Rischio cancerogeno

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Rischio cancerogeno
Tutti gli agenti cancerogeni sono caratterizzati dal
pittogramma teschio con la dizione T e/o T+
Definizione di agente cancerogeno:
Qualsiasi agente (chimico, fisico e
biologico), che per inalazione,
ingestione o assorbimento cutaneo,
può
provocare
il
cancro
o
aumentarne la frequenza, ossia può
indurre una crescita abnorme di
cellule per mancanza di controllo da
parte
dei
normali
meccanismi
regolatori.
Che cosa è il cancro ?
Racchiude una moltitudine di stati morbosi
caratterizzati da numerose disfunzioni cellulari
e tessutali che presentano una proprietà in
comune: l’espansione incontrollata di un clone
mutante.
Un clone diventa mutante solo dopo aver
accumulato un numero importante di mutazioni
Storia dei tumori
La proliferazione anarchica delle cellule ha
afflitto l’uomo fin dalle sue origini. Sono
stati evidenziati tumori in scheletri
preistorici e nelle mummie egiziane.
I paleontologi hanno trovato tracce di
tumori ossei nei dinosauri.
In un papiro, lungo 5 metri, datato 2800
a.c. si parla del cancro come di una
malattia: che divora i tessuti, incurabile
da trattare chirurgicamente.
Storia del tumore
Spetta ai greci il merito di aver diagnosticato
per primi i tumori e coniato i termini “carcinos e
carcinoma”
Galeno considerato il padre fondatore della
medicina nonché il primo oncologo descrisse i
tumori di diversi organi fra cui quelli
dell’apparato genitale femminile, della mammella
e dell’intestino.
Studiando il cancro della mammella notò che le
lesioni superficiali ricordavano il cancer
(granchio).
Normativa sui cancerogeni
L’uso degli agenti cancerogeni sul luogo di lavoro
è regolato dal titolo VII del D.Lgs 626/94 e
dal D.Lgs 66/00.
Da tenere presente che per tali agenti il datore
di lavoro si avvale di una “specie di deroga” in
quanto tali sostanze dovrebbero essere bandite
dal ciclo lavorativo.
La valutazione dell’esposizione non deve avvenire
a posteriori ma per quanto possibile in fase
progettuale.
Agenti cancerogeni
Le sostanze naturali e artificiali capaci di
provocare una degenerazione neoplastica sono
moltissime:
Agenti naturali: UV, radiazioni X, α, γ, radon,
amianto, papilloma virus, polveri di legno
Agenti artificiali: acrilamide, benzene, CVM,
IPA, Scarico di gas dei motori diesel, fumo
attivo e passivo, tricloroetilene, arsenico, cromo,
nichel, carbonio nonossido, formammide, etc…
Agenti cancerogeni
Radiazioni non ionizzanti:
La IARC classifica i campi ELF come possibili
cancerogeni (2B), ossia come agenti per cui
esiste una limitata indicazione di cancerogenicità
nell’uomo e una indicazione meno che sufficiente
negli animali da esperimento.
Radiazioni non ionizzanti:
OMS- In base alla letteratura attualmente
disponibile non vi è alcuna prova convincente che
l’esposizione a campi RF abbrevi la durata della
vita, né che induca o favorisca il cancro
Cancerogenicità per miscele e
circostanze di esposizione
Fumo attivo e passivo
Lavori di Falegnameria
Gas di scarico dei veicolo diesel
Fonderie di ferro e acciaio
Produzione e riparazione di stivali e scarpe
Parrucchieri e e barbieri
Produzione di vetro artistico
Raffinazione del petrolio
Rischio cancerogeno da fibre
Amianto: Cancro al polmone e pleura, fibrosi
(R45 cancerogeno - R38 irritante)
Fibre ceramiche: Fibrosi e cancro polmonare in
animali da esperimento (R45 - R38)
Lana di roccia: Esposizioni massive inducono
fibrosi polmonare negli animali (R40 - R38)
Lana di vetro: Non provoca fibrosi polmonare
negli animali da esperimento (R38)
Rischio cancerogeno da amianto
Se l’amianto è compatto non esistono particolari
problemi per la salute.
