Ambito soggettivo ed oggettivo dell`informazione privilegiata post

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Ambito soggettivo ed oggettivo dell`informazione privilegiata post
Mercati finanziari
Ambito soggettivo ed oggettivo dell’informazione privilegiata post
recepimento della Market Abuse Directive.
Cassazione Penale, Sez. V, 10 luglio 2006, n. 2871
Pres. Calabrese - Rel. Nappi - G.E., L.E., L.F., L.T. - Consob
Società – Abusi di mercato - Abuso Informazioni privilegiate – Insider trading primario
(Art. 2 e 132 codice penale., Art. 184 del d.lgs. n. 58 del 1998 –Art. 92 codice procedura penale)
I.
Tra la fattispecie prevista dal testo originario dell’art. 180 d.lgs. n. 58 del 1998 e la
fattispecie prevista dall’art. 184 dello stesso decreto, così come modificata dalla legge n. 62
del 2005, v’è un rapporto di specialità: una specialità per specificazione quanto ai soggetti
attivi, che risultano ora qualificati da un ruolo determinato, e una specialità per aggiunta
quanto alle condotte, più dettagliatamente descritte nella nuova fattispecie.
II. Essendo irrilevante ai fini dell’art. 2 comma 3 c.p. la specificazione relativa ai soggetti,
risulta evidentemente prevalente, quanto alle condotte, il significato lesivo dell’elemento
comune e tipico in entrambe le fattispecie, vale a dire l’abuso di informazioni privilegiate,
piuttosto che gli elementi aggiuntivi introdotti nella nuova fattispecie. È infatti l’abuso
delle informazioni privilegiate appunto il nucleo di disvalore del fatto; e questo nucleo è
rimasto immutato. Sicché v’è certamente continuità dell’illecito; e chi aveva commesso nel
vigore della precedente disciplina un fatto penalmente rilevante, ne risponderà
comunque, se il fatto allora commesso risulti rilevante anche con la nuova disciplina
sopravvenuta.
III. Considerata l’autonomia soggettiva delle società di capitali, chi ne abbia
l’amministrazione può trovarsi ad avere interessi personali contrastanti o comunque
distinti da quelli della società, anche quando ne sia socio di maggioranza. Sicché
commette un abuso chi, essendo in possesso di in formazioni privilegiate in quanto
amministratore della società, le utilizzi a scopo di profitto personale.
La Corte (omissis).
I. Con il primo motivo il ricorrente ripropone l’eccezione di nullità del decreto di citazione a
giudizio, per indeterminatezza dell’accusa, e conseguentemente dell’intero giudizio di merito.
Rileva che nel decreto di citazione a giudizio notificatogli non risultava enunciata l’imputazione
contestata a L.E., cui pure rinviava l’imputazione a lui contestata; sicché risultava incompleta la
contestazione del fatto. E aggiunge che l’indeterminatezza della contestazione risulta vieppiù dalla
mancata indicazione del luogo e del tempo della pretesa rivelazione indebita, posto che, come
riconoscono gli stessi giudici del merito, l’effettivo significato dell’addebito si sarebbe potuto
desumere solo dalle indicazioni di contesto enunciate nella sola imputazione contestata a L.E.
risultando errata la qualificazione del reato con testato come reato di evento anziché di mera
condotta. Con il secondo motivo il ricorrente ripropone una questione di legittimità costituzionale
del d.lgs. n. 58 del 1998, già sollevata dalla corte bresciana in relazione all’entità della pena
comminata in ritenuta violazione della legge delega, e lamenta che i giudici del merito non abbiano
ottemperato all’ordinanza con la quale la Corte costituzionale aveva loro demandato una
riconsiderazione della rilevanza della questione in seguito alla sopravvenuta legge n. 62 del 2005,
modificativa del decreto. Deduce che erroneamente i giudici del merito hanno ritenuto irrilevante la
questione in ragione della sanzione in concreto irrogata, contenuta entro i limiti della previgente
legge n. 157 del 1991, che si assume illegittimamente modificata dal d.lgs. n. 58 del 1998. Infatti la
pena in concreto applicabile risulta determinata sulla base della cornice edittale che gli stessi giudici
del merito riconoscono illegittimamente modificata dal d.lgs. n. 58 del 1998. Con il terzo motivo il
ricorrente deduce violazione dell’art. 2 c.p., lamentando che erroneamente i giudici del merito
abbiano ritenuto applicabile anche al fatto già contestatogli la nuova fattispecie criminosa introdotta
dalla legge n. 62 del 2005 in sostituzione di quella prevista in precedenza dal d.lgs. n. 58 del 1998.
Sostiene che la fattispecie illecita attualmente prevista dall’art. 184 del d.lgs. n. 58 del 1998,
sostituito dalla legge n. 62 del 2005, si differenzia da quella prevista in precedenza dall’art. 180
dello stesso decreto per i soggetti attivi, per le condotte tipiche, per l’oggetto materiale del reato.
Sicché non v’è continuità normativa tra le due fattispecie succedutesi e la nuova fattispecie non è
applicabile ai fatti commessi in precedenza. E se una continuità normativa si voglia nondimeno
riconoscere, essa dovrebbe essere limitata a una parte soltanto della fattispecie precedente, perché la
nuova fattispecie prevede come punibile solo la condotta di chi abbia un ruolo all’interno della
società emittente dei titoli cui l’informazione privilegiata si riferisce. Sicché egli, essendo estraneo
alla società emittente dei titoli cui l’informazione si riferiva si trova nella stessa posizione di LE.,
che per questa stessa ragione è stato prosciolto dalla corte d’appello. Con il quarto motivo il
ricorrente deduce violazione dell’art. 180 comma 1 lettera b) d.lgs. n. 58 del 1998 e dell’art. 192
c.p.p., vizi di motivazione della decisione impugnata in ordine all’effettiva sua comunicazione a
L.E. delle informazioni controverse. Con il quinto motivo il ricorrente deduce violazione dell’art.
180 comma 1 lettera b) d.lgs. n. 58 del 1998 e delle norme anche costituzionali in tema di prova,
vizi di motivazione della sentenza impugnata in ordine all’elemento psicologico del reato
contestato. Con il sesto motivo infine il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione
in ordine alla determinazione della pena.
II. Risulta preliminare l’esame dei motivi del ricorso proposto da G.E.. Il primo motivo è
manifestamente infondato, perché nell’imputazione elevata a carico de ricorrente risultano enunciati
tutti gli elementi necessari e sufficienti a identificare con precisione l’addebito mossogli: la sua
qualità di amministratore delle società H.O.P.A. e G.P. Finanziaria e la comunicazione a L.E. di
informazioni privilegiate riguardanti l’imminente trasferimento di un ramo di azienda del gruppo
Falck alle società da lui rappresentate, con abuso perciò di questo suo ruolo. Erano pertanto
superflui i reciproci richiami contenuti nelle imputazioni rispettivamente con testate a L.E. ed G.E.,
avendo tali richiami solo la finalità di enfatizzare la duplicità di prospettive in cui una stessa
vicenda finanziaria assumeva rilievo penale. Né ha alcuna rilevanza nel contesto di tali imputazioni
la mancata indicazione del luogo e del tempo della comunicazione incriminata, perché ciò che
rileva sul piano cronologico è il fatto, specificamente contestato, dell’intervento della
comunicazione prima che l’informazione comunicata fosse divenuta di pubblica conoscenza. Il
secondo motivo del ricorso è inammissibile per mancanza di interesse. La personalizzazione della
responsabilità penale impone infatti di rinunciare a una predeterminazione rigida della misura della
pena e di affidare al giudice un ambito di valutazioni discrezionali, che rendano possibile
l’adeguamento della pena alle esigenze del caso concreto, non integralmente prede terminabili in
astratto. Sicché il Legislatore deve individuare in astratto il tipo di pena irrogabile per un
determinato reato; e deve fissare per la sua commisurazione limiti quantitativi minimi e massimi.
