accademia di belle arti di verona

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accademia di belle arti di verona
ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI VERONA
DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLO
IN
RESTAURO
PROGETTO DI TESI
CONTRADDIZIONI E INCERTEZZE DI
UN RECENTE RESTAURO NEGLI ANNI
DEL MINIMO INTERVENTO
Relatore progetto:
Prof.
Diplomanda:
ANNO ACCADEMICO 2009/2010
.
Indice
Introduzione
1
1 Aspetti Generali
2
2 Aspetto Storico-Critico
3
1
Descrizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3
2
Iscrizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4
3
Notizie Storico Critiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5
4
Stemmi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6
5
Notizie Biografiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7
6
Restauri Precedenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
8
3 Tecnica di Esecuzione
9
1
Supporto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2
Preparazione e Pellicola Pittorica . . . . . . . . . . . . . . . . 10
4 Stato di Conservazione
9
12
1
Telaio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
2
Tela . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
3
Preparazione e Pellicola Pittorica . . . . . . . . . . . . . . . . 14
4
Vernice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
5
Indagini Diagnostiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
5 Progetto di Intervento
17
6 Intervento di Restauro
22
1
Velinatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
Indice
iii
2
Documentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3
Rimozione Tele da Rifodero e Pulitura del Retro del Dipinto . 23
4
Consolidamento Tagli e Lacerazioni . . . . . . . . . . . . . . . 24
5
Applicazione Fasce Perimetrali e Tensionamento Provvisorio
su Telaio Interinale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
6
Umidificazione della Tela . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
7
Fermatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
8
Stiratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
9
Applicazione Fasce Perimetrali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
10
Rimozione della Velina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
11
Pulitura della Pellicola Pittorica . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
12
Verniciatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
13
Stuccature . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
14
Velinatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
15
Foderatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
16
Tensionamento e Rimozione della Velina . . . . . . . . . . . . 34
17
Integrazione Pittorica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
18
Verniciatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
7 Il Minimo Intervento
36
8 Conclusioni
39
9 Riferimenti Tecnici
44
10 Documentazione Fotografica
51
Bibliografia
71
Introduzione
La mia tesi di progetto presenta il completo intervento di restauro eseguito su
un dipinto seicentesco, attualmente custodito presso il Museo Diocesano di
Trento. Il dipinto, realizzato ad olio su tela, rappresenta il Concilio di Trento;
si tratta di un’opera dalle considerevoli dimensioni che presentava differenti
tipologie di degrado, in particolare le deformazioni del supporto e la perdita di
pellicola pittorica. Sarà analizzato l’aspetto storico-critico dell’opera, nonché
la tecnica d’esecuzione e lo stato di conservazione. L’obiettivo del mio lavoro
è quello di confutare alcune scelte adottate, sulla base di conoscenze tecniche
acquisite durante il percorso accademico. Le mie osservazioni dimostreranno
come la mancanza di precisione può avere effetti deleteri ed irreversibili; allo stesso tempo proporrò alternative adeguate e sicure. Saranno presentati i
propositi del restauro tradizionale e la cultura del minimo intervento, attualmente molto diffusa. Del minimo intervento sarà approfondita sia la chiave
di lettura erroneamente data da alcuni restauratori, che per superficialità
mettono a repentaglio il destino del nostro patrimonio, sia i veri principi di
questo prezioso concetto, cioè lo studio approfondito dell’opera per evitare
di sottoporre i manufatti ad interventi inutili ed invasivi.
Capitolo 1
Aspetti Generali
SOGGETTO: Congregazione generale del Concilio di Trento in Santa Maria
Maggiore
OGGETTO: Dipinto votivo
AUTORE: Elia Naurizio
DATAZIONE: 1633
LUOGO DI PROVENIENZA: Chiesa di Santa Maria Maggiore (Trento)
DATA INGRESSO: Secolo XVII
DATA USCITA: Secolo XIX
TIPO DI ACQUISIZIONE: Deposito
CONDIZIONE GIURIDICA: Proprietà ente ecclesiastico
LUOGO DI COLLOCAZIONE: Museo Diocesano di Trento
CLASSE DI APPARTENENZA: Documentaria
DIMENSIONI: 293 x 353 cm
CORNICE: Assente
STATO DI CONSERVAZIONE: Discreto
Capitolo 2
Aspetto Storico-Critico
1
Descrizione
L’immagine rappresenta una delle Sessioni Solenni del Concilio di Trento
(1545-1563) tenutasi nella chiesa di Santa Maria Maggiore. É possibile riconoscere la navata voltata a botte con le cappelle laterali poste entro arconi
supportati da colonne ioniche e il profondo vano absidale chiuso in forma
semicircolare. Nell’aula presiede l’assemblea del Concilio disposta su tribune
a semicerchio dove sono visibili cardinali, ambasciatori, frati e vescovi. In
primo piano si trovano due grandi cartigli uno dei quali elenca i nomi dei
personaggi di maggior rilievo. Tra le figure preminenti, l’unica senza didascalia è quella dell’oratore, che veste in nero e non è dunque un vescovo. La
tradizione lo identifica con il vicario generale della Compagnia di Gesù, Diego
Laı̀nez, presente alle tre fasi del Concilio, ma solo nell’ultima con questo titolo. Sono inoltre presenti due ovali e gli stemmi dei committenti.
L’artista ha scelto una gamma cromatica dai toni scuri, prospettiva e proporzioni non sono eccellenti, ma la tecnica d’esecuzione è buona, benché
alcuni dettagli realizzati a velatura siano ora fatiscenti a causa della loro
fragilità e del trascorrere dei secoli.
