La chiesa di Santa Maria di Nazareth ei Carmelitani

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La chiesa di Santa Maria di Nazareth ei Carmelitani
Istituto Superiore di Scienze Religiose
“San Lorenzo Giustiniani”
Chiese di Venezia. Nuove prospettive di ricerca
LA CHIESA DI SANTA MARIA DI NAZARETH
ARTE E SPIRITUALITA’ DEI CARMELITANI SCALZI A VENEZIA
Convegno internazionale
VENEZIA, 30 NOVEMBRE-1 DICEMBRE 2012
A cura di Giacomo Bettini e Martina Frank
La chiesa degli Scalzi a Venezia è testimonianza paradigmatica della complessa presenza degli
ordini mendicanti a Venezia e illustra i rapporti che l'ordine carmelitano fu in grado di intrecciare
con il mondo ecclesiale e istituzionale della Serenissima.
La riflessione storica sull'ordine carmelitano deve inevitabilmente concentrarsi all'età moderna
dove l'esperienza originaria si declinò fino all'affermazione dei Carmelitani Scalzi. Una tale
evoluzione dell'esperienza carmelitana fu l'esito della Riforma sorta all'interno del mondo
cattolico intesa sia come risposta della protesta luterana, sia come tentativo di adeguarsi ai
mutamenti sociali e culturali che in qualche modo finirono per rimodellare la coscienza religiosa
dell'uomo moderno.
Il convegno sarà anche l’occasione per esaminare il ruolo che Venezia svolse nella complessa
dialettica che si venne a sviluppare tra Riforma e Controriforma, focalizzando l'attenzione proprio
sul valore strategico assunto dal mondo dei Carmelitani, sia in relazione alla loro dimensione di
istituzione, sia in relazione alla capacità di proposta di modelli teologici e culturali che in qualche
modo finirono per determinare una specifica identità per la chiesa locale. Questa lunga e
complessa vicenda si intreccia con quella della costruzione della chiesa dei Carmelitani Scalzi, le
cui origini risalgono al 1650 quando sul luogo dell’attuale edificio viene eretto un piccolo tempio.
Già pochi anni più tardi l’ordine è in grado di affrontare un cantiere ben più grande e ambizioso.
Grazie a diverse donazioni i Carmelitani possono affidare a Baldassare Longhena la progettazione
di una grande chiesa, mentre poco più tardi il lascito di Girolamo Cavazza porrà le basi per dotare
la fabbrica anche di una facciata marmorea disegnata da Giuseppe Sardi. Se dunque le vicende
strettamente architettoniche si concludono entro la fine del secolo, la decorazione esterna e
interna, pur essendo avviata nel Seicento con alcuni tasselli fondamentali, troverà i suoi momenti
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più significativi, ampiamente orchestrati dal frate laico carmelitano Giuseppe Pozzo, a partire
dalla fine del secolo (altare maggiore, cappella Manin, etc.) e il suo culmine negli interventi
commissionati a Giambattista Tiepolo (cappelle di S. Teresa e del Crocefisso, soffitto).
La storia edilizia dell’edificio e la qualità dei risultati raggiunti certificano il successo riscontrato
dei Carmelitani Scalzi all’interno della società veneziana. Questo successo si rispecchia anche nello
straordinario incremento di monasteri in terraferma. I Carmelitani Scalzi sono in grado di
approfittare delle soppressioni del 1656 per acquistare molte strutture edilizie già esistenti e che
saranno sottomesse a radicali lavori di riqualificazione architettonica. Tra gli esempi più
significativi vanno ricordati S. Giorgio in Alga, un luogo simbolo della chiesa veneziana e dove il
primo patriarca di Venezia Lorenzo Giustiniani era stato priore, o S. Gerolamo a Padova dove un
immenso lascito permetterà a Giuseppe Pozzo di progettare il suo edificio più interessante. Un
segno tangibile di questa espansione è infine la costituzione della Provincia Veneta degli Scalzi nel
1670.
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PROGRAMMA E ABSTRACT DELLE RELAZIONI
VENERDI’ 30 NOVEMBRE 2012
Studium Generale Marcianum
I SESSIONE. I Carmelitani Scalzi e Venezia.