Ma spetta poi inevitabilmente al giudice la determinazione della misura della pena in concreto
adeguata, secondo quanto appunto prevede l’art. 132 comma 1 c.p., laddove stabilisce che “nei
limiti fissati dalla legge, il giudice applica la pena discrezionalmente”, sebbene richiedendo al
giudice anche di indicare i motivi che giustificano l’esercizio del suo potere discrezionale, con
riferimento agli elementi della gravità del reato e della capacità a delinquere del colpevole, di cui
l’art. 133 gli prescrive di tener conto. Sicché sono la gravità del fatto e la capacità a delinquere del
2
colpevole i criteri di effettiva determinazione della pena, mentre i limiti esterni fissati dal
Legislatore intervengono solo a contenere nel minimo o nel massimo, ed ex post, le valutazioni del
giudice. Contrariamente a quanto il ricorrente deduce, quindi, la cornice edittale opera solo quale
limite, non quale criterio di determinazione della pena. E quindi, nel caso in esame, essendo stata
determinata la pena in una misura compatibile con i limiti esterni, minimi e massimi, che
risulterebbero dal l’accoglimento dell’eccezione di illegittimità costituzionale del d. lgs. n. 58 del
1998, ne consegue che la questione di costituzionalità è irril vante e che il motivo di ricorso è
inammissibile. Il terzo motivo del ricorso è infondato in entrambi i suoi profili. Tra la fattispecie
prevista dal testo originario dell’art. 180 d.lgs. n. 58 del 1998 e la fattispecie prevista dall’art. 184
dello stesso decreto, così come modificata dalla legge n. 62 del 2005, v’è infatti un rapporto di
specialità: una specialità per specificazione quanto ai soggetti attivi, che risultano ora qualificati da
un ruolo determinato, e una specialità per aggiunta quanto alle condotte, più dettagliatamente
descritte nella nuova fattispecie. Tuttavia, essendo irrilevante ai fini dell’art. 2 comma 3 c.p. la
specificazione relativa ai soggetti, risulta evidentemente prevalente, quanto alle condotte, il
significato lesivo dell’elemento comune e tipico in entrambe le fattispecie, vale a dire l’abuso di
informazioni privilegiate, piuttosto che gli elementi aggiuntivi introdotti nella nuova fattispecie. È
infatti l’abuso delle informazioni privilegiate appunto il nucleo di disvalore del fatto; e questo
nucleo è rimasto immutato. Sicché v’è certamente continuità dell’ illecito, come correttamente
hanno ritenuto i giudici del merito; e chi aveva commesso nel vigore della precedente disciplina un
fatto penalmente rilevante, ne risponderà comunque, se il fatto allora commesso risulti rilevante
anche con la nuova disciplina sopravvenuta. Quanto alla qualifica soggettiva del ricorrente,
amministratore delle società H.O.P.A. e G.P. Finanziaria, correttamente i giudici del merito l’hanno
ritenuta idonea a individuarlo come soggetto attivo anche della nuova fattispecie illecita. Il nuovo
art. 184 del d.lgs. n. 58 del 1998 prevede infatti che soggetto attivo del reato di abuso di
informazioni privilegiate possa essere non solo chi abbia un ruolo all’interno della società emittente
dei titoli cui le informazioni si riferiscono, ma anche chi sia in possesso di tali informazioni in
ragione “dell’esercizio di un’attività lavorativa, di una professione o di una funzione, anche
pubblica, o di un ufficio”. Ed è indiscusso che debba qualificarsi come ufficio privato il ruolo di
amministratore delle società H.O.P.A. e G.P. Finanziaria, che sin dall’origine è stato contestato ai
G.E. quale ragione dell’imputazione elevata a suo carico. Come è indiscutibile che tale ruolo del
ricorrente sia specificamente rilevante ai fini dell’imputazione di cui è chiamato a rispondere.
Considerata infatti l’autonomia soggettiva delle società di capitali, chi ne abbia l’amministrazione
può trovarsi ad avere interessi personali contrastanti o comunque distinti da quelli della società,
anche quando ne sia socio di maggioranza. Sicché commette un abuso chi, essendo in possesso di in
formazioni privilegiate in quanto amministratore della società, le utilizzi a scopo di profitto
personale. Secondo i giudici del merito è quanto è accaduto nel caso in esame, perché G.E., essendo
al corrente delle trattative in corso tra il gruppo Falck e le società da lui amministrate, ha utilizzato
queste informazioni per agevolare le speculazioni degli amici L. sui titoli del gruppo Falck. Né la
condanna di GE. è in contraddizione con l’assoluzione di L.E., appunto perché solo G. e non anche
L., aveva il ruolo di amministratore delle società che avevano in corso trattative con il gruppo
Falck. I rimanenti tre motivi del ricorso di G.E. sono inammissibili, perché propongono censure
attinenti al merito della decisione impugnata, congruamente giustificata con riferimento a una
plausibile ricostruzione dei fatti come manifestazione di un’attività speculativa condotta da G.E. in
proprio e in comunanza di interessi con i L., approfittando delle informazioni di cui disponeva quale
amministratore delle società contraenti del gruppo Falck. Tale ricostruzione, che si fonda su una
ragionevole valutazione delle prove desumibili da testimonianze (in particolare A. e F.)
legittimamente acquisite, non è infatti censurabile nel giudizio di legittimità (Omissis)
III. I ricorsi dei fratelli L. sono infondati. Nella giurisprudenza di questa Corte è invero ricorrente
l’affermazione che nel prosciogliere l’imputato da un’ipotesi di reato depenalizzata il giudice non
può ordinare la restituzione delle cose in sequestro, ma deve trasmettere gli atti all’ufficio
3
amministrativo competente perché provveda al l’applicazione della sanzione e della confisca
amministrativa (Cass., sez. III, 28 marzo 1996, Faye, m. 205447, Cass., sez. II 6 febbraio 1995,
Rane Malik, m. 201577) Questa affermazione viene di solito giustificata con riferimento alle
disposizioni transitorie delle varie leggi di depenalizzazione succedutesi nel tempo, che hanno per
lo più previsto l’obbligo del giudice di trasmettere alle autorità competenti gli atti relativi alle
ipotesi di reato trasformate in illeciti amministrativi. Tuttavia quest'obbligo di rapporto non
giustificherebbe di per sé il mantenimento del sequestro. La facoltà del giudice di disporre il
mantenimento del sequestro già esistente fu previsto esplicitamente solo dall’art. 3. comma 3 della
legge 21 ottobre 1988, n. 455, di depenalizzazione degli illeciti valutari (Casa., sez. I 27 settembre
1989, Breiner, in. 182295). E deve ritenersi che in realtà sia in applicazione analogica di questa
disposizione che la giurisprudenza successiva ha riconosciuto al giudice il potere di disporre il
mantenimento del sequestro anche in relazione ad altri illeciti depenalizzati. La legge 18 aprile
2005, n. 62, nel depenalizzare parzialmente il reato di abuso di informazioni privilegiate, ha
aggiunto al d. lgs. n. 231 del 2001 un art. 25 sexies, il cui comma 6 prevede che “l’autorità
giudiziaria, in relazione ai procedimenti penali per le violazioni non costituenti più reato, pendenti
alla data di entrata in vigore del la presente legge, se non deve pronunciare decreto di archiviazione
o sentenza di assoluzione o di proscioglimento con formula che esclude la rilevanza penale del
fatto, dispone la trasmissione degli atti alla CONSOB”. Anche questa legge, come altre leggi di
depenalizzazione, tende dunque ad assicurare una qualche continuità tra il procedimento penale e il
procedimento amministrativo di accertamento degli illeciti depenalizzati. E questa ratio di
continuità giustifica l’applicazione analogica dell’art. 1 comma 3 della legge 21 ottobre 1988, n.