Se l’amianto è friabile in caso di manipolazione
esiste il potenziale pericolo di produrre fibre
inalabili (capacità di frantumarsi in fibrille a
minore diametro).
In un cm si possono allineare 250 capelli, 500
fibre di lana e ben 335.000 fibrille di amianto.
Rischio da fibre
In igiene industriale si considerano pericolose le
fibre che hanno le seguenti caratteristiche:
Lunghezza > di 5µm
Diametro < di 3µm
Rapporto Lunghezza/Diametro> di 3
Solo le fibre con diametro inferiore a 3µm
possono essere respirate; la lunghezza ne limita
la respirabilità solo a partire da 200µm.
Rischio da fibre
Le fibre con lunghezza <di 5µm presentano una
bassa patogenicità perché sono più facilmente
rimosse dai macrofagi alveolari.
Le fibre di lunghezza >di 5µm, non sono rimosse
e col tempo danno luogo a lisi dei macrofagi con
rilascio a livello alveolare di enzimi proteolitici,
induzione di stress ossidativo e alterazione
dell’attività fagocitaria.
Epidemiologia dei tumori
Oltre la metà dei decessi per tumore può essere
attribuita al fumo di tabacco ed ad una non
corretta alimentazione.
Nel passato tra le sostanze usate per la
conservazione dei cibi, sembra che il sale e il
fumo siano i responsabili di un significativo
numero
di
tumori
dell’apparato
gastrointestinale.
L’introduzione del ciclo del freddo (frigoriferi),
ha ridotto, nei paesi industrializzati tali tipi di
tumori.
Rischio da polveri di legno
Il D.Lgs 66/2000 ha inserito le polveri di legno
duro tra le lavorazioni a rischio cancerogeno,
fissando un limite di esposizione di 5mg/m3
La non sostituzione necessita di ricorso a mezzi
di protezione collettivi e individuali
Altro rischio da tenere in considerazione: la
polvere di legno a conc. superiori a 40g per m3
se innescata può formare una nube esplosiva
Epidemiologia dei tumori
L’obesità in età adulta è una importante causa
di tumori della mammella in postmenopausa e
dell’endometrio.
Raggi UVB: un fattore chiave nello sviluppo di
melanomi è dato dalla scottature solari subite
durante l’infanzia.
Il consumo di grandi quantità alcool, associato
al fumo, incrementa il rischio di tumore
all’apparato respiratorio e digerente.
Rischio cancerogeno
Il cancro attualmente è al secondo posto tra le
cause di morte, viene dopo l’infarto e prima
delle malattie cardiovascolari.
Studi epidemiologici hanno messo in evidenza
che la frequenza e i tipi di tumori sono
strettamente connessi con le diverse abitudini
alimentari e con i diversi stili di vita e quindi in
linea di principio prevedibili e prevenibili.
Rischio cancerogeno
z
Stima % di
tutte le cause di morte per
tumore che secondo l’OMS potrebbero essere
evitate modificando gli stili di vita e le
abitudini alimentari:
Dieta
35-40%
Fumo
35-30%
Sole
2-4%
Occupazionale
2-8%
Inquinamento
2-5%
Abuso di alcool
2-4%
Novità del D.Lgs 25/2002
Oltre alle sostante classificate come pericolose,
prende in esame anche gli agenti che pur non
essendo classificati come pericolosi, possono
comportare rischi per la salute.
E’ chiaro che il fumo di sigaretta rientra nella
definizione “Agenti chimici pericolosi” e quindi
sottoposto alle prescrizione del Titolo VII bis.
Secondo OMS nel mondo oggi per il fumo
abbiamo 1 morto ogni ogni otto secondi, nel
2030 avremo 1 morto ogni 3 secondi.
