
// benefattore
93
rente, a malgrado dei suoi settantanni, e meditava di sedurlo....
— Vengono i nostri amici —- disse la donna
ammantata di rosso. — Voltiamo le spalle a
quell'uomo immorale ed al suo marmocchio;
non bisogna comprometterci.... — E cercò, aggiustandosi sulla chaise-longue, di mettere in
evidenza i frammenti migliori della sua propria.... storia naturale....
Eppoi si udì un piccolo concerto di risate,
di griducci, di alte voci maschili e femminili,
che parevano uscenti da un serraglio di beivette in calore....
Amilcare Radice aveva tutto udito. Taceva
e guardava il mare infinito, tranquillo, un po'
velato di bruma, fuso col cielo in una linea
quasi indistinta.... Poche vele lontane, qua e là,
c o m e farfalline bianche sul pallidissimo azzurro.
E l'acqua che aveva, di lontano, un suo colore
opalino ed opaco, era da vicino, sulla spiaggia,
intorno ai piedi nudi di Bruno e prossima ai
suoi, così limpida, così incolore, così innocente,
che metteva voglia di berla. Le onde piccoline,
con un lievissimo sciacquìo, lasciavano sulla
sabbia di velluto le impronte semicircolari del
loro passaggio. L'aria era pura, odorosa di
pesce fresco e così salata che insaporava le
labbra....
94
QUI NON SI TROVA!
Si avvicinava l'ora della colazione, ma il
vecchio non se ne accorgeva. Bruno gli si accostò e disse:
— Nonno, ho fame.
Ma s'interruppe, e cacciandosi tra i suoi ginocchi, chiese tra affettuoso e timoroso:
— Nonno.... piangi?
Il vecchio si scosse, strinse il piccolo tra le
braccia, gli sorrise....
Il piccino insisteva:
— Perchè, perchè?
Il vecchio disse:
— Sai, pensavo tra me una brutta cosa....
— Cosa, nonno?
— Che il m o n d o sarebbe tanto bello se non
ci fossero gli uomini.... né le donne....
— E n e m m e n o i bambini? — chiese Bruno
preoccupato.
— Andiamo, piccolo, è l'ora della colazione.
E il nonno si alzò.
Tutti i problemi di questo m o n d o si risolvono press'a poco così: cambiando discorso....
LA SPOSA DEL GRAND'UOMO
Dire la verità. Così, come se fosse cosa da
nulla! Ma queste tre semplici parole sono, o
meglio, sarebbero, una intera rivoluzione. Dire
la verità è un lusso, è il lusso supremo della
vita. Possono dire il vero solo i grandi ed i
forti, a questo m o n d o : coloro che s'infischiano
dell'universo, che non hanno paura di nessuno e di nessuna cosa e che possono procurarsi regalmente la gioia di far piacere solo
a se stessi.
Noialtri mediocri e bisognosi di pane, dobbiamo chinare il capo ed accettare la legge
meschina del nostro tornaconto.
Faccio 11 giornalista da poco, ho venticinque
anni, n e m m e n o un soldo, e aspiro a farmi
strada nella vita. N o n sono un apostolo e ho
tanto desiderio di un po' di benessere materiale! Le mie illusioni sul mio ingegno artistico
96
QUI NON SI TROVA !
sono quasi sfumate o le tengo nascoste in un
angolo oscuro della mia segreta coscienza. Ma
credo nel mio talento giornalistico, vivace,
estemporaneo, brillante, che piace al pubblico
e lo diverte. Ho avuto la fortuna d'entrare in
un grande giornale, sogno dorato di tutti noi.
Per ora faccio la parte di generico, della bonne
à tout faire. Supplisco gli assenti, vado dove
gli altri non vogliono andare, faccio quello
che i colleghi " già arrivati „ non si degnano
di fare più. Distraggo, diverto, interrompo la
monotonia degli articoli seri (o che dovrebbero
esserlo), faccio morire lo sbadiglio del lettore
in un sorriso.... Sono lo spiritello bizzarro del
giornale, il Puck simpatico della brigata.... Ma
sempre, s'intende, intonandomi, c o m e uno strumento di buona marca, col resto dell'orchestra. Ho il fiuto: sono un bracco istintivo: ho
cioè il senso dell'opportunità, di quello che
piace al pubblico e che fa vendere il giornale.
Il segreto sta tutto qui. La nostra è una
industria, non è un apostolato. Tale malinteso è
quello che fa scagliare addosso ai giornali, qualche volta, i fulmini dei moralisti o degli idealisti..., che sono un poco una categoria di sopravvissuti, di bestie rare da impagliarsi e da esporsi
negli scaffali di qualche m u s e o antropologico.
Dunque dicevo che il nostro gaio mestiere
La sposa del grand'uomo
97
è quello di mentire.... senza, naturalmente, che
il buon pubblico se ne accorga. L'abilità sta
qui. C h e mi fate celia? Il pubblico deve credere d'essere scrupolosamente informato sopra
un avvenimento qualsiasi; ma poiché esso sarebbe poi deluso, scontento, imbronciato, se,
puta caso, un dato avvenimento non gli garbasse, così è necessario ch'esso creda d'imparare la nuda verità e non gli si racconti invece, altro che ciò che gli fa piacere d'ascoltare
e di sapere. La nostra industria è questa, lo
ripeto : noi dobbiamo vivere come deve vivere
un altro onesto industriale qualsiasi che cerca
di armonizzare i suoi prodotti e le sue merci
col gusto del pubblico " che le consuma „. E
vi meravigliate del giornalismo? Ma forse che
la così detta arte, in gran parte, non si serve
della stessa ricetta? Tre quarti degli scrittori
non iscrivono già, credete a m e , per impulso
dell'anima, per convinzione mentale, per piacere a se stessi, insomma. No. Scrivono.... per
vivere. E allora, se devono vivere dell'opera
loro, bisogna che tale opera vada, abbia smercio, incontri il favore del pubblico. E nasce,
così, l'arte industriale. D u e parole che fanno
ai calci e che farebbero inorridire l'esiguo
drappello degli uomini impagliati cui ho sopra
accennato.... Ma non importa; è così. Dunque
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1
7
98
QUI NON SI TROVA !
nessuno, m e n o rarissime eccezioni, scrive quello
che sente, ma quello che spera sia sentito ed
apprezzato dalla massa, eh'è ancora grossolana e primitiva e che vuole comprendere tutto
quello che le si dà d'innanzi, al teatro e nel
libro, così come vuole gustare tutto quello che
le si presenta a tavola.
Commedie, romanzi, novelle, versi (non li
nomino " poesia „.... perchè la parola sarebbe
eccessivamente inesatta) sono fatti " su misura „ del gusto del pubblico. " Piacerà, non
piacerà, si venderà, non si venderà „ : queste
sono le preoccupazioni non solo degli editori,
dei capicomici.... m a , Dio loro perdoni, degli
autori stessi. La piccolissima minoranza non
conta, la grande maggioranza è così. Figuriamoci un po' cosa debba e possa essere il giornalismo! (rarissime eccezioni date anche qui).
Un " raid „ permanente di chi primo arrivi,
più diverta e più aiuti lo smercio. Dunque bisogna assolutamente intascare l'ideale e recitargli il De profundis....
Ahimè !... quante parole per una innocua
bugia narrata al pubblico ieri ! Ma questo sfogo
con me stesso mi farà bene, mi ridarà un po'
di quella stima di me medesimo che talvolta
mi pare di dover perdere inesorabilmente ; sono
ancora novellino....
La sposa del grand*uomo
99
L'ho detto ? La mia specialità sono le " interviste „. Io intervisto tutti, tutti, cioè, coloro che
possono interessare alla folla. Grandi uomini,
donne celebri, autori di atti filantropici.... o di
azioni criminali, ballerine, predicatori, uomini
politici in rialzo, aviatori caduti e feriti, domestici di uomini illustri, balie di principini,
segretari di miliardari.... E l'elenco potrebbe
continuare.
Ieri la categoria fu arricchita di un " numero „ inedito. Intervistai la fidanzata di un
grand'uomo. Di un grand'uomo di attualità,
s'intende, perchè nel giornalismo la grandezza
di un individuo sta.... nella sua attualità. L'attimo che passa, che si arresta per cinque minuti e dà il fremito del nuovo, dell'inedito,
che desta il brivido della curiosità. L'uomo
moderno è curioso, curiosissimo, spasmodicamente curioso, ma in m o d o superficiale, volubile, effimero, immemore. Niente Io interessa
a lungo, ha bisogno di sempre rinnovate emozioni. Capire questo, secondare questa tendenza
è l'abilità del nostro mestiere. Il nostro u o m o
illustre, che più desta la curiosità del pubblico
in questo momento, è Lucio Vismara, s'intende.
I suoi grandi successi di Parigi hanno lusingato l'amor proprio nazionale. E di moda. N o n
si parla, non si scrive che di lui. Egli ha gua-
IOO
QUI NON SI TROVA?
dagnato tesori, i suoi drammi si danno duecento sere di seguito a Parigi e..», venti in
Italia; dei suoi versi che più nessuno leggeva,
adesso si fanno edizioni ripetute.
Ha comprata una villa in riviera, ha un'automobile magnifica, ha cani, lacchè, un segretario, delle celebri amanti.... e la sua splendida
maturità gode veramente gli onori del trionfo
morale e materiale. Quindi, in questo m o m e n t o ,
l'annunzio del suo matrimonio e la fioritura
delle leggende che lo accompagnano, sono
materia della più fremente, della più palpitante
attualità. I giornali italiani ed esteri raccontano il gentile idillio dell'uomo illustre press'a
poco così:
" Si compie finalmente il voto del cuore del
" poeta. Egli sta per condurre all' altare la
" dolce fanciulla sua compaesana che da dieci
" anni e più lo attende fiduciosa e fedele. La
" tempestosa vita errante del grande fidanzato
" non l'ha mai scoraggiata. Ogni volta ch'egli
" ritornava, c o m e il fìgliuol prodigo, alla sua
" casa lontana, il dolce sorriso della creatura
" paziente e devota lo accoglieva, senza rim" prò veri, e senza timori. Quando il " m o n d o
" non credeva in lui, ella in lui credeva; quando
" l'oltraggio, l'invidia, la calunnia insozzavano
" la nascente gloria di lui, ella purificava tutto
La sposa del grand'uomo
101
" con la sua fede incrollabile; povero, lontano,
" guerreggiante contro tutto e contro tutti,
" ella lo amava e pregava per lui ; ha assistito
" all'alba della sua fortuna, senza jattanza; ha
" perdonato (perchè una donna non ignora mai
" certe cose) le scorribande del forte soldato
"della vita nei campi delle impure passioni....
" accoglie ora il pentito e pur fedele glorioso
" sposo col soave sorriso commosso, col gesto
" che benedice! „.
Sentivo in questa figura di fanciulla un po'
di parentela con una creatura dell'arte che
adoro: con la bionda Solvieg del meravigliosamente bello e possente p o e m a ibseniano,
Peer Gynt.
Nel mio desiderio d'intervistare la signorina
Tania (un po' nordico il nome, è vero?) c'era
anche un poco d'idealità, un poco di piacere
personale, " mio „, non solo il mestiere dell'intervistatore oramai noto.
Partii dunque l'altro giorno alla volta del
piccolo paese in cui Tania, immortalata da Lui
in tante liriche deliziose, in dediche, in una
gentilissima figura femminile dell'opera sua, è
nata e vissuta e in cui fra pochi giorni avverranno le nozze.
La villetta tutta fiorita di vecchie glicinie
centenarie che l'abbracciano in una immensa
toa
QUI NON si T R O V A !
carezza lilla, vigilata da un alto cipresseto, mi
attirava con la sua suggestiva notorietà artistica.... e mi batteva veramente un poco il cuore
quando il vetturino mi disse, percorrendo la
via maestra lunga e bianca che corre tra due
verdi fratte, che stavamo per giungere alla
" vigna „ del signor Sarti.
Il n o m e prosaico non mi scoraggiò. Ad un
tratto il vecchio cavallo arrembato si fermò. Io
non compresi perchè ed il vetturino fece:
— Ci siamo.
— Dove? — chiesi io trasognato. Stavo mentalmente componendo la mia prosa,...
— Ci siamo, le dico. Questa è la villa che
lei cerca.
Ma no I N o n era possibile.... non era " quello „
il paesaggio ch'io conoscevo, la casa che mi
pareva aver veduta, il nido della colomba, la
cornice della dolce Tania ! Il mio m o n d o mi si
capovolgeva, ero completamente disorientato.
Eravamo giunti ad una specie di fattoria che
aveva dietro la casa colonica e davanti un accenno di giardino con poche aiuole magre e
radi alberi ai fianchi. Nessun cipresso. Alcuni
pioppi aguzzi da un lato avrebbero forse potuto, di notte, da un cattivo conoscitore di
piante, essere scambiati per cipressi.... Questo
il Cipresseto, caro agli ammiratori del Poeta?
La sposa del grand'uomo
io3
Su per la facciata della massiccia casa, chiara,
con persiane verdi dipinte di fresco, si arrampica una glicinia senza grappoli, quasi sfogliata,
vecchia tutt'al più di vent'anni (le mie origini
sono agresti e sono buon conoscitore di flora
e di fauna).
La mia delusione mi rendeva muto e impacciato.... Un cane ringhioso (è il celebre Pilade,
che in una lirica alata del Maestro ha una
parte così deliziosamente " umana „ ?) mi aggredì. Dovetti blandirlo con la voce e coi cenni
mentre suonavo il campanello alla piccola cancellata. Uscì dalla casa e s'avanzò verso di me
una donna giovane e robusta, non grassa ma
solida, dal passo pesante, con una bella e dura
faccia bruna, semplicemente pettinata, vestita
c o m e una fattoressa, di un abito di lana scura,
quasi interamente ricoperto da un grembialone
turchino, guarnito da ricami a colori vivaci. I
piedi grandi, poco finemente calzati; le mani
belle ma non signorili. Chi era? Perchè l'osservavo io così?... Tania? No!... Eppure....
— Chi cerca? — mi chiese essa prima d'aprirmi, con una voce non brutta ma aspra. E
avanti che avessi il tempo di rispondere.... essa
si abbattè irata sul cane, cacciandolo col gesto
della m a n o e del piede, gridando:
— Via, via, brutta bestiaccia!
!04
QUI NON :;,! T R O V A
Io dissi timidamente:
Sono un giornalista, ho l'onore di cono
scere personalmente Lucio Vismara e vorrei
avere una breve intervista con la sua fidai 1
zata....
— Sono io, — essa disse seccamente, sorridendo appena un poco. •-— N o n saprei veramente in che cosa.... Però, si accomodi pure.
Mi precedette. Il cane ci seguiva, ed ella
continuava a scacciarlo e a vilipenderlo invano.
Dio del cielo! Tania e Pilade! L'indimenticabile gruppo della fanciulla che adora il suo bel
cane fedele, che gli racconta le sue pene d'amore, che gli accarezza il capo.... mentre egli
si volge a leccarle la piccola m a n o !
lo ero interdetto, triste, veramente triste,
di trovare tutte le cose così diverse dalla mia
aspettazione, triste proprio per conto mio....
che in quel m o m e n t o m'infischiavo del pubblico e avevo dimenticato il mio mestiere. Mi
pareva d'essere derubato di qualcosa che mi
appartenesse e mi piacesse.... e avrei voluto
essere cento miglia di là. C o m e "a thing of
beauty is a joy for ever „ così una impressione
disaggradevole che ci deluda e ci frustri di un
po' d'ideale, è un piccolo supplizio, il cui ricordo si appiccica all'anima nostra c o m e un
cataplasma....
La sposa del grand'uomo
io5
Eravamo entrati in una stanza al pianterreno, a destra della loggetta d'entrata: il salotto della villa. Un mobilio borghese, solido,
secondo la m o d a di quarant'anni fa: un certo
lusso, assenza assoluta d'ogni eleganza, ninnoli
ridicoli ed ingenui. Il tutto pulito, lustro, custodito con amorosa cura. Un po' di odore di
petrolio, lasciato dalla pulitura del piancito,
secondo l'uso provinciale.
La signorina mi fece prender posto sul monumentale divano di " reps „ verde, poi si assentò un m o m e n t o per far chiamare la madre
e, supposi, per far portare un " rinfresco „.