Aspetto Storico-Critico
2
4
Iscrizioni
Le iscrizioni dei tondi sono state eseguite mediante doratura su fondo di colore bruno-rossastro. Il tondo a destra reca la scritta qui riportata, ancora
leggibile nonostante l’abrasione della superficie; il secondo tondo invece non
è più interpretabile a causa del danneggiamento della pittura in tale zona.
“/NAM/OPORTET ET/SEESSE UTET/QVI PROBATI/SVNT/MANIFESTI/FIANT/VOBIS/I/COR II”
Per le iscrizioni dei cartigli è stata utilizzata la medesima tecnica d’esecuzione, cioè doratura su fondo bruno-rossastro, sia per il cartiglio sinistro
recante la didascalia relativa ai principali personaggi raffigurati sia per quello
a destra che documenta lo svolgimento del Concilio.
Cartiglio sinistro:
“1.HERCULES GONZAGA MANTUAN 2.HIERS SERIPANDUS NEAP
3.STANISLAUS HOSIUS POLONUS 4.LUDOVICUSNSIMONETA MEDIOLANE 5.MARUS SITICUS D. ALTEPS GERMAN 6.CAROLUS ALTOTARINGIA GALUS 7.LUDOVICUS MADRELEC EPS TRID 8.ANTONI
ARCHIEPS PRAGEN ORAT. CAES. P. REG. BOHE. 9.GEORGI EPSURAT
CAE PREGI HUG 10.VALENTINUS EPSI PRIMISCIE ORAT REGIS POLONIAE 11.M.ANTONI EPS AUGUSTE ORAT DUCIS SABAUDIE 12.SIGISMUNDIS ATUN ORAT CAESARES 13.LUDOVICUS LANSAC ORAT. REGIS FRANCIE 14.FERDINAND MARTINEZ ORAT REGIS PORTUGALI
15.NICOLAUS DE PONTE ORAT VENETUS 16.AUGUSTINUSPAUNGARTNER ORAT BAVAR 17.MELCHIORI VISIOR HELVAETIE 18.IOANES
STROZZIUS FLORENTIE 19.ANGELUS EPS CELESIN SECRETARI CON
20.CLAUDI COMES LUNEN ORT REGIS HISPANIE”.
Cartiglio destro:
“Warhaffter Abriß des heiligen Algemainen trientischen Conciliij so Anfags
1545 Unter Paulu III Römischen /Pabst und Carolo V. zue Vicentia Anfangen
Aspetto Storico-Critico
5
Under Julio III zue Bononia fortgehalten lestlichen aber Under Pio IV und
Ferdin/ando I Römischen Kaiser Wieder alle damalß in Europa schwebende
Ketzeregen allen Catholischen zu Trost und mit Beystand/Und gnad deß
H:Geistß ainhelligclich 1564 Vol zogen Und beschlosen worden Wellicheß der
Edl. Und Best herr Hannß Hör/Man Ir Hochfür:dt: Erzherrzog Leopoldy zu
Ősterreich diener Unnd Hoffhandlßmann auch handle herr alljie in Friend
und/hall Im Inthil In alt seiner grabschrifft zu Ewiger Gedechtniß In seinen
Lieben Vatterlandt mach lasen An 1633”.
3
Notizie Storico Critiche
La Direzione del Museo Diocesano di Trento mi ha fornito informazioni, non
sempre accompagnate da indicazioni bibliografiche, ma di utile supporto nel
documentare la storia e la critica dell’opera.
L’iconografia del Concilio di Trento è molto ricca e diffusa non solo in Trentino. Per quanto riguarda le sedute che si tennero in Duomo, ad esempio, una
delle principali testimonianze si trova a Parigi (Louvre) con un quadro attribuito a Tiziano, mentre a Trento (coro del Duomo) si trovano altri due
quadri del 1711 privi di valore artistico.
Le rappresentazioni delle sedute in Santa Maria Maggiore ebbero più successo. É documentata l’esistenza di un affresco in vaticano nella biblioteca di
S. Sisto V (1585-1590) di Cesare Nebbia e scuola e numerose incisioni che
dipendono direttamente o indirettamente da un affresco di Pasquale Cati
a Roma in Santa Maria in Trastevere; tra queste la più attendibile è una
figurazione con diciture in italiano che porta la data Venezia 1563. Esistono anche stampe francesi e altre incisioni diffuse sia da Lodovico Sardagna
sia dalla ditta Marinetti nel ‘700. Nel 1800 prosegue invece la diffusione di
stampe, xilografie e litografie.
L’opera di Elia Naurizio, eseguita nel 1634, ebbe, come testimonianza di
un avvenimento storico, tanto successo che fu riprodotta in un’incisione da
Lodovico Sardagna e successivamente pubblicata dal bresciano Michelangelo
Mariani nella sua opera “Trento con il Sacro Concilio” nel 1673. Il Mariani
afferma: “In questa stessa Chiesa si celebrò il Sacrosanto Concilio, qual principiato, come dissi, in Duomo, e proseguito, restò concluso in Santa Maria
Aspetto Storico-Critico
6
Maggiore; come se ne vede à destra del grand’Altare il Ritratto in Quadro
di Pittura, mano d’Helia Naurizio, e è lo stesso Disegno, che si premette in
Carta delineato”. Al castello del Buonconsiglio di Trento è inoltre presente
una copia di questo dipinto.
Il dipinto, originariamente custodito presso la chiesa di Santa Maria Maggiore
a Trento, occupava la parete settentrionale del presbiterio ed era “coperto da
cortinaggio” (Pinamonti, 1836), solo nel 1963 fu trasferito a Palazzo Pretorio,
ora sede del Museo Diocesano di Trento.
