Rischio cancerogeno
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Rischio cancerogeno
Tutti gli agenti cancerogeni sono caratterizzati dal pittogramma teschio con la dizione T e/o T+ Definizione di agente cancerogeno: Qualsiasi agente (chimico, fisico e biologico), che per inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, può provocare il cancro o aumentarne la frequenza, ossia può indurre una crescita abnorme di cellule per mancanza di controllo da parte dei normali meccanismi regolatori. Che cosa è il cancro ? Racchiude una moltitudine di stati morbosi caratterizzati da numerose disfunzioni cellulari e tessutali che presentano una proprietà in comune: l’espansione incontrollata di un clone mutante. Un clone diventa mutante solo dopo aver accumulato un numero importante di mutazioni Storia dei tumori La proliferazione anarchica delle cellule ha afflitto l’uomo fin dalle sue origini. Sono stati evidenziati tumori in scheletri preistorici e nelle mummie egiziane. I paleontologi hanno trovato tracce di tumori ossei nei dinosauri. In un papiro, lungo 5 metri, datato 2800 a.c. si parla del cancro come di una malattia: che divora i tessuti, incurabile da trattare chirurgicamente. Storia del tumore Spetta ai greci il merito di aver diagnosticato per primi i tumori e coniato i termini “carcinos e carcinoma” Galeno considerato il padre fondatore della medicina nonché il primo oncologo descrisse i tumori di diversi organi fra cui quelli dell’apparato genitale femminile, della mammella e dell’intestino. Studiando il cancro della mammella notò che le lesioni superficiali ricordavano il cancer (granchio). Normativa sui cancerogeni L’uso degli agenti cancerogeni sul luogo di lavoro è regolato dal titolo VII del D.Lgs 626/94 e dal D.Lgs 66/00. Da tenere presente che per tali agenti il datore di lavoro si avvale di una “specie di deroga” in quanto tali sostanze dovrebbero essere bandite dal ciclo lavorativo. La valutazione dell’esposizione non deve avvenire a posteriori ma per quanto possibile in fase progettuale. Agenti cancerogeni Le sostanze naturali e artificiali capaci di provocare una degenerazione neoplastica sono moltissime: Agenti naturali: UV, radiazioni X, α, γ, radon, amianto, papilloma virus, polveri di legno Agenti artificiali: acrilamide, benzene, CVM, IPA, Scarico di gas dei motori diesel, fumo attivo e passivo, tricloroetilene, arsenico, cromo, nichel, carbonio nonossido, formammide, etc… Agenti cancerogeni Radiazioni non ionizzanti: La IARC classifica i campi ELF come possibili cancerogeni (2B), ossia come agenti per cui esiste una limitata indicazione di cancerogenicità nell’uomo e una indicazione meno che sufficiente negli animali da esperimento. Radiazioni non ionizzanti: OMS- In base alla letteratura attualmente disponibile non vi è alcuna prova convincente che l’esposizione a campi RF abbrevi la durata della vita, né che induca o favorisca il cancro Cancerogenicità per miscele e circostanze di esposizione Fumo attivo e passivo Lavori di Falegnameria Gas di scarico dei veicolo diesel Fonderie di ferro e acciaio Produzione e riparazione di stivali e scarpe Parrucchieri e e barbieri Produzione di vetro artistico Raffinazione del petrolio Rischio cancerogeno da fibre Amianto: Cancro al polmone e pleura, fibrosi (R45 cancerogeno - R38 irritante) Fibre ceramiche: Fibrosi e cancro polmonare in animali da esperimento (R45 - R38) Lana di roccia: Esposizioni massive inducono fibrosi polmonare negli animali (R40 - R38) Lana di vetro: Non provoca fibrosi polmonare negli animali da esperimento (R38) Rischio cancerogeno da amianto Se l’amianto è compatto non esistono particolari problemi per la salute. Se l’amianto è friabile in caso di manipolazione esiste il potenziale pericolo di produrre fibre inalabili (capacità di frantumarsi in fibrille a minore diametro). In un cm si possono allineare 250 capelli, 500 fibre di lana e ben 335.000 fibrille di amianto. Rischio da fibre In igiene industriale si considerano pericolose le fibre che