Norme sul fumo di sigaretta
Impone il divieto di fumo in tutti i locali e ne
garantisce il rispetto (divieto già esistente nei
laboratori).
Non impone il divieto fumo, in questo caso deve
valutare i rischi per la salute, e garantire
misure idonee per il personale che a qualsiasi
titolo entra in zona fumatori.
Deve verificare e valutare la presenza di
lavoratori in condizioni particolari di salute
(allergici, sensibili, lavoratrici in gravidanza o in
allattamento)
Rischi da fumo di sigaretta
Il fumo contiene circa 3500 sostanze di cui
molte ad attività cancerogena, come benzene,
ammine aromatiche, IPA.
Ricerche di laboratorio hanno evidenziato che
oltre alla vescica e al polmone, il fumo
danneggia anche le cellule dei dotti galattofori;
altri test indicano che il latte delle donne
fumatrici contiene diverse sostanze, tra cui
nicotina e induce mutazioni nelle cellule in
coltura.
Rischio da fumo di sigaretta
Le sigarette “light” si differenziano dalle altre
solo per il contenuto in nicotina.
Contrariamente
alle
aspettative
e
alle
convinzioni, le “light” inducono più facilmente
adenocarcinomi polmonari.
Il ridotto contenuto di nicotina fa si che il
fumatore aspiri più voracemente ciò modifica la
combustione; si generano particelle più piccole in
grado di depositarsi con maggiore efficienza a
livello alveolare.
Fumo passivo e salute
Concentrazione in µg/m3 nelle diverse fasi del fumo:
Composto
Benzene
Formaldeide
NOx
Nicotina
Benzopirene
Fenolo
HCN
CO
Attivo
10
50
15
21
20
3
0.4
15
Passivo
400
1.500
2000
46
70
250
110
60
Polveri da fumo di tabacco
75µg/m3 costituisce il limite per far scattare in
molte città il blocco del traffico.
40µg/m3 costituisce l’obiettivo di qualità
Tali valori sono superati quando in una stanza un
fumatore accende la sua sigaretta.
L’Istituto tumori di Milano ha messo in evidenza
che in un ufficio (circa 30m3) il fumo prodotto da
una singola sigaretta comporta il raggiungimento
di circa 2000µg/m3.
Rischio cancerogeno
Criteri preventivi OMS contro il cancro:
Non fumare, limitare l’esposizione al sole ed
evitare le scottature nei bambini.
Moderare il consumo di alcolici.
Aumentare il consumo di fibre, verdure e
frutta fresca.
Evitare l’eccesso di peso.
Aumentare l’attività fisica e limitare il
consumo di grassi animali.
Attenersi alle norme e di prevenzione
durante l’uso di agenti tossico nocivi e/o
cancerogeni.
Rischio cancerogeno
I laboratori di ricerca costituiscono un ambiente
di
lavoro
particolare
caratterizzati
dal:
continuo cambiamento delle attività, elevata
mobilità del personale e dalla presenza di un
elevato numero di agenti.
Il titolo VII del D.Lgs. 626/94 si applica a
tutte le attività lavorative e sancisce in modo
perentorio il principio della riduzione al minimo
dell’esposizione qualora l’agente cancerogeno non
possa essere sostituito con composti meno
nocivi.
Valutazione del rischio nei laboratori
Non applicabilità dei normali mezzi di igiene
industriale
Mon ripetitività delle manipolazioni
La variabilità nei tempi di utilizzo e di
esposizione
Polverizzazione dei centri di pericolo
Sintesi di nuovi prodotti chiaramente non
classificati
Presenza di micro-attività non configurabili
come attività di processo
Rischio cancerogeno nei laboratori di
ricerca
La tendenza è quella di trasformare il
laboratorio
in
un
deposito
di
prodotti
invecchiati, un magazzino in cui non sempre si sa
cosa contiene una bottiglia.
