Principi contabili per gli Enti Locali e Principi Ipsas: un

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Principi contabili per gli Enti Locali e Principi Ipsas: un
Prof. Paolo Ricci
Straordinario di Economia Aziendale
Università degli Studi del Sannio – Benevento
Principi contabili per gli Enti Locali e Principi Ipsas:
un confronto impossibile
in La Finanza Locale, n. 9, Maggioli Editore, Rimini, 2005
1. Introduzione
L’introduzione dal 1° gennaio 2005 dei Principi contabili internazionali,
oltre a costituire una importante iniziativa legislativa in tema di bilancio,
atta a produrre rilevanti effetti sui sistemi contabili delle aziende italiane
ed europee, rappresenta l’espressione di una rinnovata cultura, o per ora
tendenza, a comunicare e ad elaborare l’informazione economica e
finanziaria aziendale, in tutti i settori ed ambiti dell’economia. I mesi che
hanno preceduto l’obbligo normativo e i mesi che hanno fatto seguito
sono stati intensi per i contributi esemplificativi ed interpretativi che il
mondo delle professioni e il mondo accademico hanno espresso. Il
presente contributo intende cogliere, in una prospettiva che guarda al
futuro senza pregiudizi, gli aspetti significativi che tale “rivoluzione
contabile”, se estesa, potrebbe comportare per il settore pubblico, ed in
particolare per gli enti locali, operando una prima analisi complessiva e
d’insieme tra i principi contabili nazionali, emanati dall’Osservatorio per
la Finanza e la Contabilità degli Enti Locali, e i principi contabili
internazionali per il settore pubblico (International Public Sector
Accountign Standard – IPSAS), emessi dal Public Sector Committe (PSC)
dell’IFAC (International Federation of Accountants). Occorre subito dire
comunque che nessun confronto completo ed esaustivo è possibile operare
essendo profondamente diverse le finalità, le strutture e i contenuti dei due
corpus ma soprattutto essendo segnatamente diverse le premesse e gli
oggetti della riflessione. Va anche opportunamente segnalato che stiamo
vivendo, o dobbiamo “fare i conti”, con un elevato rischio da “overdose”
da principi contabili. In questa direzione, proviamo a formulare un primo
elenco dei documenti, dei principi o delle regole contabili, nazionali e
internazionali, attualmente applicabili:
a) Principi di redazione e criteri di valutazione civilistici;
b) Principi dei dottori commercialisti e dei ragionieri;
c) Principi dell’Organismo Italiano di Contabilità;
d) Principi dell’Osservatorio per gli enti locali;
e) Principi ministeriali per gli enti pubblici istituzionali;
f) Principi IAS/IFRS;
g) Principi IPSAS.
Seppure riferibili a settori, e a volte comparti, differenti non sono affatto
irrilevanti le aree di sovrapposizione e le fisiologiche ridondanze. E ciò senza
contare le stesse norme istitutive dei singoli ordinamenti contabili e i
regolamenti attuativi che stabiliscono, per i soggetti a cui sono rivolte,
ulteriori riferimenti, regole di comportamento, principi interpretavi e
applicativi. Ma procediamo con ordine, partendo da una brevissima disamina
dei principi contabili per gli enti locali.
2. I principi contabili italiani per gli enti locali
I documenti elaborati dall’Osservatorio per la Finanza e la Contabilità degli
Enti Locali sono 4 e sono stati emessi tra il 2002 e il 2004. Essi sono così di
seguito denominati:
1) Finalità e postulati dei principi contabili degli enti locali,
2) Programmazione e previsione del sistema di bilancio (principio n. 1),
3) Gestione nel sistema di bilancio (principio n. 2),
4) Il rendiconto degli enti locali (principio n. 3).
L’Osservatorio, previsto dall’Ordinamento finanziario e contabile degli enti
locali, svolge la funzione di soggetto promotore dell’applicazione e della
sperimentazione di nuovi principi e di nuovi modelli contabili in relazione
alle norme previste dall’ordinamento contabile e finanziario contenuto nel D.
Lgs. 267/2000. Il suo ruolo risulta essere molto delicato e i suoi documenti e
le sue interpretazioni rappresentano importanti punti di riferimento per tutti
gli operatori del settore.
Il documento n. 1 “Finalità e postulati dei principi contabili degli enti locali”
costituisce un vero e proprio quadro sistematico (framework), contenendo in
parte una esplicazione delle funzioni svolte dai principi ed in parte alcuni
importanti postulati generali. In esso, infatti, sono contenute il quadro
giuridico di riferimento, le funzioni dei principi contabili e i loro destinatari,
le finalità assunte dal sistema di bilancio, i postulati fondamentali (dalla unità
di bilancio, alla competenza economica). Esso consta complessivamente di
110 punti.