Alcune testimonianze riportano la presenza, sul cartiglio destro, di una ridipintura probabilmente promossa dal capitolo della cattedrale all’indomani
della sosta a Trento di papa Pio VI (10 maggio 1782) che “dispose che si
riducesse a miglio forma il quadro del Concilio” (Pancheri, 2003).
Tale ridipintura potrebbe esser stata asportata durante l’intervento di restauro eseguito da Carlo Andreani nel 1963; “quindi restaurata e rimossa.... l’iscrizione tardiva ridipinta sul cartiglio di destra alla base del quadro, riscoprendo la scritta dedicatoria in lingua tedesca che documenta la nascita e la
destinazione originaria dell’opera” (Rogger, 1993).
Nei documenti è inoltre esposta l’esigenza di una cornice, di cui attualmente
non si hanno tracce;
“é stato sollecitato un restauro e il padre francescano Giangrisostomo Tovazzi
si pronuncia per provvedere ad una nuova cornice” (Weber 1977). “Post Pii
sexti transitum nova corona exornata est, quia idem Papa tali ornatu dignam
adseruit” (Tovazzi 1785).
4
Stemmi
La tela presenta, in basso a destra, gli stemmi dei committenti cioè Hans
Hörmann, originario di Innsbrük e operante a Trento quale servitore e commerciante dei Fugger, e la consorte Felicitas Rottenbuch. Dalla lettura del
primo stemma si evince la presenza di tre giovani neri su campo bianco e
nella zona inferiore due stelle oro di nuovo su campo bianco. Il secondo stemma rappresenta, in alto, un elmo e un cane e nella sezione inferiore, divisa
in quattro spazi, sono rappresentate una lepre bianca su fondo rosso e una
foglia rossa su campo bianco.
Aspetto Storico-Critico
5
7
Notizie Biografiche
Elia Naurizio nasce a Trento e viene battezzato nell’anno 1589. La sua formazione artistica avviene presumibilmente nella bottega del padre, anche lui
pittore, attivo a Trento. Elia Naurizio si trasferisce poi ad Innsbruck, dove
assume l’incarico di artista di corte, come attesta un documento del 15 agosto
1623 riguardante il pagamento di colori acquistati a Schwatz e la retribuzione
per altri lavori di pittura.
In un resoconto del 3 marzo 1625 all’Arciduca Leopoldo viene riferito che il
pittore Naurizio sta lavorando ad una pala d’altare abbozzata da un certo
Kager di Augusta; qualche mese più tardi, nel maggio 1625, Elia chiede all’Arciduca il permesso di trasferirsi per un breve periodo a Vienna al fine di
assestare difficoltà sorte con l’anziana madre.
Nel 1630 dipinge un quadro nella chiesa di Calavino, tale manufatto dalle
tinte scure rappresenta la Madonna, San Rocco, San Nicolò, San Giorgio e
Sant’Antonio. Nel 1634 dipinse per la chiesa di San Bernardino a Trento una
pala con Santa Caterina e nello stesso anno si cimentò nell’esecuzione di un
affresco raffigurante la Beata Vergine Maria presso l’oratorio di Sant’Anna a
Trento. Nel parrocchiale I il Tovazzi riporta “Vixit Tridenti anno 1634 Elias
Nauritius pictor u quo scitur depicta inagna tabula.... in ecclesia S. Mariae
Majoris ad latus evangelii prostans et exhibens iconem sacrosanti Concilii
Trident. Quo idcirco frequenter estranei etiam Principibus, ecclesiam illam
visentibus detegitur et ostenditur. Post pii VI transitum nova corona exornata est, quia idem Papa tabulam ornatu dignam adseruit”.
Tra il 1642-43 Naurizio arricchisce la chiesa parrocchiale di Banale con pitture
su tela raffiguranti la Madonna del Carmine, la visita dei Magi a Betlemme e
una Madonna col Bambino. Nel 1646 e nel 1648 sono stati eretti a Trento due
portoni per celebrare il passaggio in città di Anna de Medici e per omaggiare
il Re e la Regina di Ungheria. Tra il 1449-50 dipinge infine delle pale d’altare
per le parrocchie di Tavodo, Folgaria e Villazzano. Muore nel 1657 a Trento.
Aspetto Storico-Critico
6
8
Restauri Precedenti
Nel 1963 il dipinto è stato oggetto di un’operazione di restauro eseguita da
Carlo Andreani. Evidenti elementi di tale intervento sono: la presenza di una
doppia foderatura e le ampie stuccature di colore bruno, la cui funzione conservativa era probabilmente accompagnata da un intento estetico. Andreani
ha preferito rendere le lacune meno appariscenti dissimulando la loro presenza
attraverso l’utilizzo di uno stucco pigmentato la cui tonalità accompagnasse
quella del dipinto senza interferire con la lettura dell’immagine. Non è stato
riscontrato, infatti, alcun tipo di velatura o ritocco recente. Potrebbe essere
stato lo stesso Andreani ad asportare la ridipintura che interessava il cartiglio
in basso a destra.
L’osservazione più ravvicinata della superficie pittorica evidenzia una situazione ipoteticamente compromessa da una pulitura troppo aggressiva, poiché
la pellicola pittorica appare, in alcune zone, abrasa e indebolita.
Capitolo 3
Tecnica di Esecuzione
1
Supporto
Il supporto è costituito da tre tele di lino cucite orrizzontalmente.
La pittura su tela si diffuse verso la fine del XV secolo e il tessuto inizialmente
utilizzato per le pitture da cavalletto fu appunto il lino. Mode, necessità e
aree geografiche influenzarono in seguito non solo la varietà di tessuti utilizzati, ma anche il loro tipo di tramatura.
