qui non si trova! - The University of Chicago Library
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QUI NON SI TROVA! THE UNIVERSITY OF CHICAGO LIBRARY DELLA MEDESIMA AUTRICE (Edizioni Trpvcf»). Dopo la vittoria, romanzo . . L. 3 5o La costola di Adamo, romanzo. . 5 — // castigamatti, novelle . . . .4 — Lettere intime, novelle. . . . . 4 — SFINGE QUI NON SI TROVA! NOVELLE "•,... l'amore è necessario a questo mondo: ma ve n'ha quanto basta, e non fa mestieri che altri si dia la briga di coltivarlo. „ MANZONI. \FT€/ MILANO FRATELLI TREVES, EDITORI 1920 Secondo migliaio. PROPRIETÀ LETTERARIA. I dìriili di riproduzione e di traduzione sono riservati per tutti i paesiy compresi la Svezia, la Norvegia e VOlanda, Milano, Tip, Tjreves, UNA DONNA INCONTRATA DUE VOLTE..., U n a voce disse: — La maternità è la sola religione che non ha miscredenti. Un'altra disse: — La maternità, che ha vissuto in questo tempo la sua più vasta tragedia, è il solo sentimento u m a n o puro di ogni egoismo. U n a terza, disse : — La maternità è una funzione fisiologica c o m e un'altra, abbellita dal fatale bisogno di poesia che è nell'uomo. Io, pregata di fare la mia definizione.... raccontai: u U n a donna incontrata due volte, è rimasta impressa nell'obbiettivo della mia memoria con segni netti e profondi di violenta acquaforte, e mi ha date matasse di pensieri da dipanare intorno alla questione che non può essere contenuta in nessun cerchio fisso di parole. S F I N G E , Jf$«/ non si trova ! 1 S* OUI N O N si T R O V A ! L'ho incontrata due volte in tre anni; ma nei due rapidi incontri, in due orizzonti diversi, essa ha lasciata nel mio ricordo l'impronta incancellabile della sua passione e della sua robusta eppure indefinibile figura morale. Il primo incontro avvenne tre anni fa, in una celebre città d'acque. Nel vecchio giardino di un quieto albergo, mi fu presentata questa desolata madre che aveva perduto il suo unico figlio : un giovinetto eroe morto in guerra. Ancora giovane e bellissima, con la pallida faccia bendata di gramaglie, aveva una forma di dolore selvatico, quasi aggressivo, che le dava l'avversione del prossimo e l'insofferenza d'ogni amichevole consolazione. Desiderò conoscer m e , con una iniziativa che sbalordì la nostra comune conoscente, e venne a cercarmi un giorno, in un recinto solitario, sotto i vecchi alberi del parco, dove io avevo piantate le mie tende. Mi disse: — Faccio un'eccezione per Lei. Sento che Lei può capirmi. Gli altri mi sono indifferenti.... quando non mi sono odiosi. N o n trovo nessuno che meriti di guardare da vicino nel mio dolore, di assistere allo strazio del mio povero cuore. Parlava con una strana voce dura, con la Una donna incontrata due volte.... 3 fronte ostinata, con lampi di luce fosca nei magnifici occhi neri, senza lagrime. Era, e più ancora doveva essere stata, una delle più belle creature che sia possibile immirare. Alta, formosa, slanciata, con quel sicuro portamento, con quella armoniosa eleganza di movenze che accompagna la perfetta proporzione delle membra. Sulla faccia di un caldo pallore sano, ora un po' sfiorita, i denti splendevano in un luccichio un po' aspro, quasi cattivo e le parole vi passavano attraverso c o m e dardi che avessero l'intenzione di colpire qualcuno o qualche cosa. U n a superba maschera tragica, che il mio senso estetico contemplò con gioia ancor prima che il mio cuore si svegliasse alla pietà. Cercai richiamarla a più miti sentimenti, cercai destare in lei la voce della ragione.... cercai pietose menzogne e filosofiche verità per lenire il suo duolo così grande e così disumano. Ma essa non si raddolcì sotto l'onda delle mie parole amichevoli, non si lasciò ingannare, non potè rasserenarsi, non volle piegarsi. Dura, impietrita, nemica, ostile a tutto e a tutti, ripeteva : — Ma mio figlio non c'è più, ma il mio piccolo non è più con m e , mio, tutto mio, solo mio, unico mio tesoro! La patria? La gloria? 4 QUI NON si T R O V A ] ! Ah per carità, non mi dica codeste inutili cose1 Si. scandalizza? Ila orrore eli ine? No..,, oh no' Lei può capirmi, lo sento, lo so. N o n sono abbastanza vecchia per rassegnarmi, come un povero cencio inutile, come una pianta mezzo morta, al mio terribile destino; e non sono più abbastanza giovine per potermi rifare una felicità. Ho ormai quarant'anni.... Passò sulla sua faccia medusea una grande ombra che la oscurò tutta, materialmente, e parve appesantirla di una improvvisa vecchiezza. Poi una subita luce sfolgorò, cacciò via l'ombra e parve accendere una misteriosa fiaccola interiore che tinse le guance di rosa e fece sfavillare gli occhi, tanto che le palpebre sbatterono due o tre volte.... Io dissi: — Ci sono nella vita molte maniere di consolazione, molte forme di attività che aiutano a sopportare il dolore. Ella mi interruppe: — No, non per m e ! Per m e , il solo, solissimo, esclusivo m o d o d'esser felice, era la maternità. Io non sono nata con altra vocazione, con altra missione che questa: essere madre. C o m e ? Tutte le donne, lei dice? N o , non come m e , non così esclusivamente. Tutte le donne Una donna incontrata due volte.... 5 che mi vedevo, che mi vedo intorno, hanno anche altre occupazioni, altre tendenze, altre predilezioni che lottano con l'istinto della maternità, che qualche volta lo superano, che spesso lo addormentano. Io non sono mai stata altro che una madre. Quando ero piccina dicevo, cullando le mie bambole, che adoravo: " Quando sarò grande voglio avere cento bambini „. Da giovinetta ero felice della mia bellezza, perchè sapevo che avrei trovato presto un marito per avere dei figli. Fino a circa diciotto anni, dicevo ingenuamente: " C o m ' è noioso che per avere dei bambini sia necessario essere in due! „ N o n sono mai stata civetta. N o n sono sensuale. Tutta la mia vitalità si è esplicata in una tendenza sola, in una passionalità sola: nella gioia d'essere madre. Io amavo mio figlio non solo con l'anima, ma con tutta me stessa. È un dolore anche fisico il mio! È come se m'avessero amputata una parte di me stessa! La guardavo mentre parlava, sincera, veemente, superba, àccusatrice, come se stesse facendo il processo alla natura, a Dio, al destino, ferita nella sua umanità possente, nelle sue viscere materne che'parevano quasi visibilmente sanguinare; e da tutta quella forza ancor così viva e giovane, si sprigionava al- 6 QUT. NON 61 TROVA,' cunchè di battagliero, di non domo, che voleva difendersi, ribellarsi, che aveva voglia di espandersi, di vivere, di gioire, di fiorire ancora sotto la luce del sole! Le dissi: — Forse.... Lei dovrebbe rimaritarsi.... Insorse : — Perchè? Eppoi come si fa, così, a decidersi, a scegliere, a non buttarsi in un precipizio? N o n ho tempo da perdere, io.... E ho orrore dei legami, avvezza da tanti anni, come sono, alla libertà. Rimasi vedova assai giovane. Sono ricca, sono sempre stata padrona di m e , col ricordo di un u o m o che mi adorava, un u o m o che radunava in se tutte le perfezioni. N o n vorrei un u o m o vecchio.... e avrei paura di un u o m o troppo giovane. Ho delle sorelle, delle amiche infelicissime. Il matrimonio mi ha sempre riempita di spavento.... Avrei potuto rimaritarmi tante volte, assai bene e non volli mai.... Avevo il mio tesoro. Mi bastava quello. La sola felicità possibile per me era la maternità. N o n sono nata amante, io. N o n sento nessuna attrazione e nessuna tenerezza per i maschi. Mio marito, buon'anima, si lagnava sempre della mia freddezza con lui. Eppure gli volevo un gran bene. L'uomo non serve alla donna che per renderla madre. Tutti gli altri rapporti Una donna incontrata due volte.... 7 fra i due sessi, secondo il mio avviso, sono inutili. Era così sincera, così convinta, nella sua teoria brutale, direi quasi, bestiale, di castità feroce e irriducibile.... che ne ero scombussolata, come se mi trovassi davanti non ad una dolente madre che aveva perduto suo figlio.... ma ad una cieca forza della natura che voleva furiosamente trovare uno sbocco per la sua salvezza. Comprendevo d'essere in presenza di un chiuso inconscio egoismo che, in fondo, non pensava che a sé, non piangeva che di sé e per sé.... Perchè non l'udivo lamentarsi della spezzata vita del fiore ventenne che era suo figlio.... non l'udivo lagnarsi e straziarsi del crudo destino di lui, ma sempre e soltanto del destino suo proprio.... Ella era senza pianto a forza di patimento, ella era nel più nero abisso di dolore, sì, perchè suo figlio era morto.... eppure non soffriva così atrocemente per pietà di lui.... ma per sé, per la sua solitudine, per la sua nostalgia, per la delusa maternità di cui aveva bisogno.... Quale strano, difficile, astruso problema andavo io proponendo alla mia indiscreta indagine? Forse che abbiamo il diritto di domandare al dolore di quali ingredienti esso sia composto? Davanti alle sue lagrime o davanti 8 QUI NON SI TROVA ! al suo silenzio marmoreo, chi e che siamo noi che osiamo vivisezionarlo con irriverente coi tello? Cercai nella mia anima commossa e curiosa insieme, tutti i pallidi fiori della fraterna pietà e li gettai con gesti soavi sul grembo della povera madre, in quel lontano mattino di settembre, sotto i vecchi platani del silente giardino emiliano, serrato nelle brune cinture geometriche di antiche mortelle dall'odore dolceamaro.... La donna dolente, tutta armata del suo dolore pugnace, non si ammansava e non si arrendeva, ma non poteva sottrarsi all'incanto buono che su di lei operavano le mie parole, la mia voce, la mia presenza.... Ascoltava, ascoltava cose senza preciso significato, blandizie, sillabe dolci, voci di pace, suggestioni di speranza.... Mi guardava fìssa.... e ogni tanto distoglieva gli occhi dai miei, forse per timore che io vi leggessi, fuggevolmente, il rinascere di una lontana fede.... A un tratto, dallo chalet vicino, alcuni giovanissimi ufficiali, bimbi del 1900, coetanei del suo, uscirono e mossero verso di noi.... Erano convalescenti in cura.... Ancora tinti dal sole del Carso e dell'Isonzo; spavaldi, allegri adolescenti redivivi, pronti ad assalire la vita e Una donna incontrata due volte.... 9 la morte, divinamente incoscienti.... Parlavano alto, in una nube di fumo di sigarette, in un sonare di passi sulla ghiaia.... Ella si alzò bruscamente, mi lasciò, fuggì, selvaggia, tra i suoi veli svolazzanti, c o m e una grande farfalla nera notturna, offesa dalla luce del sole.... Io partii il giorno seguente e non la rividi. Eran passati tre anni. In una mattina di febbraio radiosa e tepida, in un paese della riviera ligure, passeggiavo lungo il marciapiede che costeggia il mare. Il mare e il cielo erano di un azzurro intenso, uniforme, quasi irreale, c o m e di liquefatti lapislazzuli, e parevano tingere dello stesso colore di serenità le cose ed i pensieri. Il sole era insaporato di mare, l'aria auliva di giovani aromi, le palme immobili disegnavano nell'aria dolce i loro ventagli orientali, emersi dai tronchi grigi, rugosi c o m e dossi di elefanti.... La solita folla frivola ed elegante di coatti del piacere, animava la passeggiata. Si formavano crocchi, si intrecciavano flirts, si pensava al giuoco, all'amore che passa, alla vanità permanente, al m o d o di far passare le CU QUI NON -51 T R O V A ! ore, in un continuo succedersi dì delizie, sempre le stesse, inesorabilmente monotone.... Tra tutte quelle marionette quasi consimili persino nell'aspetto, attrasse il mio sguardo un gruppetto verso il quale si volgevano molti curiosi sguardi. U n a bellissima ed elegantissima donna, vestita di chiaro, che teneva per m a n o un bambino di forse due anni, tutto avvolto in un ricco mantello di pelliccia bianca, c o m e una pallottola di neve : un baby magnifico, sano, esuberante, che tentava sfuggire all'amorosa stretta materna, insubordinato, splendido, biondo con grandi occhi neri, di quella perfetta bellezza infantile che rallegra e intenerisce anche i più indifferenti cuori.... Seguiva una nurse inappuntabile che spingeva un ricco carrozzino, spumeggiante di merletti e di nastri azzurri. Sorrisi al meraviglioso bambolo e ristetti alla voce della madre che lo vezzeggiava, rincorrendolo scherzevolmente.... Sotto l'ampia falda del cappello nero, due occhi cogniti mi guardarono.... Ero stata riconosciuta e.... finalmente, riconoscevo ! Lo sbalordimento, qualche altra cosa di indefinibile, c'impedì di salutarci. Ma era questa veramente la donna che avevo veduta tre anni innanzi, disperata e misera, nel vecchio giardino malinconico della città Una donna incontrata due volte.... n d'acque, tutta fasciata di veli neri, quasi dissennata per la morte dell'unico figlio ventenne ? Questa giovine donna vestita di lieti colori, radiosa, fiorente di bellezza e di felicità? Fui salutata da alcuni conoscenti e con essi mi sedetti sul muricciuolo che fronteggia il mare.... Ma ero turbata e distratta dall'incontro enigmatico. Intanto ella si era allontanata dal mio sguardo, proseguendo la passeggiata.... ma volgendosi ogni tanto a cercarmi con gli occhi. C o m e fui di nuovo sola, essa volse indietro i suoi passi: mise il piccino nella vetturetta, fra i suoi merletti e i suoi balocchi.... e mosse risolutamente verso di m e . Mi prese le mani, me le strinse forte, mi trasse accanto al piccolo, mi disse piano: — Lo ha visto? È mio figlio. L'ho voluto. N o n avevo tempo da perdere. Mi era necessario per non morire. — C h e splendore! — io esclamai. Ella fece: — N o n è vero? Somiglia all'altro! Ora io vivo un'altra volta. Sia benedetta la vita! La sua faccia raggiava. Pareva giovanissima. Mi guardava insistentemente.... interrogava il mio silenzio, imperiosa, superba, eppure un po' rannuvolata dalle domande che indovinava 12 QUI NON SI TROVA I sulle mie labbra.,.. Disse in inglese alla nurse di percorrere, sospingendo il bimbo, un piccolo tratto (che indicò) su e giù, nell'ambito della sua sorveglianza, poi si sedette accanto a m e , sul parapetto, nel ritmico tonfo delle onde, sullo sfondo d'aria e d'acqua di un limpido azzurro infinito. Mi disse: — Permette che le parli della mia felicità.... come quel giorno le parlai del mio dolore? Io dissi candidamente: — Ha ripreso marito. Ha fatto bene. Dio l'ha compensata.... Ella m'interruppe: — N o n ho ripreso marito. Un marito conveniente, un u o m o da amare e da stimare non si trova così su due piedi.... Per m e , non si sarebbe trovato forse mai.... Sono difficile da contentare, io. N o n avevo tempo da perdere.... Si ricorda che glie lo dissi? N o n volevo un marito, non volevo un amante, io. No. Volevo un figlio, un altro figlio. Per poter vivere. Ecco. Era così felice, così beatamente felice! Perchè mi raccontava la sua storia? Cosa le importava di quello che io potessi pensare? N o n parlava certo per giustificarsi.... Era nella sua voce una sicurezza piena, una persuasione trionfale del proprio diritto, come l'accento di chi ha compiuto, con la protezione del cielo, una Una donna incontrata due volte.... i3 gloriosa e santamente giusta impresa.... Riprese : — Mi credevo perduta, mi sentivo finita, distrutta, morta.... Si ricorda? Ma l'istinto della vita, della felicità, quasi il bisogno di vendicarmi del mio iniquo destino, mi scossero, mi armarono per la difesa. N o , no, non ero vinta! Potevo difendermi ancora, potevo rifarmi la mia parte di felicità. Potevo. Volevo. Un'ora di quella che i savi chiamano follia.... Sì. Ma solo per questo santo scopo. Ho un'altra volta un figlio. Tutto mio, solo mio, esclusivamente mio. Oh Dio, Dio, vi ringrazio! La nurse si avvicinava, sospingendo il veicolo.... A un tratto il pupattolo, scorgendo la madre, fece un capriccio, si mise a strillare. Essa parve realmente una leonessa, cui qualcuno minacciasse il lioncello nella nascosta tana.... E b b e uno slancio veramente e minacciosamente felino. Si gettò sulla capricciosa bestiola, avvezza ad esercitare ogni tirannia. Lo coprì di carezze, di moine, chiamandolo coi più appassionati appellativi della sua fantastica adorazione. Mai voce di amante ebbe note di così calda passione, di dedizione così totale e così spasmodicamente soave.... Tutta la sua sensualità, tutta la sua affettività, tutta la sua bestialità originaria, tutto il suo egoismo, tutta 14 QUI NON SI T R O V A ! la sete di. martino e di gioia d'ogni, creatura che veramente ami, erano in quella voce, in quelle parole, in quei gesti avvolgenti. " M a m m a tua, m a m m a tua! Tesoro mio, mio, mio! „. Pronunciava le sillabe del sacro duetto, con gli occhi umidi, commossa, delirante del suo gigantesco amore per quella piccola fragile cosa che aveva voluta, e che aveva lei sola per sua difesa contro il terribile m o n d o così grande! — In fondo, anche la maternità è solo un egoismo ed usurpa forse la venerazione di cui il m o n d o da secoli la incensa e la infiora.... — disse tra sé il mio scetticismo pronto alla distruzione come il bolscevico folle che crede di poter distruggere cose eterne col suo gesto fuggevole e inutile.... Ella mi prese ancora le mani. Disse: — Addio, signora. Voglia un po' di bene al mio tesoro. Tutta la mia vita è in questo piccolo mucchio di roba bianca e rosea. I miei parenti, i miei amici.... non mi guardano più. Che me ne importa? Ho rischiato di morire mettendolo al m o n d o . Ho calpestato tutti gli ostacoli e tutte le leggi. Che me ne importa? N o n esisto che per lui. Nessuno me lo porterà via, questa volta.... Lo difenderò coi denti e con le unghie. Se dovessi perderlo (un gran Una donna incontrata due volte.... i5 brivido pallido la scosse) me ne andrei con lui. Ma il Signore non lo permetterà. Sarà lui che un giorno, il più lontano possibile, mi chiuderà gli occhi. — E fece verso il piccolo un gesto di benedizione, con un fervore di devota che comunichi direttamente col di là. Poi mi piantò in faccia i grandi occhi oscuri, sfavillanti di fiamme d'amore e mi chiese: — Mi dica, cosa pensa di me ? Ella si fondeva davanti al mio sguardo con le cose circostanti. Era veramente tutt'uno, ciò che m'attorniava. Il gran mare sonante, l'aria salata, il caldo sole, il vento profumato e carezzevole, le palme vicine, i lontani boschi di ulivi punteggiati dalle note allegre delle mim o s e in fiore.... e quell'immenso impeto d'am o r e u m a n o balzato su dalla carne: amore viscerale ed eccelso, fatale e sacro, anch'esso una delle grandi misteriose forze dell'enigma divino : la natura. Le mie labbra restavano mute sul chiuso groviglio dei miei pensieri. Ero sbigottita e compunta. Quella maternità senza voluttà e, dunque, senza peccato: quella creazione quasi di Spirito Santo, atto di dolore e di celeste gaudio insieme, quella specie di maternità verginale, onda di sentimento senza freno e senza disciplina ma puro d'ogni concupiscenza, sim- IO QUI NON SI TROVA ì bolo della più perfetta bellezza d'amore, mi parve, nella sua umanità tenibile, co.^a veramente divina. Sì che, stringendo forte le mani di colei che m'interrogava, con gli occhi fitti nei miei, dissi, senza scegliere le mie parole: — Creare per volontà di puro amore, nel gaudio superiore dell'anima, è un atto così sovrumano.... che può solo essere paragonato alla volontà creatrice di Dio. — Davvero? Dice sul serio? — ella mi chiese, sbalordita. E aggiunse : — Eppure tutti mi credono una donna immorale.... — Immoralissima! — feci io. E sorridemmo tutte e due, nel sole che odorava di vicina primavera.... UN PERDIGIORNI. — Pronto? — Pronto. Il buon signor Carlo Serretti siede alla sua modesta ma decorosa mensa; sorride alla sua brava moglie, ai figliuoli che accorrono e prendono i loro posti. Tutti, m e n o uno. C'è un posto vuoto. Al solito. L'assente è sempre lui, Gino. Si sa. Il signor Carlo fa il viso scuro. Guarda la moglie, sospira forte. — Aufff Deve sempre durare così? Pina mia, sono alla fine della mia pazienza! Pina soffre, ingoia la sua materna angoscia, ma fa la disinvolta per non accrescere la pena del suo caro uomo. Dice, mentre scodella la buona minestra fumante: — Deve essere andato al Cine con dei compagni. Vedrai, tornerà presto. N o n ti arrabbiare, S F I N G E , ^>/ti non si trova? 2 i8 QUI NON SI TROVA ! caro! Lascia fare a m e . Lo ricevo io, quando torna, e lo mando a letto senza cena. E il castigo migliore. Ma non è cattivo, Curio. No.... si correggerà, ne sono sicura.... Ancora un po' di minestrone? Il signor Serretti si è placato. N o n tanto per le parole di pace della sua donna, quanto per la forza dell'abitudine. Oramai si è avvezzo a considerarsi un padre fortunato di tre figli, che ha la disgrazia di averne un altro irriducibile alla ragione. — Tanto, a questo m o n d o , qualche disgrazia ci vuole. A me è toccata questa. Così egli pensa. Soffre, ma mangia di buon appetito. È un u o m o ancor giovane e robusto, ha lavorato tutto il giorno, ha bisogno di ristoro fisico e morale. Guarda con tenerezza sua moglie, che ama, dopo vent'anni di matrimonio, c o m e il giorno stesso che l'ha sposata; guarda Elvira, la graziosa giovinetta sedicenne, dai grandi occhi pieni di sorrisi che guizzano di tra le lunghe frangie brune delle ciglia; guarda con orgoglio il figliuolo maggiore, Piero, dieciotto anni baldi e biondi, che attaccano coraggiosamente l'avvenire ; sorride alla piccoletta Rina, di dieci anni, tutta ricci e gote rosse di mela d'agosto : faccetta saporosa, "moscatella „, c o m e le dice amorosamente la sua m a m m a . E il buon galantuomo è quasi felice. Un perdigiorni 19 Lavorano tutti, in quella casa, di profìcuo lavoro. Il padre è un piccolo impiegato di amministrazione privata, a trecento lire al mese. La sua carriera è sicura ma lenta. C o m e si fa a mantenere tanta cara gente ? Se le cose del m o n d o fossero andate lisce, avrebbe potuto bastare il suo stipendio, con qualche incerto, ogni tanto. Ma ora non più. Ogni figliuolo, appena in grado di farlo, ha dovuto produrre qualche cosa per aumentare il bilancio domestico. Piero è al Politecnico. Sì (aveva troppo ingegno per sacrificarlo) : ma dà lezioni, nelle ore libere. Elvira, da un anno, avuta la sua licenza tecnica, è impiegata in una società di assicurazioni. La piccola va a scuola, e aiuta la m a m m a nelle faccende domestiche. Povera m a m m a , che non ha n e m m e n o più la servetta, come una volta! Questo è il gran cruccio del signor Carlo. Ma la sua Pina lo consola e gli mostra ogni tanto le sue piccole mani, ancora belle, che sanno così bene ricamare, dipingendo con l'ago e con le sete, vaghissimi fiori. Se avesse tempo ! Ma ogni tanto, per un grande negozio, qualche bel ricamo lo eseguisce ancora e qualche sommetta guadagna anche lei. Tutti lavorano e producono, m e n o uno: Gino, si sa. Lo scioperato, il fannullone, la disgrazia 20 QUI N O N SI T R O V A ! e l'onta della famiglia. Ha quindici anni. Vie quenta, per m o d o di dire, la terza tecnica, ed è la disperazione dei genitori e dei fratelli. Piero specialmente è fuori di sé. Giudica deboli i genitori e vorrebbe che cedessero a lui il compito di mettere il monello sulla dritta via. Ma qualche volta le sue correzioni sono state troppo violente.... e la pietosa madre ha ritolto il mandato di correttore al suo primogenito. Spera nel tempo, la dolce signora Pina, nella forza della persuasione, nel cuore di Gino, che in fondo è buono.... Ma anche a lei pare che la sospirata conversione tardi troppo, e anch'essa, per quanto cerchi nasconderlo a sé stessa ed agli altri, comincia a perdere la speranza.... La cena era finita. Piero disse: — Esco, m a m m a . Ho una lezione. Poi, preferisco non essere in casa, quando lui torna. Mi prudono le mani. — Baciò i genitori, pizzicò le guance delle sorelle, uscì. Elvira e Rina risero a ghirlandette di trilli. Ridono di tutto, pare che abbiano in gola degli uccellini che gorgheggino. Un perdìgiorni 21 Elvira pensava al suo cappello nuovo, al gran divertimento del domani, all'ufficio, con tante compagne. Essa lavora volontieri e chiacchiera con entusiasmo. Rina pensava che la portinaia venendo su più tardi a lavare i piatti, le porterebbe le castagne calde; pensava che domani non andrebbe a scuola essendo giovedì; che andrà un poco a letto con la sua m a m m a , la quale le dirà: u Vecchiona ! Adesso hai il tuo letto ! Vergognati! „ Ridono di tutto le due sorelle. Solo che si guardino in faccia, scoppiano in una risata. La vita pare loro una grande farsa.... anche con la disgrazia di avere un fratello cattivo. Cattivo? N o , non ci credono. " U n po'pazzerello?... Sì.... sì. Ah che ridere! „ La loro indulgenza per Gino calma la pena dei genitori. Il signor Carlo e la signora Pina, mentre le ragazzine sparecchiavano, si misero in un angolo a fare la loro partita a scopa. La loro festa. Il loro ventenne idillio, dolce e fedele, conferisce freschezza di poesia alle piccole cose ingenue e modeste che loro sembrano cose straordinariamente interessanti. Si adorano, darebbero la vita l'uno per l'altra; ma al gioco (giocano solo.... l'onore!) vogliono scambievolmente sconfiggersi, e quasi s'imbronciano un 22 QUI NON SI T R O V A ! poco, lui e lei, quando l'uno dei due ha troppa fortuna ! Finita metodicamente la loro partita, il signor Carlo, puntuale come un orologio, andò a letto. Tutto contento perchè aveva vinto lui! Le due bambolette erano già coricate, dormivano nella stessa cameretta, e attraverso l'uscio giungevano nel silenzio le note delle matte risate.... che si spensero a poco a poco nel sonno. La m a m m a manco a dirlo, stette alzata ad aspettare.... lui. Le dieci. Le dieci e mezzo. Ancora non tornava. " Oramai sarà a casa Piero, poveri noi! „ Ella credeva udire ad ogni momento il passo del figliuolo maggiore.... e la sua chiave nella toppa. U n a vera angoscia stringeva il suo cuore. "Stasera è troppo. Così tardi non è mai tornato. Cosa gli sarà successo? Senza mangiare, con questo freddo, fuori, un bambino! Ma è una cosa orribile! Cattivi compagni, certo. Al cine ? In qualche teatro ? A zonzo ? Sì, certo, al solito. Se gli fosse successa una disgrazia? Mio Dio, ve lo raccomando! „ Aveva gli occhi pieni di lagrime, mentre leggera, leggera, per non far rumore, rassettava qualche cosa, qua e là per la sua piccola linda casa. Un per digiorni 23 " C o m e farà ad entrare? La porta è già chiusa. Aspetterà, come ha fatto qualche volta, un inquilino che rincasa. Ma certo, non osa più toccare il nostro campanello a quest'ora... „ N o n istette alle mosse. Piano piano, zitta zitta, andò ad aprire l'uscio, spiando.... Ah eccolo qua! Dio sia benedetto! E poi eie, ciac, due bei ceffoni sulla faccia del figliuol prodigo.... che li prese in pieno, e sgattaiolò dentro in tralice, filando verso la sua stanzetta.... La madre lo seguì, e vide che si svestiva in fretta piangendo. — Perchè piangi? Ti ho fatto male? — No. — Allora? — Ho fame. — E come un bambino piccolo, si cacciò sotto le coltri nascondendo anche la testa, singhiozzando forte. — Dove sei stato, monellaccio? — Nel corso, in galleria.... — Le parole erano singhiozzate più che pronunciate. —, A far che? — Niente. — C o m e , niente? Da solo? — Prima con dei compagni, poi da solo. — Ma perchè ? N o n sapevi che ci facevi tanto dispiacere? Che si faceva tardi? Che saresti punito ? 