Chairman Fabio Tonizzi (Studium Generale Marcianum)
Giacomo Bettini, Martina Frank
Introduzione al convegno
Antonio Menniti Ippolito (Università di Cassino)
Venezia, la sua Chiesa e Roma nell'orizzonte dell'affermazione dei Carmelitani Scalzi.
Il Seicento italiano è, anche, il secolo della contesa tra la Repubblica di Venezia e la Santa Sede.
L’eco dello scontro dell’Interdetto si protrasse ben oltre la durata dell’incidente e si diffuse anche
fuori della penisola.
Da un altro punto di vista si potrebbe dire che il secolo che si aprì con quell’incidente, in una
situazione in cui a lungo un solo veneziano rappresentò la Serenissima nel Sacro Collegio, è anche
il periodo ove via via la situazione mutò radicalmente e che si chiuse con un papa veneziano,
Alessandro VIII (1689-1691) e con un altro cardinale originario della città lagunare, Gregorio
Barbarigo, che fu serio candidato al conclave che seguì la morte di Pietro Ottoboni.
Cosa accadde dunque nel Seicento quanto alle relazioni tra Roma e Venezia e quanto alla Chiesa
veneziana e veneta? Tante piccole e grandi vicende e sostanzialmente un trionfo delle ragioni della
politica su quelle della fede: il lungo periodo per certi aspetti vide prevalere il papato, senza che
però la Serenissima potesse considerarsi del tutto sconfitta.
A far da palcoscenico generale a questo confronto era un mondo europeo che cambiava
radicalmente. Nuovi protagonisti apparivano sulla scena e al declino dell’Impero e della Spagna
asburgica si accompagnò la crescita della potenza francese, mentre le paci di Vestfalia segnarono
la marginalizzazione della Santa Sede nel contesto europeo e per resistere all’attacco del Turco
Venezia riscoprì di avere più che mai bisogno dell’appoggio romano. Uno scenario dove tutto si
venne ad intrecciare e che offrì all’alto clero veneto la possibilità di destreggiarsi ed avvantaggiarsi
nel confronto dei governi concorrenti distinguendosi però per scarsa e poco specifica preparazione
ai compiti affidati, nonché per minima propensione dei vescovi alla residenza presso la sede delle
diocesi, alcune delle quali, Padova, ad esempio, si rivelarono ingovernabili per i contrasti tra
ordinari e clero e tra componenti di questo.
All’interno di tutto ciò si poté assistere in questo secolo all’apparizione in Venezia dei Carmelitani
scalzi. Una vicenda che fu favorita da questioni esterne cui si è in qualche modo già accennato e
che non fu accompagnata da particolari traumi, se non da qualche piccola opposizione
proveniente dallo stesso mondo religioso veneziano. Singolare appare il modo con cui gli stessi
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Carmelitani intesero tramandare le notizie relative al loro successo. Una retorica particolare tesa a
sottolineare la fervente adesione di settori del patriziato.
Elena Svalduz (Università di Padova)
Un sito strategico: l’area degli Scalzi nella storia della città
La ricostruzione storica delle vicende che, sul lungo periodo, interessano l’area in cui insiste la
chiesa degli Scalzi mette in luce questioni nodali per l’intera città di Venezia. Nel passaggio dall’età
moderna a quella contemporanea, la chiesa viene percepita dapprima in continuità con una serie
di edifici e strutture conventuali collegate dalla fondamenta di Santa Lucia lungo il Canal Grande,
quindi come un oggetto relativamente isolato a partire dal 1860 (anno di demolizione della chiesa
stessa a favore dell’insediamento della stazione ferroviaria). Alcune rappresentazioni urbane (dalla
pianta prospettica di Jacopo de’ Barbari alla cartografia storica, dalle vedute alle fotografie)
colgono questi aspetti e saranno attentamente indagate nella loro successione cronologica, a
cominciare da quella dipinta da Canaletto e oggi conservata alla National Gallery di Londra. La
chiesa vi è rappresentata lungo il Canal Grande da un punto di vista corrispondente a quello di un
osservatore posto al di sotto dell’attuale ponte degli Scalzi: una prospettiva opposta a quella oggi
usuale per chi arriva a Venezia dalla terraferma, attraversando il ponte detto di Calatrava, che ha
modificato in maniera determinante non solo i flussi e i movimenti interni alla città, ma anche
l’inquadramento della chiesa nel contesto urbano. L’area conosce una serie di interventi volti a
sistemare e ampliare insediamenti religiosi esistenti (la chiesa di Santa Lucia, per esempio,
ricostruita tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento); quindi a sostituirli dopo l’epoca
napoleonica (certificata dal primo catasto parcellare) con una serie di infrastrutture e grandi
strutture di servizio (gli uffici del dipartimento ferroviario al posto del monastero del Corpus
Domini); infine con La vocazione inizialmente periferica dell’area, lungo il tratto estremo del Canal
Grande rivolto verso la laguna a occidente, viene via via allontanata: la chiesa resterà l’unica
testimonianza concreta del sistema continuo di edifici e strutture religiose oggi irrimediabilmente
perduto. Al suo posto, nuovi assi stradali (la Strada Nuova, per esempio), ponti e strutture di
servizio si inseriranno in un processo di trasformazione a scala urbana che si sviluppa tra Otto e
Novecento. Con la costruzione del ponte translagunare, ferroviario prima e automobilistico poi,
l’area degli Scalzi subirà un ulteriore trasformazione funzionale fino a diventare un’area di transito,
strategica per la città storica.