Indi venne a sedersi accanto a m e .
lo ero, ripeto, così disorientato, che non
trovavo le parole. Quella che sedeva alla mia
destra non era la Tania del poeta, la cono
scenza ormai antica e eara.... No, era una
estranea, una creatura a me ignota, la cui sorte
non m'importava affatto.... Che direbbe, per
esempio, un devoto ammiratore di Giosuè Carducci, vedendo la " bionda Maria „ dell' " Idillio
maremmano,, trasformata in una vecchia m e gera arcigna? L'identità fra le due creature
per lui sarebbe impossibile.... Così era per
m e , a malgrado della fiorente giovinezza e
della innegabile bellezza della donna che mi
stava allato.
TOÓ
QUI NON SI TROVA !
Dissi finalmente:
— Mi può dire, signorina, da quando data
il suo fidanzamento col Maestro? C o m e si sono
conosciuti? Comprenderà, anche la vita privata
dei grandi uomini appartiene un poco al pubblico.... e Tania è nota e cara da un pezzo a
tutti gl'italiani....
Ella sorrise appena. Il sorriso raddolcisce la
sua faccia austera, la fronte cocciuta, il mento
volontario. Gli occhi neri, grandi e veramente
magnifici non le sorridono mai. Sono cupi e
" paiono „ pieni di pensiero. Invece, c o m e potei
persuadermi, non sono che una maschera tragica che ricopre.... un vuoto perfetto.
Essa disse:
— Ci conosciamo da vent'anni. Io ne avevo
dieci, allora, e lui venti, I suoi genitori avevano una villa qui accanto. Egli, più tardi, con»
s u m ò tutto il suo.
— Ma ora lo ha rifatto magnificamente! —
dissi io. — Ora è ricco e si dice voglia ricomprare l'antica villa dei suoi parenti.
— N o , non credo. Lucio farebbe una sciocchezza. I proprietari, ricchi, lo "strozzerebbero „. Da queste parti ne abbiamo abbastanza
della mia casa. Io sono figlia unica.
Essa gonfiò il collo dicendo così, col piccolo
orgoglio borghese di proprietaria solidamente
La sposa del grand*uomo
107
agiata, e mi parve che il suo volto brillasse di
una fuggevole luce di soddisfazione, come non
aveva brillato pronunciando il n o m e del grande
poeta che sarà suo marito.
Io dissi:
— Eppoi! N o n ha esaurite le risposte alle
domande che mi sono permesso rivolgerle, signorina.
— Ma.... cosa debbo dirle? Egli fu il primo
u o m o che conobbi e che mi trattò da giovinetta quando gli altri mi consideravano ancora
una bambina. Faceva delle poesie per me.... ma
quelle non le capivo. Mi portava sempre dei bei
regali e quelli mi piacevano molto.
Sorrise ancora. Eppoi si rabbuiò subito nella
sua espressione consueta.
Io continuai imperterrito :
— E.... Le è sempre stato fedele col cuore,
non è vero?
— Oh cosa vuole mai che gli uomini siano
fedeli di lontano, se non lo sono n e m m e n o da
vicino? N o n ci pensavo e non me ne affliggevo
pùnto. Se faceva male, il danno era suo. Del
resto non eravamo mica legati da nessuna
promessa! Io non sono molto malleabile, sa?
N o n avrei mai perdonato a chi mi avesse promesso e poi mancato di parola. Lucio mi diceva, quando mi vedeva e mi scriveva ogni
ro8
QUI
NON ST T R O V A !
tanto, che mi voleva bene e che un giorno, se
avesse preso moglie, e io fossi stata libera,
avrebbe scelto me...,
E lei?
— Io? Lo lasciavo dire. E se in tutti questi anni mi fosse capitato un partito conveniente, mi sarei considerata libera di accettarlo.
Ecco.
Vedevo in lei una sola preoccupazione: quella
di difendere la sua donnesca vanità, di non
passare cioè per vittima. N e m m e n o il più lontano sospetto, in quell'anima piccina e arida,
della meravigliosa aureola ch'ella si toglieva
dalla fronte con le sue stesse mani, credendo
salvare la sua dignità femminile, offesa forse,
secondo lei, dal lungo purgatorio di aspettazione inflittole dal fidanzato un tempo i m m e m o r e
e vagabondo....
Volli assicurarmi dell'esattezza del mio in
tuito psicologico, e le dissi:
— Oh, signorina, con la sua bellezza e con
la sua virtù Ella deve avere avuto molte pròposte di matrimonio.... certo tutte scartate da
Lei per serbar fede al Lontano.... benché ora
non voglia confessarlo!
— Diverse proposte, sì, certo, — ella disse
gonfiando ancora il collo e gettando un poco
il capo all'indietro — ma non sempre le prò-
La sposa del grand'uomo
109
pòste sono accettabili. Io sono di difficile contentatura e i miei genitori lo sono più di m e .
A casa mia sto molto bene, sa?, sono la padrona.... e prima di rompermi il collo ci avrei
pensato due volte: grazie a Dio sono una testa quadra!
Innanzi al mio giudizio ella si demoliva a
grado a grado. Ma non se ne rendeva conto,
anzi credeva di erigere un piedestallo alla
sua personalità pratica, alla sua " testa quadra „....
Le chiesi se amasse i fiori, ricordando una
celebre lirica di Lui, ed ella mi rispose:
— Ho poco tempo di occuparmene: bado
piuttosto all'orto. Abbiamo un orto modello. I
nostri legumi e le nòstre frutta sono i migliori
del circondario. Di fiori si può anche farne a
meno.
Entrarono allora i suoi genitori. Il padre,
un alto e grosso omaccione rubicondo, dalla
faccia ilare e simpatica. Mi parve soddisfatto
di diventare il suocero di un u o m o celebre....
che darà a sua figlia uria buona posizione economica. Diceva:
— N o n c'è solo fumo, sa? C'è anche dell'arrosto, del buon arrosto! L'automobile, il
meccanico, i cani gli costano molto.... ina ha
anche della bella rendita pubblica
sa? Rende
no
QUI NON SI TROVA!
pochino, non c o m e la nostra terra e le nostre
stalle, ma è sicura, non ci piove sopra. C o n
un paio di forbici, trac, trac (faceva con le dita
l'atto di tagliare i coupons) si produce tant'oro !
E punteggiava con una risata tutte le sue
frasi. N o n ho mai udito un u o m o ridere tanto
e così di gusto! Ma cosa c'era poi da ridere
in quello che diceva? A parer mio, nulla. Eppure la vena della sua ilarità era sincera, pronta,
inesauribile. Si divertiva forse al suono stesso
delle sue parole, o era una specie di tic nervoso? N o n lo so. Certo se egli avesse assistito
allo spettacolo più comico, più buffo del m o n d o ,
non avrebbe potuto ridere più cordialmente;
ed il suo riso così irresistibile, per quanto
ebete, era terribilmente contagioso. Ero costretto
a ridere anch'io, senza averne voglia....
La moglie, bella vecchia (la figlia con trentanni di più), doveva ^essere un' arpia di avarizia e una maniaca dell'ordine casalingo. L e v ò
con un colpetto secco un po' di polvere sulla
manica del marito, lisciò le pieghe del grembiale di sua figlia e mise in ordine geometrico
alcuni ninnoli che erano sul tavolino rotondo
e alto davanti al divano : quando portarono il
caffè nero, volle mescere ella stessa, e mesceva adagio, quasi le rincrescesse riempire le
tazze.,.. Si lagnava del prezzo della roba, si
La sposa del grand'uomo
£11
scandalizzò ch'io avessi presa una vettura senza
fare contratto, e quando le dissi che avevo rimorso di prenderle un poco del suo tempo,
mi disse con candore:
— Ah, si rassicuri ! oggi ho un po' di tempo
perchè non è giorno di bucato. Quando c'è il
bucato in giro non darei udienza n e m m e n o al
re, se venisse.
Suo marito, figuriamoci, rise, e risi anch'io.
Poi dissi:
— N e m m e n o se venisse il suo illustre genero, l'uomo che tutto il m o n d o oramai sarebbe
onorato di poter avvicinare per cinque minuti
almeno ?
Ella quasi s'indignò:
— N o n ci mancherebbe altro ! Coi parenti non
si devono fare cerimonie. L'ho conosciuto che
era un ragazzetto, un caposcarico, un poco di
buono, diciamo la verità ! Adesso ha messo giudizio, si è fatto onore, si è arricchito e ha fatto
bene. Ma a me non ne impone davvero!
E anch'essa gonfiò il collo grinzoso buttando
un po' indietro il capo, in un atto che più che
mai la fece somigliante alla figlia.
— Gaetanina, — disse l'uomo che rideva, —
portami la mia pipa.
— Gaetanina! •— dissi io interdetto.
-- Ah già! — rispose il padre, dopo aver
112
QUI NON SI T R O V A !
riso fino a procurarsi un accesso di tosse, -—
lei si meraviglia del nome.... ma che vuole? a
me quel " Tania „ non piace, non dice nulla.
Noi l'abbiamo sempre chiamata col suo n o m e
la nostra figliuola e quel nuovo battesimo non
ci persuade....
— Che begli originali sono-gli scrittori! —
fece la madre crollando il capo. — Ma Lucio
ha avuto finalmente una buona idea: quella di
scegliersi una moglie con la testa fra le orecchie. Si mette in buone mani, glie Io dico io.
C o n questa ragazza qui non si scherza. Lo farà
filare dritto. Terrà le chiavi dello scrigno ed
i conti di cassa. Sarà un maggiordomo perfetto,
ma un maggiordomo con la bacchetta del com a n d o ! Questa testolina qui è difficile farla
obbedire! Ma per fortuna sa dirigersi da sé!
Mi volsi a guardarla.... Aveva veramente tutti
i caratteri del temperamento a volontà di ferro.
Solida, robusta, le mandibole risentite, il mento
bello ma un po' sporgente e arrogante. Doveva
avere" uno stomaco di struzzo, una matrice
calma, una intelligenza meschina, una scarsità
assoluta di sentimento, una quadratura matematica nelle piccole e immutabili idee di donnaccola volgare e presuntuosa. Su tutto questo, due occhi magnifici, cupi, dall'espressione
ostile.... forse un mistero.... forse nulla; un pit-
La
sposa
del
grand'uomo
il
3
torico contrasto di sclerotiche bianche, di pupille scure, di ciglia fosche sottolineate da na-"
turale bistro azzurrognolo....
Mi sentivo soffocare. Presi congedò. La mia
tensione nervosa era al colmo. Avevo bisogno
di scaricarla in qualche modo, su qualcuno....
Su chi?
I miei saluti furono secchi e rapidi. Quelle
due donne mi erano insopportabilmente antipatiche, ancor più dell'inutile inopportuno eppure contagioso riso di quell'imbecille di genitore dalla bella aperta faccia sbarbata color
di rosa e fresca come quella di un lattante....
— Perchè poi — mi domandavo — quel m e raviglioso intelletto, se pur non si possa dire
quell'anima grande, di Lucio Vismara, fra
tutte le donne che sono al m o n d o abbia scelta
per compagna della seconda metà della sua
vita, costei, io non so davvero comprenderlo!
La vede egli qual'è ? O perchè, allora, non ha
presa una house-keeper da mandarsi via se non
lo serve a dovere? O la vede egli quale la descrive? E allora quale delusione gli è riservata
per quando si risveglierà.... Tania, la sua Tania,
la nostra Tania.... non è questa, ahimè! Che
cosa a m a egli in costei? L'abitudine, la nostalgia della sua adolescenza lo tengono fedele
al ricordo lontano, forse.... Forse il bisogno di
S F I N G E Qui non si trova !
8
H4
^UI
N01<1 S I
TROVA!
essere fedeli a qualche cosa al mondo.... Ma
poco dopo mi diedi dell'asino. U n a Tania esiste.
Che importa se non è questa? Le belle, le
buone, le migliori cose della vita, siamo noi
che le facciamo col nostro desiderio, con la
nostra volontà, col genio dei nostri poeti! La
vita, gli uomini, le cose tutte per se stesse, non
sono mai né belle né brutte....
E la mia intervista con Tania e i suoi " cari
genitori „ è uscita starnane.* U n a spudorata menzogna che ha avuto un clamoroso successo.
Se avessi detta la verità.... povero m e , ero
liquidato!
La verità si dice solo quando nessuno ci
ascolta....
ANIME IN MASCHERA.
C'è qualcuno che abbia mai pensato allo stato
d'animo drammatico che può determinarsi in
una creatura umana, specialmente in una donna,
per il dissidio fra il suo spirito e la sua forma
esteriore? Perchè, non è vero che si abbia
sempre l'anima del proprio corpo, o.... viceversa. Quando la sconcordanza esiste, succedono accomodamenti provvidi, transazioni con
la verità, modi vivendi, rassegnazioni necessarie: e pietose bugie si stendono come veli
d'ombra amica e strati di balsamo sulle ferite
inferte dalla natura.
Ma più crudele ancora della natura è il nostro prossimo che si diletta di tali dissidi,
quando se ne accorge e coglie il lato comico
di certi casi senza avvedersi che possono avere
un lato tragico gelosamente nascosto.
Avete mai pensato al doloroso contrasto, in
n6
QUI NON SI TROVA!
un uomo, che abbia l'animo forte ed un fisico
debole? Ad un reggitore di popoli, ad un guerriero piccolo e deforme? Alla pancia e alla
bruttezza di un poeta sentimentale? Alla bellezza provocante di una monaca sinceramente
pia e distaccata dalle idee terrene? Tutti drammi
intimi tutt'altro che lievi.
Si narra qui di una donna, di una signora,
vittima veramente e profondamente della irrimediabile disannonia fra il suo corpo e la sua
anima. Ebbe essa in sorte, nascendo, una psiche delicata, sensibilissima, complicata, affettiva, dotata di viva imaginazione, aperta a tutte
le più varie e ricche fioriture della tenerezza
e della bellezza. Aveva insomma, per dir così,
una sentimentale anima bionda, tutta fatta di
delicatezze intime e di soavi bellezze segrete,
per la gioia e l'incanto di chi avesse saputo
scoprirle e raccoglierle con intuizione d'amore.
Ma la sua vita fu tutta un nodo di mistero,
tutta una guerra con se stessa, per nascondere altrui la sua verità, per non rivelarsi mai.
Le fu imposto di portare una maschera, di avere
un volto che non era il suo, le fu imposto
d'essere non veramente lei.... ma quella che il
m o n d o vedeva.
Cosa videro dunque i poco perspicaci occhi
che la guardarono?
Anime in maschera
117
Fino da piccina, in casa sua, nella numerosa
figliuolanza dei suoi parenti, ricchi e felici, fu
la bambina sana e bella, forte e normale, che
si ama, sì, ma che non si predilige, perchè non
ha bisogno di cure. U n a pianticella gagliarda
e dritta che il giardiniere lascia crescere da
sé, senza occuparsene troppo.
Era alta, fiorente, bruna, con grappoli di ricci
neri al vento, occhi stellanti e fieri, di quelli
che guardano in faccia lealmente e candidamente.... e passano per occhi arditi ed orgogliosi. A v e v a un perfetto profilo, una dentatura splendente, le sopracciglie dritte, presso
a congiungersi, in una linea un po' dura, sulla
bella fronte breve, che portava tutta scoperta
e sulla quale i capelli disegnavano alcune punte
capricciose.
Fino da piccina il suo aspetto fece fraintendere dalla gente il suo carattere. L'apparenza
la fece giudicare c o m e un animaletto protervo
che bisognava tenere in freno. Era forte, sana,
vigorosa, vivace : chi si occupava della piccola
anima sua?
— N o n essere prepotente coi tuoi fratellini,
con le sorelline. Sii condiscendente. N o n vedi
c o m e sei grande? Loro sono più deboli. Tocca
a te d'esser buona!... — le diceva la m a m m a .
" Essere buona „ voleva dire rinunziare a
n6
QUI NON SI TROVA!
un u o m o , che abbia l'animo forte ed un fisico
debole? Ad un reggitore di popoli, ad un guerriero piccolo e deforme? Alla pancia e alla
bruttezza di un poeta sentimentale? Alla bellezza provocante di una monaca sinceramente
pia e distaccata dalle idee terrene? Tutti drammi
intimi tutt'altro che lievi.
