Vol. 1, 1, 2010 - Salute per tutti

Transcript

Vol. 1, 1, 2010 - Salute per tutti
Vol. 1, 1, 2010
Official Journal
of the International Hair
Research Foundation
The melanocyte subpopulations
of the human skin and hair follicle
Desmond J. Tobin
Protected by an extraordinary privilege
Fabio Rinaldi, Piero Rosati,
Elisabetta Sorbellini
The hair cycle: Why is hair growth cyclical?
Andrea Marliani
Possible cell mechanisms of action of minoxidil
Elisabetta Sorbellini, Eduardo Reyes
Eye-brow and eye-lashes transplant
Marco Toscani, Cristiano Monaca,
Maria Ida Rizzo, Nicolò Scuderi
Periodico quadrimestrale - Spedizione in abbonamento postale 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - Milano
In caso di mancata consegna restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa.
A clinical case of folliculitis decalvans
Antonio Torti, Raffaele Gianotti
Scalp seborrheic dermatitis: An overview
Mauro Barbareschi, Alessandra Ferla Lodigiani
Photo evaluation:
A useful instrument to investigate hair loss
Gaetano Agostinacchio
ISHRS Amsterdam 2009
Daniele Campo
Vol. 1, 1, 2010
Editoriale
Fabio Rinaldi 1, Paolo Piazza 2
1 Presidente
International Hair Research Foundation
International Hair Research Foundation
2 Vice-Presidente
A cosa può servire un nuovo giornale scientifico, considerando che sono già molto
numerosi, e che molti di questi hanno un livello altissimo? Ce lo siamo chiesti per
tre anni durante le riunioni del direttivo della International Hair Research
Foundation, e per tutto questo tempo la risposta era la stessa: forse una nuova rivista non serve, in questo
momento.
Poi, però, man mano che l’attività della Fondazione cresceva, che gli incontri con le tante figure professionali permettevano scambi di informazione interessanti, abbiamo capito che una rivista scientifica specifica per
la tricologia poteva essere utile per cercare di riunire in un unico ambito il maggior numero di novità e di
approfondimenti su un argomento così vasto, e perlopiù distribuito in modo non omogeneo su numerose riviste di vari settori (medico, dermatologico, cosmetologico, biologico, e tanti altri).
Da queste considerazioni è nata Human Trichology, organo di informazione scientifica della International
Hair Research Foundation.
Human Trichology è un giornale che affronterà il campo tricologico sotto tutti i punti di vista, per poter riunire le diverse conoscenze scientifiche che interessano i peli e i capelli del corpo umano. Abbiamo intenzione
di realizzare un giornale scientifico molto rigoroso, che si avvalga non solo della collaborazione dei ricercatori e degli esperti più autorevoli di tutte le discipline interessate in campo internazionale, ma anche di esperienze e conoscenze di qualunque professionista scientifico del settore si occupi quotidianamente del problema.
Il Comitato Editoriale si è posto delle regole molto rigide per la scelta degli articoli e degli argomenti, e pensiamo di riuscire a rispettarle per poter garantire un prodotto di qualità e attendibilità scientifica , ma che
allo stesso tempo possa servire in modo pratico per utilizzare le varie informazioni nell’attività professionale di ogni lettore. Ma cosa ci siamo messi in testa, di diventare come Nature?
Un esempio: in questo numero compare una review sul privilegio immunologico di cui godono i capelli nel
corpo umano. Argomento complesso e estremamente affascinante spesso di competenza di una èlite di ricercatori di biologia tricologica, quasi fosse un discorso totalmente inutile nella pratica medica. L’articolo si vuole
considerare i meccanismi del privilegio immunologico dei capelli, cercando anche di identificare gli aspetti pratici del problema.
Questo vuole essere lo scopo di Human Trichology.
Contiamo di riuscirci, con la collaborazione di tutti gli specialisti del settore che vorranno aiutarci a realizzare questo lavoro.
Il pianeta capelli inteso come tutto ciò che riguarda la diagnosi e la terapia del defluvium è ormai divenuto
una galassia. Le nuove conoscenze soprattutto in campo immuno-biologico aprono vasti orizzonti che hanno
un risvolto terapeutico: qualsiasi novità segnalata magari in un congresso, rimbalza immediatamente dai
mass media al grosso pubblico. Questo può generare confusione nell’utente che del resto spesso è fuorviato da
messaggi pubblicitari ingannevoli che complicano il rapporto medico/paziente.
Ben venga quindi una rivista che in modo rigorosamente scientifico, concentrando e confrontando le varie
esperienze dia al medico che si occupa di tricologia informazioni e conoscenze utili per l’indirizzo terapeutico del paziente.
I
Vol. 1, 1, 2010
Human Trichology
Indice
Official Journal of the International
Hair Research Foundation
REWIEV ARTICLES
Editor
Fabio Rinaldi (Italy)
Editor in Chief
Mauro Barbareschi (Italy)
Co-Editors
Francisco Jimènez Acosta (Spain)
Gaetano Agostinacchio (Italy)
Paola Bezzola (Italy)
Daniele Campo (Italy)
Vincenzo Gambino (Italy)
Marcella Guarrera (Italy)
Andrea Marliani (Italy)
Paolo Piazza (Italy)
Piero Rosati (Italy)
Elisabetta Sorbellini (Italy)
Piero Tesauro (Italy)
Desmond Tobin (United Kingdom)
Marco Toscani (Italy)
Managing Editor
Antonio Di Maio (Italy)
IHRF Secretary Staff
Alessandra Ferretti (Italy)
Assunta Preite (Italy)
International Hair Research Foundation
Viale Bianca Maria, 19 - 20122 Milano
Tel. +39 02780061
E-mail: [email protected]
pag. 1
The melanocyte subpopulations
of the human skin and hair follicle
Desmond J. Tobin
pag. 7
Protetti da un eccezionale privilegio
Fabio Rinaldi, Piero Rosati, Elisabetta Sorbellini
TRICHOLOGICAL BIOLOGY
pag. 15
Il controllo del ciclo del capello ovvero cosa
determina il ciclo?
Andrea Marliani
pag. 21
Possibili meccanismi d’azione cellulare
del minoxidil
Elisabetta Sorbellini, Eduardo Reyes
ORIGINAL ARTICLE
pag. 29
Il trapianto di sopracciglio e ciglia
Marco Toscani, Cristiano Monaca,
Maria Ida Rizzo, Nicolò Scuderi
CASES REPORT
pag. 33
Un ciclista con la parrucca:
un particolare caso di follicolite decalvante
Antonio Torti, Raffaele Gianotti
pag. 35
La dermatite seborroica del cuoio capelluto:
uno sguardo complessivo
Mauro Barbareschi, Alessandra Ferla Lodigiani
TRICHOLOGICAL EVALUATION
pag. 43
Valutazione fotografica: utile strumento
per il paziente che perde i capelli
Gaetano Agostinacchio
CULTURE
pag. 46
ISHRS Amsterdam 2009: Il Gala Dinner mancato
Daniele Campo
Scripta Manent s.n.c.
Direttore Responsabile Pietro Cazzola
Direttore Generale Armando Mazzù
Direttore Marketing Antonio Di Maio
Consulenza Grafica Piero Merlini
Impaginazione Stefania Cacciaglia
Via Bassini, 41 - 20133 Milano
Tel. 0270608060
Fax 0270606917
E-mail: [email protected]
www.salutepertutti.it
Registrazione Tribunale di Milano n. 42 del 01/02/2010
È vietata la riproduzione totale o parziale, con qualsiasi mezzo, di articoli, illustrazioni e fotografie pubblicati
su Human Trichology senza autorizzazione scritta dell’Editore.
L’Editore non risponde dell’opinione espressa dagli Autori degli articoli.
III
Vol. 1, 1, 2010
REVIEW
Desmond J. Tobin
Desmond J. Tobin
Centre for Skin Sciences,
School of Life Sciences,
University of Bradford, Bradford,
West Yorkshire, Great Britain
ARTICLE
The melanocyte subpopulations
of the human skin and hair follicle
The melanocyte subpopulations of the human skin and hair follicle
Comparative Biology of Epidermal and Hair Follicle Melanocytes: The relative independence of the epidermal – and follicular – melanin units can be appreciated by the co-expression of white hair and black skin in
aging Africans and conversely raven hair in white-skinned Europeans. The presence of immature
melanocytes (melanoblasts) in fully-developed adult anagen hair follicles has been confirmed in situ and in
vitro. Although amelanotic hair follicle melanocytes lack dopa-oxidase activity, low levels of the tyrosinase
protein itself may be detected in some cells, as well as KIT and Bcl-2. The role of these amelanotic
melanocytes in hair pigmentation is unclear, although it has been speculated that these cells represent a pool
of “transient” melanocytes that migrate from precursor melanocyte stores in the upper outer root sheath. The
Fate of Hair Follicle Melanocytes during the Hair Growth Cycle: Active pigmentation occurs only during the
hair growth phase (anagen), which in human scalp hair can be very long (up to 8 years or more). This extended anagen of human scalp hair, together with its mosaic pattern of hair growth, hinders systematic analysis
of melanocyte dynamics during the human hair cycle. The relatively quiescent telogen hair germ contains all
cell precursors needed to reconstitute a fully developed anagen VI hair follicle. Some DCT-positive
melanocytes begin to express TRP1 at this stage, especially melanocytes located close to the forming hair
bulb, while melanocytes residing in the upper outer root sheath (site of the presumptive germ cell reservoir)
remain TRP1-negative. By anagen IV, when the hair pigmentary unit becomes fully functional with respect
to melanin synthesis, melanocytes are distributed into discrete locations throughout the hair follicle). Only
melanocytes distributing to the hair follicle melanogenic zone, i.e., the hair bulb matrix above the DP, express
TRP1, DCT, tyrosinase, KIT, and also Ki67 in the majority of melanocytes. DCT protein is undetectable in
melanogenic melanocytes of the human scalp anagen hair bulb, though other human hair follicles may show
variable expression. Melanocyte proliferation mainly ceases by anagen VI (full anagen). A long enduring
enigma of both hair follicle and pigment biology concerns the fate of the hair bulb melanocytes when they
become undetectable during catagen. Where do these melanocytes go during catagen and telogen? Our current view suggests that many of the so-called re-differentiating melanocytes in early anagen correspond to
newly recruited immature melanocytes derived from a melanocyte reservoir and are not re-activated from
pre-existing hair bulb melanocytes that were melanogenically active during the previous anagen phase.
Moreover, these hair follicle melanocyte stem cells appear to have the capacity to enter vacant niches, including (via migration to) the epidermis. In any event at least a proportion of the highly melanotic (possibly terminally differentiated melanocytes) hair bulb melanocytes do not survive catagen. Aging of the Follicle
Melanocytes and Hair Graying (Canities): For every decade after 30 years of age the number of pigment-producing melanocytes in exposed/unexposed epidermis decreases by 10%-20%, accounting for much of the loss
of skin tone with age. It is likely that the antioxidant systems within the hair follicle melanocyte become
impaired with age, leading to uncontrolled damage to the melanocyte itself from its own melanogenesis-related oxidative stress. Recent work suggests that the follicular-melanin unit of graying hair is associated with
increased melanocyte apoptosis and oxidative stress. A relatively small number of melanocytes (< 100 cells
per scalp anagen hair follicle) can, in a single hair growth cycle, produce sufficient melanin to intensely pigment up to 1.5 m of hair shaft. Beard and body hair is usually affected later.
Key words: Hair follicle, Melanocytes, Hair growth cycle, Hair graying
1
Vol. 1, 1, 2010
Origin of cutaneous melanocytes
Melanocytes of both the epidermal melanin unit
and the follicular pigmentary unit derive from melanoblasts
that migrate from the neural crest to the skin. Commitment
and differentiation of cells to the melanocytic lineage in the
neural crest are determined by several factors including,
amongst others, microphthalmia-associated transcription
factor (MITF), SOX10, Pax3, KIT, fibroblast growth factor2, and endothelin 3 1.
Melanoblasts migrate out of the neural crest along stereotypic routes to enter the dermis of the skin. Melanogenesis
occurs very early during human embryologic development
and melanocytes can be detected in human skin as early
as 7 weeks of gestation 2 with pigment synthesis some
5 months before birth. Some melanoblasts proliferate and
differentiate into melanocytes while residing in the epidermis, while others and their progeny, so-called transit-amplifying melanocytes, leave the epidermis to distribute in the
developing hair follicles as dopa (3,4-dihydroxy phenylalanine) -positive or -negative cells in the hair follicle and
sebaceous gland. More than 90 loci are known to affect hair
color 3; mutations in the receptor tyrosine kinase KIT and
its cognate ligand SCF, and endothelin 3 and its receptor
Ednrb are the most informative.
biology of epidermal
and hair follicle melanocytes
Comparative
The relative independence of the epidermal – and
follicular – melanin units can be appreciated by the coexpression of white hair and black skin in aging Africans
and conversely raven hair in white-skinned Europeans.
This is further supported clinically, by the selective/preferential targeting of epidermal but not follicular melanocytes
in most cases of vitiligo, while follicular melanocytes alone
are damaged by immune-mediated pathology in acute
alopecia areata 4, 5.
In the fully-developed anagen human scalp, follicle
melanocytes can be detected in distinct anatomic compartments with region-specific differentiation status. In the
mature hair follicle, melanotic melanocytes positive for
dopa oxidase are readily detectable in the basal layer of the
infundibulum and around the upper dermal papilla; moderately differentiated melanocytes may also be detected in
the basal layer of the sebaceous gland. However, the hair
bulb is the only site of pigment production for the hair
shaft, and contains both highly melanogenic melanocytes
2
and a minor subpopulation of poorly differentiated melanocytes 6, 7. Melanogenically-active melanocytes are
however restricted to the upper hair bulb matrix, just
below the precortical keratinocytes, a location that facilitates the transfer of melanin to the hair shaft cortex, less so
to the medulla, and very rarely the hair cuticle.
The presence of immature melanocytes (melanoblasts) in
fully-developed adult anagen hair follicles has been confirmed in situ and in vitro 8, 9. Dopa-negative amelanotic
melanocytes appear in the mid-to-lower outer root sheath,
but also in the periphery of the bulb and the most proximal matrix. All the dopa-positive cells, and also some
dopa-negative melanocytes of the mid outer root sheath
contain (pre)melanosomes (i.e., gp100-positive) 8.
Although amelanotic hair follicle melanocytes lack dopaoxidase activity, low levels of the tyrosinase protein itself
may be detected in some cells, as well as KIT and Bcl-2.
These melanocytes do not express the melanogenic
enzymes tyrosinase-related protein-1 (TRP1) and TRP2
(dopachrome tautomerase, DCT) 8.
The role of these amelanotic melanocytes in hair pigmentation is unclear, although it has been speculated that these
cells represent a pool of “transient” melanocytes that
migrate from precursor melanocyte stores in the upper
outer root sheath 10.
This multi-functionality of follicular melanocyte subpopulations is attested by their complex responses to chemotherapy 10, 11.
Recent immunologic data have shown that the “follicularmelanin unit” resides in the immune-privileged proximal
anagen hair bulb (c.f. 12). Melanocytes of the follicularmelanin unit are larger, more dendritic, have more extensive Golgi and rough ER, and produce larger melanosomes
compared to melanocytes in the epidermal-melanin unit
(c.f. 13). While melanin produced by the latter degrades
almost completely in the differentiating layers of the epidermis, eumelanin granules transferred into hair cortical
keratinocytes remain minimally digested; hence, the similarly pigmented proximal and distal ends of a typical hair
shaft (c.f. 13).
