10 - Marinai d`Italia

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10 - Marinai d`Italia
Sapori e Saperi
A tavola
con la filibusta
Chi è Massimo Caimmi
nato a Civitavecchia (Roma) nel 1942, città di antica
È
tradizione marinara, ma vive e lavora a Milano,
città con grande amore per il mare. Appassionato velista,
Massimo Caimmi
già responsabile istruttore di un’associazione nautica,
divide oggi il suo tempo tra
• l'insegnamento teorico e pratico
• l'attività di scrittore e poeta
La sua esperienza ormai trentennale, nasce con la pratica
su derive e cabinati, con la partecipazione a varie regate alcune
di rilievo nazionale come il Campionato MicroCupper e la Giraglia.
Nel novembre 1998 partecipa all'ottava tappa della “Millennium
Odyssey 2000” attraversando l’oceano Atlantico tra Las Palmas
(Canarie) e St. Lucia (Caraibi) lungo la rotta degli alisei.
U
no degli argomenti sempre coinvolgente per il lettore di mare è quello dei corsari e dei pirati.
Chissà, forse perché nel profondo del nostro cuore
siamo tutti un po’ filibustieri, non perché prevalga la
parte deleteria di quei mascalzoni dei mari, ma per
quella parte che ha acceso la nostra fantasia e che
fin da ragazzi ci ha fatto sognare splendidi tesori ed
eccezionali avventure su tutti i mari assieme a carismatici personaggi come il Corsaro Nero, Sandokan o
Long John Silver. Purtroppo la realtà fu ben diversa dalla letteratura e nella maggior parte dei casi quei magnifici avventurieri non
erano altro che poveri disgraziati con la necessità di gettare la
propria vita sul piatto della sorte pur di poter sperare in una vita
migliore e ricca in un mondo che il più delle volte privava di libertà
e di considerazione le classi che non fossero i nobili e il clero.
Qualunque sia il giudizio sulle gesta di quegli uomini, una qualità
comunque dobbiamo loro riconoscere senza tema di sbagliare:
l’invenzione della cucina oggi chiamata caraibica.
Il boucan
per affumicare
le carni
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Marinai d’Italia Gennaio/Febbraio 2014
Il maialino arrosto alla Bucaniera
Le isole di Santo Domingo
e della Tortuga
Infatti, tale cucina non nasce soltanto dagli indigeni presenti in
quelle isole, ma è l’insieme dovuto a influenze molto diverse (africana, francese, inglese, olandese e spagnola) il cui crogiolo, a
partire dal XVI secolo, fu appunto la filibusta.
A questo punto è doveroso distinguere tra due fondamentali voci:
filibustieri e bucanieri.
Il nome di bucaniere deriva da boucan, un termine che significa
griglia, affumicatoio: con questo nome infatti vengono indicati
quei variegati avventurieri che ad Haiti si dedicarono alla caccia
dei bovi, dei maiali selvatici e dei cavalli, tutti animali discendenti
dai primi introdotti dai conquistatori spagnoli e diffusi poi in gran
numero nelle boscaglie tropicali.
I bucanieri, dunque, furono cacciatori di origine varia, ma prevalentemente francese, provenienti dalle fila di marinai disertori, o
dai galeotti o dai naufraghi, tutti comunque uomini temerari e con
un gran desiderio di libertà.
L’inizio della loro storia, forse, si può far risalire al momento in cui si
stabilirono collettivamente a nord di Santo Domingo e all’isola della Tortuga, dopo che gli spagnoli li scacciarono dall’isola di San Cristoforo. Naturalmente i bucanieri commerciavano le loro carni affumicate con le navi di passaggio e vivevano in gruppi di due, massimo cinque persone, senza donne, chiamandosi tra loro «marinaio» o «compagno». Usavano capanne di tronchi d’albero coperte di pelli imitando gli indigeni nella loro vita selvaggia e seguivano
una dura disciplina liberamente scelta dalla confraternita, conosciuta in seguito col nome di Fratelli della Costa. Per molti di questi
uomini rudi e liberi fu facile poi abbandonare la caccia e dedicarsi
alla pirateria, rimanendo tuttavia a fianco dei compagni rimasti
cacciatori: i nuovi affiliati, quindi, ne assorbirono gli usi, ne trasferirono le leggi in mare e mantennero anch’essi il quartiere generale
alla Tortuga, un’isola che la letteratura ha reso leggendaria.
I filibustieri - il cui nome deriva sia dall’inglese che dall’olandese
con il significato di «uomo libero che fa bottino per suo conto» o
anche «ladro, grassatore» - furono invece soltanto pirati, che sotto la guida di capi come Teach, Montbars, Morgan, Sawkins e
tanti altri, schiumarono il mare delle Antille attaccando sia le navi sia le città della costa, ricavando enormi bottini dagli stabilimenti spagnoli più ricchi.
Mio padre Carlo fu un Sottoufficiale della Regia Marina con
parecchi anni d’imbarco dal 1928 fin dopo la Seconda guerra
mondiale quando si congedò definitivamente. Negli anni di guerra
fece vari servizi a terra e nel 1942 mentre comandava la vedetta di
Ladispoli sono nato io, registrato poi nel comune di Civitavecchia.
Stabiliti a Milano, il mio contatto con il mare sono sempre stati i
nonni a Santa Marinella dove ho sviluppato la mia acquaticità.
Ho “scoperto” la vela nell’estate del 1975, poi la passione mi ha
fatto iscrivere alla Lega Navale a Milano con conseguenti corsi che
mi hanno portato alla Patente Navi da diporto, all’abilitazione
come Conduttore per le imbarcazioni da diporto adibite al
noleggio e all’attività di istruttore e docente. In seguito ho svolto
la stessa attività di skipper e istruttore teorico-pratico per altre
scuole nautiche come Velamareclub, Blu Oltremare, Metauromare
Monza, Ars Marittima, Mondovela e altre oltre che in proprio.