Si narra qui di una donna, di una signora,
vittima veramente e profondamente della irrimediabile disarmonia fra il suo corpo e la sua
anima. Ebbe essa in sorte, nascendo, una psiche delicata, sensibilissima, complicata, affettiva, dotata di viva imaginazione, aperta a tutte
le più varie e ricche fioriture della tenerezza
e della bellezza. Aveva insomma, per dir così,
una sentimentale anima bionda, tutta fatta di
delicatezze intime e di soavi bellezze segrete,
per la gioia e l'incanto di chi avesse saputo
scoprirle e raccoglierle con intuizione d'amore.
Ma la sua vita fu tutta un nodo di mistero,
tutta una guerra con se stessa, per nascondere altrui la sua verità, per non rivelarsi mai.
Le fu imposto di portare una maschera, di avere
un volto che non era il suo, le fu imposto
d'essere non veramente lei.... ma quella che il
m o n d o vedeva.
Cosa videro dunque i poco perspicaci occhi
che la guardarono?
Anime in maschera
il7
Fino da piccina, in casa sua, nella numerosa
figliuolanza dei suoi parenti, ricchi e felici, fu
la bambina sana e bella, forte e normale, che
si ama, sì, ma che non si predilige, perchè non
ha bisogno di cure. U n a pianticella gagliarda
e dritta che il giardiniere lascia crescere da
sé, senza occuparsene troppo.
Era alta, fiorente, bruna, con grappoli di ricci
neri al vento, occhi stellanti e fieri, di quelli
che guardano in faccia lealmente e candidamente.... e passano per occhi arditi ed orgogliosi. Aveva un perfetto profilo, una dentatura splendente, le sopracciglie dritte, presso
a congiungersi, in una linea un po' dura, sulla
bella fronte breve, che portava tutta scoperta
e sulla quale i capelli disegnavano alcune punte
capricciose.
Fino da piccina il suo aspetto fece fraintendere dalla gente il suo carattere. L'apparenza
la fece giudicare c o m e un animaletto protervo
che bisognava tenere in freno. Era forte, sana,
vigorosa, vivace : chi si occupava della piccola
anima sua?
— N o n essere prepotente coi tuoi fratellini,
con le sorelline. Sii condiscendente. N o n vedi
c o m e sei grande? Loro sono più deboli. Tocca
a te d'esser buona!... — le diceva la m a m m a .
" Essere buona „ voleva dire rinunziare a
n8
QUI NON SI TROVA!
tutto quello che le piaceva, perchè era alta e
robusta, per far piacere ai fratellini, m e n o robusti, ma assai più prepotenti di lei.
Così non aveva mai i balocchi che preferiva,
i dolci che più le facevano gola, ma solo ciò
che gli altri non volevano. Qualche volta cedeva in silenzio.... qualche volta protestava (e
la sua fama di indisciplinata cresceva), qualche
volta piangeva di nascosto.... A v e v a il pudore
delle sue lagrime. Il pudore della sua sincerità.
Il suo martirio cominciò allora, subito. E crebbe
via via....
Era giovinetta. C'era un vestito da scegliere,
un colore da preferire.
— Il celeste, t u ? N o o o ! Troppo delicato, per
te. Lascialo alle altre. Tu così bruna! Prendi il
rosso, prendi il rosa vivo. Le tinte gentili non
vanno per te — le dicevano le sorelle.
Così doveva vestirsi di colori che non le
piacevano, che urtavano il suo fine gusto, per»
che si vergognava di proclamare il suo diritto
di ornarsi di tinte soavi, c o m e tutte le fanciulle di questo m o n d o . Era intelligente, studiava molto e con molto profitto, cose di varia
coltura. Ma doveva tener bene nascoste, gelosamente nascoste, le sue preferenze d'arte....
perchè in casa sua, e nel circolo delle piccole
amiche, l'avrebbero motteggiata.
Anime in maschera
119
— Cosa leggi così attentamente? Leopardi?
Ah che ridere ! N o n hai mica voglia di morire,
tu, eh? C o n la tua faccia! Col tuo appetito! —
Così scherzava il suo ottimo padre.
E lei arrossiva di fuori.... e pativa di dentro,
perchè non aveva il coraggio di confessare
che Leopardi era il suo amore e che aveva
dei giorni in cui si sentiva tanto infelice.... che
solo quella lettura le dava pace, perchè diceva
le parole ch'ella sentiva piangersi nel cuore
ma che non sapeva esprimere!
Suonava bene il pianoforte, e preferiva Chopin a tutti i maestri. Lo interpretava intelligentemente, con una buona tecnica e con profonda commozione.
Ma soltanto quando era sola in casa si abbandonava all'onda del sentimento che la turbava fino alla sofferenza. Se l'avessero udita....
avrebbero riso di lei.
Un giorno una sua amica le disse:
— Mio fratello, sentendoti suonare un not*
turno, dalla strada, credeva che tu fossi una
signorina pallida e bionda.
Quelle semplici parole furono una grande
amarezza per lei.... Perchè? N o n aveva il diritto di suonare bene Chopin perchè era bruna
e formosa?
E il dissidio tra spirito e forma, andava ac-
120
QUI NON SI TROVA!
centuandosi in quella creatura, che oramai era
una giovane donna, e che si velava ognora
più nelle bende gelose del suo pudore spirituale. Tutti le dicevano:
— Tu sei una donna forte — perchè si era
rinchiusa nel suo orgoglio e nella sua delusione. — Tu sei una ragazza pratica — perchè
non apriva il varco agli stormi di sogni che
le stagnavano nell'anima. — Sei una persona
felice •— perchè non si lagnava mai, pudica in
faccia all'incredulità della gente
E lei non era né forte, né pratica, né felice....
Pira un'anima debole disconosciuta, incompresa
da tutti, anche da coloro che meglio avrebbero
dovuto conoscerla. Ma — esteriormente — ella
veniva assumendo il contegno e l'atteggiamento
della creatura che il giudizio collettivo voleva
che ella fosse.
Si era fatta una splendida giovine, alta e vigorosa, con un portamento da Giunone, con
una testa da Walkiria bruna. Portava la fronte
sempre più eretta, aveva le maniere un po'
brusche, portava dei colori accesi, parlava di
cose esteriori, senza mai scoprire la minima
parte del vasto territorio dell'anima sua. La
credevano e la dicevano tutti bella ma fredda,
intelligente ma arida, colta ma di poco spirito,
molto femmina e poco donna,
Anime in maschera
121
Ed ella era, in verità, tutto il contrario di
ciò che gli altri credevano : e si desolava d'essere a questo m o n d o una donna in maschera,
d'essere un pesce fuor d'acqua, d'essere l'apparente negazione di se stessa.
Ma, come doveva accadere, dato questo stato
di cose, il suo patimento maggiore le venne
nell'età dell'amore.
Anche nell'affermarsi, nell'espandersi di questa facoltà delicata e possente, ella era, o sarebbe stata, squisitamente, teneramente donna:
traboccante di sentimento, viva fucina di sogni
d'oro, fontana perenne e fresca di amorosi
sensi: tutta ascensioni nelle nuvole, tutta accensioni di odorosi incensi innanzi agli altari
dell'ideale....
Amava, amava, amava. Chi ? Tutti e nessuno.
Poi qualcuno.... poi uno. Il m o m e n t o grave.
Q u a n d o la massa confusa diventa l'altro sesso.
Uno. Ma forse che a lei era permesso un romanzo d'amore? Il dramma, magari la tragedia, sarebbero immensamente piaciuti alla sua
anima sentimentale e romantica. Macché ! Per
lei era buona la semplice commedia borghese,
e tutt'al più la pochade. Cominciava ad accorgersi dell'ironia del suo destino e a guardarlo
in faccia.
A m a v a un giovane intelligente e interessante,
122
QUI NON SI TROVA!
ma povero. Doveva farsi una posizione. Se la
sarebbe fatta. Ella sarebbe stata felice di attendere, anche per anni, o di dividere con lui
la lotta e la povertà. Ma il_ romanzetto, chiuso
nel suo cuore come un geloso segreto, se tentava di uscire alla luce, diventava per gli altri
una farsa.
Nessuno la prendeva sul serio. Le voci de'
suoi consanguinei, degli amici di casa, si levavano a motteggiarla:
— U n a capanna e il suo cuore. T u ? A h !
non ci mancherebbe altro! Un pezzo di grazia
di Dio come te, andare in una soffitta a morire
di fame ! Con la tua salute 1 Un pallido poetino
per tutto pasto ! R o b a da far crepare dalle risa.
E alle celie si accompagnarono le severe
proibizioni, la custodia di buoni cèrberi famigliari.... e la fiorente fanciulla, alta e solida
come una favolosa guerriera, che aveva l'anima
debole e pavida, non ebbe il coraggio di gridare alto il diritto del suo amore, e, vilmente
si sacrificò.... piangendo in segreto tutte le sue
lagrime.
Anche le sue relazioni con gli uomini, m e n o
quella volta, la delusero sempre. C o n lei i giovani non erano mai delicati e sentimentali come
essa li avrebbe voluti, ma arditi e sensuali. Il
suo tipo destava in loro più che sentimenti,
Anime in maschera
123
sensazioni: ed essi s'ingannavano sulla natura
di lei. La sua bellezza ispirava idee terrene,
che repugnavano al suo spirito puro. Q u a n d o
andava per le vie, col suo corpo giovane, magnificamente disegnato, con la testa superba
vigorosamente colorita, i passanti si voltavano
a guardarla e le lanciavano complimenti brutali che la facevano sussultare di vergogna,
nel suo casto temperamento di vergine placida
che dagli altri era creduta ardente e impaziente d'amore.
Si ribellava invano, nella sua ombrosa solitudine, al suo irrisorio destino.... e sperava,
sperava ancora, perchè la speranza è la buona
sorella del dolore....
Invece un brutto giorno per lei, si presentò,
fra gli altri, a chiedere la sua mano, un giovane che passava per il migliore partito della
città. Ricco, padrone di sé, onesto, bello, robusto, non molto intelligente ma stimato da
tutti e simpatico alla gente per la sua bonaria
giovialità. C h e doveva ella fare? Le sue sorelle erano già maritate o fidanzate. I suoi fratelli volevano accasarsi, e bisognava lasciare
libero il posto alle novelle spose. Nella sua
famiglia patriarcale si usava così.
Ella non ebbe il coraggio di opporsi né di
discutere. N o n era innamorata di quel giovane,
124
QUI NON SI TROVA!
no; ma conoscendolo poco, sperò di poter
fare in lui qualche felice scoperta. Era buono,
le voleva bene, forse era, nel suo intimo,
m e n o volgare di quanto appariva.... E disse
di sì.
Invece la grossolanità di,suo marito fu superiore ad ogni sua aspettazione. N o n aveva
l'ombra di un sentimento gentile nelle rela*
rioni con lei. Essa gli piaceva. Ecco. Dell'anima
di lei non aveva nessuna curiosità e nessun
rispetto. L'anima? Fandonie. Parola di lusso.
Invenzione da romanzi!
— Bella donna, mia moglie, eh? E che salute! Altro che le anemiche donnine moderne
alle quali si potrebbero contare le ossa! Quelle
non sono donne, sono miseria! La mia è la
più bella signora della città! — Così diceva
suo marito, gonfio d'orgoglio, con gli occhi
lucidi e l'acquolina in bocca. E credeva in fede
di non poter rendere a sua moglie omaggio
più gradito.
Ella, invece, languiva e pativa d'inconfessato
e disperato desiderio del vero amore, di quello
che non avrebbe conosciuto mai....
Era una donna onesta, <di una onestà fatta
in parte di timore, d'orgoglio e di debolezza:
ma ella si rendeva conto che non avrebbe mai
né accettato né cercato un consolatore, e che
Anime in maschera
125
la vita della sua anima era finita, cioè mai
cominciata, mancata per sempre.
Ebbe un figlio, poi un altro, poi altri ancora.
Diventò una chioccia circondata da pulcini. Dare
figli alla luce, allevarli, occuparsene, dirigere
la sua ricca casa, stare molto in campagna,
aiutare il marito nella direzione della vasta
azienda agraria. Ecco le sue mansioni.
Ingrassava. La sua giovinezza sfioriva, la sua
bellezza diventava matronale. Ma la sua vera
anima si conservava giovane, poetica, piena di
frulli d'ale, piena di contenute grida verso l'ideale. Cos'è l'ideale per una donna? Quello che
spera e che non ha. Ella nulla aveva avuto di
quello che sperava....
Le sue speranze erano state belle come sogni.... e la realtà piccola volgare e tirannica.
I suoi figli, sì. Erano la sua gioia. Ma n e m m e n o
quelli la comprenderebbero mai.
Quando mai i figli si occupano dell'anima
della loro madre ? La m a m m a non è una donna
che si discuta o si studii. È la madre. Quella
che si adora.... e che si tormenta con tutti gli
egoismi. La madre tutto dà e poco riceve.
Deve confortare, assistere, aiutare, operare con
la mente e con la mano. Il suo cuore nessuno
lo vede, il suo cuore appartiene ai suoi figli,
si sa. N e m m e n o un poco per sé. N e m m e n o
ia6
QUI NON SI TROVA!
un rifugio, dove rincantucciarsi con la sua personalità rattrappita, con le sue ali stanche, coi
suoi sogni mozzi, con la pudica ombra della
sua tramortita felicità?
A h ! quello sì. Il rifugio, l'asilo, il sacrario
delle memorie che non aveva, dei sentimenti
che non aveva potuto espandere, della poesia
che non aveva potuto cogliere nelle cose, ma
di cui aveva indovinato il profumo divinamente
dolce attraverso ì cancelli dei giardini chiusi
per lei. Allora si sentiva piangere dentro la
sua povera anima disconosciuta, prigioniera
dentro un corpo che non era il suo. L a m a sottile, luccicante e vibrante, pieghevole e damascata.... chiusa dentro una falsa guaina.... una
guaina che non le apparteneva! E sognava ancora, sempre, perchè il sogno era la trincea
del suo spirito.
Leggeva di nascosto, c o m e una collegiale o
c o m e un'adultera che legga colpévoli messaggi
d'amore.... Preferiva i volumi di poesia, i romanzi sentimentali, ma se ne nascondeva per
non far ridere la gente.
Anche i suoi figli, le sue figlie, già grandi
oramai, s'ingannavano nel giudicarla. Essa era
per loro la madre perfetta, la moglie saggia,
la donna biblica, virtuosa e forte, colei che
guida coi suoi consigli e coi suoi esempi. L'a-
Anime in maschera
127
doravano, la rispettavano, la temevano anche,
ma non la conoscevano. E non avevano per
lei le dolci carezze che prodigavano di preferenza al padre, mite, bonario, di festevole carattere, di mediocre intelligenza, nel quale sentivano non un superiore ma un uguale.
Di lei nessuno aveva mai compassione. Era
un sentimento questo che essa non destava
mai, che il suo orgoglio non le permetteva di
mendicare.... ma che le sarebbe pure stato
dolce, venendole dalle creature che amava!
Era grassa, robusta, colorita : come si poteva
occuparsi della sua salute? N o n si lagnava mai,
nessuno l'aveva mai vista piangere, non parlava mai di sé : come si poteva occuparsi delle
sue pene? Tutti ricorrevano a lei per aiuto,
senza blandizie e senza scrupoli.
Se c'era una cattiva notizia da dare in casa,
si dava a lei brutalmente. Se c'era una fatica
da fare, materiale o morale, una cosa difficile
da risolvere, una responsabilità da prendere,
era per lei.
— Mia moglie è una donna di coraggio.
— La m a m m a è una donna forte.
— La signora non ha paura di niente.
Così si diceva, intorno a lei.
E lei, spesso, moriva di fatica, di pena,
di ansietà, di stanchezza, di dolore.... Ma si
128
QUI NON SI TROVA!
vergognava di dirlo, e nessuno se ne accorgeva!
A forza di dominarsi e di nascondersi, era
divenuta sempre più rigida e più brusca; una
burbera benefica, che incuteva non solo rispetto ma soggezione. Pel marito, che si era
un po' indebolito con l'età matura, era diventata il sostegno, il braccio dritto, la mente direttiva: ed egli soleva dire scherzando, ma
con orgoglioso amore, ch'ella era, non lui,
l'uomo della famiglia. Ed ella s'irrigidiva sempre più, si mascherava sempre più, si avvolgeva di asprezze esteriori, c o m e la rosa borraccina che difende il suo divino profumo e
la sua pallida grazia d'amore dentro un fitto
groviglio di spine!