24 QUI NON SI TROVA ! — Sapevo tutto ma non me ne ricordavo più. Quando sono fuori, è come se fossi al teatro, al cine, anzi ancora di più. Perchè quello che vedo sono cose vere. Mi diverto tanto! N o n mi ricordo più di nulla! — Ma in che cosa consiste codesto divertimento? Cosa fai? Che gusto ci trovi? La voce della madre si è un po' raddolcita. Ha pietà di quella testina bionda, che esce a tratti dalle lenzuola, e avrebbe voglia di prenderla fra le mani, di accarezzarla.... ma no, no ! Sarebbe una debolezza.... La voce del peccatore, un po' m e n o roca, dice: — Te l'ho spiegato tante volte, m a m m a ! Sai che non dico bugie.... Mi piace andare a zonzo, così, per guardare quel che succede nel mondo.... Tutta quella gente, quelle facce diverse, tutte le voci che si sentono, i fatti che succedono.... le novità, non so.... e' è sempre qualche cosa di strano da vedere.... È un teatro, un gran teatro dove non si paga niente. Si è animato, ha messo fuori un braccio, accompagna la parola col gesto della sua m a n o espressiva, non sa spiegarsi bene, ma è sincero, convinto di quanto dice, appassionato, quasi eloquente. La m a m m a esce.... poi ritorna. Ha in m a n o una scodella di minestra ancor calda, un pezzo Un per digiorni 2 5 di pane, un po' di pietanza.... Il ragazzo afferra, divora, affamato, sorridente. Ella rassetta la stanza, gli aggiusta il letto, raccatta i panni ch'egli ha gettato qua e là.... Egli dice, pieno di sonno e di riconoscenza. — M a m m i n a , sei buona, tu! Scusa!... Domattina andrò a scuola. Sarò puntuale. Te lo giuro. Ella trattiene, stretto stretto, come un uccellino che volesse scapparle via dal seno, il bacio che il suo cuore vorrebbe dargli. " N o , non lo merita, dà troppi guai al suo povero babbo ! „ e guizza via, e va a coricarsi accanto al suo u o m o che s'è già addormentato. Gino Serretti, il ragazzo quindicenne indisciplinato, il perdigiorni che dà tanto filo da torcere alla sua famiglia, è tutt'altro che un cattivo soggetto. Suo padre e suo fratello maggiore, due uomini di lavoro e di energia, non possono comprendere la sua singolare psicologia e lo giudicano, con tutte le ragioni, " una disgrazia di famiglia „. La sua m a m m a e le sue sorelle, con l'intuito femminile, più sottile e più vero, qualche volta, della virile ragione, sentono che non è un discolo. Ma n e m m e n o esse lo comprendono. Perchè gli piace tanto 26 QUI NON SI T R O V A ! vagare per le vie affollate, di giorno e di sera, preferibilmente solo? È un mistero per tutti. Gino è ancora puro, più bimbo di quanto la sua età comporti, e non sono le gonnelle che lo attirano. Entra nei bars, beve, mangia dolciumi? N e m m e n o per sogno. I soldi che gli danno*, pochissimi, li spende regolarmente e assennatamente, e non è punto ghiotto. I suoi compagni hanno la frenesia del cinematografo. Gino ci va, sì, qualche volta, ma preferisce la strada. Anche al teatro, come ha detto a sua madre (egli non mente) preferisce la strada. Il marciapiede è la sua gioia. Piccola anima assetata di movimento, di novità, di emozioni, egli indovina nella folla un m o n d o di cose oscure che lo affascinano e mettono in moto la sua imaginazione acerba ma fremente. La strada gli pare casa sua. U n a casa grande grande che ha spettacoli sempre rinnovellati. Le belle vetrine scintillanti di cose ricche e preziose, i profili dei monumenti che assumono nella penombra, aspetti fantastici, i bei palazzi signorili, le case modeste, le note figure di venditori ambulanti, delle fioraie, dei giornalai: le ricche automobili portanti donne impellicciate, le carrozze di piazza con le cognite facce dei cocchieri: i trams, i camions, le biciclette, le belle signore, le graziose popolane.... tutto, tutti lo attirano Un perdigiorni 27 e lo interessano. Gli piacciono i discorsi di affari che ascolta in Piazza dei Mercanti: i discorsi, colti al volo, degli oziosi ai caffè, in Galleria, in quel gran tunnel di luce che lo magnetizza.... i colloqui dei cantanti a spasso; i crocchi di studenti; i madrigali, più o m e n o eleganti, degli sfaccendati alle donnine che passano.... Egli ascolta tutto, vede tutto, osserva tutto, insacca tutto nell'obbiettivo della sua mente e della sua memoria sveglia. E curioso, immensamente curioso, di una curiosità larga ed insaziata, che non è ridicola per la sua sincera passionalità. La strada è il suo m o n d o . Ha uno spirito di osservatore acuto, una sensibilità precoce ma non corrotta, un nomadismo inquieto che non trova sfogo altro che in faccia all'onda della umanità in miniatura che gli scorre davanti agli occhi. La solitudine per lui sarebbe c o m e la morte. Per il piccolo congegno della sua psiche complicata, è necessario il contatto con la folla, il respiro di mille e mille creature ignote.... in ognuna delle quali indovina un interessante mistero. Ci sono persone che adorano il mare, le selve, i bei paesaggi. Gino Serretti non sente le bellezze della natura. A m a la gente. Le selve d'uomini vivi, il mare di creature umane, che passano c o m e onde, che vengono, vanno, liete, 28 QUI NON SI T R O V A ! tristi, affaccendate, che si rinnovano sempre, a lui sempre ignote. Chi sono? Dove vanno? Cosa fanno ? Egli non lo sa, non lo saprà forse mai. Ma non gliene importa. La sua imaginazione si culla in quella grande incognita umana, che lo estasia, c o m e le bellezze di un panorama naturale estasiano altre anime.... finché qualcuno o qualchecosa lo ferma, lo prende, lo interessa particolarmente. Allora la sua imaginazione fresca e ricca lavora, getta trame, ordisce, tesse lunghe tele di ipotetici eventi che lo deliziano. Fantastica, sogna, crea.... inconscio piccolo poeta vagabondo che sarà forse, chi sa? un giorno un artista geniale, forse un artista mancato, certo non un u o m o d'azione perchè ha più fantasia che volontà. Quando poi nella strada succede veramente qualche cosa, qualche avvenimento collettivo, qualche fatto di notevole cronaca cittadina.... allora il piccolo Gino Serretti è all'apice della sua fremente felicità. E allora l'onda del mare u m a n o lo prende, lo afferra, lo avvolge nelle sue spire di serpente ; anch'egli diventa folla, smarrisce la sua piccola ma spiccata personalità, si fonde con la massa anonima, vibra, palpita, vive con tutti, di tutti, nel bene, nel male, fuso con la fiumana, piccolo fuscello diventato un sol tutto con la marea.... La sua fresca bocca dai Un per digiorni 29 bianchi denti di cucciolo canta canzoni ribelli, pronuncia veementi e atroci parole di cui la mente ignora il preciso significato ; o sferra inni patriottici che gli gonfiano l'esile petto, che gli illuminano di visioni eroiche gli occhi limpidi e azzurri c o m e l'aria. Quali possibilità sono in lui ? Quali tendenze al bene? Quali resistenze al male? La sua coscienza è ancora molle come la cera.... In casa, nella famiglia, la buona educazione lo ha già plasmato, gli ha dato, almeno nelle linee generali, un codice.... N o n prenderebbe un soldo non suo, non mentirebbe per tutto l'oro del mondo, non mancherebbe di rispetto ai suoi, che a m a pur facendoli soffrire. M a , confuso nella folla, quando l'io si neutralizza e si centuplica, egli è in balìa del cieco caso.... non dà più garanzie di sé.... Suo padre lo ha minacciato del collegio.... ma egli ha fatto sapere per mezzo delle sorelle, che scapperebbe. Pensa anche, il povero padre, di imbarcarlo sopra un bastimento che vada lontano ; ma la madre si oppone con le sue lagrime. Adesso il signor Carlo, che non ha più nessuna fiducia in Gino, cerca di ottenere, ora con le buone, ora con le cattive, ch'egli prenda alm e n o la licenza tecnica, per poterlo collocare in un impieguccio qualsiasi. Gli ha detto che a 3o QUI NON SI TROVA ! sedici anni deve bastare a se stesso. Se così non sarà, lo caccerà di casa. La madre contimia a sperare in lui.... e passa dalle liete illusioni a momenti di muto sconforto. Perchè Gino, col suo ingegno vivo (come dicono i suoi maestri) studia poco e continua la sua vita di piccolo avventuriero delle vie. Ha preso un certo m o d o sbarazzino di camminare, di portare il cappello, di esprimersi, che stona col suo vestiario accurato, quasi elegante, di ragazzo di famiglia civile. Sa il gergo del marciapiede, i modi di dire che mutano ad ogni stagione, parolacce più grandi di lui, di cui ignora il significato; piccole pose da giovanotto elegante, monellerie di bambino da scuola elementare o da piccolo teppista. Conosce i lustrascarpe, i cani randagi, le passeggiatrici serali, le più note " macchiette „ del marciapiede. E attacca discorso or con l'uno or con l'altro, così, per colleganza e per simpatia, per una maniera di solidarietà con tutte le creature che incontra sotto il padiglione del cielo, in libertà, tra la selva u m a n a che si muove.... Un per digiorni 3i U n a sera nebbiosa e fredda, mentre Milano era tutta fasciata di densi veli grigiastri che gli aerei ruscelli di luce elettrica diradavano appena.... in un tumulto scoppiato sotto la Galleria (in cui vennero fatti parecchi arresti) il piccolo Gino Serretti, smilzo e biondo, signorilmente vestito, col suo cappelluccio verde sulle ventitré che gridava c o m e un ossesso contro la forza pubblica, fu portato in " guardina „ insieme ai più arrabbiati. Fu telefonato alla famiglia. Fu consegnato nelle mani del padre che gli diede tante busse quante ne potè tollerare e lo tenne a letto un giorno, senza mangiare. La madre era desolata. — Perchè ti disonori, e ci disonori? In prigione un Serretti! E cosa da farci impazzire. Perchè gridavi anche tu? Cosa sai tu di certe faccende ? Cosa volevi, dunque ? Parla, in n o m e di Dio! — N o n lo so n e m m e n o io. Feci quello che facevano gli altri. Era bello opporsi alla legge, era molto divertente ! La strada è nostra. Perchè impedirci di goderla? Sono prepotenze. Per questo, urlavo anch'io! 32 QUI NON SI TROVA ! In un triste giorno, alcuni soldati in uniforme, che erano stati alla guerra e che avevano vinto, furono insultati per le vie da gruppi di poveri dissennati.... La folla reagì, qua e là. Vi furono scontri, tafferugli, scaramuccie sciaguratamente cruente. In uno degli attacchi si trovò coinvolto il piccolo viandante Gino Serretti. Anche lui, oh bella! Se la strada è il suo dominio.... Si contempla fino a che le cose vanno liscie.... ma quando le vie diventano un campo d'azione sarebbe una viltà disinteressarsi da quello che succede. Chi ha ragione tra coloro che combattono? Egli non ha ancora il giudizio maturo.... si abbandona, di solito, all'onda che lo trascina.... Se si combatte da due rive opposte.... egli, senza riflettere, si butta, o meglio, si lascia prendere dalla parte verso la quale l'istinto lo guida. Impulsivamente, irresistibilmente. Un salto nel buio. Uno.... due.... tre! Quella volta la sua buona stella (le preghiere della sua m a m m a ? ) lo gettò di un balzo fra coloro che 33 Un per digiorni difendevano i soldati vestiti di grigio, che avevano delle striscioline d'argento sul braccio e dei nastrini azzurri sul petto.... Da a m b e le parti si urlava, s'imprecava, si colpiva.... Comparvero bandiere di diversi colori.... che in breve divennero brandelli. Ma una più grande — un bel tricolore —• era impugnata da un giovanottone che ben la difendeva. Volevano strappargliela. — Portala su, sul monumento, là, in alto, in alto! — gli si gridava. — Chi me la tocca, lo a m m a z z o ! Vigliacchi ! — egli diceva. — Su, su! — Ma chi ci arriva? N o n ci si sale, lassù, vi dico! — El va el birocci — grida una piccola voce ancora femminea, e un biondino, roseo, coi larghi occhi celesti scintillanti, si slancia, passa tra i combattenti, si curva, si rialza, afferra l'asta della bandiera, e come un gatto si arrampica sul bronzeo monumento che s'erge sulla piazza, e riesce ad issare il sacro vessillo! Sono urrahj sono battimani, sono imprecazioni, minacce.... urla indiavolate.... Giungono carabinieri, rinforzi di truppe, la folla è dispersa.... Il piccolo bravo è portato a casa in trionfo, gli vengono regalati dolci, SFINGE, Qui non si trova / 3 34 QUI NON SI TROVAI è baciato, abbracciato da spettatori commossi.... Quel giorno la sua m a m m a piange di tenerezza e di orgoglio, il babbo si placa un poco e ricomincia a sperare nell'avvenire del figlio.... Lui? N o n ha la coscienza del significato morale del suo atto. E stato un colpo fortunato. Ecco. E soddisfatto, ma gli sembra che le lodi tributategli siano esagerate. Perfino un giornale ha parlato di lui! Doveva star lì con le mani in m a n o ? Oibò! Era nel suo dominio.... Quel monumento lì, ha certi appigli.... è una buona scala.... lo aveva osservato tante volte.... Se non conosce lui tutto quello che c'è per le vie di Milano.... La strada è casa sua.... Così. Fa il bene per caso.... fa il male senza volere, inconscio, innocente, istintivo, senza merito e senza colpa.... atomo attratto dagli altri atomi, frammento di vita, granello di sabbia che può diventare roccia se aggregato ad altre innumerevoli unità.... La strada è il suo regno, il marciapiede è il suo trono, la curiosità è il libro della sua legge, la ricerca di quella che crede la sua felicità è la sua mèta.... Materia greggia e bruta, molle come la cera o dura come la selce, può essere maneggiata e battuta da una forza formidabile, l'Idea, che Un perdigiorni 35 si oscura e si deforma, scendendo e diventa passione feroce. Sempre così. Fatalmente, inesorabilmente. Gino Serretti è uno, una piccola debole cosa, che racchiude in sé il simbolo di una cosa grande e paurosa: tutti. E stato cacciato a galla dal movimento collettivo che — come l'acqua del mare — dà vita e moto alle onde.... Poi, la marea, il flusso e riflusso, lo ha ricacciato sulla spiaggia, pìccola onda che si scioglie, si disfà, trasparente e spumeggiante, al sole che la rischiara.... È solo, è ridiventato un'unità, un individuo, una piccola vigilia d'uomo, attento e curioso, che guarda e nota. N o n è più l'azione, è il commento; è forse l'Interprete di domani.... In faccia alla sua sensibilità palpitante e anormalmente commossa, sta la folla senza faccia, senza n o m e e senza parola.... E lui, il piccolo Gino curioso e vagabondo, è forse destinato ad essere colui che parla, che gode, che piange per tutti. 11 Poeta di domani, emerso dal misterioso grembo della informe nebulosa, madre dei mondi.... CAUSA DI SEPARAZIONE. V e n n e a visitarmi l'altro giorno un mio buon conoscente. A lui piace, anzi, chiamarsi mio amico. Ma l'amicizia è una così aristocratica forma di relazione umana, che il suo nome, c o m e quello di Dio, non bisogna pronunciarlo invano. Un u o m o piacevole e interessante, il marchese Corradino Corradi, che ha un fiero nome, ma un mite carattere; una specie di rassegnata dolcezza in faccia alle grandi e piccole battaglie della vita. Almeno io lo avevo conosciuto così, prima della parentesi della nostra lontananza, durante la quale egli ha fatte molte cose gravi, cioè.... ha servito la patria, ha preso moglie, se ne è separato. È un u o m o di trentacinque anni, di salute delicata, di nobile aspetto, di acuta intelligenza. È un decadente, cioè uno spirito che si ripiega su se stesso, 38 nui NON SI T R O V A ! in ghirigori e leziose volute, senza l'energia di lanciarsi verso una mèta qualsiasi, in una bella linea dritta e sicura. Ma è proprio molto intelligente e molto colto : ha una squisita sensibilità artistica, un temperamento un po' femminile, nervoso, mutevole, ombroso e pudico dei suoi sentimenti. La sua antica razza esausta ha dato, c o m e ultimo rampollo, questo esemplare d'uomo moderno, di delicatissima e complicata psiche. Mi aveva mandato, due anni innanzi, la partecipazione del suo avvenuto matrimonio con una signorina dell'America del Sud. Un n o m e qualsiasi. Certa Pepita Ballesteros, che stava a R o m a , e che io avevo incontrata " in società,,. Sapevo che era molto ricca e mi spiegai quelle nozze. Corradi non possedeva molti mezzi di fortuna e mi aveva detto una volta che anche lui avrebbe dovuto concludere un giorno o l'altro l'ignobile mercato, accettato nelle buone famiglie come una cosa pulita: quello di sposare una dote. Egli sapeva di commettere una viltà. Ma sapeva che ciò non squalifica un gentiluomo e ne profittava, pur disprezzandosi interiormente. Certo la viltà può essere attenuata dai m e riti personali della donna ricca che si sposa. U n a donna ricca può anche essere amata.... o Causa di separazione 39 degna di esserlo. Lo era la suddetta signorina Pepita? L'avevo incontrata senza accordarle attenzione. Ma ho una memoria degna di messer Giovanni Pico e me ne rammento quasi esattamente. U n a pallottola di carne bianca e rosea, magnificamente fresca. Occhi neri lucidi e un 'po' sporgenti. Capelli scuri, spioventi in ricci sulle tempie, bocca carnosa, bei denti, voce stridula, maniere carezzevoli, quasi striscianti. Tutto ciò infagottato in abbigliamenti di pessimo gusto, in un solco di profumo ultraacuto. Sì. Rividi tutto ciò sentendo annunciare alla porta del mio salotto il marchese Corradino Corradi. Perchè mai si era egli separato dalla moglie dopo poco più di un anno di matrimonio? Si avanzava verso di m e , alto e magro, elegante e gran signore, non bello ma piacente, con la sua aria un po' malandata, col suo sorriso triste, con quello strano sguardo implorante di cane bastonato.... Lo accolsi amabilmente, ma non sapevo cosa dirgli su nessun argomento.... perchè tutti mi parevano scottanti e pericolosi per lui. Gli porsi la m a n o e mi misi a ridere. Sono sfu- 40 QUI NON SI T R O V A : mature che non si descrivono. U n a risata, qualche volta, salva una posizione. U n a risata non è una parola, ma non è n e m m e n o un silenzio.... U n a risata è un trattato di psicologia.... e di buone convenienze sociali. Anche quella volta ottenne il suo scopo. Corradino mi baciò la mano, con uno di quegli inchini che s'imparano solo in alcuni secoli di pratica.... retrospettiva, poi disse: — Mi fa piacere di udirla ridere, contessa. Io rido così poco da qualche tempo.... — D u n q u e è vero, Corradi? — Verissimo. Sono di nuovo solo. Era dunque il mio destino.... Allora non mi trattenni più, giudicai inutili gl'infingimenti e le mezze parole: poiché era venuto da m e , poiché aveva accennato al fatto, ero nel mio diritto d'interrogare e di sapere. Egli non parve domandare di meglio che di rispondermi. Era evidente che aveva voglia di sfogarsi, di parlare di se stesso, del vuoto della sua vita. Parlò : ma non andava dritto al segno : faceva circonlocuzioni e giri di parole. Parlò della sua attività mentale, dei libri che leggeva, delle sue preziose collezioni d'arte, della sua vecchia villa secentesca, dei suoi pochi denari, che erano un ostacolo ai suoi gusti raffinati e Causa di separazione 4* costosi: (naturalmente aveva restituita per intero la pingue dote della moglie). Ma io chiesi a bruciapelo: — Senta, Corradino. Muoio di voglia di sapere una cosa. Perchè si è diviso da sua moglie? Egli parve un po' contrariato, i suoi occhi mi chiesero misericordia, il suo sorriso fu così triste che ne ebbi pietà. Disse: — Per incompatibilità di carattere. — D o p o un anno ? In una grande casa come la vostra? Con due appartamenti immensi? C o n molti denari? Lei occupato e studioso, sua moglie con quell'aria molle di spagnola indolente e grassa? Che cosa strana! — Ma.... — egli mormorò guardando il tappeto. — Me lo lasci dire, Corradino : non lo credo ! Un gentiluomo come Lei e una donna così dolce, così senza nervi, come quella che io ricordo.... non possono litigare, nelle condizioni da me indicate, dopo soltanto un anno di matrimonio ! — Eppure.... — egli fece, ancora più debolmente. — Scusi se insisto.... ma gli è che mi pare di essere certa di non fare gaffes.... ho l'intuito che non si tratta di una separazione per infe- 42 QUI NON SI T R O V A ! deità, riè dall'una, riè dall'altra parte. Oh Dio! N o n si può giurare di nulla a questo mondo, ma io tuttavia metterei la m a n o nel fuoco. A quella donna doveva parere d'aver toccato il cielo col dito, sposando Lei. Era molto snob, mi pare di ricordarlo. Poi, difficilmente una giovane, non del tutto depravata, ha una cattiva condotta.... senza un prologo di saviezza! Corradi, con tutto il fuoco di cui è capace i! suo petto.... (un focherello) mi interruppe: — N o n lo supponga n e m m e n o , contessa! Quella donna era di un'indiscutibile fedeltà coniugale! — E Lei non è così volubile né così poco destro da aver dato a sua moglie ragioni di geloso furore! — Essa non ebbe mai il più tenue sospetto sulla mia fedeltà — egli asserì. — Allora? non è per propormi degli enigmi che lei è venuto a vedermi, è vero ? Dovetti avere la faccia un po' annoiata, nel dir così, perchè egli riebbe quella espressione accorata.... poi i segni di un duello, che combattevano insieme nel suo interno, la volontà di parlare e quella di tacere. Ma vinse la prima. Mi si fece più accosto, parlò con là voce ancora più bassa, si guardò in giro come per assicurarsi che nessuno poteva udire,... Disse: Causa di separazione 43 — Mi pare di commettere una piccola viltà morale verso quella poveretta svelando la ragione per la quale non ho più potuto viverle accanto. Sì: perchè si tratta di una cosa che getta su di lei l'ombra del ridicolo.... Ufficialmente abbiamo dichiarato che la separazione avveniva per incompatibilità di carattere. Ma in fondo, non è così. Mia moglie era la più dolce, la più malleabile creatura di questo mondo. Poco intelligente, in adorazione perpetua davanti all'intelligenza mia, senza angoli nel carattere.... molle e ovattata di dentro, per dir così, come di fuori. Povera donna! — Continuo a non capire — feci io quasi irritata. Non capire è una cosa che mi succede di rado e ne ero umiliata. Egli continuò: — N o n ne ero innamorato, questo no. Ma le volevo bene quando la sposai. Almeno mi pareva. Era buona, di retta coscienza, di uguale umore. Eppure.... — Dunque.... — Dunque.... non rida, amica, perchè la cosa che le racconto è, forse in parte, comica, ma fu quasi tragica per m e . Mi sono separato da mia moglie.... perchè mangiava troppo..., — Ehhhh? 44 QUI NON 31 TROVA ! — Sì: così, né più né meno. Cerchi di comprendermi: Lei può, Lei deve comprendermi. Se no, a cosa servono l'intuito, gli studi, le attitudini, la genialità, che danno all'artista il diritto di frugare nelle pieghe più nascoste del cuore u m a n o ? Mia moglie aveva un difetto, un vizio, una disposizione fìsica, una intemperanza congenita (non so bene c o m e definirla) che repugnava in m o d o s o m m o al temperamento mio. La gola. Io scoppiai in una matta risata. Mi scusai ma risi, risi, risi.... Corradi conosce le mie celebri risate, quel mio folle fanciullesco ridere, contro il quale non c'è alcun rimedio. Bisogna lasciare che si sfoghi. N o n è offensivo, perchè sgorga limpido e sincero, irrefrenabile e irresponsabile. Corradi non si offese. Ma riprese, seriissimo, il suo racconto. — La gola. Siamo noi, che viviamo in fretta, senza riflettere e senza ricordare, che non la prendiamo in considerazione, e che la teniamo per un innocuo vizio del quale si ride. C o m e Causa di separazione 45 ha riso Lei, or ora! Era il suo un riso quasi contagioso e avevo voglia di ridere anch'io.... Ma se sapesse come ho sofferto! Era un caso di coscienza e di gentilhommerie. Ho molto lottato con me stesso.... Ma l'istinto della conservazione, l'egoismo (come vuole!) è stato il più forte. Io sarei scoppiato, proprio, fìsicamente, di repulsione spasmodica, se avessi continuato a vivere accanto a quella buona, incosciente, spaventevole divoratrice ! Parlava con una faccia così accorata, con un accento così sincero ed una voce così lamentevole.... che non risi più, che fui vinta da un interessamento acuto, da una vera pietà in cospetto di quella scena tragicomica, più dolorosa forse perchè strana, anormale, con la sua doppia faccia di pianto e di riso. Lo pregai di continuare, lo invitai a dirmi tutto, con fraterna commozione. Egli se ne accorse. Disse: — Ecco. Adesso Lei ha i suoi occhi, gli occhi che aspettavo. Adesso posso parlare. Sarà grande sollievo. Il mio segreto buffo e doloroso non l'ho confidato che al mio avvocato, un u o m o superiore, che è anche un amico per m e , e al mio medico, al quale domandai, da prima, l'aiuto della scienza contro il mio disgusto che mi pareva morboso. Morboso ! Dove finisce e dove comincia la normalità umana? 46 QUI NON SI T R O V A ! La sensibilità molto fine, come la perfetta bontà, come l'ingegno superiore.... non sono dunque anormalità? La norma, la regola, cioè il perfetto equilibrio è la mediocrità opaca e monotona. Tutti noi che pensiamo e sentiamo sopra la misura comune, siamo degli anormali. E l'ano^ialità è la salute del mondo, perchè ^a di essa, il m o n d o sarebbe un miserabile gregge incolore senza impeti né slanci verso l'Ignoto. — N o n filosofeggi: racconti, — interruppi. — Ha ragione. Le dirò le mie sensazioni come fossi un fisiologo, come avessi notate le vibrazioni di un organismo che tenessi nel mio laboratorio in osservazione. (Sul suo volto passò una piccola contrazione di spasimo.) — Fino dal nostro breve fidanzamento, nelle poche volte in cui le parlai, mi accorsi che Pepita, anzi Chiquita, come io la chiamai per vezzeggiativo (ciò le mostri che ero ben disposto verso di lei) era di una ghiottoneria superiore a quella, già notevole, di quasi tutte le donne, delle meridionali in ispecie. N o n vidi raggiare dai suoi occhi la gioia-quando le offrii l'anello di fidanzata e altri pregevoli doni, come quando le portavo scatole di dolciumi. Le altre donne, davanti al dono di una bomboniera Causa di separazione 47 si rallegrano, anzitutto, per la bomboniera stessa, se è artistica ed elegante. Pepita non si accorgeva n e m m e n o del contenente, non si occupava che del contenuto. E aveva per i dolci, per tutte le buone cose da mangiare un entusiasmo sincero e candido, che si manifestava in forma direi quasi lirica, ricca di tutto lo slancio di cui era capace quella povera animuccia senza palpiti, quel povero cervellino senza luce. Le parole più soavi e più accese che siano uscite dalla sua bocca, sono sempre state rivolte a qualche vettovaglia " Oh cari, adorabili marrons glacés! Piccoli amori! Ah deliziose truffes di cioccolata! Troppo, troppo squisite ! Divina aragosta ! Gelato del mio cuore. Paté chèri! Ostriche mignonnes ! „ evia dicendo. Le brillavano gli occhi, le si inumidivano le labbra, un piccolo tremito l'agitava tutta quando un cibo le piaceva. Da principio sorrisi di quella ipersensibilità di palato che aveva qualche cosa di nuovo, dì quasi divertente per m e . E solleticai quel suo unico sensualismo, regalandole continuamente dolci, conducendola quotidianamente dai più celebri pasticceri, prendendo un eccellente cuoco, e così via. Ma non erano solo i dolciumi e le cose elegantemente ghiotte che piacevano a Pepita. N o . Direi anzi che affettava quella sua raffina- 48 QUI NON SI TROVA ! tezza perchè era la parte confessabile della sua bassa passione. Era conoscitrice di buoni bocconi sì ma la sua vera fondamentale passione, il suo eccezionale congenito bisogno era quello di mangiare, mangiare, mangiare. Dotata di un appetito formidabile, con uno stomaco possente, essa digeriva come i bambini e come certi animali, con una rapidità prodigiosa. Regolarmente, ufficialmente, dirò così, essa prendeva sei pasti al giorno. Tre più di m e . Perchè, dopo il caffè e latte delle nove, prendeva un tè alle undici, per arrivare al lunch dell'una. Tè alle cinque e mezza, alle otto il pranzo. E prima di coricarsi faceva regolarmente un cenino nella sua camera: senza contare gli incerti, i pasti, per dir così, di contrabbando. Tutto questo per abitudine, per piacere, e anche per necessità del suo stomaco, il quale, essa diceva, era sempre vuoto, sempre disposto a ricevere e a maciullare cibo. Io andavo provando, neh" accorgermi della voracità di mia moglie, uno strano senso di scontento, di malessere, di delusione.... non trovo le parole precise perchè la cosa mi è nuova.... un malessere tra fisico e morale.... che a poco a poco diventava disgusto. Quella donna giovane che non aveva altro desiderio, Causa di separazione 49 altra occupazione, altro scopo nella vita che quello di mangiare.... mi repugnava e mi umiliava. Era gelosia di maschio davanti a quella placidità di temperamento che si destava ai palpiti della gioia corporale solo per mezzo dello stomaco? N o n credo. N o n fui mai innamorato di lei. Ella, contessa, che mi conosce e che .la conobbe, può credermi facilmente. Era la rivolta di un essere pensante davanti a quella cieca brutalità, era lo sdegno di un esteta in faccia a quella femminilità umiliata, a quel tirannico esercizio di animalità viscerale! Perchè non voglio atteggiarmi a moralista, ammantarmi di virtù, dimostrando che il mio sdegno veniva dalla riprovazione m o rale di un vizio a me ignoto. (La nostra morale è spesso fatta così.) N o , era un disgusto fisico, qualche cosa che urtava il mio temperamento più che la mia ragione. N o n so. Io le devo un racconto, un documento.... La diagnosi tocca a Lei. Noi prendevamo insieme, grazie a Dio, solo due pasti: la colazione ed il pranzo. Ma erano quelle due mezz'ore, un vero supplizio per m e . Cercavo avere spesso dei commensali, perchè facessero da cuscinetti, da paraventi, non so c o m e dire, fra me.... «e l'appetito di mia moglie. Quel suo terribile insaziabile appetito di SFINGE, Qui non si trova ! 