Il documento n. 2 “Programmazione e previsione del sistema di bilancio” si
occupa delle funzioni che sono a monte di ogni processo gestionale dell’ente
locale. Il documento contiene: un quadro giuridico di riferimento,
l’indicazione degli strumenti della programmazione (dalle decisive linee
programmatiche al piano generale di sviluppo, dal bilancio al peg), il
principio del coordinamento e della coerenza nel sistema di bilancio, l’analisi
di tutti i documenti attraverso cui si esercitano le attività di programmazione
(dalla programmazione di mandato al bilancio pluriennale). Esso consta di 43
punti.
Il documento n. 3, ovvero il principio n. 2, “Gestione nel sistema di bilancio”
fa riferimento all’insieme e alla pluralità di processi e di momenti tipici della
gestione di un ente locale. Dopo una introduzione sul quadro giuridico di
riferimento, il documento contiene le descrizioni dei fondamenti generali
della gestione, l’indicazione dei criteri di rilevazione delle entrate e delle
spese, nonché alcune esplicazioni concernenti: le attestazioni di copertura
finanziaria, l’inammissibilità e l’improcedibilità delle deliberazioni, i debiti
fuori bilancio e i registri o libri contabili raccomandati. Esso consta di
complessivi 100 punti.
Il documento n. 4, o principio contabile n. 3, denominato “Il rendiconto degli
enti locali”, ha lo scopo di evidenziare il processo di “resa del conto” della
gestione, sia nei suoi aspetti meramente contabili sia nei suoi aspetti
valutativi. Esso, infatti, si compone: del consueto quadro giuridico di
riferimento, che, come per tutti i documenti precedenti, illustra e aggiorna i
legami normativi e i contesti entro cui il principio tende a muoversi, delle
finalità del rendiconto e dei profili di responsabilità collegati ai suoi
fondamenti, dei termini, dei principi e della struttura del rendiconto,
dell’analisi dei risultati finanziari, economici e patrimoniali. Esso consta di
173 punti.
Al di là di ogni considerazione di merito, i documenti dell’Osservatorio
rappresentano un puntuale sistema di interpretazioni e di esplicazioni della
disciplina contabile degli enti locali e allo stesso tempo costituiscono terreno
fertile per lo sviluppo ulteriore della materia contabile per gli enti locali.
3. I principi contabili internazionali per il Settore pubblico
I principi contabili internazionali per il settore pubblico sono emanati dal
Public
Sector
Committee,
il
Comitato
permanente
del
Consiglio
dell’International Federation of Accountants1. Essi riguardano i sistemi
contabili degli Stati nazionali, degli enti e delle aziende territoriali e locali
con l’unica esclusione delle imprese a controllo pubblico, che per la loro
natura per la loro forma giuridica sono già destinatarie dei principi contabili
internazionali del settore privato (IAS/IFRS). Rispetto a questi ultimi, gli
IPSAS appaiono una naturale derivazione: poche e probabilmente inutili per
il settore pubblico italiano le specificazioni. Parlare quindi degli IPSAS, in
buona sostanza, significa parlare degli IAS: è quindi su questi che occorre
1
L’IFAC è l’Associazione internazionale delle professioni contabili a cui vi aderiscono 146 organizzazioni
professionali di 116 diverse nazioni.