Povera anima siderale, oppressa dall'ombra
densa di una carne pesante, e di un'ossatura da
granatiere, da una colorazione bruna d'imperatrice orientale dalla faccia crudele! Povera
anima delicata e bionda, fatta per amare le
cose più dolci, per patire e gioire di tutte le
pene e di tutte le delizie più fonde e più alte,
in una sensibilità sottilissima, esasperata, dolorosa! A n i m a così debole, così pudica e pur.
fiera.... che si nascose sempre sotto il suo involucro mortale.... uccisa ogni giorno un poco
dall'ironia terribilmente spietata del destino I
Anime in maschera
129
Quando l'ultima sua ora sarà suonata e ch'ella
tornerà a Dio, il suo elogio funebre dirà certo
così : " È morta la vera donna forte della
Scrittura, dall'anima virile e stoica, che non
conobbe nessuna delle debolezze del suo sesso,
che percorse i sentieri della vita con calma
serena, felice dei beni concessi a lei dal Cielo,
sdegnosa d'ogni meschino infingimento femminile „.
E la sua morte sbalordirà quasi la gente,
c o m e quella delle creature d'energia e di volontà superiore, che somigliano alle forze della
natura e che sembrano dover durare in eterno
per la loro granitica impassibilità.
E nessuno saprà mai il suo doloroso mistero,
perchè la pietra tombale che ricoprirà la sua
spoglia nella morte, non sarà più greve né più
opaca di quel che fosse nella vita la maschera
che nascose il vero volto dell'anima sua.
SFINGE, Qui non si trova !
IO E MIO FIGLIO
(DALLE MEMORIE DI UNA MADRE).
È la maternità una gioia o una tristezza?
O, meglio, è una gioia serena o tempestosa?
M a h ! Dipende dalla sensibilità di colei che è
madre.... Il temperamento pessimista o ottimista si manifesta anche nell'esercizio della
più santa delle funzioni umane. U n a madre
veramente cosciente non può forse essere serena mai.... perchè, oltre alle gravi minaccie
al suo bene che si appiattano dietro tutte le
porte, c'è un m o n d o di piccole pene che attenua e guerreggia le dolcezze della maternità.
Sono pene che feriscono solo i cuori ultra
sensibili.... Ma siccome di questa disgraziata
categoria è il mio.... io conosco tutte queste
pene nella loro amarezza molteplice e inesauribile.
La gente giudicava e giudica la mia maternità meravigliosa e perfetta. Un solo figlio
132
QUI NON SI T R O V A !
(fui vedova dopo cinque anni di matrimonio)
sano, bello, intelligente, di buona indole, nato
tra gli agi e le risorse di una elevata posizione
sociale. Così è. Eppure quanti guai (direi quanti
dolori, se non temessi che la parola potesse
sembrare esagerata) mi ha dati mio figlio dacché è nato, solo.... vivendo!...
Io gli domandavo, nella mia tenerezza, nel
mio orgoglio di madre, d'essere una creatura
ideale, superiore alle altre.... e non mi accorgevo di pretendere una cosa assurda, inverificabile. Mio figlio è un u o m o , partecipe quindi
di tutti i difetti piccoli e grandi che affliggono
i suoi simili. L'educazione è, può* essere, un
correttivo, un freno, ma non muta il fondo
degli umani.... U n o è quello che è, fatalmente,
a dispetto di tutte le pedagogie del m o n d o !
Io sentii subito la responsabilità della mia
missione di madre, in un m o d o quasi morboso.
Il mio idealismo deluso mi faceva spasimare
imbattendomi nei primi difetti del mio bambino, eppure ebbi sempre la lucidità di domandarmi se la ragione era veramente dalla
mia parte.
Mi chiedevo:
— Ho io veramente il diritto di foggiare la
sua piccola anima secondo il modello della
mia? Cosa debbo cercare di dare a mio figlio:
Io e mio figlio
t33
maggior copia di- felicità o maggior bellezza
interiore ?
Il mio idealismo nativo mi era stato cagione
di grandi delusioni e nei miei momenti peggiori mi rammaricavo di non essere nata una
brava donnina pratica ed egoista, nemica dei
castelli in aria e dei sogni pericolosi che non
somigliano alla realtà.... Eppure qualche cosa
dentro di me ha sempre patrocinato la causa
della bellezza morale con così calda eloquenza....
che quella voce ha sempre vinte e debellate
le ragioni del mio cervello!
Mio figlio, dunque, fu allevato secondo i dettami irresistibili della mia propria anima.... Ma
quale spinoso sentiero irto di ortiche fu mai
il mio cammino! L'indole di lui,- c o m e t a sua
figura esteriore, non somigliavano del tutto né
alla mia né a quella del padre, ma erano una
fusione dell'una e dell'altra. Ma poiché il padre era moralmente tutt'altro che perfetto, io
mi accinsi ad accentuare la somiglianza di mio
figlio con me e a cancellare dal suo essere
tutte le traccie paterne che mi dispiacevano
e che avevano fatto di colui ch'era stato per
cinque anni il mio compagno, un u o m o m e diocre, di nessuna bellezza interiore. L'egoismo fu il primo difetto che dovetti
osservare e frenare nel mio bambino. Quanta
i34
QUI NON ST TROVA !
pena mi faceva la sua rapacità, l'istinto del
possesso che lo dominava, la nessuna compassione dei mali altrui!
Eppure, a quelle mie prime pene, le mie
amiche sorridevano e mi assicuravano che
tutti i bambini sono così. Piccolissimo, egli
stendeva le mani verso tutto quello che vedeva
ed esclamava subito: "È di m e , è di me!,,.
Apprendergli qualche nozione di altruismo fu
lunga e difficilissima impresa e la prima volta
in cui egli, dinanzi ad una cosa che gli piaceva immensamente (un piatto di ciliegie) facendo evidente sforzo su se stesso disse : " È
per la m a m m a ! „, io sparsi qualche lagrima
di gioia, celebrando la mia prima vittoria di
educatrice.
Costrinsi, corressi, piegai, drizzai a poco a
poco la leggiadra e robusta pianticella umana
uscita dal mio grembo e della quale mi sentivo responsabile al cospetto di Dio e degli
uomini. N o n sono bigotta, tutt'altro, ma sono
credente in un alto destino u m a n o sotto la
lontana ma luminosa protezione di un Essere
di giustizia e di generosità. La morale mia è
press'a poco quella cristiana, con maggiore larghezza nelle cose della religione, ma senza transazioni con quelle che si oppongono, secondo
m e , alla vera moralità di un u o m o d'onore.
lo e mio figlio
i35
Ma ahimè ! c o m e aspro era il cozzo fra i miei
insegnamenti e le realtà che sorgevano lungo
il cammino della vita di mio figlio! Appena
ebbe la giusta età volli mandarlo a scuola,
giudicando savio ch'egli imparasse a vivere tra
i compagni, eppure paventandone la dannosa
influenza, e gli esempi sovversivi.
Lo difesi dai suoi coetanei, senza averne
l'aria, con tenacia, con accanimento, pur cercando d'ispirargli la fraternità con essi, il disinteresse nelle relazioni, la simpatia per i
migliori e per gl'infelici....
U n a volta, ad un mio predicozzo per il racconto di una sua baruffa, egli riassunse i suoi
rapporti coi compagni di scuola, così:
— M a m m a , tu dici bene.... ma perchè quello
che fa piacere a m e , fa sempre dispiacere a
qualchedun'altro ?
—• Spiegati, bambino mio — gli dissi, cercando
nascondergli che ero colpita dalle sue parole.
— Ma sì. Se io ricevo una lode dal maestro
gli altri fanno il broncio. Se il mio vestiario è
migliore di quello degli altri, lo stesso. Se ho
qualche cosa di buono nel cestino, cercano di
prendermelo. Eppoi mi danno degli spintoni,
mi denunziano al maestro per colpe che non
ho commesse. Perchè dovrei io essere buono
con loro?
i36
QUI NON SI T R O V A !
Fui un m o m e n t o perplessa, eppoi risposi:
— N o n importa. Anche coi cattivi bisogna
essere buoni. D'essere buono solo coi buoni
non avresti merito alcuno.
Egli rimase colpito dalle mie parole. Mi
guardò in faccia coi belli occhioni che sembrano fiori azzurri tra le foglioline oscure
delle lunghe ciglia ricce, e non rispose.
Io però non ero sicura di aver enunciata
una massima giusta. " Essere buoni coi cattivi.... „ Mio Dio, quale perplessità!
N o n avevo mai castigato corporalmente il
mio Giancarlo (questo è il suo n o m e ufficiale
al quale egli non rispondeva e non risponde
ancora, perchè ha una litania d'altri nomignoli,
che variano, restano per un certo periodo,
scompaiono, si trasformano, secondo le trovate della mia tenerezza e della mia fantasia)
e avevo cercato fargli comprendere che ogni
violenza è una brutalità indegna dell'uomo civile, un resto di barbarie destinato a poco a
poco a scomparire dai nostri usi. Cercavo di
persuaderlo.... nia il continuo spettacolo dei
pugilati della scolaresca e dei monelli della
strada era un esempio fieramente tentatore
per lui. Menar pugni gli è sempre immensamente piaciuto e la lotta er& uno dei suoi
giochi preferiti.
Io e mio figlio
i3 7
Naturalmente io mi occupavo non solo della
sua anima, ma del suo corpo e amavo e curavo anche quello con gelosa cura; con quel
sentimento, quasi direi con quella sensazione
di possesso fisico che le madri sentono per i
loro nati. Nessun particolare del suo caro essere esteriore mi era ignoto. Avrei potuto numerare le piccole vene azzurre delle sue tempie, dei suoi polsi, le diverse sfumature dei
suoi magnifici capelli fra castagni e biondi, riconoscere, anche non vedendoli che a uno a
uno, i suoi denti candidi di lupatto, le punte
delle sue graziose e robuste dita.
Gli feci insegnare la ginnastica, il ballo, la
scherma, l'equitazione, vincendo il mio timore
che vedeva intorno a lui dovunque pericoli
presenti e futuri.
Egli cresceva vigoroso e intelligente e così
devoto, così affezionato a m e , che le amiche
mie celiavano, criticando il mio sistema di educazione che tendeva a tenermi il mio figliuolo
troppo, secondo loro, a me sottomesso, e chiamavano lui, per ischerzo, " Giancarolina „.
Di giorno in giorno sentivo crescere la mia
responsabilità. Io ero per mio figlio fusa addirittura con la divinità: e volevo, cercavo reiv
i38
QUI NON SI T R O V A !
dermene degna, ed ero un dì più dell'altro
torturata da mille dubbi, da mille perplessità.
Le domande del mio Giancarlino erano un
continuo esame per la mia coscienza.
— Perchè questo? Perchè quell'altro? Va
bene così? È giusto cosà?
Mio Dio, come siete fortunato Voi, d'essere
così lontano dai miseri mortali che vorrebbero
interrogarvi !
Il terribile piccolo inquisitore mi faceva riflettere, meditare, sudare su gravi problemi a
proposito di ogni nonnulla. Per esempio, quando
egli seppe tirare di scherma come un piccolo
maestro, un giorno mi chiese a bruciapelo:
— Approvi il duello, m a m m i n a ? Ieri un fratello d'un mio compagno si è battuto ed ha
ferito l'avversario. Ma la sua m a m m a non ha
saputo niente.
— N o , lo disapprovo! — esclamai. — E
spero bene che tu, un giorno, non farai cose
simili, barbare, incivili, sopratutto poi.... senza
consultarmi.
Egli mi rispose, calmo:
— Allora, perchè mi hai fatto imparare la
scherma?
Io accomodai alla meglio:
— Ma è una ginnastica come un'altra.
Vidi però ch'egli non era persuaso e ne fui
Io e mio figlio
i39
mortificata. Infatti, perchè gli avevo dato quell'insegnamento ? Perchè tutti fanno così. A v e v o
ragionato con.... la testa degli altri, per contentare il m o n d o , non me stessa. Eppure non
fu quello il solo dissidio tra la mia coscienza
e la tirannia delle convenzioni sociali....
Passavano gli anni. Gli studi di Nino mio
procedevano bene. N o n era un accanito lavoratore, ma la sua intelligenza fuori dal comune
gli teneva luogo della diligenza non eccessiva.
A m a v a singolarmente la lettura e la musica....
e la tendenza a pensare cominciava a delinearsi
in lui. Il suo " io „ sbocciava a poco a poco
dalla personalità, parassitaria della mia, ch'egli
era fino a un certo m o m e n t o rimasto.
Il mio tenero egoismo ne soffriva non poco,
mi pareva che egli, emancipandosi, mi defraudasse di un mio diritto su di lui, quasi mi
mancasse di rispetto; ma cercavo consolarmi
dicendomi che " doveva „ essere così.
Mi accorsi che l'amore cominciava a turbare
l'olimpica serenità della mia creatura conservatasi pura fino ai sedici anni passati.
Su questo argomento, alla difesa contro il
fiero nemico, si diedero allora tutte quante le
140
QUI NON SI T R O V A !
mie bene armate facoltà di resistenza. La questione scabrosa e per me repugnante doveva
pure finalmente essere da me affrontata....
ma anche qui, qui anzi più che altrove, le
mie idee accennavano a confondersi terribilmente.
Il mio sogno per lui sarebbe stato la completa castità. Io ero custode gelosa della sua
purezza c o m e sarei stata per una figlia. Perchè
fare distinzioni? Lo stato di perfezione è certo
" quello „.... fino al giorno in cui il vero amore
appaia nella vita di una creatura e se la prenda
tutta, anima e corpo.... Avrei io potuto raggiungere il mio ideale? E questo mio ideale
sarebbe stato utile per lui? Mi misi a studiare
le più difficili e spinose questioni su libri di
scienza e di morale; ma al mio cuore, al mio
intuito materno, più che alla mia recente sapienza, andavo chiedendo consiglio ed aiuto.
N o n facendo misteri, avendo l'aria che tutto
fosse semplice, dando piane e sincere risposte
alle domande ingenue di mio figlio su le questioni più ardite, io avevo tolto al mistero della
vita, agli occhi suoi, ogni sapore acre di curiosità e di peccato,
Il mio Gingi, verso i quindici anni, era
press'a poco edotto delle relazioni che possono passare tra le persone di sesso diverso,
Io e mio
figlio
141
ma era puro, semplice, senza curiosità stuzzicanti e senza eccessiva sapienza, s'intende. Io
lo difendevo dai compagni di scuola e più ancora dalle compagne (adesso andava al liceo);
sceglievo, come un orefice sceglie le pietre
preziose per farne una collana, le persone che
avvicinava, perchè sentivo una cosa, della quale
non mi rendevo esattamente conto ma che
agiva sull'anima mia potentemente, sentivo una
nemica nella prima donna che mio figlio avrebbe
avvicinata!
Ero gelosa, nella mia sviscerata tenerezza
materna, anche del suo corpo, così come ero
stata gelosa, divenendo addirittura una piccola
belva, quando avvicinandosi la nascita di lui,
mio marito m'aveva proposto di prendere una
balia! Allora mi ero ribellata ed avevo vinto....
ma ora si avvicinava il giorno, purtroppo, in
cui avrei dovuto cedere il campo ad un'altra,
ad un'estranea.... che mi avrebbe preso parte
del cuore del mio Nino, del mio bambino adorato, che forse, in qualche modo, me lo avrebbe
fatto soffrire....
Mio figlio, per sua fortuna e mia, è bello,
sano, aitante, equilibrato, in una buona posizione
sociale ed economica: tutti vantaggi, tutte
buone armi anche per le relazioni d'amore....
Senza avvedermene adoperavo il mio grande
142
QUI NON SI TROVA !
ascendente su di lui per allontanarlo dalle
donne....