hanno le seguenti caratteristiche: Lunghezza > di 5µm Diametro < di 3µm Rapporto Lunghezza/Diametro> di 3 Solo le fibre con diametro inferiore a 3µm possono essere respirate; la lunghezza ne limita la respirabilità solo a partire da 200µm. Rischio da fibre Le fibre con lunghezza <di 5µm presentano una bassa patogenicità perché sono più facilmente rimosse dai macrofagi alveolari. Le fibre di lunghezza >di 5µm, non sono rimosse e col tempo danno luogo a lisi dei macrofagi con rilascio a livello alveolare di enzimi proteolitici, induzione di stress ossidativo e alterazione dell’attività fagocitaria. Epidemiologia dei tumori Oltre la metà dei decessi per tumore può essere attribuita al fumo di tabacco ed ad una non corretta alimentazione. Nel passato tra le sostanze usate per la conservazione dei cibi, sembra che il sale e il fumo siano i responsabili di un significativo numero di tumori dell’apparato gastrointestinale. L’introduzione del ciclo del freddo (frigoriferi), ha ridotto, nei paesi industrializzati tali tipi di tumori. Rischio da polveri di legno Il D.Lgs 66/2000 ha inserito le polveri di legno duro tra le lavorazioni a rischio cancerogeno, fissando un limite di esposizione di 5mg/m3 La non sostituzione necessita di ricorso a mezzi di protezione collettivi e individuali Altro rischio da tenere in considerazione: la polvere di legno a conc. superiori a 40g per m3 se innescata può formare una nube esplosiva Epidemiologia dei tumori L’obesità in età adulta è una importante causa di tumori della mammella in postmenopausa e dell’endometrio. Raggi UVB: un fattore chiave nello sviluppo di melanomi è dato dalla scottature solari subite durante l’infanzia. Il consumo di grandi quantità alcool, associato al fumo, incrementa il rischio di tumore all’apparato respiratorio e digerente. Rischio cancerogeno Il cancro attualmente è al secondo posto tra le cause di morte, viene dopo l’infarto e prima delle malattie cardiovascolari. Studi epidemiologici hanno messo in evidenza che la frequenza e i tipi di tumori sono strettamente connessi con le diverse abitudini alimentari e con i diversi stili di vita e quindi in linea di principio prevedibili e prevenibili. Rischio cancerogeno z Stima % di tutte le cause di morte per tumore che secondo l’OMS potrebbero essere evitate modificando gli stili di vita e le abitudini alimentari: Dieta 35-40% Fumo 35-30% Sole 2-4% Occupazionale 2-8% Inquinamento 2-5% Abuso di alcool 2-4% Novità del D.Lgs 25/2002 Oltre alle sostante classificate come pericolose, prende in esame anche gli agenti che pur non essendo classificati come pericolosi, possono comportare rischi per la salute. E’ chiaro che il fumo di sigaretta rientra nella definizione “Agenti chimici pericolosi” e quindi sottoposto alle prescrizione del Titolo VII bis. Secondo OMS nel mondo oggi per il fumo abbiamo 1 morto ogni ogni otto secondi, nel 2030 avremo 1 morto ogni 3 secondi. Norme sul fumo di sigaretta Impone il divieto di fumo in tutti i locali e ne garantisce il rispetto (divieto già esistente nei laboratori). Non impone il divieto fumo, in questo caso deve valutare i rischi per la salute, e garantire misure idonee per il personale che a qualsiasi titolo entra in zona fumatori. Deve verificare e valutare la presenza di lavoratori in condizioni particolari di salute (allergici, sensibili, lavoratrici in gravidanza o in allattamento) Rischi da fumo di sigaretta Il fumo contiene circa 3500 sostanze di cui molte ad attività cancerogena, come benzene, ammine aromatiche, IPA. Ricerche di laboratorio hanno evidenziato che oltre alla vescica e al polmone, il fumo danneggia anche le cellule dei dotti galattofori; altri test indicano che il latte delle donne fumatrici contiene diverse sostanze, tra cui nicotina e induce mutazioni nelle cellule in coltura. Rischio da fumo di sigaretta Le sigarette “light” si differenziano dalle altre solo per il contenuto in nicotina. Contrariamente alle aspettative e alle convinzioni, le “light” inducono più facilmente adenocarcinomi polmonari. Il ridotto contenuto di nicotina fa si che il fumatore aspiri più voracemente ciò modifica la combustione; si generano particelle più piccole in grado di depositarsi con maggiore efficienza a livello alveolare. Fumo passivo e salute Concentrazione in µg/m3 nelle diverse fasi del fumo: Composto Benzene Formaldeide NOx Nicotina Benzopirene Fenolo HCN CO Attivo 10 50 15 21 20 3 0.4 15 Passivo 400 1.500 2000 46 70 250 110 60 Polveri da fumo di tabacco 75µg/m3 costituisce il limite per far scattare in molte città il blocco del traffico. 