4 5o QUI NON SI TROVA? bestia affamata, senza pudore e senza grazia, che le faceva brillare le pupille, che le congestionava la faccia.... mi esasperava e mi rendeva duro verso di lei ogni giorno di più. Io che avevo taciuto, interrompendo il racconto con sillabe o con vocali soltanto, dissi : — Ma perchè non tentava una cura.... morale? Se essa l'amava.... — Può dubitarne? Tentai. E la poveretta fece di tutto per compiacermi.... Invano. Il correggersi, cioè il mangiare poco, il non amare il cibo sopra ogni cosa al mondo, era superiore alle sue forze. Era giunta a nascondermi le sue orgie; mentiva, mi ingannava, come se avesse avuto un amante.... Perchè la gola è veramente in quel temperamento una maniera di voluttà, una sorta di libidine. Deve trattarsi di una forma di nevrosi, di isterismo che ha per sede lo stomaco. L'alcoolismo è la libidine del bere. Tanta parte dell'umanità cerca la voluttà nell'alcool. N o n è quasi mai vero che l'uomo si ubriachi per.... dimenticare i propri Causa di separazione Si guai. Ci sarà qualche caso, sì. Ma in generale gli ubriaconi bevono perchè trovano nel bere la gioia fisica che preferiscono.... Mia moglie si dava all'ubriachezza del cibo, per dir così. Le piacevano anche i vini squisiti, lo champagne specialmente; ma senza eccesso; per inaffiare il cibo soltanto. Di famiglia parvenue ma bene educata, molto ricca, felice d'essere diventata un'autentica signora, era piuttosto snob, c o m e Lei, contessa, aveva bene indovinato. Nella mia lotta per la sua rieducazione, ebbi diverse fasi, diverse sfumature, e mi valsi di svariati espedienti. Mi spiego. Avevo dei periodi in cui la mia critica era benevola.... e allora cercavo di correggere sorridendo. La facevo riflettere sui danni per la sua salute, sul pericolo d'ingrassare eccessivamente (la chiam a v o la mia piccola balena) sulla poca grazia che dà ad una signora l'eccessivo appetito, cosa del tutto plebea. Le dicevo che non era signorile, che non era chic mangiare tanto. Questo era l'argomento più forte.... insieme al timore di dispiacermi. Quella povera donna mi voleva tutto il bene che le era possibile volere.... ad un animale non commestibile! Era anche un poco gelosa di m e . In società soffriva se mi vedeva parlare a lungo con qualche signora che a lei paresse pericolosa. Soffriva, 52 QUI NON SI T R O V A ! ma non perdeva l'appetito. N o n lo perdeva mai, in nessuna circostanza. Pochi mesi dopo maritata, le morì una sorella, che amava molto. Un molto relativo, s'intende. La sua anima fiacca, molle, plasmata come della stessa materia fìsica che l'involge, non ha vibrazioni forti. È un'anima che oscilla continuamente fra la infantilità e la senilità. Per la morte della sorella patì veramente, pianse, si disperò, ma non le venne m e n o l'appetito! In quei giorni essa stessa si vergognava dell'imperiosa serenità del suo stomaco. N o n è una idiota, e aveva il confuso sentimento di perdere la linea conveniente alla luttuosa circostanza. Eppure.... anche tra le lagrime, depressa di umore, incurante per alcuni giorni della sua persona, prese regolarmente, implacabilmente, i suoi consueti sei pasti, cercando attenuare quella sua importuna fame, velandola, per dir così, mettendo delle pause studiate fra un boccone e l'altro, sospirando ma masticando, lagrimando ma inghiottendo, dissimulando il suo godimento.... ma godendo, giubilando, esultando in tutte le sue fibre umane.... come la più sfrenata creatura, data ai piaceri del senso, può carnalmente godere.... Ed io ne avevo schifo, schifo, schifo. C h e Causa di separazione 53 farci? Ella non poteva vincere la sua sfrenata passione. Io non potevo vincere il mio disgusto. N o n mi riusciva quasi più di mangiare accanto a lei. La sua voracità insolente, immutabile, trionfante, uccideva in me la facoltà di inghiottire. Mi sentivo diventare gastropatico.... ero vittima di una fobia, forse di una lieve forma di paranoia.... non so! Chi stabilisce i confini tra la saviezza e la follia? Solo potrebbe farlo una saviezza superiore.... che non esiste. Quella poveretta mi era diventata fisicamente intollerabile. Giovane, non brutta, di carattere dolcissimo, affezionata, innamorata (diciamo pure la grande parola), in adorazione perpetua davanti a m e , felice d'essere mia moglie, fedele per istinto (avrei fatto giuramento che per nulla al m o n d o essa mi avrebbe mai ingannato), piena di tutte le buone intenzioni di modificarsi secondo i miei gusti e i miei insegnamenti (in un anno e mezzo l'avevo nel complesso della sua educazione assai migliorata) non meritava forse qualche indulgenza? La perfezione u m a n a non esiste. Ho tanti difetti io ch'essa tollerava, che prendeva quasi per virtù! Ebbene, no, era superiore alle mie forze. In certe ore della giornata le cose filavano abbastanza bene. Ma la tavola era il quo- 5* QUI NON SI T R O V A ! tidiano campo di combattimento delle nostre due inimicizie segrete. Essa a tavola mi amava m e n o perchè le davo soggezione, perchè ostacolavo o coi miei frizzi o coi miei silenzi ostili la gioia, la frégola della sua funzione. A tavola io la detestavo. Lasci che io mi difenda. N o n mi guardi con severità. Lo spettacolo che quella donna offriva a tavola, era veramente rivoltante. Bene educata e fine negli altri momenti della vita, mangiando diventava un'altra, l'essere primitivo, originario, troglodita. N o n si dominava più. N o n già che non seguisse gli articoli del codice di una persona elegante. Diavolo! Era maestra in ciò. Ma non riusciva a nascondere la brutale sua bramosia, l'urgenza della soddisfazione, la voluttà della sensazione. Ho visto mangiare così qualche animale, qualche pezzente affamato o qualche mietitore. E mai creatura di sesso femminile. I celebri divoratori di pasti colossali furono sempre maschi. Gli eroi di O m e r o , gli antichi romani, Gargantua, l'Orco della favola. L'arte ha sentito che non sarebbe stato rappresentativo né estetico creare tipi di donne dotate di eccezionale appetito. E questo Gargantua femmina doveva proprio toccare a m e , che vivo presso a poco di caffè, di tè e di sigarette ! La rivedo a tavola, con retrospettivo orrore, e vorrei pure farla vedere a Lei.... per- Causa di separazione 55 che potesse interamente comprendermi. Appena seduta, ammutoliva in un raccoglimento religioso di devota che sta per accostarsi alla celebrazione della Messa. N o n rispondeva che a monosillabi se veniva interrogata e spesso con monosillabi fuori di tono.... c o m e fa una persona immersa in pensieri lontani. Invece era immersa nel menu. Pregustava, si preparava alla delizia.... in quello stato un po' sonnambolico che è quasi tormento e già inizio di piacere che precede le grandi emozioni. Appena il suo piatto era fornito di cibo (copiosamente, inesteticamente) essa aveva degli inconsci piccoli atti di bestia che difende la sua preda. Gettava qua e là delle occhiate paurose, gelose, prima di attaccare le vettovaglie, come ho visto fare, qualche volta, alle fiere in gabbia, cui si gettano i bocconi di carne rossa. Le esclamazioni, gli apprezzamenti sulla bontà delle pietanze, li aveva smessi, perchè io le avevo insegnato che ciò non si fa. Ma che fatica per lei! E i benevoli commenti si leggevano nei suoi occhi soddisfatti e lucenti, nelle sue labbra ghiotte, nella voce che le si faceva gutturale e voluttuosa. E i miei poveri nervi soffrivano c o m e se un ferro stridesse sopra un cristallo. Ero giunto al punto che mi era intollerabile 56 QUI NON SI T R O V A ! il verso che faceva la sua gola nel deglutire, il gesto lento col quale ricollocava le posate sul piatto con una faccia soddisfatta di mucca ruminante nella pausa fra una boccata e l'altra di lupinella fresca.... Quando aveva finito, finalmente, quando si lavava le labbra e la punta delle dita... era c o m e la fine di un incubo per me.... era come se quell'acqua profumata mi lavasse da un maleficio! Avevo perduta la facoltà di motteggiarla, di frenarla scherzevolmente o anche rabbiosamente.... Ammutolivo anch'io: stavamo l'uno in faccia all'altro, quando eravamo soli, come due nemici. Alcune volte per annegare la mia bile mi feci portare dello champagne e ne bevvi troppo, io, quasi astemio ! Qualche volta diventavo villano. Accendevo la sigaretta e mi alzavo da tavola prima di lei. L'odore del cibo mi nauseava (benché fossi in perfetta salute), la faccia di mia moglie, che si gonfiava alle esalazioni degli olezzi diletti, con le narici che le palpitavano, svegliava in me un desiderio inconfessabile ma che io ora confesso: quello di prenderla a schiaffi. Diventavo con lei grossolano, crudele, duro: il contrario di un gentiluomo. Avevo il pudore di dirle il perchè del mio stato d'animo, ma la maltrattavo e facevo vergogna a me stesso. Essa capiva in parte.... Causa di separazione 57 ma non del tutto. Tentava le ultime difese, si sorvegliava, poveretta; faceva sforzi erculei per nascondermi la causa del mio disgusto. Ma non ci riusciva. La scopersi una volta mentre finiva di pranzare, nella sua camera. Mi accorsi che faceva uscite misteriose, fuori d'orario, per andare dal pasticciere. Ricorreva a mezzucci, ad inganni, a menzogne, come un'adultera per correre tra le braccia di un amante.... Ma io non mi dominavo più. Ero diventato di una ostilità permanente. Relazioni maritali con lei non ne avevo più. La vedevo piangere qualche volta. Sì, ma non mi avrebbe sacrificato n e m m e n o un pasto ! Storia ridicola, ridicola veramente.... A h , ah, ah! Eppure dolorosa. Io giunsi a proporre a me stesso questo quesito: Avrei preferito che mia moglie mi fosse infedele e fosse una femmina dissoluta.... anziché avere il vizio che aveva? E risposi a me stesso, risolutamente, di sì. Dissoluta, colei, era lo stesso. Forse che esiste un solo m o d o di prevaricare, di essere schiavi del senso, di soggiacere alla bassa animalità da cui è escluso lo spirito ? Ma niente affatto. L'egoismo sessuale degli uomini ha dato la prevalenza alla lussuria nella classificazione dei peccati da abborrirsi nelle femmine. Ma la Chiesa, grande maestra di leggi sempre, ha posto la gola nella stessa 58 QUI NON si T R O V A ! categoria della lussuria: poco più giù: uno è considerato il terzo peccato: l'altro il quinto. Dante, grande maestro d'arte, ha bollato i golosi coi peggiori supplizi, forse in m o d o più atroce che i lussuriosi. Nel mio giudizio segreto, ma sicuro, mia moglie era una Messalina, né più né m e n o di colei che ha dato il n o m e alla ignominiosa categoria. Perchè no ? Essa aveva un insaziabile bisogno di un godimento bestiale, da cui traeva la massima gioia della sua vita e che stava per lei al disopra di ogni pensiero e di ogni sentimento di vergogna. Era quel vizio per lei un bisogno insostituibile ed inguaribile: dico era perchè ora essa per me non esiste più. Se fosse stata proclive al terzo peccato, con quell'assenza di energie inibitorie, certamente essa non avrebbe potuto difendersene, c o m e non le riusciva difendersi da quello della gola. M e n o grave, Lei dice, nella scala dei valori, perchè m e n o nocivo altrui? È discutibile. Degrada il corpo e lo spirito, danneggia la salute, quindi, per eredità, la salute dei figli; è cagione di sperpero di danaro, d'ozio, di inebetimento progressivo: quindi antisociale, pericoloso e dannoso. Nel caso mio, distruttore addirittura. Per fortuna non c'erano figli. Nauseato, disgustato, irritato, mi attaccai alla differenza dei Causa di separazione 59 nostri gusti; così, genericamente, senza precisare.... e ottenni da lei, non senza lotta, il consenso alla mia liberazione. E Corradi trasse un ampio respiro, come chi ha sofferto di un male e si sente ritornare alla salute. Io dissi: — Povera diavola! E lui. — N e m m e n o per sogno! Finché ci saranno al m o n d o un bravo cuoco e un buon pasticciere, quella donna non sarà mai infelice. Il problema della vita circoscritto al ventre. Beata lei! — E.... Lei Corradi? — Io? Per me non e la stessa cosa, purtroppo ! Per noi che viviamo specialmente " dalla cintola in su „ il problema della felicità è assai complicato. Io pensai: — Com'è assurdo questo voler suddividere il nostro corpo in sezioni diverse! Cervello, cuore, anima, senso. Tutto per vigliaccheria. Perchè non abbiamo il coraggio di assumere la responsabilità intera delle nostre azioni, offrendo il nostro " io „ totale al processo che ci óo QUI NON SI T R O V A ! intenta, ogni tanto, l'Ideale: la voce, cioè, istintiva e misteriosa di ciò che dovrebbe essere: la coscienza, insomma. Pensavo troppe cose: Per questo, non ne dissi alcuna. E domandai il permesso al mio visitatore, con un'altra buona risata, di far portare il tè.... PAROLE NON PRONUNCIATE MAI. N o n sono una donna romantica io, no: nemm e n o una donna moderna ; non ho mai aspirato ad essere una intellettuale. Parlo poco e scrivo ancora [meno. N o n avevo mai sentito il bisogno né trovato il tempo di scrivere il mio diario, come fanno alcune mie amiche.... disoccupate. Ma ora, non so perchè, provo la necessità intima ed urgente di qualche cosa che mi aiuti a vedere chiaro in me stessa, a definire con esattezza quello che sento e che soffro, a confessarmi davanti al tribunale della mia coscienza. Per questo ho deciso di tracciare un rapido racconto dell'ultima parte della mia vita. Per m e , solo per me. Per mettere ordine nelle mie idee, per mettere parole su sentimenti confusi, per aprire coraggiosamente la mia piaga, bendata e nascosta gelosamentea tutti. Forse, in questo bisogno di scrivere la mia pena, c'è una speranza. Quella di liberarmene, 62 QUI NON SI TROVA! cacciandola fuori dal mio cuore, come una infermità che lo rode. Fare uscire il mio tormento da m e , con una specie di esorcismo : con un atto di sincerità e di umiltà che mi dia la pace, se non quella materna felicità che a me è stata negata.... Se avessi avuta l'educazione religiosa che, disgraziatamente, m'è mancata, se fossi cattolica praticante, credo che avrei cercato un bravo sacerdote per aprirgli il mio cuore, e per averne lumi e consolazioni. Si toglie un grande aiuto alle creature tenendole lontane dalla fede! I miei parenti, gente perfettamente morale, non erano credenti. Ma essi furono felici.... e non pensarono di armare me contro l'infelicità.... Il m o n d o mi crede una donna felice. Cosa mi manca infatti, agli occhi di chi esteriormente mi guarda? Mi maritai giovanissima, con un u o m o che mi amava e che amavo. Un u o m o buono e laborioso che si è arricchito a grado a grado col suo lavoro di onesto industriale, fino a procurare a sé ed ai suoi la più larga agiatezza.. Ero, dicevano, una bellissima ragazza: sono ancora bella, ben conservata, sana, stimata da tutti; ho una figlia, nata dopo lunga aspettazione, accolta come un dono del cielo: una figlia graziosa, in ottima salute, intelligente, che avrà una cospicua dote e farà certo un Parole non pronunciate mai 63 brillante matrimonio. Ho una bella casa, una splendida villa, bei vestiti, diversi domestici, l'automobile, la possibilità di viaggiare quando voglio. -Sono amata da molte persone buone, invidiata da qualcuno (dicono che anche questo sia un piacere) ho amici vecchi e provati. N o n sono un'aquila.... ma non sono certo priva d'intelligenza. Leggo buoni libri, mi piace la musica, mi occupo alacremente della mia famiglia. La mia casa è il mio paradiso. Sono una massaia per vocazione. N o n mi piace solo ordinare ma fare. Detesto quelle donne che credono disonorarsi, se ricche, adoperando le mani in lavori utili. Io levo la polvere ai miei ninnoli, lavoro di biancheria, aiuto e dirigo lamia cameriera che, con l'esempio della mia attività non oserebbe di stare in ozio. E non trovo niente affatto ridicolo d'alternare lavori umili, come, per esempio, l'orlo a giorno ad un lenzuolo, con l'esecuzione di un notturno di Chopin! Mia figlia invece, giudica ciò ridicolissimo.... Mia figlia. Ecco. L'argomento scottante e doloroso da trattare qui, fra me e m e , in segreto, che nessuno al m o n d o mi senta, che nessuno mi legga, che nessuno sappia mai quello che sto per dire. Dire? No. La mia bocca si rifiuterebbe di pronunciare queste parole: il suono della mia voce non potrebbe, neppure volendo, 6*4 QUI NON SI TROVA? animare queste sillabe, nere sul bianco, che mi fanno un effetto strano, nell'uscire da me per la prima volta.... Mi fanno l'effetto d'essere scritte da un'altra persona, da una persona che si nasconde dentro di m e , che si vergogna di uscirne, ma che è stanca di tacere, che soffoca, che vuol dire una volta sola, almeno una, la triste disperata verità che fa della sua vita un continuo martirio. La verità è che.... N o , un momento, non è tempo ancora. Voglio raccontare con ordine. Ero maritata da alcuni anni, e pure non avendo figli, ero felice, o meglio, lo sarei stata, se non mi fossi accorta che non era felice mio marito. Egli mi adorava — e mi adora — alla sua maniera, un po' bruscamente, alla buona, senza romanticherie, diciamo così. Ma era afflittissimo, mortificato, deluso che io non gli mettessi al m o n d o figliuoli. Egli ha la passione dei bambini, prima di tutto. Poi, forse gli dispiaceva di costruire il bell'edificio della sua fortuna senza avere discendenza diretta a cui lasciarla, un giorno. Poi.... è una cosa che non ha bisogno di spiegazioni. Lo scopo del matrimonio, nella gente normale ed onesta, sono i figli. Anch'io desideravo molto di averne, s'intende : per l'istinto della maternità che è in ogni donna, per amor proprio, per bisogno di espan- Parole non pronunciate mai 65 dere la mia tenerezza. Ma infelice non ero. Mio marito mi bastava. Mentre io non bastavo a lui. Allora feci doverosamente il possibile per divenire madre. Mi curai pazientemente. Soffrii mille tormenti. E ansiosamente e fiduciosamente aspettai. Infatti, dopo otto anni di matrimonio, con sofferenze orribili, con pericolo della mia vita, riuscii a dare alla luce una bella e sana bambina! C h e festa in casa nostra ! Che avvenimento ! Mio marito era addirittura fuori di sé per la gioia. Io ero un po' stordita. Avevo tanto sofferto che non trovavo la forza di godere della mia tanto attesa felicità. Quasi non osavo crederci. Mi pareva di sognare. Poi a poco a poco, col ritorno della salute e dell'energia, mi sentii piena di una santa gioia, fresca e nuova, che non avevo preveduta e che mi parve un dono di Dio. Fu allora che sentii nascere in me il sentimento del Divino. N o n divenni praticante, perchè non mi avevano insegnato ad esserlo, ed era oramai troppo tardi per cominciare. Ma credetti fermamente in Dio e a Lui sentii il bisogno di raccomandare la mia creatura. Letizia. Mio marito voile chiamarla così. Ma per un grazioso storpiamento ch'ella fece del suo n o m e quando cominciò a pronunciarlo, la chiamammo poi sempre Zizì.... finché SFINGE, Qui non si trova ! 5 66 QUI NON SI T R O V A ! essa volle essere chiamata più elegantemente Maria Letizia. Guai a non chiamarla così.... Il primo dispiacere ch'essa mi diede, povera piccola, senza sua colpa, fu quello di non avere il fisico ch'io avrei desiderato. N o n somigliava né a mio marito (che è molto bello) né a m e , ma ricordò subito — appena la sua fisonomia prese carattere, uscendo dal piccolo roseo arruffio di lineamenti abbozzati — la faccia di mia suocera. Peccato! Fu un piccolo cruccio per m e , che tenni sempre, s'intende, ben chiuso in fondo al cuore. Mia suocera non era una donna simpatica moralmente. Era stata una fredda madre per suo figlio, una perfetta egoista, una donna ambiziosa e leggera, ed io non avevo una grande affezione per lei, pure rispettandola ed essendole cortese e deferente. Poi.... tutto lo svolgimento della piccola personalità di Zizì, dai primi accenni informi fino ai diciott'anni ch'essa ha avuto oggi.... è stato tutto, dico tutto, una continua delusione e una continua offesa alla mia sensibilità, alla mia tenerezza, alla mia aspettazione di madre. N o n avevo potuto nutrirla: ed essa preferì subito la sua balia a m e , con immenso mio dolore. Divezzata la piccina, la nutrice, una buona innocua contadina, docile e interessata, ma an- Parole non pronunciate mai 67 che realmente affezionata alla bambina ed a noi, rimase in casa c o m e balia asciutta. E Zizì ebbe sempre, prima palese, poi nascosta, una vera predilezione per la sua Gigia: la sua vittima, la sua schiava, cieca assecondatrice di tutti i suoi innumerevoli capricci. Che farci, mio Dio? N o n sono di carattere geloso, non lo sono mai stata di mio marito, de'miei genitori che avevano altri figli amatissimi. Era un fatto, quello che mi faceva soffrire. Un fatto innegabile, non un sospetto. Cercai, da principio, difendermi in mille modi. Fui anche una volta sul punto di licenziare la Gigia. Ma capii che non sarebbe stato possibile. La bambina, fiancheggiata dal padre, non lo avrebbe permesso. E poi quella gara, quella lotta mi umiliava. Mi rassegnai, sperando nel tempo, cercando vedere di quel fatto la parte buona. Se io morissi.... la bimba avrebbe accanto a sé un affetto sicuro, una fidata ed onesta donna. N o n avevo diritto di privare mia figlia n e m m e n o di quella fortuna. E sopportai. Letizia cresceva con un caratterino ribelle, dispotico, pieno di capricci e di desideri infiniti. Il padre la viziava spaventevolmente. U n o schiavo anche lui, in ginocchio di continuo davanti a lei. Essa ricorreva sempre in appello al tribunale paterno, contro le mie giuste sen- 68 QUI NON SI TROVA! tenze: le quali erano costantemente cassate. Da piccina lo faceva apertamente. Adesso lo fa diplomaticamente..... Ma i risultati sono gli stessi. Mio marito, lo ripeto, mi adora. Ma idolatra nostra figlia. E crede di non offendermi quando agisce così. Sorride, scherza, dice che io sono severa.... mi prende con le buone, mi prega, mi supplica c o m e un bambino.... Ed io devo sempre cedere.... ora sorridendo.... ora nascondendo le mie lagrime.... Così lei, la mia piccola, nata dal mio seno, carne della mia carne, figlia del mio amore e del mio patire, cresceva, si sviluppava, si affermava, totalmente diversa da quella che l'avrei voluta, estranea all'anima mia, come se fossimo lontane l'una dall'altra per differenza di razza,, di sangue, di spirito e di sentimento! Intelligente, ambiziosa, egoista, astuta e carezzevole a volte e a volte impetuosa, assetata di tutti i piaceri della vita, superficiale, senza vera sensibilità, non a m a nessuno a questo mondo, nessuno fuorché se stessa. Mia figlia. Sono io che parlo così di lei? Queste tristi verità che penso, che sento da tanti anni e che non ho mai dette né lasciate indovinare a nessuno (nemmeno a suo padre, Dio me ne guardi!) le scrivo oggi qui per la prima, per l'ultima volta, per vederle fuori di me.... per Parole non pronunciate mai 69 distruggerle poi tosto con febbrile furore.... Potrei morire.... e non voglio lasciarle come documento di biasimo per lei.... e ancor più, forse, per m e . " N o n a m o io dunque mia fì.glia} se posso giudicarla? „ Questa è la domanda atroce che mi son fatta tante e tante volte, col cuore in tumulto. Darei per lei la mia vita. Il bene che voglio a lei non lo voglio a nessuno al mondo. Andrei a cercare la sua felicità lontano, lontano, a piedi scalzi, se fosse necessario. La difenderei, come una leonessa, contro il m o n d o intero! Si chiama amore tutto questo? M a , se Maria Letizia non fosse mia figlia, se questa ragazza, così com'è, io la guardassi, per dir così, di fuori, ch'essa non mi appartenesse, e che l'istintivo indistruttibile affetto non mi legasse a lei, questa ragazza non mi piacerebbe, non la sceglierei, non l'amerei. Siamo troppo diverse. N o n ci comprendiamo. Non ci assomigliamo. Apparteniamo a due categorie spirituali diverse. Perchè è fatta cosi? A chi assomiglia moralmente ? Quale strano e crudele capriccio del destino ha voluto che quell'onest'uomo di mio marito, semplice, franco, attivo, espansivo, un po' rude, ma così buono !, ed io, abbiamo messo al m o n d o questa piccola fredda tiranna? Ora tiran- 70 QUI NON SI TROVA! na, quando crede di riuscire ne' suoi intenti con la prepotenza (come fa con suo padre) ; ora commediante, come fa, o tenta di fare con m e , sempre. Quante bugie dice quella creatura, nata da due esseri che non hanno mentito mai! La tendenza alla menzogna fu uno dei primi veri dolori che Zizì mi diede. Quello che ho fatto per correggerla lo sa solo Iddio. C o n dolcezza, con pazienza, con severità, con preghiere, con minacce. Niente. La bugia fiorisce dalle sue labbra, dal suo cuore, per generazione spontanea, come la gramigna fra i sassi. Più si estirpa, più rigogliosa rinasce. Mentisce per vocazione, per gioco, per istinto invincibile? È un esercizio della sua imaginazione ? N o n so. Certo è una cosa che mi ulcera il cuore. E la sua vanità? N o n ha limiti. Tutte noi donne, più o meno, siamo vane. È un difetto del nostro sesso. Ma ci sono sfumature e gradi. Vana Zizì lo fu subito, fin da piccina. Faceva scenate per un vestito, per un cappello che non le piaceva, o per uno che voleva. Da qualche tempo alla vanità per se stessa, dirò così, si è aggiunta la civetteria. Se n'è accorto perfino suo padre che è cieco per lei. Io ho cercato sempre di negare.... La mia dignità di madre soffre neh"ammettere questo grave difetto di mia figlia. E nel mio segreto cerco Parole non pronunciate mai 71 per lei le attenuanti: sarà tendenza naturale, sarà temperamento, ahimè!... Ma da certi dati che credo sicuri, essa non è e non sarà capace di amare veramente e fedelmente un uomo. Le piacciono tutti. Sono il suo solo pensiero — gli uomini — pur troppo ! N o n vive più che di flirts. Ma non si attacca, sul serio, a nessuno. Gigia dice di lei, credendo dire una bella cosa : " Morto un papa fatto un altro ! „ A chi somiglia dunque? Suo padre fu sempre un casto, io una donna calma e fedele, non solo per dovere ma per istinto. Anche questo, mio Dio? La sorveglio, le faccio la guardia, ripeto quotidiane raccomandazioni alla sua povera governante, ch'essa fa disperare, ma che vuole tenere perchè è chic di avere una istitutrice: e sorveglio anche Gigia, della quale non mi fido perchè la credo capace di tenerle di mano.... tanto le è ciecamente devota. Lo " snobismo „ non è uno degli ultimi difetti che mi affliggano in mia figlia. Ho scoperto che si vergogna di portare un modesto n o m e borghese. Ad una sua conoscenza, ai bagni, l'anno scorso, lasciò credere che suo padre potrebbe portare il titolo di conte. Alle mie proteste, rise. Ride, o almeno sorride sempre di m e . Mi tratta dall'alto in basso. È gentile, rispettosa, 72 QUI NON SI T R O V A ! s'intende, N o n tollererei il contrario. Sono sfumature. Ma è certo che non mi tiene in nessun conto, intellettualmente. Mi giudica troppo borghese, troppo semplice pei suoi gusti raffinati. " T u non sei moderna, mammina!,, E sorride del suo sorrisetto crudele, che somiglia tanto a quello di mia suocera.... C'è qualche cosa di più orribile a questo mondo, dello stato d'animo registrato spietatamente su questi fogli? N o n lo credo. U n o stato d'animo contro natura, mostruoso eppure reale, e immodificabile.... Poter essere il giudice spietato d'una nostra creatura, vedendola qual'è, tanto lontana dal nostro ideale ! Ah se potesse piacermi lo stesso, così com'è, con tutti i suoi difetti dei quali non ha colpa! Povera, povera creatura! Ha domandato, lei, di venire a questo m o n d o ? Perchè l'abbiamo noi creata per il nostro piacere fisico e sentimentale? Siamo noi che le abbiamo trasmesso germi ereditari, malvagi ed insanabili.... siamo noi (mi accuso anch'io per umiliarmi, per vilipendermi) che non abbiamo saputo educarla, sanarla, perfezionarla.... Cosa darei per poterla rendere come il mio cuore la vorrebbe! Per stringere fra le mie braccia la figlia non solo della mia carne ma della mia anima! C o m e sono sempre disposta a ricredermi, a pentirmi, a intenerirmi per lei, Parole non pronunciate mai 73 per la mia Zizì, ogni volta che mi pare, solo che mi pare, per una sfumatura, per un lembo di speranza, ch'essa abbia un movimento buono, un gesto che piaccia a m e , uno slancio che mi assomigli ! Ma no, ma no, ma no ! Tutto in lei, tutto di lei mi gela e mi respinge! Eppure nessuno s'è mai accorto di questo mio doloroso, torturante segreto. I miei occhi sono pieni di una perenne fiamma d'amore per lei, della fiamma che arde idealmente per mia figlia, per la creatura senza volto e senza nome, che è nata dalle mie viscere.... e che io amo, senza guardarla e senza giudicarla, ogni giorno e ogni minuto, raccomandandola a Dio.... e che non è Zizì, Letizia, né Maria Letizia, ma mia figlia.... che sento e che