Discussione
Andrew Hopkins (Università degli studi de L'Aquila)
Tra Roma, Venezia e Padova: Santa Maria di Nazareth e altri insediamenti carmelitani nella
Serenissima.
What aspects of Carmelite architecture and planning does the Scalzi display, and what elements
and characteristics can be considered Venetian? Longhena’s presentation plan was developed in
discussion with his patrons, the Barefoot Carmelites in Venice. It was then sent to Rome for
examination by the superiors of the Mother House as indicated by the express approval written
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onto it and the lateral enlargement requested, as suggested by the additional ink lines extending
beyond the original perimeter walls. Because the plan demonstrates both Longhena’s and the
Carmelite’s familiarity with recent developments in church planning for the new orders, having
affinities with the plan by Giovanni Ambrogio Magenta for the Barnabite church of S. Salvatore in
Bologna of 1605, with the plan by Cosimo Fanzago of 1643 for the Carmelite church of S. Giuseppe
delle Scalze a Ponte Corvo at Naples, and with the plan of S. Francesco di Paola of 1650 in Rome,
this paper addresses the individual elements and overall conception of the design project and its
execution to assess the significance of the Scalzi in terms of the order that commissioned it, the
architects who designed and built its constituent parts, and its location in the urban fabric of
Venice as one of two ecclesiastical complexes built for the Carmelite order in the middle of the
seventeenth century, the other being the Therese near S. Nicolò Mendicoli for the female
members of the order, which offers a useful local camparison in terms of spatial design and
articulation. This paper also explores the subsequent drawings and interventions by Antonio
Gaspari and Giuseppe Pozzo for the various stages of the Scalzi in relation to the built form of the
church, its chapels and its altars. The later addition of the facade paid for by a private patron is
also examined for what it says about the changed intentions and ambitions of the order in the
face of a rich sponsor with clear ideas as distinct from those of the order.
Dorit Raines (Università Ca’ Foscari, Venezia)
I Carmelitani Scalzi e il patriziato veneziano.
Quando, nel 1633, l’ordine dei Carmelitani Scalzi giunse a Venezia, aveva innanzitutto bisogno di
importanti appoggi per potersi radicare nel tessuto cittadino. Nella città esistevano già da secoli
numerosi ordini che avevano saputo tessere rapporti duraturi di supporto e di beneficenza con
molte famiglie patrizie. Il nuovo ordine doveva quindi adoperare una strategia di accostamento e
collegamento mirata a gruppi specifici che, per diverse ragioni, non avevano stretti rapporti con
altri ordini.
La relazione percorrerà le tappe della strategia di “sistemazione urbana” dell’ordine nel Seicento,
avvenuta attraverso l’individuazione di quattro distinti gruppi di potenziali sostenitori provenienti
dai ranghi patrizi: le donne, diverse famiglie ubicate nella Giudecca, i vicini della parrocchia di San
Geremia, e infine il gruppo più nutrito costituito dalle famiglie aggregate al patriziato durante le
guerre di Candia e della Morea, le quali, come i Carmelitani Scalzi, stavano cercando nuovi sbocchi
sociali e urbani.