455, con la conseguente legittimità del mantenimento del sequestro. Il ricorso va perciò rigettato.
(omissis)
Il COMMENTO
di Ferdinando Bruno e Nicoletta Ravasio1
La fattispecie
Con la sentenza in questa sede esaminata la Cassazione ha deciso sull'impugnazione di una sentenza
della Corte d’appello di Brescia con cui era stata confermata la dichiarazione di colpevolezza di
G.E. in ordine al delitto di abuso di informazioni privilegiate, contestatogli per avere comunicato a
L.E. informazioni relative ai piani di risutrutturazione della C.M.I. s.p.a. all’interno del gruppo
imprenditoriale Falck e al progetto di costituzione della Investimenti mobiliari Lombarda s.p.a.
mediante scissione della suddetta C.M.I., con la cessione del pacchetto di controllo della nuova
società alla G.P. Finanziaria s.p.a. e/o alla H.O.P.A. s.p.a., di cui G. era amministratore. Con la
stessa sentenza la corte bresciana, pur prosciogliendo LE. per sopravvenuta abolitio criminis e pur
revocando la confisca disposta in primo grado, ha respinto la richiesta di restituzione dei titoli
azionari sequestrati a LE., LF., e LT., disponendone la trasmissione alla Consob per l’eventuale
confisca in relazione all’illecito amministrativo di sua competenza. G.E., L.E., L.F. e L.T. sono
ricorsi per cassazione La Consob è intervenuta con memoria ai sensi dell’art. 93 c.p.p.. 2. I L. hanno
censurato la decisione relativa al mantenimento del sequestro delle azioni di loro proprietà,
lamentando l’esercizio da parte dei giudici del merito di un potere riservato dalla legge a un organo
amministrativo, vale a dire alla Consob, competente a irrogare le sanzioni amministrative
comminate per gli illeciti depenalizzati, e la violazione dell’art. 323 comma 1 c.p.p., che impone la
restituzione delle cose sequestrate quando venga pronunciata sentenza di proscioglimento cui non
segua la confisca. Essi hanno altresì aggiunto che l’art. 20 della legge n. 689 del 1981, cui la Corte
d’Appello ha fatto riferimento, non è applicabile quando, come nel caso in esame, il giudice penale
1
Settore Affari Legali/Finanza di Banche Popolari Unite S.c.p.a.. Le opinioni espresse nell'articolo riflettono esclusivamente il pensiero dell'Autore e
non impegnatno l'Istituto di appartenenza.
4
non sia competente a conoscere per connessione anche dell’illecito amministrativo cui possa
conseguire il provvedimento di confisca.G.E. I. ha proposto sei motivi d’impugnazione, esaminati
in narrativa. La Corte di Cassazione ha rigettato i vari ed articolati motivi di ricorso con le
motivazioni esposte in narrativa; le motivazioni del giudice di legittimità in relazione al rigetto di
ciascun motivo di impugnazione non sono modificative degli indirizzi della Corte, si inseriscono nel
solco di posizioni consolidate e, per tale motivo, non saranno motivo di approfondimento. La
sentenza assume, tuttavia, particolare rilevanza in merito alla trattazione della fattispecie dell'abuso
delle informazioni privilegiate che, come evidenziato nel testo della decisione della Suprema Corte,
sono state modificate in ragione della legge 62/2005 (legge comunitaria). Tale legge ha
parzialmente integrato la disciplina del d.lgs. n. 58 del 19982, la Direttiva 2003/6/CE del Parlamento
Europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003 relativa all'abuso di informazioni privilegiate e alla
manipolazione del mercato (c.d. Market Abuse Directive, di seguito anche la Direttiva)3. Ai fini di
un breve ma sistematico esame della summenzionata fattispecie, appare opportuno, in via
preliminare, un'analisi della Direttiva.
La Market Abuse Directive
Tra i temi esaminati, inter alia, nella sentenza che precede emerge la fattispecie dei c.d. abusi di
mercato, introdotti nel nostro ordinamento attraverso il recepimento della Direttiva con la legge
Comunitaria 2004; tale intervento del Legislatore comunitario ha modificato in termini sostanziali
la disciplina degli abusi di mercato sia nel nostro ordinamento che in quelli degli altri stati membri
dell'Unione Europea.4 La Direttiva disciplina l'abuso di informazioni privilegiate e le condotte
riconducibili alla manipolazione del mercato: essa consta di 44 considerando e 22 articoli. Nei
considerando è immediatamente evidenziato come un mercato finanziario integrato ed efficiente
non possa esistere senza che se ne tuteli l'integrità ed, a tal fine, il regolare funzionamento dei
mercati mobiliari e la fiducia del pubblico nei mercati costituiscono fattori essenziali di crescita e di
benessere economico. Gli abusi di mercato ledono l'integrità dei mercati finanziari e
compromettono la fiducia del pubblico nei valori mobiliari e negli strumenti derivati5. La Direttiva
è nata in ragione di una palese incompletezza normativa, atteso che, ante Direttiva, a livello
comunitario mancavano disposizioni comuni in materia di manipolazione del mercato. Infatti, prima
della Direttiva, esisteva la sola direttiva sull'insider trading (89/592/CEE) che si limitava alla
prevenzione dell'abuso di informazioni privilegiate, ma non trattava le ipotesi di "manipolazione del
mercato". Il Legislatore comunitario ha quindi ritenuto opportuno formulare la Direttiva al fine di
proporre un quadro legislativo unico, disciplinante sia l'insider trading che la manipolazione del
mercato. Secondo il summenzionato Legislatore, rientrano nella nozione di manipolazione del
mercato: a) le operazioni o ordini di compravendita (i) che forniscano, o siano suscettibili di fornire,
indicazioni false ovvero fuorvianti in merito all'offerta, alla domanda o al prezzo degli strumenti
finanziari, ovvero (ii) che consentano, tramite l'azione di una o di più persone che agiscono in
collaborazione, di fissare il prezzo di mercato di uno o più strumenti finanziari ad un livello
anormale o artificiale, a meno che la persona che ha compiuto le operazioni o che ha conferito gli
ordini di compravendita dimostri che le sue motivazioni per compiere tali operazioni o ordini sono
2
Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52, di seguito
ilTUF.
3
Su cui, tra i tanti: F. Annunziata, Il recepimento della market abuse directive, in Corriere giuridico, 2005, fasc. 6 pag. 745 – 747; S. Bartolomucci,
Market abuse e "le" responsabilità amministrative degli emittenti, in questa Rivista, 2005, fasc. 7 pagg. 919 – 925; E. Barocci, V. Faralli, Una
metodologia per l'individuazione di fenomeni di market abuse nei mercati finanziari, in Banca Impresa Società, numero3, dicembre 2004, pagg. 515532; G. Ferrarini, The European Market Abuse Directive, in Common Market Law Review, Vol. 41, Number 3 (June 2004), pp. 711-74; G. Ferrarini,
La nuova disciplina europea dell'abuso di mercato, in Rivista delle società, 2004, volume 49, fascicolo 1, pagg. 43-76 M. R., Le misure attuative
della direttiva europea sugli abusi di mercato, in Rivista delle società, 2003, fasc. 6 pag. 1352;
4
N. Moloney, New frontiers in EC capital markets law: From market construction to market regulation, in Common Market Law Review, issue 40,
2003, pag. 809-843; J. Welch, M. Pannier, E. Barrachino, J. Bernd, P. Ledeboer, Comparative Implementation of EU Directives (I) – Insider Dealing
and Market Abuse, in City Research Series, The British Institute of International and Comparative Law, n. 8, December 2005; K. Francois G.H.,
Integrity on European Financial Markets: Backgrounds, Objectives, Reasons, Overall Contents and Implications of the Market Abuse Directive, in
European Company Law, issue 1, March 2005, pages 13-21.