Mi dimostravo scettica sulle fanciulle m o derne, lo mettevo in guardia contro l'orribile
adulterio, gl'ispiravo il mio stesso ribrezzo per
l'ignominia del piacere venale.... o del solo
piacere senza amore.... C o n la grande confidenza ch'egli aveva in m e , ch'io avevo saputo
ispirargli, egli mi diceva tutto della sua vita
intima, non aveva segreti per m e . Andava facendo da qualche tempo conquiste femminili,
riceveva mazzolini di fiori, cartoline con motti
sentimentali, occhiate promettenti, strette di
m a n o lunghe.... Nella vita non esistono solo i
seduttori, ma anche le seduttrici per istinto:
questo dovrebbero saperlo tutte le madri....
Ma io non m'inquietavo ancora perchè lo
vedevo sereno e sorridente, sdegnoso un poco
di quegli omaggi che gli sembravano dovuti
alla sua personalità interessante....
Passavano i mesi, gli anni. Qualche disegno
di avvenire, qualche sogno d'orgoglio cominciava a linearsi nell'orizzonte mentale del mio
figliuolo. C o n mia gioia grande egli corrispondeva ai miei insegnamenti e alle mie sugge-
Io e mio figlio
14S
stioni di attività, sorpassando i miei stessi
desideri. La sua energia aveva bisogno di
espandersi, di affermarsi, cercava occasioni,
fremeva, cominciava a farmi un po' paura....
Faceva il primo anno di Università (corso
di legge, scelto da lui) e lo vedevo armeggiare,
entrare in qualche Comitato, interessarsi alla
politica, legarsi con qualche compagno un po'
turbolento.... Lo spirito di mio figlio mi sfuggiva a poco a poco ed io ne provavo un dolore che mi gelava l'anima.... pure ammettendo
che " doveva „ essere così, che la sua personalità " doveva „ svolgersi liberamente, sciogliendosi dai legami con la mia....
Entrando all'Università, cominciava per lui
la vita di un uomo.... Dovevo pure avvezzarmi
a questo, ma mi vi acconciavo mal mio grado,
con una tristezza che mi solcava il cuore e la
faccia. Egli però continuava la sua casta vita
e non usciva mai solo, di sera.... La prima
volia che lo fece, e che rincasò tardi, senza
avermi detto dove andasse, fu per me una
tappa di dolore, di un dolore che forse solo
un'altra madre sensibile come me potrà comprendere e compatire.... U n a sera, dopo il desinare, il mio Giancarlo uscì senza dirmi dove
andasse. Anzi, mi salutò «in fretta, con una insolita freddezza.;..
r
44
QUI NON SI T R O V A !
Erano le undici, era mezzanotte.... e il mio
bambino, il mio tesoro, il mio agnellino d'oro
non era ancora tornato! Era andato ad un ritrovo politico ? Ad un ritrovo con una donna ?
Certo a questo: lo sentivo, lo intuivo, lo sapevo dal mio stesso dolore, dalla gelosia terribile che mi struggeva, dalla paura, dal senso
di ribellione che ruggiva in me....
Chi era colei che me lo portava via, che me
lo insozzava, che distruggeva l'opera mia diuturna di diciott'anni su quell'anima che avevo
io dischiusa alla luce?
Quale specie d'amore me lo prendeva? (giacché bisogna dunque profanare questo santo
nome). Era il lupanare? Era l'adulterio? Era
una vergine amata veramente, una passione
prima e possente che lo condurrebbe poi al
matrimonio ?
Tutti questi casi ed altri, che mi si affacciavano, mi parevano spaventevoli....
Piansi, pregai, umiliata, avvilita, defraudata
come di qualche cosa che mi appartenesse
per diritto divino.... e lo aspettai alzata, naturalmente....
Mandai a letto il domestico e la cameriera,
stetti pronta e vigile ad aspettare il suo ritorno.... Egli aveva la chiave di casa.... della
quale non s'era ancora servito mai.
14$
Io é mto figlio
Verso l'una udii aprirsi l'uscio d'entrata ed
il piccolo trac della luce elettrica che si accendeva in anticamera.... N o n seppi frenarmi e
corsi ad incontrarlo.
Egli disse solo: " Tu, m a m m a ? O h ! „ con un
viso così umile e vergognoso.... come quando
era piccino ed io scoprivo una sua monelleria....
Si era tratto il cappello col suo gesto elegante
e devoto, ma non fece cenno di accostarsi a
me per abbracciarmi come sempre, anzi sì avviava, a capo chino, verso la sua stanza.... Io
lo rincorsi, è la parola, gridai: * Cingi, Nino
mio, uccellino della tua m a m m a I „, lo presi fra
le braccia, lo strinsi, lo baciai, gì'innondai il
volto di lagrime....
Egli mormorava : " Mammina, m a m m i n a „.
Mi baciò le mani, mi disse sul collo, come faceva da piccino: " Cuda „ (invece di uscusan\
e ci separammo per andare ognuno nella nostra
camera, tristi, confusi, come due colpevoli....
— Per questo, o mio Dio, mettiamo noi,
povere madri, al m o n d o i nostri figli? Voi
non dovreste permetterlo!
Me la prendevo con l'eternità. Ero scoraggiata, avvilita, nella polvere. A che cosa avevano servito tutti i miei insegnamenti, tutte
le mie predicazioni intorno alla bellezza morale
della virtù anche in un u o m o ?
SFINGE, Qui non si trova !
10
i4o
QUI NON SI T R O V A !
Di quella notte fra me e mio figlio non si
parlò mai più. La vita crudele me Io ha preso
con dispotico e cieco volere che ha annientato
il mio! Egli non è più interamente mio da
quell'ora....
Anche la politica mi è nemica. La sua bontà
di cuore, l'amore del prossimo ch'io gli ho
ispirato, la pietà ch'io ho cercato fargli sentire di coloro che hanno avuto in sorte minori beni di lui, fanno tendere il suo pensoso
spirito verso il socialismo.
L'altro giorno, temendo che certi compagni
abusassero della sua buona fede, paventando
il suo danno, vedendolo troppo ardente nel
parteggiare per le sue belle ed utopistiche
idee, cercai richiamarlo alla ragione fredda,
all'individualismo, all'egoismo, dirò meglio, che
avevo sempre combattuto in lui quando era
bambino. Ed egli sorridendo mi disse che il
m o n d o , cioè i diritti degli altri, erano simbolizzati da quel piatto di ciliege cui aveva rinunciato quella volta per me!...
— Sei tu, m a m m a , che mi hai preparato
questo mio stato d'animo e di pensiero.
Quelle sue parole mi gettarono in una meditazione così intricata della quale non riuscivo
a trovare il bandolo. Quale caos è mai, mio
Dio, l'anima di un u o m o ! E c o m e ci schiaccia
Io i mio
figlio
t%*}
il peso della responsabilità di educare i figli,,,.
quando la sentiamo!
I padri e le maclri sono quasi sempre incoscienti.,., si abbandonano alla Provvidenza od
al Caso, secondo le loro credenze,,.. Io ho
versato tanto vigile senso di coscienza nello
spirito di mio figlio, che ne ho fatta una creatura squisita, sensibile, vibrante.... forse a
scapito della sua felicità.... Gli egoisti sono
gli uomini maggiormente atti a godere,,*.
Avrei io preparata la mia creatura per k
infelicità?
Giancarlo è un vero u o m o oramai La sua
personalità si è affermata, è noto in tutta la
città per la sua vita operosa, per la sua intelligenza, per le sue idee ardite e nobili, che
soddisferanno un giorno, io spero, il suo sogno di bellezza umana e anche il suo sogno
di orgoglio.... Egli sente, sa, vuole essere qmi*
cuno. A m a la lotta, le difficoltà della vita, è
buon combattente, non gl'importa se si ferisce
nel salire.... Ha un tranquillo coraggio che
s'impone. N o n offende mai per primo: ma le
sue difese sanno anche la violenza ed incutono
rispetto ai suoi avversari.
Sente la tristezza e le lagrime che sono nelle
cose, sente l'imperfezione della nostra umanità
e aspira alle alte vette della vita, pur pagando
14^
QUI NON SI TKOVA !
il suo fatale tributo alle imperfezioni che avviliscono l'uomo....
Ogni giorno che passa, pure essendo un figlio modello, egli mi appartiene un po' meno.
Adesso egli fa la sua vita, segue la gran via
del suo destino, lontano oramai dall'umile sentiero della vita mia....
Io dovrei essere lieta, felice di tutto ciò....
e invece ne sono triste, ne piango spesso
quando sono sola, pure avendo un po' vergogna delle mie lagrime che non sono però
l'espressione di un basso egoismo, ma sono la
melanconia di un grande sentimento che dà
assai più di quello che riceve, pure essendo
giusto e fatale che sia così....
Forse un giorno la gloria e l'amore me lo
porteranno via quasi totalmente, non mi resterà di lui, del figlio mio, del mio piccino
adorato, altro che una piccola, piccola parte....
ed io prego Dio di darmi la forza di contentarmi di quella.... di trovare, senza ribellione,
in quella piccola parte del cuore di mio figlio,
il mio Universo!
PIE DONNE.
D o n n a Maria ascoltava la predica, nella bella
piccola chiesa barocca ch'era la più elegante
della città.
Era parroco della chiesa un prete moderno
che la faceva riscaldare, che l'aveva illuminata
a luce elettrica, che aveva steso un tappeto fino
a metà della maggiore navata. Faceva venire
ogni anno buoni quaresimalisti, e le signore
accorrevano, quasi come al cinematografo e
come al teatro nella stagione di carnevale.
D o n n a Maria adorava quell'ora mistica dei
pomeriggi di quaresima, e non vi sarebbe mancata per nulla al mondo. Aveva la sua seggiola particolare, imbottita e un po' bassa, aveva
sotto i piedi la piccola cassettina per l'acqua
calda ch'essa medesima portava nel suo grande
manicotto di chinchilla. Aveva il suo posto
fìsso, accanto ad un pilastro che recava un
i5o
QUI NON SI T R O V A !
m o n u m e n t o funebre: un'urna portata da due
angioli berniniani, svolazzanti, vivaci, dalle faccie di buon umore. N o n era uno spettacolo
triste, ma lieto quel grazioso sepolcro di una
d a m a morta duecent'anni fa....
D o n n a Maria non era più giovane, rasentava
la sessantina, ma era ancora una bella donna.
Perchè infatti avrebbe dovuto esser brutta?
Chi è bello, col tempo diventa vecchio, ma
non diventa brutto. Essa era stata la più bella
signora della città, e si vedevano le traccie
della sua venustà sotto lo strato d'adipe sodo
e liscio che la ricopriva. Aveva i capelli tra il
biondo e il grigio, ben pettinati, il profilo purissimo, begli occhi scuri, appena segnati agli
angoli da quasi invisibili zampe di gallina. Vestiva sfarzosamente e con buon gusto, amava
il vestiario col suo mite cuore sereno, c o m e
amava là religione e tutte le altre cose che le
occupavano la vita e che le davano sensazioni
squisite. Era una raffinata sensuale di tutte le
sensualità che non fossero " quella „.... bollata
dalla religione e dalla morale.... Tutte le sue
sensualità erano, per dir così, à còte.
Anche il suo amore per la predica era una
specie di voluttuoso fervore. Il buon calduccio,
la voce armoniosa dell'oratore, con certe cadenze un po' nasali, ritmiche, con la bella prò-
Pie donne
I5I
nuncia romana, le erano un godimento corporale.
Ogni tanto una parola, una frase la colpiva,
destandola dal delizioso dormiveglia, ma il
significato della predica le sfuggiva. Che importa? Ella lo sapeva, press'a poco. Parlava
il predicatore della Passione di Gesù, ed ella
l'aveva tante volte letta nel suo libro da messa,
rilegato in pelle rossa a borchie d'oro, e tanti
altri quaresimali aveva ascoltati nella sua vita.
Vedeva passare le amiche, le conoscenti, anche qualche uomo.... Bravi! C o m e le faceva
piacere che anche negli uomini la devozione
non fosse del tutto spenta! In provincia ancora
qualche cosa di buono c'è....
Assaporava ogni tanto una piccola pastiglia,
togliendola da una bella scatolina di smalto
azzurro. Mille fleurs: palline piccole piccole
di tutte le sfumature più delicate e ogni colore un diverso sapore.... Deliziose. La compensavano un poco d'essere slattata per un'ora
della sua eterna sigaretta.,., il suo delirio. Ne
fumava una trentina al giorno.... e le piacevano
forse ancora più dei buoni bocconi.... Era golosissima, donna Maria. Soleva dire che il cuoco
era la vera anima di una casa e che in una casa
dove si mangia bene regna sempre il buon
umore e si accettano il più serenamente pos-
I
5
2
QUI
NON
SI
TROVA
!
sibile le inevitabili traversie della vita.... Aveva
l'aria di dire ciò per ischerzo, per " fare dello
spirito „ , ma era la sua opinione verace, la sua
convinzione profonda.
Ora pensava al suo tè delle cinque. Aspettava alcune amiche, dopo la predica; aveva
ordinate al cuoco certe tartine bianche rosse
e verdi.... patriottiche.... ma anche deliziose.
Pane candido, tagliato in perfetti rettangoli,
burro, una fettina di salmone e ancora un
po' di burro verde, cioè al prezzemolo. Eppoi i toasts bollenti, la marmellata, la creme
fouettée.... D o n n a Maria inghiottì e il suo
intestino rumoreggiò un poco pel desiderio di
cibo....
C o m ' era dolce intorno al collo la sua larga,
piatta sciarpa di chinchilla! Socchiuse gli occhi di piacere e aperse le nari al profumo del
suo fazzolettino di batista, ornato all'angolo
da un piccolo stemma, che emanava un profumo
di violetta di Guerlain ineffabilmente soave....
Anche l'odore dell'incenso le piaceva....
— " Com'è bella la vita! „ essa pensò. Era
sempre stata una moglie fedele, una donna di
solidi principi.... Era equilibrata e serena, nessuna tristezza le veniva dal passare degli anni....
Invecchiava in letizia perchè conservava intatte
le facoltà di gustare, tutte le sue molteplici
Pie donne
i53
lecite sensazioni gaudiose, e non conosceva la
malinconia del tramonto della giovinezza, perchè questo è un sentimento : un lusso importuno
ch'essa non possedeva.
La predica era finita.... Donna Maria si levò
con un po' di pigrizia, e si avviò verso l'uscita.
Alla porta l'aspettava la sua carrozza, un po'
vecchio stile, col suo bianco cocchiere, col suo
fidato valletto che le acconciò la cassettina
sotto i piedi, che le distese sulle g a m b e la
grande pelliccia....
Poco di poi, nel bel salotto Luigi XV autentico, coi deliziosi mobili un po' vecchiotti,
dalle dorature un po' spente, ricoperti di delicati gobelins un po' sbiaditi, nell'angolo del
tè e delle chiacchiere, erano già radunate diverse signore intorno a donna Maria. Le signore più rispettabili della città. Il gruppo
delle perfette, delle inattaccabili, delle d a m e
modello; quelle che facevano la pioggia ed il
sereno nell'ambiente morale della importante
città di provincia, che dettavano le leggi del
buon costume, che davano i brevetti di onestà
alle più giovani, che giudicavano, decretavano,
assolvevano o condannavano.
104
QUI NON SI T R O V A !
Per vero dire il più delle volte condannavano. Il piccolo areopago femminile che teneva
le sue adunanze nel salotto Luigi XV di donna
Maria, era terribilmente severo verso il prossimo e specialmente verso le donne giovani.
N o n si conoscevano in quel consesso di elette
matrone le attenuanti per i peccati di amore....
o meglio per quello che antonomasticamente
si chiama " il peccato „ : Vade retro, Satana.
Per tutte le colpe ci può essere indulgenza a
questo mondo, ma non per quelle che l'eletto
gruppo chiamava " sudicerie „.
A m a r e illegalmente anche se amare nel dolore, fino allo strazio, magari fino alla morte,
era una "sudiceria,,. N o n era ammessa nemm e n o la discussione.
L'anima più fiera e più inflessibile era quella
della marchesa Lavinia: un tipo di inquisitore
femmina, di Torquemada in gonnelle. In molte
gonnelle, anzi.... perchè si vestiva malissimo,
nel suo disprezzo per la m o d a : essa infagottava la sua ossea persona di sottane di lana,
di maglie, di grossi mantelli imbottiti, antiquati e antiestetici. D o n n a Maria ne soffriva
un poco nella sua eleganza innata che aveva
bisogno anche dell'eleganza degli altri: ma la
posizione sociale e morale della marchesa
Lavinia era un baluardo che poteva difen-
Pie donne
i55
dere anche quella sua totale assenza di femminilità.