By far the most striking difference between the epidermaland follicular-melanin units, and one with significant
implications for the regulation of hair pigmentation, is the
observation that the activity of the hair bulb melanocyte is
under tight cyclical control and that melanogenesis is coupled to the hair growth cycle (c.f. 10). Epidermal melanogenesis, by contrast, appears to be continuous 14, though
this constitutive activity can be stimulated further, e.g.,
after exposure to UV radiation.
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of hair follicle melanocytes
the hair growth cycle
The fateduring
located close to the forming hair bulb, while melanocytes
residing in the upper outer root sheath (site of the presumptive germ cell reservoir) remain TRP1-negative. A secActive pigmentation occurs only during the hair
ond subpopulation, which expresses TRP1 or DCT togethgrowth phase (anagen), which in human scalp hair can be
er with KIT, begins to show proliferative activity.
very long (up to 8 years or more) 15. This extended anagen
Melanocytes in the DNA-synthesis or S phase of the cell
of human scalp hair, together with its mosaic pattern of hair
cycle have been reported as early as anagen II and signifigrowth, hinders systematic analysis of melanocyte dynamcant proliferation is clearly apparent in anagen III 17.
Bulbar melanocytes during the transition from anagen III
ics during the human hair cycle. However, the C57BL/6
to anagen VI increase in number, in dendricity, develop
mouse strain has proven to be a very useful model for
more Golgi and rough endoplasmic reticulum, increase the
human hair pigmentation, with is short anagen (15-17d),
size/number of their melanosomes, and begin to transfer
synchronous hair growth pattern, restriction of memature melanosomes to precortical keratinocytes. By analanogenically active truncal melanocytes to hair follicles,
gen IV, when the hair pigmentary unit becomes fully funcexclusively eumelanin production, and the similar linkage
tional with respect to melanin synthesis, melanocytes are
of murine melanogenesis with anagen 15.
The relatively quiescent telogen hair germ contains all cell
distributed into discrete locations throughout the hair folprecursors needed to reconstitute a fully developed anagen
licle). Melanocytes localized to the murine HF bulge (site
VI hair follicle. Some melanocytes/melanoblasts from the
of presumptive reservoir) express only DCT, lacking TRP1,
telogen secondary germ are immunohistochemically posiKIT, and Ki67 immunoreactivities. Melanocytes located in
tive for DCT, and, of these, a subpopulation also expresses
the elongating outer root sheath express DCT and KIT and
KIT 16. During the first 1 or 2 days of anagen induction
in some cases are also positive for the proliferation marker
some cells begin to express tyrosinase mRNA and protein
Ki67, but express little TRP1 and no tyrosinase 16. Only
melanocytes distributing to the hair follicle melanogenic
becomes barely detectable. Some DCT-positive melanocytes
zone, i.e., the hair bulb matrix above the DP, express TRP1,
begin to express TRP1 at this stage, especially melanocytes
DCT, tyrosinase, KIT, and also Ki67 in the
majority of melanocytes. DCT protein is undetectable in melanogenic melanocytes of the
human scalp anagen hair bulb 18, though other
human hair follicles may show variable expression. Melanocyte proliferation mainly ceases
by anagen VI (full anagen). Both the activity
and concentration of tyrosinase remain constant during mid to late anagen VI, and
decrease rapidly during the anagen VI to catagen transition phase, to become undetectable
or very low in catagen 15. The expression of
other melanogenesis-related proteins follows a
similar pattern.
This physiologic decrease in follicular melanogenesis may reflect two possible mechanisms
for termination of melanogenesis; namely,
exhaustion of an active signaling system that
stimulates melanogenesis, and/or the production
of inhibitors of melanocyte activity 19.
Figure 1.
Even before catagen-associated structural
Cartoon of pigmented and canities-affected human anagen scalp hair
changes are apparent in the hair bulb, the earlifollicle, showing loss of melanization in the hair bulb and hair shaft with
est signs of imminent hair follicle regression
graying. Some amelanotic melanocytes can be seen in the outer root
include the retraction of melanocyte dendrites
sheath (ORS) and in the most proximal and peripheral hair bulb (HB).
and the attenuation of melanogenesis during
SB, sebaceous gland; Epi, epidermis.
3
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late anagen VI 9, 10. Limited keratinocyte proliferation continues for a while, so the most proximal telogen hair shaft
remains unpigmented – the functional relevance of which
remains enigmatic. One can detect a dramatic and rapid
drop in the levels of active tyrosinase beginning during late
anagen VI itself, while DCT activity exhibits moderate
reductions from mid to late anagen VI and is lowest during
catagen. A long enduring enigma of both hair follicle and
pigment biology concerns the fate of the hair bulb
melanocytes when they become undetectable during catagen. Where do these melanocytes go during catagen and telogen? Where do they originate from when follicular melanogenesis is resumed during the next anagen phase? 9, 10. Until
very recently, the dominant view was that the hair bulb
melanocyte system is a self-perpetuating arrangement,
whereby melanocytes involved in the pigmentation of one
hair generation are also involved in the pigmentation of the
next 17 via multiple cycles of de-differentiation followed by
re-differentiation.
The level of plasticity level invoked by the self-perpetuating
theory would imply a degree of plasticity not seen in most
non-malignant cell systems. Moreover, fully differentiated
bulbar melanocytes would also need to survive/avoid the
extensive apoptosis-driven regression of the hair bulb 20 by
actively suppressing apoptosis.
Our current view suggests that many of the so-called re-differentiating melanocytes in early anagen correspond to
newly recruited immature melanocytes derived from a
melanocyte reservoir 21, 10 and are not re-activated from
pre-existing hair bulb melanocytes that were melanogenically active during the previous anagen phase. These
melanocyte “stem” cells are located at the base of the permanent part of the hair follicle and are immature, slow
cycling, self-maintaining and are fully competent to regenerate progeny at early anagen 21.
Moreover, these hair follicle melanocyte stem cells appear
to have the capacity to enter vacant niches, including (via
migration to) the epidermis. It is possible, however, that
some “new generation” melanogenically active melanocytes
derive from a population of catagen-surviving melanocytes.
Indeed, low numbers of apparently dendritic melanocytes
can be detectable in the retreating epithelial strand of catagen hair follicles undergoing active resorption via apoptosis 11. In any event at least a proportion of the highly melanotic (possibly terminally differentiated melanocytes) hair
bulb melanocytes do not survive catagen 22. Deletion of
individual melanotic melanocytes by apoptosis was confirmed using well-described ultrastructural features and
TUNEL/TRP-1 co-localization.
4
of the follicle melanocytes
hair graying (canities)
Aging and
For every decade after 30 years of age the number
of pigment-producing melanocytes in exposed/unexposed
epidermis decreases by 10%-20% 24, accounting for much
of the loss of skin tone with age. Nevertheless, epidermal
melanocytes are relatively long-living cells, protected in
part from reactive oxygen species (including those generated during melanogenesis) by their high expression of antiapoptotic cell survival factors, e.g., bcl-2. Hair color shows
striking age-related changes, particularly in those of
Eurasian origin. During puberty there is often a switch from
fair “intermediate” hair to more deeply pigmented, coarser
“terminal” hair during puberty. Furthermore, hair fiber heterochromia may become more apparent with age, most
strikingly for scalp and beard 25. However, the most dramatic age-related change in hair pigment is the onset of hair
graying or canities, which is the gradual age-dependent
dilution of hair color to gray or white, also known as senile
canities. The increasing longevity of human life inevitably
means we will spend an increasing proportion of our lives
sporting this sign of lost youth. Canities/graying first
appears in our 30s, and so is unlikely to have exerted significant evolutionary selective pressure, occurring as it does
after reproductive peak age.
The examination of melanocyte aging has only recently
been pursued with any particular vigor. Clinical observation suggests that the follicular- and epidermal-melanin
units have a different “melanogenetic clock”. It has been
observed that loss of melanocyte replicative potential in
vitro is associated not only with increasing age of the donor
but also with the melanin content of the cell. Accumulation
of oxidative damage is an important determinant of the rate
of cell aging, although it is unclear whether it is the primary cause of aging. It is likely that the antioxidant systems
within the hair follicle melanocyte become impaired with
age, leading to uncontrolled damage to the melanocyte
itself from its own melanogenesis-related oxidative stress.
In addition, melanin synthesis, by its very nature, produces
mutagenic intermediates. Reactive oxygen species (ROS)
can damage DNA (both nuclear and mitochondrial), result
in the accumulation of mutations, and can induce both
oxidative stress and antioxidant mechanisms. Thus, the
induction of replicative senescence in melanogenic hair
bulb melanocytes may be an important protective mechanism against cell transformation.
The extraordinary melanogenic activity of pigmented bulbar melanocytes (up to 10 years in some scalp hair folli-
Vol. 1, 1, 2010
cles) is likely to generate large amounts of ROS via the oxidation of tyrosine and dopa to melanin 22, 26. If not adequately removed, an accumulation of these ROS may generate significant oxidative stress in both the melanocyte
itself and in the highly proliferative anagen hair bulb
epithelium. Thus, in these circumstances, melanogenic
bulbar melanocytes are perhaps best suited to assume a
post-mitotic, terminally differentiated “(pre)senescence”
status to prevent cell transformation. Recent work suggests
that the follicular-melanin unit of graying hair is associated
with increased melanocyte apoptosis and oxidative
stress 27. Moreover, this study also reported that the “common” deletion in mitochondrial DNA (associated with
oxidative stress) occurred more prominently in graying
compared to normally pigmented hair follicles. Graying
hair follicles were also less well equipped to handle an
exogenous oxidative stress, which is likely to be the result
of impaired antioxidant mechanisms. Specifically, gray hair
follicles may show loss of methionine sulfoxide reductase
activity to carry out protein repair of oxidized enzymes like
tyrosinase 27.
A characteristic feature of bulbar melanocytes is their
extremely high melanin load and phenomenal synthetic
capacity for melanin production. A relatively small number
of melanocytes (< 100 cells per scalp anagen hair follicle)
can, in a single hair growth cycle, produce sufficient
melanin to intensely pigment up to 1.5 m of hair shaft.
Moreover, they do this within the context of a melaninladen cell cytoplasm. In this way, hair bulb melanocytes are
very different from melanogenically active epidermal
melanocytes, which retain few fully mature melanosomes in
their cytoplasm at any one time. This intrinsic ability of bulbar melanocytes to “pool” melanin internally may make
them more vulnerable than epidermal melanocytes to the
toxic elements of melanogenesis.
On average, an individual scalp hair follicle will experience
fewer than 15 melanocyte seedings from the presumptive
reservoir in the outer root sheath to the hair bulb in the average fully “gray-free” life span of 35 years for Caucasians 23, 28.
In any event, the onset and progression of hair graying correlates closely with chronological aging and occurs to varying
degrees in all individuals, regardless of gender or race. Age of
onset also appears to be genetically controlled and inheritable. Thus, the average age for Caucasians is mid-30s; for
Asians, late-30s; and for Africans, mid-40s. Similarly, hair is
said to gray prematurely if it occurs before the age of 20 in
whites, before 25 in Asians, and before 30 in Africans. A good
rule of thumb is that by 50 years of age, 50% of people have
50% gray hair. Clearly, the darker the hair, the more notice-
able early graying will be. However, graying can be more
extensive in dark hair before total whitening is apparent; the
reverse is true for blond hair. Graying first appears usually at
the temples, and spreads to the vertex and then the remainder of the scalp, affecting the occiput last. Beard and body
hair is usually affected later. Graying often follows a wave that
spreads slowly from the crown to the occiput.
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Vol. 1, 1, 2010
REVIEW
Fabio Rinaldi
Piero Rosati
Elisabetta Sorbellini
ARTICLE
Protetti da un eccezionale privilegio
Fabio Rinaldi
IHRF, Milano, Italy
Protected by an extraordinary privilege
If a polar bear shed all its fur, it would not survive the extreme climate conditions: Fur is extremely
important for the survival of bears and many other animals. On the contrary, humans have undergone a
series of adaptive genetic changes, which have resulted in a scarce amount of hair and body hair, which
have lost their original functions.
However, hair and body hair still enjoy an extraordinary privilege nature granted them. Only extremely
important – vital – organs enjoy such a great privilege.
Hair bulbs are protected by an extremely complex, albeit fundamental, mechanism, immune privilege.
Other immunologically privileged sites are the anterior chamber of the eye, the adrenergic cortex,
some segments of the central nervous system behind the blood-brain barrier and some liver, ovary and
testis areas.
In hair bulbs, the collapse of the immunogenic protection system can result in alopecia areata and cicatricial alopecia. Therefore, it is extremely important to investigate this process.
Investigating the defence mechanisms of antibodies and autoantibodies is fundamental to define these dermatological diseases. This also contributes to the progress in the diagnosis and therapy of other autoimmune diseases and to the control of the rejection of transplanted organs.
Key words: Immune privilege, Alopecia areata, Cicatricial alopecia, Natural immune soppressors, IGF-1, MHC I
Solo poche aree del corpo dei mammiferi, e quindi dell’uomo, sono così importanti da essere in grado di sopprimere
un attacco distruttivo da parte di anticorpi verso cellule e
verso allo e auto-antigeni contenuti al loro interno. È il
meccanismo del privilegio immunologico (PI) che permette
ad alloantigeni di un organo, o ad una parte di esso, di evitare la reazione di rigetto immunologico, e anche di non
aggredire alloantigeni trapiantati al suo interno.
La ricerca nel campo dei trapianti di organo ha portato ad
una chiara definizione dei meccanismi di privilegio immunologico negli organi che ne sono dotati, soprattutto per
trovare le terapie più utili per evitare il rigetto. I follicoli
piliferi, tra l’altro, rappresentano un modello biologico fondamentale per lo studio di questi problemi.
Già nel 1948 Medawar1 aveva dimostrato che un frammento di pelle non veniva rigettato dal sistema immunitario se
inserito nella camera anteriore dell’occhio o nel cervello del
coniglio. Ma ancora di più, molti studi hanno ormai dimoTabella 1.
I tessuti del corpo umano dotati
di privilegio immunologico
Camera anteriore dell’occhio
Corteccia adrenergica
Aree del sistema nervoso centrale
Unità placentare materno-fetale
Follicolo pilifero
7
Vol. 1, 1, 2010
strato che allotrapianti di tessuti dotati di PI sopravvivono
al rigetto per lunghi periodi di tempo anche se inseriti in
organi perfettamente immunocompetenti nei quali altri tessuti trapiantati vengono velocemente rigettati.
La spiegazione di queste reazioni è nella capacità dei tessuti con IP di sopprimere la classica risposta immunologia di
rigetto (Tabella 1).
Nell’apparato cutaneo il PI è presente solo nel follicolo pilifero, e in aree limitate dell’apparato ungueale (in particolare la matrice)2.
È molto complesso il sistema di controllo del PI, e non si tratta di uno stato assoluto ma presenta diverse risposte non sempre presenti neanche nello stesso tessuto. Questo implica il
pericolo della perdita del controllo della risposta immunologia che determina il collasso del privilegio immunologico, alla
base di numerose e gravi patologie autoimmuni come la sclerosi multipla, l’uveite autoimmune, la orchite da parotite, il
rigetto del feto, la epatite cronica attiva autoimmune.
Quando il follicolo pilifero perde il PI, il suo collasso è
causa della alopecia areata e della alopecia cicatriziale.