40µg/m3 costituisce l’obiettivo di qualità Tali valori sono superati quando in una stanza un fumatore accende la sua sigaretta. L’Istituto tumori di Milano ha messo in evidenza che in un ufficio (circa 30m3) il fumo prodotto da una singola sigaretta comporta il raggiungimento di circa 2000µg/m3. Rischio cancerogeno Criteri preventivi OMS contro il cancro: Non fumare, limitare l’esposizione al sole ed evitare le scottature nei bambini. Moderare il consumo di alcolici. Aumentare il consumo di fibre, verdure e frutta fresca. Evitare l’eccesso di peso. Aumentare l’attività fisica e limitare il consumo di grassi animali. Attenersi alle norme e di prevenzione durante l’uso di agenti tossico nocivi e/o cancerogeni. Rischio cancerogeno I laboratori di ricerca costituiscono un ambiente di lavoro particolare caratterizzati dal: continuo cambiamento delle attività, elevata mobilità del personale e dalla presenza di un elevato numero di agenti. Il titolo VII del D.Lgs. 626/94 si applica a tutte le attività lavorative e sancisce in modo perentorio il principio della riduzione al minimo dell’esposizione qualora l’agente cancerogeno non possa essere sostituito con composti meno nocivi. Valutazione del rischio nei laboratori Non applicabilità dei normali mezzi di igiene industriale Mon ripetitività delle manipolazioni La variabilità nei tempi di utilizzo e di esposizione Polverizzazione dei centri di pericolo Sintesi di nuovi prodotti chiaramente non classificati Presenza di micro-attività non configurabili come attività di processo Rischio cancerogeno nei laboratori di ricerca La tendenza è quella di trasformare il laboratorio in un deposito di prodotti invecchiati, un magazzino in cui non sempre si sa cosa contiene una bottiglia. Il principio da adottare è quello di conservare la minima quantità di prodotto correttamente etichettato, di cui si conoscono le principali caratteristiche di pericolosità Essenziale è la presenza della scheda di sicurezza Rischio cancerogeno Dovere di ogni responsabile dell’utilizzo dei cancerogeni (ricercatore) è quello di comunicare per iscritto l’intenzione dell’acquisto e dell’utilizzo di sostanze cancerogene, in modo che sia possibile avviare in maniera congiunta (Datore di lavoro, SPP, Medico competente, Rappresentante della sicurezza dei lavoratori, Lavoratore) un puntuale piano di prevenzione e protezione. Rischio cancerogeno mutageno Il rischio cancerogeno (Titolo VII D.Lgs 626/94) rappresenta il più importante degli aspetti del rischio chimico. In prima applicazione prendeva in considerazione solo gli agenti etichettati R45, R49 Il D.Lgs 66/2000 estende anche agli agenti mutageni (classificati con la frase R46) il campo di azione del titolo VII. Rischio cancerogeno mutageno Un preparato è ritenuto cancerogeno quando contiene al di sopra di certi livelli una o più sostanze classificate come cancerogene In attesa che per ogni sostanza vengano definiti specifici livelli si utilizzano i seguenti limiti: Sostanze di classe 1 e 2 UE (R45-R46-R49): 0,1% in peso Unica eccezione conosciuta è la benzina in quanto contiene il benzene in concentrazione superiore all’1%. Potenza oncogena di alcuni cancerogeni Stime di rischio per una popolazione di 106 persone esposte per tutta la vita a 1µg/m3 Agente IPA Cloruro di vinile Arsenico Benzene Cromo (VI) Acrilonitrile Nichel Amianto classe IARC 1 1 1 1 1 2A 1 1 Rischio 90.000 1 4.000 4 40.000 20 400 100 Rischio cancerogeno-mutageno Categoria