Il principio da adottare è quello di conservare
la minima quantità di prodotto correttamente
etichettato, di cui si conoscono le principali
caratteristiche di pericolosità
Essenziale è la presenza della scheda di
sicurezza
Rischio cancerogeno
Dovere di ogni responsabile dell’utilizzo dei
cancerogeni (ricercatore) è quello di comunicare
per
iscritto
l’intenzione
dell’acquisto
e
dell’utilizzo di sostanze cancerogene, in modo
che sia possibile avviare in maniera congiunta
(Datore di lavoro, SPP, Medico competente,
Rappresentante della sicurezza dei lavoratori,
Lavoratore) un puntuale piano di prevenzione e
protezione.
Rischio cancerogeno mutageno
Il rischio cancerogeno (Titolo VII D.Lgs 626/94)
rappresenta il più importante degli aspetti del
rischio chimico. In prima applicazione prendeva in
considerazione solo gli agenti etichettati R45,
R49
Il D.Lgs 66/2000 estende anche agli agenti
mutageni (classificati con la frase R46) il campo
di azione del titolo VII.
Rischio cancerogeno mutageno
Un preparato è ritenuto cancerogeno quando
contiene al di sopra di certi livelli una o più
sostanze classificate come cancerogene
In attesa che per ogni sostanza vengano definiti
specifici livelli si utilizzano i seguenti limiti:
Sostanze di classe 1 e 2 UE (R45-R46-R49):
0,1% in peso
Unica eccezione conosciuta è la benzina in
quanto contiene il benzene in concentrazione
superiore all’1%.
Potenza oncogena di alcuni cancerogeni
Stime di rischio per una popolazione di 106 persone
esposte per tutta la vita a 1µg/m3
Agente
IPA
Cloruro di vinile
Arsenico
Benzene
Cromo (VI)
Acrilonitrile
Nichel
Amianto
classe IARC
1
1
1
1
1
2A
1
1
Rischio
90.000
1
4.000
4
40.000
20
400
100
Rischio cancerogeno-mutageno
Categoria di cancerogenesi e
mutagenesi (UE)
Simbolo
1
Sostanze note per gli effetti
cancerogeni e mutageni sull’uomo
T
Tossico
2
Sostanze che dovrebbero
considerarsi cancerogene e mutagene
per l’uomo
T
Tossico
3
Xn
Sostanze da considerare con sospetto Nocivo
per i possibili effetti cancerogeni e
mutageni sull’uomo
Rischio
R45-R49
R46
R45-R49
R46
R40
R68
Donna, salute e lavoro
Il D.lgs 645/99 concernente il miglioramento
della salute e della sicurezza sul lavoro delle
lavoratrici
gestanti,
o
in
periodo
di
allattamento, prevede l’obbligo della valutazione
del rischio, oltre che per le sostanze
etichettate R45, R46 e R49, anche per gli
agenti chimici etichettati con le frasi R40, R60,
R61 e R68.
Tale situazione è stata superata con il Decreto
25/2002 (valutazione deve essere eseguita per
tutti gli agenti pericolosi e non).
Tutela della salute delle lavoratrici
La lavoratrice deve comunicare al datore di
lavoro il più presto possibile il proprio stato.
Esistono lavori che sono vietati in tale stato:
lavori faticosi che obbligano in una postura
particolare, con macchinari che trasmettono
vibrazioni, con agenti pericolosi e insalubri.
Spostamento della mansione
Interdizione anticipata dal lavoro
Lavoratori che non possono svolgere mansioni
che espongono ad agenti cancerogeni
Lavoratori a tempo determinato
Lavoratrici in allattamento e in stato di
gravidanza
Minori (è ammessa la deroga da parte
della Direzione Provinciale del Lavoro)
Frasi di rischio da considerare con
attenzione
R40: Sostanze da considerare con sospetto per i
possibili effetti cancerogeni sull’uomo
R46: Può provocare alterazioni genetiche
ereditarie
R47: Può provocare Malformazioni congenite
R60: Può ridurre la fertilità
R61: Può danneggiare i bambini non ancora nati
R64: Possibile rischio per i bambini allattati al
seno
R68: Possibile rischio di effetti irreversibili
Dinamicità etichettatura
Non esiste una lista sicura di agenti
cancerogeni,
ma
questa
viene
periodicamente aggiornata in base agli
studi in materia (XXVIII).