Imeccanismi del privilegio immunologico
Alla base del PI ci sono particolari sistemi di regolazione della risposta immunologica3, di cui i più importanti sono:
1) Assenza o down-regulation dell’espressione del MHC classico, il maggior complesso di istocompatibilità, evitando la
presentazione degli antigeni (allo e auto-antigeni) alle
Tcells CD8+
2) Espressione di molecole MHC-I non classico, in grado di
inibire l’attività dei linfociti Natural Killer
3) Alterazione funzionale delle cellule che presentano l’antigene
4) Organizzazione di barriere della matrice extracellulare in
grado di intralciare il lavoro delle cellule immunologiche
5) Assenza di vasi linfatici diretti
6) Produzione in situ di potenti immunnosoppressori naturali, come l’IGF-1, il TGF-β1, TGF-β2, Interleukina 10,
α-MSH (α-Melanocyte Stimulating Hormone), fattori inibenti la migrazione dei macrofagi
Altri meccanismi conosciuti di regolazione intervengono,
così come è possibile che siano coinvolti anche sistemi di
evasione dal controllo immunologico molto simili a quelli
messi in atto da alcuni virus e cellule maligne.
Il follicolo pilifero è protetto dall’aggressione immunologica prevalentemente durante la fase anagen, ma anche la
8
zona delle bulge presenta un efficace PI probabilmente
anche più forte di quello del bulbo in anagen.
A livello delle bulge, è fortemente presente l’espressione
genetica della immunoreattività del CD200, una glicoproteina di superficie in grado di attenuare la risposta infiammatoria, che agisce da potente immunosoppressore a livello delle cellule staminali della bulge4. L’azione di questa
proteina è fondamentale per evitare la distruzione immunologica delle cellule staminali del follicolo, e permettere lo
svolgersi del normale ciclo del bulbo.
La assenza o la bassa espressione di CD200 è la causa etiologica della alopecia cicatriziale di origine autoimmune, per
la diminuita capacità di difendersi dall’attacco infiammatorio a livello perifollicolare che è la caratteristica istologica
dell’alopecia cicatriziale.
funzione del privilegio immunologico
Quale delè lafollicolo
pilifero?
Perché è interessante dal punto di vista dermatologico? Di nuovo c’è da porsi la domanda. È evidente che il
PI è fondamentale per evitare la reazione di rigetto del feto
durante la gestazione, così come parti dell’occhio o del cervello devono essere protette da reazioni infiammatorie
capaci di indurre una risposta di autoimmunità.
La presenza dei peli e dei capelli nell’uomo non è più fondamentale per la sopravvivenza, ma evidentemente nell’evoluzione della modificazione adattativa del genoma ha
lasciato ai follicoli piliferi un ruolo importante.
La prima ipotesi formulata per spiegare il PI del follicolo era
la necessità dell’organismo di proteggerlo da reazioni di
autoimmunità verso auto-antigeni prodotti dai processi di
apoptosi durante la fase di involuzione del bulbo (catagen)5.
Certamente questa non è la ipotesi più convincente, e negli
anni molte altre ne sono state fatte.
La zona perifollicolare è particolarmente esposta al rischio di
infiammazione e di microinfiammazione, e l’infiltrato di cellule infiammatorie è particolarmente evidente in questa zona
anche in condizioni fisiologiche6, 7, in situazioni di stress cronico psicoemotivo8, di microinfiammazione del derma in
caso di sensitive scalp di origine ambientale9 (Figura 1).
Il danno tissutale perifollicolare immuno-mediato determina lo sviluppo dell’alopecia areata, e in caso di ulteriore
aggressione auto-immune si arriva al danno irreversibile
delle cellule staminali della zona delle bulge con formazione di alopecia cicatriziale. La modificazione dell’espressione genica di alcuni meccanismi di regolazione immunologica contribuisce alla formazione di queste patologie.
Vol. 1, 1, 2010
Figura 1.
Microscopia confocale di scalpo di soggetto affetto da
AGA, 120 µm di profondità: si evidenzia aumento di fibre
collagene in sottili fasci intorno al dotto pilosebaceo, presenza di vasodilatazione e infiltrato macrofagico (per cortesia di P. Bezzola).
γ (IFN-γ) nell’alopecia
lruolo dell’Interferone
areata: l’innesco della miccia
È ormai dimostrato che modificazioni dell’espressione immunologica, geneticamente determinate (au-
mentata tendenza al danno infiammatorio conseguente a
collasso del PI, diminuzione dell’espressione degli immunosppressori naturali), e l’alterazione della citochina Th1
sono coinvolti nella eziopatogenesi dell’alopecia areata.
L’espressione della HLA-DR all’interno del follicolo è stata
segnalata come evidenza indiretta della produzione di
IFN-γ nelle aree affette da alopecia areata, evidenziando
che l’IFN-γ possa indurre una sovra-espressione del MHC
I e II nella parte inferiore dell’epitelio follicolare10. Del
resto studi su modelli di topi con deficienza di IFN-γ non
manifestano alopecia areata11.
È stato anche dimostrato che alte dosi di IFN-γ agiscono da
potentissimo induttore del catagen del follicolo pilifero12,
così da poter asserire che questa citochina Th1 può essere la
miccia che innesca l’esplosione della patologia tricologica.
Il PI del follicolo è in grado di controllare la risposta immunologica secondaria alla infiammazione indotta dall’IFN-γ,
fino al suo collasso. Il follicolo pilifero è sensibile al danno
provocato dall’infiammazione, ma la zona delle bulge è
ancora più resistente (è necessaria una dose di citochina
Th1 10 volte maggiore per creare la risposta infiammatoria
delle cellule staminali!). Fattori neuroendocrini e un
aumento della sostanza P (conseguenti a stress psico-emotivo) inducono il catagen13, e possono portare al collasso
del privilegio immunologico (Figura 2).
È interessante notare l’importanza che viene attribuita al
ruolo dell’infiammazione e della micro-infiammazione
Collasso del IP mediata da IFN-γ
Sostanza P
Neuropeptidi
Fattori immuno-genetici
Autoantigeni sconosciuti abbinati all’anagen
IMMUNOSOPPRESSORI NATURALI
che controllano il PI
Sovra espressione MHC I e II
Inefficacia immunosoppressori
naturali
IGF-1 . αMSH, TGFβ 1, soppressori dei NK
CD8+, CD4+
Induzione del catagen
Probabile patogenesi
della alopecia areta
Figura 2.
Possibile etiopatogenesi dell’alopecia areata. Il collasso del privilegio immunologico è innescato dalla reazione infiammatoria
indotta dalle sostanze pro-infiammatorie, che inducono una sovra espressione di MHC I e II, che permette la presentazione di
auto antigeni del follicolo ai T linfociti. Altri meccanismi secondari di amplificazione autoimmune sono coinvolti nella formazione della AA.
9
Vol. 1, 1, 2010
perifollicolare a livello dello scalpo nell’etiopatogenesi dell’alopecia areata e cicatriziale, così come della alopecia
androgenetica e del telogen effluvium14.
Implicazioni cliniche
Il privilegio immunologico contribuisce a evitare
l’attacco delle cellule immuni ad antigeni (allo o auto-antigeni) a livello del follicolo pilifero in fase anagen, e della zona
delle cellule staminali. Eventi infiammatori di varia natura
possono sovra esprimere la secrezione dell’Interferone γ e di
altri mediatori (neuro ormoni, Proteina P, eccetera), che sono
responsabili del collasso del PI (up-regulation del complesso
MHC I e II e altri fattori), della presentazione degli antigeni
ai linfociti T, e quindi all’induzione del catagen. Nella Tabella
2 sono riassunte le implicazioni clincihe cel collasso del privilegio immunologico.
L’alopecia areata15 è una malattia autoimmune che colpisce
follicoli piliferi in fase anagen in piena attività melanogenetica. Sembra ormai evidente che gli auto-antigeni della fase
anagen coinvolti siano anche di origine melanocitaria.
L’associazione della AA con la tiroidite autoimmune e la
vitiligine è comprovata, così come l’evidenza della modificazione dell’espressione genica della risposta HLA (cromosomi 2, 6) tipica di numerose patologie autoimmuni16, 17. Il
coinvolgimento dei melanociti della papilla dermica e della
“riserva” della guaina epiteliale esterna nell’alopecia areata è
ben dimostrato. Nelle forme di alopecia areata il collasso
del PI è determinato dallo schema classico18 con alta
espressione del complesso MHC I, diminuzione della soppressione dell’attività dei linfociti T NK, e scarsa o assente
attività degli immunosppessori naturali perifollicolari IGF1, TGF-β1, TGF-β2, Interleukina 10, α-MSHQuando il collasso del PI interessa la zona delle bulge si
determina la distruzione delle cellule staminali del follicolo, e quindi la impossibilità di continuare la normale funzionalità del ciclo del follicolo (anagen → catagen → telogen → anagen).
Il privilegio immunologico della zona delle bulge è molto
più resistente di quello della follicolo in anagen, e il l’espressione dell’IFN-γ deve essere molto maggiore per determinare il danno infiammatorio. Questa situazione è alla
Tabella 2.
Alopecia areata
Alopecia cicatriziale primaria
Possibilità di trapianti di capelli eterologhi
10
base della risposta immunologica che determina l’alopecia
cicatriziale primaria19, sostenuta da un processo infiammatorio di varia origine.
Un nuovo aspetto, da studiare accuratamente, e che per il
momento non ha alcuna implicazione pratica, è la possibilità di sfruttare il meccanismo del PI del bulbo in fase anagen e della zona delle bulge per poter effettuare microtrapianti di capelli eterologhi. Un lavoro di P. Rosati20 ha dimostrato la possibilità di attecchimento di bulbi piliferi eterologhi in una ragazza affetta da leucemia acuta e trattata con
trapianto di midollo osseo. A guarigione clinicamente
accettata della forma leucemica, l’Autore infatti ha trapiantato i capelli della sorella minore, che le aveva già donato il
midollo osseo; i bulbi attecchirono, e hanno avuto un normale accrescimento fino ad oggi. La stessa paziente è stata
sottoposta successivamente a due ulteriori interventi di
rinfoltimento con successo.
Piero Rosati ha effettuato altri quattro interventi su pazienti
leucemici (inviati da un centro di ematologia di una
Università italiana) con gli stessi risultati positivi.
Non è assolutamente possibile, al momento, ipotizzare un
utilizzo routinario del trapianto eterologo in casi di alopecia androgenetica e cicatriziale per la mancanza di certezze
scientifiche sufficienti. Il dato è significativo perché ha alla
base il razionale del meccanismo del privilegio immunologico e potrebbe rivelarsi, con uno sviluppo di ricerca scientifica adeguato, una nuova possibilità terapeutica in casi clinici selezionati.
Gli immunosoppressori naturali
Vari Autori21 hanno evidenziato la capacità dei
principali immunosoppressori naturali, secreti localmente
dai recettori delle cellule del follicolo, di ridurre l’azione
infiammatoria dell’IFN-γ in vitro abbassando o annullando
l’espressione del MHC I nella zona della matrice del bulbo.
In particolare l’IGF-1, il TGF-β, l’α·-MSH svolgono questa
azione di controllo contro l’aggressione immunologica negli
organi dotati di PI, e questo meccanismo è particolarmente
importante nelle forme autoimmuni di alopecia areata e alopecia cicatriziale dove l’attacco autoimmune è prevalentemente verso le cellule di tipo mesenchimale del follicolo (in
particolare quelle della papilla dermica). L’IGF-1, tra questi
peptidi, sembra poi essere quello a svolgere un ruolo fondamentale.
Nel 2004 T. Ito et al.22 hanno dimostrato che l’azione dei
due growth factors e del neuropeptide di derivazione proopriomelanocortinico è in grado di modulare la risposta del
Vol. 1, 1, 2010
MHC I e di altre vie pro-infiammatori perifollicolari, oltre
che essere tra i principali segnali di regolazione del ciclo del
bulbo pilifero (e quindi dei fibroblasti e dei cheratinociti) e
dei suoi melanociti. M.Philpott et al.23 hanno dimostrato,
infatti, che concentrazioni fisiologiche di IGF-1 sono
potenti stimolatori della crescita del follicolo pilifero e sopprimono il catagen.
MHC I può essere una chiave nell’approccio terapeutico a
questa patologia, ma anche in tutte quelle altre malattie
(dermatologiche e non) dove la down-regulation del maggior sistema di istocompatibilità potrebbe svolgere un ruolo
essenziale di terapia.
Bibliografia
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La sovraespressione
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Se il collasso del privilegio immunologico è una
dei fattori etiologici di patologie autoimmuni e in particolare dell’alopecia areata e cicatriziale, se il ruolo degli
immunosoppressori naturali secreti localmente a livello dei
follicoli è fondamentale per mantenere il PI (mediante
down-regulation del MHC I), appare razionale che la possibilità di sovraesprimere i vari peptidi individuati possa
essere una possibilità terapeutica nelle due forme autoimmuni tricologiche.
F. Rinaldi et al.24 hanno dimostrato la capacità dell’IGF-1 di
prolungare la fase anagen del follicolo pilifero in vitro, e che
l’applicazione topica di una soluzione nanosomiale contenente polipeptidi in grado di mimare l’azione dell’IGF-1 e
dell’FGF (Mimicking Growth Factors), è in grado di determinare la crescita di capelli in soggetti affetti da alopecia areata nel 38% dei soggetti trattati in uno studio clinico in doppio cieco25.
Alcuni studi26 indicano anche l’azione di modulazione del
MHC del tacrolimo nel controllo del collasso del PI, e inseriscono questa molecola (largamente usata nella terapia del
rigetto del trapianto di fegato) tra le sostanze utili nel trattamento dell’alopecia areata.
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Conclusioni
La conoscenza del meccanismo del privilegio
immunologico del follicolo pilifero è estremamente utile per
la comprensione di alcune vie etiopatologiche di malattie
autoimmuni molto frequenti come l’alopecia areata e la alopecia cicatriziale. Da questi studi emerge con sempre maggiore chiarezza il ruolo della infiammazione e della microinfiammazione in molte patologie tricologiche, e in particolare
l’azione dell’interferone γ (e da recenti studi anche di un'altra
classe, l’INF-κ) come stimolo di pro-infiammazione.
Questi studi possono aprire nuove prospettive terapeutiche
non solo nell’alopecia areata, dove la soppressione del
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TRICHOLOGICAL
Andrea Marliani
Andrea Marliani
Dermatologo,
Porto Recanati, Firenze, Italy
BIOLOGY
Il controllo del ciclo del capello
ovvero cosa determina il ciclo?
The hair cycle: Why is hair growth cyclical?
Hair growth is cyclical. The follicle needs ATP energy released by the metabolism of glucose by way of
Glycolysis and by the Pentose Phosphate shunt. ATP is produced during Glycolysis, while NADPH is produced in the Pentose Phosphate shunt. The metabolism of glucose is turned both on and off by the Adenil
cyclase enzyme. When this enzyme is withheld, Glycolysis stops, as do the Pentose Phosphate shunt and
the Krebs cycle. The interruption of glucose metabolism turns off the supply of energy and ends the anagen phase.
The hair cycle is controlled by hormones that are produced within the follicle itself. Dihydrotestosterone
inhibits the Adenil cyclase enzyme, while estrone increases it. For the follicle to be able to move on to
the catagen stage, 5 alpha reduction is required. 5 alpha reduction uses the NADPH produced in the
Pentose Phosphate shunt. Glycolysis is stopped at the end of the anagen phase, as is the Pentose
Phosphate shunt. And NADPH is no longer produced. There is no 5 alpha reduction, and all metabolic
activity is geared to aromatization. There is an abundant production of estrone at the close of the anagen phase, and this activates the Adenil cyclase enzyme. Glycolysis begins again and the cycle is set once
more in motion.
Key words: Hair growth, Metabolism of glucose, Pentose phosphate shunt, Adenil cyclase enzyme, NADPH
Il ciclo del capello è necessario per impedire che i capelli ed
i peli crescano indefinitamente. Cioè per impedire che un
individuo di 50 anni abbia i capelli lunghi 6-7 metri. In
natura il taglio dei capelli non è previsto.