riflettere per comprenderne l’applicabilità in ambito pubblico. Il Comitato per
la redazione dei principi contabili per le amministrazioni pubbliche ha
emesso documenti a partire dall’anno 2000. Ad oggi risultano emessi 20
principi contabili internazionali. Essi vanno dalla presentazione del bilancio
fino alle informazioni relative a terzi collegati. Ad ogni principio IPSAS è
correlabile un principio IAS/IFRS. Non essendosi dotato di un proprio
framework o quadro sistematico introduttivo, il PSC fa palese rinvio al
framework degli IAS. Per brevità si elencano i principi, rinviando al
paragrafo che segue un’analisi di quelli che si ritengono più significativi:
IPSAS 1 – Presentazione del bilancio
IPISAS 2 – Rendiconto finanziario
IPSAS 3 – Utile (perdita) d’esercizio, errori determinanti e cambiamenti di
criteri contabili
IPSAS 4 – Effetti delle variazioni dei cambi delle valute estere
IPSAS 5 – Oneri finanziari
IPSAS 6 – Bilancio consolidato e contabilizzazione delle partecipazioni in
società controllate
IPSAS 7 – Contabilizzazione delle partecipazioni in società collegate
IPSAS 8 – Informazioni contabili relativi alle partecipazioni in joint venture
IPSAS 9 – Proventi derivanti dalle operazioni commerciali
IPSAS 10 – Informazioni contabili in economie iperinflazionate
IPSAS 11 – Commesse a lungo termine
IPISAS 12 – Rimanenze
IPSAS 13 – Leasing
IPSAS 14 – Fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio
IPSAS 15 – Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio d’esercizio e
informazione integrativa
IPSAS 16 – Investimenti immobiliari
IPSAS 17 – Immobili, impianti e macchinari
IPSAS 18 – Presentazione di informazioni contabili per settori
IPSAS 19 – Accantonamenti, passività e attività potenziali
IPSAS 20 – Informazioni relative a terzi collegati
4. Considerazioni non conclusive : un confronto impossibile
La prima cosa che occorre segnalare è che chiamiamo e chiameremo allo
stesso modo (principi) due cose profondamente diverse: gli standard
anglosassoni costituiscono delle vere e proprie regole di comportamento,
analitiche prescrizioni su come valutare, iscrivere, presentare, in buona
sostanza soluzioni operative a questioni pratiche; i principi italiani emessi
dall’Osservatorio sono, in alcuni casi, considerazioni generali in grado di
orientare ed influenzare, in altri casi, puntuali, ma neanche troppo,
indicazioni di dettaglio, soprattutto desiderose di rappresentare un riferimento
per l’applicabilità dei postulati generali. Da ciò ne discende, tendenzialmente,
la immediata e agevole applicabilità degli standard, e la pregnante e feconda
teorizzazione dei principi. Tali approcci dovrebbero essere il frutto di due
diverse matrici giuridiche: i paesi di diritto civile2 disciplinano la materia
contabile in modo puntuale, lasciando pochi e trascurabili spazi alla prassi o
alla pratica professionale; i paesi di diritto comune3 non presentano una
disciplina propria della materia contabile, e ricevono un contributo
significativo dalle professioni e dagli operatori di settore. In verità una norma
chiara, puntuale e ben curata dovrebbe evitare l’introduzione di principi
generali e finalizzati ad orientare (a ciò dovrebbe bastare la norma), ma
nonostante le origini i principi italiani tendono soprattutto a spiegare e ad
interpretare. D’altro canto una norma generica, non scritta o non esistente
dovrebbe spingere verso principi più ampi e meno rigorosamente pratici; ma
ciò nel mondo anglosassone non avviene anzi si concepiscono regole da vero
e proprio “manuale operativo”. Ma rimaniamo sul tema principale.
Innanzitutto occorre individuare il terreno del confronto: il sistema contabile
o di bilancio, i destinatari dell’informazione economico-finanziaria degli enti
locali, i criteri fondamentali o postulati su cui orientare le scelte successive.
In questa sede appare opportuno soffermarsi sui seguenti aspetti:
- il sistema di contabilità e di bilancio adottato,
- il criterio della competenza economica,
- finalità e destinatari dell’informazione di bilancio,
- il principio della prevalenza della sostanza sulla forma,
2
O paesi di civil law. Il sistema giuridico è prevalentemente fondato sulla previsione (si legga pure diritto
scritto).
3
O paesi di common law. Il sistema giuridico è prevalentemente fondato sul precedente (si legga pure
giurisprudenza).
- il principio della prudenza,
- il criterio del fair value.
I confronti, sufficientemente realizzabili, possono essere operati quasi
esclusivamente tra il Documento n. 1 dell’Osservatorio e i Principi IPSAS.
Infatti, i documenti successivi al primo risentono del quadro normativo
ordinamentale di riferimento, fatta eccezione per alcuni aspetti che comunque
costituiscono precisazioni, esplicazioni o applicazioni dei postulati generali
contenuti nel documento d’apertura.
4.1 Il sistema di contabilità e bilancio adottato
Per quanto concerne l’impianto contabile e di bilancio generale, i principi
italiani, in conformità a quanto previsto dall’ordinamento contabile, fanno
riferimento ai fondamenti dei sistemi finanziari autorizzatori. Per gli IPSAS
la scelta esclusiva della contabilità economico-patrimoniale permea tutto. Il
documento di bilancio IPSAS si compone infatti di: Stato patrimoniale,
Conto economico, Rendiconto finanziario, Prospetto delle variazioni del
patrimonio netto. In esso vengono evidenziate le finalità del documento e i
suoi destinatari: essere utile al processo decisionale, poter individuare le
responsabilità interne. Non vi è l’indicazione di una struttura rigida, ma solo
la fissazione di un contenuto minimo obbligatorio. L’Osservatorio auspica un
atteggiamento contabile più economico: “E’ pertanto necessario considerare
la logica economica come prioritaria e predisporre una documentazione
informativa supplementare di natura patrimoniale ed economica da allegare
alla relazione previsionale e programmatica”. Lo stesso principio della
competenza economica viene letto ed interpretato in funzione dei documenti
e non del possibile sistema: “(…) è un postulato proprio della contabilità
economica ed è pertanto riferibile ai soli prospetti di natura economica e
patrimoniale (…). E’essenziale il suo rispetto per la redazione del prospetto
di conciliazione.”. Sulla questione gli IPSAS sono in contabilità economica a
tutto tondo. Il riferimento iniziale al documento di bilancio può da solo
chiarire la posizione dei principi contabili internazionali.