di cancerogenesi e mutagenesi (UE) Simbolo 1 Sostanze note per gli effetti cancerogeni e mutageni sull’uomo T Tossico 2 Sostanze che dovrebbero considerarsi cancerogene e mutagene per l’uomo T Tossico 3 Xn Sostanze da considerare con sospetto Nocivo per i possibili effetti cancerogeni e mutageni sull’uomo Rischio R45-R49 R46 R45-R49 R46 R40 R68 Donna, salute e lavoro Il D.lgs 645/99 concernente il miglioramento della salute e della sicurezza sul lavoro delle lavoratrici gestanti, o in periodo di allattamento, prevede l’obbligo della valutazione del rischio, oltre che per le sostanze etichettate R45, R46 e R49, anche per gli agenti chimici etichettati con le frasi R40, R60, R61 e R68. Tale situazione è stata superata con il Decreto 25/2002 (valutazione deve essere eseguita per tutti gli agenti pericolosi e non). Tutela della salute delle lavoratrici La lavoratrice deve comunicare al datore di lavoro il più presto possibile il proprio stato. Esistono lavori che sono vietati in tale stato: lavori faticosi che obbligano in una postura particolare, con macchinari che trasmettono vibrazioni, con agenti pericolosi e insalubri. Spostamento della mansione Interdizione anticipata dal lavoro Lavoratori che non possono svolgere mansioni che espongono ad agenti cancerogeni Lavoratori a tempo determinato Lavoratrici in allattamento e in stato di gravidanza Minori (è ammessa la deroga da parte della Direzione Provinciale del Lavoro) Frasi di rischio da considerare con attenzione R40: Sostanze da considerare con sospetto per i possibili effetti cancerogeni sull’uomo R46: Può provocare alterazioni genetiche ereditarie R47: Può provocare Malformazioni congenite R60: Può ridurre la fertilità R61: Può danneggiare i bambini non ancora nati R64: Possibile rischio per i bambini allattati al seno R68: Possibile rischio di effetti irreversibili Dinamicità etichettatura Non esiste una lista sicura di agenti cancerogeni, ma questa viene periodicamente aggiornata in base agli studi in materia (XXVIII). La CCNT, in base alla dinamicità dell’etichettatura, consiglia, di adottare per le sostanze etichettate con le frasi di rischio viste precedentemente, gli stessi criteri preventivi e le stesse precauzioni usate per i cancerogeni. Meccanismi di azione delle sostanze cancerogene Le sostanze cancerogene possono agire sia inducendo mutazioni, sia stimolando la divisione cellulare con un aumento della probabilità che avvenga una mutazione spontanea (virus). In base ai meccanismi d’azione individuati è possibile suddividere le sostanze cancerogene in due classi principali: z Agenti genotossici z Agenti epigenetici Meccanismi di azione delle sostanze cancerogene Gli agenti genotossici agiscono direttamente sul DNA provocando una lesione genetica: Agiscono nella fase di iniziazione. Gli agenti epigenetici modulano il processo di cancerogenesi mediante meccanismi indiretti: sono dei promotori Questi due meccanismi sono responsabili delle diverse caratteristiche tossicologiche e della diversa potenza oncogena. Meccanismi di azione delle sostanze cancerogene La differenza più importante riguarda la presenza e/o l’assenza di un valore soglia, al di sotto del quale non dovrebbe esistere pericolo di insorgenza tumori. L’esistenza di un valore soglia è attualmente accettata solo per i cancerogeni epigenetici mentre non è ritenuta plausibile per i cancerogeni genotossici. Determinanti del rischio cancerogeno Fattori inerenti l’agente tossico: Caratteristiche chimico-fisiche, potenza oncogena Fattori riguardanti l’esposizione: Dose, Via e modalità di esposizione Durata e frequenza di esposizione Fattori inerenti la popolazione: Età, sesso, stato nutrizionale Corredo genetico e suscettibilità individuale Stima dell’esposizione La stima dell’esposizione può essere effettuata in modo più preciso con l’impiego dei biomarker specifici di esposizione e di effetto. I biomarker di esposizione tipo: acido muconico nelle urine per il benzene e CO nell’aria espirata per l’ossido di carbonio. Sono