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Discussione
-----------------------------------------II SESSIONE. Santa Maria di Nazareth: identità carmelitana e programmi figurativi.
Chairman Andrea Bacchi (Università di Trento)
Elisabetta Marchetti (Università di Bologna)
Venezia e Santa Maria di Nazareth: tappe significative nello sviluppo culturale e nella diffusione
della realtà Scalza
A pochi anni dai primi insediamenti in Italia, nello scorcio tra XVI e XVII secolo, Venezia si presenta
come tappa importante nella diffusione e nello sviluppo culturale dell’ordine dei Carmelitani
scalzi.
Alla significativa ed interessante divisione degli Scalzi nelle due Congregazioni - spagnola e italiana
- nella penisola italica segue sia la posta in essere di una ricca rete di insediamenti e fondazioni, sia
la pubblicazione dei testi di Teresa di Gesù, insieme ad altri scritti nati nell’alveo dell’Ordine
riformato. La città veneta, a metà del XVII secolo, otterrà il primo posto per quanto riguarda le
edizioni di tali opere; l’attenzione alla produzione letteraria rileva infatti che, anche in tale ambito,
Venezia riveste un ruolo peculiare ed interessante il cui approfondimento permetterà di
aggiungere un tassello alla storia dell’Ordine.
Importante e naturale ponte verso le missioni in Oriente la città, inoltre, accoglie e vede il
passaggio dei padri diretti o di ritorno dalle missioni in Persia e nei luoghi santi mentre,
contemporaneamente, nell’Ordine si approfondisce e definisce la riflessione sul tema delle
missioni. Su questo sfondo va proiettata e compresa la fondazione del convento e della chiesa di
Santa Maria di Nazareth.
Monica De Vincenti (Università Ca’ Foscari, Venezia)
Il programma scultoreo della facciata.
La chiesa degli Scalzi, rappresenta un unicum nel panorama artistico veneziano poiché è l’unico
edificio sacro in cui la scultura è la protagonista incontrastata della decorazione. Sulla facciata,
sugli altari delle sei cappelle laterali, come pure sull’altar maggiore, sulle pareti della navata unica
e del presbiterio si osservano, infatti, solo opere marmoree che, per numero e qualità,
trasformano di fatto la chiesa in una Galleria ideale, in un viatico per comprendere gli sviluppi
della scultura veneziana dal pieno barocco del Seicento agli esordi della corrente classicista del
primo Settecento.
Tra le bianche figure che popolano la chiesa, e che attendono ancora d’essere correttamente
associate ai nomi dei propri artefici, quelle presenti sulla facciata hanno trovato una collocazione
nel catalogo dei giovani fratelli bassanesi Marinali: figure sacre, campioni di fede e di virtù che
tuttavia si propongono allo sguardo come abbaglianti e affascinanti divinità olimpiche.
La facciata fu costruita tra 1672 e 1680, interamente in marmo, grazie al cospicuo lascito di
Girolamo Cavazza, che venne aggregato al patriziato veneziano nel 1653. Con tale prospetto,
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progettato da Giuseppe Sardi, fece il suo ingresso in Venezia un esempio architettonico d’inusitata
magnificenza eretto a gloria ed ornamento della fede cristiana e della città, ma capace anche di
rispondere perfettamente alle esigenze di celebrazione del suo committente, il cui stemma
eloquentemente campeggia al centro del timpano ad arco ribassato.
Oltre alla focalizzazione sulla decorazione della facciata l’intervento intende soffermarsi anche
sugli episodi scultorei legati alla realizzazione delle cappelle di San Giovanni della Croce, di San
Giovanni Battista e del Crocifisso che presentano ancora aspetti poco noti ed inediti.