5
Considerando 2 della Direttiva.
5
legittime e che dette operazioni o ordini sono conformi alle prassi di mercato ammesse sul mercato
regolamentato in questione; b) operazioni o ordini di compravendita che utilizzino artifici o ogni
altro tipo di inganno o espediente; c) la diffusione di informazioni tramite i mezzi di informazione,
compreso internet, o tramite ogni altro mezzo, che forniscano, o siano suscettibili di fornire,
indicazioni false ovvero fuorvianti in merito agli strumenti finanziari, compresa la diffusione di
notizie incontrollate o di informazioni false ovvero fuorvianti, se la persona che le ha diffuse sapeva
o avrebbe dovuto sapere che le informazioni erano false o fuorvianti6. Le definizioni di
manipolazione di mercato sono adattate in modo da garantire la possibilità di includere nuovi tipi di
attività che in base alla prassi potrebbero costituire manipolazioni di mercato. La Direttiva
definisce, poi, il concetto di “strumenti finanziari"7.
Ora, la disciplina comunitaria sugli abusi di mercato, come detto, è stata recepita in Italia con la
legge Comunitaria 20048. Tale recepimento ha comportato l'inclusione nel Tuf di una serie di norme
fortemente innovative della disciplina applicabile alle società quotate. In primis, l'art. 114 (rubricato
comunicazioni al pubblico), che impone agli emittenti quotati ed i soggetti che li controllano di
comunicare al pubblico, senza indugio, le informazioni privilegiate di cui all’articolo 181 che
riguardano direttamente detti emittenti e le società da essi controllate.
Va rilevato che l'art. 181 a cui l'art. 114 fa riferimento, fa parte del Titolo I-bis del Tuf, rubricato
come abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato, che ha recepito integralmente
le previsioni della Direttiva. Il predetto articolo 181 ha un'importanza fondamentale nella
prevenzione e gestione degli abusi di mercato, perchè definisce il perno della relativa disciplina, i.e.
la nozione di informazione privilegiata, individuata in un'informazione di carattere preciso, che non
è stata resa pubblica, concernente, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti strumenti
finanziari o uno o più strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile
sui prezzi di tali strumenti finanziari. Il titolo citato disciplina poi i reati dell’abuso di informazioni
privilegiate e della manipolazione del mercato, prevedendo, per ciasucun reato, una diversa
sanzione (amministrativa e penale). Dopo questo esame preliminare della normativa relativa alla
market abuse, si passerà ad esaminare nello specifico il tema delle informazioni privilegiate, la loro
disciplina e le problematiche connesse.
L'informazione privilegiata: esame della fattispecie.
Un passaggio indispensabile ai fini dell’analisi che ci si appresta a svolgere consiste
nell’identificare l’esatta portata della nozione di “informazione privilegiata”9 così come concepita
dall’art. 181 del Tuf. Ciò richiede innanzitutto una disamina delle fonti comunitarie ovverosia della
Direttiva e delle altre disposizioni che nel definirne i profili attuativi e le misure di esecuzione
completano il quadro normativo di riferimento. Si tratta, in particolare, della direttiva n.
2003/124/CE per quanto riguarda la definizione e la comunicazione al pubblico di informazioni
6
La Direttiva evidenzia, poi, come dalle definizioni centrali riportate alle lettere a), b) e c) di cui sopra, derivano i seguenti esempi: (i) il
comportamento di una persona o di più persone che agiscono in collaborazione per acquisire una posizione dominante sulla offerta o sulla domanda di
uno strumento finanziario che abbia l'effetto di fissare, direttamente o indirettamente, i prezzi di acquisto o di vendita o altre condizioni commerciali
non corrette, (ii) l'acquisto o la vendita di strumenti finanziari alla chiusura del mercato con l'effetto di ingannare gli investitori che agiscono sulla
base dei prezzi di chiusura, (iii) l'avvantaggiarsi di un accesso occasionale o regolare ai mezzi di informazione tradizionali o elettronici diffondendo
una valutazione su uno strumento finanziario (o indirettamente sul suo emittente) dopo aver precedentemente preso posizione su quello strumento
finanziario, beneficiando di conseguenza dell'impatto della valutazione diffusa sul prezzo di detto strumento, senza aver allo stesso tempo comunicato
al pubblico, in modo corretto ed efficace, l'esistenza di tale conflitto di interessi.
7
Ai fini della Direttiva sono strumenti finanziari: (i) i valori mobiliari come definiti dalla direttiva 93/22/CEE del Consiglio, del 10 maggio 1993,
relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari ; (ii) le quote di un organismo di investimento collettivo; (iii) gli strumenti del
mercato monetario; (iv) i contratti a termine fermo (future) su strumenti finanziari, compresi gli strumenti equivalenti che si regolano in contanti; (v) i
contratti a termine su tassi di interesse (FRA); (vi) i contratti di scambio (swap) su tassi di interesse, su valute o su indici azionari ("equity swaps");
(vii) le opzioni per acquistare o vendere qualsiasi strumento rientrante in queste categorie, compresi gli strumenti equivalenti che si regolano in
contanti. Sono comprese in particolare in questa categoria le opzioni su valute e sui tassi d'interesse, a) gli strumenti derivati su merci e b) qualsiasi
altro strumento ammesso alla negoziazione in un mercato regolamentato in uno Stato membro o per il quale è stata presentata una richiesta di
ammissione alla negoziazione in un siffatto mercato.
8
Pubblicata sulla G.U. del 27 aprile 2005 la legge 18 aprile 2005 n. 62 (Legge Comunitaria 2004). L’art 9 dispone il recepimento della normativa
europea sugli abusi di mercato (manipolazione del mercato e abuso di informazioni privilegiate).
9
M. Sardo, Il nuovo regime delle informazioni privilegiate, in Rivista sul diritto penale d'impresa (www.reatisocietari.it);
6
privilegiate e la definizione di manipolazione di mercato e della direttiva n. 2003/125/CE per
quanto attiene alla corretta presentazione delle raccomandazioni di investimento e alla
comunicazione al pubblico di conflitti di interesse10.
Nella medesima ottica interpretativa è parimenti rilevante individuare, quanto meno in termini
generali, la ratio sottesa alla complessa articolazione normativa introdotta in tema di abusi di
mercato. Sovviene in primo luogo il concetto di “tutela dell’integrità dei mercati finanziari” ripreso
nel 2° e nel 12° considerando della Direttiva, cui si accompagna la necessità di “accrescere la
fiducia degli investitori nei mercati stessi”11 e, quindi, di contrastare quei comportamenti che si
traducono in un abuso di mercato (sia in termini di abuso di informazioni privilegiate sia di
manipolazione). Un secondo concetto rilevante è quello della trasparenza del mercato che
costituisce “un requisito fondamentale perché tutti gli operatori siano in grado di svolgere la loro
attività” (cfr. 15 ° considerando della Direttiva).
Ciò detto, più in dettaglio la definizione di informazione privilegiata utilizzata dal Legislatore
nazionale presuppone la presenza di quattro requisiti fondamentali: un’informazione, infatti, è
qualificabile come “privilegiata” ai sensi dell’art. 181, Tuf se, (i) ha un carattere preciso; (ii) se non
è ancora stata resa pubblica; (iii) concerne, indirettamente o direttamente, uno o più emittenti
strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari12; (iv) è price sensitive nel senso che essa, se
resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi degli strumenti finanziari.