4.2 Finalità e destinatari dell’informazione di bilancio
Sul punto occorre segnalare la puntualità e il rigore con cui i principi
contabili nazionali trattano la questione. Utilizzatori/destinatari e finalità
sono illustrate con grande chiarezza. Cittadini, Consiglieri ed amministratori,
Organo di controllo ed altri enti pubblici, Dipendenti, Finanziatori, Fornitori
ed altri creditori sono indicati come categorie a cui l’informazione
economico-finanziaria dell’ente locale è rivolta. Che tutte le categorie
proposte possano essere soddisfatte pienamente, per le loro tante e diverse
esigenze informative, non è certo. Ma è sicuramente apprezzabile il tentativo
di fare chiarezza. Le finalità, perfettamente in sintonia con le categorie di
stakeholder individuati, sono riconducibili a tre diversi livelli: il livello
politico-amministrativo,
il
livello
economico-finanziario,
il
livello
informativo tout-court. Il framework IAS, o “quadro sistematico per la
preparazione e la presentazione del bilancio”, non può dirsi altrettanto
esaustivo sul tema, almeno per ciò che concerne l’estensione al settore
pubblico e le finalità generali. Del resto, allontanandosi completamente dalle
particolari esigenze degli enti pubblici, incorona “top stakeholder” o
“stakeholder privilegiato” l’investitore con la seguente motivazione: “Poiché
gli investitori sono i fornitori di capitale di rischio all’impresa, un bilancio
che soddisfi le loro esigenze informative soddisferà anche la maggior parte
delle esigenze di altri utilizzatori del bilancio”. Assunto poco condivisibile e
del tutto incompatibile con il vero soggetto economico di un ente pubblico o
specificamente dell’ente locale: il cittadino/utente/contribuente/elettore.
4.3 Il principio della prevalenza della sostanza sulla forma
Il principio della prevalenza della sostanza sulla forma è presente in ambedue
i modelli. Per i principi contabili, infatti, il rendiconto deve fornire una
“informativa che sia attendibile in modo tale che rifletta la sostanza
economica degli eventi e delle operazioni e non meramente la forma legale”.
Lo stesso vale per gli IPSAS. Secondo tale principio l’aspetto di osservazione
da privilegiare, per rilevare un evento amministrativo, è quello della sua
sostanza
economico-finanziaria;
la
forma
giuridica
che
comunque,
esprimendo la causa dell’evento, costituisce un aspetto importante passa in
secondo piano. Per un ente locale valgono, tutto sommato, le stesse note
riflessioni operate per le imprese private in tema; si pensi alle operazioni di
leasing ad esempio. Occorre però dire che in un sistema di contabilità
assolutamente finanziaria non è possibile disgiungere la forma dalla sostanza:
la forma è sostanza. L’evento si presenta nella “confezione giuridica” che gli
è propria e da cui derivano e deriveranno una serie di effetti non solo
contabili. E’ proprio la forma che, attribuendo forza giuridica ed efficacia
all’evento, determina le conseguenze economiche e finanziarie rilevanti. Si
pensi, ad esempio, al diffusissimo fenomeno dei debiti fuori bilancio o delle
passività o oneri latenti4, che per poter entrare nel sistema finanziario e
contabile dell’ente richiedono un formale riconoscimento senza il quale non è
possibile accertare l’obbligazione, individuare il creditore, individuare e
perseguire responsabilità. Un’applicazione sic et simpliciter del principio
dovrebbe portare in bilancio i debiti contratti senza alcuno riguardo per la
procedura di spesa, senza alcuna valutazione di responsabilità e di possibili
azioni risarcitorie, e soprattutto alimentando insidiose ed imprevedibili
pretese di terzi. E’ proprio la forma a determinare la sostanza. Si pensi ancora
a molte economie di bilancio o operazioni superate, sotto un profilo
giuridico-formale, ma sostanzialmente in essere, che dovrebbero permanere
nel sistema di bilancio. Lo stesso può osservarsi anche sul versante delle
entrate. Far prevalere la sostanza sulla forma potrebbe significare non
accertabile e quindi non iscrivibile tra i crediti posizioni giuridiche attive nei
confronti di soggetti ritenuti nella sostanza non più raggiungibili; ma ciò
entrerebbe in contrasto con il noto principio della “irrinunciabilità
dell’entrata”. Il principio naturalmente potrebbe essere considerato anche
4
Sopravvalutazioni e sottovalutazioni degli elementi patrimoniali, contenimenti e gonfiamenti degli
stanziamenti.