La CCNT, in base alla dinamicità
dell’etichettatura, consiglia, di adottare
per le sostanze etichettate con le frasi di
rischio viste precedentemente, gli stessi
criteri preventivi e le stesse precauzioni
usate per i cancerogeni.
Meccanismi di azione delle sostanze
cancerogene
Le sostanze cancerogene possono agire sia
inducendo mutazioni, sia stimolando la divisione
cellulare con un aumento della probabilità che
avvenga una mutazione spontanea (virus).
In base ai meccanismi d’azione individuati è
possibile suddividere le sostanze cancerogene
in due classi principali:
z Agenti genotossici
z Agenti epigenetici
Meccanismi di azione delle sostanze
cancerogene
Gli agenti genotossici agiscono direttamente sul
DNA provocando una lesione genetica: Agiscono
nella fase di iniziazione.
Gli agenti epigenetici modulano il processo di
cancerogenesi mediante meccanismi indiretti:
sono dei promotori
Questi due meccanismi sono responsabili delle
diverse caratteristiche tossicologiche e della
diversa potenza oncogena.
Meccanismi di azione delle sostanze
cancerogene
La differenza più importante riguarda la
presenza e/o l’assenza di un valore soglia, al di
sotto del quale non dovrebbe esistere pericolo di
insorgenza tumori.
L’esistenza di un valore soglia è attualmente
accettata solo per i cancerogeni epigenetici
mentre non è ritenuta plausibile per i
cancerogeni genotossici.
Determinanti del rischio cancerogeno
Fattori inerenti l’agente tossico:
Caratteristiche chimico-fisiche, potenza oncogena
Fattori riguardanti l’esposizione:
Dose, Via e modalità di esposizione
Durata e frequenza di esposizione
Fattori inerenti la popolazione:
Età, sesso, stato nutrizionale
Corredo genetico e suscettibilità individuale
Stima dell’esposizione
La stima dell’esposizione può essere effettuata
in modo più preciso con l’impiego dei biomarker
specifici di esposizione e di effetto.
I biomarker di esposizione tipo: acido muconico
nelle urine per il benzene e CO nell’aria espirata
per l’ossido di carbonio.
Sono usati per determinare in modo più accurato
l’esposizione (informazioni sulla dose assorbita)
Biomarker di effetto
Questi indicatori, tipo addotti al DNA e
carbossiemoglobina nel sangue, potenzialmente
sono in grado di fornire indicazioni circa i
possibili danni, potrebbero essere collegati ad
un rischio per la salute.
Sfortunatamente solo pochi indicatori sono
specifici per un certo agente, la loro
attendibilità è dubbia in quanto influenzati da
fattori esterni e dallo stile di vita.
Utilizzo
cancerogeni nei laboratori
I cancerogeni devono essere usati in
spazi e luoghi dedicati.
Necessitano almeno di un locale provvisto
di cappa aspirante con filtro e scarico
all’esterno, di un lavandino a pedale e di
un armadio di sicurezza ventilato chiuso a
chiave
con
indicazione
“Pericolocancerogeni chimici”
In tale locale l’accesso deve essere
consentito solo al personale competente e
autorizzato
Utilizzo
cancerogeni nei laboratori
Prima di utilizzare un agente cancerogeno è
obbligatorio l’esame preventivo di tutte le
possibili fonti di rischio derivanti dalle diverse
modalità di utilizzo.
Indagine relativa alla sua possibile sostituzione
Comunicare l’acquisto degli agenti cancerogeni
Concordare le procedure di lavoro
Adottare le misure preventive e protettive del
caso, comunicare ai colleghi l’utilizzo di un
agente tossico.