La fibra del lino (linum usitatissimus) è ottenuta per macerazione dei fusti
appartenenti alla famiglia delle Linacee. La raccolta si compie nel periodo
che va dalla sfioritura alla maturazione del frutto, ma in momenti diversi
secondo il prodotto che si vuole ottenere. Si possono ricavare fibre finissime
e morbide oppure prodotti meno pregiati, ma più resistenti. Chimicamente
il lino è composto da una percentuale di cellulosa che varia da 70-84%. La
sua composizione media è del 60% di cellulosa, 15% di emicellulosa, 4% di
sostanze pectiche, 3% di lignina, 10% di acqua, 2% di cere e grassi e 6% di
altre sostanze solubili in acqua. Il suo grado di polimerizzazione varia da 2200
a 2420. Il lino è la più resistente delle fibre vegetali e riesce ad assorbire anche
il 30% di umidità senza indebolirsi, ma è una fibra in pratica inestensibile
avendo un allungamento di rottura pari a 1.6% a secco. Si tratta quindi di
una fibra poco elastica e con basso nerbo, perciò i tessuti si sciupano facilmente e non riprendono la piega che dopo stiratura. Mediante combustione è
possibile eseguire il riconoscimento della fibra poiché essa rilascia un residuo
interno di colore bianco. L’armatura della tela è il modo in cui s’intrecciano
Tecnica di Esecuzione
10
i fili dell’ordito con quelli della trama, il supporto dell’opera qui analizzata
è un tessuto dall’intreccio semplice, in altre parole trama e ordito sono posti
perpendicolarmente. Con una lente d’ingrandimento sono stati contati in 1
cm2 : 20 fili di ordito e 14 di trama.
2
Preparazione e Pellicola Pittorica
Il dipinto è stato eseguito miscelando terre di origine naturale a un medium
oleoso. La preparazione a base di gesso e colla animale è stata pigmentata
grazie all’apporto di terre. Le iscrizioni all’interno di cartigli e tondi sono
state compiute mediante tecnica di doratura. La vernice che ricopre la superficie della pellicola pittorica risale al precedente intervento di restauro.
La preparazione, cioè lo strato che si trova tra il supporto e la pellicola pittorica, è stato preparato miscelando in determinate percentuali gesso di Bologna
e colla animale, in altre parole un legante di natura proteica estratto dalle
cartilagini di alcuni erbivori. Talvolta alla preparazione erano addizionati dei
pigmenti, questo permetteva di ottenere uno sfondo cromatico adatto alla
tonalità di pittura che si desiderava raggiungere. Lo strato preparatorio ha
lo scopo di ridurre i movimenti tra la tela e la pellicola pittorica ed evita il
contatto diretto tra le componenti acide dell’olio e la cellulosa nel supporto,
che verrebbe altrimenti danneggiata. Nella pittura ad olio i pigmenti sono
mescolati al legante che è in grado di racchiuderli in una pellicola solida. Il
legante possiede molteplici funzioni; quella coesiva tra i singoli granelli di
pigmento, quella adesiva nei confronti del supporto e un ruolo di protezione,
poiché isola le particelle di pigmento dall’atmosfera contrastandone l’alterazione.
Gli olii usati come medium nella pittura sono detti olii siccativi, poiché se
stesi in strati sottili hanno la caratteristica di essiccarsi e solidificare. Chimicamente gli olii sono composti da molecole di Trigliceridi (esteri del Glicerolo
e di Acidi Carbossilici a catena lunga, detti Acidi Grassi). Se il medium è
siccativo, come ad esempio l’Olio di Lino, questi Acidi Grassi sono per lo più
insaturi (Acidi Oleico, Linoleico e Linolenico), cioè sono caratterizzati dalla
presenza di doppi legami tra due atomi di Carbonio (-C=C, rispettivamente
uno, due e tre negli acidi sopra elencati). Questi doppi legami forniscono
Tecnica di Esecuzione
11
ai Trigliceridi la capacità di reagire con l’Ossigeno dell’aria ottenendo una
polimerizzazione; tale processo prevede che la catena degli Acidi Grassi dei
singoli Trigliceridi si leghi tra loro formando una matrice molto più grande
e ramificata. La struttura di un film di Olio di Lino invecchiato è dunque
diversa da quella iniziale.
I pigmenti, in base alla loro origine, possono essere distinti in naturali e artificiali, mentre per quanto riguarda la loro composizione si classificano in
chimici, organici e minerali. La preparazione dei pigmenti avviene mediante
la macinazione di minerali, la calcinazione o la cottura di sostanze animali
o vegetali e infine attraverso processi chimici. Le caratteristiche di ciascun
pigmento si possono distinguere secondo tre parametri fondamentali quali
l’alterazione, il potere coprente e il potere di assorbimento dell’olio. Il potere
coprente dipende dalla finezza dei granelli di pigmento, ma è anche direttamente proporzionale all’indice di rifrazione del pigmento e del legante. Il
potere di assorbimento misura la quantità di legante necessaria ad ottenere,
una volta miscelata al pigmento, un impasto fluido. Ne consegue che i pigmenti con basso potere di assorbimento, come ad esempio la biacca e la terra
di Siena naturale, sono meno soggetti ai fenomeni di alterazione per invecchiamento del legante, che solitamente ingiallisce. Tra i pigmenti presenti nell’opera di Elia Naurizio si può ipotizzare la presenza di terre naturali come
la terra di Siena e la terra d’ombra che hanno una combinazione chimicamineralogica che varia in funzione dell’area geografica di provenienza. Tali
pigmenti naturali sono costituiti in prevalenza da ossidi di ferro e, in misura
minore, idrati.