Discussione
Martina Frank (Università Ca’ Foscari, Venezia)
Dopo Longhena: la ridefinizione architettonica e decorativa del coro e del presbiterio della chiesa
degli scalzi
L’intervento vuole ripercorrere le tappe che hanno portato attorno al 1700 a una nuova
configurazione spaziale del presbiterio e del coro della chiesa di S. Maria di Nazareth e che a sua
volta ha innestato la ricerca di un nuovo sistema decorativo. Senza insistere su fatti già assai ben
noti, quali per esempio le tormentate vicende attorno alla progettazione dell’altare maggiore da
parte del carmelitano scalzo laico Giuseppe Pozzo, il contributo intende focalizzarsi su aspetti che
hanno goduto di una ben minore attenzione da parte degli storici dell’arte. Il momento cruciale e
l’inevitabile punto di partenza deve tuttavia essere individuato nell’altare maggiore, perché sono
le sue misure e proporzioni ad avere condizionato un adeguamento dell’intera zona presbiteriale.
Anche se non tutte le proposte di Giuseppe Pozzo per ridefinire il quadrato sono state
effettivamente accolte (e in particolare è stata abbandonata l’idea di legare con un unico
andamento concavo-convesso le pareti laterali e l’altare), l’introduzione della cupola conferisce al
vano un carattere del tutto nuovo e istaura un nuovo dialogo con l’aula della chiesa. I pronunciati
aspetti scenografici e teatrali, che contraddistinguono gli interventi di Pozzo, sono puntualmente
ripresi, ma con significative varianti, nel coro dietro l’altare maggiore. In effetti, la sequenza di
colonne libere, disegnata da Pozzo sulla pianta di Longhena e che costituisce dunque una parte
integrante del progetto del carmelitano di dotare la struttura seicentesca di inserti nuovi, sarà
presente anche nella decorazione illusionistica ad affresco realizzata dai fratelli Domenico e
Giuseppe Valeriani.
Emanuela Zucchetta (Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e
Laguna)
Il restauro delle pitture dell'abside, del coro e della cupola: particolarità tecnico-scientifiche,
aspetti di conservazione, qualche nota storico-artistica.
Il semicatino absidale, le pareti del coro, la cupola della chiesa degli Scalzi sono ricoperti da pittura
murale che raffigura rispettivamente, nella voltina, le Virtù teologali, nell'abside il Padre Eterno tra
un volo d'angeli su cumuli di nubi, mentre nelle pareti del coro architetture dipinte simulano,
secondo i più comuni canoni dell'immaginario barocco, colonne e nicchie che ospitano
monumentali figure femminili a monocromo, simboleggianti ancora, le Virtù teologali e la Virtù
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evangelica dell'Umiltà. Nel catino, su fondo dorato, si libra la colomba, simbolo dello Spirito Santo.
Nella cupola gli affreschi, di ottima qualità, raffigurano un volo d'angeli trionfante tra nubi
vaporose, su uno sfondo a cassettonato. Al centro della cupola, un occhio centrale verso cui
convergono le linee di fuga del cassettonato stesso, simula l'effetto dello sfondato, aprendosi al
cielo infinito.
Questi cicli pittorici sono sono stati sottoposti una decina di anni or sono ad un delicato intervento
di restauro, che nell'intensa e capillare campagna diagnostica preliminare, che ha notevolmente
arricchito la conoscenza in senso lato, di questi beni artistici, secondo un'ottica attuale prevalente
dell'approccio metodologico alla disciplina della conservazione, ha rivelato alcune peculiarità
tecniche, costruttive e di impiego di particolari pigmenti che verranno analizzate nel convegno.
Peculiarità che consentono sicuramente di affermare l'estraneità, innanzitutto, da un punto di
vista della tecnica impiegata, dei due cicli pittorici del catino absidale, del coro e della cupola, con
conseguente differenziazione dello stato conservativo, e, anche, una diversa fase esecutiva .
Differenze che avvalorano, nonostante l'imprecisione delle fonti, la presenza di artisti diversi,
come anche ad una sommaria lettura sembra evidente.
Discussione
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SABATO 1 DICEMBRE 2012
Studium Generale Marcianum
III SESSIONE. La mistica carmelitana: arte e teologia.