La durata della fase anagen del capello è controllata dalla
disponibilità di energia. Per mantenere l’anagen e le sintesi
proteiche il follicolo ha bisogno di energia sotto forma di
ATP questa energia è fornita dal metabolismo del glucosio:
con la glicolisi e con la via alternativa (shunt) degli esosomonofostati che poi continuano nel ciclo di Krebs. Nella
glicolisi si ha produzione di ATP nella via (shunt) degli esosomonofostati si produce NADPH.
Il metabolismo del glucosio ha un interruttore: l’enzima adenilciclasi. Bloccando l’adenilciclasi si ferma la glicolisi, si
ferma la via degli esosomonofosfati ed il ciclo di Krebs.
Fermare il metabolismo del glucosio è chiudere l’energia e
spengere l’anagen (Figura 1).
Hair growth is cyclical so that hair, and body hair, will not
grow indefinitely. So that the hair of a 50 year-old person
will not be 6 or 7 metres long. Hair cuts are not part of natural processes.
How long the anagen phase lasts is determined by the
amount of energy available. If the anagen phase and protein
synthesis are to be maintained, the follicle needs ATP energy.
This energy is released by the metabolism of glucose by way
of Glycolysis and by the Pentose Phosphate shunt. It continues to be produced during the Krebs cycle. ATP is produced
during Glycolysis, while NADPH is produced in the Pentose
Phosphate shunt. The metabolism of glucose is activated
(isturned both on and off) by the Adenil cyclase enzyme.
When this enzyme is withheld, Glycolysis stops, as do the
Pentose Phosphate shunt and the Krebs cycle. The interruption of glucose metabolism turns off the supply of energy and
ends the anagen phase.
15
Vol. 1, 1, 2010
Figura 1.
Metabolismo del glucosio.
The metabolism of glucose.
Il ciclo è controllato da ormoni steroidi sessuali. ma non
da ormoni circolati, piuttosto da ormoni prodotti in loco
dal follicolo stesso. Il diidrotestosterone riduce l’attività
della adenilciclasi. L’estrone incrementa l’attività della
adenilciclasi. Il follicolo in anagen “cerca” fisiologicamente di arrivare al catagen (e poi al telogen) (Figure 2 e 3).
The hair cycle is controlled by sex steroids. Not by hormones
circulating in the blood but by hormones that are produced
within the follicle itself. Dihydrotestosterone inhibits the
Adenil cyclase enzyme, while estrone increases it. A follicle in
the anagen phase makes a “physiological attempt” to reach
the catagen stage and then the telogen stage.
Figura 2.
Metabolismo degli ormoni
nel follicolo del capello.
The metabolism of hormones
in the hair follicle.
16
Vol. 1, 1, 2010
→
→
→
Figura 3.
Metabolismo degli ormoni
nel follicolo del capello.
The metabolism of hormones
in the hair follicle.
→ →
Perché il follicolo arrivi al catagen (e poi al telogen) è necessaria la 5 alfa riduzione. La 5 alfa riduzione consuma
NADPH (prodotto nella via degli esosomonofosfati), cioè è
NADPH dipendente. Il NADPH per la 5 alfa riduttasi (cioè
per trasformare il testosterone in diidrotestosterone) si produce nella via degli esosomonofosfati. Dalla fine dell’anagen la glicolisi è bloccata e lo shunt esosomonofosfatico è
bloccato. Dalla fine dell’anagen il NADPH non è più prodotto, la 5 alfa reduttasi è bloccata e tutte le vie metaboliche sono deviate verso l’aromatizzazione. L’estrone abbondantemente prodotto dopo la fine dell’anagen attiva l’adenilciclasi, la glicolisi riparte ed il ciclo riparte (Figura 4).
→
For the follicle to be able to move on to the catagen stage,
5 alpha reduction is required. The 5 alpha Reductase
enzyme changes testerone into Dihydrotesterone. 5 alpha
reduction uses the NADPH produced in the Pentose
Phosphate shunt. It is, therefore, dependent on NADPH.
Glycolysis is stopped at the end of the anagen phase, as is
the Pentose Phosphate shunt. And NADPH is no longer
produced. There is no 5 alpha reduction, and all metabolic
activity is geared to aromatization. There is an abundant
production of estrone at the close of the anagen phase, and
this activates the Adenil cyclase enzyme. Glycolysis begins
again and the cycle is set once more in motion.
Figura 4.
Il ciclo del capello.
The Hair Cycle.
17
Vol. 1, 1, 2010
Perchè l’anagen della donna è più lungo di quello del
maschio? Nel maschio la via metabolica più facile è quella
che da testosterone porta a diidrotestosterone. Nella donna
la via metabolica più facile porta ad estrone. Così l’anagen
del maschio dura 3 anni e quello della donna 6 anni. Nel
maschio l’anagen è breve ed il ciclo è veloce, nella donna
l’anagen è lungo ed il ciclo è lento.
Why is the anagen phase longer in women than in men? The
reason is that, in males, the most easy metabolic process is for
testosterone to be turned into Dihydrotestosterone. In
women, the most easy development is one leading to the production of estrone. The result is that the anagen phase lasts 3
years in males and 6 years in females. Men have short anagen
phases and rapid hair cycles. In women, anagen is long and
the cycle is slow.
Ma anagen più corto significa ciclo più veloce, non significa involuzione del follicolo né miniaturizzazione del capello. Anagen più corto non significa calvizie. Ma questa è
un’altra storia…
A shorter anagen phase results in a quicker cycle. This does
not mean there will be involution of the follicle, nor miniaturization of the hair. A shorter anagen cycle is in no way
synonymous of baldness. But that’s for another story...
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19
Vol. 1, 1, 2010
TRICHOLOGICAL
Elisabetta Sorbellini 1
Eduardo Reyes 2
1 Dermatologa,
IHRF, Milano, Italy
Department IFC,
Madrid, Spagna
Elisabetta Sorbellini
2 R&D
BIOLOGY
Possibili meccanismi d’azione cellulare
del minoxidil
Possible cell mechanisms of action of minoxidil
In 2005 Randall et al. demonstrated the fact that minoxidil and diazoxide act as potassium channel activators, thus stimulating the growth of hair shafts in vitro. On the contrary, tolbutamide and glibenclamide, potassium channel blockers, prevent the growth of hair shafts.
This study demonstrates that the mechanism of action of minoxidil has a direct effect on potassium channels in some follicular cells, as in vitro follicles are not connected in any way to blood circulation. The
importance of the mechanism of action of minoxidil on potassium channels in hair growth has been deeply
investigated by Messenger.
The gene and protein expression of SUR2B and Kir6.1 is detected in dermal papilla cells, whereas the
expression of SUR1 and Kir6.2 is detected in bulb matrix cells.
As shown by the in vitro and in vivo data, potassium channels are expressed in follicular cells. These cells
are the most likely target site for minoxidil, which opens the potassium channels. This action may be one
of the mechanisms of minoxidil to prolong the anagen phase of hair bulbs.
Determining two combinations of certain receptors of potassium channels in the dermal papilla and follicle matrix can help investigate some phases of bulb cycle regulation which still remain unclear.
Key words: Minoxidil, Growth factor, Anagen, Telogen, K-channels
Il minoxidil è un derivato pirimidinico: 2,4-diamino-6piperidino-pirimidin-3-ossido. La sua attività antiipertensiva è data dal suo metabolita solfato, il minoxidil solfato che
viene formato dalla catalisi del minoxidil ad opera di enzimi solfo-transferasi. La conversione del principio attivo nel
suo metabolita solfato determina un rapido rilassamento
della muscolatura liscia vascolare. Inizialmente la sua attività è stata dimostrata nel ratto a livello del fegato, dei follicoli delle fibrisse, dei peli e dei cheratinociti epidermici.
L’immunoreattività degli enzimi solfo-transferasi nei peli del
ratto è stata dimostrata a livello della guaina epiteliale esterna. Nei macachi l’attività enzimatica è fortemente presente
nei follicoli dei peli dello scalpo.
In seguito è stata dimostrata l’attività del minoxidil solfato
nell’uomo a livello del fegato, delle piastrine e dei cheratinociti. A oggi si conoscono cinque geni citosolici ad azione
solfo-transferasica nell’uomo, che codificano tre classi di
enzimi responsabili della solforilazione di gruppi fenolici,
catecolamine, estrogeni e idrossisteroidi. Nello scalpo umano
sono state evidenziate reazioni biochimiche di solforilazione
del minoxidil e l’espressione di mRNA per quattro classi di
enzimi a livello dei cheratinociti epidermici.
Nel 1994 uno studio clinico ha dimostrato che l’attività
delle sulfo-transferasi era più alto nello scalpo di soggetti
che rispondevano all’azione del minoxidil, rispetto a quella
di soggetti che non mostravano un beneficio terapeutico
dall’uso del farmaco topico.
Numerosi studi in vitro hanno dimostrato altri meccanismi
21
Vol. 1, 1, 2010
di azione del minoxidil, come la stimolazione della proliferazione di vari stipiti cellulari, la up-regulation del vascular
endothelial growth factor (VEGF), la sintesi di prostaglandine e la capacità di aumentare l’attività endocellulare del
17-idrossisteroidi deidrogenasi, l’enzima che accelera la
conversione del testosterone in androgeni più deboli.
Dopo anni di uso clinico e di studi non è ancora esattamente chiaro il meccanismo d’azione completo del minoxidil sul
follicolo pilifero.
Messenger, in un lavoro fondamentale pubblicato nel 2004
sul British Journal of Dermatology, ha cercato di identificare
le basi del meccanismo d’azione di questa sostanza sul follicolo pilifero e da allora ulteriori studi hanno in parte chiarito gli aspetti principali di efficacia.
Gli studi su animali
Nel 1990 Uno e Mori hanno pubblicato uno studio
sull’effetto del minoxidil sui cicli spontanei del pelo di topi
dalla nascita all’ottantesimo giorno di vita. I due Ricercatori
dimostrarono che l’applicazione di minoxidil topico non
modificava la durata dell’anagen, ma accorciava il telogen:
nel terzo ciclo di attività, il telogen durava 20 giorni in animali non trattati, e solo 1-2 giorni negli animali trattati con
la sostanza. La stessa differenza della durata del telogen si è
ripetuta nel quarto ciclo di attività dei follicoli nei topi. Il
minoxidil avrebbe in questo caso stimolato specificatamente
il germe secondario del follicolo in telogen, determinando la
sua rapida progressione al successivo anagen.
Nei macachi, un tipo di primate che sviluppa una forma di
alopecia post-adolescenziale allo scalpo molto simile a quella dell’uomo, l’applicazione di minoxidil ha determinato la
prevenzione dello sviluppo dell’alopecia androgenetica nei
soggetti pre-adolescenziali e la ricrescita di peli della zona
frontale e del vertice dello scalpo in soggetti adulti affetti da
calvizie androgenetica.
Uno ha dimostrato con studi istologici che nei casi positivi,
l’applicazione del farmaco aveva provocato l’aumento della
percentuale di follicoli in anagen, la conseguente riduzione
della fase telogen e l’aumento del diametro dei follicoli.
Sanders scoprì che il minoxidil potenzia l’effetto mitogenico in siero fetale di bovino in vitro su fibroblasti NIH3T3
aprendo i canali di potassio cellulari, ma anche potenziando gli effetti mitogenici di altri fattori di crescita.
22
Gli studi sull’uomo
Non è ancora totalmente chiaro quale sia il meccanismo d’azione del minoxidil sui follicoli umani normali,
dal momento che la maggior parte degli studi clinici si è
concentrata sulla risposta al farmaco dei follicoli affetti da
alopecia androgenetica. Nei maschi affetti da AGA, si nota
una riduzione graduale della durata dell’anagen e un allungamento del periodo di latenza del ciclo del bulbo, cioè del
tempo tra la caduta del capello (telogen-exogen) e la comparsa del ciclo successivo. Clinicamente, in caso di alopecia
androgenetica, si nota una evidente miniaturizzazione dei
fusti dei capelli. Nella forma femminile le modificazioni del
follicolo sono molto simili a quella maschile, anche se non
del tutto identiche: comunque non è stato mai dimostrato il
prolungamento della fase di latenza. Tuttavia, la gran parte
degli studi clinici nell’uomo e nella donna ha dimostrato la
capacità del minoxidil di aumentare in modo significativo la
crescita dei capelli, valutata mediante la misurazione della
conta dei capelli e del loro peso. Questo effetto comincia ad
essere evidente dopo 6-8 settimane dall’inizio del trattamento, con un picco massimo dopo 12-16 settimane.
Non è razionale pensare che questa azione così rapida sia
dovuta alla conversione della struttura miniaturizzata del
fusto, ma è più probabile che il minoxidil agisca specificatamente sul bulbo nella fase di latenza, riattivando l’inizio
del successivo anagen. Anche l’effetto di ipertricosi provocato occasionalmente dall’applicazione di minoxidil sarebbe un segno evidente dell’aumento del periodo di anagen
dei follicoli per effetto del farmaco.
Questo fenomeno spiegherebbe anche l’induzione della
caduta dei capelli dopo i primi periodi di applicazione di
un topico a base di minoxidil: infatti il farmaco accorcia la
fase telogen, inducendoli a quella di anagen in modo accelerato, ma determinando nel contempo una caduta prematura di alcuni fusti. In realtà questo effetto non sarebbe da
considerare un effetto collaterale avverso, come molti credono, ma un meccanismo d’azione del farmaco per stimolare la fase di anagen successiva.
Abell ha dimostrato che l’applicazione di minoxidil per
dodici mesi in soggetti affetti da alopecia androgenetica
determina un aumento del rapporto anagen/telogen, ma stimola soprattutto l’aumento del diametro dei fusti nei primi
quattro mesi di trattamento, con un’azione progressiva fino
al dodicesimo mese.
Vol. 1, 1, 2010
È utile ricordare a questo punto che i follicoli piliferi sono
avascolari, come del resto l’epidermide interfollicolare, e che
la loro crescita è sostenuta dal passaggio di sostanze nutritive dai capillari perifollicolari. I vasi intorno ai follicoli piliIl minoxidil sofato, così come il diazossido e il
feri sono collegati al plesso circolatorio del derma profondo
pinacidil, riducono la pressione sanguigna aprendo i canali
e dell’ipoderma. L’apporto delle sostanze fondamentali alla
del potassio (KATP) nelle cellule della muscolatura liscia dei
1
crescita del bulbo è garantita dal loro passaggio attraverso
vasi sanguigni , causando così un rilasciamento della muscol’endotelio vascolare. Kiichiro et al. 7-8, in numerosi lavori,
latura, e quindi una dilatazione del calibro dei vasi sanguigni.
hanno dimostrato la variazione della secrezione del VEGF
Poiché molti farmaci che agiscono sui canali del potassio,
nelle
diverse fasi del ciclo del capello. Durante la fase di anaanche se non tutti, determinano ipertricosi come effetto colgen si assiste ad una up-regulation del VEGF, che determina
laterale, malgrado strutture molecolari differenti (e tra questi
un aumento della permeabilizzazione endoteliale dei capilproprio il diazossido e il pinacidil) 2-3, è probabile che proprio
lari peribulbari, con aumento del flusso di sostanze dal torl’azione sui canali KATP svolga l’effetto di stimolazione sui folrente
ematico al bulbo. Non si tratta di una vera neo-angiolicoli piliferi. Non è ancora evidente se il target dell’azione
4
genesi (cioè aumento del numero dei vasi) ma solo di un
siano i vasi sanguigni peribulbari o le cellule del follicolo .
effetto di dilatazione e aumento della permeabilità.