Partendo dalla prima caratteristica essenziale ai fini della predetta qualificazione, si rileva che
l’informazione è precisa se “si riferisce ad un complesso di circostanze esistenti o che si possa
ragionevolmente prevedere che si verificherà” e che “è sufficientemente specifica da consentire di
trarre conclusioni sul possibile effetto” di tale complesso di circostanze/eventi “sui prezzi degli
strumenti finanziari” (art. 181, comma 3, Tuf). Affinché sussista il requisito della precisione,
quindi, occorre che l’informazione – come precisato dal CESR13 - si riferisca a circostanze/eventi
“veri” o in relazione ai quali “esiste una ragionevole aspettativa che diventino veri in futuro”
nonché sia “abbastanza specifica da permettere di trarre una conclusione circa il suo impatto sul
prezzo”. Rimangono dunque fuori dal concetto di precisione le notizie che ineriscono a circostanze
e/o eventi la cui realizzazione appare ragionevolmente difficile ovvero le notizie la cui genericità è
tale da non consentire di prevedere con ragionevole certezza un impatto sui prezzi degli strumenti
finanziari e, del pari, i cosiddetti rumors, cioè quei “discorsi generici di dubbia accuratezza”14. A
proposito di rumors si noti che il Regolamento Consob n. 11971/99 (c.d. Regolamento Emittenti)
impone agli emittenti l’obbligo di informare il pubblico circa la veridicità di tali notizie quando il
prezzo di mercato degli strumenti finanziari cui esse si riferiscono subisce una variazione
consistente. Ma a differenza dell’obbligo di disclosure derivante dall’art. 114 del Tuf (profilo
quest’ultimo trattato con maggiore dettaglio nel prosieguo del presente lavoro), la comunicazione in
parola non sorge in base all’idoneità ex ante della notizia ad influenzare sensibilmente il prezzo
degli strumenti finanziari bensì in seguito ad un’alterazione del prezzo riscontrata ex post15.
Il carattere non pubblico dell’informazione implica che questa non è ancora stata resa disponibile
alla generalità degli investitori (ad esempio attraverso un comunicato stampa): si è dunque in
presenza di un’asimmetria informativa che sul piano astratto è idonea a favorire, ove sfruttata, gli
10
Il quadro è completato dal Regolamento n. 2273/03 in tema di programmi di riacquisto di azioni proprie e di operazioni di stabilizzazione di
strumenti finanziari.
11
In argomento si veda G. Ferrarini, La nuova disciplina europea dell’abuso di mercato, in Rivista delle Società, n. 1, 2004; F. Denozza, La nozione
di informazione privilegiata tra “Shareholder Value” e “Socially Responsible Investing”, in Giurisprudenza Commerciale, Settembre-Ottobre 2005.
12
Secondo la definizione dell’art. 180, lett. a) TUF ai fini della disciplina del Titolo I-bis rubricato “Abuso di informazioni privilegiate e
manipolazione del mercato”, si tratta degli strumenti finanziari di cui all’art. 1, comma 2 del TUF, “ammessi alla negoziazione o per i quali è stata
presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione Europea, nonché
qualsiasi altro strumento ammesso o per il quale è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato di un
Paese dell’Unione Europea”.
13
La Committee of European Securities Regulators. Il documento è rinvenibile sul sito internet del CESR. Si veda, inoltre, T. E. Romolotti,
Tommaso, Il recepimento della direttiva market abuse e le nuove linee guida del CESR, in questa Rivista, 2005, volume 24, fascicolo 7, pagg. 13091312;
14
Cfr. Ferrarini nota 14.
15
Cfr. Comunicazione Consob n. DEM/6027054 del 28-3-2006.
7
interessi di quei soggetti che dispongono delle informazioni privilegiate, ciò a discapito di coloro
che invece ignorando dette informazioni si trovano in una posizione di debolezza rispetto ai primi.
L’informazione rilevante ai fini dell’art. 181 Tuf deve inoltre concernere un emittente oppure gli
strumenti finanziari da questo emessi. Rientrano pertanto nell’ambito della previsione non solo le
informazioni inerenti alle vicende della struttura societaria dell’emittente che possono avere origine
in seno all’emittente medesimo (cd. corporate informations, come ad esempio riorganizzazioni
interne, ricambi dei vertici aziendali, distribuzione di dividendi, approvazione di operazioni
straordinarie ecc.) o all’esterno (ad es. notizie di una scalata alla società, lancio di un’opa ecc.) ma
più in generale tutte quelle notizie che possono produrre effetti sul valore degli strumenti finanziari
o dell’emittente (ad es. la notizia di un provvedimento giurisdizionale o l’imminente introduzione di
una disposizione normativa che incidono sull’emittente o sui suoi strumenti finanziari).
Infine, costituisce altresì requisito indefettibile dell’informazione privilegiata l’idoneità della stessa,
se resa pubblica, ad incidere in modo sensibile sui prezzi degli strumenti finanziari. Al riguardo, è
definita price sensitive quella notizia che “presumibilmente un investitore ragionevole utilizzerebbe
come uno degli elementi su cui fondare le proprie decisioni di investimento” (cfr. art. 181, comma
4, Tuf). Non ogni notizia viene dunque in rilievo bensì solo quella che è in grado di incidere sulla
fisiologica formazione dei prezzi degli strumenti finanziari e di cui un investitore ragionevole
probabilmente terrebbe conto nell’operare le proprie scelte di investimento. In altri termini, occorre
mettersi nei panni di un investitore “comune”, con le attitudini proprie del “buon padre di famiglia”,
e domandarsi se sua la scelta di investire o meno in un dato strumento finanziario è determinata
dalla conoscenza proprio di quell’informazione. In relazione al fatto che il connotato di privilegio è
in vero un carattere "mutante" dell'informazione, è stato rilevato che, quando si verificano eventi
significativi per l’emittente è possibile che le informazioni relative all’evento siano da considerarsi
privilegiate. Si pensi, ad esempio, alle operazioni sul capitale, alla modifica dei patti di sindacato, al
cambio di controllo, alle ristrutturazioni aziendali, alle operazioni straordinarie, a cambiamenti nella
politica degli investimenti, all’insolvenza di debitori importanti. Anche per quanto riguarda
l’attività degli intermediari possono rilevare le condotte di gestione degli ordini del cliente o i
comportamenti dei soggetti che offrono servizi accessori16.
Si osservi come la definizione di informazione privilegiata ut supra delineata risulta peraltro essere
rilevante non solo ai fini della possibile consumazione di una condotta abusiva e/o di tipo
manipolativo bensì anche allo scopo di determinare i presupposti da cui conseguono gli obblighi di
comunicazione posti in capo agli enti emittenti dall’art. 114 Tuf. Quest’ultimo articolo, infatti,
prescrive come noto agli emittenti la diffusione al pubblico di comunicazioni aventi ad oggetto le
informazioni privilegiate di cui all’art. 181 Tuf che riguardano direttamente detti emittenti e le
società controllate nonché le operazioni aventi ad oggetto azioni emesse dall’emittente o altri
strumenti finanziari ad esse collegati effettuate, tra l’altro, tra “dirigenti che abbiano regolare
accesso a informazioni privilegiate e che detengano il potere di adottare decisioni di gestione che
possono incidere sull’evoluzione e sulle prospettive future dell’emittente quotato” (cfr. art. 114,
comma 7, Tuf). Si crea in tal modo un intimo e stretto legame tra le misure finalizzate alla
prevenzione degli abusi e norme che impongono agli emittenti specifici doveri informativi,
rendendo possibile il perseguimento del duplice obiettivo della tutela dell’integrità dei mercati, per
un verso, e della garanzia di trasparenza delle informazioni, per altro verso. Sebbene ad una prima
lettura il Legislatore sembra avvalersi di un’unica definizione di informazione privilegiata valida
per entrambe le discipline, in realtà, occorre operare alcune distinzioni fra le due tipologie di
informazioni in parola. È di palmare evidenza, infatti, che se vi fosse perfetta coincidenza tra la
definizione di informazione privilegiata in base alla quale può consumarsi il reato di insider
16
Assonime, Circolare n. 45 del 23 ottobre 2006, "La responsabilità delle persone giuridiche per illeciti di abuso di informazioni privilegiate e di
manipolazione del mercato", pag. 12.