amo, come simbolo, come immortale aspirazione della mia istintiva affettività. Passo per una madre tenerissima: sulle mie labbra non sono che parole d'indulgenza e di difesa, quando parlo di lei, con gli altri, anche con suo padre, che, pure idolatrandola, ne comincia a vedere i difetti.... Cerco farle la vita più lieta che sia possibile, colmandola di tenerezze e di doni, se pure tenendola, fin dove mi riesce, nel cerchio protettore della mia giusta ed oculata vigilanza.... finché trovi un marito che sappia (Dio lo voglia!) per un vero miracolo d'amore esercitare su di lei una 74 QUI NON SI TROVA! influenza buona e forte.... Cerco con ogni cura quest'uomo, lo a m o fin d'ora.... lo avvolgo nella mia preventiva riconoscenza, e fin d'ora lo compiango.... perchè sarà, senza forse, il più disgraziato dei mariti.... Perchè egli riceverà dalle mie oneste mani di donna, di madre, non già un dono, ma un castigo di Dio. Pur troppo mia figlia non ha cuore, è una bambola di carne, un piccolo oggetto di lusso e di capriccio, una di quelle creature nate per dare altrui l'infelicità. Stamane quando sono entrata nella sua camera color di rosa (un nido di principessina delle fate) per offrirle, prima di suo padre (è una continua affettuosa e gelosa gara fra di noi) il dono pel suo compleanno, essa stava vestendosi davanti al suo grande specchio. N o n è propriamente bella, Zizì, ma la ferma volontà di esserlo, ed il suo buon gusto, hanno fatto di lei una ragazza molto carina ed ammirata. Si è fatta una linea sua, un tipetto bizzarro e piccante, che a me non pare da signorina ammodo.... ma che è moderno ed elegante. Porta la breve fronte scoperta, si tira tutti i bei capelli bruni sulle guance c o m e un cappuccetto lucido e si vede della sua faccia appena una strisciolina. La faccia è la cosa più coperta ch'essa abbia del suo corpicino! Parole non pronunciate mai 75 Ho avuto il solito stringimento di cuore che provo quando la vedo come non vorrei vederla: in un m o d o che mi sconcerta, che mi dà la strana impressione ch'essa non sia veramente mia figlia. In una combination di leggerissima seta rosa, trattenuta da due sottili nastri sulle spalle, con le gambe quasi nude entro le calze troppo trasparenti, sugli altissimi tacchi, tutta dinoccolata e duttile come un piccolo giocattolo di g o m m a . Ho socchiuso gli occhi, quasi per non vederla.... l'ho baciata in fronte, le ho dato il piccolo astuccio di pelle bianca. Essa lo ha preso avidamente, rendendomi di volo il mio bacio, l'ha aperto e vedendo brillare sul candido raso la bella grossa turchese circondata da brillanti (un troppo ricco anello per una ragazza di diciotto anni! ma era il suo desiderio e l'ho contentato) la sua faccia si è un momento illuminata di gioia infantile. Ha detto: " Grazie, grazie ! „ con vera sincerità d'accento, come le succede di rado.... Mi è parsa ancora la mia Zizì piccola, di quando le pene che mi dava erano più piccole : l'ho amata tanto in quel momento.... le ho voluto bene come sento che avrei potuto volergliene sempre, indicibilmente, svisceratamente ! Allora l'ho presa fra le braccia, l'ho stretta, 76 QUI NON SI T R O V A ! l'ho coperta di baci, l'ho soffocata di carezze, bagnandole il volto di lagrime.... — M a m m i n a , che ti prende? Mi fai male, mi levi la veloutine, mi spettini tutta! — ha gridato, sgusciandomi via dalle mani come una gattina selvatica. E correndo davanti all'alta specchiera, si è messa a riacconciarsi, un po' ridendo, un po' imbronciata, dicendo a m e , che la guardavo sbigottita, quasi vergognosa del mio gesto passionale: — E via, mammina, bisogna che tu sia più seria, oramai. Diventiamo vecchiette! Abbiamo una figlia di diciott'anni! Io mi sono avviata triste e avvilita. Ho mormorato quasi senza accorgermene : " Povera m e ! „ E ho veduto dalla soglia della camera color di rosa, riflessa da un alto specchio, la figuretta seminuda, che faceva moine e graziette agitando la m a n o ingemmata coi piumino della cipria fra le dita bianche dalle unghie troppo rosee.... Ah mio Dio! A chi devo dunque chiedere perdono di. tutto quello che ho scritto.... che è quello che penso e sento e che nessuno sa? Ma se tutto questo è un'orribile sofferenza per m e , non è già il mio un peccato, ma una crudele penitenza: e allora nessuna colpa è in me.... Parole non pronunciate mai 77 I dolori che ci vengono dal di fuori sono nulla in paragone del martirio che ci procurano i dolori che, come fiori velenosi, hanno radici nella nostra stessa anima.... Ho riletto queste pagine scritte con lagrime brucianti negli occhi e nel cuore. Ora so cosa penso e cosa sento precisamente. N o n posso più farmi illusioni.... Ci saranno altre madri, al mondo, nelle mie stesse condizioni? Forse. N o n ci sono casi isolati, nella vita. Cosa faranno? C o m e agiranno? N o n so. So che il mio dovere è il silenzio, nell'accettazione dolorosa, poiché cambiare le cose non si può. A m a r e i figli non è un dovere, è un istinto. Per questo, n e m m e n o le antiche tavole di Mosè lo insegnavano (ricordo bene la Storia Antica). Il grande legislatore ebreo impone ai figli di " onorare il padre e la madre,,. Ma non impone ai genitori di amare i figli perchè sa che non c'è bisogno di tale imposizione. È vero. Ma ci sono dunque diversi modi di amare. Oltre l'istinto, c'è la ragione. Anche le madri amano necessariamente di più i figli che loro assomigliano spiritualmente, quelli che meglio rispondono al loro legittimo sogno di prolungarsi, perfezionandosi, nell'umanità.... 78 QUI NON SI TROVA? Deve essere così.... In fondo, si amano forse solamente e s'intendono fino al profondo le creature che si assomigliano moralmente. Quando si è sostanzialmente diversi nello spirito, nel carattere, nel cuore, per uno strano crudele capriccio della natura, l'omogeneità, la vera simpatia dell'anima è impossibile. U n a triste anormalità, un fenomeno m o struoso e raro.... chi sa? Forse m e n o raro di quanto la storia dell'anima umana, fatta di cose che non si dicono e di convenzioni che sempre si ripetono, non registri. Ora dò alla fiamma del caminetto questi fogli.... Nessuno deve posarvi gli occhi.... Bruciano le mani a me.... come mi hanno bruciato il cuore, queste parole che il mio labbro non ha pronunciate mai.... U n a sola cosa devo aggiungere. Se in questo m o m e n t o sapessi, che c'è qualcuno al m o n d o che vuole fare del male a mia figlia, e che quell'essere cadesse nelle mie mani, sento che io, donna mite e pusillanime, che scansa col piede un insetto per non schiacciarlo, sento che conoscerei una passione che ignoro: l'odio, e che sarei capace di uccidere! IL BENEFATTORE. Il cavalier Amilcare Radice, sui sessantacinque anni, era un ex.... tutto. Ex bell'uomo, ex garibaldino, ex ispettore ferroviario, ex a m m o gliato. Perchè era vedovo : anzi, molto vedovo. Aveva avuto tre mogli : ma non amava dirlo. Il sorriso che questa sua " generalità „ destava sulle facce altrui, lo seccava: e preferiva tacere. Ma lo si sapeva lo stesso. Ed il cavalier Amilcare, u o m o retto, integro, austero come è oggi assai raro d'essere in questo povero mondo, aveva la riputazione di un donnaiolo, legittimo sì ma non per questo m e n o impenitente. Gli amici scherzando lo chiamavano Barbableu, anche s perchè aveva avuta, fino a pochi anni innanzi, una bella e morbida barba nera, quasi bluastra, che gli dava, con la sua alta statura, col suo dignitoso portamento, un aspetto di mago, di Klingsor benigno e mite.... So QUI NON SI TROVA? che aveva il solo difetto di amare immoderatamente il sesso gentile.... — Tre mogli sono un po' troppe — dicevano i m e n o indulgenti: e si scandolezzavano in perfetta buona fede. La terza specialmente, impalmata dal cavalier Radice quando egli era sui cinquantacinque, aveva passato il confine della tolleranza concessa dal prossimo ad ogni peccatore.... E qualche beghina del vicinato aveva susurrato, alla morte della terza signora Radice, che quello era stato un meritato castigo di Dio all'impenitente libertino.... che aveva sacrificata una giovane unendola alla sua declinante m a turità. Ma il bello di tutto ciò (cioè, l'ingiusto : strano, non è vero? l'eufemismo di questa frase fatta?) era che il cavalier Radice amava mediocremente le donne e senza alcun sensualismo, che ne aveva sposate tre suo malgrado, senza quell'interno fuoco che si suole chiamare " amore „ ; e ch'egli era nei sentimenti e nelle azioni il più puro, il più disinteressato degli uomini. Egli era per vocazione innata un benefattore. Traeva le maggiori soddisfazioni della vita dai bene largito altrui. Era forse quello il suo egoismo, come potevano pensare gl'increduli nella perfezione umana. Ma un egoismo che assume 77 benefattore 81 forma e sostanza di altruismo è, ad ogni modo, un egoismo superiore. Dunque Amilcare Radice aveva sempre preso moglie per pietà e per bontà d'animo. La prima era povera come Giobbe, graziosa, di una famiglia decaduta che nascondeva dignitosamente la sua irrimediabile miseria. Si chiamava Ortensia e suonava il pianoforte. Amilcare, allora in principio di carriera, aveva pochi danari e una moglie con un po' di dote gli sarebbe stata utile. Invece sposò Ortensia che sfioriva nell'ombra come il pallido fiore del suo nome. La gente disse che non era un u o m o pratico, ma leggero, che nella donna guardava solo il " bel muso „ e nessuno lo lodò per il suo disinteresse. Eppoi Ortensia morì. D o p o pochi anni Amilcare sposò una sua lontana parente e coetanea, non bella, con una discreta dote. Si chiamava Cornelia. Essa medesima gli offrì i suoi melanconici trent'anni che avevano bisogno di consolazione. E il dabben u o m o non conosceva altro che un mezzo per dare alle donne la felicità : sposarsele. E sposò la matura vergine Cornelia, sua seconda cugina, che non gli piaceva ma che gli faceva compassione. Ma passati alcuni anni anch'essa morì. E il SFINGE, Qui non si trova ! 82 QUI NON SI TROVA? povero Radice fu di nuovo solo nella due volte vedova casa. La sua carriera avanzava, lo stipendio era aumentato, aveva ereditato la discreta sostanza della moglie, era diventato cavaliere. Tutte belle cose. Ma egli si sentiva solo e melanconico perchè aveva la vocazione della famiglia, il bisogno intimo di render felice qualcheduno.... e la sua agiatezza solitaria gli sembrava un triste deserto. N o n si decideva però a riammogliarsi. I maligni avevano detto ch'egli aveva sposata Cornelia per la dote; e poiché ciò non era vero, egli se ne affliggeva e pensava che, nel caso di un suo terzo matrimonio, solo una donna sprovvista di ogni mezzo di fortuna e non bella avrebbe fatto al caso suo : così la gente non lo accuserebbe né di leggerezza né di interessato animo. Perchè l'ottimo u o m o aveva, fra tante perfezioni, una sola debolezza: dava molta importanza all'opinione della gente. Il " m o n d o „ (ossia quei trenta o quaranta imbecilli o maligni, quella ventina di pettegoli che conosceva) gli faceva paura. Prendeva sul serio il prossimo e gli pareva di avere verso di esso qualche dovere; credeva che esso avesse il diritto di giudicare la sua condotta e pensava che è giusto sacrificarsi a vivere nel m o d o che piac- Il benefattore 83 eia un poco anche agli altri. Ad una sola cosa non rinunziava: alla necessità morale di avere una famiglia. Adorava i bambini, e poiché le sue due prime mogli non glie ne avevano dati, a cinquant'anni passati si decise a prenderne una terza : Zelinda. Questa era una giovane vedovella briosa e intraprendente che rideva con delle risate lunghe e tremule somiglianti all'annitrire dei cavalli. Il cavalier Amilcare (anzi adesso era cavaliere ufficiale) era suo vicino di casa e non aveva, da principio, grande simpatia per lei, che si muoveva troppo, che faceva ciarlare la gente. Ma a poco a poco fu irretito, al solito, sentimentalmente. Essa versava in cattive condizioni finanziarie, era leggera ma non corrotta, aspirava ad avere dei bei vestiti. La felicità per lei consisteva in questo. Perciò mise gli occhi sui suo vicino e lo persuase a poco a poco della sua infelicità, della sua illibatezza, della malignità dell' invida gente : lagrimò, si lamentò e.... si fece sposare. Ma questo terzo matrimonio fu il m e n o felice pel cavaliere ufficiale Radice. Quella donnina annitrente era troppo rumorosa, troppo irrequieta, troppo m o n d a n a per i suoi gusti. Egli era sempre stato tranquillo e casalingo; ora più che mai la casa, le pantofole, la veste da camera, gli sorridevano dopo l'ufficio.... e nos- 84 QUI NON SI T R O V A ! signore, la mogliettina vivace voleva essere accompagnata " in società „ (ella chiamava pomposamente così le sue conoscenze) e al teatro. E i desiderati figli non venivano.... Fu quello il periodo m e n o roseo per il povero Amilcare, tanto più che vedeva la disapprovazione sul volto ed anche in qualche discorso de'suoi amici e colleghi.... In quel tempo egli fece anche una inaspettata eredità (di una vecchia sorella avara e senza figli, cui il marito era premorto) e la gente non potè perdonargli tanta fortuna in una volta. Un'eredità.... una moglie giovane ed elegante.... era un po' troppo ! Usciva dall'ombra, diventava centro di attenzione, scatenava le lingue del prossimo. Ed egli, invece d'infischiarsene, se ne affliggeva. Aveva sfidato, da giovane, le palle austriache.... e aveva paura delle lingue della gente! Ma il suo destino volle che anche la gaia Zelinda, c o m e una farfallina leggera che si brucia le ali, fosse rapita dalla morte.... La morte, una cosa così grave; Zelinda, una cosina così frivola, pareva non dovessero andar d'accordo; eppure.... Quella volta il vedovo fece solenne giuramento di non prendere moglie mai più. Aveva sessant'anni. Il suo sogno di avere una famiglia era inviso alla sorte. " Doveva „ ras- Il benefattore 85 segnarsi a star solo. Si fece pensionare e si mise a viaggiare il mondo. Ma ogni volta che tornava nella sua deserta casa (una bella casa di cui era il proprietario) si sentiva struggere dalla solitudine amara. Aveva una vecchia serva brontolona che lo tiranneggiava. Quella tirannia era la sua sola dolcezza..., Passavano gli anni. La bella barba mosaica era quasi bianca ; ma la sua salute era ancora buona e l'anima sua, un po' ingenua sempre, un po' fanciullesca e romantica, era ancora assetata d'idealità.... La sua vecchia perpetua aveva una giovane parente campagnola, che aveva " fallato „ e che cercava collocarsi in città, essendo stata ripudiata dalla famiglia. La vecchia propose al padrone di prenderla per qualche tempo, come aiuto, fintanto che non fosse collocata. Sapeva cucire bene; avrebbe lavorato perla famiglia. Il padrone accettò. E fu così insediata in casa sua la giovane Franchina, che era madre di un bambino.... senza padre. Franchina non era bella ed era di malinconico umore. A m a v a ancora il cattivo arnese che l'aveva piantata, scappando in America, e si preoccupava dell'avvenire del suo povero bambino, che, intanto, era a balia in campagna. Però ora in casa Radice c'era m e n o monoto- 86 QUI NON SI T R O V A ! nia : invece d'essere in due, erano in tre. Quell'umile dolore taciturno riempiva tuttavia un poco la deserta casa del vedovo. Il quale aveva pietà di Franchina, la solita pietà disinteressata e generosa. Ora egli era agiatissimo, aveva una buona pensione, il mantenere una persona di più non gli era di nessun peso.... D o v e mandare quella poveretta? Pur deplorando il suo fallo, la lodava di non aver voluto rinunziare, c o m e tante sciagurate fanno, al suo bambino; e quel coraggioso amore materno c o m m o v e v a il suo vecchio cuore invano assetato di paternità. Erano passati parecchi mesi, oramai il piccino aveva più che l'anno, si trattava di toglierlo alla nutrice, di riunirlo alla madre che, in verità, non sapeva a quale mestiere darsi che bastasse a mantenere due creature. Il cavalier Radice disse un giorno alla vecchia fantesca brontolona: — Voglio vedere il marmocchio di Franchina. Fatemelo condurre qui. E quando l'ebbe visto (era un bellissimo bambino, biondo e azzurro come un angioletto tradizionale) se ne invaghì siffattamente, che disse alla madre estasiata: — Be', Franchina, per adesso tienilo qui. Intanto si penserà al tuo collocamento. Quel cherubino ci farà allegria, che ne abbiamo bisogno. // benefattore 87 Ma nel vicinato e fra le conoscenze del cavalier ufficiale Radice, ispettore ferroviario in riposo, si levò un formidabile scalpore. Franchina fu senz'altro giudicata l'amante di lui; il bimbo (che si chiamava Bruno, lui così biondo) passò per suo figlio; la vecchia serva zia fu vilipesa c o m e mezzana. Quelle parti furono distribuite con tale sicurezza che anche i m e n o malevoli dovevano accettare senza discutere il fatto compiuto. — Ma è un'indecenza! Quel vecchio matto vuol farcene vedere di tutti i colori! Tre mogli giovani.... e adesso una concubina e un figlio bastardo ! Ma la sposi ! Sarà sempre una cosa mostruosa alla sua età! Ma sarà meglio dello scandalo attuale. Così press'a poco si esprimeva l'opinione pubblica. E il povero Radice si accorgeva di essere salutato freddamente, d'essere sfuggito dai suoi antichi amici e conoscenti. U n o dei più intimi si fece anzi " leader „ dell'unione della morale offesa e affrontò un giorno per la strada l'ex ispettore: — Caro Amilcare, è il destino che mi ti fa incontrare. Da tanto tempo noi del Biffi andiamo dicendo che uno di noi si deve decidere a parlarti.... — Oh bella! e di che? 88 QUI NON SI TROVA ! — M a , sai, della tua vita privata. C o m e antichi compagni ci crediamo in diritto di dirti che la tua condotta desta il nostro dolore ed il nostro biasimo. — La mia condotta? Ma.... hai voglia di scherzare? Bada, io non sono molto paziente.... — Allora, scusa; non parlo.... — Ma no, di', di' presto.... — Ma.... quella tua amante che tieni in casa col figlio! Regolarizza tutto ciò! Alla tua età, col tuo passato patriottico, uno scandalo non devi darlo.... — Ma sei pazzo? — N o , guarda, lo capisco. Quattro mogli sono troppe. Accidenti! Ti faccio i miei complimenti! Ma meglio una moglie che una concubina.... — Oh, punto e a capo ! È ora di finirla con queste supposizioni ingiuriose. Sono un galantuomo, e mi duole dovertelo ricordare, proprio a te che dovresti conoscermi. Io non ho amante né concubina. Delle donne ne ho fin sopra i capelli. Franchina è una povera ragazza, parente della mia serva, che ho raccolta col suo bambino. E un'anima onesta.... a malgrado del suo fallo. Ho cercato redimerla, togliendola dalla miseria. N o n è bella, non l'ho nemm e n o mai guardata in faccia. Rispetterei la // benefattore 89 sua giovinezza e la sua sventura anche se fossi giovane. Amori ancillari, no. N o n sono aristocratico.... ma mi piacciono le cose pulite. Eppoi.... ho sessantasette anni. Rispettate tutti la mia barba bianca. Mi meraviglio di voi! E piantò l'amico in asso, allontanandosi col suo passo solenne, con la sua alta statura, con la sua bella barba fluente che lo faceva rassomigliare alla personificazione del Padre Eterno. Egli parlando con l'amico aveva detta la sacrosanta verità. E quell'ingiustizia lo umiliava e lo addolorava. Nulla aveva da rimproverarsi. La sua coscienza era limpida, la sua condotta verso Franchina era quella di un generoso benefattore. Ma aveva egli il diritto di esporla alla calunnia del m o n d o birbaccione e linguacciuto? Pensò, riflettè. E volle ch'ella potesse dire di vivere veramente del proprio lavoro. La m a n d ò in una sartoria (sapeva adoperare l'ago con perizia) a perfezionarsi, l'aiutò a diventare socia della direttrice. Le ridiede così una coscienza, un'attività, un senso di responsabilità che la riabilitava ai suoi propri occhi. Il bimbo più che mai restava nell'affettuoso dominio del suo protettore, che si era attaccato a lui col suo cuore romantico, onesto, assetato per tutta la vita di paternità dell'anima. Bruno era uno splendore e cresceva intelligente 90 QUI NON SI TROVA! e studioso, benché vivace e pieno di volontà. Per fortuna non somigliava né al mascalzone di suo padre né alla pecorina anima insulsa della madre.... Amilcare Radice aveva per lui la tenerezza e l'orgoglio di un nonno. Lo sentiva suo spiritualmente e aveva deciso di legargli, m o rendo, il suo onorato n o m e e la sua sostanza. Aveva comprato un modesto ma grazioso villino al mare e là passava col piccolo, con una balia asciutta e con la vecchia domestica tutta l'estate. Franchina vi passava solo un mese perchè non poteva lasciare la sua azienda bene avviata. Era sempre magra, bruttina, poco attraente, ma aveva ritrovata la serenità e benediceva notte e giorno il suo benefattore, che la trattava con cordialità un po' burbera senza darle soverchia confidenza. Solo Bruno era ammesso alla tavola padronale; le tre donne desinavano insieme in cucina. Passavano gli anni così. La gran barba fluviale del vecchio garibaldino oramai era tutta un nevaio, la sua alta statura cominciava un poco ad incurvarsi. Bruno cresceva come un giovane alberello di pesco, tutto roseo e ricciuto di lucida piuma d'oro. Quel tramonto e quell'aurora si attiravano irresistibilmente e si adoravano. Bruno chia- // benefattore 9i m a v a " nonno „ il vecchio senza che nessuno glie lo avesse insegnato.... Un giorno d'estate stavano tutti e due come al solito in riva al mare, all'ombra della loro capanna. Le domestiche erano a casa insieme con Franchina, giunta il giorno innanzi per passare lì il suo mese di vacanza. Bruno costruiva un porto per le sue barche. Seminudo, dritto, bello, con la carne patinata dall'ardente bacio del sole, pareva un tritoncello amico dell'acqua e dei cimenti. Il vecchio, con un libro di ricordi garibaldini aperto sulle ginocchia, lo guardava estasiato, richiamandolo ogni tanto alla prudenza e al riposo. All'ombra di una capanna vicina chiacchieravano alcune donne poco coperte dai loro accappatoi vistosi e procaci. Credevano forse il vicino assorto nella lettura.... o sordo per gli anni? U n a bruna formosa alla quale usciva dall'accappatoio rosso una gamba ben tornita fin sopra il ginocchio, diceva: — Lo vedi? Eccolo là. Deve essere stato un gran bell'uomo!... Ma è rivoltante il libertinaggio a quell'età! Ogni frutto ha la sua stagione.... L'altra, una bionda ossigenata un po' matura, 92 QUI NON SI TROVA ! col volto dalle intenzioni serafiche, avvolta in un cadente paludamento celeste che le scopriva molto territorio dal collo alla cintola.... diceva: — Ieri è arrivata la sua mantenuta, la madre del bambino, di cui il vecchio imbecille si crede il padre.... Dicono ch'è brutta e che fa cattiva vita a Milano.... Vogliamo vedere se ha il coraggio di venire qui alla spiaggia accanto a noi! La terza, una languida signorina bruna, magra, con gli occhi tinti e un braccialetto alla caviglia sinistra, sospirò, allungandosi tutta sulla sabbia, stretta nella sua combination da bagno, di seta giallo vivo. Aveva visto avvicinarsi il gruppo degli ammiratori, fra i quali il poetino (così brutto nell'acqua, in verità!...), che la trovava somigliante ad una giovane pantera.... Ella disse, sbadigliando: — N o n sapete? Il vecchio signore ha avute, prima dell'amante attuale e di chi sa quante altre, cinque mogli legittime! È un u o m o benemerito, dopo tutto.... E dicono sia molto ricco.... E lanciò verso di lui un'inutile occhiata lunga c o m e un'agugliata. Quell'uomo che aveva tanta disposizione al matrimonio non le era indille- // benefattore 93 rente, a malgrado dei suoi settantanni, e meditava di sedurlo.... — Vengono i nostri amici —- disse la donna ammantata di rosso. — Voltiamo le spalle a quell'uomo immorale ed al suo marmocchio; non bisogna comprometterci.... — E cercò, aggiustandosi sulla chaise-longue, di mettere in evidenza i frammenti migliori della sua propria.... storia naturale.... Eppoi si udì un piccolo concerto di risate, di griducci, di alte voci maschili e femminili, che parevano uscenti da un serraglio di beivette in calore.... Amilcare Radice aveva tutto udito. Taceva e guardava il mare infinito, tranquillo, un po' velato di bruma, fuso col cielo in una linea quasi indistinta.... Poche vele lontane, qua e là, c o m e farfalline bianche sul pallidissimo azzurro. E l'acqua che aveva, di lontano, un suo colore opalino ed opaco, era da vicino, sulla spiaggia, intorno ai piedi nudi di Bruno e prossima ai suoi, così limpida, così incolore, così innocente, che metteva voglia di berla. Le onde piccoline, con un lievissimo sciacquìo, lasciavano sulla sabbia di velluto le impronte semicircolari del loro passaggio. L'aria era pura, odorosa di pesce fresco e così salata che insaporava le labbra.... 