Nel 1984 Wester e Maibach 5 hanno dimostrato che l’appliLa
crescita del bulbo nella fase anagen dipende da vari fatcazione di minoxidil al 5% aumenta il flusso sanguigno
tori
di crescita, tra cui i più importanti sono il Fibroblast
nello scalpo di soggetti affetti da AGA, utilizzando studi con
Growt Factor 7 (FGF7), l’Insuline-like Growth Factor 1
velocimetria laser-doppler e pletismografia, mentre l’uso
(IGF-1).
topico di concentrazioni inferiori (2%, 3%) non produce lo
6
Al passaggio del bulbo alla fase di catagen e telogen, i capilstesso effetto , pur svolgendo comunque un’azione clinica
lari peribulbari riducono di più di quattro volte il loro dianell’alopecia androgenetica. Non è pertanto ancora chiarito
metro, come anche dimostrato da Rinaldi e Sorbellini con
se l’azione del minoxidil sui canali KATP sia prevalentemenstudi
mediante microscopio confocale in vivo in soggetti
te a livello dell’endotelio vascolare o direttamente su cellusottoposti
a micro autotrapianto di capelli 9, dopo up-regule del follicolo, dal momento che l’azione sui canali cellulalation di VEGF mediante applicazione di una soluzione
ri del K giocano un ruolo importante in molte situazioni
topica di adenosina all’1%, rispetto a placebo (Figura 1).
patologiche.
Il meccanismo molecolare di controllo
vascolare perifollicolare non è noto,
Figura 1.
anche
se la regolazione del VEGF
In microscopia confocale, il diametro dei capillari perifollicolari è significativamente aumentato (da
2
2
95 µm a 650 µm ) dopo 1 mese di applicazione topica di adenosina 1% in soggetti sottoposti mRNA sembra essere mediato dai
fibroblasti della papilla dermica e dai
ad autotrapianto di capelli.
cheratinociti della guaina epiteliale
esterna. È certo, però, che il meccanismo di regolazione dell’apporto
nutritivo è fondamentale per il corretto funzionamento dell’“orologio” del
ciclo del bulbo. Adachi et al. 10 hanno
dimostrato che in un follicolo attivo il
consumo di glicogeno e la glicolisi
sono aumentati di 200 volte rispetto a
quelli di un follicolo in catagen, la
produzione di ATP attraverso le catene respiratorie sono 270 volte superiori nell’anagen rispetto al catagen.
n che modo il minoxidil solfato agisce
sui canali cellulari del potassio (KATP)?
I
23
Vol. 1, 1, 2010
I recettori specifici AdoR A2b stimolano la upFigura 2.
regulation della espressione genica della VEGF,
Ecto-ATPase
ma anche del FGF-7.
11
12
Adenosine
ATP Minoxidil
Lachgar e Li hanno evidenziato che il minoxiHair Growth
dil è in grado di esprimere un aumento della produzione di VEGF in colture in vitro di papille derA1
A2
Minoxidil
miche, attraverso una via di stimolazione dei recetSulfate
Ca2+
tori dell’adenosina (AdoR), attivando e aprendo i
SUR2B
recettori della sulfonil-urea della papilla dermica e
VEGF mRNA
determinando la secrezione di adenosina 5’-trifosfato (Figura 2).
Dermal Papilla Cells
L’adenosina ha diverse funzioni fisiologiche nell’organismo (incluse quella di lipolisi, vasodilatazione
e riduzione del danno ischemico cellulare) che
sono mediate attraverso la sovra-espressione o la sottoNel 2005, Randall et al. hanno dimostrato che il minoxiespressione del cAMP e dell’IP3 dei quattro sottotipi di recetdil 15 e il diazossido agiscono aprendo i canali del potassio
tori AdoR A1, A2a, A2b, A3. La regolazione di questi recete, quindi, stimolano la crescita dei fusti dei capelli in vitro.
tori (e più specificatamente di Ador A2b) determina anche la
Al contrario, la tolbutamide e la glibenclamide che chiudoup-regulation del FGF-7, una glicoproteina secreta dalle celno i canali del potassio, bloccano la crescita dei bulbi.
lule mesenchimali che stimola la attività mitotica delle celluQuesto studio dimostra chiaramente che il meccanismo d’ale epiteliali. Philpott 13 ha dimostrato che FGF-7 è in grado di
zione del minoxidil agisce direttamente sui canali del potasrallentare il passaggio del follicolo alla fase catagen in vitro.
sio all’interno di qualche cellula specifica del follicolo, dal
Il gene del FGF-7 è uno tra i più abbondantemente espressi
momento che i follicoli in vitro non hanno nessuna connesdurante la fase di sviluppo del follicolo 14, e rappresenta uno
sione con la circolazione sanguigna.
dei principali mediatori della crescita, dello sviluppo e della
Tuttavia, in altri lavori precedenti 16, non sono mai stati evidifferenziazione del follicolo (Figura 3).
denziati canali del potassio né nelle cellule della papilla
I canali di KATP sono canali intercellulari a struttura prodermica né nei cheratinociti follicolari della guaina epiteliateica che controllano il passaggio degli ioni potassio attrale esterna, pur usando tecniche specifiche di investigazione
verso le membrane cellulari di molti tessuti dell’organidel trasporto degli ioni potassio attraverso le membrane
smo. In condizioni fisiologiche sono regolati da livelli
cellulari 17.
intracellulari di nucleotidi (come l’ATP e l’ADP) regolanQuesti dati estremamente contraddittori non sono però in
do l’attività elettrica della membrana cellulare al suo
accordo con i risultati di test in vivo su macachi (18-21), in cui
metabolismo, e diverse funzioni cellulari come la secreil minoxidil provoca crescita dei capelli nell’area frontale
zione pancreatica di insulina. Varie sostanze possono
allo stesso modo di altre tre sostanze che agiscono aprendo
legarsi alla struttura dei canali di potassio, determinando la
i canali del potassio.
loro apertura o la loro chiusura. Per esempio, la tolbutamiL’incertezza dell’importanza del meccanismo di azione del
de è un potente inibitore dei canali del potassio pancreatiminoxidil sui canali del potassio nella crescita dei capelli è
ci ed è utilizzata per la terapia del diabete di tipo 2.
stata trattata con molta attenzione nel lavoro di Messenger 22.
Le due sub-unità dei recettori dei canali di potassio, interIl dubbio è stato definitivamente risolto dagli studi di
na ed esterna, sono necessarie per formare un canale funValerie Randall e Nilofer Farjo 23 et al. del 2008, che hanno
zionale. Nei diversi tessuti sono presenti differenti combievidenziato la presenza di due forme di KATP nei follicoli
nazioni delle sub-unità, a seconda della caratteristica dei
piliferi umani, e che i follicoli umani contengono dei geni
recettori della sulfunil-urea. Lo studio delle tipizzazioni dei
specifici per l’espressione sia dei recettori SUR2B e SUR1,
canali a livello dei follicoli piliferi potrà portare, nel futuro,
che per l’espressione delle sub-unità Kir6.X che determinaa farmaci sempre più efficaci e selettivi.
no la formazione dei pori del canale.
24
Vol. 1, 1, 2010
Figura 3.
Il minoxidil solfato stimola i recettori dell’adenosina a livello della papilla dermica, con conseguente up-regulation del VEGF e del FGF-7 che determina la proliferazione dei cheratinosi del
fusto (modificato da Rinaldi F et al., Forum of ISHRS, vol 17, 4, 2007).
L’espressione del gene e delle proteine del SUR2B e del Kir6.1
è localizzata nella papilla dermica, mentre quella del SUR1 e
del Kir6.2 è evidenziabile nelle cellule della matrice del
bulbo.
In accordo, quindi, con i dati in vitro e in vivo, i canali del
potassio sono espressi nelle cellule del follicolo, e su queste, direttamente, il minoxidil svolge un’azione di apertura
dei canali. Questa azione potrebbe essere uno dei meccanismi del minoxidil per prolungare la fase anagen dei bulbi
piliferi. Lo stesso studio ha anche dimostrato che i follicoli
in fase anagen precoce crescono tanto più velocemente di
quelli in fase anagen tardiva, indicando così una maggior
sensibilità al minoxidil dei follicoli nelle fasi iniziali di anagen. Questo aspetto ha un risvolto clinico: la stimolazione
di crescita dei bulbi è tanto più efficace nelle forme di alopecia androgenetica o di defluvium telogenico dove la maggior parte dei follicoli possa essere ai primi stadi di anagen.
La determinazione di due combinazioni di recettori specifici
dei canali di potassio nella papilla dermica e nella matrice del
follicolo può spiegare alcune fasi della regolazione del ciclo
del bulbo ancora poco chiare. Per esempio l’espressione genica dei recettori SUR2B e Kir6.1 a livello della giunzione tra la
papilla dermica e la matrice può indicare che questa specifica combinazione dei
due recettori dei canali svolga un’azione
da messaggero di regolazione proprio
delle due componenti del bulbo, e non
della cute: infatti nella giunzione dermoepidermica non si riscontra l’espressione
genica di questi due recettori.
La ricerca futura potrebbe portare alla
formulazione di un farmaco che contenga uno stimolatore del recettore
SUR1 dei canali del potassio, da abbinare al minoxidil per via topica, così
da avere una doppia via di azione sull’anagen e sulla crescita dei bulbi. Allo
stesso modo, nuovi studi potrebbero
individuare sostanze in grado di chiudere i canali del potassio (come la tolbutamide, per esempio) da usare per
via topica così da ottenere una efficace
cura per l’ipertricosi.
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Vol. 1, 1, 2010
ORIGINAL
Marco Toscani
Cristiano Monarca
Maria Ida Rizzo
Nicolò Scuderi
ARTICLE
Il trapianto di sopracciglio e ciglia
Dipartimento Chirurgia Plastica
e Ricostruttiva, Pol. Umberto I
Università “La Sapienza”, Roma, Italy
Marco Toscani
Eye-brow and eye-lashes transplant
The eye-brow is a unique human hair body section for many reasons as the extreme thinnes of the hair
follicle, the complicated hair pattern distribution, the acute angle between the hair-stem and the skin.
Both eye-brows and eye-lashes have a key role in the face expression expecially for anger, happiness,
surprise and sadness.
Total or partial eye-brows and eye-lashes loss may cause several degrees of desfigurement, giving the
patient an exreme discomfort.
At the Plastic and Reconstructive Surgery Deparment of University of Rome “La Sapienza”, between the
2004-2008, 40 eye-brow trasplants were made: 28 were monolateral and 12 bilateral. The aim of this
study is the evaluation of the efficacy of the eye-brow trasplant made by the hair follicles grafts draft from
the scalp instead of local flaps or skin grafts.
The microsurgical high density transplant seems to achieve a higher aesthetical outcome compared to traditional reconstructive procedures.
Key words: Eye-brow, Eye-lashes, Local flaps, High density
Introduzione
Le sopracciglia e le ciglia svolgono un ruolo chiave nell’espressività del volto in particolare nelle manifestazioni di rabbia, felicità, sorpresa, tristezza. La perdita totale
o parziale del sopracciglio o delle ciglia può causare vari
gradi di deturpazione, facilmente riconoscibile da chi osserva, con grande disagio per il paziente. Di conseguenza, il
sopracciglio e le ciglia dovrebbero essere considerati come
elemento integrale e fondamentale di ogni ricostruzione del
terzo superiore del volto 1, 2.
Il sopracciglio, infatti, è un elemento anatomico unico tra le
aree pilifere del corpo umano per molteplici motivi quali l’estrema sottigliezza dei bulbi piliferi che lo compongono, il
complesso pattern di distribuzione dei peli, l’angolo acuto
tra il fusto del pelo e la cute. Ogni pelo è corto, di piccolo
diametro e cresce lentamente; inoltre l’orientamento dei peli
del sopracciglio varia all’interno delle sue aree: infatti nella
porzione mediale i peli crescono in direzione supero-laterale, nella regione laterale invece crescono secondo una direzione inferio-laterale. Per tale motivo un trapianto di sopracciglio che non rispetti queste precise regole d’orientamento
non potrà che essere esteticamente poco valido 3. Le ciglia
d’altra parte, hanno proprietà che le rendono uniche
anch’esse come la direzione parallela, la lunghezza limitata e
affusolata, che rendono la loro ricostruzione particolarmente difficoltosa. Tra le varie tecniche proposte il trapianto
microchirurgico da sopracciglio ad alta densità appare essere una scelta vantaggiosa 4-8. Le cause che possono richiedere una ricostruzione del sopracciglio e/o delle ciglia, parzia-
29
Vol. 1, 1, 2010
le o totale, possono essere molte: asportazione di neoplasie,
traumi, dermatosi ad esito cicatriziale, endocrinopatie, alopecia areata, iatrogene, tricotillomania; inoltre alcune mode
del passato motivavano come causa di bellezza l’asportazione totale o subtotale del sopracciglio.
Le metodiche ricostruttive storicamente utilizzate per la
ricostruzione del sopracciglio sono state lembi peduncolati
assiali temporali di scalpo o innesti compositi di cuoio
capelluto, nonché il tatuaggio.
Le tecniche che utilizzano lembi ed innesti sono associate
ad una sostanziale morbidità e ad un risultato estetico gravato da una densità eccessiva del sopracciglio e un aspetto
spesso innaturale 9. La ricostruzione mediante autotrapianto di unità follicolari di cuoio capelluto, invece, può garantire un ottimo risultato, con una morbidità relativamente
minima e grande soddisfazione per il paziente. Può essere
eseguito in anestesia locale e consente un perfetto orientamento dei peli con una densità modulabile e modellabile,
riproducendo la corretta anatomia originaria e la perfetta
simmetria con il sopracciglio controlaterale 10.
Materiali e metodi
Presso Il Dipartimento di Chirurgia Plastica
Ricostruttiva ed Estetica dell’Università “La Sapienza” di
Roma, nel periodo compreso tra il 2004 e il 2008, sono
stati effettuati 40 trapianti di sopracciglio, di cui 28 monolaterali e 12 bilaterali.
Le cause sono state iatrogene, traumatiche, esiti da ustione,
oncologiche. La tecnica di impianto è stata trapianto
mono/bi-bulbare microchirurgico ad alta densità, con innesti disposti seguendo la distribuzione e l’orientamento del
sopracciglio controlaterale. L’intervento chirurgico è stato
eseguito in anestesia locale, con eventuale sedazione in
alcuni pazienti particolarmente emotivi, come procedura
ambulatoriale.
I trapianti di ciglia sono stati 3 in tre pazienti per difetto
monolaterale. Le cause sono state infettive in un caso ed
esito di radioterapia negli altri due casi. Le aree di prelievo
comprendevano la regione occipitale inferiore, a livello
della base dello scalpo, seguendo la distribuzione e l’orientamento delle ciglia controlaterali. Le sessioni d’impianto
sono state da n. 1 a n. 3 sessioni (in media 2 sessioni). Il
follow-up nel post-operatorio è stato eseguito a 3-6-12-24
mesi.
30
Risultati
La ricostruzione del sopracciglio ha garantito un
risultato estetico soddisfacente in tutti i pazienti con un’efficace simmetria, un’adeguata densità ed un corretto orientamento. La sopravvivenza degli innesti è stata del 96%
circa. La crescita è iniziata alcune settimane dopo l’impianto. Un edema postoperatorio della regione frontale periorbitaria sì è evidenziato in tutti i pazienti per circa 6-7 gg.
spontaneamente risoltosi nel giro di 8-10 gg.
La soddisfazione soggettiva è stata alta con 30 casi molto soddisfatti e 4 pazienti soddisfatti. I pazienti regolano la lunghezza delle loro sopracciglia e la loro forma in maniera individuale ed autonoma tagliandoli secondo il proprio gusto
personale. La procedura chirurgica che richiede un tempo
operatorio relativamente lungo di 2-3 ore appare spesso
tediosa ma è molto efficace.