usati per determinare in modo più accurato l’esposizione (informazioni sulla dose assorbita) Biomarker di effetto Questi indicatori, tipo addotti al DNA e carbossiemoglobina nel sangue, potenzialmente sono in grado di fornire indicazioni circa i possibili danni, potrebbero essere collegati ad un rischio per la salute. Sfortunatamente solo pochi indicatori sono specifici per un certo agente, la loro attendibilità è dubbia in quanto influenzati da fattori esterni e dallo stile di vita. Utilizzo cancerogeni nei laboratori I cancerogeni devono essere usati in spazi e luoghi dedicati. Necessitano almeno di un locale provvisto di cappa aspirante con filtro e scarico all’esterno, di un lavandino a pedale e di un armadio di sicurezza ventilato chiuso a chiave con indicazione “Pericolocancerogeni chimici” In tale locale l’accesso deve essere consentito solo al personale competente e autorizzato Utilizzo cancerogeni nei laboratori Prima di utilizzare un agente cancerogeno è obbligatorio l’esame preventivo di tutte le possibili fonti di rischio derivanti dalle diverse modalità di utilizzo. Indagine relativa alla sua possibile sostituzione Comunicare l’acquisto degli agenti cancerogeni Concordare le procedure di lavoro Adottare le misure preventive e protettive del caso, comunicare ai colleghi l’utilizzo di un agente tossico. Articolo 5 del D.Lgs 626/94 Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza, della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro; il tutto conformemente alla propria formazione, al grado di istruzione e ai mezzi tecnici forniti dal datore di lavoro. Provvedimenti legati alla salvaguardia della salute dei lavoratori Presenza obbligatoria della scheda di sicurezza Uso di sistemi di protezione collettivi e nel caso individuali Informazione e formazione dei lavoratori e di eventuali ospiti Riduzione al minimo delle sostanze e del personale addetto alla manipolazione degli agenti cancerogeni mutageni Sostituzione agenti cancerogeni: acrilamide Allo stato attuale, l’acrilamide non può essere sostituita efficacemente da altri agenti non cancerogeni e non genotossici. Il ciclo chiuso non è applicabile al settore dei laboratori di ricerca. In alcune preparazioni esiste la possibilità di eliminare la fase di preparazione del gel di poliacrilamide (fase a rischio), acquistando direttamente il prodotto polimerizzato. Pericolosità poliacrilamide Ai sensi della normativa vigente, la presenza di residui del monomero non polimerizzato non prefigura esposizione ad un cancerogeno. Studi hanno evidenziato che la quantità di residuo e sempre inferiore allo 0,1% in peso. Nonostante ciò è opportuno manipolare con cautela il prodotto polimerizzato, in particolare mediante uso dei sistemi di protezione delle mani. Acrilamide nei cibi? Prodotta dalla reazione di aminoacidi e zuccheri al alta temperatura Contenuto di acrilamide µg/kg riscontrato in alcuni alimenti(fonte FAO-OMS giugno 2002): Prodotti da forno 50-450 Snack mais, frumento 34-416 Patatine fritte 50-3500 Cereali da colazione 30-146 Biscotti, cracker 30-3200 Rischio chimico da solventi La pulizia dei pezzi meccanici, l’estrazione di analiti generalmente avvengono con composti organici volatili (Benzine, Kerosene Ragia minerale, Diluenti nitro, tricloroetilene). Sul mercato esistono agenti pulenti a minor rischio (minore tossicità e minore volatilità): Esteri di acidi grassi insaturi, esteri di acidi grassi saturi Problema tricloroetilene Il tricloroetilene nel 28 adeguamento è stato riclassificato da R40 a R45 ossia come cancerogeno. Preparati che contengono % superiori allo 0,1% sono da considerare cancerogeni Pensare alla vecchia trielina lungamente usata come smacchiatore a livello domestico Sostituti del tricloroetilene Percloroetilene possiede caratteristiche simili al TCE (bassa infiammabilità, elevato potere solvente. Sfortunatamente viene classificato come R40 Altra alternativa può essere il cloruro di metilene, è un composto più volatile del TCE ed è anche lui in classe