94 QUI NON SI TROVA! Si avvicinava l'ora della colazione, ma il vecchio non se ne accorgeva. Bruno gli si accostò e disse: — Nonno, ho fame. Ma s'interruppe, e cacciandosi tra i suoi ginocchi, chiese tra affettuoso e timoroso: — Nonno.... piangi? Il vecchio si scosse, strinse il piccolo tra le braccia, gli sorrise.... Il piccino insisteva: — Perchè, perchè? Il vecchio disse: — Sai, pensavo tra me una brutta cosa.... — Cosa, nonno? — Che il m o n d o sarebbe tanto bello se non ci fossero gli uomini.... né le donne.... — E n e m m e n o i bambini? — chiese Bruno preoccupato. — Andiamo, piccolo, è l'ora della colazione. E il nonno si alzò. Tutti i problemi di questo m o n d o si risolvono press'a poco così: cambiando discorso.... LA SPOSA DEL GRAND'UOMO Dire la verità. Così, come se fosse cosa da nulla! Ma queste tre semplici parole sono, o meglio, sarebbero, una intera rivoluzione. Dire la verità è un lusso, è il lusso supremo della vita. Possono dire il vero solo i grandi ed i forti, a questo m o n d o : coloro che s'infischiano dell'universo, che non hanno paura di nessuno e di nessuna cosa e che possono procurarsi regalmente la gioia di far piacere solo a se stessi. Noialtri mediocri e bisognosi di pane, dobbiamo chinare il capo ed accettare la legge meschina del nostro tornaconto. Faccio 11 giornalista da poco, ho venticinque anni, n e m m e n o un soldo, e aspiro a farmi strada nella vita. N o n sono un apostolo e ho tanto desiderio di un po' di benessere materiale! Le mie illusioni sul mio ingegno artistico 96 QUI NON SI TROVA ! sono quasi sfumate o le tengo nascoste in un angolo oscuro della mia segreta coscienza. Ma credo nel mio talento giornalistico, vivace, estemporaneo, brillante, che piace al pubblico e lo diverte. Ho avuto la fortuna d'entrare in un grande giornale, sogno dorato di tutti noi. Per ora faccio la parte di generico, della bonne à tout faire. Supplisco gli assenti, vado dove gli altri non vogliono andare, faccio quello che i colleghi " già arrivati „ non si degnano di fare più. Distraggo, diverto, interrompo la monotonia degli articoli seri (o che dovrebbero esserlo), faccio morire lo sbadiglio del lettore in un sorriso.... Sono lo spiritello bizzarro del giornale, il Puck simpatico della brigata.... Ma sempre, s'intende, intonandomi, c o m e uno strumento di buona marca, col resto dell'orchestra. Ho il fiuto: sono un bracco istintivo: ho cioè il senso dell'opportunità, di quello che piace al pubblico e che fa vendere il giornale. Il segreto sta tutto qui. La nostra è una industria, non è un apostolato. Tale malinteso è quello che fa scagliare addosso ai giornali, qualche volta, i fulmini dei moralisti o degli idealisti..., che sono un poco una categoria di sopravvissuti, di bestie rare da impagliarsi e da esporsi negli scaffali di qualche m u s e o antropologico. Dunque dicevo che il nostro gaio mestiere La sposa del grand'uomo 97 è quello di mentire.... senza, naturalmente, che il buon pubblico se ne accorga. L'abilità sta qui. C h e mi fate celia? Il pubblico deve credere d'essere scrupolosamente informato sopra un avvenimento qualsiasi; ma poiché esso sarebbe poi deluso, scontento, imbronciato, se, puta caso, un dato avvenimento non gli garbasse, così è necessario ch'esso creda d'imparare la nuda verità e non gli si racconti invece, altro che ciò che gli fa piacere d'ascoltare e di sapere. La nostra industria è questa, lo ripeto : noi dobbiamo vivere come deve vivere un altro onesto industriale qualsiasi che cerca di armonizzare i suoi prodotti e le sue merci col gusto del pubblico " che le consuma „. E vi meravigliate del giornalismo? Ma forse che la così detta arte, in gran parte, non si serve della stessa ricetta? Tre quarti degli scrittori non iscrivono già, credete a m e , per impulso dell'anima, per convinzione mentale, per piacere a se stessi, insomma. No. Scrivono.... per vivere. E allora, se devono vivere dell'opera loro, bisogna che tale opera vada, abbia smercio, incontri il favore del pubblico. E nasce, così, l'arte industriale. D u e parole che fanno ai calci e che farebbero inorridire l'esiguo drappello degli uomini impagliati cui ho sopra accennato.... Ma non importa; è così. Dunque •S K «NO K. , Qui non si irò va 1 7 98 QUI NON SI TROVA ! nessuno, m e n o rarissime eccezioni, scrive quello che sente, ma quello che spera sia sentito ed apprezzato dalla massa, eh'è ancora grossolana e primitiva e che vuole comprendere tutto quello che le si dà d'innanzi, al teatro e nel libro, così come vuole gustare tutto quello che le si presenta a tavola. Commedie, romanzi, novelle, versi (non li nomino " poesia „.... perchè la parola sarebbe eccessivamente inesatta) sono fatti " su misura „ del gusto del pubblico. " Piacerà, non piacerà, si venderà, non si venderà „ : queste sono le preoccupazioni non solo degli editori, dei capicomici.... m a , Dio loro perdoni, degli autori stessi. La piccolissima minoranza non conta, la grande maggioranza è così. Figuriamoci un po' cosa debba e possa essere il giornalismo! (rarissime eccezioni date anche qui). Un " raid „ permanente di chi primo arrivi, più diverta e più aiuti lo smercio. Dunque bisogna assolutamente intascare l'ideale e recitargli il De profundis.... Ahimè !... quante parole per una innocua bugia narrata al pubblico ieri ! Ma questo sfogo con me stesso mi farà bene, mi ridarà un po' di quella stima di me medesimo che talvolta mi pare di dover perdere inesorabilmente ; sono ancora novellino.... La sposa del grand*uomo 99 L'ho detto ? La mia specialità sono le " interviste „. Io intervisto tutti, tutti, cioè, coloro che possono interessare alla folla. Grandi uomini, donne celebri, autori di atti filantropici.... o di azioni criminali, ballerine, predicatori, uomini politici in rialzo, aviatori caduti e feriti, domestici di uomini illustri, balie di principini, segretari di miliardari.... E l'elenco potrebbe continuare. Ieri la categoria fu arricchita di un " numero „ inedito. Intervistai la fidanzata di un grand'uomo. Di un grand'uomo di attualità, s'intende, perchè nel giornalismo la grandezza di un individuo sta.... nella sua attualità. L'attimo che passa, che si arresta per cinque minuti e dà il fremito del nuovo, dell'inedito, che desta il brivido della curiosità. L'uomo moderno è curioso, curiosissimo, spasmodicamente curioso, ma in m o d o superficiale, volubile, effimero, immemore. Niente Io interessa a lungo, ha bisogno di sempre rinnovate emozioni. Capire questo, secondare questa tendenza è l'abilità del nostro mestiere. Il nostro u o m o illustre, che più desta la curiosità del pubblico in questo momento, è Lucio Vismara, s'intende. I suoi grandi successi di Parigi hanno lusingato l'amor proprio nazionale. E di moda. N o n si parla, non si scrive che di lui. Egli ha gua- IOO QUI NON SI TROVA? dagnato tesori, i suoi drammi si danno duecento sere di seguito a Parigi e..», venti in Italia; dei suoi versi che più nessuno leggeva, adesso si fanno edizioni ripetute. Ha comprata una villa in riviera, ha un'automobile magnifica, ha cani, lacchè, un segretario, delle celebri amanti.... e la sua splendida maturità gode veramente gli onori del trionfo morale e materiale. Quindi, in questo m o m e n t o , l'annunzio del suo matrimonio e la fioritura delle leggende che lo accompagnano, sono materia della più fremente, della più palpitante attualità. I giornali italiani ed esteri raccontano il gentile idillio dell'uomo illustre press'a poco così: " Si compie finalmente il voto del cuore del " poeta. Egli sta per condurre all' altare la " dolce fanciulla sua compaesana che da dieci " anni e più lo attende fiduciosa e fedele. La " tempestosa vita errante del grande fidanzato " non l'ha mai scoraggiata. Ogni volta ch'egli " ritornava, c o m e il fìgliuol prodigo, alla sua " casa lontana, il dolce sorriso della creatura " paziente e devota lo accoglieva, senza rim" prò veri, e senza timori. Quando il " m o n d o " non credeva in lui, ella in lui credeva; quando " l'oltraggio, l'invidia, la calunnia insozzavano " la nascente gloria di lui, ella purificava tutto La sposa del grand'uomo 101 " con la sua fede incrollabile; povero, lontano, " guerreggiante contro tutto e contro tutti, " ella lo amava e pregava per lui ; ha assistito " all'alba della sua fortuna, senza jattanza; ha " perdonato (perchè una donna non ignora mai " certe cose) le scorribande del forte soldato "della vita nei campi delle impure passioni.... " accoglie ora il pentito e pur fedele glorioso " sposo col soave sorriso commosso, col gesto " che benedice! „. Sentivo in questa figura di fanciulla un po' di parentela con una creatura dell'arte che adoro: con la bionda Solvieg del meravigliosamente bello e possente p o e m a ibseniano, Peer Gynt. Nel mio desiderio d'intervistare la signorina Tania (un po' nordico il nome, è vero?) c'era anche un poco d'idealità, un poco di piacere personale, " mio „, non solo il mestiere dell'intervistatore oramai noto. Partii dunque l'altro giorno alla volta del piccolo paese in cui Tania, immortalata da Lui in tante liriche deliziose, in dediche, in una gentilissima figura femminile dell'opera sua, è nata e vissuta e in cui fra pochi giorni avverranno le nozze. La villetta tutta fiorita di vecchie glicinie centenarie che l'abbracciano in una immensa toa QUI NON si T R O V A ! carezza lilla, vigilata da un alto cipresseto, mi attirava con la sua suggestiva notorietà artistica.... e mi batteva veramente un poco il cuore quando il vetturino mi disse, percorrendo la via maestra lunga e bianca che corre tra due verdi fratte, che stavamo per giungere alla " vigna „ del signor Sarti. Il n o m e prosaico non mi scoraggiò. Ad un tratto il vecchio cavallo arrembato si fermò. Io non compresi perchè ed il vetturino fece: — Ci siamo. — Dove? — chiesi io trasognato. Stavo mentalmente componendo la mia prosa,... — Ci siamo, le dico. Questa è la villa che lei cerca. Ma no I N o n era possibile.... non era " quello „ il paesaggio ch'io conoscevo, la casa che mi pareva aver veduta, il nido della colomba, la cornice della dolce Tania ! Il mio m o n d o mi si capovolgeva, ero completamente disorientato. Eravamo giunti ad una specie di fattoria che aveva dietro la casa colonica e davanti un accenno di giardino con poche aiuole magre e radi alberi ai fianchi. Nessun cipresso. Alcuni pioppi aguzzi da un lato avrebbero forse potuto, di notte, da un cattivo conoscitore di piante, essere scambiati per cipressi.... Questo il Cipresseto, caro agli ammiratori del Poeta? La sposa del grand'uomo io3 Su per la facciata della massiccia casa, chiara, con persiane verdi dipinte di fresco, si arrampica una glicinia senza grappoli, quasi sfogliata, vecchia tutt'al più di vent'anni (le mie origini sono agresti e sono buon conoscitore di flora e di fauna). La mia delusione mi rendeva muto e impacciato.... Un cane ringhioso (è il celebre Pilade, che in una lirica alata del Maestro ha una parte così deliziosamente " umana „ ?) mi aggredì. Dovetti blandirlo con la voce e coi cenni mentre suonavo il campanello alla piccola cancellata. Uscì dalla casa e s'avanzò verso di me una donna giovane e robusta, non grassa ma solida, dal passo pesante, con una bella e dura faccia bruna, semplicemente pettinata, vestita c o m e una fattoressa, di un abito di lana scura, quasi interamente ricoperto da un grembialone turchino, guarnito da ricami a colori vivaci. I piedi grandi, poco finemente calzati; le mani belle ma non signorili. Chi era? Perchè l'osservavo io così?... Tania? No!... Eppure.... — Chi cerca? — mi chiese essa prima d'aprirmi, con una voce non brutta ma aspra. E avanti che avessi il tempo di rispondere.... essa si abbattè irata sul cane, cacciandolo col gesto della m a n o e del piede, gridando: — Via, via, brutta bestiaccia! !04 QUI NON :;,! T R O V A Io dissi timidamente: Sono un giornalista, ho l'onore di cono scere personalmente Lucio Vismara e vorrei avere una breve intervista con la sua fidai 1 zata.... — Sono io, — essa disse seccamente, sorridendo appena un poco. •-— N o n saprei veramente in che cosa.... Però, si accomodi pure. Mi precedette. Il cane ci seguiva, ed ella continuava a scacciarlo e a vilipenderlo invano. Dio del cielo! Tania e Pilade! L'indimenticabile gruppo della fanciulla che adora il suo bel cane fedele, che gli racconta le sue pene d'amore, che gli accarezza il capo.... mentre egli si volge a leccarle la piccola m a n o ! lo ero interdetto, triste, veramente triste, di trovare tutte le cose così diverse dalla mia aspettazione, triste proprio per conto mio.... che in quel m o m e n t o m'infischiavo del pubblico e avevo dimenticato il mio mestiere. Mi pareva d'essere derubato di qualcosa che mi appartenesse e mi piacesse.... e avrei voluto essere cento miglia di là. C o m e "a thing of beauty is a joy for ever „ così una impressione disaggradevole che ci deluda e ci frustri di un po' d'ideale, è un piccolo supplizio, il cui ricordo si appiccica all'anima nostra c o m e un cataplasma.... La sposa del grand'uomo io5 Eravamo entrati in una stanza al pianterreno, a destra della loggetta d'entrata: il salotto della villa. Un mobilio borghese, solido, secondo la m o d a di quarant'anni fa: un certo lusso, assenza assoluta d'ogni eleganza, ninnoli ridicoli ed ingenui. Il tutto pulito, lustro, custodito con amorosa cura. Un po' di odore di petrolio, lasciato dalla pulitura del piancito, secondo l'uso provinciale. La signorina mi fece prender posto sul monumentale divano di " reps „ verde, poi si assentò un m o m e n t o per far chiamare la madre e, supposi, per far portare un " rinfresco „. Indi venne a sedersi accanto a m e . lo ero, ripeto, così disorientato, che non trovavo le parole. Quella che sedeva alla mia destra non era la Tania del poeta, la cono scenza ormai antica e eara.... No, era una estranea, una creatura a me ignota, la cui sorte non m'importava affatto.... Che direbbe, per esempio, un devoto ammiratore di Giosuè Carducci, vedendo la " bionda Maria „ dell' " Idillio maremmano,, trasformata in una vecchia m e gera arcigna? L'identità fra le due creature per lui sarebbe impossibile.... Così era per m e , a malgrado della fiorente giovinezza e della innegabile bellezza della donna che mi stava allato. TOÓ QUI NON SI TROVA ! Dissi finalmente: — Mi può dire, signorina, da quando data il suo fidanzamento col Maestro? C o m e si sono conosciuti? Comprenderà, anche la vita privata dei grandi uomini appartiene un poco al pubblico.... e Tania è nota e cara da un pezzo a tutti gl'italiani.... Ella sorrise appena. Il sorriso raddolcisce la sua faccia austera, la fronte cocciuta, il mento volontario. Gli occhi neri, grandi e veramente magnifici non le sorridono mai. Sono cupi e " paiono „ pieni di pensiero. Invece, c o m e potei persuadermi, non sono che una maschera tragica che ricopre.... un vuoto perfetto. Essa disse: — Ci conosciamo da vent'anni. Io ne avevo dieci, allora, e lui venti, I suoi genitori avevano una villa qui accanto. Egli, più tardi, con» s u m ò tutto il suo. — Ma ora lo ha rifatto magnificamente! — dissi io. — Ora è ricco e si dice voglia ricomprare l'antica villa dei suoi parenti. — N o , non credo. Lucio farebbe una sciocchezza. I proprietari, ricchi, lo "strozzerebbero „. Da queste parti ne abbiamo abbastanza della mia casa. Io sono figlia unica. Essa gonfiò il collo dicendo così, col piccolo orgoglio borghese di proprietaria solidamente La sposa del grand*uomo 107 agiata, e mi parve che il suo volto brillasse di una fuggevole luce di soddisfazione, come non aveva brillato pronunciando il n o m e del grande poeta che sarà suo marito. Io dissi: — Eppoi! N o n ha esaurite le risposte alle domande che mi sono permesso rivolgerle, signorina. — Ma.... cosa debbo dirle? Egli fu il primo u o m o che conobbi e che mi trattò da giovinetta quando gli altri mi consideravano ancora una bambina. Faceva delle poesie per me.... ma quelle non le capivo. Mi portava sempre dei bei regali e quelli mi piacevano molto. Sorrise ancora. Eppoi si rabbuiò subito nella sua espressione consueta. Io continuai imperterrito : — E.... Le è sempre stato fedele col cuore, non è vero? — Oh cosa vuole mai che gli uomini siano fedeli di lontano, se non lo sono n e m m e n o da vicino? N o n ci pensavo e non me ne affliggevo pùnto. Se faceva male, il danno era suo. Del resto non eravamo mica legati da nessuna promessa! Io non sono molto malleabile, sa? N o n avrei mai perdonato a chi mi avesse promesso e poi mancato di parola. Lucio mi diceva, quando mi vedeva e mi scriveva ogni ro8 QUI NON ST T R O V A ! tanto, che mi voleva bene e che un giorno, se avesse preso moglie, e io fossi stata libera, avrebbe scelto me..., E lei? — Io? Lo lasciavo dire. E se in tutti questi anni mi fosse capitato un partito conveniente, mi sarei considerata libera di accettarlo. Ecco. Vedevo in lei una sola preoccupazione: quella di difendere la sua donnesca vanità, di non passare cioè per vittima. N e m m e n o il più lontano sospetto, in quell'anima piccina e arida, della meravigliosa aureola ch'ella si toglieva dalla fronte con le sue stesse mani, credendo salvare la sua dignità femminile, offesa forse, secondo lei, dal lungo purgatorio di aspettazione inflittole dal fidanzato un tempo i m m e m o r e e vagabondo.... Volli assicurarmi dell'esattezza del mio in tuito psicologico, e le dissi: — Oh, signorina, con la sua bellezza e con la sua virtù Ella deve avere avuto molte pròposte di matrimonio.... certo tutte scartate da Lei per serbar fede al Lontano.... benché ora non voglia confessarlo! — Diverse proposte, sì, certo, — ella disse gonfiando ancora il collo e gettando un poco il capo all'indietro — ma non sempre le prò- La sposa del grand'uomo 109 pòste sono accettabili. Io sono di difficile contentatura e i miei genitori lo sono più di m e . A casa mia sto molto bene, sa?, sono la padrona.... e prima di rompermi il collo ci avrei pensato due volte: grazie a Dio sono una testa quadra! Innanzi al mio giudizio ella si demoliva a grado a grado. Ma non se ne rendeva conto, anzi credeva di erigere un piedestallo alla sua personalità pratica, alla sua " testa quadra „.... Le chiesi se amasse i fiori, ricordando una celebre lirica di Lui, ed ella mi rispose: — Ho poco tempo di occuparmene: bado piuttosto all'orto. Abbiamo un orto modello. I nostri legumi e le nòstre frutta sono i migliori del circondario. Di fiori si può anche farne a meno. Entrarono allora i suoi genitori. Il padre, un alto e grosso omaccione rubicondo, dalla faccia ilare e simpatica. Mi parve soddisfatto di diventare il suocero di un u o m o celebre.... che darà a sua figlia uria buona posizione economica. Diceva: — N o n c'è solo fumo, sa? C'è anche dell'arrosto, del buon arrosto! L'automobile, il meccanico, i cani gli costano molto.... ina ha anche della bella rendita pubblica sa? Rende no QUI NON SI TROVA! pochino, non c o m e la nostra terra e le nostre stalle, ma è sicura, non ci piove sopra. C o n un paio di forbici, trac, trac (faceva con le dita l'atto di tagliare i coupons) si produce tant'oro ! E punteggiava con una risata tutte le sue frasi. N o n ho mai udito un u o m o ridere tanto e così di gusto! Ma cosa c'era poi da ridere in quello che diceva? A parer mio, nulla. Eppure la vena della sua ilarità era sincera, pronta, inesauribile. Si divertiva forse al suono stesso delle sue parole, o era una specie di tic nervoso? N o n lo so. Certo se egli avesse assistito allo spettacolo più comico, più buffo del m o n d o , non avrebbe potuto ridere più cordialmente; ed il suo riso così irresistibile, per quanto ebete, era terribilmente contagioso. Ero costretto a ridere anch'io, senza averne voglia.... La moglie, bella vecchia (la figlia con trentanni di più), doveva ^essere un' arpia di avarizia e una maniaca dell'ordine casalingo. L e v ò con un colpetto secco un po' di polvere sulla manica del marito, lisciò le pieghe del grembiale di sua figlia e mise in ordine geometrico alcuni ninnoli che erano sul tavolino rotondo e alto davanti al divano : quando portarono il caffè nero, volle mescere ella stessa, e mesceva adagio, quasi le rincrescesse riempire le tazze.,.. Si lagnava del prezzo della roba, si La sposa del grand'uomo £11 scandalizzò ch'io avessi presa una vettura senza fare contratto, e quando le dissi che avevo rimorso di prenderle un poco del suo tempo, mi disse con candore: — Ah, si rassicuri ! oggi ho un po' di tempo perchè non è giorno di bucato. Quando c'è il bucato in giro non darei udienza n e m m e n o al re, se venisse. Suo marito, figuriamoci, rise, e risi anch'io. Poi dissi: — N e m m e n o se venisse il suo illustre genero, l'uomo che tutto il m o n d o oramai sarebbe onorato di poter avvicinare per cinque minuti almeno ? Ella quasi s'indignò: — N o n ci mancherebbe altro ! Coi parenti non si devono fare cerimonie. L'ho conosciuto che era un ragazzetto, un caposcarico, un poco di buono, diciamo la verità ! Adesso ha messo giudizio, si è fatto onore, si è arricchito e ha fatto bene. Ma a me non ne impone davvero! E anch'essa gonfiò il collo grinzoso buttando un po' indietro il capo, in un atto che più che mai la fece somigliante alla figlia. — Gaetanina, — disse l'uomo che rideva, — portami la mia pipa. — Gaetanina! •— dissi io interdetto. -- Ah già! — rispose il padre, dopo aver 112 QUI NON SI T R O V A ! riso fino a procurarsi un accesso di tosse, -— lei si meraviglia del nome.... ma che vuole? a me quel " Tania „ non piace, non dice nulla. Noi l'abbiamo sempre chiamata col suo n o m e la nostra figliuola e quel nuovo battesimo non ci persuade.... — Che begli originali sono-gli scrittori! — fece la madre crollando il capo. — Ma Lucio ha avuto finalmente una buona idea: quella di scegliersi una moglie con la testa fra le orecchie. Si mette in buone mani, glie Io dico io. C o n questa ragazza qui non si scherza. Lo farà filare dritto. Terrà le chiavi dello scrigno ed i conti di cassa. Sarà un maggiordomo perfetto, ma un maggiordomo con la bacchetta del com a n d o ! Questa testolina qui è difficile farla obbedire! Ma per fortuna sa dirigersi da sé! Mi volsi a guardarla.... Aveva veramente tutti i caratteri del temperamento a volontà di ferro. Solida, robusta, le mandibole risentite, il mento bello ma un po' sporgente e arrogante. Doveva avere" uno stomaco di struzzo, una matrice calma, una intelligenza meschina, una scarsità assoluta di sentimento, una quadratura matematica nelle piccole e immutabili idee di donnaccola volgare e presuntuosa. Su tutto questo, due occhi magnifici, cupi, dall'espressione ostile.... forse un mistero.... forse nulla; un pit- La sposa del grand'uomo il 3 torico contrasto di sclerotiche bianche, di pupille scure, di ciglia fosche sottolineate da na-" turale bistro azzurrognolo.... Mi sentivo soffocare. Presi congedò. La mia tensione nervosa era al colmo. Avevo bisogno di scaricarla in qualche modo, su qualcuno.... Su chi? I miei saluti furono secchi e rapidi. Quelle due donne mi erano insopportabilmente antipatiche, ancor più dell'inutile inopportuno eppure contagioso riso di quell'imbecille di genitore dalla bella aperta faccia sbarbata color di rosa e fresca come quella di un lattante.... — Perchè poi — mi domandavo — quel m e raviglioso intelletto, se pur non si possa dire quell'anima grande, di Lucio Vismara, fra tutte le donne che sono al m o n d o abbia scelta per compagna della seconda metà della sua vita, costei, io non so davvero comprenderlo! La vede egli qual'è ? O perchè, allora, non ha presa una house-keeper da mandarsi via se non lo serve a dovere? O la vede egli quale la descrive? E allora quale delusione gli è riservata per quando si risveglierà.... Tania, la sua Tania, la nostra Tania.... non è questa, ahimè! Che cosa a m a egli in costei? L'abitudine, la nostalgia della sua adolescenza lo tengono fedele al ricordo lontano, forse.... Forse il bisogno di S F I N G E Qui non si trova ! 8 H4 ^UI N01<1 S I TROVA! essere fedeli a qualche cosa al mondo.... Ma poco dopo mi diedi dell'asino. U n a Tania esiste. Che importa se non è questa? Le belle, le buone, le migliori cose della vita, siamo noi che le facciamo col nostro desiderio, con la nostra volontà, col genio dei nostri poeti! La vita, gli uomini, le cose tutte per se stesse, non sono mai né belle né brutte.... E la mia intervista con Tania e i suoi " cari genitori „ è uscita starnane.* U n a spudorata menzogna che ha avuto un clamoroso successo. Se avessi detta la verità.... povero m e , ero liquidato! La verità si dice solo quando nessuno ci ascolta.... ANIME IN MASCHERA. C'è qualcuno che abbia mai pensato allo stato d'animo drammatico che può determinarsi in una creatura umana, specialmente in una donna, per il dissidio fra il suo spirito e la sua forma esteriore? Perchè, non è vero che si abbia sempre l'anima del proprio corpo, o.... viceversa. Quando la sconcordanza esiste, succedono accomodamenti provvidi, transazioni con la verità, modi vivendi, rassegnazioni necessarie: e pietose bugie si stendono come veli d'ombra amica e strati di balsamo sulle ferite inferte dalla natura. Ma più crudele ancora della natura è il nostro prossimo che si diletta di tali dissidi, quando se ne accorge e coglie il lato comico di certi casi senza avvedersi che possono avere un lato tragico gelosamente nascosto. Avete mai pensato al doloroso contrasto, in n6 QUI NON SI TROVA! un uomo, che abbia l'animo forte ed un fisico debole? Ad un reggitore di popoli, ad un guerriero piccolo e deforme? Alla pancia e alla bruttezza di un poeta sentimentale? Alla bellezza provocante di una monaca sinceramente pia e distaccata dalle idee terrene? Tutti drammi intimi tutt'altro che lievi. Si narra qui di una donna, di una signora, vittima veramente e profondamente della irrimediabile disannonia fra il suo corpo e la sua anima. Ebbe essa in sorte, nascendo, una psiche delicata, sensibilissima, complicata, affettiva, dotata di viva imaginazione, aperta a tutte le più varie e ricche fioriture della tenerezza e della bellezza. Aveva insomma, per dir così, una sentimentale anima bionda, tutta fatta di delicatezze intime e di soavi bellezze segrete, per la gioia e l'incanto di chi avesse saputo scoprirle e raccoglierle con intuizione d'amore. Ma la sua vita fu tutta un nodo di mistero, tutta una guerra con se stessa, per nascondere altrui la sua verità, per non rivelarsi mai. Le fu imposto di portare una maschera, di avere un volto che non era il suo, le fu imposto d'essere non veramente lei.... ma quella che il m o n d o vedeva. Cosa videro dunque i poco perspicaci occhi che la guardarono? Anime in maschera 117 Fino da piccina, in casa sua, nella numerosa figliuolanza dei suoi parenti, ricchi e felici, fu la bambina sana e bella, forte e normale, che si ama, sì, ma che non si predilige, perchè non ha bisogno di cure. U n a pianticella gagliarda e dritta che il giardiniere lascia crescere da sé, senza occuparsene troppo. Era alta, fiorente, bruna, con grappoli di ricci neri al vento, occhi stellanti e fieri, di quelli che guardano in faccia lealmente e candidamente.... e passano per occhi arditi ed orgogliosi. A v e v a un perfetto profilo, una dentatura splendente, le sopracciglie dritte, presso a congiungersi, in una linea un po' dura, sulla bella fronte breve, che portava tutta scoperta e sulla quale i capelli disegnavano alcune punte capricciose. Fino da piccina il suo aspetto fece fraintendere dalla gente il suo carattere. L'apparenza la fece giudicare c o m e un animaletto protervo che bisognava tenere in freno. Era forte, sana, vigorosa, vivace : chi si occupava della piccola anima sua? — N o n essere prepotente coi tuoi fratellini, con le sorelline. Sii condiscendente. N o n vedi c o m e sei grande? Loro sono più deboli. Tocca a te d'esser buona!... — le diceva la m a m m a . " Essere buona „ voleva dire rinunziare a n6 QUI NON SI TROVA! un u o m o , che abbia l'animo forte ed un fisico debole? Ad un reggitore di popoli, ad un guerriero piccolo e deforme? Alla pancia e alla bruttezza di un poeta sentimentale? Alla bellezza provocante di una monaca sinceramente pia e distaccata dalle idee terrene? Tutti drammi intimi tutt'altro che lievi. Si narra qui di una donna, di una signora, vittima veramente e profondamente della irrimediabile disarmonia fra il suo corpo e la sua anima. Ebbe essa in sorte, nascendo, una psiche delicata, sensibilissima, complicata, affettiva, dotata di viva imaginazione, aperta a tutte le più varie e ricche fioriture della tenerezza e della bellezza. Aveva insomma, per dir così, una sentimentale anima bionda, tutta fatta di delicatezze intime e di soavi bellezze segrete, per la gioia e l'incanto di chi avesse saputo scoprirle e raccoglierle con intuizione d'amore. Ma la sua vita fu tutta un nodo di mistero, tutta una guerra con se stessa, per nascondere altrui la sua verità, per non rivelarsi mai. Le fu imposto di portare una maschera, di avere un volto che non era il suo, le fu imposto d'essere non veramente lei.... ma quella che il m o n d o vedeva. Cosa videro dunque i poco perspicaci occhi che la guardarono? Anime in maschera il7 Fino da piccina, in casa sua, nella numerosa figliuolanza dei suoi parenti, ricchi e felici, fu la bambina sana e bella, forte e normale, che si ama, sì, ma che non si predilige, perchè non ha bisogno di cure. U n a pianticella gagliarda e dritta che il giardiniere lascia crescere da sé, senza occuparsene troppo. Era alta, fiorente, bruna, con grappoli di ricci neri al vento, occhi stellanti e fieri, di quelli che guardano in faccia lealmente e candidamente.... e passano per occhi arditi ed orgogliosi. Aveva un perfetto profilo, una dentatura splendente, le sopracciglie dritte, presso a congiungersi, in una linea un po' dura, sulla bella fronte breve, che portava tutta scoperta e sulla quale i capelli disegnavano alcune punte capricciose. Fino da piccina il suo aspetto fece fraintendere dalla gente il suo carattere. L'apparenza la fece giudicare c o m e un animaletto protervo che bisognava tenere in freno. Era forte, sana, vigorosa, vivace : chi si occupava della piccola anima sua? — N o n essere prepotente coi tuoi fratellini, con le sorelline. Sii condiscendente. N o n vedi c o m e sei grande? Loro sono più deboli. Tocca a te d'esser buona!... — le diceva la m a m m a . " Essere buona „ voleva dire rinunziare a n8 QUI NON SI TROVA! tutto quello che le piaceva, perchè era alta e robusta, per far piacere ai fratellini, m e n o robusti, ma assai più prepotenti di lei. Così non aveva mai i balocchi che preferiva, i dolci che più le facevano gola, ma solo ciò che gli altri non volevano. Qualche volta cedeva in silenzio.... qualche volta protestava (e la sua fama di indisciplinata cresceva), qualche volta piangeva di nascosto.... A v e v a il pudore delle sue lagrime. Il pudore della sua sincerità. Il suo martirio cominciò allora, subito. E crebbe via via.... Era giovinetta. C'era un vestito da scegliere, un colore da preferire. — Il celeste, t u ? N o o o ! Troppo delicato, per te. Lascialo alle altre. Tu così bruna! Prendi il rosso, prendi il rosa vivo. Le tinte gentili non vanno per te — le dicevano le sorelle. Così doveva vestirsi di colori che non le piacevano, che urtavano il suo fine gusto, per» che si vergognava di proclamare il suo diritto di ornarsi di tinte soavi, c o m e tutte le fanciulle di questo m o n d o . Era intelligente, studiava molto e con molto profitto, cose di varia coltura. Ma doveva tener bene nascoste, gelosamente nascoste, le sue preferenze d'arte.... perchè in casa sua, e nel circolo delle piccole amiche, l'avrebbero motteggiata. Anime in maschera 119 — Cosa leggi così attentamente? Leopardi? Ah che ridere ! N o n hai mica voglia di morire, tu, eh? C o n la tua faccia! Col tuo appetito! — Così scherzava il suo ottimo padre. E lei arrossiva di fuori.... e pativa di dentro, perchè non aveva il coraggio di confessare che Leopardi era il suo amore e che aveva dei giorni in cui si sentiva tanto infelice.... che solo quella lettura le dava pace, perchè diceva le parole ch'ella sentiva piangersi nel cuore ma che non sapeva esprimere! Suonava bene il pianoforte, e preferiva Chopin a tutti i maestri. Lo interpretava intelligentemente, con