La ricostruzione delle ciglia nei 3 casi in esame ha evidenziato un risultato soddisfacente in un caso ed un risultato poco
soddisfacente nel secondo caso per un parziale attecchimento degli innesti, ed un altro caso insoddisfacente per orientamento in trichiasi di alcuni innesti che ha richiesto la rimozione di alcune unità follicolari che avevano irritato la superficie corneale.
Discussione
La perdita del sopracciglio è facilmente riconoscibile per l’alterazione dell’estetica e dell’espressione del volto
che diventa assimilabile a quella di una maschera 1, 11.
La complessità di questa piccola area anatomica, la sottigliezza dei peli che la compongono le variazioni di direzione di questi ultimi all’interno di pochi cm di tessuto, l’angolazione variabile tra la cute e il fusto del pelo, la crescita
lenta, il diametro piccolo del pelo rendono questa chirurgia
ricostruttiva estremamente complessa.
Molte tecniche chirurgiche sono state introdotte negli anni
per ottenere il risultato estetico più soddisfacente.
Le perdite di sostanza parcellari hanno goduto di ricostruzioni con lembi di avanzamento mono - bilaterali ottenendo un risultato esteticamente valido.
Le perdite di sostanza totali o sub-totali invece richiedono
apporto di nuovi peli 9.
La ricostruzione con lembi peduncolati prelevati nel capil-
Vol. 1, 1, 2010
lizio dall’area temporale e trasposti in genere mediante tunnellizzazione cutanea/sottocutanea è stata ampiamente utilizzata specie nei pazienti ustionati. Questa tecnica appare
non scevra da rischi e morbidità soprattutto per difficoltà
nel drenaggio venoso del lembo; inoltre l’orientamento dei
peli è uniforme e il nuovo sopracciglio appare troppo spesso e folto 12.
Un’altra tecnica diffusa è l’innesto composito cutaneo di
scalpo gravata da minor morbidità rispetto ai lembi peduncolati ma anch’essa gravata dalle stesse inadeguatezze estetiche, in termini di eccessiva densità ed uniformità nell’orientamento dei peli dei lembi prelevati dallo scalpo 9, 13.
Inoltre, trattandosi di un innesto a tutto spessore è gravato
da una maggiore difficoltà di attecchimento.
Il trapianto microchirurgico ad alta densità, invece, grazie ai
progressi ottenuti nell’affinamento delle tecniche d’impianto
e al progresso nei materiali che compongono lo strumentario chirurgico (Figura 1) ha permesso l’affermazione e l’ampia diffusione di questa tecnica che può considerarsi attualmente di prima scelta nella ricostruzione del sopracciglio. In
effetti, il trapianto microchirurgico di sopracciglio ha guadagnato sempre maggiori consensi negli ultimi anni proprio
perché riesce a superare i limiti delle tecniche precedenti.
La morbidità rispetto ai lembi di scalpo è praticamente
nulla e la possibilità di orientare i bulbi trapiantati nonché
di dare al neosopracciglio una densità ed un aspetto estremamente naturale ha reso questa metodica un trattamento
valido, efficace, affidabile e che garantisce il miglior risultato estetico attualmente possibile 14-16.
Le ciglia hanno proprietà uniche; sono distribuite parallelamente a quelle vicine, crescono fino ad una lunghezza limitata, sono affusolate. Queste proprietà le rendono esclusive
Figura 1.
Strumentario microchirurgico.
rispetto alle altre parti del corpo e ne rendono la ricostruzione particolarmente complessa 4. Tra le varie tecniche proposte, il trapianto microchirurgico ad alta densità dallo scalpo
appare essere una scelta estremamente vantaggiosa. Infatti, i
peli prelevati dalla regione occipitale inferiore dello scalpo
appaiono abbastanza simili a quelli delle sopracciglia per
spessore e qualità. Tuttavia l’estrema delicatezza tissutale
rende l’intervento tecnicamente complesso.
Peraltro nei casi in cui l’area ricevente risulta particolarmente danneggiata (fibrosi cicatriziale, radiodermite) l’attecchimento può non essere totalmente valido, come è
accaduto in un caso nel quale non si è ottenuta la totale
sopravvivenza degli impianti.
Inoltre nelle donne può ritenersi utile ed in alcuni casi valido l’utilizzo complementare del camouflage mediante
tatuaggio parziale del sopracciglio che può completare o
dare un aspetto più naturale alla ricostruzione chirurgica.
La regione occipitale inferiore è stata da noi utilizzata come
area donatrice per la ricostruzione delle ciglia e del sopracciglio. Altri autori suggeriscono l’utilizzo del sopracciglio
come area donatrice nella ricostruzione delle ciglia in quanto i peli del sopracciglio appaiono molto più simili a quelli
delle ciglia rispetto ai capelli, considerando inoltre la loro
minore crescita per la minore durata della fase anagen 4.
Conclusioni
Il trapianto di sopracciglia è una efficace alternativa ai lembi peduncolati ed agli innesti compositi. Appare
una procedura pressoché scevra da rischi e gravata da minima morbidtà. Questa tecnica appare eseguibile come procedura ambulatoriale
ed in anestesia locale.
I risultati chirurgici
appaiono, inoltre, essere esteticamente
superiori a quelli ottenibili con le tecniche tradizionali relativamente più complesse rispetto al trapianto microchirurgico di capillizio ad alta
densità.
31
Vol. 1, 1, 2010
Il trapianto di sopracciglia dalla base
dello scalpo è sicuramente la tecnica
che può dare le migliori aspettative
estetiche proprio per le specifiche caratteristiche dei suoi peli, garantendo
un ripristino morfologico eccellente e
minimizzando il trauma subito dal paziente. (Figure 2, 3).
Per quanto riguarda la ricostruzione
delle ciglia potrebbe essere più indicata
come zona donatrice il sopracciglio
soprattutto nei soggetti di sesso maschile dove è naturalmente più folto.
Bibliografia
Figura 2.
Trapianto di ciglia e sopracciglio mediante microinnesti di unità follicolari prelevati
dalla regione occipitale inferiore, in paziente con esiti di necrosi da graffio di gatto.
Figura 3.
Trapianto di sopracciglio mediante microinnesti di unità follicolari prelevati dalla regione
occipitale inferiore, in paziente con esiti di depilazione permanente.
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Vol. 1, 1, 2010
CASE
Antonio Torti 1
Raffaele Gianotti 2
1 Dermatologo,
Milano, Italy
di Scienze Dermatologiche
IRCCS - Ospedale Maggiore
Policlinico - Regina Elena
Università degli Studi di Milano, Italy
Antonio Torti
2 Istituto
REPORT
Un ciclista con la parrucca:
un particolare caso clinico di follicolite decalvante
A clinical case of folliculitis decalvants
Folliculitis decalvans is a bacterial pustular folliculitis, probably originating from an altered immune
response to Staphylococcus aureus following an alteration of the mechanisms of cell-mediated immunity.
Staphylococcal folliculitis usually resolves without any scars. However, in some cases the inflammatory
process can result in a progressive destruction of the infected follicles.
In the case examined, a patient developed a post traumatic cicatricial alopecia after a road accident.
Following the application of a biadhesive prosthesis, the man developed an allergic contact dermatitis,
which resulted in an immune alteration. As a consequence, the patient showed a lack of response to the
staphylococcal infection, which led to a staphylococcal folliculitis. A surgical intervention, with the positioning of some extenders to surgically reduce the vast cicatricial area, was the only possible solution.
Key words: Cicatricial alopecia, Allergic contact dermatitis, Staphylococcus aureus, Staphylococcal folliculitis
Un uomo di 27 anni, A.L.S, giunge in ambulatorio per una
forma estesa di alopecia cicatriziale del cuoio capelluto che
interessa “a calotta” la zona del vertice.
Tre anni prima il paziente, ciclista professionista, è stato
vittima di un incidente stradale con capitombolo ed abrasione marcata della cute del cuoio capelluto (da strisciata
sull’asfalto).
Figura 1.
Figura 2.
Il paziente è stato medicato per l’escoriazione ma il coinvolgimento dei follicoli piliferi dell’area trattata ha determinato una forma di alopecia cicatriziale post traumatica.
Nei mesi successivi il paziente si è rivolto ad un centro tricologico dove gli è stata consigliata l’applicazione di una
protesi con bi-adesivo.
Dopo qualche mese dall’applicazione della protesi si è sviFigura 3.
33
Vol. 1, 1, 2010
luppata una DAC alla colla utilizzata per fissare la protesi con
innesco di una follicolite secondaria di tipo decalvante.
Quest’ultima patologia ha determinato una progressiva sofferenza dei follicoli nell’area di adesione della protesi (periferica a
quella originaria) con estensione
della zona cicatriziale.
Il paziente è stato sottoposto a
Figura 4.
terapia antibiotica e antinfiammatoria topica e sistemica con
buona risposta ma recidiva alla sospensione della terapia.
Per risolvere la situazione si è deciso di intervenire chirurgicamente con il posizionamento di estensori in modo da
permettere una riduzione chirurgica della vasta area cicatriziale altrimenti non aggredibile con intervento di microautotrapianto.
All’esame obiettivo l’area del vertice ha aspetto tipicamente
cicatriziale con marcata infiammazione perifollicolare nella
zona periferica della chiazza e con marcati segni di infiammazione da dermatite da contatto.
Istologicamente sono presenti ascessi follicolari costituiti da
un denso infiltrato perifollicolare di polimorfonucleati neutrofili, linfociti e plasmacellule associato a granulomi da
corpo estraneo e a fibrosi marcata nelle aree nettamente
cicatriziali.
La follicolite decalvante è una forma di follicolite pustolosa
batterica probabilmente legata ad una risposta immunitaria
anomala dell’ospite allo stafilococco aureo, probabilmente
per alterazione nei meccanismi dell’immunità cellulo-mediata. Normalmente infatti le follicoliti da stafilocco guariscono senza esiti cicatriziali mentre in questi casi il processo infiammatorio determina una distruzione progressiva dei
follicoli affetti.
Studi recenti dimostrano un ruolo dei linfociti T helper
nelle fasi iniziali delle lesioni seguito da un’infiltrazione di
neutrofili per attivazione di IL-8 e ICAM-1, mentre nelle
34
Figura 5.
fasi tardive della fibrosi si riconoscerebbe un ruolo fondamentale svolto da bFGF e TGF beta.
È noto anche che l’espressione dell’IFN-gamma è particolarmente marcata nelle situazioni di infiammazione cronica del follicolo (più di quanto non avvenga in altri organi) per quella sorta di privilegio immunologico di cui la
zona della bulge gode.
La particolarità di questo caso clinico risiede nel ruolo
scatenante svolto dalla dermatite da contatto all’adesivo
per la fissazione della protesi nel determinare un’ alterazione immunitaria presumibilmente all’origine poi della
mancata risposta all’infezione da stafilococco.
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Vol. 1, 1, 2010
CASE
Mauro Barbareschi
Alessandra Ferla Lodigiani
Department of Anesthesiology,
Intensive Therapy and Dermatology
Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico,
Milano, Italy
REPORT
La dermatite seborroica
del cuoio capelluto:
uno sguardo complessivo
Mauro Barbareschi
Scalp seborrheic dermatitis: an overview
Seborrheic dermatitis is a chronic skin condition that causes flaky, yellowish scales to form on oily areas.
It affects scalp and other areas where sebaceous glands are most prominent, such as face, thorax and
back. The etiopathogenesis of seborrheic dermatitis is still unclear. However, it seems it can be associated to the proliferation and altered immune response to Malassezia yeasts and to an increased androgenic
activity.
Seborrheic dermatitis affects from 1 to 3 percent of the immunocompetent population. In neonatal age
(up to one year), 70 percent of subjects develop seborrheic dermatitis. Both in neonatal and adult age
scalp is usually involved. The current treatment includes topical steroids, immunosuppressants such as
Tacrolimus and Pimecrolimus, systemic and topical antifungals such as ketoconazole and itraconazole.
Key words: Seborrheic dermatitis, Hetoconazole, Itraconazole, Tacrolimus, Pimecrolimus
La dermatite seborroica
La dermatite seborroica (DS) è un quadro dermatologico a carattere cronico-recidivante che colpisce le aree
corporee caratterizzate da alta densità di ghiandole sebacee,
e si caratterizza da lesioni di tipo eritemato-desquamativo.
Il cuoio capelluto è senza dubbio l’area più colpita. Altre
sedi coinvolte possono essere, in ordine di frequenza, il
volto, la regione presternale, la conca auricolare, la zona
interscapolare, le pieghe inguinali ed interglutea e raramente le palpebre e la congiuntiva 1.
Epidemiologia
I dati riguardanti la reale prevalenza della DS
sono limitati dalla mancanza di riconosciuti criteri diagnostici e classificativi. La forma infantile è comune, interessando circa il 70% dei neonati di età compresa tra i 3 mesi e il
primo anno di vita 2. Tra la popolazione generale immunocompetente la prevalenza varia l’1% e il 3%. Tale prevalenza
cresce se si considerano solamente i giovani adulti, attestandosi tra il 3 e il 5% 3.
Si pensa tuttavia che la sua più semplice manifestazione, la
“forfora”, coinvolga circa il 50% della popolazione totale 4.
Se consideriamo anche gli accessi saltuari, probabilmente
durante il corso della vita la percentuale di casi di DS può
raggiungere frequenze più elevate. In genere le manifestazioni sono più severe nel sesso maschile.
Il disturbo presenta numerose co-morbidità: la prevalenza
nei soggetti affetti da HIV, in particolare quelli con conta dei
linfociti CD4+ inferiore ai 400/mm2, è nettamente superiore rispetto a quella della popolazione generale ed è stimata,
a seconda degli studi, tra il 34 e l’83% 5, ragione per cui la
DS può essere considerata un marker clinico dell’avvenuta
infezione da HIV, con elevato valore predittivo positivo 6.
35
Vol. 1, 1, 2010
Numerosi studi segnalano come la prevalenza della DS sia
aumentata in concomitanza di malattie neurologiche come il
morbo di Parkinson e nel parkinsonismo indotto da terapia
con neurolettici 7, la paralisi del nervo faciale, l’epilessia,
siringomielia, poliomielite, danno unilaterale del ganglio di
Gasser, tetraplegia 8, 9, disturbi dell’umore 10, alcolismo e
pancreatite alcolica cronica 11, epatite da virus C, ischemia
miocardica, malassorbimento, obesità e varie neoplasie 12.
Può colpire soggetti appartenenti a tutte le razze e con
distribuzione geografica estremamente ampia, interessando
tutti i continenti; presenta inoltre una tipica esacerbazione
stagionale manifestandosi con più frequenza e maggior gravità durante il periodo invernale 3.
Eziopatogenesi
Le cause della dermatite seborroica sono ancora
parzialmente sconosciute. Nonostante la denominazione,
non si associa di regola ad un’aumentata secrezione di sebo,
e non si configura come una patologia a carico della ghiandola sebacea 13. L’ipotesi di un ruolo degli ormoni androgeni
si lega alla presenza della DS nelle prime settimane di vita,
quando sono presenti nel plasma del neonato androgeni di
origine materna che stimolano l’attività dei sebociti 14. Questo
spiegherebbe anche il perché la DS abbia maggiore prevalenza nei soggetti di sesso maschile, soprattutto dopo la pubertà.
Non si hanno dati circa un’ereditarietà della malattia 22.