L’usanza di stendere sull’opera ultimata uno strato di vernice era una pratica
che gli artisti stessi attuavano non solo per il suo valore estetico, poiché i colori apparivano ravvivati e il manufatto acquistava unità d’insieme, ma anche
per il suo rilevante ruolo di strato protettivo in grado di isolare la superficie
pittorica dall’ambiente esterno. Per gli artisti (soprattutto un concetto di età
barocca) i quadri si perfezionavano col tempo per un effetto dovuto all’assestamento dell’olio, alle patine, e un leggero ingiallimento della vernice che
permetteva di ottenere un equilibrio di trasparenze e saturazioni di tono.
Capitolo 4
Stato di Conservazione
1
Telaio
Effettuando un’analisi visibile della struttura è stato possibile avvicinarsi al
riconoscimento della specie legnosa utilizzata. Osservando la sezione trasversale di una traversa ben illuminata è stato individuato il primo carattere distintivo che ha permesso di identificare l’essenza legnosa. La presenza, infatti,
di anelli di accrescimento ben marcati e di colore scuro è una caratteristica
tipica delle conifere.
La superficie del materiale è ben levigata e non sono visivamente riconoscibili
trattamenti conservativi o coloriture. Le assi sono unite a formare un telaio
mediante giunture a incastro fisso a mortasa e tenone; nel mezzo sono intercettate da una traversa orizzontale e due verticali.
Il telaio ligneo vanta buone condizioni di conservazione, non presenta tracce
di attacchi xilofagi o microbiologici; è quindi in grado di soddisfare la sua
funzione di supporto come telaio definitivo anche al termine delle operazioni. Verranno però inseriti degli espansori metallici per garantire un corretto
tensionamento e verranno sostituite le traverse.
2
Tela
I supporti tessili utilizzati per il rifodero si presentano in buono stato di
conservazione, ma hanno perso adesione nei confronti del supporto originale.
Quest’ultimo in fibra di lino presenta una tramatura fitta e regolare composta
Stato di Conservazione
13
da un filo sottile e compatto. Al fine di ottenere una struttura di tali considerevoli dimensioni l’artista ha assemblato tre fasce di tessuto disponendole
parallelamente in senso orizzontale; le parti sono state cucite con estrema
cura e precisione. I punti di giunzione erano stati inoltre protetti con delle
garze. La rimozione delle due tele da rifodero ha reso evidente la situazione
di degrado presente sul retro del manufatto, dove lo stato di conservazione
era compromesso da accumuli di materiale, s’ipotizza un prodotto di origine
naturale utilizzato per la precedente foderatura e dalla presenza di numerosi
danni strutturali quali rotture delle fibre e deformazioni.
Il degrado di questo tessuto è correlato alla sua composizione chimica, quindi
alla sensibilità della cellulosa. Il deterioramento di una tela è insito alla sua esposizione all’atmosfera, ma può altresı̀ essere accelerato da altri fattori. L’alta
igroscopicità della cellulosa, ad esempio, rende il tessuto ricettivo agli sbalzi
di umidità, provocando dilatazioni e contrazioni delle fibre e conseguente
perdita di elasticità. Per una conservazione ottimale dei dipinti su tela l’umidità relativa dovrebbe restare tra il 40% e il 65%. La semplice esposizione
all’atmosfera è dannosa a causa dell’ossidazione che il tessuto subisce per
trasformazione della cellulosa in oxycellulosa, che in termini estetici e strutturali si manifestano come inscurimenti e indebolimenti del tessuto. Questa
reazione è catalizzata dalla presenza di sostanze metalliche, frequentemente
presenti nei pigmenti, o dai raggi ultravioletti provenienti sia dalla luce solare
sia da taluni tipi d’illuminazione artificiale. Tali elementi accelerano anche la
decomposizione a causa degli acidi, che comunque rimane perlopiù correlata
alla presenza d’inquinamento atmosferico.
Fenomeni di degrado quali sfibrature, ondulazioni, strappi si traducono sulla
pellicola pittorica in micro fessurazioni, sollevamenti e, nel peggiore dei casi,
cadute. Essi possono essere causati dall’azione negativa di stress meccanici.
Al momento dell’analisi dello stato conservativo del dipinto era evidente la
perdita di tensione tra il supporto tessile ed il telaio. Spesso la fragilità del
supporto si concentra lungo il perimetro. La causa di questo è da ricercarsi
soprattutto negli anormali sforzi che quella zona di tela deve compiere per
conciliare i movimenti elastici della superficie con la fissità della chiodatura,
soprattutto in casi in cui la tela è di dimensioni ragguardevoli.
E’ bene dunque considerare l’importanza di una corretta distribuzione e il
Stato di Conservazione
14
mantenimento della tensione che deve essere sufficiente a impedire il sopravvento dei movimenti interni di alcune parti del sistema. C’è inoltre da
riconoscere che ogni elemento costitutivo possiede dei valori propri caratteristici come ad esempio il modulo elastico, la resistenza a trazione, compressione
e torsione ed ogni parte del sistema traccia determinate curve di restringimento o dilatazione in rapporto alle variazione di umidità relativa e temperatura.
Gli strappi presenti su questo tipo di manufatto possono essere causati sia da
impreviste o inevitabili catastrofi, sia da alterazioni, deterioramenti e invecchiamenti come risultato della loro insita instabilità e dell’azione degli agenti
ambientali.
3
Preparazione e Pellicola Pittorica
Il film pittorico ha subito perdite di cromia, tale affermazione è supportata
dal riconoscimento di differenti tipi di stucco. Vi sono mancanze molto ampie,
ma anche lacune di medie e piccole dimensioni. Dall’osservazione macroscopica della pellicola pittorica si è riscontrata la presenza di uno strato di sporco
di tipo coerente costituito perlopiù da particellato atmosferico stratificato.