una buona tecnica e con profonda commozione. Ma soltanto quando era sola in casa si abbandonava all'onda del sentimento che la turbava fino alla sofferenza. Se l'avessero udita.... avrebbero riso di lei. Un giorno una sua amica le disse: — Mio fratello, sentendoti suonare un not* turno, dalla strada, credeva che tu fossi una signorina pallida e bionda. Quelle semplici parole furono una grande amarezza per lei.... Perchè? N o n aveva il diritto di suonare bene Chopin perchè era bruna e formosa? E il dissidio tra spirito e forma, andava ac- 120 QUI NON SI TROVA! centuandosi in quella creatura, che oramai era una giovane donna, e che si velava ognora più nelle bende gelose del suo pudore spirituale. Tutti le dicevano: — Tu sei una donna forte — perchè si era rinchiusa nel suo orgoglio e nella sua delusione. — Tu sei una ragazza pratica — perchè non apriva il varco agli stormi di sogni che le stagnavano nell'anima. — Sei una persona felice •— perchè non si lagnava mai, pudica in faccia all'incredulità della gente E lei non era né forte, né pratica, né felice.... Pira un'anima debole disconosciuta, incompresa da tutti, anche da coloro che meglio avrebbero dovuto conoscerla. Ma — esteriormente — ella veniva assumendo il contegno e l'atteggiamento della creatura che il giudizio collettivo voleva che ella fosse. Si era fatta una splendida giovine, alta e vigorosa, con un portamento da Giunone, con una testa da Walkiria bruna. Portava la fronte sempre più eretta, aveva le maniere un po' brusche, portava dei colori accesi, parlava di cose esteriori, senza mai scoprire la minima parte del vasto territorio dell'anima sua. La credevano e la dicevano tutti bella ma fredda, intelligente ma arida, colta ma di poco spirito, molto femmina e poco donna, Anime in maschera 121 Ed ella era, in verità, tutto il contrario di ciò che gli altri credevano : e si desolava d'essere a questo m o n d o una donna in maschera, d'essere un pesce fuor d'acqua, d'essere l'apparente negazione di se stessa. Ma, come doveva accadere, dato questo stato di cose, il suo patimento maggiore le venne nell'età dell'amore. Anche nell'affermarsi, nell'espandersi di questa facoltà delicata e possente, ella era, o sarebbe stata, squisitamente, teneramente donna: traboccante di sentimento, viva fucina di sogni d'oro, fontana perenne e fresca di amorosi sensi: tutta ascensioni nelle nuvole, tutta accensioni di odorosi incensi innanzi agli altari dell'ideale.... Amava, amava, amava. Chi ? Tutti e nessuno. Poi qualcuno.... poi uno. Il m o m e n t o grave. Q u a n d o la massa confusa diventa l'altro sesso. Uno. Ma forse che a lei era permesso un romanzo d'amore? Il dramma, magari la tragedia, sarebbero immensamente piaciuti alla sua anima sentimentale e romantica. Macché ! Per lei era buona la semplice commedia borghese, e tutt'al più la pochade. Cominciava ad accorgersi dell'ironia del suo destino e a guardarlo in faccia. A m a v a un giovane intelligente e interessante, 122 QUI NON SI TROVA! ma povero. Doveva farsi una posizione. Se la sarebbe fatta. Ella sarebbe stata felice di attendere, anche per anni, o di dividere con lui la lotta e la povertà. Ma il_ romanzetto, chiuso nel suo cuore come un geloso segreto, se tentava di uscire alla luce, diventava per gli altri una farsa. Nessuno la prendeva sul serio. Le voci de' suoi consanguinei, degli amici di casa, si levavano a motteggiarla: — U n a capanna e il suo cuore. T u ? A h ! non ci mancherebbe altro! Un pezzo di grazia di Dio come te, andare in una soffitta a morire di fame ! Con la tua salute 1 Un pallido poetino per tutto pasto ! R o b a da far crepare dalle risa. E alle celie si accompagnarono le severe proibizioni, la custodia di buoni cèrberi famigliari.... e la fiorente fanciulla, alta e solida come una favolosa guerriera, che aveva l'anima debole e pavida, non ebbe il coraggio di gridare alto il diritto del suo amore, e, vilmente si sacrificò.... piangendo in segreto tutte le sue lagrime. Anche le sue relazioni con gli uomini, m e n o quella volta, la delusero sempre. C o n lei i giovani non erano mai delicati e sentimentali come essa li avrebbe voluti, ma arditi e sensuali. Il suo tipo destava in loro più che sentimenti, Anime in maschera 123 sensazioni: ed essi s'ingannavano sulla natura di lei. La sua bellezza ispirava idee terrene, che repugnavano al suo spirito puro. Q u a n d o andava per le vie, col suo corpo giovane, magnificamente disegnato, con la testa superba vigorosamente colorita, i passanti si voltavano a guardarla e le lanciavano complimenti brutali che la facevano sussultare di vergogna, nel suo casto temperamento di vergine placida che dagli altri era creduta ardente e impaziente d'amore. Si ribellava invano, nella sua ombrosa solitudine, al suo irrisorio destino.... e sperava, sperava ancora, perchè la speranza è la buona sorella del dolore.... Invece un brutto giorno per lei, si presentò, fra gli altri, a chiedere la sua mano, un giovane che passava per il migliore partito della città. Ricco, padrone di sé, onesto, bello, robusto, non molto intelligente ma stimato da tutti e simpatico alla gente per la sua bonaria giovialità. C h e doveva ella fare? Le sue sorelle erano già maritate o fidanzate. I suoi fratelli volevano accasarsi, e bisognava lasciare libero il posto alle novelle spose. Nella sua famiglia patriarcale si usava così. Ella non ebbe il coraggio di opporsi né di discutere. N o n era innamorata di quel giovane, 124 QUI NON SI TROVA! no; ma conoscendolo poco, sperò di poter fare in lui qualche felice scoperta. Era buono, le voleva bene, forse era, nel suo intimo, m e n o volgare di quanto appariva.... E disse di sì. Invece la grossolanità di,suo marito fu superiore ad ogni sua aspettazione. N o n aveva l'ombra di un sentimento gentile nelle rela* rioni con lei. Essa gli piaceva. Ecco. Dell'anima di lei non aveva nessuna curiosità e nessun rispetto. L'anima? Fandonie. Parola di lusso. Invenzione da romanzi! — Bella donna, mia moglie, eh? E che salute! Altro che le anemiche donnine moderne alle quali si potrebbero contare le ossa! Quelle non sono donne, sono miseria! La mia è la più bella signora della città! — Così diceva suo marito, gonfio d'orgoglio, con gli occhi lucidi e l'acquolina in bocca. E credeva in fede di non poter rendere a sua moglie omaggio più gradito. Ella, invece, languiva e pativa d'inconfessato e disperato desiderio del vero amore, di quello che non avrebbe conosciuto mai.... Era una donna onesta, <di una onestà fatta in parte di timore, d'orgoglio e di debolezza: ma ella si rendeva conto che non avrebbe mai né accettato né cercato un consolatore, e che Anime in maschera 125 la vita della sua anima era finita, cioè mai cominciata, mancata per sempre. Ebbe un figlio, poi un altro, poi altri ancora. Diventò una chioccia circondata da pulcini. Dare figli alla luce, allevarli, occuparsene, dirigere la sua ricca casa, stare molto in campagna, aiutare il marito nella direzione della vasta azienda agraria. Ecco le sue mansioni. Ingrassava. La sua giovinezza sfioriva, la sua bellezza diventava matronale. Ma la sua vera anima si conservava giovane, poetica, piena di frulli d'ale, piena di contenute grida verso l'ideale. Cos'è l'ideale per una donna? Quello che spera e che non ha. Ella nulla aveva avuto di quello che sperava.... Le sue speranze erano state belle come sogni.... e la realtà piccola volgare e tirannica. I suoi figli, sì. Erano la sua gioia. Ma n e m m e n o quelli la comprenderebbero mai. Quando mai i figli si occupano dell'anima della loro madre ? La m a m m a non è una donna che si discuta o si studii. È la madre. Quella che si adora.... e che si tormenta con tutti gli egoismi. La madre tutto dà e poco riceve. Deve confortare, assistere, aiutare, operare con la mente e con la mano. Il suo cuore nessuno lo vede, il suo cuore appartiene ai suoi figli, si sa. N e m m e n o un poco per sé. N e m m e n o ia6 QUI NON SI TROVA! un rifugio, dove rincantucciarsi con la sua personalità rattrappita, con le sue ali stanche, coi suoi sogni mozzi, con la pudica ombra della sua tramortita felicità? A h ! quello sì. Il rifugio, l'asilo, il sacrario delle memorie che non aveva, dei sentimenti che non aveva potuto espandere, della poesia che non aveva potuto cogliere nelle cose, ma di cui aveva indovinato il profumo divinamente dolce attraverso ì cancelli dei giardini chiusi per lei. Allora si sentiva piangere dentro la sua povera anima disconosciuta, prigioniera dentro un corpo che non era il suo. L a m a sottile, luccicante e vibrante, pieghevole e damascata.... chiusa dentro una falsa guaina.... una guaina che non le apparteneva! E sognava ancora, sempre, perchè il sogno era la trincea del suo spirito. Leggeva di nascosto, c o m e una collegiale o c o m e un'adultera che legga colpévoli messaggi d'amore.... Preferiva i volumi di poesia, i romanzi sentimentali, ma se ne nascondeva per non far ridere la gente. Anche i suoi figli, le sue figlie, già grandi oramai, s'ingannavano nel giudicarla. Essa era per loro la madre perfetta, la moglie saggia, la donna biblica, virtuosa e forte, colei che guida coi suoi consigli e coi suoi esempi. L'a- Anime in maschera 127 doravano, la rispettavano, la temevano anche, ma non la conoscevano. E non avevano per lei le dolci carezze che prodigavano di preferenza al padre, mite, bonario, di festevole carattere, di mediocre intelligenza, nel quale sentivano non un superiore ma un uguale. Di lei nessuno aveva mai compassione. Era un sentimento questo che essa non destava mai, che il suo orgoglio non le permetteva di mendicare.... ma che le sarebbe pure stato dolce, venendole dalle creature che amava! Era grassa, robusta, colorita : come si poteva occuparsi della sua salute? N o n si lagnava mai, nessuno l'aveva mai vista piangere, non parlava mai di sé : come si poteva occuparsi delle sue pene? Tutti ricorrevano a lei per aiuto, senza blandizie e senza scrupoli. Se c'era una cattiva notizia da dare in casa, si dava a lei brutalmente. Se c'era una fatica da fare, materiale o morale, una cosa difficile da risolvere, una responsabilità da prendere, era per lei. — Mia moglie è una donna di coraggio. — La m a m m a è una donna forte. — La signora non ha paura di niente. Così si diceva, intorno a lei. E lei, spesso, moriva di fatica, di pena, di ansietà, di stanchezza, di dolore.... Ma si 128 QUI NON SI TROVA! vergognava di dirlo, e nessuno se ne accorgeva! A forza di dominarsi e di nascondersi, era divenuta sempre più rigida e più brusca; una burbera benefica, che incuteva non solo rispetto ma soggezione. Pel marito, che si era un po' indebolito con l'età matura, era diventata il sostegno, il braccio dritto, la mente direttiva: ed egli soleva dire scherzando, ma con orgoglioso amore, ch'ella era, non lui, l'uomo della famiglia. Ed ella s'irrigidiva sempre più, si mascherava sempre più, si avvolgeva di asprezze esteriori, c o m e la rosa borraccina che difende il suo divino profumo e la sua pallida grazia d'amore dentro un fitto groviglio di spine! Povera anima siderale, oppressa dall'ombra densa di una carne pesante, e di un'ossatura da granatiere, da una colorazione bruna d'imperatrice orientale dalla faccia crudele! Povera anima delicata e bionda, fatta per amare le cose più dolci, per patire e gioire di tutte le pene e di tutte le delizie più fonde e più alte, in una sensibilità sottilissima, esasperata, dolorosa! A n i m a così debole, così pudica e pur. fiera.... che si nascose sempre sotto il suo involucro mortale.... uccisa ogni giorno un poco dall'ironia terribilmente spietata del destino I Anime in maschera 129 Quando l'ultima sua ora sarà suonata e ch'ella tornerà a Dio, il suo elogio funebre dirà certo così : " È morta la vera donna forte della Scrittura, dall'anima virile e stoica, che non conobbe nessuna delle debolezze del suo sesso, che percorse i sentieri della vita con calma serena, felice dei beni concessi a lei dal Cielo, sdegnosa d'ogni meschino infingimento femminile „. E la sua morte sbalordirà quasi la gente, c o m e quella delle creature d'energia e di volontà superiore, che somigliano alle forze della natura e che sembrano dover durare in eterno per la loro granitica impassibilità. E nessuno saprà mai il suo doloroso mistero, perchè la pietra tombale che ricoprirà la sua spoglia nella morte, non sarà più greve né più opaca di quel che fosse nella vita la maschera che nascose il vero volto dell'anima sua. SFINGE, Qui non si trova ! IO E MIO FIGLIO (DALLE MEMORIE DI UNA MADRE). È la maternità una gioia o una tristezza? O, meglio, è una gioia serena o tempestosa? M a h ! Dipende dalla sensibilità di colei che è madre.... Il temperamento pessimista o ottimista si manifesta anche nell'esercizio della più santa delle funzioni umane. U n a madre veramente cosciente non può forse essere serena mai.... perchè, oltre alle gravi minaccie al suo bene che si appiattano dietro tutte le porte, c'è un m o n d o di piccole pene che attenua e guerreggia le dolcezze della maternità. Sono pene che feriscono solo i cuori ultra sensibili.... Ma siccome di questa disgraziata categoria è il mio.... io conosco tutte queste pene nella loro amarezza molteplice e inesauribile. La gente giudicava e giudica la mia maternità meravigliosa e perfetta. Un solo figlio 132 QUI NON SI T R O V A ! (fui vedova dopo cinque anni di matrimonio) sano, bello, intelligente, di buona indole, nato tra gli agi e le risorse di una elevata posizione sociale. Così è. Eppure quanti guai (direi quanti dolori, se non temessi che la parola potesse sembrare esagerata) mi ha dati mio figlio dacché è nato, solo.... vivendo!... Io gli domandavo, nella mia tenerezza, nel mio orgoglio di madre, d'essere una creatura ideale, superiore alle altre.... e non mi accorgevo di pretendere una cosa assurda, inverificabile. Mio figlio è un u o m o , partecipe quindi di tutti i difetti piccoli e grandi che affliggono i suoi simili. L'educazione è, può* essere, un correttivo, un freno, ma non muta il fondo degli umani.... U n o è quello che è, fatalmente, a dispetto di tutte le pedagogie del m o n d o ! Io sentii subito la responsabilità della mia missione di madre, in un m o d o quasi morboso. Il mio idealismo deluso mi faceva spasimare imbattendomi nei primi difetti del mio bambino, eppure ebbi sempre la lucidità di domandarmi se la ragione era veramente dalla mia parte. Mi chiedevo: — Ho io veramente il diritto di foggiare la sua piccola anima secondo il modello della mia? Cosa debbo cercare di dare a mio figlio: Io e mio figlio t33 maggior copia di- felicità o maggior bellezza interiore ? Il mio idealismo nativo mi era stato cagione di grandi delusioni e nei miei momenti peggiori mi rammaricavo di non essere nata una brava donnina pratica ed egoista, nemica dei castelli in aria e dei sogni pericolosi che non somigliano alla realtà.... Eppure qualche cosa dentro di me ha sempre patrocinato la causa della bellezza morale con così calda eloquenza.... che quella voce ha sempre vinte e debellate le ragioni del mio cervello! Mio figlio, dunque, fu allevato secondo i dettami irresistibili della mia propria anima.... Ma quale spinoso sentiero irto di ortiche fu mai il mio cammino! L'indole di lui,- c o m e t a sua figura esteriore, non somigliavano del tutto né alla mia né a quella del padre, ma erano una fusione dell'una e dell'altra. Ma poiché il padre era moralmente tutt'altro che perfetto, io mi accinsi ad accentuare la somiglianza di mio figlio con me e a cancellare dal suo essere tutte le traccie paterne che mi dispiacevano e che avevano fatto di colui ch'era stato per cinque anni il mio compagno, un u o m o m e diocre, di nessuna bellezza interiore. L'egoismo fu il primo difetto che dovetti osservare e frenare nel mio bambino. Quanta i34 QUI NON ST TROVA ! pena mi faceva la sua rapacità, l'istinto del possesso che lo dominava, la nessuna compassione dei mali altrui! Eppure, a quelle mie prime pene, le mie amiche sorridevano e mi assicuravano che tutti i bambini sono così. Piccolissimo, egli stendeva le mani verso tutto quello che vedeva ed esclamava subito: "È di m e , è di me!,,. Apprendergli qualche nozione di altruismo fu lunga e difficilissima impresa e la prima volta in cui egli, dinanzi ad una cosa che gli piaceva immensamente (un piatto di ciliegie) facendo evidente sforzo su se stesso disse : " È per la m a m m a ! „, io sparsi qualche lagrima di gioia, celebrando la mia prima vittoria di educatrice. Costrinsi, corressi, piegai, drizzai a poco a poco la leggiadra e robusta pianticella umana uscita dal mio grembo e della quale mi sentivo responsabile al cospetto di Dio e degli uomini. N o n sono bigotta, tutt'altro, ma sono credente in un alto destino u m a n o sotto la lontana ma luminosa protezione di un Essere di giustizia e di generosità. La morale mia è press'a poco quella cristiana, con maggiore larghezza nelle cose della religione, ma senza transazioni con quelle che si oppongono, secondo m e , alla vera moralità di un u o m o d'onore. lo e mio figlio i35 Ma ahimè ! c o m e aspro era il cozzo fra i miei insegnamenti e le realtà che sorgevano lungo il cammino della vita di mio figlio! Appena ebbe la giusta età volli mandarlo a scuola, giudicando savio ch'egli imparasse a vivere tra i compagni, eppure paventandone la dannosa influenza, e gli esempi sovversivi. Lo difesi dai suoi coetanei, senza averne l'aria, con tenacia, con accanimento, pur cercando d'ispirargli la fraternità con essi, il disinteresse nelle relazioni, la simpatia per i migliori e per gl'infelici.... U n a volta, ad un mio predicozzo per il racconto di una sua baruffa, egli riassunse i suoi rapporti coi compagni di scuola, così: — M a m m a , tu dici bene.... ma perchè quello che fa piacere a m e , fa sempre dispiacere a qualchedun'altro ? —• Spiegati, bambino mio — gli dissi, cercando nascondergli che ero colpita dalle sue parole. — Ma sì. Se io ricevo una lode dal maestro gli altri fanno il broncio. Se il mio vestiario è migliore di quello degli altri, lo stesso. Se ho qualche cosa di buono nel cestino, cercano di prendermelo. Eppoi mi danno degli spintoni, mi denunziano al maestro per colpe che non ho commesse. Perchè dovrei io essere buono con loro? i36 QUI NON SI T R O V A ! Fui un m o m e n t o perplessa, eppoi risposi: — N o n importa. Anche coi cattivi bisogna essere buoni. D'essere buono solo coi buoni non avresti merito alcuno. Egli rimase colpito dalle mie parole. Mi guardò in faccia coi belli occhioni che sembrano fiori azzurri tra le foglioline oscure delle lunghe ciglia ricce, e non rispose. Io però non ero sicura di aver enunciata una massima giusta. " Essere buoni coi cattivi.... „ Mio Dio, quale perplessità! N o n avevo mai castigato corporalmente il mio Giancarlo (questo è il suo n o m e ufficiale al quale egli non rispondeva e non risponde ancora, perchè ha una litania d'altri nomignoli, che variano, restano per un certo periodo, scompaiono, si trasformano, secondo le trovate della mia tenerezza e della mia fantasia) e avevo cercato fargli comprendere che ogni violenza è una brutalità indegna dell'uomo civile, un resto di barbarie destinato a poco a poco a scomparire dai nostri usi. Cercavo di persuaderlo.... nia il continuo spettacolo dei pugilati della scolaresca e dei monelli della strada era un esempio fieramente tentatore per lui. Menar pugni gli è sempre immensamente piaciuto e la lotta er& uno dei suoi giochi preferiti. Io e mio figlio i3 7 Naturalmente io mi occupavo non solo della sua anima, ma del suo corpo e amavo e curavo anche quello con gelosa cura; con quel sentimento, quasi direi con quella sensazione di possesso fisico che le madri sentono per i loro nati. Nessun particolare del suo caro essere esteriore mi era ignoto. Avrei potuto numerare le piccole vene azzurre delle sue tempie, dei suoi polsi, le diverse sfumature dei suoi magnifici capelli fra castagni e biondi, riconoscere, anche non vedendoli che a uno a uno, i suoi denti candidi di lupatto, le punte delle sue graziose e robuste dita. Gli feci insegnare la ginnastica, il ballo, la scherma, l'equitazione, vincendo il mio timore che vedeva intorno a lui dovunque pericoli presenti e futuri. Egli cresceva vigoroso e intelligente e così devoto, così affezionato a m e , che le amiche mie celiavano, criticando il mio sistema di educazione che tendeva a tenermi il mio figliuolo troppo, secondo loro, a me sottomesso, e chiamavano lui, per ischerzo, " Giancarolina „. Di giorno in giorno sentivo crescere la mia responsabilità. Io ero per mio figlio fusa addirittura con la divinità: e volevo, cercavo reiv i38 QUI NON SI T R O V A ! dermene degna, ed ero un dì più dell'altro torturata da mille dubbi, da mille perplessità. Le domande del mio Giancarlino erano un continuo esame per la mia coscienza. — Perchè questo? Perchè quell'altro? Va bene così? È giusto cosà? Mio Dio, come siete fortunato Voi, d'essere così lontano dai miseri mortali che vorrebbero interrogarvi ! Il terribile piccolo inquisitore mi faceva riflettere, meditare, sudare su gravi problemi a proposito di ogni nonnulla. Per esempio, quando egli seppe tirare di scherma come un piccolo maestro, un giorno mi chiese a bruciapelo: — Approvi il duello, m a m m i n a ? Ieri un fratello d'un mio compagno si è battuto ed ha ferito l'avversario. Ma la sua m a m m a non ha saputo niente. — N o , lo disapprovo! — esclamai. — E spero bene che tu, un giorno, non farai cose simili, barbare, incivili, sopratutto poi.... senza consultarmi. Egli mi rispose, calmo: — Allora, perchè mi hai fatto imparare la scherma? Io accomodai alla meglio: — Ma è una ginnastica come un'altra. Vidi però ch'egli non era persuaso e ne fui Io e mio figlio i39 mortificata. Infatti, perchè gli avevo dato quell'insegnamento ? Perchè tutti fanno così. A v e v o ragionato con.... la testa degli altri, per contentare il m o n d o , non me stessa. Eppure non fu quello il solo dissidio tra la mia coscienza e la tirannia delle convenzioni sociali.... Passavano gli anni. Gli studi di Nino mio procedevano bene. N o n era un accanito lavoratore, ma la sua intelligenza fuori dal comune gli teneva luogo della diligenza non eccessiva. A m a v a singolarmente la lettura e la musica.... e la tendenza a pensare cominciava a delinearsi in lui. Il suo " io „ sbocciava a poco a poco dalla personalità, parassitaria della mia, ch'egli era fino a un certo m o m e n t o rimasto. Il mio tenero egoismo ne soffriva non poco, mi pareva che egli, emancipandosi, mi defraudasse di un mio diritto su di lui, quasi mi mancasse di rispetto; ma cercavo consolarmi dicendomi che " doveva „ essere così. Mi accorsi che l'amore cominciava a turbare l'olimpica serenità della mia creatura conservatasi pura fino ai sedici anni passati. Su questo argomento, alla difesa contro il fiero nemico, si diedero allora tutte quante le 140 QUI NON SI T R O V A ! mie bene armate facoltà di resistenza. La questione scabrosa e per me repugnante doveva pure finalmente essere da me affrontata.... ma anche qui, qui anzi più che altrove, le mie idee accennavano a confondersi terribilmente. Il mio sogno per lui sarebbe stato la completa castità. Io ero custode gelosa della sua purezza c o m e sarei stata per una figlia. Perchè fare distinzioni? Lo stato di perfezione è certo " quello „.... fino al giorno in cui il vero amore appaia nella vita di una creatura e se la prenda tutta, anima e corpo.... Avrei io potuto raggiungere il mio ideale? E questo mio ideale sarebbe stato utile per lui? Mi misi a studiare le più difficili e spinose questioni su libri di scienza e di morale; ma al mio cuore, al mio intuito materno, più che alla mia recente sapienza, andavo chiedendo consiglio ed aiuto. N o n facendo misteri, avendo l'aria che tutto fosse semplice, dando piane e sincere risposte alle domande ingenue di mio figlio su le questioni più ardite, io avevo tolto al mistero della vita, agli occhi suoi, ogni sapore acre di curiosità e di peccato, Il mio Gingi, verso i quindici anni, era press'a poco edotto delle relazioni che possono passare tra le persone di sesso diverso, Io e mio figlio 141 ma era puro, semplice, senza curiosità stuzzicanti e senza eccessiva sapienza, s'intende. Io lo difendevo dai compagni di scuola e più ancora dalle compagne (adesso andava al liceo); sceglievo, come un orefice sceglie le pietre preziose per farne una collana, le persone che avvicinava, perchè sentivo una cosa, della quale non mi rendevo esattamente conto ma che agiva sull'anima mia potentemente, sentivo una nemica nella prima donna che mio figlio avrebbe avvicinata! Ero gelosa, nella mia sviscerata tenerezza materna, anche del suo corpo, così come ero stata gelosa, divenendo addirittura una piccola belva, quando avvicinandosi la nascita di lui, mio marito m'aveva proposto di prendere una balia! Allora mi ero ribellata ed avevo vinto.... ma ora si avvicinava il giorno, purtroppo, in cui avrei dovuto cedere il campo ad un'altra, ad un'estranea.... che mi avrebbe preso parte del cuore del mio Nino, del mio bambino adorato, che forse, in qualche modo, me lo avrebbe fatto soffrire.... Mio figlio, per sua fortuna e mia, è bello, sano, aitante, equilibrato, in una buona posizione sociale ed economica: tutti vantaggi, tutte buone armi anche per le relazioni d'amore.... Senza avvedermene adoperavo il mio grande 142 QUI NON SI TROVA ! ascendente su di lui per allontanarlo dalle donne.... Mi dimostravo scettica sulle fanciulle m o derne, lo mettevo in guardia contro l'orribile adulterio, gl'ispiravo il mio stesso ribrezzo per l'ignominia del piacere venale.... o del solo piacere senza amore.... C o n la grande confidenza ch'egli aveva in m e , ch'io avevo saputo ispirargli, egli mi diceva tutto della sua vita intima, non aveva segreti per m e . Andava facendo da qualche tempo conquiste femminili, riceveva mazzolini di fiori, cartoline con motti sentimentali, occhiate promettenti, strette di m a n o lunghe.... Nella vita non esistono solo i seduttori, ma anche le seduttrici per istinto: questo dovrebbero saperlo tutte le madri.... Ma io non m'inquietavo ancora perchè lo vedevo sereno e sorridente, sdegnoso un poco di quegli omaggi che gli sembravano dovuti alla sua personalità interessante.... Passavano i mesi, gli anni. Qualche disegno di avvenire, qualche sogno d'orgoglio cominciava a linearsi nell'orizzonte mentale del mio figliuolo. C o n mia gioia grande egli corrispondeva ai miei insegnamenti e alle mie sugge- Io e mio figlio 14S stioni di attività, sorpassando i miei stessi desideri. La sua energia aveva bisogno di espandersi, di affermarsi, cercava occasioni, fremeva, cominciava a farmi un po' paura.... Faceva il primo anno di Università (corso di legge, scelto da lui) e lo vedevo armeggiare, entrare in qualche Comitato, interessarsi alla politica, legarsi con qualche compagno un po' turbolento.... Lo spirito di mio figlio mi sfuggiva a poco a poco ed io ne provavo un dolore che mi gelava l'anima.... pure ammettendo che " doveva „ essere così, che la sua personalità " doveva „ svolgersi liberamente, sciogliendosi dai legami con la mia.... Entrando all'Università, cominciava per lui la vita di un uomo.... Dovevo pure avvezzarmi a questo, ma mi vi acconciavo mal mio grado, con una tristezza che mi solcava il cuore e la faccia. Egli però continuava la sua casta vita e non usciva mai solo, di sera.... La prima volia che lo fece, e che rincasò tardi, senza avermi detto dove andasse, fu per me una tappa di dolore, di un dolore che forse solo un'altra madre sensibile come me potrà comprendere e compatire.... U n a sera, dopo il desinare, il mio Giancarlo uscì senza dirmi dove andasse. Anzi, mi salutò «in fretta, con una insolita freddezza.;.. r 44 QUI NON SI T R O V A ! Erano le undici, era mezzanotte.... e il mio bambino, il mio tesoro, il mio agnellino d'oro non era ancora tornato! Era andato ad un ritrovo politico ? Ad un ritrovo con una donna ? Certo a questo: lo sentivo, lo intuivo, lo sapevo dal mio stesso dolore, dalla gelosia terribile che mi struggeva, dalla paura, dal senso di ribellione che ruggiva in me.... Chi era colei che me lo portava via, che me lo insozzava, che distruggeva l'opera mia diuturna di diciott'anni su quell'anima che avevo io dischiusa alla luce? Quale specie d'amore me lo prendeva? (giacché bisogna dunque profanare questo santo nome). Era il lupanare? Era l'adulterio? Era una vergine amata veramente, una passione prima e possente che lo condurrebbe poi al matrimonio ? Tutti questi casi ed altri, che mi si affacciavano, mi parevano spaventevoli.... Piansi, pregai, umiliata, avvilita, defraudata come di qualche cosa che mi appartenesse per diritto divino.... e lo aspettai alzata, naturalmente.... Mandai a letto il domestico e la cameriera, stetti pronta e vigile ad aspettare il suo ritorno.... Egli aveva la chiave di casa.... della quale non s'era ancora servito mai. 14$ Io é mto figlio Verso l'una udii aprirsi l'uscio d'entrata ed il piccolo trac della luce elettrica che si accendeva in anticamera.... N o n seppi frenarmi e corsi ad incontrarlo. Egli disse solo: " Tu, m a m m a ? O h ! „ con un viso così umile e vergognoso.... come quando era piccino ed io scoprivo una sua monelleria.... Si era tratto il cappello col suo gesto elegante e devoto, ma non fece cenno di accostarsi a me per abbracciarmi come sempre, anzi sì avviava, a capo chino, verso la sua stanza.... Io lo rincorsi, è la parola, gridai: * Cingi, Nino mio, uccellino della tua m a m m a I „, lo presi fra le braccia, lo strinsi, lo baciai, gì'innondai il volto di lagrime.... Egli mormorava : " Mammina, m a m m i n a „. Mi baciò le mani, mi disse sul collo, come faceva da piccino: " Cuda „ (invece di uscusan\ e ci separammo per andare ognuno nella nostra camera, tristi, confusi, come due colpevoli.... — Per questo, o mio Dio, mettiamo noi, povere madri, al m o n d o i nostri figli? Voi non dovreste permetterlo! Me la prendevo con l'eternità. Ero scoraggiata, avvilita, nella polvere. A che cosa avevano servito tutti i miei insegnamenti, tutte le mie predicazioni intorno alla bellezza morale della virtù anche in un u o m o ? SFINGE, Qui non si trova ! 