8
trading17 (e/o di manipolazione) e quella di informazione privilegiata da cui scaturisce l’obbligo per
l’emittente di disclosure al pubblico di talune informazioni (ex art. 114 Tuf), nell’istante stesso in
cui l’informazione privilegiata assume consistenza, scatterebbe contestualmente – in base appunto
al dettato dell’art. 114 Tuf - l’obbligo di comunicazione al pubblico18, con l’effetto che non si
porrebbe alcun problema, ad esempio, di gestione dell’informazione privilegiata (si pensi
all’obbligo per l’emittente di tenere un registro delle persone che hanno accesso alle informazioni
privilegiate di cui infra). Invero, come chiarito dalla stessa Consob, le due fattispecie in parola
utilizzano due definizioni di informazione privilegiata aventi unicità di contenuto (cioè quella
dell’art. 181 del Tuf) ma “non perfettamente coincidenti in termini di funzione perseguita nelle
diverse fattispecie relative all’identificazione dell’abuso e all’adempimento di obblighi
informativi”19.
Chiarisce infatti altresì la Consob che “la disclosure imposta agli emittenti dall’art. 114 del Tuf si
limita, infatti, alle informazioni privilegiate che riguardano direttamente detti emittenti, vale a dire
che sono a essi giuridicamente riferibili, in quanto relative a circostanze o a eventi per i quali si sia
concluso il relativo iter accertativo o decisionale secondo le regole di governance di natura legale
o organizzativa interna applicabili agli emittenti stessi, ovvero informazioni privilegiate che,
riguardando direttamente gli emittenti stessi, sono ad essi comunicate da parti di terzi”. In altri
termini l’informazione rilevante ai fini degli obblighi di informazione ex art. 114 del Tuf sembra
dunque richiedere all’emittente il compimento di una verifica ulteriore con l’intento di accertare la
presenza – oltre agli elementi costitutivi l’informazione privilegiata ai sensi dell’art. 181 del Tuf
sopra illustrati – quell’elemento di concretezza che è invece assente nel concetto di informazione
privilegiata rilevante ai fini della disciplina sull’insider trading. In questi termini, l’articolo 66 del
Regolamento Emittenti della Consob, riproducendo testualmente quanto disposto dalla direttiva
comunitaria di secondo livello (n. 2003/124/CE) chiarisce che gli obblighi di disclosure si
considerano ottemperati “quando, al verificarsi di un complesso di circostanze o di un evento,
sebbene non ancora formalizzati, il pubblico sia stato informato senza indugio”20.
Definizione del soggetto attivo del reato di abuso di informazioni privilegiate
Definito il concetto di informazione privilegiata, si procede ora ad individuare il potenziale soggetto
attivo del reato di abuso di informazioni privilegiate. In proposito viene in rilievo la posizione dei
c.d. insiders primari, ovvero di coloro che sono in possesso di informazioni privilegiate in ragione
del ruolo svolto nell’ambito dell’emittente (ad es. componente di organi di amministrazione,
direzione o controllo), della partecipazione (a qualsiasi titolo, in qualsiasi forma e a prescindere
dalla quota) al capitale dell’emittente ovvero dell’esercizio di un’attività lavorativa, di una
professione o di una funzione anche pubblica o di un ufficio e che pongono in essere una delle
seguenti condotte: (a) acquisto, vendita o compimento di altre operazioni, direttamente o
indirettamente, per conto proprio o per conto di terzi, su strumenti finanziari utilizzando le
informazioni medesime; (b) comunicazione di tali informazioni ad altri, al di fuori del normale
esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell’ufficio; (c) raccomandazioni al
compimento di taluna delle operazioni di cui alla lettera a).
17
In argomento: C. Amatucci, C. Di Amato, Insider trading, Milano, 1993; U. Bhattacharya, H. Daouk, The world price of insider trading, 2000; S.
Cappiello, Insider trading e Banca Centrale Europea, in Il foro italiano, n° 5, 2002; P. Carbone, Tutela civile del mercato e insider trading, Padova,
1993; G. Carriero, Informazione, mercato e buona fede, Milano, 1992; F. Cocchetti, Insider trading e processo penale: è proprio vero che non esiste
una normativa processuale ad hoc in L’indice penale, n°1, 2002; L. Enriques, A. Macchiati, A proposito di due decisioni della magistratura
sull’insider trading in Mercati concorrenza regole, n° 1, 2002: S. Fabrizio, Gli studi prodotti dagli analisti finanziari. Conflitti di interesse, prime
evidenze empiriche in Banca impresa società, 2000; G. Fanelli, Insider trading, informazione sul mercato ed aspetti sostanziali e processuali
penalistici in materia in Rivista penale, n°1, 2002.
18
Ferma restando la possibilità concessa all’emittente di richiedere di ritardare la comunicazione in presenza di circostanze idonee a pregiudicare i
legittimi interessi dell’emittente medesimo. I termini e le condizioni cui è subordinata l’esercizio della facoltà in parola sono contenuti nell’art. 66-bis
del Regolamento Emittenti.
19
Cfr. Comunicazione Consob n. DEM/6027054 del 28-3-2006.
20
Cfr. Comunicazione Consob nota precedente.
9
Nell’evidenziare che la definizione di insider primario, quindi, presuppone che il soggetto attivo
occupi una posizione che gli assicuri un accesso agevole ad informazioni privilegiate, occorre
aggiungere che il Legislatore disciplina altresì ipotesi di abuso di informazioni privilegiate derivanti
da condotte riconducibili ai cd. insiders secondari, ovvero a coloro che – a prescindere dall’attività
svolta e/o dal ruolo ricoperto - essendo a conoscenza “in base ad ordinaria diligenza” di
informazioni privilegiate (acquisite direttamente o indirettamente da insiders primari) pongono in
essere operazioni analoghe a quelle compiute dagli insiders primari avvalendosi di tali
informazioni21. Costituiscono altresì reato e sono puniti nella stessa misura degli atti compiuti da
insiders primari, le condotte poste in essere da coloro che sono in possesso di informazioni
privilegiate “a motivo della preparazione o esecuzione di attività delittuose” (art. 184, comma 2,
Tuf). Ed è proprio quella di insider primario la qualificazione che la Suprema Corte ha dato al
soggetto colpevole di aver abusato delle informazioni privilegiate di cui è venuto in possesso in
ragione della sua carica di amministratore della società interessata al reato. Il Giudice di Legittimità
ha all'uopo rilevato come l’autonomia soggettiva delle società di capitali, chi ne abbia
l’amministrazione può trovarsi ad avere interessi personali contrastanti o comunque distinti da
quelli della società, anche quando ne sia socio di maggioranza. Sicché commette un abuso chi,
essendo in possesso di in formazioni privilegiate in quanto amministratore della società, le utilizzi a
scopo di profitto personale.
Si noti, infine, che oltre alla responsabilità (penale o amministrativa) del soggetto che ha commesso
un abuso di mercato, il Legislatore ha previsto – attraverso l’introduzione al D.Lgs. n. 231/2001
dell’art. 25 sexies – che i reati di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione di mercato
rientrino nel novero dei cosiddetti “reati presupposto” ai fini della responsabilità della società. Il
fatto che i reati “presupposto” (artt. 184 – 185 Tuf) attengano alla materia finanziaria non significa
tuttavia che gli enti interessati alla responsabilità ex art. 25 sexies siano solo quelli menzionati
nell’art. 1 TUF (d.lgs. 58/98), quali, ad esempio, le società di intermediazione mobiliare, le imprese
di investimento, le SICAV, le SGR. La selezione degli enti a rischio deve essere, piuttosto,
effettuata avendo riguardo alle fattispecie criminose e, dunque, ai comportamenti penalmente
illeciti: gli enti interessati potranno perciò essere una società emittente o un ente che partecipi al
capitale dell’emittente, le società di revisione, le società di rating, le società di consulenza e quelle
editrici di pubblicazioni quotidiane o periodiche.22
Tanto atteso, si esamineranno ora alcuni fra gli strumenti predisposti dal Legislatore comunitario, e
recepiti dal nostro Legislatore nazionale, volti ad evitare il verificarsi di abusi di informazioni
privilegiate.