In alcune zone la tela manifesta un inaridimento del pigmento e lo spessore
minimo di imprimitura, che era presumibilmente un requisito tecnico voluto
dal pittore per mantenere la morbidezza del tessuto viste le grandi dimensioni
del manufatto, ma che ha causato una sua maggiore fragilità. Gli antichi pittori concepivano la tela come un supporto relativamente stabile e rigido, reso
quasi autoportante dagli strati preparatori, ma talvolta la combinazione di
fattori come l’esecuzione tecnica, lo stato di conservazione e gli interventi di
restauro determinano situazioni di degrado. Si presume invece che il restauro
di Andreani (1963) abbia risolto il problema delle perdite di colore con una
fermatura della quale però non sussistono documentazioni.
Il manufatto è tuttora interessato da sollevamenti e perdite di cromia.
I danni riscontrabili sulla pellicola pittorica possono derivare dalla tecnica
di esecuzione impiegata dall’artista, in altre parole da una precoce evaporazione ed asciugatura dei materiali utilizzati, ma possono essere presenti
anche fessurazioni da invecchiamento attribuite sia a stress meccanici interni
al sistema strutturale del dipinto, sia a stress derivati da pressioni provenienti
Stato di Conservazione
15
dall’esterno, in particolare dal telaio.
In alcune zone, come ad esempio in prossimità del tricorno nero di alcuni preti, manca parzialmente la cromia, ciò può essere sia motivato da una
pulitura troppo aggressiva, sia prodotto da uno scarso apporto di legante
all’impasto con il pigmento, o dalla combinazione di entrambe le ipotesi.
C’è inoltre da ricordare che i materiali che compongono un dipinto differiscono anche per quanto riguarda il loro comportamento nel tempo; esistono sostanze che perdurano quasi invariate ed altre che si alterano molto
facilmente; l’invecchiamento che subisce un materiale non è quindi uniforme.
Il passaggio del tempo influenza lo spessore degli strati che costituiscono il
film pittorico, poiché l’evaporazione delle componenti volatili contenute nel
legante provoca una diminuzione dello spessore di tale strato. L’invecchiamento modifica anche l’indice di rifrazione del legante che si abbassa avvicinandosi a quello del pigmento che in termini cromatici si traduce con una
minor coprenza del pigmento.
4
Vernice
La vernice appare ingiallita a causa dell’ossidazione. Le vernici sono, infatti,
costantemente esposte a luce, umidità e inquinamento atmosferico, tali fattori determinano invecchiamento ed alterazioni. L’applicazione di un sottile
film di vernice finale possiede molteplici funzioni nei confronti del manufatto; esso assicura protezione dagli agenti esterni, ma produce anche un effetto
ottico di saturazione del colore.
Le vernici, oltre all’ingiallimento, possono presentare un imbianchimento opacizzante dovuto alla presenza nella pellicola pittorica di numerose piccole
fessure provocate dalle alterazioni termo igrometriche dell’atmosfera. Queste
fessure appaiono inizialmente sulla superficie più esterna, dove si trova lo
strato di vernice, ma in seguito possono intaccare lo strato di pittura sino
a giungere alla tela. All’interno di tali minuscole lesioni s’insinua l’aria che
modifica la riflessione di luce e colore rispetto al resto del dipinto.
Stato di Conservazione
5
16
Indagini Diagnostiche
Tra i numerosi metodi d’indagine che la scienza oggi propone per l’osservazione e lo studio di manufatti artistici, sarebbe interessante in questo caso
avvalersi di esami sul supporto cellulosico tessile come la rilevazione del grado
di polimerizzazione, che misurando il numero di legami glucosidici interrotti
valuta la tenacità del tessuto e l’osservazione al SEM (microscopio elettronico a scansione) per risalire alle cause delle modificazioni delle fibre tessili indotte sia da trattamenti tecnologici, sia provocate da cause accidentali come
ad esempio per l’azione di agenti chimici, fisici, meccanici o per l’esposizione
ad agenti naturali. Tali ricerche sono attuabili grazie a riscontri morfologici
specifici dell’agente degradante. Tuttavia in alcuni casi sono necessarie tecniche analitiche ausiliarie per una corretta identificazione. L’impiego di tale
microscopio potrebbe semplificare la lettura e quindi l’interpretazione dei
numerosi tagli che interessano il verso del dipinto di Elia Naurizio.
Capitolo 5
Progetto di Intervento
• VELINATURA: La pellicola pittorica sarà protetta mediante l’apposizione di carta giapponese con adesivo di origine animale/ o sintetica
per intervenire senza gravi rischi sul retro della tela. Tale operazione
sarà effettuata in museo al fine di garantire maggiore sicurezza durante
il trasporto.
• TRASPORTO: Per facilitare la movimentazione del manufatto, esso
sarà rimosso dalla sua sede espositiva e arrotolato in situ su un supporto cilindrico di adeguate dimensioni. In laboratorio l’opera verrà poi
tensionata su un telaio interinale.
• DOCUMENTAZIONE: Per documentazione s’intende l’operazione preliminare di analisi visiva del manufatto per rilevare le situazioni di
degrado e provvedere alla stesura del progetto. Tale documentazione è
accompagnata da un attento rilievo fotografico dell’opera, dal riconoscimento delle fenomenologie di degrado e dal riscontro d’interventi in
precedenza eseguiti. La documentazione dovrebbe essere la prima delle
operazioni, poiché anche la semplice velinatura del manufatto potrebbe
causare danni se non si conosce sufficientemente il dipinto sul quale
si sta lavorando. Tuttavia l’analisi dell’opera deve proseguire durante
l’intero intervento di restauro.