10 i4o QUI NON SI T R O V A ! Di quella notte fra me e mio figlio non si parlò mai più. La vita crudele me Io ha preso con dispotico e cieco volere che ha annientato il mio! Egli non è più interamente mio da quell'ora.... Anche la politica mi è nemica. La sua bontà di cuore, l'amore del prossimo ch'io gli ho ispirato, la pietà ch'io ho cercato fargli sentire di coloro che hanno avuto in sorte minori beni di lui, fanno tendere il suo pensoso spirito verso il socialismo. L'altro giorno, temendo che certi compagni abusassero della sua buona fede, paventando il suo danno, vedendolo troppo ardente nel parteggiare per le sue belle ed utopistiche idee, cercai richiamarlo alla ragione fredda, all'individualismo, all'egoismo, dirò meglio, che avevo sempre combattuto in lui quando era bambino. Ed egli sorridendo mi disse che il m o n d o , cioè i diritti degli altri, erano simbolizzati da quel piatto di ciliege cui aveva rinunciato quella volta per me!... — Sei tu, m a m m a , che mi hai preparato questo mio stato d'animo e di pensiero. Quelle sue parole mi gettarono in una meditazione così intricata della quale non riuscivo a trovare il bandolo. Quale caos è mai, mio Dio, l'anima di un u o m o ! E c o m e ci schiaccia Io i mio figlio t%*} il peso della responsabilità di educare i figli,,,. quando la sentiamo! I padri e le maclri sono quasi sempre incoscienti.,., si abbandonano alla Provvidenza od al Caso, secondo le loro credenze,,.. Io ho versato tanto vigile senso di coscienza nello spirito di mio figlio, che ne ho fatta una creatura squisita, sensibile, vibrante.... forse a scapito della sua felicità.... Gli egoisti sono gli uomini maggiormente atti a godere,,*. Avrei io preparata la mia creatura per k infelicità? Giancarlo è un vero u o m o oramai La sua personalità si è affermata, è noto in tutta la città per la sua vita operosa, per la sua intelligenza, per le sue idee ardite e nobili, che soddisferanno un giorno, io spero, il suo sogno di bellezza umana e anche il suo sogno di orgoglio.... Egli sente, sa, vuole essere qmi* cuno. A m a la lotta, le difficoltà della vita, è buon combattente, non gl'importa se si ferisce nel salire.... Ha un tranquillo coraggio che s'impone. N o n offende mai per primo: ma le sue difese sanno anche la violenza ed incutono rispetto ai suoi avversari. Sente la tristezza e le lagrime che sono nelle cose, sente l'imperfezione della nostra umanità e aspira alle alte vette della vita, pur pagando 14^ QUI NON SI TKOVA ! il suo fatale tributo alle imperfezioni che avviliscono l'uomo.... Ogni giorno che passa, pure essendo un figlio modello, egli mi appartiene un po' meno. Adesso egli fa la sua vita, segue la gran via del suo destino, lontano oramai dall'umile sentiero della vita mia.... Io dovrei essere lieta, felice di tutto ciò.... e invece ne sono triste, ne piango spesso quando sono sola, pure avendo un po' vergogna delle mie lagrime che non sono però l'espressione di un basso egoismo, ma sono la melanconia di un grande sentimento che dà assai più di quello che riceve, pure essendo giusto e fatale che sia così.... Forse un giorno la gloria e l'amore me lo porteranno via quasi totalmente, non mi resterà di lui, del figlio mio, del mio piccino adorato, altro che una piccola, piccola parte.... ed io prego Dio di darmi la forza di contentarmi di quella.... di trovare, senza ribellione, in quella piccola parte del cuore di mio figlio, il mio Universo! PIE DONNE. D o n n a Maria ascoltava la predica, nella bella piccola chiesa barocca ch'era la più elegante della città. Era parroco della chiesa un prete moderno che la faceva riscaldare, che l'aveva illuminata a luce elettrica, che aveva steso un tappeto fino a metà della maggiore navata. Faceva venire ogni anno buoni quaresimalisti, e le signore accorrevano, quasi come al cinematografo e come al teatro nella stagione di carnevale. D o n n a Maria adorava quell'ora mistica dei pomeriggi di quaresima, e non vi sarebbe mancata per nulla al mondo. Aveva la sua seggiola particolare, imbottita e un po' bassa, aveva sotto i piedi la piccola cassettina per l'acqua calda ch'essa medesima portava nel suo grande manicotto di chinchilla. Aveva il suo posto fìsso, accanto ad un pilastro che recava un i5o QUI NON SI T R O V A ! m o n u m e n t o funebre: un'urna portata da due angioli berniniani, svolazzanti, vivaci, dalle faccie di buon umore. N o n era uno spettacolo triste, ma lieto quel grazioso sepolcro di una d a m a morta duecent'anni fa.... D o n n a Maria non era più giovane, rasentava la sessantina, ma era ancora una bella donna. Perchè infatti avrebbe dovuto esser brutta? Chi è bello, col tempo diventa vecchio, ma non diventa brutto. Essa era stata la più bella signora della città, e si vedevano le traccie della sua venustà sotto lo strato d'adipe sodo e liscio che la ricopriva. Aveva i capelli tra il biondo e il grigio, ben pettinati, il profilo purissimo, begli occhi scuri, appena segnati agli angoli da quasi invisibili zampe di gallina. Vestiva sfarzosamente e con buon gusto, amava il vestiario col suo mite cuore sereno, c o m e amava là religione e tutte le altre cose che le occupavano la vita e che le davano sensazioni squisite. Era una raffinata sensuale di tutte le sensualità che non fossero " quella „.... bollata dalla religione e dalla morale.... Tutte le sue sensualità erano, per dir così, à còte. Anche il suo amore per la predica era una specie di voluttuoso fervore. Il buon calduccio, la voce armoniosa dell'oratore, con certe cadenze un po' nasali, ritmiche, con la bella prò- Pie donne I5I nuncia romana, le erano un godimento corporale. Ogni tanto una parola, una frase la colpiva, destandola dal delizioso dormiveglia, ma il significato della predica le sfuggiva. Che importa? Ella lo sapeva, press'a poco. Parlava il predicatore della Passione di Gesù, ed ella l'aveva tante volte letta nel suo libro da messa, rilegato in pelle rossa a borchie d'oro, e tanti altri quaresimali aveva ascoltati nella sua vita. Vedeva passare le amiche, le conoscenti, anche qualche uomo.... Bravi! C o m e le faceva piacere che anche negli uomini la devozione non fosse del tutto spenta! In provincia ancora qualche cosa di buono c'è.... Assaporava ogni tanto una piccola pastiglia, togliendola da una bella scatolina di smalto azzurro. Mille fleurs: palline piccole piccole di tutte le sfumature più delicate e ogni colore un diverso sapore.... Deliziose. La compensavano un poco d'essere slattata per un'ora della sua eterna sigaretta.,., il suo delirio. Ne fumava una trentina al giorno.... e le piacevano forse ancora più dei buoni bocconi.... Era golosissima, donna Maria. Soleva dire che il cuoco era la vera anima di una casa e che in una casa dove si mangia bene regna sempre il buon umore e si accettano il più serenamente pos- I 5 2 QUI NON SI TROVA ! sibile le inevitabili traversie della vita.... Aveva l'aria di dire ciò per ischerzo, per " fare dello spirito „ , ma era la sua opinione verace, la sua convinzione profonda. Ora pensava al suo tè delle cinque. Aspettava alcune amiche, dopo la predica; aveva ordinate al cuoco certe tartine bianche rosse e verdi.... patriottiche.... ma anche deliziose. Pane candido, tagliato in perfetti rettangoli, burro, una fettina di salmone e ancora un po' di burro verde, cioè al prezzemolo. Eppoi i toasts bollenti, la marmellata, la creme fouettée.... D o n n a Maria inghiottì e il suo intestino rumoreggiò un poco pel desiderio di cibo.... C o m ' era dolce intorno al collo la sua larga, piatta sciarpa di chinchilla! Socchiuse gli occhi di piacere e aperse le nari al profumo del suo fazzolettino di batista, ornato all'angolo da un piccolo stemma, che emanava un profumo di violetta di Guerlain ineffabilmente soave.... Anche l'odore dell'incenso le piaceva.... — " Com'è bella la vita! „ essa pensò. Era sempre stata una moglie fedele, una donna di solidi principi.... Era equilibrata e serena, nessuna tristezza le veniva dal passare degli anni.... Invecchiava in letizia perchè conservava intatte le facoltà di gustare, tutte le sue molteplici Pie donne i53 lecite sensazioni gaudiose, e non conosceva la malinconia del tramonto della giovinezza, perchè questo è un sentimento : un lusso importuno ch'essa non possedeva. La predica era finita.... Donna Maria si levò con un po' di pigrizia, e si avviò verso l'uscita. Alla porta l'aspettava la sua carrozza, un po' vecchio stile, col suo bianco cocchiere, col suo fidato valletto che le acconciò la cassettina sotto i piedi, che le distese sulle g a m b e la grande pelliccia.... Poco di poi, nel bel salotto Luigi XV autentico, coi deliziosi mobili un po' vecchiotti, dalle dorature un po' spente, ricoperti di delicati gobelins un po' sbiaditi, nell'angolo del tè e delle chiacchiere, erano già radunate diverse signore intorno a donna Maria. Le signore più rispettabili della città. Il gruppo delle perfette, delle inattaccabili, delle d a m e modello; quelle che facevano la pioggia ed il sereno nell'ambiente morale della importante città di provincia, che dettavano le leggi del buon costume, che davano i brevetti di onestà alle più giovani, che giudicavano, decretavano, assolvevano o condannavano. 104 QUI NON SI T R O V A ! Per vero dire il più delle volte condannavano. Il piccolo areopago femminile che teneva le sue adunanze nel salotto Luigi XV di donna Maria, era terribilmente severo verso il prossimo e specialmente verso le donne giovani. N o n si conoscevano in quel consesso di elette matrone le attenuanti per i peccati di amore.... o meglio per quello che antonomasticamente si chiama " il peccato „ : Vade retro, Satana. Per tutte le colpe ci può essere indulgenza a questo mondo, ma non per quelle che l'eletto gruppo chiamava " sudicerie „. A m a r e illegalmente anche se amare nel dolore, fino allo strazio, magari fino alla morte, era una "sudiceria,,. N o n era ammessa nemm e n o la discussione. L'anima più fiera e più inflessibile era quella della marchesa Lavinia: un tipo di inquisitore femmina, di Torquemada in gonnelle. In molte gonnelle, anzi.... perchè si vestiva malissimo, nel suo disprezzo per la m o d a : essa infagottava la sua ossea persona di sottane di lana, di maglie, di grossi mantelli imbottiti, antiquati e antiestetici. D o n n a Maria ne soffriva un poco nella sua eleganza innata che aveva bisogno anche dell'eleganza degli altri: ma la posizione sociale e morale della marchesa Lavinia era un baluardo che poteva difen- Pie donne i55 dere anche quella sua totale assenza di femminilità. La marchesa era un'anima austera che aspirava ardentemente alla perfezione.... ma più che alla perfezione propria a quella degli altri. Tutti le sembravano pieni di vizi, di colpe, di delitti, delitti verso la religione o verso la morale. Si lagnava di tutto, di tutti, deprecava sempre qualche cosa, e quel suo lungo naso aguzzo e prepotente aveva sempre l'aria di scagliarsi, c o m e un dardo, contro qualche nemico della società. Soleva dire : " Io non ho la benda sugli occhi „, e quasi fosse suo particolare privilegio quello di veder lume, essa sparlava di tutti, con un frasario vibrato e poco lady-like che l'impunità della sua alta posizione le concedeva di usare: sparlava di tutti m e n o che del Padre eterno.... Cioè, per essere esatti, a malgrado della sua intollerante religione, essa ficcava il naso anche negli affari dell'Onnipossente, perchè, in alcune grandi circostanze (di scandali domestici, di tumultuosi avvenimenti politici, ecc.), c'era chi l'aveva udita mormorare: " S e fossi, per m o d o di dire, Domeneddio, vorrei mettere a posto quell'individuo! Domineddio è troppo buono! Bisognerebbe premiare la virtù e ca- I l)f) QUI NON SI TROVA 1 . stigare il vizio non solo in cielo, ma anche sulla terra! „ Quel giorno la marchesa deplorava un m a trimonio che doveva avvenire nella città: una mesaillance, come essa diceva, che scandalizzava il suo puro sangue bleu. — Gran povera stupida, la nostra amica ! Quando si hanno delle figlie si tengono sotto l'ala.... Grande imbecille quel padre.... e che svergognata quella ragazza! — Svergognata mi sembra un po' forte, — disse dolcemente donna Maria, finendo d'inghiottire la sua terza tazza di tè che l'aveva riempita di delizia, disponendola all'indulgenza. — Ma che forte ! Giusto. Incaponirsi a volere quel dato uomo, uno qualunque, che appena conosceva; dar tanti dispiaceri alla famiglia per quel paio di baffi, tanto chiasso per andar a dormire con quell'uomo.... Sudicerie, sudicerie ! Per una ragazza onesta un marito ne vale un altro.... Ai miei tempi si faceva così.... Quando essa tacque finalmente per accostarsi alla sua merenda (prendeva il tè con tanto zucchero, quasi avesse il bisogno fisico di raddolcirsi un poco la bocca e l'anima, ma non mangiava mai a quell'ora, perchè, diceva, mangiare più di tre volte al giorno è un vizio, in realtà perchè aveva lo stomaco debole), potè- 'Pie donne T37 rono aprire il becco per la prima volta due signorine mature, di nobile famiglia decaduta, che andavano sempre insieme, che si somigliavano c o m e due goccie d'acqua, e che andavano d'accordo c o m e cane e gatto. Avevano gusti, caratteri, ideali di vita differenti, eppure stavano insieme, legate alla stessa catena di una decorosa povertà che, se si fossero separate, sarebbe diventata miseria. Erano state assai belle; alte, brune, scultorie, col portamento inutilmente regale, coi tratti del volto regolarissimi, con gli occhi neri, lunghi, scintillanti, di cui non era spento ancora il fulgore. Moralmente, l'una era molto intelligente, l'altra pochissimo; l'una era vivace, l'altra di una calma esasperante; l'una mondana, l'altra casalinga. Si chiamavano Daria e Bona. In una sola cosa andavano d'accordo: nel tenere al loro casato. Ricamavano il loro stemma su tutte le cianfrusaglie, disprezzavano le persone non titolate, non frequentavano case che non avessero ritratti di antenati alle pareti; e da giovani avevano tutte e due rifiutato alcune volte di sposarsi con uomini appartenenti alla borghesia. Daria era anche spiritosa, di uno spirito caustico ed umoristico che non risparmiava nemm e n o sé stessa. Abitavano a un terzo piano i58 QUI NON SI T R O V A 1 un appartamento modesto, con una sola donna di servizio, ciò che non diminuiva la loro boria nobilesca, e che faceva scherzare Daria. A proposito della loro piccola casa, della loro alta statura, ella diceva: " Ma sì, mi fa l'effetto che io e Bona siamo due grandi statue antiche decorative, un po' avariate, mobiglio di scarto, che sia stato messo nel solaio ! „ U n a volta, in un alberguccio di montagna, dove andavano a passare un mese d'estate, avevano avvicinata, per non rimanere sempre a bocca chiusa, una signora modesta ma buona e gentile, con la quale si erano abbastanza legate. Ma tornate poi in città, la signora, che era loro concittadina, avendole incontrate per la strada, le avvicinò e chiese loro se poteva andare a trovarle. Bona, che non parlava mai, ebbe una certa vivacità nel risponderle : " Oh non venga da noi: la nostra era una conoscenza di montagna.... Qui abbiamo le nostre relazioni.... „ Superbe come Lucifero con gli umili erano poi abbastanza utilitarie per essere cortesi, senza aspettare sempre il contraccambio, con le persone altolocate. C o n donna Maria, per esempio, e con la marchesa Lavinia erano miti e sottomesse, e andavano da loro di sera a giocare al bridge anche quando nevicava. Pie donne i5 9 Era accanto al tavolo del tè di donna Maria e si rimpinzava per quattro, c o m e se non avesse mangiato e bevuto da otto giorni, la signora Selene, un'altra utilità di salotto, un'altra giocatrice di bridge, la quale, pur essendo agiata, era affetta da tale avarizia che rasentava la monomania. Al gioco rubacchiava, al tavolino da tè intascava, accettava regali di vestiti smessi da donna Maria, e quando era invitata in una casa andava via con un pacco o pacchetto di dolci donati.... o di refurtiva. N o n buttava mai via nulla; la sua casa era una specie di immondezzaio, dove tutto quello che gli altri scartavano e gettavano era conservato ed usufruito. C o n le foglie secche dei fiori si faceva fuoco; i fiammiferi spenti erano buoni per accendersi ad una fiamma; i limoni spremuti servivano per lavarsi le mani, i pezzetti di stoffa si sfilavano per farne coperte imbottite; i noccioli di pesca si piantavano nell'orto e così via. Tutto ciò sarebbe stato giusto e pietoso se la signora Selene fosse stata povera; ma era, invece, ridicolo e imperdonabile poiché essa era quasi ricca. E non avrebbe dato un soldo ad un povero a tirarglielo fuori per forza. " N o n bisogna incoraggiare l'accattonaggio e l'ozio „, essa diceva; ma in realtà era soltanto TÓO OTTI NON SI TROVA? per non privarsi di cinque centesimi. Si occupava anzi di diverse opere di beneficenza e a tutti i derelitti predicava che non ci sarebbe povertà se ci fosse economia. Quell'assioma un po' ardito di economia sociale le pareva indiscutibile; e deplorava le tendenze scialacquatrici di certi miserabili che non avevano il pane quotidiano ! •9 Sua rivale nelle opere di beneficenza cittadine era la baronessa Zoe, una donna energica e faccendiera di un'attività importuna, espansiva, invadente. N o n parlava molto, ma agiva, voleva sempre fare o disfare qualche cosa: disfare, s'intende quello che avevano fatto gli altri. N o n aveva fede che in se stessa, non tollerava la concorrenza di nessuno. Di una vanità mostruosa, il suo " io „ le pareva il centro dell'universo. Se lodavano un'altra persona in sua presenza, nel campo della beneficenza e delle benemerenze cittadine, la tinta solitamente giallastra del suo volto diventava verde. Era di un'invidia così profonda e così radicata che non poteva nasconderla ed era riuscita ad imporre quel suo stato d'animo in- Pie donna i6f vidioso, a farlo accettare, quasi a farlo rispettare a forza di prepotenza e di sfacciataggine. Era fra le sue amiche una tacita intesa : per non addolorare quella buona Z o e che faceva tanto bene, le si tenevano nascoste le opere buone degli altri. Essa voleva il monopolio della pubblica e privata carità, e soffriva, diventava una iena, una vipera, contro chi le contendesse il primato. Era anch'essa una perfetta moglie, un'anima devota, una immancabile frequentatrice di sermoni.... e non era sprovvista di certa intelligenza che rendeva la sua attività pericolosa. Entrò un'altra visitatrice nel salotto di donna Maria, una brutta e ricca signorina anziana, bigotta, benefica, timida, mal vestita, di quelle che rendono antipatica la virtù con la grettezza delle idee e con la repulsione che ispira il loro esteriore. La brava signorina Isolina pareva voler documentare il suo distacco dal m o n d o e dalle sue p o m p e rendendosi più brutta che poteva, coi pochi capelli tirati sulle tempie, con dei cappelli senza linea, mucchi di brutta roba presa a caso, cucita insieme e sbertucciata sulla testa, coronamento adeguato di quell'assurda personcina senza sesso. SFINGE, Qui non si trova ! 11 IÓ2 QUI NON SI T R O V A ! Essa era la custode della pubblica moralità, sezione " letture proibite „. Ogni libro le pareva un nemico dell'umanità, ogni scrittore un corruttore d'anime. Essa non comprendeva e non ammetteva altro che la letteratura didattica per educare, per migliorare la gente. E se qualcuno tentava spiegarle che tale letteratura c'è ma che non è arte, essa cadeva dalle nuvole, sospirava, tentennava il capo, faceva geremiadi contro gli scrittori immorali, non solo quelli messi all'indice dalla Chiesa, ma anche gli altri, che turbano la coscienza del genere umano. La coscienza che si turbava, leggendo certi libri, era la sua.... Ma la prudente beghina trovava giusto d'incolparne gli scrittori.... anziché se stessa. Così voleva la sua incosciente ipocrisia.... L'ultima ad arrivare al tè, oramai raffreddato, sotto la lampada amichevole velata da un gran paralume di veli rosei e di merletti bianchi, che pareva la gonnella alzata di una ballerina di " rango francese „ (se lo avessero supposto le pie donne!...), fu la più giovane del gruppo, la contessa Marianna, di una delle più cospicue famiglie della città, per la quale tutte avevano un debole di sorelle maggiori. Fresca, troppo colorita, col volto ancora infantile sull'opulenta persona. In un sontuoso Pie donne i63 mantello di ermellino immacolato dal grande collo di volpe scura, con un " paradiso „ magnifico sul cappellino di velluto nero, essa arrivò placida, lenta, infingarda, sorridendo stupidamente. Un coro di saluti affettuosi l'accolse. Essa non aveva nessuna personalità morale, era una perfetta nullità, uno zero coronato e bene adorno, che si muoveva solo in automobile, che non ispendeva in nessuna cosa n e m m e n o un briciolo di attività. N o n aveva volontà; quindi non nuoceva e non facendo paura alla vanità di nessuno, tutti le volevano un po' di bene. — Maria cara, sì, una tazza di tè. Mangiare? Oh Dio, la cosa che richiede minor fatica! Sì, un marron glacé...., scusa, dammelo senza carta, Daria! Bona, tu, sbottonami il guanto, grazie. Oh signora Selene, grazie, sì, il panchettino sotto i piedi. Ecco. Così. Slacciarmi il mantello ? Che noia ! Sì, ecco fatto. Ora lasciatemi tacere un poco ! Sono molto stanca ! N o n faceva mai nulla nella vita. N o n agiva, non pensava, non godeva e non soffriva. Era una vita la sua? Qual'era la sua menzogna vitale? N o n aveva preferenze, non aveva, manco a dirlo, passioni, non aveva vizi e non aveva 164 QUI NON SI T R O V A ! virtù. Era la personificazione dell'accidia. N o n era mondana, non amava la lettura, detestava il ricamo, non suonava, non giocava, non si occupava della sua casa. Era ricchissima; altri se ne occupava per lei. La beneficenza la seccava, suo marito faceva la sua vita fuori di casa; persino l'abbigliamento, avendo l'abitudine del lusso, servendosi dai grandi sarti delle grandi città, non la divertiva più. Essa scroccava, rubava il suo posto sotto il sole, non meritando di vivere. La parola " lavoro „ le faceva orrore e diceva : " Se io dovessi lavorare.... preferirei morire,,. E non s'accorgeva che morta era già. Dava il superfluo della sua borsa ai poveri, o, meglio, alla baronessa Zoe, che le risparmiava di comunicare con le miserie della vita disaggradevoli a vedersi. Ogni tanto però si leggevano sui giornali della città lodi alla " benefica d a m a che faceva cospicue offerte con illuminata pietà,,. Il circolo riunito sotto il gran paralume color di rosa stava per isciogliersi. Erano le sei e mezzo, l'ora canonica.... Ognuna delle perfette matrone doveva avviarsi verso la propria casa, chi a piedi, chi in carrozza, chi in automobile. D o n n a Maria aveva già fumata mezza doz- Pie donne i65 zina di sigarette, aspirando il fumo con una voluttà che il buon conte suo marito non le aveva mai fatta provare.... E pensava già al menu del suo pranzo, alle sette e mezzo. D o veva cambiare vestito, perchè avevano alcuni invitati, e dopo, serata di bridge. Che pranzetto delizioso! Le veniva l'acquolina in bocca.... Le pie donne avevano parlato per più di un'ora con una veemenza, con una forza che avrebbe mosso un mulino a vento.... Quante chiacchiere, quante parole, quanti argomenti inesauribili, che vena zampillante di verbosità! Pareva un passeraio. Poi successe una pausa, un improvviso silenzio, il preludio dei primi congedi. La signora Selene disse: — Nasce un frate ! Ma Daria e la marchesa Lavinia la persuasero che aveva detta una sconvenienza e non vollero spiegarle il perchè. Vi fu ancora un breve silenzio, poi una voce si levò: — Dunque, per Cecchina, cioè per la Francesca Almerici, come ci regoliamo ? Bisogna essere d'accordo tutte. Il naso della marchesa Lavinia parve al- i66 QUI NON SI T R O V A ! lungarsi, mirò un punto ignoto, sembrò un fucile spianato, pronto a lasciar partire il colpo. — Sfido io, — disse la voce di quel naso — non c'è da esitare. Nessuna di noi deve più riceverla. — E se la incontriamo per le vie, alla predica o al cinematografo ? — chiese donna Maria, cui pareva già di avere sulla lingua il sapore di certi tourne-dos alla Rossini del menu imminente: una rotellina di filetto collocata sopra un tondo di pane; sul filetto un tondino di pàté, sul pàté un tartufo. — Se l'incontriamo.... faremo finta di non conoscerla! Maria cara, non sono degne di te certe indulgenze. Un'adultera? Vi par poco? Bisogna chiamar pane il pane. U n a donna che non ne ha abbastanza del marito e se ne cerca un altro! Sudicerie! — Puah! — esclamò la baronessa Zoe. — Sudicerie! — ripetè il coro. -—Si, non discutiamone più. Per noi l'Almerici deve essere morta. — Concluse Daria, alta, imponente, come una statua di Minerva corrosa dal tempo. E tutte in piedi, in quel minuto del congedo che per le donne dura un quarto d'ora, con tanti stupidi baci sulle guance, con tante in- Pie donne 167 terminabili sciocche cose " della staffa „, le pie donne scambiavano gli ultimi saluti. La signora Francesca Almerici era una donna giovane, appassionata, di retto animo, intelligente, laboriosa, che era arrivata fino ai trent'anni essendo un modello di moglie. Suo marito non l'amava ed ella gli era stata fedele lo stesso fino al giorno in cui aveva incontrato un u o m o che le aveva rivelata l'onnipossente passione. N o n aveva figli, la sua vita era vuota e sconsolata. E al rude infedele m a rito che la maltrattava essa aveva preferito l'uomo che l'adorava e lo aveva preso per amante. Tutte le altre sue virtù erano state allora cancellate ad un tratto in faccia al m o n d o , e specialmente in faccia al consesso dell'ufficiale virtù femminile cittadina. Quel suo unico fallo aveva distrutti tutti i suoi meriti; ella era decaduta dal suo posto di , donna per bene, era stata cacciata in disparte, messa alla gogna. Era caduta nel nero abisso del peccato, era morta alla vita della rispettabilità e dell'onore.... Le pie donne componenti l'areopago dell'alta virtù locale erano state inesorabili nel giudicarla. Esse non erano mai cadute nel peccato d'amore, ma possedevano, equamente distribuiti in ognuna, tutti gli altri difetti che dan- i68 QUI NON SI T R O V A ' neggiano la società e che la Chiesa ha bollati col n o m e di " peccati capitali „. Li avevano tutti.... m e n o uno.... tutti sette m e n o uno. Il più grave, dunque? Il più imperdonabile? Così credevano le pie donne.... avare, superbe, invidiose, accidiose, irose, golose, ma tronfie, orgogliose, levate a cielo da tutti, citate c o m e esempio di virtù, chiamate pure, immacolate, elette, per aver resistito ad una sola tentazione al m o n d o : all'amore! IL CAMPANILE. D u e famiglie o, veramente, due dinastie, si contendevano da tempo