Inoltre come appassionato di storia della navigazione ho tenuto
alcuni corsi presso l’UNI 3 (libera università) di Milano.
Per quanto riguarda la navigazione a vela, dal 1984 ho fatto
lo skipper in Italia, Spagna, Francia, Grecia; sono stato lo skipper di
Ariel per Effemme charter; ho al mio attivo una transatlantica
Canarie–S. Lucia (Carabi) sul ketch Jancris nel Rally Millennium
Odyssey, 1998-2000; un passaggio di Capo Horn sull’ULDB Kamana,
2008 e due bellissimi seppur brevi imbarchi sulle navi scuola
Palinuro (C.te David Volpe) e Amerigo Vespucci (C.te Mario
Billardello) della M.M. come accompagnatore dei giovani LNI e STAI.
Attualmente svolgo saltuariamente l’attività di istruttore teorico
e pratico per Velamareclub e Mondovela di Milano.
Come scrittore di nautica ho scritto parecchi articoli per il Notiziario
LNI di Milano, un paio per la rivista Nautica e alcuni libri.
• Aliseo (prefazione Giorgio Falck)
ed. ExCogita, Milano, romanzo breve
• Storie marginali e di mare (prefazione Ambrogio Fogar)
ed. ExCogita, Milano, racconti
• Lezioni di carteggio - ed. Mursia, Milano, manuale
• La patente nautica - ed. Hoepli, Milano, manuale
• Coppa America, leggenda della vela
ed. Effemme, Milano – breve saggio divulgativo
• La navigazione a vela, dalle origini allo yachting moderno
ed. Effemme, Milano – breve saggio divulgativo
• VHF, il ricetrasmettitore di bordo - ed. Hoepli, Milano, manuale
• Magna Grecia - ed. Effemme, Milano – guida, relazione di viaggio
• Il marinaio goloso - ed. Magenes, Milano – storia e ricette di cucina
Attualmente sono il coordinatore-curatore del catalogo di nautica
di Hoepli Editore, con molti manuali all’attivo.
INGREDIENTI: 1 maiale intero e pulito da 5/8 kg - Per la marinata: il
succo di limone verde - 2 peperoncini antillani - 2 cucchiai di pepe
della Giamaica - sale e pepe, secondo gusto - Per il ripieno: 1 kg di
riso - 3 cipolle bianche - 3 spicchi d’aglio - 1 peperoncino antillano 3 rametti di timo - 3 cucchiai d’olio d’oliva
Il giorno prima della cottura, in una terrina tritare i peperoncini dopo averne tolto i semi (non usare le mani nude), aggiungere il pepe
della Giamaica macinato e mescolare il tutto nel succo di limone.
Strofinare abbondantemente l’interno del maiale con la miscela, poi
salare e pepare a piacere. Lasciare riposare la carne in luogo fresco.
Far cuocere il riso in acqua abbondante e salata. Nel frattempo tritare il peperoncino, le cipolle e gli spicchi d’aglio, farli rosolare nell’olio finché la cipolla schiarisce, aggiungere il timo, salare e pepare.
Quando il riso è pronto e scolato, aggiungere quanto rosolato e mescolare bene. Togliere il maiale dalla marinata, farcirlo col riso condito e ricucire il ventre con ago e filo d’arrosti. Infilare il maiale sullo spiedo, porlo sulle braci e girarlo con regolarità bagnando con il
resto della marinata. La cottura deve essere lenta (30 minuti circa
per chilo di carne) e a fuoco basso evitando di bruciare la pelle senza raggiungere la parte interna.
La Confraternita, dunque, assunse il ruolo di una nuova società
con ideologia egualitaria adeguandosi alla natura dell’ambiente e
assorbendo molti aspetti delle culture caraibica e africana, in netto contrasto con quelle società coloniali che vollero restare entità
separate dal territorio che sfruttavano.
Inevitabilmente la cucina risultò una miscela di diverse tradizioni
e divenne uno tra i più importanti simboli di questa differenziazione: mentre i coloni importavano abiti europei, aringhe sotto sale e
merluzzi da Terranova, i Fratelli della Costa si cibavano di prodotti freschi e bevevano rum. E sebbene sulle loro navi il cibo non
fosse certamente raffinato (ma comunque migliore di quello delle
varie Marine militari europee), giunti a terra dopo una scorreria si
lanciavano in sontuose feste con copiose libagioni e una notevole varietà di cibi. Ciò è tanto vero che quel buongustaio di Padre
Labat che giunse come missionario domenicano nei Carabi nel
1694 dove visse tra bucanieri e filibustieri, nel suo Nouveau Voyage aux isles Françoises de l’Amérique lascia scritto: “Compii rapidamente l’ufficio e mi precipitai al cayo Saint Louis dove i miei
amici stavano preparando un maiale affumicato”.
E allora vediamo una ricetta lasciataci dai bucanieri e grandemente apprezzata dal nostro domenicano, soprattutto se vengono utilizzati i maialini neri che a suo dire sono particolarmente adatti per la
bontà delle carni tenere. Ancora oggi in tutta l’area dei Carabi,
quando si avvicinano le feste natalizie, il maialino arrosto “alla bucaniera” fa rivivere la tradizione: un piatto da gustare al rosso del
tramonto sulla spiaggia bevendo birra scura e rum agricolo.
nnn
Marinai d’Italia Gennaio/Febbraio 2014
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