• PULITURA DEL VERSO: L’operazione consiste nella rimozione di
sostanze e materiali estranei alla tela quali depositi incoerenti e/o coerenti di sporco e precedenti interventi non più idonei. La pulitura si
eseguirà mediante l’utilizzo di mezzi meccanici come bisturi, pennel-
Progetto di Intervento
18
li e piccoli aspiratori e se necessario si sceglierà l’ausilio di sostanze
ad azione solvente. Per tale operazione è tuttavia preferibile adottare
una pulitura di tipo meccanico, poiché l’apporto di solventi può alterare il supporto o penetrarlo fino a raggiungere preparazione e colore,
con gravi conseguenze operative. L’esecuzione di una buona pulitura
del verso è fondamentale per garantire successivi interventi, poiché la
presenza di sostanze estranee sul retro del dipinto impedisce la penetrazione del consolidante e compromette di conseguenza la fermatura
della pittura.
• FERMATURA DEL COLORE: Al fine di garantire adesione e coesione tra i materiali costitutivi se necessario si applicherà, dal verso
del dipinto mediante pennello, un prodotto consolidante di origine animale o sintetica. Al bisogno l’operazione sarà eseguita procedendo per
iniezione del prodotto.
• FODERATURA: Nel caso in cui lo stato di degrado sia tale da compromettere la stabilità della tela originale sarà esaminata la possibilità
di apporre una tela di rinforzo mediante adesivi naturali o sintetici.
I prodotti naturali sono solitamente preferiti a quelli sintetici per la
loro compatibilità, per affinità, con l’opera d’arte. Attualmente vengono però messi in discussione anche molti dei difetti che per anni
sono stati contestati ai prodotti sintetici. È loro attribuita la caratteristica di plastificare il manufatto, di impedire successivi trattamenti
e di non lasciar respirare il dipinto; i primi due casi però possono verificarsi solo se il prodotto è utilizzato in maniera scorretta, in altre
parole impregnando l’opera. Nell’altro caso invece, considerando che le
maggiori forme di degrado sono causate dalle continue oscillazioni dei
parametri termo igrometrici, il limitare tale attitudine non potrebbe
che essere vantaggioso. Per quanto riguarda l’ingiallimento nel tempo
esistono prodotti naturali che fin dal momento della loro applicazione
possiedono una colorazione più accentuata rispetto al prodotto sintetico; inoltre si è molto amplificata la letteratura scientifica e tecnica di
conoscenza comportamentale nel tempo dei materiali sintetici.
• RIMOZIONE DELLA VELINA E TENSIONAMENTO: La carta giapponese e il relativo adesivo saranno rimossi mediante una pulitura con
Progetto di Intervento
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spugne e acqua. In seguito si monterà il manufatto su un telaio ligneo
definitivo.
• PULITURA DEL RECTO: Durante tale operazione si elimineranno
dalla superficie i depositi coerenti ed incoerenti di materiale soprammesso estraneo al manufatto ed eventuali interventi di restauro o rifacimenti
non più funzionali. Saranno preventivamente eseguiti dei saggi di pulitura per stimare il tipo di solvente o la miscela più adatta.
Le sostanze che compongono la stratificazione che definiamo sporco
sono rappresentabili come un film, più o meno spesso, di vernici alterate, intervallato da particelle di deposito. Il solvente scelto è corretto
quando agisce solo sulle sostanze estranee nel rispetto dei materiali costituenti il manufatto. É bene anche considerare la copresenza di materiali diversi e spesso differentemente stratificati, poiché questo rende
ancora più complessa la pulitura.
Talvolta questo intervento è reso difficoltoso dall’affinità chimico-fisica
che esiste fra la natura delle sostanze che compongono il dipinto con
quelle di accumulo. Si scelgono quindi dei metodi di lavoro che permettano al restauratore di controllare l’azione solvente come ad esempio l’uso di interventi misti, che affiancano i metodi meccanici a quelli
chimico-fisici e l’impiego di supportanti in particolare quando la scelta
ricade su prodotti chimici, il cui utilizzo cerca in ogni caso di essere
limitato e localizzato.
Nel momento in cui si analizza l’opera è necessario saper distinguere
velature, ridipinture, colori originali alterati e vernici ossidate, rispettando il naturale decorso del tempo sull’opera, senza imporre ostinatamente interventi troppo aggressivi che rischiano di portare il manufatto
ad un innaturale nuovo aspetto. La pulitura deve recuperare i valori
cromatici avendo sempre come riferimento la visione unitaria del manufatto. É necessario indirizzare l’intervento di pulitura alle esigenze di
conservazione che includono il problema della stabilità del colore e la
possibilità di lettura dell’immagine. Le prove di pulitura sono effettuate
aprendo dei piccoli tasselli di riferimento dove sono testati singoli solventi o miscele di essi considerandone la loro efficacia. È utile agire in
modo scientifico anche durante i saggi di pulitura, è quindi apprezzabile
Progetto di Intervento
20
utilizzare come riferimento per questo tipo di operazione i parametri di
solubilità.
• VERNICIATURA: La vernice protettiva sarà applicata a pennello o
per nebulizzazione. Esistono vernici di origine naturale, ottenute dalla
lavorazione delle resine dammar e mastice le quali sono però soggette
ad un rapido ingiallimento. Nel corso dei secoli tale alterazione ha spinto artisti e restauratori alla loro rimozione e riapplicazione, rischiando
spesso di compromettere o danneggiare lo strato pittorico. Per tale operazione sono disponibili anche Polimeri di sintesi nati in laboratorio che
costituiscono le resine sintetiche, per le quali si sono studiate formule e
reazioni affinché i loro requisiti fossero idonei all’utilizzo nel restauro.