Informazioni privilegiate ed obbligo di tenuta del registro.
Poiché sussiste il rischio concreto che il reato di abuso di informazioni privilegiate si consumi
all’interno dell’emittente ad opera appunto dei cosiddetti insiders primari, il Legislatore, in
un’ottica preventiva, ha previsto l’obbligo per gli emittenti di dotarsi di adeguate procedure interne
sulla circolazione e il monitoraggio di tali informazioni. Tali procedure, tra l’altro, dovrebbero
consentire di circoscrivere la formazione e la diffusione sul mercato dei cosiddetti rumors nonché al
contempo di agevolare lo svolgimento dell’attività di vigilanza da parte della Consob23. Ed invero,
per impedire la commissione del reato di abuso di informazioni privilegiate e, al contempo
21
La Direttiva, ispirandosi alla nozione di tippee presente nella legge statunitense identifica l’insider secondario in colui che in possesso di
informazioni privilegiate, sa o potrebbe sapere che si tratta per l’appunto di informazioni privilegiate. Come evidenziato da Ferrarini (op. cit), tuttavia,
diversamente dal diritto statunitense la Direttiva non richiede né che vi sia una “soffiata” da parte degli insiders primari (violando così il rapporto
fiduciario con la società), né un’indebita appropriazione da parte degli insiders secondari delle informazioni stesse. In argomento anche M. Bellacosa,
“Insider Trading”: manipolazione, abusi di mercato e responsabilità”, in Diritto e Pratica delle Società, n. 11 20 giugno 2005.
22
Assonime, cit., pagg. 11-12,. A riguardo, la Circolare de quo cita Santi, La responsabilità delle “persone giuridiche” per illeciti penali e per illeciti
amministrativi di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazioni di mercato, in BBTC, 2006 p. 96.
23
Cfr. Comunicazione Consob nota n. 21.
10
escludere ove il reato si consumi, la responsabilità dell’ente, è opportuno perciò che i modelli
organizzativi di cui la società si dota contengano regole volte a disciplinare la circolazione dei flussi
informativi endosocietari. A tal fine può essere utile prevedere una procedimentalizzazione
dell’attività aziendale che consenta di distribuire l’informazione ai diversi soggetti responsabili
delle aree di attività, evitando però che essa circoli senza controllo all’interno dell’ente. Le modalità
di gestione dei flussi informativi devono anzitutto garantire la tracciabilità dell’informazione
privilegiata, avuto riguardo alle sue modalità di circolazione interna e esterna.24
In quest’ottica, l’art. 115-bis del Tuf impone agli emittenti quotati e ai soggetti in rapporto di
controllo con essi ed alle persone che agiscono in loro nome o per loro conto, di istituire un registro
delle persone che (per il ruolo ricoperto, per l’attività svolta ecc.) hanno accesso ad informazioni
privilegiate. La definizione delle modalità in tema di istituzione, tenuta e aggiornamento del registro
in parola è stata affidata direttamente alla Consob che vi ha provveduto con l’inserimento degli artt.
152-bis a 152-quinquies del Regolamento Emittenti.
I soggetti obbligati alla tenuta del registro sono pertanto sia gli emittenti quotati (cioè i soggetti
italiani o esteri che emettono strumenti finanziari quotati25) che società in rapporto di controllo con
detti emittenti (intendendosi con tale espressione sia l’eventuale soggetto controllante l’emittente
quotato o controllato dal medesimo). Ovviamente, con riferimento alla controllante le informazioni
rilevanti sono quelle relative ad eventi o circostanze idonee – in base ai criteri precedentemente
delineati – ad influenzare il prezzo degli strumenti finanziari della controllata quotata. Parimenti,
relativamente alla controllata, le informazioni rilevanti sono quelle che invece riguardano la
controllante quotata. Per quanto attiene invece ai soggetti in possesso di informazioni privilegiate
che agiscono in nome o per conto dell’emittente o dei soggetti in rapporto di controllo con i
medesimi (si pensi ad esempio ad un consulente), si osserva come la tenuta del registro costituisce
un adempimento di cui i soggetti in questione rispondono in via autonoma. In tali casi, infatti,
l’emittente che ha conferito l’incarico al terzo in parola ha quale unico obbligo l’inserimento nel
proprio registro del nominativo del terzo incaricato, se persona fisica, ovvero della società
incaricata, se persona giuridica (fermo restando che l’emittente dovrà in quest’ultimo caso
comunque inserire nel proprio registro il nominativo del soggetto appartenente a detta società che è
responsabile dell’attività svolta). L’attivazione del registro da parte dei terzi incaricati dall’emittente
presuppone ovviamente che quest’ultimo abbia avvertito il proprio consulente circa la natura
privilegiata di talune informazioni a cui ha (o avrà) accesso, circostanza questa che comporterà
l’obbligo per l’emittente di inserire il consulente stesso nel proprio registro. Invero, prima ancora
dell’inserimento nel registro e della relativa notifica al soggetto interessato, soprattutto se esterno
alla società (l’art. 152-quinquies del Regolamento Emittenti prescrive ai soggetti che tengono
registro di informare tempestivamente le persone iscritte di tale circostanza provvedendo ad
informare gli stessi degli obblighi derivanti dal fatto di avere accesso ad informazioni privilegiate
nonché delle sanzioni applicabili in caso di diffusione non autorizzata delle informazioni
privilegiate medesime), cioè anteriormente al momento in cui si ha contezza della natura
privilegiata di una certa informazione, appare quanto mai opportuno sottoscrivere un accordo di
riservatezza nel quale l’emittente avrà cura di definire le modalità di accesso alle informazioni
riservate che lo riguardano, i soggetti autorizzati a tale accesso, la tipologia di informazioni
confidenziali che potrebbero essere illustrate al terzo nel corso dell’espletamento dell’incarico.
Con riguardo all‘individuazione dei soggetti da includere tra il novero di quelli che agiscono in
nome o per conto dell’emittente o dei soggetti in rapporto di controllo con esso, la Consob, in via
prudenziale,26 ha invitato gli interessati a non limitarsi ad un’interpretazione “meramente formale”
delle caratteristiche che qualificano i rapporti riconducibili alle fattispecie de quo. Sulla base di
questo approccio, in via esemplificativa ma non esaustiva la Consob considera pertanto rilevanti i
24
Assonime, cit., pag. 12.
Cfr. art. 1, comma 1, lett. w) del TUF.
26
Cfr. Comunicazione Consob nota n. 21.
25
11
rapporti con: (i) consulenti legali e/o fiscali relativamente ad operazioni che coinvolgono
l’emittente; (ii) banche che realizzano programmi di finanziamento particolarmente rilevanti per la
stabilità dell’emittente o che richiedono anche la prestazione di attività di consulenza (ad esempio
finanziamenti destinati alla ristrutturazione del debito o connessi ad operazioni straordinarie); (iii)
soggetti abilitati27 nella misura in cui aderiscono a consorzi di collocamento e garanzia per
l’emissione di strumenti finanziari dell’emittente; (iv) società di revisione; (v) i soggetti abilitati che
svolgono la funzione di sponsor28 a favore di un emittente.