La marchesa era un'anima austera che aspirava ardentemente alla perfezione.... ma più
che alla perfezione propria a quella degli altri. Tutti le sembravano pieni di vizi, di colpe,
di delitti, delitti verso la religione o verso la
morale.
Si lagnava di tutto, di tutti, deprecava sempre qualche cosa, e quel suo lungo naso aguzzo
e prepotente aveva sempre l'aria di scagliarsi,
c o m e un dardo, contro qualche nemico della
società.
Soleva dire : " Io non ho la benda sugli occhi „, e quasi fosse suo particolare privilegio
quello di veder lume, essa sparlava di tutti,
con un frasario vibrato e poco lady-like che
l'impunità della sua alta posizione le concedeva
di usare: sparlava di tutti m e n o che del Padre
eterno.... Cioè, per essere esatti, a malgrado
della sua intollerante religione, essa ficcava il
naso anche negli affari dell'Onnipossente, perchè, in alcune grandi circostanze (di scandali domestici, di tumultuosi avvenimenti politici, ecc.),
c'era chi l'aveva udita mormorare: " S e fossi,
per m o d o di dire, Domeneddio, vorrei mettere
a posto quell'individuo! Domineddio è troppo
buono! Bisognerebbe premiare la virtù e ca-
I l)f)
QUI NON SI TROVA 1 .
stigare il vizio non solo in cielo, ma anche
sulla terra! „
Quel giorno la marchesa deplorava un m a trimonio che doveva avvenire nella città: una
mesaillance, come essa diceva, che scandalizzava
il suo puro sangue bleu.
— Gran povera stupida, la nostra amica !
Quando si hanno delle figlie si tengono sotto
l'ala.... Grande imbecille quel padre.... e che
svergognata quella ragazza!
— Svergognata mi sembra un po' forte, —
disse dolcemente donna Maria, finendo d'inghiottire la sua terza tazza di tè che l'aveva
riempita di delizia, disponendola all'indulgenza.
— Ma che forte ! Giusto. Incaponirsi a volere quel dato uomo, uno qualunque, che appena
conosceva; dar tanti dispiaceri alla famiglia
per quel paio di baffi, tanto chiasso per andar
a dormire con quell'uomo.... Sudicerie, sudicerie ! Per una ragazza onesta un marito ne
vale un altro.... Ai miei tempi si faceva così....
Quando essa tacque finalmente per accostarsi
alla sua merenda (prendeva il tè con tanto
zucchero, quasi avesse il bisogno fisico di raddolcirsi un poco la bocca e l'anima, ma non
mangiava mai a quell'ora, perchè, diceva, mangiare più di tre volte al giorno è un vizio, in
realtà perchè aveva lo stomaco debole), potè-
'Pie donne
T37
rono aprire il becco per la prima volta due
signorine mature, di nobile famiglia decaduta,
che andavano sempre insieme, che si somigliavano c o m e due goccie d'acqua, e che andavano d'accordo c o m e cane e gatto. Avevano
gusti, caratteri, ideali di vita differenti, eppure
stavano insieme, legate alla stessa catena di
una decorosa povertà che, se si fossero separate, sarebbe diventata miseria. Erano state
assai belle; alte, brune, scultorie, col portamento inutilmente regale, coi tratti del volto
regolarissimi, con gli occhi neri, lunghi, scintillanti, di cui non era spento ancora il fulgore.
Moralmente, l'una era molto intelligente, l'altra
pochissimo; l'una era vivace, l'altra di una
calma esasperante; l'una mondana, l'altra casalinga. Si chiamavano Daria e Bona. In una
sola cosa andavano d'accordo: nel tenere al
loro casato. Ricamavano il loro stemma su
tutte le cianfrusaglie, disprezzavano le persone
non titolate, non frequentavano case che non
avessero ritratti di antenati alle pareti; e da
giovani avevano tutte e due rifiutato alcune
volte di sposarsi con uomini appartenenti alla
borghesia.
Daria era anche spiritosa, di uno spirito caustico ed umoristico che non risparmiava nemm e n o sé stessa. Abitavano a un terzo piano
i58
QUI NON SI T R O V A 1
un appartamento modesto, con una sola donna
di servizio, ciò che non diminuiva la loro
boria nobilesca, e che faceva scherzare Daria.
A proposito della loro piccola casa, della loro
alta statura, ella diceva: " Ma sì, mi fa l'effetto
che io e Bona siamo due grandi statue antiche
decorative, un po' avariate, mobiglio di scarto,
che sia stato messo nel solaio ! „
U n a volta, in un alberguccio di montagna,
dove andavano a passare un mese d'estate,
avevano avvicinata, per non rimanere sempre
a bocca chiusa, una signora modesta ma buona
e gentile, con la quale si erano abbastanza
legate. Ma tornate poi in città, la signora, che
era loro concittadina, avendole incontrate per
la strada, le avvicinò e chiese loro se poteva
andare a trovarle. Bona, che non parlava mai,
ebbe una certa vivacità nel risponderle : " Oh
non venga da noi: la nostra era una conoscenza di montagna.... Qui abbiamo le nostre
relazioni.... „
Superbe come Lucifero con gli umili erano
poi abbastanza utilitarie per essere cortesi,
senza aspettare sempre il contraccambio, con le
persone altolocate. C o n donna Maria, per esempio, e con la marchesa Lavinia erano miti e
sottomesse, e andavano da loro di sera a giocare al bridge anche quando nevicava.
Pie donne
i5 9
Era accanto al tavolo del tè di donna Maria
e si rimpinzava per quattro, c o m e se non avesse
mangiato e bevuto da otto giorni, la signora
Selene, un'altra utilità di salotto, un'altra giocatrice di bridge, la quale, pur essendo agiata,
era affetta da tale avarizia che rasentava la
monomania. Al gioco rubacchiava, al tavolino
da tè intascava, accettava regali di vestiti smessi
da donna Maria, e quando era invitata in una
casa andava via con un pacco o pacchetto di
dolci donati.... o di refurtiva.
N o n buttava mai via nulla; la sua casa era
una specie di immondezzaio, dove tutto quello
che gli altri scartavano e gettavano era conservato ed usufruito. C o n le foglie secche dei
fiori si faceva fuoco; i fiammiferi spenti erano
buoni per accendersi ad una fiamma; i limoni
spremuti servivano per lavarsi le mani, i pezzetti di stoffa si sfilavano per farne coperte
imbottite; i noccioli di pesca si piantavano
nell'orto e così via.
Tutto ciò sarebbe stato giusto e pietoso se
la signora Selene fosse stata povera; ma era,
invece, ridicolo e imperdonabile poiché essa
era quasi ricca. E non avrebbe dato un soldo
ad un povero a tirarglielo fuori per forza.
" N o n bisogna incoraggiare l'accattonaggio e
l'ozio „, essa diceva; ma in realtà era soltanto
TÓO
OTTI NON SI TROVA?
per non privarsi di cinque centesimi. Si occupava anzi di diverse opere di beneficenza e
a tutti i derelitti predicava che non ci sarebbe
povertà se ci fosse economia. Quell'assioma
un po' ardito di economia sociale le pareva indiscutibile; e deplorava le tendenze scialacquatrici di certi miserabili che non avevano il pane
quotidiano !
•9
Sua rivale nelle opere di beneficenza cittadine era la baronessa Zoe, una donna energica
e faccendiera di un'attività importuna, espansiva, invadente. N o n parlava molto, ma agiva,
voleva sempre fare o disfare qualche cosa:
disfare, s'intende quello che avevano fatto gli
altri. N o n aveva fede che in se stessa, non
tollerava la concorrenza di nessuno. Di una
vanità mostruosa, il suo " io „ le pareva il
centro dell'universo. Se lodavano un'altra persona in sua presenza, nel campo della beneficenza e delle benemerenze cittadine, la tinta
solitamente giallastra del suo volto diventava
verde. Era di un'invidia così profonda e così
radicata che non poteva nasconderla ed era
riuscita ad imporre quel suo stato d'animo in-
Pie donna
i6f
vidioso, a farlo accettare, quasi a farlo rispettare a forza di prepotenza e di sfacciataggine.
Era fra le sue amiche una tacita intesa : per
non addolorare quella buona Z o e che faceva
tanto bene, le si tenevano nascoste le opere
buone degli altri. Essa voleva il monopolio
della pubblica e privata carità, e soffriva, diventava una iena, una vipera, contro chi le
contendesse il primato.
Era anch'essa una perfetta moglie, un'anima
devota, una immancabile frequentatrice di
sermoni.... e non era sprovvista di certa
intelligenza che rendeva la sua attività pericolosa.
Entrò un'altra visitatrice nel salotto di donna
Maria, una brutta e ricca signorina anziana,
bigotta, benefica, timida, mal vestita, di quelle
che rendono antipatica la virtù con la grettezza delle idee e con la repulsione che ispira
il loro esteriore. La brava signorina Isolina
pareva voler documentare il suo distacco dal
m o n d o e dalle sue p o m p e rendendosi più brutta
che poteva, coi pochi capelli tirati sulle tempie, con dei cappelli senza linea, mucchi di
brutta roba presa a caso, cucita insieme e sbertucciata sulla testa, coronamento adeguato di
quell'assurda personcina senza sesso.
SFINGE, Qui non si trova !
11
IÓ2
QUI NON SI T R O V A !
Essa era la custode della pubblica moralità,
sezione " letture proibite „. Ogni libro le pareva un nemico dell'umanità, ogni scrittore un
corruttore d'anime. Essa non comprendeva e
non ammetteva altro che la letteratura didattica per educare, per migliorare la gente. E
se qualcuno tentava spiegarle che tale letteratura c'è ma che non è arte, essa cadeva dalle
nuvole, sospirava, tentennava il capo, faceva
geremiadi contro gli scrittori immorali, non
solo quelli messi all'indice dalla Chiesa, ma
anche gli altri, che turbano la coscienza del
genere umano. La coscienza che si turbava,
leggendo certi libri, era la sua.... Ma la prudente beghina trovava giusto d'incolparne gli
scrittori.... anziché se stessa. Così voleva la sua
incosciente ipocrisia....
L'ultima ad arrivare al tè, oramai raffreddato, sotto la lampada amichevole velata da
un gran paralume di veli rosei e di merletti
bianchi, che pareva la gonnella alzata di una
ballerina di " rango francese „ (se lo avessero
supposto le pie donne!...), fu la più giovane
del gruppo, la contessa Marianna, di una delle
più cospicue famiglie della città, per la quale
tutte avevano un debole di sorelle maggiori.
Fresca, troppo colorita, col volto ancora infantile sull'opulenta persona. In un sontuoso
Pie donne
i63
mantello di ermellino immacolato dal grande
collo di volpe scura, con un " paradiso „ magnifico sul cappellino di velluto nero, essa arrivò placida, lenta, infingarda, sorridendo stupidamente.
Un coro di saluti affettuosi l'accolse. Essa
non aveva nessuna personalità morale, era una
perfetta nullità, uno zero coronato e bene
adorno, che si muoveva solo in automobile,
che non ispendeva in nessuna cosa n e m m e n o
un briciolo di attività. N o n aveva volontà;
quindi non nuoceva e non facendo paura alla
vanità di nessuno, tutti le volevano un po' di
bene.
— Maria cara, sì, una tazza di tè. Mangiare?
Oh Dio, la cosa che richiede minor fatica!
Sì, un marron glacé...., scusa, dammelo senza
carta, Daria! Bona, tu, sbottonami il guanto,
grazie. Oh signora Selene, grazie, sì, il
panchettino sotto i piedi. Ecco. Così. Slacciarmi il mantello ? Che noia ! Sì, ecco fatto.
Ora lasciatemi tacere un poco ! Sono molto
stanca !
N o n faceva mai nulla nella vita. N o n agiva,
non pensava, non godeva e non soffriva. Era
una vita la sua? Qual'era la sua menzogna
vitale? N o n aveva preferenze, non aveva, manco
a dirlo, passioni, non aveva vizi e non aveva
164
QUI NON SI T R O V A !
virtù. Era la personificazione dell'accidia. N o n
era mondana, non amava la lettura, detestava
il ricamo, non suonava, non giocava, non si
occupava della sua casa. Era ricchissima; altri
se ne occupava per lei. La beneficenza la seccava, suo marito faceva la sua vita fuori di
casa; persino l'abbigliamento, avendo l'abitudine del lusso, servendosi dai grandi sarti delle
grandi città, non la divertiva più. Essa scroccava, rubava il suo posto sotto il sole, non
meritando di vivere. La parola " lavoro „ le
faceva orrore e diceva : " Se io dovessi
lavorare.... preferirei morire,,. E non s'accorgeva che morta era già. Dava il superfluo
della sua borsa ai poveri, o, meglio, alla baronessa Zoe, che le risparmiava di comunicare con le miserie della vita disaggradevoli
a vedersi.
Ogni tanto però si leggevano sui giornali della
città lodi alla " benefica d a m a che faceva cospicue offerte con illuminata pietà,,.
Il circolo riunito sotto il gran paralume color di rosa stava per isciogliersi. Erano le
sei e mezzo, l'ora canonica.... Ognuna delle
perfette matrone doveva avviarsi verso la propria casa, chi a piedi, chi in carrozza, chi in
automobile.
D o n n a Maria aveva già fumata mezza doz-
Pie donne
i65
zina di sigarette, aspirando il fumo con una
voluttà che il buon conte suo marito non le
aveva mai fatta provare.... E pensava già al
menu del suo pranzo, alle sette e mezzo. D o veva cambiare vestito, perchè avevano alcuni invitati, e dopo, serata di bridge. Che
pranzetto delizioso! Le veniva l'acquolina in
bocca....
Le pie donne avevano parlato per più di
un'ora con una veemenza, con una forza che
avrebbe mosso un mulino a vento....
Quante chiacchiere, quante parole, quanti
argomenti inesauribili, che vena zampillante di
verbosità!
Pareva un passeraio.
Poi successe una pausa, un improvviso silenzio, il preludio dei primi congedi.
La signora Selene disse:
— Nasce un frate !
Ma Daria e la marchesa Lavinia la persuasero che aveva detta una sconvenienza
e non vollero spiegarle il perchè. Vi fu
ancora un breve silenzio, poi una voce si
levò:
— Dunque, per Cecchina, cioè per la Francesca Almerici, come ci regoliamo ? Bisogna essere d'accordo tutte.
Il naso della marchesa Lavinia parve al-
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QUI NON SI T R O V A !
lungarsi, mirò un punto ignoto, sembrò un
fucile spianato, pronto a lasciar partire il
colpo.
— Sfido io, — disse la voce di quel naso —
non c'è da esitare. Nessuna di noi deve più
riceverla.
— E se la incontriamo per le vie, alla predica o al cinematografo ? — chiese donna Maria, cui pareva già di avere sulla lingua il sapore di certi tourne-dos alla Rossini del menu
imminente: una rotellina di filetto collocata
sopra un tondo di pane; sul filetto un tondino
di pàté, sul pàté un tartufo.
— Se l'incontriamo.... faremo finta di non
conoscerla! Maria cara, non sono degne di te
certe indulgenze. Un'adultera? Vi par poco?
Bisogna chiamar pane il pane. U n a donna che
non ne ha abbastanza del marito e se ne cerca
un altro! Sudicerie!
— Puah! — esclamò la baronessa Zoe.
— Sudicerie! — ripetè il coro.
-—Si, non discutiamone più. Per noi l'Almerici deve essere morta. — Concluse Daria,
alta, imponente, come una statua di Minerva
corrosa dal tempo.
E tutte in piedi, in quel minuto del congedo
che per le donne dura un quarto d'ora, con
tanti stupidi baci sulle guance, con tante in-
Pie donne
167
terminabili sciocche cose " della staffa „, le pie
donne scambiavano gli ultimi saluti.