Articolo 5 del D.Lgs 626/94
™ Ciascun
lavoratore deve prendersi cura
della propria sicurezza, della propria salute
e di quella delle altre persone presenti sul
luogo di lavoro; il tutto conformemente alla
propria formazione, al grado di istruzione e
ai mezzi tecnici forniti dal datore di lavoro.
Provvedimenti legati alla salvaguardia
della salute dei lavoratori
Presenza obbligatoria della scheda di sicurezza
Uso di sistemi di protezione collettivi e nel caso
individuali
Informazione e formazione dei lavoratori e di
eventuali ospiti
Riduzione al minimo delle sostanze e del
personale addetto alla manipolazione degli agenti
cancerogeni mutageni
Sostituzione agenti cancerogeni: acrilamide
Allo stato attuale, l’acrilamide non può essere
sostituita efficacemente da altri agenti non
cancerogeni e non genotossici.
Il ciclo chiuso non è applicabile al settore dei
laboratori di ricerca.
In alcune preparazioni esiste la possibilità di
eliminare la fase di preparazione del gel di
poliacrilamide (fase a rischio), acquistando
direttamente il prodotto polimerizzato.
Pericolosità poliacrilamide
Ai sensi della normativa vigente, la presenza di
residui del monomero non polimerizzato non
prefigura esposizione ad un cancerogeno.
Studi hanno evidenziato che la quantità di
residuo e sempre inferiore allo 0,1% in peso.
Nonostante ciò è opportuno manipolare con
cautela il prodotto polimerizzato, in particolare
mediante uso dei sistemi di protezione delle
mani.
Acrilamide nei cibi?
Prodotta dalla reazione di aminoacidi
e zuccheri al alta temperatura
Contenuto di acrilamide µg/kg riscontrato in
alcuni alimenti(fonte FAO-OMS giugno 2002):
Prodotti da forno
50-450
Snack mais, frumento 34-416
Patatine fritte
50-3500
Cereali da colazione 30-146
Biscotti, cracker
30-3200
Rischio chimico da solventi
La
pulizia
dei
pezzi
meccanici,
l’estrazione
di
analiti
generalmente
avvengono con composti organici volatili
(Benzine,
Kerosene
Ragia
minerale,
Diluenti nitro, tricloroetilene).
Sul mercato esistono agenti pulenti a
minor rischio (minore tossicità e minore
volatilità): Esteri di acidi grassi insaturi,
esteri di acidi grassi saturi
Problema tricloroetilene
Il tricloroetilene nel 28 adeguamento è
stato riclassificato da R40 a R45 ossia
come cancerogeno. Preparati che
contengono % superiori allo 0,1% sono da
considerare cancerogeni
Pensare alla vecchia trielina lungamente
usata come smacchiatore a livello
domestico
Sostituti del tricloroetilene
Percloroetilene possiede caratteristiche
simili al TCE (bassa infiammabilità,
elevato potere solvente.
Sfortunatamente viene classificato come
R40
Altra alternativa può essere il cloruro di
metilene, è un composto più volatile del
TCE ed è anche lui in classe R40
Sostituzione solventi
La risposta dell’industria al problema
solventi si chiamano VCA (vegetable
Cleaning Agents – Oli di colza e soia
esterificati) e DBE ( derivati degli acidi
bibasici- esteri dell’acido adipico
glutarico esuccinico)
Caratteristiche dei VCA e DBE
Elevato potere solvente
Alto punto di ebbollizione
Lenta evaporazione, alto punto di infiammabilità
Bassa miscibilità con acqua
Elevata miscibilità con i solventi organici
Lieve odore rispetto ai solventi
Bassa tossicità,non pericoloso in base ai criteti
UE
Caratteristiche dei VCA e DBE
Buona compatibilità ambientale
Bassa tensione di vapore
Bacilmente biodegradabile
Riciclabile mediante distillazione
Risparmio economico dovuto alle limitate
perdite per evaporazione
Volatilità dei solventi
UE definisce un VOC: agente con tensione di
vapore superiore a 10 Pa/20°C.
