L`invecchiamento con e nella disabilità mentale
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L`invecchiamento con e nella disabilità mentale
L’INVECCHIAMENTO CON E NELLA DISABILITÀ MENTALE MARTEDÌ ANFFAS 23/03/2011 NOTE PER LA DISCUSSIONE PREMESSA Questa è la I Stagione dei Servizi per il Disabile Anziano, nel passato, oltre ad una aspettativa di vita, molto inferiore all’attuale, esistevano i grandi Istituti Manicomiali, le famiglie allargate e, il “dopo di noi” aveva un significato completamente diverso, alla morte del o dei genitori, sempre che il figlio disabile fosse ancora in vita, c’erano i parenti e i vicini, pronti ad accudirlo, nella casa in cui era nato e vissuto. E’ la I stagione in cui i disabili mentali diventano anziani, e lo è per i genitori, per i fratelli, per gli operatori (ai quali dovrebbero essere riconosciuti, almeno i diritti previsti per i lavori usuranti), lo è per i Servizi Sociali, tanto è che si fermano all’età adulta, non esiste, infatti un Sevizio “Handicap anziano”. DISABILI MENTALI Con l’approvazione nel 2001 da parte dell’O.M.S.del “Classificatore Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute” noto come I.C.F. si assiste ad un importante cambiamento nel modo di descrivere lo stato di una persona. Non ci si riferisce più a un disturbo strutturale o funzionale, senza rapportarlo a uno stato considerato di salute. Funzioni Corporee, Strutture Corporee e Attività e Partecipazione, sostituiscono termini quali “Menomazione”, “Disabilità”, “Handicap”. L’O.M.S. ci invita a ricercare un equlibrio nello stato di salute di una persona fra i diversi aspetti che la compongono, le funzioni fisiologiche, comprese quelle psicologiche, le parti anatomiche del corpo, l’attività e la partecipazione. Invecchiare significa per ognuno di noi riequilibrare mano a mano questi aspetti, in base alla loro preponderanza. Si dice che chi mantiene uno spirito giovane, resta giovane. Il disabile mentale ha una struttura psicologica semplice, resta così apparentemente uno spirito giovane, senza avere però una consapevolezza del proprio unvecchiamento, spesso ciò avviene anche da parte di chi gli sta vicino. I ritmi di vita restano invariati e, se non intervengono gravi problemi di salute, lo stile di vita di un quarantenne è uguale a quello di quando aveva 20 anni. Essere consapevoli del proprio invecchiamento, significa esserlo non solo rispetto al corpo e alla salute, ma anche agli eventi umani, alla morte dei nostri genitori e successivamente alla nostra. Questo argomento è il tabù più feroce, superiore a quello sulla sessualità, l’amore e il matrimonio. Non è facile educare e dare risposte alle istanze sessuali del proprio figlio disabile, men che meno all’inevitabilità della morte e del distacco. Un disabile anziano non è un anziano disabile, i motivi sono tanti, il principale è proprio legato a quanto detto sopra, il disabile mentale ha una struttura psicologica semplice, diventa adulto anagraficamente, ma resta giovane nello spirito e inconsapevole del proprio invecchiamento, può in alcuni casi essere consapevole della propria disabilità, ma difficilmente della propria anzianità. Contrariamente un anziano disabile è sicuramente consapevole del proprio invecchiamento, è stato giovane, poi adulto e poi anziano, consapevole dello scorrere degli anni e delle fasi evolutive della propria vita,poi può avere acquisito una disabilità che può avergli fatto perdere il ricordo di tutto ciò. I Servizi Sociali ancora una volta sembrano dimenticare questo aspetto e si organizzano sulla età anagrafica del disabile mentale e non sulla sua consapevolezza evolutiva; così come a 18 anni diventano adulti e devono passare dai Servizi Materno Infantili o di Neuropsichiatria Infantile a quelli definiti, fino a poco tempo fa dell’Handicap Adulto, così allo scadere dei 65 anni diventano anziani e ancora una volta passano dai Servizi per l’Handicap Adulto ai Servizi per gli Anziani, così oltre a divenire anziani diventano anche normali, dovendo utilizzare un Servizio previsto per tutti, non esiste, infatti un Sevizio “Handicap anziano”. GENITORI Processo di individuazione (io sono io tu sei tu) si contrappone al processo simbiotico (io sono te e tu sei me). C.G.Jung a questo proposito diceva: “ Uno dei compiti più importanti e difficili del processo di individuazione, è quello di colmare la distanza fra le persone…C’è sempre il pericolo che la distanza venga accorciata da una parte sola, e questo porta inevitabilmente a una sensazione di violazione seguita dal risentimento. Ogni rapporto ha la sua distanza ottimale, che, naturalmente, deve essere scoperta attraverso prove ed errori”. Per