Si rammenta infine che tra i soggetti tenuti agli adempimenti in parola (i.e. obbligo di dotarsi di
adeguate procedure per la circolazione e per il monitoraggio delle informazioni privilegiate, fra cui
appunto la tenuta del registro delle persone che hanno accesso ad informazioni privilegiate) la
Consob annovera altresì le società di rating in quanto soggetti che, da un lato, devono essere
considerati indipendenti rispetto all’emittente e, dall’altro lato, sono remunerati dall’emittente
medesimo. Quanto all’attività concernente l’identificazione in concreto dei soggetti da includere nel
registro si osserva come essa è intimamente connessa all’identificazione di quei soggetti che – in
ragione del ruolo ricoperto nell’ambito della società o dell’incarico svolto per conto della stessa –
hanno accesso ad informazioni privilegiate. In argomento, la Consob ha avuto modo di chiarire che
se da un lato, l’accesso in questione “non implica necessariamente il possesso effettivo di
informazioni privilegiate, che è invece requisito essenziale dei comportamenti di abuso di tali
informazioni”, dall’altro lato il ridetto accesso non deve essere circoscritto ad una mera eventualità
laddove se così fosse, vi sarebbero registri colmi di nominativi con l’evidente rischio di svilire
l’obiettivo perseguito dalla norma e l’efficacia della stessa. Anche nella caso in esame, risulta
imprescindibile la presenza di una procedura adeguata nella quale siano definite, in via
esemplificativa, le eventuali fonti interne di informazioni privilegiate (rectius i soggetti che
presumibilmente, avuto riguardo della specifica struttura organizzativa dell’emittente e delle
funzioni da essi svolte per l’emittente hanno effettivamente possibilità di accesso/conoscenza di
informazioni privilegiate), le modalità di gestione dell’informazione privilegiata (utilizzo di
password per regolare l’accesso ad alcuni archivi e/o documenti, accesso limitato in via esclusiva a
determinati soggetti), le regole ed i soggetti preposti al presidio della circolazione delle
informazione privilegiate. Fermo restando che è rimessa alla facoltà dell’emittente la scelta delle
soluzioni procedurali ritenute più idonee avuto riguardo anche della propria struttura organizzativa
(si pensi ad esempio la scelta di adottare un registro informatico piuttosto che cartaceo), la Consob
stabilisce per un verso, che le modalità di tenuta dei registri devono soddisfare almeno i requisiti
minimi: 1) di certezza della data di ogni annotazione; 2) di immodificabilità del contenuto e, per
altro verso, che lo strumento informatico pare rispondere in modo migliore alle “esigenze di pronta
esibizione e agevole consultazione in caso di apposita verifica disposta dalla Consob”.
Tornando alla definizione di insider primario poc’anzi illustrata è ragionevole quindi attendersi che
nel registro delle persone che hanno accesso alle informazioni privilegiate siano sempre inclusi i
componenti degli organi di amministrazione, di direzione e di controllo dell’emittente, in quanto
soggetti che in virtù del ruolo ricoperto si trovano indubbiamente nella condizione di conoscere in
via continuativa le informazioni privilegiate riguardanti l’emittente. Questi insiders possono
eventualmente essere inclusi in un’eventuale sezione “permanente” del registro (l’inserimento di
tali soggetti, infatti, pare potersi attuare per le ragioni sopra esposte in via automatica, fermo
restando ovviamente il rispetto degli obblighi informativi previsti; diversamente la cancellazione
dal registro sembra potersi ricollegare all’ipotesi di cessazione dell’incarico); per contro, le persone
che solo occasionalmente accedono a specifiche informazioni privilegiate (insiders occasionali)
andranno ad occupare l’eventuale sezione “variabile” del registro, ovvero una sezione che in base
27
L’art. 1, comma 1, TUF definisce i soggetti abilitati “le imprese di investimento, le Sgr, le società di gestione armonizzate, le Sicav nonché gli
intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’art. 107 del T.U. bancario e le banche autorizzate all’esercizio dei servizi di investimento”.
28
Intermediario cui spetta il compito di accompagnare una società emittente nell’iter di quotazione, garantirne l’affidabilità del business plan e
agevolare i contatti con analisti e investitori.
12
alla procedura di circolazione delle informazioni privilegiate definita dall’emittente, richiederà una
gestione dinamica di questi nominativi (la cancellazione dal registro di un insider occasionale non è
remota ma direttamente connessa alla circostanza in cui l’informazione privilegia che aveva
determinato l’iscrizione cessa di essere tale, ad esempio perché è resa pubblica mediante
comunicato stampa).
In via conclusiva è interessante notare come non vi è esatta coincidenza tra i criteri che portano
all’identificazione dei soggetti da includere nel registro ed i criteri previsti nell’art. 114, comma 7,
Tuf (e nelle relative norme secondarie di cui agli artt. da 152-sexies a 152-octies del Regolamento
Emittenti) ai fini dell’identificazione dei cosiddetti “soggetti rilevanti” ai sensi dell’applicazione
delle disposizioni in tema di comunicazione di talune operazioni su strumenti finanziari
dell’emittente quotato. Nel primo caso (cioè per l’iscrizione nel registro), infatti, il criterio è ampio
e genericamente rappresentato dalla condizione di avere accesso all’informazione privilegiata sulla
base del ruolo ricoperto/attività svolta, a prescindere tuttavia da qualsivoglia specifica soggettiva
dell’individuo (non conta cioè se il soggetto è un amministratore, sindaco, socio di rilevanza ecc.);
nel secondo caso, invece, cioè per la cosiddetta disciplina sull’internal dealing gli obblighi di
comunicazione riguardano, tra gli altri, i soggetti che svolgono funzioni di direzione (ad es. direttori
generali), i dirigenti che abbiano regolare accesso ad informazioni privilegiate e muniti del potere di
adottare decisioni di gestione che possono incidere sull’evoluzione e sulle prospettive future
dell’emittente quotato29, i soggetti che detengono una partecipazione pari almeno al 10% del
capitale sociale dell’emittente quotato, alle persone strettamente legate ai soggetti rilevanti (ad es.
da rapporti di parentela). Prima di concludere questa breve analisi, non si può non rilevare come
l'Assonime – sempre in tema di elaborazione di modelli organizzativi ex D.Lgs. 231/01 - abbia
inoltre suggerito quale ulteriore strumento per garantire la tracciabilità dell’informazione l’adozione
di procedure standard per la produzione e la circolazione delle informazioni periodiche e di
procedure specifiche per l’elaborazione e la gestione delle informazioni aventi natura
straordinaria30. L'istituto, in ragione dell'esperienza dei propri associati, evidenzia altresì come
anche in fase di formazione del personale sia importante che venga compresa l’importanza della
tutela della riservatezza dell’informazione privilegiata, in modo che sia chiaro, e appartenga al
patrimonio di ciascun soggetto, che l’uso indebito di un’informazione acquisita nell’ambito di una
funzione aziendale è contrario ai principi di corretta gestione imprenditoriale. A queste precauzioni
va ad aggiungersi la previsione di regole volte a monitorare le attività rilevanti e le operazioni
effettuate dal personale, in modo da assicurare costantemente un controllo sull’attività. In questo
senso può essere un utile deterrente anche la previsione di sanzioni disciplinari da applicarsi in
relazione a quei comportamenti che deviano da quanto indicato nel modello organizzativo. Infine,
ad avviso della predetta Associazione, un altro strumento utile di prevenzione, che gli emittenti
possono utilizzare nell’ottica di prevenire abusi di informazioni privilegiate consiste nella
predisposizione di procedure che limitino la possibilità per i dipendenti della società di acquistare o
vendere azioni per un certo lasso di tempo quando siano circolate informazioni privilegiate (ad es.
in prossimità di consigli di amministrazione che approvano rendiconti periodici o un’operazione
straordinaria, un piano industriale ecc.)31.
29
Non essendo possibile identificare ex ante i soggetti rientranti in questa categoria, l’individuazione dovrà essere effettuata dall’emittente sulla base
di un’analisi condotta caso per caso (cfr. Comunicazione Consob).
30
Assonime, cit., pag. 12,.
31
Assonime, cit., pag. 13..
13