La signora Francesca Almerici era una donna
giovane, appassionata, di retto animo, intelligente, laboriosa, che era arrivata fino ai trent'anni essendo un modello di moglie. Suo marito non l'amava ed ella gli era stata fedele
lo stesso fino al giorno in cui aveva incontrato un u o m o che le aveva rivelata l'onnipossente passione. N o n aveva figli, la sua vita
era vuota e sconsolata. E al rude infedele m a rito che la maltrattava essa aveva preferito
l'uomo che l'adorava e lo aveva preso per
amante. Tutte le altre sue virtù erano state
allora cancellate ad un tratto in faccia al m o n d o ,
e specialmente in faccia al consesso dell'ufficiale virtù femminile cittadina. Quel suo unico
fallo aveva distrutti tutti i suoi meriti; ella
era decaduta dal suo posto di , donna per
bene, era stata cacciata in disparte, messa
alla gogna. Era caduta nel nero abisso del
peccato, era morta alla vita della rispettabilità
e dell'onore....
Le pie donne componenti l'areopago dell'alta
virtù locale erano state inesorabili nel giudicarla. Esse non erano mai cadute nel peccato
d'amore, ma possedevano, equamente distribuiti in ognuna, tutti gli altri difetti che dan-
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QUI NON SI T R O V A '
neggiano la società e che la Chiesa ha bollati
col n o m e di " peccati capitali „. Li avevano
tutti.... m e n o uno.... tutti sette m e n o uno. Il più
grave, dunque? Il più imperdonabile?
Così credevano le pie donne.... avare, superbe, invidiose, accidiose, irose, golose, ma
tronfie, orgogliose, levate a cielo da tutti, citate c o m e esempio di virtù, chiamate pure, immacolate, elette, per aver resistito ad una sola
tentazione al m o n d o : all'amore!
IL CAMPANILE.
D u e famiglie o, veramente, due dinastie, si
contendevano da tempo immemorabile il dominio del campanile della piccola parrocchia
montanara di Roncomarino. L'ufficio di campanaro era ereditario per antichissima consuetudine nella casa dei Gambalunga, per una
specie di sistema feudale che vigeva ancora
lassù su quel poggio romagnolo, che non aveva
ancora sentito il respiro della democrazia trasformatrice.
Il potere a Roncomarino era in mani ecclesiastiche. La parrocchia, di un migliaio di anime
circa, era tutta composta di contadini, sparsi
c o m e un gregge su per i fianchi delle prosperose colline. Accanto alla parrocchia erano alcune case con poche botteghe e una scuola.
Il C o m u n e era lontano, giù al piano ; un grosso
borgo che quasi ignorava la più alta e più
f 70
QUI NON SI T R O V A !
pittoresca " frazione „ del suo circondario. Il
parroco ed il cappellano erano di n o m e le sole
autorità locali. M a , di fatto, il campanaro era
l'uomo più potente. Cambiavano i parroci, ogni
tanto; cambiavano spesso i cappellani. Il campanaro restava e governava. N o n con l'intrigo,
né con la prepotenza, né con l'intelligenza.
Dominava gli altri per l'effetto meccanico, fisico, della sua residenza elevata e dello strumento di conquista ch'egli aveva in m a n o : la
musica delle campane.
Di padre in figlio, da cent'anni e più, la famiglia dei Gambalunga esercitava quell'officio.
Senonchè più di mezzo secolo innanzi era avvenuto un fatto, una soluzione di continuità,
in quel pacifico regno aereo, e una invasione
estranea aveva per un poco interrotto il regno
di quella dinastia. Essendo morto il vecchissimo campanaro (al quale il figlio era premorto) restava unico rappresentante della famiglia un bambino di pochi anni, che in nessun
m o d o avrebbe potuto esercitare la delicata mansione. La sede fu dunque, per forza, vacante.
O, meglio, fu necessaria una " reggenza „.
Il sostituto seppe lo stato temporaneo della
sua nomina e si insediò tuttavia nel suo officio, sperando forse in qualche evento propizio.
Era solo e fu ospite dei Gambalunga, ai quali
// campanile
171
era stato mantenuto l'uso delle stanzette in
cui molte generazioni della loro gente erano
nate e morte.
Nasone (così era chiamato di soprannome il
" reggente „, benché avesse il naso piccolo,
c o m e Gambalunga era un soprannome gentilizio che si dava ai membri di quella famiglia
anche se nascevano con gambe corte) fu sempre considerato un intruso, ed egli considerò
sempre c o m e nemici i suoi ospiti, negli anni
in cui rimase con loro. Si era però andato facendo amici ed estimatori fra i parrocchiani,
così che poteva dire d'aver un partito suo
quando ai diciott'anni dell'erede legittimo (che
intanto si era venuto istruendo ed esercitando
nel mestiere, nel quale egli era esperto naturalmente c o m e per un'innata tendenza ereditaria) fu deposto, con una regalia, dalla temporanea carica.
Nasone si fece venditore ambulante, prese
moglie, si stabilì altrove, ma accampò sempre
diritti al posto di campanaro di Roncomarino,
e andò dicendo dovunque che aveva patita una
ingiustizia, un sopruso, che il suo sacrosanto
diritto era stato conculcato.
Accanto alla chiesetta, linda e bene adorna
all'interno, scura e massiccia di fuori, con le
mura inverdite dal velluto dei muschi, come
173
QUI NON ST T R O V A !
un'antica fortezza, si ergeva il campanile, alto
e grigio sul cielo con le sue finestre ogivali
che lasciavano giocare l'aria intorno al bronzo
vetusto delle campane. Il tempo aveva distesa
una oscura patina sulle quattro più che centenarie campane; ma sempre giovani, squillanti
e melodiose erano le note che uscivano dalle
loro gole piene d'ombra. Il loro suono era la
voce della vallata montana, era il solo m o d o
di esprimersi di Roncomarino, piccolo nell'immenso mondo.
O g n u n a delle quattro aveva il suo n o m e :
nomi dati in antichi battesimi, incisi sull'orlo
delle bocche sonore. D u e erano più grandi delle
altre, gemelle, relativamente più giovani, dalle
voci piene e possenti, che riempivano la valle
di solchi profondi quando suonavano a stormo,
sì che l'eco ne giungeva fino ad altri territori.
U n a era vecchissima, del tempo della cripta
della chiesa (dicevasi), patinata di color fosco,
un po' logora, con la voce appena un po' fioca
ma ancora valida e solenne ; la quarta era più
piccola,- giuliva, vestita di verdognolo a riflessi
dorati, di snella forma, dalla voce di poco volume ma acuta, penetrante, di purissimo m e tallo, che lasciava a lungo nell'aria il suo fruscio ronzante, c o m e un'ape.
Tutto quello che avveniva da tempo i m m e -
// campanile
i73
morabile in quel cantuccio verde-azzurro di
m o n d o era annunziato, commentato dalla voce
delle quattro campane; i battesimi, le nozze,
le agonie, le morti, le feste dei Santi, le laudi
a Dio per i buoni raccolti, le preghiere per
iscongiurare le tempeste, YAve Maria del giorno
e VAngelus della sera, che chiamano l'uomo
al lavoro ed al riposo; tutto le campane avevano detto, sole voci di quella solitudine.
Le colline, prime ondulazioni dell'Appennino
romagnolo, dietro Roncomarino, erano trasparenti e violacee come zone di veli sorrette da
mani invisibili: il cielo pareva curvarsi ad abbracciarle e s'indorava all'ora del tramonto di
luci prodigiose, fantastiche, diventava c o m e un
gran lago d'oro nel quale pareva navigare sola
una grande vela rossa, rotonda — il disco del
sole — dipinta di misteriosi segni, c o m e le
vele dell'Adriatico che verdeggiava appena laggiù in una strisciolina lontana....
Nel primo piano, sullo sfondo lilla e cilestrino, a cavalcioni di due collinette, un greppo,
su cui era la chiesa fiancheggiata dal suo grigio campanile, più alto delle querce e dei castani che vestivano le pendici di un gran manto
d'ombra. Di lassù, com'era larga e azzurra,
tutta rigata di sentieri, ingemmata di case e
macchiata di verde fresco, la pianura ! Lontano,
174
^U1
N O N S1
TROVA!
lontano, passava ogni tanto un serpentello nero,
col suo pennacchietto di fumo.: il treno.... del
quale non si sentiva n e m m e n o il fischio. Le voci
erano, lassù, rare e discrete. Stornelli di donne,
cigolii di ruote, gridi di lavoratori, mugolii di
buoi, canti di galli....
Il campanaro di Roncomarino era, nel suo
genere, un artista. Tutti così, di padre in figlio:
avevano nelle dita, nelle braccia, negli orecchi
il genio dei suoni. Fremevano veramente nei
bronzi, scendevano dal campanile grigio, si
spandevano per l'aria la gioia o la tristezza di
tutti, in onde che parevano palpiti di cuore, invocazioni ardenti verso l'Infinito, suscitate dalla
esperta forza del vecchio campanaro. Il quale
sentiva confusamente tutto questo ed aveva coscienza del suo potere sovra i parrocchiani e
ne traeva profonde soddisfazioni di orgoglio
nella sua ingenua anima mistica che offriva a
Dio in letizia la sua pia fatica quotidiana.
La sua vita umile sarebbe stata felice se
l'incubo di quella gente lontana che accampava
diritti alla eredità del campanile non lo avesse
di tanto in tanto turbato. Ma i suoi guai più
prossimi, povero Gambalunga, li aveva anche
lui. N o n c'è u o m o giusto che non abbia qual-
77 campanile
i75
che nemico, anzi la virtù semina il bene e
raccoglie il male. Ora era un tale che gli rimproverava di aver suonata troppo brevemente
l'agonia di un parente; ora un altro si lagnava
che gli scongiuri contro l'uragano fossero stati
inefficaci. E qualcuno deprecava che YAve Maria del mattino fosse suonata troppo tardi
dalla sua pigrizia; e alcune donne mormoravano ch'egli non attendesse il tramonto del
sole per suonar vespro....
Gambalunga era scrupoloso; non lesinava i
suoi concerti aerei e lasciava dire i maligni, forte
sotto la corazza della sua buona coscienza.
Ora avvenne che quelli di " Nasone „, antichi pretendenti al campanile, gente randagia
e turbolenta, andarono a stabilirsi in una delle
case accanto alla chiesa di Roncomarino e si
unirono ben presto, come era da prevedersi,
ai nemici di Gambalunga,
Fu aperta in quel tempo un'osteria (a malgrado della proteste del curato) e vi fu insediato una specie di circolo locale in cui tenne
pulpito Nasone il giovane, un bracciante dalla
parlantina sciolta, che leggeva i giornali e abbindolava il prossimo con le sue chiacchiere. N o n
però con idee sovversive — che anzi egli teneva
molto a procacciarsi la stima del parroco e del
cappellano — perchè aveva le sue mire segrete.
176
QUI NON SI TROVA !
Il segreto però fu ben presto quello di Pulcinella. Nasone il giovane aspirava attivamente
a diventare campanaro di Roncomarino. Quell'ufficio gli sembrava una desiderabile prebenda, una sinecura che faceva gola alla sua
infingardaggine. Il campanaro gli pareva una
specie di curato laico, che può avere i piaceri
della famiglia accanto a quelli della sacrestia.
Buoni bocconi, doni dei parrocchiani, abilità
nessuna: tirare quelle cordicelle e i battagli
vanno da sé. U n o della sua famiglia, suo nonno,
aveva avuto quel posto e lo aveva tenuto degnamente dieci anni. Perchè l'avevano scacciato? Era stata un'ingiustizia, tollerata dalla
buon'anima dell'avo, gonzo e ignorante dei
suoi diritti. Il padre suo si. era un tempo fatto
sentire, ma alla Cura avevano fatto orecchie
da mercanti. Adesso, però, era venuto il tempo
di riaffacciare l'antico diritto calpestato. G a m balunga era vecchio e non aveva figli maschi.
Chi gli sarebbe succeduto alla sua morte? Un
genero? Ah no! Quello era un altro sangue
e non aveva diritti all'eredità. Più valide erano
le ragioni di Nasone discendente legittimo e
diretto di un campanaro che aveva tenuto quel
posto, un tempo, con onore.
Nasone non si contentò di chiacchiere. Consultò un avvocato, il quale gli disse che pò-
// campanile
177
teva anche aver ragione e si dichiarò disposto
a sostenere le sue parti, trattandosi di una di
quelle cause imbrogliate che per eufemismo
si chiamano " eleganti „. Ma l'avvocato voleva
essere pagato a contanti.... Un fatto avvenne,
stando così le cose, che fece scendere ad un
tratto nel pubblico i valori del povero Gambalunga e rialzò quelli del facinoroso Nasone. L'ultima nubile delle quattro figliuole del campanaro,
una biondina dalle rosee guance e dal sorriso
promettitore, si diede, prima delle giuste nozze,
al suo damo, e se ne videro nella sua personcina leggiadra le gravi conseguenze. Lo scandalo fu enorme. C o m e ! All'ombra del campanile, nella mistica atmosfera dei suoni e dell'incenso, sulle soglie della chiesa e della sacrestia, nel sacrario della parrocchia, d'onde
deve scendere sul gregge con la benedizione
il buon esempio!
Gambalunga era dunque rimbambito a tal
segno o aveva smarrite le regole della sua
antica morale? E che faceva la sua vecchia
donna? C o m e mai non avevano sorvegliato
non solo, ma come non avevano inculcati nelle
figliuole i sani principi dell'onore?
L'onesto austero vecchio, nutrito di sacri
suoni e di aromi d'incenso, che viveva fuori
del mondo, un po' trasognato, coi suoi capelli
SFINGE, Qui non si trova !
12
i78
QUI NON SI TROVA?
bianchi che gli formavano intorno alla fronte
come un'aureola di fiammelle d'argento, fu ritenuto responsabile del fallo della svergognatela,
e s'ingrossò come per malefico incanto il drappello dei suoi nemici. I parrocchiani si divisero
in due partiti. Quei buoni romagnoli furono
lieti dell'occasione che loro finalmente si presentava «per dividersi in fazioni avverse. Un'opinione non avrebbe in R o m a g n a valore alcuno
se non esistesse l'opinione contraria. Polemizzare è lo stato d'animo naturale di quella gente
cui il sangue bolle gagliardo nelle vene.
Troppo aveva indugiato lassù lo stato di
apatia. Ora respiravano veramente nella loro
atmosfera morale e quasi sapevano grado alla
biondina procace di aver loro fornita la scintilla che aveva fatto divampare l'incendio.
Erano finalmente anche lassù due partiti armati l'un contro l'altro a prò di due cause che
a ciascun pareva la giusta. Gambalunga e Nasone erano il preludio di vita spirituale di Roncomarino, erano l'aurora di future lotte maggiori
per cause più vaste e più moderne. Da allora
cominciava veramente lassù la novella storia.
Tutte le forze vergini e pugnaci di quegli
uomini semplici, da secoli dormenti, si levarono a volo. Divennero inquieti, battaglieri,
aggressivi, violenti, quasi feroci. Si tennero
77 campanile
179
riunioni segrete, si cospirò nelle ore notturne,
s'inventarono parole d'ordine, segni convenzionali, si portarono armi, si lasciò il lavoro
per la diatriba, per corse al borgo, per viaggi
fino alla lontana città. Avvocati e politicanti,
furbi e interessati, aizzarono di lontano gli
odi invece di calmarli; e fu sentenziato e
scritto su qualche giornale circondariale che
a Roncomarino era sorta una questione politica e che i due campanari non erano in fin
dei conti che gli alfieri di due bandiere diverse. Gli uomini politici del capoluogo si ringalluzzirono : così i conservatori c o m e i socialisti pensarono che alle prossime elezioni si
sarebbero conteso quel nucleo di voti fiorito
impensatamente all'ombra di quella sacrestia
montanara.
Il curato buontempone, corto di cervello,
battezzava i nuovi nati, che crescevano c o m e
funghi, portava il viatico ai moribondi, celebrava la prima messa, raccoglieva le decime
e credeva in fede di compiere così tutto il suo
dovere di pastore. Il breviario è il sangiovese
occupavano il resto del suo tempo. Il cappellano, magro e giovane per quanto il curato
era vecchio e panciuto, era un modernista,
colto, pieno di segrete ambizioni, che considerava una prima tappa necessaria e fuggevole
i8o
QUI NON SI TROVA!
della sua carriera quel posto che sdegnava
c o m e indegno di sé. Né l'uno né l'altro si occupava del campanile e tutti e due sorridevano
di dispregio per quella questione che loro pareva trascurabile.