i genitori il diritto all’invecchiamento è in parte negato, i servizi non sono in grado di sostituirsi alla famiglia, e in parte autonegato, ci sono genitori, soprattutto madri, che a 65/70 anni conducono tempi e ritmi di vita di quando avevano 30 anni. Contrariamente ai loro figli, non perché il loro spirito sia giovane, ma per un mancato processo di individuazione, di quella giusta distanza dall’altro. Certo non è semplice prendere la distanza dal proprio figlio disabile, sappiamo bene che la relazione quotidiana di cura e assistenza fisica e psicologica che la disabilità richiede, porta più facilmente a un processo simbiotico che di individuazione. Educarsi alla distanza richiede una percezione di noi, dei nostri bisogni e desideri, di tempi e ritmi personali, necessita altresì, la possibilità di sperimentarsi attraverso prove ed errori e, in questo la carenza di servizi, non aiuta certo. I Servizi offerti si connotano in una dimensione di aiuto alla famiglia, che però deve essere presente quale risorsa di aiuto primario per il disabile. Pensiamo ai Centri Diurni, all’Assistenza Domiciliare, al tempo Libero, sarebbero assolutamente inefficaci senza la presenza della famiglia. Il Servizio residenziale rappresenta l’unica realtà che può intervenire sul disabile, anche senza il supporto dei genitori. Ma è un’alternativa drastica, non è di aiuto in un processo educativo alla distanza che, come detto, necessita di sperimentarsi attraverso prove ed errori. I Soggiorni Estivi sono un valido aiuto in questo percorso, si sperimenta da entrambi le parti la distanza, sapendo che è temporanea. Anche i “posti” di residenzialità temporanea, potrebero essere una valida proposta, eppure i posti di sollievo nelle Residenze, sono spesso utilizzata solo in emergenza, molto meno quale percorso di aiuto educativo a un futuro distacco. Gli stessi termini utilizzati per connotare il servizio, “posti di sollievo”, “posti in emergenza”, sono avulsi da una filosofia educativa, sembrano pensati per creare sensi di colpa al genitore, più che a stimolarlo a sperimentare il distacco.Ecco allora che il Soggiorno estivo è una vacanza e un fine settimana in città, ma fuori casa, è un rifiuto verso il proprio figlio disabile. Non dimentichiamo che anche i Soggiorni Estivi, iniziarono con numeri ridotti e che la testimonianza e il confronto fra genitori lo ha fatto divenire un Servizio utilizzato dalla maggio parte delle famiglie. Educarsi alla distanza è un processo che non potrà mai essere avviato dai Servizi Pubblici, ma solo e soltanto dai famigliari, incontri come quello di oggi sono importanti promuovono il confronto fra le diverse esperienze, stimolano alla riflessione e all’auto aiuto. FRATELLI E SORELLE Non ci sono solo i genitori ma anche i fratelli, spesso dimenticati nelle nostre riflessioni, ma che con questo argomento hanno molto a che fare. Spesso dopo una vita in cui non hanno preso parte alle scelte fatte verso il fratello o la sorella disabile, non tanto perché ritenuti incompetenti, ma per una forma di tutela e protezione da parte dei genitori nei loro confronti, si trovano ad affrontare, impreparati, l’invecchiamento del fratello o sorella, quello dei genitori e la loro morte. Devono prendere decisioni che i genitori in vita non avevano preso, come la scelta di una struttura residenziale, vivendo tutto questo spesso con fortissimi sensi di colpa e vissuti di tradimento, nei confronti dei genitori e dei propri fratelli. POLITICHE SOCIALI L’attuale aggravamento della crisi economica, sta colpendo duramente il Sistema del Welfare, inibendo progettualità e confronti, come se pensare e riflettere producesse di per sé già una spesa impropria. Questa I Stagione è in corso, ma rischia di essere bloccata nel finale. Fra una diecina di anni, l’età media della popolazione disabile seguita dai Servizi Socio Sanitari, si avvicinerà alla soglia dei 60/65 anni, i Servizi per gli anziani sono pronti e specializzato a fornire risposte adeguate ai disabili mentali e alle loro famiglie? Così come negli anni ’80 si iniziò a parlare del “dopo di noi”, progettando e realizzando Servizi Residenziali di varie tipologie, tanto che nel 2000 si optò per uno slogan più attuale il “durante noi”, in questi prossimi anni sarà necessario reintrodurre quel “dopo di noi”, non ancora avvenuto in termini percentuali, per sorvegliare, monitorare e adeguare questo passaggio molto rischioso, al fine di concludere questa I Stagione, coerentemente al suo percorso di sviluppo delle Politiche Socio Sanitarie per la Disabilità mentalePrevenzione>>I Informazione>> Infanzia>> Adolescenza>> Adultità>> Anzianità A cura di Dott.ssa Carla zagatti