Nel 1874 Malassez identificò, all’esame microscopico del
materiale corneo prelevato dalla cute di pazienti affetti da
DS, un lievito: tale fungo, prima identificato con il nome di
pityrosporum è ora denominato Malassezia in onore del suo
scopritore. Il suo coinvolgimento nella patogenesi della DS
è noto fin dal 1902 15.
I lavori presenti nella letteratura più recente hanno dimostrato, con l’ausilio delle tecniche di estrazione del DNA e
la PCR, che le specie prevalenti sulla cute dei soggetti affetti sono M. restricta, M. globosa e M. sympodialis 16, 17.
Anche la presenza di un altro parassita saprofitico, che abita
l’ostio dei follicoli pilosebacei, il Demodex folliculorum,
sembra essere correlata all’insorgenza della DS 18. In particolare, sulla cute dei pazienti sono presenti densità di
Demodex elevate e comunque superiori rispetto ai controlli (> 5/cm2). Verosimilmente un meccanismo riconducibile
ad una reazione di ipersensibilità ritardata di tipo IV verso
36
un antigene demodecico o di origine follicolare sarebbe
coinvolto come nei casi di rosacea papulopustolosa 19.
Altre ipotesi che sono state avanzate circa le cause, riguardano l’età avanzata, l’immobilità nei pazienti allettati, la
ridotta possibilità di detersione della cute, accumulo del
sebo che rappresenta un pabulum di riproduzione per i
microrganismi 20 e la mancanza di esposizione solare 21.
È anche di comune riscontro la correlazione tra le manifestazioni della DS e i fattori emotivi e psicogeni, inclusi gli
stati depressivi. Sono note numerose relazioni tra quadri
clinici di dermatite seborroica e contemporanea assunzione
di farmaci. I casi più frequenti sono stati osservati durante
l’uso dei sali d’oro, buspirenone, clorpromazina, cimetidina, etionamide, griseofulvina, aloperidolo, IFN-alfa, litio,
metildopa, fenotiazine, psoraleni, stanazolo. Il meccanismo
con cui tali sostanze inducono la comparsa di manifestazioni a tipo DS non è attualmente noto 8.
Istologia
Il ricorso all’esame istologico nei casi di DS è solitamente legato alla necessità di differenziarla dalla psoriasi.
Dopo colorazione con ematossilina-eosina nel preparato si
osserva iperplasia epidermica con paracheratosi perifollicolare, infiltrato infiammatorio di tipo linfocitario a livello del
derma papillare con esocitosi e spongiosi degli infundiboli, di
grado variabile, in cui si possono osservare gruppi di spore.
L’immunoistochimica rivela la presenza di un processo
infiammatorio acroinfundibolare per la presenza di depositi di IgG, linfociti CD4+ e CD45Ro+.
Nei casi di psoriasi l’infiltrato neutrofilico è più abbondante.
In diagnosi differenziale, l’istiocitosi a cellule di Langerhans,
l’eritematode e il pemfigo seborroico possono mimare una
DS 8.
Presentazione clinica
DS INFANTILE
Si tratta di una manifestazione molto frequente,
che può arrivare a interessare, come detto, fino al 70% dei
neonati 2.
Si manifesta nei primi mesi di vita, in particolare tra la III e la
VIII settimana, per poi regredire spontaneamente entro il
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terzo mese. Le forme che persistono oltre il terzo mese possono rappresentare forme di dermatite atopica o di psoriasi 12.
La DS infantile non sembra essere dovuta esclusivamente
all’aumentato stimolo dell’attività delle ghiandole sebacee
da parte degli androgeni materni, in quanto questi sono
presenti fin dai primi giorni di vita, mentre la malattia compare verso la III-IV settimana 22.
Tra i possibili fattori favorenti la comparsa, sono stati segnalati deficit di biotina e zinco nella dieta materna, un alterato metabolismo di questi da parte del neonato, o una carenza di acidi grassi essenziali 23. Fattori locali come applicazione di prodotti topici occlusivi o indumenti, che provocano aumento della sudorazione e della ritenzione di sebo,
posso favorirne l’insorgenza.
Clinicamente si può presentare in quattro forme principali:
1) Crosta lattea: forma scarsamente infiammatoria con squame giallastre e untuose su base poco eritematosa a livello
del cuoio capelluto, in particolare in regione frontoparietale, talvolta con coinvolgimento di fronte, glabella e arco
sopraccigliare. Ha esordio solitamente precoce, scompare
entro il terzo, eccezionalmente quarto mese di vita.
2) Crosta lattea con impegno delle pieghe: il cuoio capelluto
Figura 1.
può assumere l’aspetto del cosiddetto “casco seborroico”, e insieme sono coinvolte le grandi pieghe, in particolare quelle ascellari, del collo e inguinali. L’insorgenza
precoce, l’assenza di prurito e il coinvolgimento del
cuoio capelluto consentono di distinguerla dalla dermatite atopica (Figura 1).
3) Napkin psoriasis o dermatite da pannolino: da alcuni
Autori viene considerata una variante infantile di psoriasi 22, 24. Ad esordio più tardivo, si presenta all’inizio
come una dermatite irritativa da contatto nell’area gluteo-perineale, di solito non responsiva ai trattamenti,
per poi lasciare spazio a vivace eritema accompagnato da
papule desquamative, talvolta confluenti in placche,
anche su tronco, arti, volto e scalpo. La sintomatologia è
scarsa o assente e la risoluzione avviene spontaneamente in 4-8 settimane. Circa il 5% dei bambini sviluppa,
nei 10 anni successivi, un quadro di psoriasi franca 24.
4) Malattia di Leiner o eritroderma desquamativo: provocata da
un deficit della frazione C3 del complemento, si presenta
nei primi giorni di vita con eritrodermia rapidamente in
espansione su volto, tronco e arti, con lesioni iniziali tipo
crosta lattea al cuoio capelluto e al volto; talvolta sono
presenti edema degli arti, sintomi sistemici quali diarrea
persistente ed infezioni sia cutanee sia a carico di altri
organi interni. Si tratta di una forma rara e va messa in
diagnosi differenziale con le altre sopracitate 22.
DS NELL’ADULTO
Generalmente è caratterizzata da chiazze eritematose dai limiti netti, ricoperte da squame di colorito giallastro, non aderenti alla cute. La sintomatologia pruriginosa è
di solito limitata.
A livello del cuoio capelluto si presenta con aumentata
desquamazione, e a seconda della qualità delle squame si
può distinguere una forma secca, con squame piccole e
bianche che restano adese alla cute o possono depositarsi
sui capelli e i vestiti, e una forma grassa, con squame giallastre, più grosse e di aspetto untuoso e più intensa infiammazione talvolta associata a follicoliti (Figure 2, 3 e 4).
Si parla di corona seborroica quando le lesioni interessano
l’attaccatura dei capelli, la fronte e le aree retroauricolari.
A livello del tronco si possono distinguere quattro varietà:
• Petaloide, con piccole chiazze tendenti alla confluenza, in
cui la sudorazione rende poco visibile la desquamazione;
37
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• Anulare, con chiazze che tendono alla risoluzione centrale;
• Pitiriasiforme, ad esordio di solito acuto e di aspetto
simile alla pitiriasi rosea (assenza della chiazza madre);
• Follicolare, con presenza di papule e pustole. Si tratta di
una variante a sé che prende il nome di pitirosporosi o follicolite da Pityrosporum.
Specialmente nel sesso maschile, le zone ricoperte da peli
sono maggiormente interessate, e a volte la DS può essere
accompagnata da elementi pustolosi perifollicolari.
Quando vi è coinvolgimento delle palpebre, può verificarsi
blefarite e secondariamente congiuntivite; in certi casi una
blefarite cronica può essere l’unica manifestazione di DS.
Talvolta, soprattutto nei pazienti obesi e tra la III e IV decade di vita, la patologia interessa in modo specifico le maggiori pieghe corporee, a livello ascellare, inguinale, sottomammario, perianale, genitale e a volte l’ombelico. Le lesioni si presentano come aloni eritematosi a margini netti, non
desquamanti, con possibile presenza di spacchi ragadiformi; in questi casi è facile la sovrainfezione batterica che può
complicarne il decorso.
Un quadro particolare è la sebopsoriasi, situazione in cui
lesioni tipiche della psoriasi e della DS sono coespresse nello
stesso soggetto. Probabilmente in questi pazienti già con
diatesi psoriasica, si pensa che la DS agisca come fenomeno
di Köebner. In questa situazione non sono sempre osservabili le tipiche squame psoriasiche, secche, piccole e tenacemente adese alla cute. Si possono altresì riscontrare lesioni
caratteristiche della psoriasi come i twisted capillary loops 8.
Come già esposto in precedenza, la DS può manifestarsi
con forme molto più estese ed impegnative nei pazienti
HIV positivi o immunodepressi. Le lesioni possono comparire in regioni non classiche. Al volto possono manifestarsi
atipie che pongono problemi di diagnosi differenziale: negli
HIV positivi le lesioni compaiono per lo più nella metà
inferiore del volto, con papule e pustole che mimano la
rosacea. Il prurito è presente e di maggiore intensità rispetto alla norma, con frequenti impetiginizzazioni 8.
Diagnosi
Ad oggi la diagnosi della DS resta clinica, basata
sulla raccolta anamnestica dei dati riguardanti il sito di
38
Figura 2.
Figura 3.
Figura 4.
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comparsa delle lesioni, le modalità di insorgenza e l’andamento nel tempo.
Con l’esame microscopico diretto su materiale corneo prelevato e chiarificato con KOH si possono escludere infezioni da candida, tigna e dermatiti demodeciche 25. Il reperto
di abbondanti quantità di spore può orientare la terapia ed
il suo monitoraggio nei casi più impegnativi.
L’identificazione delle spore di Malassezia necessita di ulteriori tecniche microscopiche ed adeguate colorazioni.
L’osservazione al microscopio elettronico a scansione consente di osservare la presenza delle spore della Malassezia che
ostruiscono l’ostio follicolare, prima e durante la terapia 26.
data dalla presenza di manifestazioni sistemiche e dagli
esami di laboratorio.
La forma infantile della DS deve essere posta in diagnosi
differenziale con la dermatite atopica, soprattutto per la
medesima età di insorgenza. Le due patologie possono
sovrapporsi.
La diagnosi è clinica e si basa sul riscontro anamnestico di
sensibilità atopica a livello delle vie aeree, sull’intenso prurito che accompagna le lesioni e sulla presenza di queste
anche a livello degli arti.
Quando sono interessate le pieghe, la DS va differenziata
dalla candidiasi.
Diagnosi differenziale
Terapia
Quando vi è dubbio diagnostico, la maggior parte
delle volte questo si pone con la psoriasi. In questo caso il
coinvolgimento del volto è poco comune, mentre sono
interessate altre zone tipiche, in assenza delle quali le due
patologie possono essere difficilmente distinguibili sia dal
punto vista clinico che istologico. Il successo di una terapia
con ketoconazolo orale o topico può fornire un criterio diagnostico ex adjuvantibus, in quanto le lesioni seborroiche
rispondono, quelle psoriasiche no.
Eventuale presenza di papule, pustole e teleangectasie può
deporre per una diagnosi di rosacea, sebbene eritema e
desquamazione possano coesistere. Nella rosacea tuttavia è
assente il coinvolgimento del capillizio.
Quando si sospetta la presenza di una dermatite da contatto (causata dagli occhiali in sede retroauricolare, da tinture,
shampoo, lozioni) o di una fotodermatite, la presenza di
vescicole ed edema nella fase acuta, insieme all’anamesi e
all’eventuale esecuzione di patch test, indirizzano verso la
diagnosi corretta. Anche in questi casi può esservi desquamazione, ma solo in fase risolutiva, e il prurito è molto più
intenso rispetto a quello che si registra nella DS.
Il pemfigo eritematoso può manifestarsi con lesioni al volto
che possono essere confuse con la DS. Le stesse compaiono
anche al torace e al dorso e non rispondono alle terapie per
la DS. L’istopatologia e l’immunofluorescenza consentono
di distinguere le due forme 8.
Il rash malare “a farfalla” tipico del LES o le lesioni psoriasiformi fotoindotte della sua forma cutanea subacuta possono mimare la DS a livello del volto; la diagnosi sarà gui-
Lo scopo della terapia è il controllo delle forme
acute e delle recidive.
Il paziente va informato circa la natura cronica del disturbo
e istruito sulla sua gestione.
Il trattamento si basa sulla riduzione dell’eccesso di sebo
nelle aree coinvolte, sulla riduzione della colonizzazione
cutanea da parte della Malassezia e sul controllo della reazione infiammatoria.
DS del volto e del tronco
Nelle forme lievi e moderate è possibile impostare un regime che includa anche il momento della detersione, con l’uso di detergenti a base di zinco-piritione, per poi
passare all’applicazione locale di topici sotto forma di gel,
crema, schiuma cutanea o lozioni a base di antimicotici
come ciclopiroxolamina, ketoconazolo, metronidazolo, fluconazolo e terbinafina.
L’uso della ciclopiroxolamina risulta efficace per la DS di
grado lieve-moderato 27.
L’uso di metronidazolo e ketoconazolo ha dimostrato risultati apprezzabili 28.
L’uso dei corticosteroidi topici può essere utile per ridurre
velocemente le manifestazioni infiammatorie, ma andrebbe
limitato il più possibile, poiché espone al rischio di tachifilassi, sviluppo di teleangectasie e rosacea, dermatite periorale, atrofia cutanea. Inoltre possono aumentare la proliferazione delle forme microbiche sulla superficie cutanea. È
consigliabile prescriverli per brevi periodi preferendo quelli a bassa potenza.
39
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Le lesioni tendono a scomparire nel giro di 2-4 settimane e
hanno la tendenza a recidivare dopo la sospensione, per cui
è importante impostare una terapia di mantenimento per
periodi prolungati.
La luce ultravioletta può essere impiegata nei casi di DS
estesa e resistente alle comuni terapie, apportando benefici
a patto di usare esposizioni controllate per evitare fenomeni irritativi 8.
Tacrolimus 0,1% e Pimecrolimus 1% sono molecole immunomodulanti per uso topico di nuova generazione.
Agiscono inibendo l’attivazione dei linfociti T, bloccando la
produzione di citochine proinfiammatorie ed inibendo la
degranulazione dei mastociti. Non inibiscono la produzione di collagene per cui il loro uso non comporta rischio di
atrofia cutanea.
Nella DS possono essere utilizzati sia in regime continuo
che pulsato. La tollerabilità è buona, ma al paziente va
segnalata la possibilità di comparsa di un transitorio bruciore al momento dell’applicazione che non deve indurre
alla sospensione del trattamento 29.
Quando la DS assume caratteri di particolare severità e resistenza alla terapia locale, va presa in considerazione la somministrazione di farmaci per via sistemica.
Il razionale su cui si basa l’approccio sistemico è la scarsa
compliance a terapie topiche di lunga durata, la prevenzione dell’uso cronico spontaneo di steroidi topici da parte del
paziente, il tentativo di limitare l’estensione di una DS diffusa, la bonifica del follicolo pilifero, la prevenzione delle
recidive.
Il ketoconazolo alla dose di 200 mg/die per 1 mese è efficace, ma prima del suo impiego vanno considerati i potenziali effetti collaterali quali la tossicità epatica e l’interferenza a livello del citocromo P450 30. Anche il ricorso all’assunzione di itraconazolo secondo schemi posologici pulsati (“one week”) è una valida opzione per la terapia di mantenimento. Questo farmaco è dotato di maggiore tollerabilità ed efficiacia rispetto al ketoconazolo 31, 32.
I casi di DS severa possono trarre beneficio dalla terapia con
isotretinoina orale al dosaggio di 0.5 mg/kg/die per 4-5
mesi. Questa molecola agisce riducendo l’attività sebacea.