R40 Sostituzione solventi La risposta dell’industria al problema solventi si chiamano VCA (vegetable Cleaning Agents – Oli di colza e soia esterificati) e DBE ( derivati degli acidi bibasici- esteri dell’acido adipico glutarico esuccinico) Caratteristiche dei VCA e DBE Elevato potere solvente Alto punto di ebbollizione Lenta evaporazione, alto punto di infiammabilità Bassa miscibilità con acqua Elevata miscibilità con i solventi organici Lieve odore rispetto ai solventi Bassa tossicità,non pericoloso in base ai criteti UE Caratteristiche dei VCA e DBE Buona compatibilità ambientale Bassa tensione di vapore Bacilmente biodegradabile Riciclabile mediante distillazione Risparmio economico dovuto alle limitate perdite per evaporazione Volatilità dei solventi UE definisce un VOC: agente con tensione di vapore superiore a 10 Pa/20°C. Cloruro di metilene Tricloroetilene Toluene Acetone Metanolo DBE 47.000 7.700 2900 24.000 12.800 8.0 Modalità operative uso cancerogeni La pesata degli agenti cancerogeni deve essere effettuata “possibilmente sotto cappa chimica”, comunque è consigliabile tenere la bilancia il più vicino possibile alla cappa. Durante la pesate evitare di aggiustare il peso togliendo e/o aggiungendo sostanza, ciò aumenta il rischio di contaminazione: caricare la bilancia con un certa quantità e cercare di raggiungere la concentrazione desiderata lavorando con il solvente. Rispetto rigoroso delle norme igieniche Nei Laboratori in cui si usano i cancerogeni-mutageni e rigorosamente vietato Mangiare, Bere, Fumare Conservare cibi e bevande Truccarsi Usare lenta a contatto Masticare chewing gum Pipettare a bocca Compiti dei lavoratori che manipolano agenti cancerogeni mutageni Non compiere atti che possono comportare rischi per se e per gli altri Segnalare immediatamente eventuali anomalie Conservare e utilizzare in modo corretto i DPI Non utilizzare o manipolare prodotti rinvenuti in contenitori privi di etichetta Attenersi alle disposizioni impartite dall’azienda Prevenzione del rischio cancerogeno Consultare le schede di sicurezza ed attenersi a quanto riportato. Pulirsi bene prima di rientrare in casa, guardandosi bene dall’introdurre residui di sostanze chimiche impiegate sul luogo di lavoro. Fornire al personale precario nozioni di igiene del lavoro, comportamentale e antinfortunistico (tutor). Rischi derivanti dallo stoccaggio Sostanza Stoccaggio Acrilamide 23 kg Etidiobromuro 2 gr Bicromato di K 1 kg Paraformaldeide 1,8 kg Dimetilform. 500 ml Benzene 6000 ml Acido solforico 6000 ml Consumo mese 700 gr 5 mg 0,4 gr 4 gr 1 ml 10 ml 10 ml Buone pratiche di laboratorio Laboratorio pulito e ordinato Vie di esodo e di circolazione libere e pulite Postazione di lavoro pulita, alla fine del lavoro ogni cosa va pulita e i rifiuti smaltiti correttamente Contenitori e sostanze in appositi armadi Le Cappe non devono essere usate come deposito di prodotti e/o strumenti Vetreria rotta e scheggiata va subito eliminata Gli aghi non devono essere rincappucciati e vanno eliminati in contenitori non forabili Cappe chimiche Velocità frontale ottimale nelle cappe chimichein base alla norma america SAMA: Classe A, per agenti tossici+, cancerogeni, velocità frontale 0,7 m/s Classe B, per agenti tossici e sostanze volatili, velocità frontale 0,5 m/s Classe C per sostanze a bassa volatilità e bassa nocività, velocità frontale 0,4 m/s Prevenzione del rischio cancerogeno Nei laboratori di ricerca, solo se concertata in modo unisono e supportata dall’azione attiva di tutti i soggetti interessati (Datore di lavoro, Dirigenti, Preposti, Lavoratori, RSL), l’azione preventiva diventa uno strumento vivo, altrimenti si rischia di formulare solo degli sterili adempimenti burocratici che non comporteranno nessun beneficio. Prevenzione del rischio L’uomo e la sua sicurezza devono costituire la prima preoccupazione di ogni avventura tecnologica. Non lo dimenticate mai quando siete immersi nei vostri calcoli e nelle vostre equazioni (nei vostri alambicchi) Albert Einstein