Intanto i partigiani di Nasone si raccoglievano, si contavano, decidevano di passare dalle
parole ai fatti.
Se nessuno voleva efficacemente aiutarli né
alla parrocchia né al C o m u n e , se in città si
dava loro ragione ma nulla si faceva in loro
prò, ,bene avrebbero essi stessi provveduto.
Chi ha ragione deve muoversi. Vale più un
bel fatto che cento belle parole. Si era determinato quello stato di nervosità collettiva che
trova soltanto la sua soluzione nella violenza.
Avvennero tafferugli qua e là, tra gruppi
delle parti avverse. Si udivano nei paraggi
della chiesa grida di : " Abbasso Gambalunga „
o di " Evviva Nasone „ partire dalla folla all'ora
dell'uscita dalle funzioni sacre. Si trovarono
perfino imbrattate di epigrafi spropositate e
sovversive le m u r a della parrocchia e della
" canonica „. Il curato ne fu seccato nella sua
satolla infingardaggine e pur non volendo grattacapi dovette tenere un discorso, dopo la
messa, incitante alla calma e alla fraternità. Ma
il discorso lasciò il tempo che aveva trovato.
Il campanile
181
La biondina prevaricatrice era stata allontanata per ordine del curato e dello stesso
padre. La vecchia madre piangeva di dolore
e di vergogna. Il povero Gambalunga, con le
sue gambe corte, sulle quali oramai male si
reggeva, era come colpito dal fulmine. Il disonore famigliare e più ancora la minaccia di
essere spodestato da quell'officio ch'egli credeva spettargli per immutabile decreto divino !
" Solo la morte mi staccherà dal mio campanile „, egli diceva ogni tanto; e persuadeva i
suoi partigiani alla calma, parendogli inutile
ogni violenza, perchè egli sentiva su di sé la
protezione di Dio.
— Veramente Iddio avrebbe potuto aiutarmi
anche per il fattaccio occorso in casa mia —
pensava il vecchio. Ma tosto si pentiva della
bestemmia, riflettendo che quella era un' altra
cosa, un fatto d'ordine privato e laico, mentre
il campanile, le campane, il campanaro erano
cose appartenenti al culto divino, cose che
sono sotto la diretta sorveglianza del cielo....
e si consolava ripetendo:
— No, Dio non permetterà lo spodestamento
del suo servo devoto!
Egli aveva con tutte le persone della Santissima Trinità antica dimestichezza: una cieca
fede in esse era nel suo ingenuo cuore idola-
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QUI NON SI T R O V A !
tra. Gli pareva conoscere personalmente quegli
altissimi personaggi, in quella materializzazione
del culto che è così necessaria ai poveri di
spirito, i quali devono vedere per sentire. Egli
credeva nell'Eterno Padre, così, come lo aveva
sempre veduto ed onorato sull'aitar maggiore
della sua chiesa, uscente dalle nubi, avvolto
in un gran manto color marrone, con la gran
barba bianca fluente e le severe ciglia onnipotenti: credeva nella celeste colomba, Spirito
Santo, così c o m e la vedeva tutta circondata di
luce; credeva in Gesù Cristo bello e biondo,
vestito d'azzurro, col suo cuore in mano, ardente c o m e una piccola fiaccola....
A quelle personificazioni della sua fede egli
si rivolgeva, parendogli che lo avrebbero aiutato e protetto assai meglio che il buon volere
dei suoi partigiani. Piccolo e magro, sbarbato,
con gli orecchini d'oro, secondo l'ormai tramontata usanza, un po' sordo per il continuo
e vicino fragore delle campane, egli era sempre un po' fuori del m o n d o reale, sempre un
po' ebbro di vento, d'orizzonte e di suoni. M a ,
umile verso Dio, egli si sentiva in certa guisa
superiore agli altri uomini per l'effetto stesso
della sua professione, che lo isolava dagli altri,
dall'altura da cui dominava, e per l'ardore sincero della sua fede, che gli sembrava avvici-
Il campanile
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narlo all'eternità. Per Gambalunga il suo officio
era missione ; per Nasone invece sarebbe stato
mestiere. Pretendeva costui di essersi esercitato in un paese di pianura a suonare le campane e si vantava di farlo meglio del vecchio.
— Chi non è buono di fare il campanaro ?
Le mie mani sono più forti di quelle di Gambalunga. Un giovane vale sempre più di un vecchio !
E raccontava che nella tale parrocchia era
la serva del curato che fungeva da campanaro;
che in un'altra, sempre per l'avarizia del curato,
suonava le campane il cappellano: e prometteva ai parrocchiani economia, puntualità, modernità di sistemi e nessuna sgualdrinella tra
i piedi ad insudiciare l'ombra del campanile....
Fu dunque deciso d'insediare a viva forza
Nasone al posto del vecchio, strappando il
consenso al curato per forza di volontà plebiscitaria.
Mite era il pomeriggio autunnale e pace
avrebbe dovuto suggerire agli uomini la serena bellezza del colle e della valle. In quel
preludio d'inverno la campagna, tutta spoglia
e rossiccia, era avvolta in una nebbiolina azzurrigna che fondeva come in una larga velatura di pastello tutte le tinte,
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QUI NON SI TROVA!
Lassù, Roncomarino, ora che i boschi erano
nudi, si ergeva tra il monte e il piano, fiero
sul suo picco isolato, nel suo gruppo di case
dominate dalla chiesa e dal campanile solido
ed alto. Da un lato scendevano, c o m e in una
lunga processione, due interminabili file di
pioppi brulli, tra i quali luccicava la traccia
del torrente: e le spoglie foreste sui pendii
parevano da lungi altre chiese di pietra fulva,
cuspidali o basilicali, a seconda della forma
delle piante, piene di maestà e di mistica bellezza. E sui campi avviati verso il piano, tra
quella sospensione di vita delle creature vegetali, una immensa esplosione di giovanissima
vita, un enorme palpito di creazione recente,
verdolina, fresca, tenera, commovente c o m e la
prima pelurie che ricopre il capo dei neonati:
la sacra infanzia del grano.
Ma lassù, a Roncomarino gli animi erano
pervasi da un turbamento che aveva bisogno
di sfogo immediato.
L'ora della " benedizione „ era stata scelta
per venire ai fatti: impedire, cioè, a G a m b a lunga di salire sul campanile, e portare Nasone
lassù a prendere possesso della sua nuova carica, col diritto di conquista, col diritto del
più forte, eletto dalla volontà del popolo. Già
quattro congiurati seguivano, inavvertiti da lui,
77 campanile
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il vecchio campanaro, che gironzava qua e là
per la chiesa, accudendo egli anche alle funzioni di sagrestano in cui era coadiuvato da
due piccoli chierici. Già un gruppo più n u m e roso di cospiratori circondava Nasone, il quale
largiva a destra ed a manca sorrisi e saluti,
c o m e colui che cerca di allargare e di rafforzare la propria popolarità. Nessuno di parte
avversa s'era accorto della congiura e i faziósi
si lusingavano del sicuro successo dell'impresa
gaglioffa, quando uno di quei piccoli fatti dai
quali dipendono alle volte i fatti grandi (anche
su scene più vaste del m o n d o ) avvenne. Sull'altar maggiore una torcia si piegò ed appiccò
il fuoco ad una palma di rose di carta. Vi fu
un panico: si udì qualche grido di donna, si
sospese per alcuni minuti la funzione ; gli animi
tesi dei cospiratori si affloscirono un poco nella
forzata distrazione. Qualche parola sfuggì da
qualche bocca imprudente. U n o dei fanciulli
chierici la raccolse, corse a soffiarla al duro
orecchio di Gambalunga.
— Cosa? — fece egli, tra sbalordito ed incredulo. — Nasone sul campanile, adesso?
Glielo portano? Ma tu sei pazzo, piccino! E
io, non ci sono ? Morto sì, mi porteranno fuori
dal mio campanile, ma vivo no!
E il vecchietto raggiò dai cavi occhi un lume
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QUI NON SI TROVA?
di giovinezza, un soffio di vita gagliarda agitò
le sue m e m b r a e subito, assai prima del m o mento voluto, entrò nella sacrestia, sgattaiolando tra le fila de' suoi nemici che non avevano preveduto quella mossa, e che non fecero in tempo a fermarlo. Entrato nell'angusto
recinto del campanile, egli ne serrò l'usciolo,
lo assicurò con un catenaccio interno di cui
gli altri non sapevano l'esistenza e si sentì
subito sicuro e forte c o m e un capitano difeso
da possente trincea.
Prima di entrare nel luogo sacro, nel quale
pendevano insieme i lembi delle quattro funi
che le sue vecchie mani agitavano da tanti
anni, egli stette un m o m e n t o in ascolto e si
accorse subito di essere inseguito. Qualcuno
tentava l'usciolo, e una bestemmia si levò dinanzi a quella resistenza impreveduta. Si udivano peste, passi pesanti di scarpe ferrate,
mormorii bassi, poi voci alte, rumore di folla
vicina e minacciosa che al duro udito del vecchio formavano c o m e un brusio confuso e lontano di vento fischiante tra le selve....
Egli comprese il pericolo, vide la minaccia prossima, imminente, intuì la congiura, si
sentì solo a lottare nella evidente imprevidenza
de' suoi partigiani.
Più che un pensiero fu il suo un sentimento.
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Era solo, contro una folla ostile e minacciosa;
solo e vecchio contro tanti uomini giovani e
audaci....
— Niente paura, Gambalunga — egli si apostrofò. — Hai dei buoni protettori ! — Si fece
il segno della croce e salì veloce l'erta scaletta fino al " castello „ delle campane. Svelto,
destro, esperto c o m e nel suo proprio elemento,
egli si protese nel vuoto e a una a una abbracciò e baciò le quattro campane, che erano la
sua tenerezza e la sua gloria. Le sue labbra
al contatto freddo del metallo provarono il
santo brivido dell' innamorato mistico che accosta alla bocca una reliquia taumaturga.... Poi
ridiscesce con giovanile sveltezza e diede di
piglio alle funi.... Tutto il suo amore di vecchio artista pel suo lavoro antico e diletto,
tutto il suo orgoglio di uomo, tutta la forza
del suo diritto conculcato : lo spirito di conservazione che dà all'essere forze più che umane,
l'ardore puro e invincibile della sua fede ingenua ma grande perchè verace, gonfiavano la
sua potenza fisica, davano ali alla sua maestria
di stormidore, davano palpiti, brividi nuovi
alle antiche voci dei quattro bronzi.
Per l'aria cilestrina, che egli vedeva dal basso,
sul suo capo, come una cupola santa, si diffondevano gli accordi, le armonie, le melodie,
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QUI NON SI TROVA !
i temi di tutti i sacri riti della romana liturgia.
La piccola voce della campanella minore cantò
le note del " mattutino „ e quelle dell'Ave Maria della sera: le voci piene delle due campane
gemelle suonarono a stormo, a distesa, si sferrarono al sole e al vento, gridando, implorando,
osannando ; la gran voce cupa della quarta campana, la più nera e la più vetusta, c o m e un pedale
in minore, sillabò le sue lente parole di pace, i
suoi rintocchi funebri, i *suoi ammonimenti agli
uomini, le sue solenni invocazioni all'Eterno....
Tutti insieme, l'un dietro l'altro, alterni e
simultanei, quei suoni dissimili, quelle voci ora
fioche, ora alte, quelle espressioni diverse dei
differenti stati dell'anima religiosa che aspira
a comunicare con l'Invisibile, producevano un
effetto singolare, profondo, incalcolabile.... Forse
l'intuito del vecchio agitatore di funi aveva
preveduto ciò.... o n e m m e n o egli stesso se
ne era reso del tutto conto.... Egli aveva voluto pregare Dio c o m e meglio aveva potuto,
egli aveva offerto al Cielo e agli uomini il m e glio che poteva di sé ; si era espresso con la
sola eloquenza che gli apparteneva.... E quella
inaspettata esplosione di musica, quel concerto
aereo meraviglioso, cadde sulla folla, su quella
amica e su quella ostile, c o m e un prodigio, suscitando un'onda di commozione irresistibile....
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Destati dalle vibrazioni dei bronzi, salivano
su dalle anime stormi di ricordi, di affetti, di
superstiziosi timori, tutta la fioritura della poetica vita segreta che sonnecchia nell'asilo dei
cuori umani.... Ognuna di quelle note aveva accompagnata una vicenda sentimentale di ognuno.... Chi ricordava la morte di un proprio bambino, chi l'agonia della propria madre, chi un
incendio spento per l'accorrere della gente
chiamata da quella campana, chi la vittoria
contro la minaccia dell'uragano.... chi le litanie
alla Vergine in un maggio lontano, quando nel
suo cuore era fiorito per la prima volta l'amore; chi la gaia sagra del villaggio con le
belle fanciulle vestite a festa.... Erano quelle,
proprio quelle le voci, le note amiche, che avevano accompagnata la vita di ognuno nella
gioia e nel dolore ; era la m a n o di Gambalunga,
del povero vecchio bianco e piccino, che faceva vibrare tutte le campane, ch'egli conosceva ed amava c o m e fossero le sue figliuole....
Quelle erano veramente le creature di lui, non
le altre di carne e d'ossa che potevano peccare, disonorare la sua casa, ma che non potevano togliere a lui l'onore, il pane, né la
benevolenza dei parrocchiani....
Le campane erano alte e pure, erano in co*
municazione col cielo, e Gambalunga che sa-
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QUI NON SI TROVA!
peva suonarle così bene era un eletto del Signore! C o m e era bravo! C h e maestria nelle sue
mani che non tremavano ancora, che forza nei
muscoli delle sue vecchie braccia!
In un rapido passaggio di psicologia collettiva l'odio fu nei petti dei sediziosi sostituito
dalla simpatia, dal pentimento, dall'amore....
L'orgoglio nativo di quella gente che un picciol torrente e qualche selva serrava e divideva da altre genti, si eresse, si dilatò; furon
tutti fieri dell'artista del campanile, furono tutti
commossi, pieni di rispetto per quel suo gesto
impreveduto e vittorioso.... Si udivano numerose soffiate di naso, colpi di tosse.... si vedevano occhi luccicare.... e alte grida di: "Viva
Gambalunga! Vogliamo Gambalunga! Morte a
chi offende il nostro campanaro ! „ si levarono
su da tutti quei petti nei quali poco innanzi
ruggivano l'odio e le minacce.
Nasone, l'idolo decaduto, era sgattaiolato via
inosservato e vergognoso.
Gambalunga, pallido e trasognato, con gli
occhi pieni d'azzurro, con l'anima piena di
suoni, saliva con lo spirito verso altezze beate,
mentre con le malferme g a m b e scendeva la
ripida scaletta ed apriva finalmente la sua gloriosa barricata....
INDICE.
Pag.
Ulva donna incontrata due volte
Un perdigiorni
Causa di separazione
Parole non pronunciate mai
Il benefattore .
La sposa del grand'uomo
Anime in maschera
lo e mio
figlio
Pie donne
11 campanile
i
17
37
61
79
9$
n5
I3I
I
49
^9
MILANO — FRATELLI TREVES, EDITORI — MILANO
LE SPIGHE in preparazione:
// cibo amaro.
GIOVANNI BANFI .... Piccole tragedie.
PIERANGELO B A R A T O N O La giostra d
A D E L A I D E BERNARDINI. La signora l
Morte.
A L B E R T O BOCCARDI . , Tra la perdu
VIRGILIO BROCCHI . . . L'arcolaio.
F R A N C E S C O CHIESA . . Racconti puerili.
G R A Z I A D E L E D D A . . . Cattive compagnie.
A N D R E A GUSTARELLI . Genuflesse.
MARINO. M O R E T T I . . . . / lestofanti.
M A R I N O M O R E T T I . . . . Il paese'degli equivoci.
E T T O R E M O S C H I N O . . . Trasfigurazioni d'amore.
A. S. NOVARO
La fisarmonica.
C A R O L A PROSPERI . . . Ieri ti amavo.
LUCIANO ZÙCCOLI . . . Perchè ho lasciata Zina Scerkow.
PAOLO ARCARI
Dirigere commissioni e vaglia ai Fratelli Treves, editori, Milano.
UNIVERSITY OF CHICAGO
099 744 162