immemorabile il dominio del campanile della piccola parrocchia montanara di Roncomarino. L'ufficio di campanaro era ereditario per antichissima consuetudine nella casa dei Gambalunga, per una specie di sistema feudale che vigeva ancora lassù su quel poggio romagnolo, che non aveva ancora sentito il respiro della democrazia trasformatrice. Il potere a Roncomarino era in mani ecclesiastiche. La parrocchia, di un migliaio di anime circa, era tutta composta di contadini, sparsi c o m e un gregge su per i fianchi delle prosperose colline. Accanto alla parrocchia erano alcune case con poche botteghe e una scuola. Il C o m u n e era lontano, giù al piano ; un grosso borgo che quasi ignorava la più alta e più f 70 QUI NON SI T R O V A ! pittoresca " frazione „ del suo circondario. Il parroco ed il cappellano erano di n o m e le sole autorità locali. M a , di fatto, il campanaro era l'uomo più potente. Cambiavano i parroci, ogni tanto; cambiavano spesso i cappellani. Il campanaro restava e governava. N o n con l'intrigo, né con la prepotenza, né con l'intelligenza. Dominava gli altri per l'effetto meccanico, fisico, della sua residenza elevata e dello strumento di conquista ch'egli aveva in m a n o : la musica delle campane. Di padre in figlio, da cent'anni e più, la famiglia dei Gambalunga esercitava quell'officio. Senonchè più di mezzo secolo innanzi era avvenuto un fatto, una soluzione di continuità, in quel pacifico regno aereo, e una invasione estranea aveva per un poco interrotto il regno di quella dinastia. Essendo morto il vecchissimo campanaro (al quale il figlio era premorto) restava unico rappresentante della famiglia un bambino di pochi anni, che in nessun m o d o avrebbe potuto esercitare la delicata mansione. La sede fu dunque, per forza, vacante. O, meglio, fu necessaria una " reggenza „. Il sostituto seppe lo stato temporaneo della sua nomina e si insediò tuttavia nel suo officio, sperando forse in qualche evento propizio. Era solo e fu ospite dei Gambalunga, ai quali // campanile 171 era stato mantenuto l'uso delle stanzette in cui molte generazioni della loro gente erano nate e morte. Nasone (così era chiamato di soprannome il " reggente „, benché avesse il naso piccolo, c o m e Gambalunga era un soprannome gentilizio che si dava ai membri di quella famiglia anche se nascevano con gambe corte) fu sempre considerato un intruso, ed egli considerò sempre c o m e nemici i suoi ospiti, negli anni in cui rimase con loro. Si era però andato facendo amici ed estimatori fra i parrocchiani, così che poteva dire d'aver un partito suo quando ai diciott'anni dell'erede legittimo (che intanto si era venuto istruendo ed esercitando nel mestiere, nel quale egli era esperto naturalmente c o m e per un'innata tendenza ereditaria) fu deposto, con una regalia, dalla temporanea carica. Nasone si fece venditore ambulante, prese moglie, si stabilì altrove, ma accampò sempre diritti al posto di campanaro di Roncomarino, e andò dicendo dovunque che aveva patita una ingiustizia, un sopruso, che il suo sacrosanto diritto era stato conculcato. Accanto alla chiesetta, linda e bene adorna all'interno, scura e massiccia di fuori, con le mura inverdite dal velluto dei muschi, come 173 QUI NON ST T R O V A ! un'antica fortezza, si ergeva il campanile, alto e grigio sul cielo con le sue finestre ogivali che lasciavano giocare l'aria intorno al bronzo vetusto delle campane. Il tempo aveva distesa una oscura patina sulle quattro più che centenarie campane; ma sempre giovani, squillanti e melodiose erano le note che uscivano dalle loro gole piene d'ombra. Il loro suono era la voce della vallata montana, era il solo m o d o di esprimersi di Roncomarino, piccolo nell'immenso mondo. O g n u n a delle quattro aveva il suo n o m e : nomi dati in antichi battesimi, incisi sull'orlo delle bocche sonore. D u e erano più grandi delle altre, gemelle, relativamente più giovani, dalle voci piene e possenti, che riempivano la valle di solchi profondi quando suonavano a stormo, sì che l'eco ne giungeva fino ad altri territori. U n a era vecchissima, del tempo della cripta della chiesa (dicevasi), patinata di color fosco, un po' logora, con la voce appena un po' fioca ma ancora valida e solenne ; la quarta era più piccola,- giuliva, vestita di verdognolo a riflessi dorati, di snella forma, dalla voce di poco volume ma acuta, penetrante, di purissimo m e tallo, che lasciava a lungo nell'aria il suo fruscio ronzante, c o m e un'ape. Tutto quello che avveniva da tempo i m m e - // campanile i73 morabile in quel cantuccio verde-azzurro di m o n d o era annunziato, commentato dalla voce delle quattro campane; i battesimi, le nozze, le agonie, le morti, le feste dei Santi, le laudi a Dio per i buoni raccolti, le preghiere per iscongiurare le tempeste, YAve Maria del giorno e VAngelus della sera, che chiamano l'uomo al lavoro ed al riposo; tutto le campane avevano detto, sole voci di quella solitudine. Le colline, prime ondulazioni dell'Appennino romagnolo, dietro Roncomarino, erano trasparenti e violacee come zone di veli sorrette da mani invisibili: il cielo pareva curvarsi ad abbracciarle e s'indorava all'ora del tramonto di luci prodigiose, fantastiche, diventava c o m e un gran lago d'oro nel quale pareva navigare sola una grande vela rossa, rotonda — il disco del sole — dipinta di misteriosi segni, c o m e le vele dell'Adriatico che verdeggiava appena laggiù in una strisciolina lontana.... Nel primo piano, sullo sfondo lilla e cilestrino, a cavalcioni di due collinette, un greppo, su cui era la chiesa fiancheggiata dal suo grigio campanile, più alto delle querce e dei castani che vestivano le pendici di un gran manto d'ombra. Di lassù, com'era larga e azzurra, tutta rigata di sentieri, ingemmata di case e macchiata di verde fresco, la pianura ! Lontano, 174 ^U1 N O N S1 TROVA! lontano, passava ogni tanto un serpentello nero, col suo pennacchietto di fumo.: il treno.... del quale non si sentiva n e m m e n o il fischio. Le voci erano, lassù, rare e discrete. Stornelli di donne, cigolii di ruote, gridi di lavoratori, mugolii di buoi, canti di galli.... Il campanaro di Roncomarino era, nel suo genere, un artista. Tutti così, di padre in figlio: avevano nelle dita, nelle braccia, negli orecchi il genio dei suoni. Fremevano veramente nei bronzi, scendevano dal campanile grigio, si spandevano per l'aria la gioia o la tristezza di tutti, in onde che parevano palpiti di cuore, invocazioni ardenti verso l'Infinito, suscitate dalla esperta forza del vecchio campanaro. Il quale sentiva confusamente tutto questo ed aveva coscienza del suo potere sovra i parrocchiani e ne traeva profonde soddisfazioni di orgoglio nella sua ingenua anima mistica che offriva a Dio in letizia la sua pia fatica quotidiana. La sua vita umile sarebbe stata felice se l'incubo di quella gente lontana che accampava diritti alla eredità del campanile non lo avesse di tanto in tanto turbato. Ma i suoi guai più prossimi, povero Gambalunga, li aveva anche lui. N o n c'è u o m o giusto che non abbia qual- 77 campanile i75 che nemico, anzi la virtù semina il bene e raccoglie il male. Ora era un tale che gli rimproverava di aver suonata troppo brevemente l'agonia di un parente; ora un altro si lagnava che gli scongiuri contro l'uragano fossero stati inefficaci. E qualcuno deprecava che YAve Maria del mattino fosse suonata troppo tardi dalla sua pigrizia; e alcune donne mormoravano ch'egli non attendesse il tramonto del sole per suonar vespro.... Gambalunga era scrupoloso; non lesinava i suoi concerti aerei e lasciava dire i maligni, forte sotto la corazza della sua buona coscienza. Ora avvenne che quelli di " Nasone „, antichi pretendenti al campanile, gente randagia e turbolenta, andarono a stabilirsi in una delle case accanto alla chiesa di Roncomarino e si unirono ben presto, come era da prevedersi, ai nemici di Gambalunga, Fu aperta in quel tempo un'osteria (a malgrado della proteste del curato) e vi fu insediato una specie di circolo locale in cui tenne pulpito Nasone il giovane, un bracciante dalla parlantina sciolta, che leggeva i giornali e abbindolava il prossimo con le sue chiacchiere. N o n però con idee sovversive — che anzi egli teneva molto a procacciarsi la stima del parroco e del cappellano — perchè aveva le sue mire segrete. 176 QUI NON SI TROVA ! Il segreto però fu ben presto quello di Pulcinella. Nasone il giovane aspirava attivamente a diventare campanaro di Roncomarino. Quell'ufficio gli sembrava una desiderabile prebenda, una sinecura che faceva gola alla sua infingardaggine. Il campanaro gli pareva una specie di curato laico, che può avere i piaceri della famiglia accanto a quelli della sacrestia. Buoni bocconi, doni dei parrocchiani, abilità nessuna: tirare quelle cordicelle e i battagli vanno da sé. U n o della sua famiglia, suo nonno, aveva avuto quel posto e lo aveva tenuto degnamente dieci anni. Perchè l'avevano scacciato? Era stata un'ingiustizia, tollerata dalla buon'anima dell'avo, gonzo e ignorante dei suoi diritti. Il padre suo si. era un tempo fatto sentire, ma alla Cura avevano fatto orecchie da mercanti. Adesso, però, era venuto il tempo di riaffacciare l'antico diritto calpestato. G a m balunga era vecchio e non aveva figli maschi. Chi gli sarebbe succeduto alla sua morte? Un genero? Ah no! Quello era un altro sangue e non aveva diritti all'eredità. Più valide erano le ragioni di Nasone discendente legittimo e diretto di un campanaro che aveva tenuto quel posto, un tempo, con onore. Nasone non si contentò di chiacchiere. Consultò un avvocato, il quale gli disse che pò- // campanile 177 teva anche aver ragione e si dichiarò disposto a sostenere le sue parti, trattandosi di una di quelle cause imbrogliate che per eufemismo si chiamano " eleganti „. Ma l'avvocato voleva essere pagato a contanti.... Un fatto avvenne, stando così le cose, che fece scendere ad un tratto nel pubblico i valori del povero Gambalunga e rialzò quelli del facinoroso Nasone. L'ultima nubile delle quattro figliuole del campanaro, una biondina dalle rosee guance e dal sorriso promettitore, si diede, prima delle giuste nozze, al suo damo, e se ne videro nella sua personcina leggiadra le gravi conseguenze. Lo scandalo fu enorme. C o m e ! All'ombra del campanile, nella mistica atmosfera dei suoni e dell'incenso, sulle soglie della chiesa e della sacrestia, nel sacrario della parrocchia, d'onde deve scendere sul gregge con la benedizione il buon esempio! Gambalunga era dunque rimbambito a tal segno o aveva smarrite le regole della sua antica morale? E che faceva la sua vecchia donna? C o m e mai non avevano sorvegliato non solo, ma come non avevano inculcati nelle figliuole i sani principi dell'onore? L'onesto austero vecchio, nutrito di sacri suoni e di aromi d'incenso, che viveva fuori del mondo, un po' trasognato, coi suoi capelli SFINGE, Qui non si trova ! 12 i78 QUI NON SI TROVA? bianchi che gli formavano intorno alla fronte come un'aureola di fiammelle d'argento, fu ritenuto responsabile del fallo della svergognatela, e s'ingrossò come per malefico incanto il drappello dei suoi nemici. I parrocchiani si divisero in due partiti. Quei buoni romagnoli furono lieti dell'occasione che loro finalmente si presentava «per dividersi in fazioni avverse. Un'opinione non avrebbe in R o m a g n a valore alcuno se non esistesse l'opinione contraria. Polemizzare è lo stato d'animo naturale di quella gente cui il sangue bolle gagliardo nelle vene. Troppo aveva indugiato lassù lo stato di apatia. Ora respiravano veramente nella loro atmosfera morale e quasi sapevano grado alla biondina procace di aver loro fornita la scintilla che aveva fatto divampare l'incendio. Erano finalmente anche lassù due partiti armati l'un contro l'altro a prò di due cause che a ciascun pareva la giusta. Gambalunga e Nasone erano il preludio di vita spirituale di Roncomarino, erano l'aurora di future lotte maggiori per cause più vaste e più moderne. Da allora cominciava veramente lassù la novella storia. Tutte le forze vergini e pugnaci di quegli uomini semplici, da secoli dormenti, si levarono a volo. Divennero inquieti, battaglieri, aggressivi, violenti, quasi feroci. Si tennero 77 campanile 179 riunioni segrete, si cospirò nelle ore notturne, s'inventarono parole d'ordine, segni convenzionali, si portarono armi, si lasciò il lavoro per la diatriba, per corse al borgo, per viaggi fino alla lontana città. Avvocati e politicanti, furbi e interessati, aizzarono di lontano gli odi invece di calmarli; e fu sentenziato e scritto su qualche giornale circondariale che a Roncomarino era sorta una questione politica e che i due campanari non erano in fin dei conti che gli alfieri di due bandiere diverse. Gli uomini politici del capoluogo si ringalluzzirono : così i conservatori c o m e i socialisti pensarono che alle prossime elezioni si sarebbero conteso quel nucleo di voti fiorito impensatamente all'ombra di quella sacrestia montanara. Il curato buontempone, corto di cervello, battezzava i nuovi nati, che crescevano c o m e funghi, portava il viatico ai moribondi, celebrava la prima messa, raccoglieva le decime e credeva in fede di compiere così tutto il suo dovere di pastore. Il breviario è il sangiovese occupavano il resto del suo tempo. Il cappellano, magro e giovane per quanto il curato era vecchio e panciuto, era un modernista, colto, pieno di segrete ambizioni, che considerava una prima tappa necessaria e fuggevole i8o QUI NON SI TROVA! della sua carriera quel posto che sdegnava c o m e indegno di sé. Né l'uno né l'altro si occupava del campanile e tutti e due sorridevano di dispregio per quella questione che loro pareva trascurabile. Intanto i partigiani di Nasone si raccoglievano, si contavano, decidevano di passare dalle parole ai fatti. Se nessuno voleva efficacemente aiutarli né alla parrocchia né al C o m u n e , se in città si dava loro ragione ma nulla si faceva in loro prò, ,bene avrebbero essi stessi provveduto. Chi ha ragione deve muoversi. Vale più un bel fatto che cento belle parole. Si era determinato quello stato di nervosità collettiva che trova soltanto la sua soluzione nella violenza. Avvennero tafferugli qua e là, tra gruppi delle parti avverse. Si udivano nei paraggi della chiesa grida di : " Abbasso Gambalunga „ o di " Evviva Nasone „ partire dalla folla all'ora dell'uscita dalle funzioni sacre. Si trovarono perfino imbrattate di epigrafi spropositate e sovversive le m u r a della parrocchia e della " canonica „. Il curato ne fu seccato nella sua satolla infingardaggine e pur non volendo grattacapi dovette tenere un discorso, dopo la messa, incitante alla calma e alla fraternità. Ma il discorso lasciò il tempo che aveva trovato. Il campanile 181 La biondina prevaricatrice era stata allontanata per ordine del curato e dello stesso padre. La vecchia madre piangeva di dolore e di vergogna. Il povero Gambalunga, con le sue gambe corte, sulle quali oramai male si reggeva, era come colpito dal fulmine. Il disonore famigliare e più ancora la minaccia di essere spodestato da quell'officio ch'egli credeva spettargli per immutabile decreto divino ! " Solo la morte mi staccherà dal mio campanile „, egli diceva ogni tanto; e persuadeva i suoi partigiani alla calma, parendogli inutile ogni violenza, perchè egli sentiva su di sé la protezione di Dio. — Veramente Iddio avrebbe potuto aiutarmi anche per il fattaccio occorso in casa mia — pensava il vecchio. Ma tosto si pentiva della bestemmia, riflettendo che quella era un' altra cosa, un fatto d'ordine privato e laico, mentre il campanile, le campane, il campanaro erano cose appartenenti al culto divino, cose che sono sotto la diretta sorveglianza del cielo.... e si consolava ripetendo: — No, Dio non permetterà lo spodestamento del suo servo devoto! Egli aveva con tutte le persone della Santissima Trinità antica dimestichezza: una cieca fede in esse era nel suo ingenuo cuore idola- i8a QUI NON SI T R O V A ! tra. Gli pareva conoscere personalmente quegli altissimi personaggi, in quella materializzazione del culto che è così necessaria ai poveri di spirito, i quali devono vedere per sentire. Egli credeva nell'Eterno Padre, così, come lo aveva sempre veduto ed onorato sull'aitar maggiore della sua chiesa, uscente dalle nubi, avvolto in un gran manto color marrone, con la gran barba bianca fluente e le severe ciglia onnipotenti: credeva nella celeste colomba, Spirito Santo, così c o m e la vedeva tutta circondata di luce; credeva in Gesù Cristo bello e biondo, vestito d'azzurro, col suo cuore in mano, ardente c o m e una piccola fiaccola.... A quelle personificazioni della sua fede egli si rivolgeva, parendogli che lo avrebbero aiutato e protetto assai meglio che il buon volere dei suoi partigiani. Piccolo e magro, sbarbato, con gli orecchini d'oro, secondo l'ormai tramontata usanza, un po' sordo per il continuo e vicino fragore delle campane, egli era sempre un po' fuori del m o n d o reale, sempre un po' ebbro di vento, d'orizzonte e di suoni. M a , umile verso Dio, egli si sentiva in certa guisa superiore agli altri uomini per l'effetto stesso della sua professione, che lo isolava dagli altri, dall'altura da cui dominava, e per l'ardore sincero della sua fede, che gli sembrava avvici- Il campanile i83 narlo all'eternità. Per Gambalunga il suo officio era missione ; per Nasone invece sarebbe stato mestiere. Pretendeva costui di essersi esercitato in un paese di pianura a suonare le campane e si vantava di farlo meglio del vecchio. — Chi non è buono di fare il campanaro ? Le mie mani sono più forti di quelle di Gambalunga. Un giovane vale sempre più di un vecchio ! E raccontava che nella tale parrocchia era la serva del curato che fungeva da campanaro; che in un'altra, sempre per l'avarizia del curato, suonava le campane il cappellano: e prometteva ai parrocchiani economia, puntualità, modernità di sistemi e nessuna sgualdrinella tra i piedi ad insudiciare l'ombra del campanile.... Fu dunque deciso d'insediare a viva forza Nasone al posto del vecchio, strappando il consenso al curato per forza di volontà plebiscitaria. Mite era il pomeriggio autunnale e pace avrebbe dovuto suggerire agli uomini la serena bellezza del colle e della valle. In quel preludio d'inverno la campagna, tutta spoglia e rossiccia, era avvolta in una nebbiolina azzurrigna che fondeva come in una larga velatura di pastello tutte le tinte, 184 QUI NON SI TROVA! Lassù, Roncomarino, ora che i boschi erano nudi, si ergeva tra il monte e il piano, fiero sul suo picco isolato, nel suo gruppo di case dominate dalla chiesa e dal campanile solido ed alto. Da un lato scendevano, c o m e in una lunga processione, due interminabili file di pioppi brulli, tra i quali luccicava la traccia del torrente: e le spoglie foreste sui pendii parevano da lungi altre chiese di pietra fulva, cuspidali o basilicali, a seconda della forma delle piante, piene di maestà e di mistica bellezza. E sui campi avviati verso il piano, tra quella sospensione di vita delle creature vegetali, una immensa esplosione di giovanissima vita, un enorme palpito di creazione recente, verdolina, fresca, tenera, commovente c o m e la prima pelurie che ricopre il capo dei neonati: la sacra infanzia del grano. Ma lassù, a Roncomarino gli animi erano pervasi da un turbamento che aveva bisogno di sfogo immediato. L'ora della " benedizione „ era stata scelta per venire ai fatti: impedire, cioè, a G a m b a lunga di salire sul campanile, e portare Nasone lassù a prendere possesso della sua nuova carica, col diritto di conquista, col diritto del più forte, eletto dalla volontà del popolo. Già quattro congiurati seguivano, inavvertiti da lui, 77 campanile i85 il vecchio campanaro, che gironzava qua e là per la chiesa, accudendo egli anche alle funzioni di sagrestano in cui era coadiuvato da due piccoli chierici. Già un gruppo più n u m e roso di cospiratori circondava Nasone, il quale largiva a destra ed a manca sorrisi e saluti, c o m e colui che cerca di allargare e di rafforzare la propria popolarità. Nessuno di parte avversa s'era accorto della congiura e i faziósi si lusingavano del sicuro successo dell'impresa gaglioffa, quando uno di quei piccoli fatti dai quali dipendono alle volte i fatti grandi (anche su scene più vaste del m o n d o ) avvenne. Sull'altar maggiore una torcia si piegò ed appiccò il fuoco ad una palma di rose di carta. Vi fu un panico: si udì qualche grido di donna, si sospese per alcuni minuti la funzione ; gli animi tesi dei cospiratori si affloscirono un poco nella forzata distrazione. Qualche parola sfuggì da qualche bocca imprudente. U n o dei fanciulli chierici la raccolse, corse a soffiarla al duro orecchio di Gambalunga. — Cosa? — fece egli, tra sbalordito ed incredulo. — Nasone sul campanile, adesso? Glielo portano? Ma tu sei pazzo, piccino! E io, non ci sono ? Morto sì, mi porteranno fuori dal mio campanile, ma vivo no! E il vecchietto raggiò dai cavi occhi un lume i86 QUI NON SI TROVA? di giovinezza, un soffio di vita gagliarda agitò le sue m e m b r a e subito, assai prima del m o mento voluto, entrò nella sacrestia, sgattaiolando tra le fila de' suoi nemici che non avevano preveduto quella mossa, e che non fecero in tempo a fermarlo. Entrato nell'angusto recinto del campanile, egli ne serrò l'usciolo, lo assicurò con un catenaccio interno di cui gli altri non sapevano l'esistenza e si sentì subito sicuro e forte c o m e un capitano difeso da possente trincea. Prima di entrare nel luogo sacro, nel quale pendevano insieme i lembi delle quattro funi che le sue vecchie mani agitavano da tanti anni, egli stette un m o m e n t o in ascolto e si accorse subito di essere inseguito. Qualcuno tentava l'usciolo, e una bestemmia si levò dinanzi a quella resistenza impreveduta. Si udivano peste, passi pesanti di scarpe ferrate, mormorii bassi, poi voci alte, rumore di folla vicina e minacciosa che al duro udito del vecchio formavano c o m e un brusio confuso e lontano di vento fischiante tra le selve.... Egli comprese il pericolo, vide la minaccia prossima, imminente, intuì la congiura, si sentì solo a lottare nella evidente imprevidenza de' suoi partigiani. Più che un pensiero fu il suo un sentimento. 77 campanile 187 Era solo, contro una folla ostile e minacciosa; solo e vecchio contro tanti uomini giovani e audaci.... — Niente paura, Gambalunga — egli si apostrofò. — Hai dei buoni protettori ! — Si fece il segno della croce e salì veloce l'erta scaletta fino al " castello „ delle campane. Svelto, destro, esperto c o m e nel suo proprio elemento, egli si protese nel vuoto e a una a una abbracciò e baciò le quattro campane, che erano la sua tenerezza e la sua gloria. Le sue labbra al contatto freddo del metallo provarono il santo brivido dell' innamorato mistico che accosta alla bocca una reliquia taumaturga.... Poi ridiscesce con giovanile sveltezza e diede di piglio alle funi.... Tutto il suo amore di vecchio artista pel suo lavoro antico e diletto, tutto il suo orgoglio di uomo, tutta la forza del suo diritto conculcato : lo spirito di conservazione che dà all'essere forze più che umane, l'ardore puro e invincibile della sua fede ingenua ma grande perchè verace, gonfiavano la sua potenza fisica, davano ali alla sua maestria di stormidore, davano palpiti, brividi nuovi alle antiche voci dei quattro bronzi. Per l'aria cilestrina, che egli vedeva dal basso, sul suo capo, come una cupola santa, si diffondevano gli accordi, le armonie, le melodie, i88 QUI NON SI TROVA ! i temi di tutti i sacri riti della romana liturgia. La piccola voce della campanella minore cantò le note del " mattutino „ e quelle dell'Ave Maria della sera: le voci piene delle due campane gemelle suonarono a stormo, a distesa, si sferrarono al sole e al vento, gridando, implorando, osannando ; la gran voce cupa della quarta campana, la più nera e la più vetusta, c o m e un pedale in minore, sillabò le sue lente parole di pace, i suoi rintocchi funebri, i *suoi ammonimenti agli uomini, le sue solenni invocazioni all'Eterno.... Tutti insieme, l'un dietro l'altro, alterni e simultanei, quei suoni dissimili, quelle voci ora fioche, ora alte, quelle espressioni diverse dei differenti stati dell'anima religiosa che aspira a comunicare con l'Invisibile, producevano un effetto singolare, profondo, incalcolabile.... Forse l'intuito del vecchio agitatore di funi aveva preveduto ciò.... o n e m m e n o egli stesso se ne era reso del tutto conto.... Egli aveva voluto pregare Dio c o m e meglio aveva potuto, egli aveva offerto al Cielo e agli uomini il m e glio che poteva di sé ; si era espresso con la sola eloquenza che gli apparteneva.... E quella inaspettata esplosione di musica, quel concerto aereo meraviglioso, cadde sulla folla, su quella amica e su quella ostile, c o m e un prodigio, suscitando un'onda di commozione irresistibile.... 77 campanile 189 Destati dalle vibrazioni dei bronzi, salivano su dalle anime stormi di ricordi, di affetti, di superstiziosi timori, tutta la fioritura della poetica vita segreta che sonnecchia nell'asilo dei cuori umani.... Ognuna di quelle note aveva accompagnata una vicenda sentimentale di ognuno.... Chi ricordava la morte di un proprio bambino, chi l'agonia della propria madre, chi un incendio spento per l'accorrere della gente chiamata da quella campana, chi la vittoria contro la minaccia dell'uragano.... chi le litanie alla Vergine in un maggio lontano, quando nel suo cuore era fiorito per la prima volta l'amore; chi la gaia sagra del villaggio con le belle fanciulle vestite a festa.... Erano quelle, proprio quelle le voci, le note amiche, che avevano accompagnata la vita di ognuno nella gioia e nel dolore ; era la m a n o di Gambalunga, del povero vecchio bianco e piccino, che faceva vibrare tutte le campane, ch'egli conosceva ed amava c o m e fossero le sue figliuole.... Quelle erano veramente le creature di lui, non le altre di carne e d'ossa che potevano peccare, disonorare la sua casa, ma che non potevano togliere a lui l'onore, il pane, né la benevolenza dei parrocchiani.... Le campane erano alte e pure, erano in co* municazione col cielo, e Gambalunga che sa- 190 QUI NON SI TROVA! peva suonarle così bene era un eletto del Signore! C o m e era bravo! C h e maestria nelle sue mani che non tremavano ancora, che forza nei muscoli delle sue vecchie braccia! In un rapido passaggio di psicologia collettiva l'odio fu nei petti dei sediziosi sostituito dalla simpatia, dal pentimento, dall'amore.... L'orgoglio nativo di quella gente che un picciol torrente e qualche selva serrava e divideva da altre genti, si eresse, si dilatò; furon tutti fieri dell'artista del campanile, furono tutti commossi, pieni di rispetto per quel suo gesto impreveduto e vittorioso.... Si udivano numerose soffiate di naso, colpi di tosse.... si vedevano occhi luccicare.... e alte grida di: "Viva Gambalunga! Vogliamo Gambalunga! Morte a chi offende il nostro campanaro ! „ si levarono su da tutti quei petti nei quali poco innanzi ruggivano l'odio e le minacce. Nasone, l'idolo decaduto, era sgattaiolato via inosservato e vergognoso. Gambalunga, pallido e trasognato, con gli occhi pieni d'azzurro, con l'anima piena di suoni, saliva con lo spirito verso altezze beate, mentre con le malferme g a m b e scendeva la ripida scaletta ed apriva finalmente la sua gloriosa barricata.... INDICE. Pag. Ulva donna incontrata due volte Un perdigiorni Causa di separazione Parole non pronunciate mai Il benefattore . La sposa del grand'uomo Anime in maschera lo e mio figlio Pie donne 11 campanile i 17 37 61 79 9$ n5 I3I I 49 ^9 MILANO — FRATELLI TREVES, EDITORI — MILANO LE SPIGHE in preparazione: // cibo amaro. GIOVANNI BANFI .... Piccole tragedie. PIERANGELO B A R A T O N O La giostra d A D E L A I D E BERNARDINI. La signora l Morte. A L B E R T O BOCCARDI . , Tra la perdu VIRGILIO BROCCHI . . . L'arcolaio. F R A N C E S C O CHIESA . . Racconti puerili. G R A Z I A D E L E D D A . . . Cattive compagnie. A N D R E A GUSTARELLI . Genuflesse. MARINO. M O R E T T I . . . . / lestofanti. M A R I N O M O R E T T I . . . . Il paese'degli equivoci. E T T O R E M O S C H I N O . . . Trasfigurazioni d'amore. A. S. NOVARO La fisarmonica. C A R O L A PROSPERI . . . Ieri ti amavo. LUCIANO ZÙCCOLI . . . Perchè ho lasciata Zina Scerkow. PAOLO ARCARI Dirigere commissioni e vaglia ai Fratelli Treves, editori, Milano. UNIVERSITY OF CHICAGO 099 744 162