Cloruro di metilene
Tricloroetilene
Toluene
Acetone
Metanolo
DBE
47.000
7.700
2900
24.000
12.800
8.0
Modalità operative uso cancerogeni
La pesata degli agenti cancerogeni deve essere
effettuata “possibilmente sotto cappa chimica”,
comunque è consigliabile tenere la bilancia il più
vicino possibile alla cappa.
Durante la pesate evitare di aggiustare il peso
togliendo e/o aggiungendo sostanza, ciò aumenta
il rischio di contaminazione: caricare la bilancia
con un certa quantità e cercare di raggiungere
la concentrazione desiderata lavorando con il
solvente.
Rispetto rigoroso delle norme igieniche
Nei Laboratori in cui si usano i cancerogeni-mutageni
e rigorosamente vietato
Mangiare, Bere, Fumare
Conservare cibi e bevande
Truccarsi
Usare lenta a contatto
Masticare chewing gum
Pipettare a bocca
Compiti dei lavoratori che manipolano
agenti cancerogeni mutageni
Non compiere atti che possono comportare rischi
per se e per gli altri
Segnalare immediatamente eventuali anomalie
Conservare e utilizzare in modo corretto i DPI
Non utilizzare o manipolare prodotti rinvenuti in
contenitori privi di etichetta
Attenersi alle disposizioni impartite dall’azienda
Prevenzione del rischio cancerogeno
Consultare le schede di sicurezza ed
attenersi a quanto riportato.
Pulirsi bene prima di rientrare in casa,
guardandosi bene dall’introdurre residui
di sostanze chimiche impiegate sul luogo
di lavoro.
Fornire al personale precario nozioni di
igiene del lavoro, comportamentale e
antinfortunistico (tutor).
Rischi derivanti dallo stoccaggio
Sostanza
Stoccaggio
Acrilamide
23 kg
Etidiobromuro
2 gr
Bicromato di K
1 kg
Paraformaldeide 1,8 kg
Dimetilform.
500 ml
Benzene
6000 ml
Acido solforico
6000 ml
Consumo mese
700 gr
5 mg
0,4 gr
4 gr
1 ml
10 ml
10 ml
Buone pratiche di laboratorio
Laboratorio pulito e ordinato
Vie di esodo e di circolazione libere e pulite
Postazione di lavoro pulita, alla fine del lavoro ogni
cosa va pulita e i rifiuti smaltiti correttamente
Contenitori e sostanze in appositi armadi
Le Cappe non devono essere usate come deposito
di prodotti e/o strumenti
Vetreria rotta e scheggiata va subito eliminata
Gli aghi non devono essere rincappucciati e vanno
eliminati in contenitori non forabili
Cappe chimiche
Velocità frontale ottimale nelle cappe chimichein
base alla norma america SAMA:
Classe A, per agenti tossici+, cancerogeni,
velocità frontale 0,7 m/s
Classe B, per agenti tossici e sostanze volatili,
velocità frontale 0,5 m/s
Classe C per sostanze a bassa volatilità e bassa
nocività, velocità frontale 0,4 m/s
Prevenzione del rischio cancerogeno
Nei laboratori di ricerca, solo se
concertata in modo unisono e supportata
dall’azione attiva di tutti i soggetti
interessati (Datore di lavoro, Dirigenti,
Preposti,
Lavoratori,
RSL),
l’azione
preventiva diventa uno strumento vivo,
altrimenti si rischia di formulare solo degli
sterili adempimenti burocratici che non
comporteranno nessun beneficio.
Prevenzione del rischio
L’uomo e la sua sicurezza devono
costituire la prima preoccupazione di ogni
avventura tecnologica. Non lo dimenticate
mai quando siete immersi nei vostri
calcoli e nelle vostre equazioni (nei vostri
alambicchi)
Albert Einstein