Velvet Pants
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Velvet Pants
VELVET PANTS Autrice: Meghan ([email protected]) Traduzione dall’inglese di Lirael Rating: G Disclaimer: I personaggi sono di proprietà esclusiva di Laurell K. Hamilton e di chiunque ne detenga i diritti, quindi con i suoi contenuti non s'intende violare nessun tipo di Copyright. L’autrice del racconto è Meghan, che l’ha scritto senza scopi di lucro. La versione originale in inglese si trova sul sito: http://meghan.t35.com/ Premessa È stato postato sul forum il fatto che Jean-Claude non fosse esattamente il tipo paterno. Non sono d’accordo. Quindi ecco qui una soffice storia. Corta. Grazie a Red x il lavoro beta! Bacioni! 1 Velvet Pants Non l’avevo mai detto prima, a nessuno, neanche ad Asher. Una volta, molto tempo fa, avevo un sogno; quando Julianna era ancora con loro ci aveva pensato per la prima volta. Da allora aveva bruciato segretamente nel fondo della sua mente. Comunque, mentre i secoli passavano, JeanClaude aveva smesso di sperare che una simile cosa sarebbe accaduta. Dopo tutto lui era morto e il suo legame con la vita diventava sempre più lontano. Poi aveva incontrato Anita e il sogno impossibile era tornato fuori. Ora stava guardando la realizzazione del sopraccitato sogno, completamente perso. Era disperatamente chiaro a Jean-Claude che trattare con una situazione così caotica era al di sopra delle sue forze. Come pensavano fosse in grado di cambiare un pannolino? Laurent si contorceva troppo per tentare persino un simile compito. Suo figlio sarebbe caduto dal fasciatoio e Anita l’avrebbe scuoiato vivo. Anita l’avrebbe probabilmente comunque scuoiato vivo se non avesse cambiato il pannolino a Laurent. Non c’era nessun dubbio, Jean-Claude si trovava tra l’incudine e il martello. Nonostante la sua incapacità di fare il lavoro, Jean-Claude era felice di essere lì accanto al figlio che si dimenava. Era dopo tutto tempo prezioso passato tra uomini che gli permetteva, senza Anita a gironzolargli attorno, di parlare a suo figlio delle caratteristiche della seta, velluto e cuoio. Così come d’insegnarli il francese. Jean-Claude parlò con tono dolce e sommesso mentre tentava di tirare fuori le gambe di Laurent dai suoi pantaloncini senza rompergli le piccole gambe nel processo. Sembrava che il suo fascino fosse molto carente, perché suo figlio cominciò a piangere e a gridare a pieni polmoni. “Shush, shush, nous ne voulons pas que la maman pour soit entré ici, maintenant nous faire?” Jean-Claude gli parlò dolcemente mentre riusciva finalmente a togliergli i pantaloni, la fronte che grondava sudore a pensiero di Anita entrasse inavvertitamente. Asher guardava con preoccupazione la porta della nursery quando cominciò un pianto acuto. Era mezzo tentato di alzarsi e andare ad aiutare Jean quando Anita gli lesse nel pensiero e scosse la testa verso d lui. Bruscamente, si rimise a sedere sul lussuoso divano e si sporse in avanti guardando ansiosamente la porta. “Laurent sta piangendo,” disse Asher, la voce che rifletteva la sua apprensione. “Non sei preoccupata, ma cherie?” Anita rise, riappoggiandosi allo schienale riportando la tazza di caffè alla bocca e sorseggiando. “Terribilmente. Sta facendo casino, ma deve farlo.” “Avrei potuto cambiare io il pannolino a Laurent,” si offrì Asher, gettando uno sguardo mentre un altro attacco di pianto pietoso arrivò loro. “So che puoi, mon soleil,”concordò facilmente Anita. Mentre Asher si mosse per alzarsi ancora, aggiunse, “Ma ho bisogno di sapere che Jean può assumersi le responsabilità. Cambiare un pannolino è una piccola e se non riesce a occuparsene, come potrà essere un buon padre? C’è già così tanto contro di lui – come potrà andare alle partite, o allenare la squadra di suo figlio? E i boy scout e