come “prova del nove” di alcune operazioni o eventi amministrativi di dubbia
interpretazione: l’analisi e il confronto tra forma legale assunta e la sostanza
economico-finanziaria rappresentata, in caso di difformità, dovrebbe rendere
interpretabile l’accaduto lasciando prevalere la sostanza.
4.4 Il principio della prudenza
Non viene interpretato in relazione ai destinatari dell’informazione, non tende
alla neutralità anglosassone piuttosto alla veridicità legale o se si preferisce al
rispetto delle condizioni di effettività della gestione. Per quanto concerne la
prudenza occorre subito precisare che i due corpus contemplano, anche se
con finalità diverse, il principio. Per i principi contabili nazionali la sua
osservanza non deve degenerare in arbitri né avere incidenza sulla realtà
degli eventi, ma il riferimento è comunque alla ricerca di una particolare
difesa dell’integrità del patrimonio e di tutela dei terzi. Per i principi contabili
internazionali “l’esercizio della prudenza non consente, per esempio, la
creazione di riserve occulte o accantonamenti eccessivi, la sottostima
deliberata di attività o ricavi o la sovrastima deliberata di passività o costi,
poiché il bilancio non sarebbe neutrale e, quindi, non avrebbe la caratteristica
dell’attendibilità”. Così abbiamo due concetti di prudenza diversi: prudenza
per la tutela e prudenza per la neutralità. Dando uno sguardo alle modalità
con cui si realizza il risultato economico in ambito pubblico, ed in particolare
in un ente locale, tutti gli accertamenti di entrata già vivono in una maniera
poco avvertita la prudenza a tutela dei terzi: esigenze di quadratura di
bilancio spingono l’ente locale a guardare con più “ottimismo” le gestioni
future, a ritenere già acquisiti contributi da altri enti pubblici per le proprie
iniziative indipendentemente dal materiale concreto completamento del ciclo
economico a cui appartengono.
4.5 Il criterio del fair value
Il criterio in parola è fuori dal campo delle proposte considerate dai principi
contabili nazionali. Non essendo un criterio contemplato, il confronto che ne
deriva tra i due modelli è esattamente quello che può svolgersi per qualunque
altra azienda. Tra l’altro l’applicazione del criterio di valutazione al fair value
comporta la misurazione di un reddito potenziale rispetto ad una
configurazione di reddito prodotto. Per i principi contabili nazionali, infatti,
l’osservazione sui risultati della gestione si concentra su quelli di natura
finanziaria. I risultati finanziari, di amministrazione, di competenza e di
cassa, sono infatti esaminati puntualmente dai principi nazionali anche se i
profili contabili o della misurazione prevalgono in maniera assoluta sul
significato gestionale che essi possono e debbono assumere. Non sono
presenti riflessioni sulle relazioni tra i risultati finanziari né vengono esposte
interpretazioni delle misure che i risultati possono esprimere.
Aspetto osservato
Sistema di contabilità e bilancio adottato
Principi Osservatorio
Finanziario, autorizzatorio
Principi IPSAS
Economico-patrimoniale
Sistema conciliatorio
Prevalenza della sostanza sulla forma
Si
Si
Riflettere la sostanza del eventi
e non meramente la loro forma
legale
Principio della prudenza
Criterio della competenza economica
Finalità del bilancio
A tutela dei terzi anche se
Per la neutralità e quindi la
senza pregiudizio alla verità
attendibilità dei valori
Si
Si
Ma riferibile solo ai documenti
Riferibile a tutto l’impianto
Politico - amministrativa
Per la Responsabilità
Economico - finanziaria
Informativa per la decisione
Informativa per la decisione
Destinatari del bilancio
Criterio fair value
Stakeholder politici
Investitori
Stakeholder sociali
Decisori
Stakeholder economici
Stakeholder esterni
No
Si
Criterio del costo con obbligo di
riesame
Configurazione di reddito
Prodotto
Potenziale
Risultati finanziari
Approccio contabile formale
Non presenti