Chairman Alberto Peratoner (Studium Generale Marcianum)
Antonio Sicari ocd
La mistica carmelitana tra il mas profundo centro e la massima estensione missionaria
L’intervento riguarderà la Mistica Carmelitana, come si sviluppa dal momento in cui si passa dalla
Storia Poetica Carmelitana (ancora tutta affidata ai simboli originari del Carmelo-giardino di Dio,
alla difesa della primogenitura elianica e mariana) alla personificazione sponsale del carisma
offerto dalla missione (successiva e congiunta) di alcune grandi personalità mistiche che
interagiscono tra loro:
– all’inizio (sec. XV) S. Teresa d’Avila (esperimenta e insegna non soltanto l’atto della preghiera, ma
l’intera esistenza concepita come preghiera) e S. Giovanni (ridice per la Chiesa, in forma poetica
artisticamente compiuta, la parola biblica del Cantico dei Cantici, fondandola e interpretandola
trinitariamente, e ridescrivendo trinitariamente (quindi misticamente) l’intero cammino ascetico;
–nel corso dei secoli successivi, la Mistica Carmelitana è espressa dalla Santità e dalla Dottrina di
alcune nuove figure ecclesiali-sponsali (sul prototipo di S. Teresa d’Avila e sempre confrontate col
messaggio sanjuanista):
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- S. Teresa di Lisieux che annuncia e realizza una nuova “infanzia ecclesiale”, sul finire del
secolo che pretende definitivamente negare la Chiesa stessa (cfr. l’Avvenire della Scienza, le
analisi dei contemporanei Marx, Freud, Nietzsche);
- la B. Elisabetta della Trinità che, nella stessa epoca, fa risalire la stessa “infanzia” fino alle
sue origini trinitarie;
- Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein) che invera la Chiesa Sposa (in tutti gli
aspetti della sua femminilità) resistendo aggrappata alla Croce sull’abisso demoniaco che
sembra voler inghiottire il mondo nella prima metà del secolo scorso.
Ma tutto deve essere evidentemente ricondotto alla caratteristica e riconosciuta Missione che il
Carmelo ha nella Chiesa, al punto che si può dire ugualmente bene che “Tutti devono qualcosa al
Carmelo” e che, di conseguenza, “il Carmelo oggi deve qualcosa a tutti”.
William Barcham (State University of New York)
Gianbattista Tiepolo e Girolamo Mengozzi Colonna, l’armonia pittorica a due pennelli e la
mistica carmelitana
In the mid-1720s and again in the mid-‘40s, Tiepolo and Mengozzi Colonna joined forces to paint
two ceiling frescoes in the church of the Scalzi. The first commission was one of their earliest
efforts as partners and depicts the Glory of St. Theresa, and the later Translation of the Holy House
figured as one of their greatest collaborations until its lamentable destruction in 1918. Like
Wolfgang Amadeus Mozart and Lorenzo da Ponte, who similarly worked together but in the world
of opera lirica, the two painters produced seamless works of art. Indeed, from the technical point
of view, even their brushwork cannot be separated, certainly when their surviving commissions
are observed at close hand. Furthermore, just as Mozart’s music perfectly unites with da Ponte’s
words, so Tiepolo’s aerial space flawlessly bonds with Mengozzi Colonna’s fictive constructions.
The latter artist’s quadratura and ornamenti, moreover, do not merely facilitate Giambattista’s
visions. Functioning as the threshold of reality, the feigned architecture exalts Giambattista’s
extraordinary apparitions in the empyrean beyond the church interior. The destroyed Translation
of the Holy House in particular faultlessly integrated the structural possibilities of the actual with
the miracle of a celestial vision.
Yet the two Scalzi frescoes are very different, and not just in size, subject matter and date.
Investigating them in the light of Carmelite spiritual traditions and the evidence of a little studied
drawing in the collection of the Morgan Library, New York, which was produced collaboratively for
an undocumented ceiling, and turning for scholarly support to two rarely consulted English
language doctoral dissertations, I will show how our perfectly attuned painters collaboratively
realized the mystical traditions of the Barefoot Carmelites in two different modes.
TAVOLA ROTONDA . Linee interpretative e prospettive di ricerca
Chairman: Alberto Peratoner (Studium Generale Marcianum)
Partecipanti:
Andrea Bacchi (Università di Trento)
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Giacomo Bettini (Studium Generale Marcianum)
Martina Frank (Università Ca’ Foscari, Venezia)
Giuseppe Gullino (Università di Padova)
Giovanna Nepi Scirè (Studium Generale Marcianum)
Augusto Roca De Amicis (Università “La Sapienza”, Roma)
Fabio Tonizzi (Studium Generale Marcianum)
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