portarlo a pesca o al parco?” Asher si accigliò. “Ma cherie, Jean-Claude sarà ed è un buon padre.” Lei annuì. “Sì ma è anche un vampiro. Laurent non lo è. Non ho intenzione di intrappolare mio figlio nell’oscurità.” “Neanche lui lo vorrebbe!” dichiarò Asher con veemenza, voltandosi a guardare Anita, gli occhi fiammeggianti. “Non distorcere le mie parole, Asher,” disse Anita, rimanendo in apparenza calma. “Lo che non lo vuole. Ma voglio che Laurent passi del tempo col padre facendo cose da uomini, ma vorrà anche stare coi suoi amici. Jean-Claude dovrà affrontare il fatto che non potrà seguire ovunque il figlio.” 2 “Perché tutti questi dubbi, ma cherie?” “Perché li amo e non voglio che nessuno di loro resti ferito.” Gli occhi di Asher si addolcirono. “Gli hai parlato?” “Sì e no. Penso che capisca, ma a questo punto è ancora una cosa astratta per lui perché Laurent è così piccolo. Nessuna di queste cose è successa e nessun bimbo ha disperatamente implorato il padre sul perché lui non può fare tutto quello che lui fa.” Asher annuì comprensivo, prima di tendersi agli strilli del figlioccio. Lei sapeva che Asher voleva disperatamente vedere come stesse andando Jean-Claude, ma anche lei. Come padrino di Laurent, Asher prendeva il suo lavoro molto seriamente. Ma non potevano fare da balia a Jean-Claude col bimbo tutto il tempo. Semplicemente non era fattibile. Un altro acuto lamento venne dalla stanza e Asher si accasciò sul divano, le mani che coprivano il volto mentre si lamentava, “Non posso più sopportarlo!” “Allora parliamo dei nostri piani per la serata.” Jean-Claude uscì dalla stanza da letto pochi minuti dopo portando Laurent nella curva del braccio. Entrò sicuro nel salotto dove accolse da espressioni traumatizzate con un ghigno. Anita guardò Asher per un momento con gli occhi sgranati prima di rifocalizzarli sul vampiro che era appena entrato dalla porta. “Pensavate che non ci sarei riuscito, ma vi avevo detto che potevo.” Asher lanciò uno sguardo ad Anita prima di tossire discretamente. “Uh, mon ami, che ti è successo? » “Ho solo cambiato il pannolino a Laurent,” disse Jean-Claude accigliandosi per come era formulata la frase. “Sembra che tu abbia perso tre round con un sacco di farina,” disse Anita, reprimendo un sorriso con la tazzona da caffè. “Più simile a borotalco,” s’inserì Asher. “Ne sei completamente coperto,” aggiunse Anita, gli occhi che brillavano per l’ilarità. “E’ nei tuoi capelli e permanentemente incollata ai tuoi pantaloni.” Gli occhi di Jean-Claude si spalancarono per l’orrore mentre si guardava. L’improvviso movimento spedì nell’aria una nuvola di polvere bianca e Laurent starnutì due volte in rapida successione. Asher sospirò abbattuto. “Anche a me piacevano quei pantaloni di velluto.” “Erano sexy,” disse Anita piangendone anche lei la perdita. “Avresti dovuto chiedere aiuto. Se l’avessi fatto, i tuoi pantaloni non sarebbero rovinati e io avrei potuto ancora avere il divertimento tattile.” “Avevamo dei piani per quei pantaloni,” commentò tristemente Asher, scuotendo la testa avanti e indietro. “Abbiamo persino chiamato Micah a fare da babysitter.” Anita si voltò verso Asher e gli posò la mano sul ginocchio. “Pensi che dovremmo telefonargli e dirgli che non c’è più bisogno di lui?” “Cosa? Non, non, non, mes amours!” rispose Jean-Claude, “Je vraiment veux être avec vous ce soir. S'il vous plaît n'annulez pas les festivités de la nuit!” Anita guardò Asher con aria interrogativa. “Il mio francese sta migliorando, ma ha parlato troppo velocemente per capire tutto quello che ha detto.” “Voglio che siamo assieme stanotte,” disse rapidamente Jean-Claude, ritornando all’inglese. “È solo un po’ di borotalco, ma petite. Non cancellare i festeggiamenti di stanotte.” “Bè dato che hai supplicato così bene…” The End. 3