Anche in questo caso i possibili effetti collaterali possono
limitarne l’uso 20.
Per quanto riguarda la forma infantile, data la tendenza alla
risoluzione spontanea e l’età dei pazienti, la terapia è esclusivamente locale. Sulle aree intertriginose e l’area del pan-
40
nolino sono consigliati antisettici a base di eosina, creme
antinfiammatorie e paste all’ossido di zinco, mentre per la
detersione detergenti oleosi. Per il cuoio capelluto è indicato l’uso di prodotti emollienti in olio o emulsione, e se la
desquamazione è particolarmente intensa, di basse concentrazioni di acido salicilico in olio o di shampoo a base di
antimicotici nelle forme più impegnative.
DS del cuoio capelluto
L’utilizzo di presidii topici rappresenta l’approccio
elettivo e si avvale dell’uso di shampoo medicati e/o lozioni a base di sostanze fungicide o fungistatiche, cheratolitiche ed antinfiammatorie.
Quelle maggiormente attive sul genere Malassezia sono la
ciclopiroxolamina, il ketoconazolo e la piroctonolamina.
La ciclopiroxolamina inibisce la crescita di dermatofiti e lieviti impedendo l’uptake e l’accumulo delle sostanze necessarie per la sintesi della parete fungina, inoltre possiede attività antinfiammatoria inibendo il rilascio di prostaglandine
e leucotrieni 33. L’efficacia aumenta se viene associata allo
zinco-piritione 34.
Il ketoconazolo e l’itraconazolo 30 sono composti imidazolici che bloccano la sintesi dell’ergosterolo della membrana
fungina e hanno dimostrato proprietà antiproliferative nei
confronti della Malassezia, antinfiammatoria e antiseborroica. Sono efficaci nella fase acuta, nella prevenzione delle
recidive e come terapia di mantenimento 35, 36.
La piroctonolamina è una molecola dotata di attività antimicrobica ed antiossidante, ha elevata tollerabilità tanto da
poter essere considerata atossica e possiede maggior efficacia se associata allo zinco-piritione 37.
Anche shampoo contenenti selenio, benzoilperossido,
acido salicilico e catrame sono raccomandabili. Recentemente ha trovato spazio l’impiego di mousse termosensibili a base di sostanze anti DS.
Le modalità d’impiego generali da esporre al paziente circa
l’uso degli shampoo con azione antifungina sono il lavaggio
da effettuarsi 2-3 volte a settimana, con permanenza del
prodotto su cuoio capelluto per almeno 3-5 minuti per permettere al principio attivo di agire 9.
Le lesioni crostose possono essere rimosse dopo applicazione prolungata di principi quali l’acido salicilico e/o lo zolfo.
Nelle forme più impegnative può essere d’aiuto l’associazione di un prodotto topico antinfiammatorio come un steroide a bassa potenza (betametasone valerato o dipropiona-
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to, o fluocinolone), da applicare in forma di lozione o
schiuma cutanea una volta al giorno 9, 38.
Prodotti per la tinta dei capelli, soluzioni alcoliche e prodotti di cosmesi possono aggravare lo stato infiammatorio
ed andrebbero posposti alla terapia.
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TRICHOLOGICAL
Gaetano Agostinacchio
Gaetano Agostinacchio
Dermatologo,
Porto Recanati, Firenze, Italy
EVALUATION
Valutazione fotografica:
utile strumento per il paziente
che perde i capelli
Photo evaluation: a useful instrument to investigate hair loss
Investigating hair loss is extremely complex, as it requires a deep knowledge of hair anatomy, physiology and disorders. An excellent preparation, a good deal of time, a good attitude to dialogue, the use of
diagnostic techniques and an appropriate medical and surgical background are essential. Consulting a
professional dermatologists is therefore extremely important. A trichological examination needs to be
accurate, as it is important both for the doctor and the patient. Trust is essential, and photo evaluation
is definitely the most important starting point.
Key words: Photo evaluation, Professional dermatologist, Trichological examination
L’approccio ai problemi dei capelli non è semplice e richiede una grande conoscenza dell’anatomia, della fisiologia e
della patologia, richiede studio, tempo e dialogo, l’uso di
tecniche diagnostiche elaborate e preparazione medico-chirurgica. Ne deriva la centralità dello Specialista Dermatologo, che deve garantire una visita tricologica elaborata,
dettagliata e minuziosa; essa è, infatti, un momento importante sia per il medico che per il paziente, dove si instaura
un rapporto di fiducia, condizione senza la quale il cammino non può procedere.
Da una corretta visita tricologica si può arrivare ad una giusta diagnosi e una mirata terapia. Questo è il primo passo
che deve fare il dermatologo, premessa importante per
tutto il resto, tappa spesso sottovalutata, sbrigata frettolosamente o talvolta saltata: personalizzare l’approccio in base
alla tipologia del paziente, così da instaurare un rapporto di
chiarezza, di semplicità di linguaggio e di fiducia.
L'attività clinica e l'esperienza quotidiana di ogni dermatologo sono testimonianza della particolarità di certe situazioni psicologiche che affliggono un gran numero di
pazienti che si presentano dallo specialista per un problema
di capelli.
La perdita dei capelli, o la convinzione di perdere i capelli,
rappresentano la motivazione razionale di forme di ansia e
depressione più o meno gravi o di disturbi della personalità
in un numero preoccupante di persone.
Questo dato consente di evidenziare, nel quotidiano rapporto medico-paziente, tre ordini di difficoltà:
1. Assenza di rilievo clinico ed obiettivo della patologia tricologica riferita dal paziente;
2. Presenza di patologie tricologiche specifiche (ad esempio alopecia androgenetica), accompagnate dal rifiuto
del paziente di accettare tale diagnosi con conseguente
frenetica ricerca di una diagnosi alternativa;
3. Evidenza clinica di una patologia tricologica accompagnata da una scarsa disponibilità del paziente ad intraprendere la terapia.
Giusto approccio con il paziente:
Le armi diagnostiche per un giusto approccio sono:
– Anamnesi accurata e precisa;
– Esame clinico;
– Raccolta fotografica;
– Esami di laboratorio;
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– Esame videodermatoscopico;
– Esame in microscopia in luce polarizzata.
Prima di procedere allo studio di un paziente è necessario
affidarsi ad una precisa documentazione fotografica. Per la
I pazienti tricologici sono psicologicamente molto provati
e provanti.
Per alcuni, i capelli diventano l’unica ragione di vita giungono in ambulatorio con la premessa di essere molto gravi
e che il dermatologo rappresenta la sua ultima spiaggia
Figura 1.
Figura 2.
tecnica fotografica non è necessario essere un fotografo professionista, bisogna essere a conoscenza di alcuni concetti
basilari.
Una documentazione fotografica tecnica deve prescindere
da qualunque altro scopo che non sia quello di mostrare.
Essa è quasi sempre irripetibile per il continuo divenire e
per le trasformazioni umane. Il professionista deve sempre
essere cosciente che le immagini riprese verranno fissate, su
carta o su disco, come memoria storica dei fatti.
La documentazione fotografica molto raramente ha le
caratteristiche di un lavoro creativo per il Dermatologo in
quanto la qualità di testimonianza dell'esistente quasi mai
coincide con gli altri fini, pertanto è importante la metodica più della fantasia. Essa serve per fissare uno stato di
fatto, per mostrare, per documentare l’evolvere di una
situazione.
Nel nostro studio viene creato un vero e proprio “book” del
paziente che viene fotografato in precise posizioni standard. Lo scopo è quello di migliorare la qualità della percezione soggettiva delle immagini, nonché di permettere la
quantificazione oggettiva di parametri come la sorveglianza del paziente nella sua evoluzione nel tempo, la valutazione dinamica della ricrescita dei capelli in corso di terapia a distanza di intervalli di tempo che spesso non permettono al paziente di ricordare con precisione i cambiamenti avvenuti.
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Figura 3.
(quando in realtà dovrebbe essere la prima!). Riferiscono
di aver provato di tutto, ma senza risultato, con la conclusione che il loro caso è veramente grave e difficile e sicuramente rimarranno calvi nel giro di poco tempo.
Talvolta si presentano muniti di una busta o un sacchetto
contenente i capelli caduti spesso sono sfiduciati, dubbiosi e scettici nei confronti di tutto ciò si dica loro e il
medico non può ricordare quale era la situazione di un
paziente visto mesi o anni prima e lo stesso paziente non
si rende facilmente conto di quello che sta accadendo ai
suoi capelli.
Concludendo una documentazione fotografica può rendere conto del miglioramento della situazione, dello stabilizzarsi o della ulteriore perdita di capelli e dirigere il
medico nella cura più o meno pesante e impegnativa
(Figure 1, 2 e 3).
La scienza è imparziale!
Ludwig Wittgenstein (1889-1951), “Della certezza”, pp. 1920-29, Einaudi 1978.
In queste mirabili considerazioni, scritte nel secondo
dopoguerra, Wittgenstein si interroga sul come gli uomini
fabbricano le proprie certezze, osservando acutamente che
la mitologia è l'insieme delle certezze consolidate: ogni
società ha la propria mitologia, cioè quell'insieme di certezze che non mette in discussione, non perché non sia tecnicamente possibile, ma perché non è umanamente possibile, in quanto, se si mette in discussione tutto non si inizia mai un
qualche percorso di conoscenza.
Da queste considerazioni ne deriva che, mentre si dovrebbe partire dai dati di fatto per arrivare alle teorie, spesso si
parte dalle teorie per negare i dati di fatto.
La gente crede che gli scienziati siano sempre alla ricerca di nuove scoperte e nuove teorie. Ma è falso, perché essi sono profondamente conservatori. Hanno troppi dogmi da rispettare. Verità inattaccabili. Fatti “dimostrati per sempre”. E prima di rinunciarvi “l'ortodossia scientifica” usa tutte le sue armi.
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CULTURE
Daniele Campo
Amsterdam 2009:
Il Gala Dinner mancato
Daniele Campo
Istituto Ortodermico Italiano,
Roma, Italy
A Pourville vicino a Dieppe, nell’ora del tramonto, il paesaggio è da togliere il fiato, il mare è uno specchio di color piombo racchiuso dalle imponenti falaise, le scogliere dell’alta normandia, le fotografie partono una dopo l’altra. Mi sono fermato a mangiare qualcosa in un posto che rappresenta l’ideale per quelli che amano gustare cose semplici in uno scenario suggestivo.
L‘insegna lo indica con la parola francese “Huitriere”, che non fatico a
tradurmi come l’Ostricaro. Si tratta di una costruzione bianca con vecFigura 1.
chi tavoli di legno su una bella terrazza che poggia sul mare all’estremità
orientale della cala di Pourville, proprio ai margini del piccolo centro
abitato dove Claude Monet aveva trascorso un paio di settimane nella
primavera del 1882.
Monet la aveva scoperto per caso, avendo trovato la vicina città di
Dieppe poco adatta al suo “lavoro” e perché proprio a Pourville aveva
trovato una sistemazione più economica e “gustosa”, una stanza da
Pere Paul il re delle gallette. Da qui poteva dedicarsi alle magnifiche
scogliere di calcare che periodicamente lo richiamavano nelle varie
località della alta Normandia: Fecamp, Etretat, Varengeville.
All’Huitriere non esiste un menù vero e proprio, la scelta è limitata:
ostriche di tre taglie diverse, gamberetti della Normandia bolliti e serviti con un cucchiaio di maionese maison, salmone affumicato prepaFigura 2.
rato dal proprietario stesso con salmoni acquistati nel prospero mercato di Dieppe (da visitare!). Il vino bianco che consiglia è sempre lo stesso: Muscadet, la carta non ne offre altri. E comunque, non avrei desiderato altro al mondo e non rimpiango neanche il two hundred dollars
Gala Dinner che concludeva, proprio quel sabato sera, il congresso
dell’ISHRS ad Amsterdam, dove mi trovavo fino alla mattina. D’altra
parte Mademoiselle Deon era stata categorica, avrei potuto visitare il
castello solo domenica alle 10 e così avevo salutato in anticipo i colleghi al congresso e preso il TGV fino a Lille, e da lì avevo noleggiato un
bel cabriolet, mi piaceva l’idea di percorrerci quel viale di cipressi che
dal cancello porta allo Château e che avevo già intravisto l’anno prima.
Ero già stato nei dintorni di Dieppe l’anno precedente ed avevo conosciuto questa deliziosa Signora, proprio, il giorno dopo che aveva eredi-
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tato la proprietà di Wargemont.
Lei si trovava alla Mairie di
Derchigny per denunciare la
morte dello zio Alexandre
Renaudot d’Arc, uno dei discendenti di quel Renaudot che ha
dato il nome al famoso premio
letterario francese. Io mi trovavo negli uffici del Comune per
chiedere informazioni sulla famiglia proprietaria del Castello
di Wargemont, i discendenti di
quel Paul Berard che aveva chiamato nientemeno che Auguste
Renoir a dipingere alcuni pannelli decorativi della bellissima
dimora che dominava la sua
vasta proprietà, che si estendeva
fino al mare ad est di Dieppe.
Dopo la cena all’Huitriere, decido di andare a letto presto; le
notti ad Amsterdam nelle
discoteche avevano lasciato il
segno e così mi ritiro presto
Figura 3.
all’Eolliene, un tipico albergo
di campagna, più famoso per
la sua cucina al “feu des bois” che per la comodità delle sue camere, dove si sarebbe trovato perfettamente a suo agio anche
un frate francescano.
Alle dieci in punto, del giorno dopo, sto percorrendo il viale di cipressi che mi porta nel piccolo piazzale davanti all’ingresso dello
Château de Wargemont. Sul sedile del passeggero è poggiato un bel mazzo di rose bianche, sono arrivato. Il giardino è uno spettacolo: i fiori e le piante potate impeccabilmente, proprio come Renoir ce li ha riportati nelle sue tele, mantengono fino ad oggi la
tradizione dell’illustre “domaine”.
Madame Deon mi viene incontro e mi ringrazia dell’omaggio floreale, mi sento imbarazzato… i fiori che le porgo sono una goccia
in quel mare d’incanto che ci circonda.
Entriamo e mi porta dritto al piccolo saloncino attiguo alla cucina, l’ambiente dove si pranza tutti i giorni, e da una parte e
dall’altra dell’orologio antico che domina la stanza, risaltano due pannelli in legno che raffigurano i prodotti della caccia d’estate in quello a destra, e della caccia d’inverno in quello di sinistra. Autore: Pierre Auguste Renoir.
Sono protetti da due lastre di cristallo. Mentre mi prepara lei stessa un caffè mi confessa che sono le sole opere originale ancora
presenti: le altre, visti i costi di mantenimento della proprietà, sono state cedute mano mano. Mi affaccio in cucina e mi accorgo
che tutto è rimasto immutato nel tempo, il lavello fatto con lastre di marmo e le pentole tutte in rame; si accorge della mia meraviglia e mi dice che ha cercato per quello che ha potuto di mantenere il luogo incontaminato dai cambiamenti. Le chiedo allora se
il salotto dove Renoir ha dipinto una delle sue tele più celebri “Pomeriggio a Wargemont” è ancora così, mi sorride con soddisfazione e mi invita a finire il caffè per potermelo mostrare. È vero, è proprio così. Ogni cosa è ancora al suo posto, poi le faccio notare che la fodera del divano è diversa e le chiedo se posso fare una fotografia nella stessa angolazione: concesso! Avrei voluto lei
come modella nella mia fotografia al posto della Tata dei tre fratellini Berard nell’opera di Renoir, ma questo non è possibile. Per quel
poco che l’avevo conosciuta, in quella velocissima mezz’ora, sapevo che mi avrebbe detto di no.
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