Attualmente esse si basano su elementi acrilici o chetonici.
• STUCCATURE: il risarcimento strutturale delle lacune sarà eseguito
mediante applicazione a spatola di stucco a base di gesso di Bologna e
colla di coniglio. Il gesso è un materiale naturale composto principalmente da solfato di calcio biidrato. Questo può essere cotto a diverse
temperature per ottenere la liberazione totale o parziale dell’acqua di
cristallizzazione in esso contenuta. Dal solfato di calcio biidrato (gesso
a oro-stabile) derivano, secondo la temperatura di cottura: il solfato
di calcio semiidrato (gesso a scagliola), metastabile, che in ambienti
umidi torna alla forma biidrata; il solfato di calcio anidro (CaSo4 ) o
anidrite III, solubile e l’anidrite II, insolubile. Il gesso a oro, o gesso di
Bologna (CaSo4 2H2 O) è disciolto in colla di coniglio se utilizzato per
la preparazione di dipinti e unito a terre e colla animale per ottenere lo
stucco abitualmente impiegato nel restauro. E’ particolarmente adatto
a queste due operazioni poiché ha tempi di essicazione sufficientemente
lunghi e non solidifica immediatamente. Uno stucco pigmentato semplifica l’operazione di ritocco pittorico dal momento che fornisce già in
partenza un avvicinamento tonale all’insieme del dipinto. La stuccatura
dovrebbe imitare la matericità della pennellata originale, poiché anche
una superficie discordante può disturbare la lettura del manufatto.
• INTEGRAZIONE PITTORICA: La ricostruzione del tessuto cromatico garantisce una corretta lettura dell’immagine. L’operazione sarà eseguita con tecnica mimetica e/o riconoscibile presumibilmente con colori
Progetto di Intervento
21
a vernice. L’obiettivo è quello di attenuare o eliminare il disturbo che la
presenza di lacune provoca nel fruitore durante l’osservazione dell’immagine. La reversibilità e la riconoscibilità accordano questo desiderio
con la necessità di non creare falsi nella ricostruzione soggettiva della
lacuna e con la possibilità di rimuovere l’intervento senza danneggiare
l’originale nel caso in cui si voglia aggiustare l’operazione.
• VERNICIATURA: Operazione finale che protegge anche l’intervento
pittorico.
• TRASPORTO E RICOLLOCAZIONE DEL SOGGETTO: Per rendere
la movimentazione del manufatto più sicura, esso sarà nuovamente arrotolato sul supporto cilindrico e si proteggerà la superficie pittorica
mediante l’utilizzo di materiale tipo Melinex.
Capitolo 6
Intervento di Restauro
1
Velinatura
La velinatura è stata effettuata in museo, prima di trasportare il manufatto in
laboratorio. Tale intervento consiste nell’applicazione di uno strato protettivo
direttamente a contatto con la pellicola pittorica al fine di poter maneggiare il retro del dipinto, senza il rischio di perdite cromatiche da parte del
manufatto che non è ancora stato consolidato. L’operazione è stata eseguita
mediante l’utilizzo di carta giapponese e Klucel G applicato a pennello. La
velina è una carta leggera ma resistente; è composta da cellulosa e si presenta
in fogli molto sottili e morbidi. La velina è insolubile nei principali reagenti
e la rimozione non causa nessun effetto, poiché non lascia residui. L’adesivo
è stato steso partendo dal centro per poi proseguire a raggiera verso i bordi. La quantità di colla deve essere uniforme su tutta la superficie, facendo
sormontare i fogli di circa un centimetro; la velina deve coprire bene tutta
la tela anche nei punti in cui si presentano irregolarità strutturali e vanno
evitate pieghe e bolle d’aria.
Il Klucel G è un addensante di natura cellulosica (idrossipropilcellulosa) che
deriva dall’alchilazione della cellulosa con ossido di etilene o propilene. L’utilizzo dei derivati alchilati della cellulosa è solitamente legato alle sue proprietà superficiali e addensanti, in altre parole alla sua capacità di aumentare
la viscosità, il potere bagnante e penetrante di un liquido o di una soluzione,
limitandone la velocità di evaporazione. In questo caso sono state sfruttate
le proprietà filmogene degli addensanti che sono in grado, senza aggiunta di
Intervento di Restauro
23
plastificanti, di creare film elastici, termoplastici, non appiccicosi e poco sensibili all’umidità. Il Klucel G si presenta come una polvere bianca, è stato
sciolto in acqua distillata al 4% e lasciato rigonfiare per alcune ore, in seguito
è stato applicato su fogli di carta giapponese con l’ausilio di una pennellessa.
2
Documentazione
Il dipinto è stato osservato ed analizzato visivamente e con l’utilizzo della lampada di Wood; dopo aver studiato lo stato di conservazione, è stato
preparato il progetto di intervento. Le operazioni sono state documentate
anche mediante il rilievo fotografico. Per quanto mi riguarda, ho potuto documentare lo stato del manufatto in laboratorio, quindi la pellicola pittorica
era già stata velinata. Quest’operazione era stata eseguita presso il Museo
Diocesano di Trento e ciò che riguardava ad esempio la pellicola pittorica è
stato evidente sin dal principio. Tuttavia la maggior parte delle informazioni
è stata ricavata solo dopo la rimozione della doppia foderatura e in fase di
lavoro.
3
Rimozione Tele da Rifodero e Pulitura del
Retro del Dipinto
Negli anni ’60 il dipinto è stato interessato da un intervento di restauro che
ha previsto una doppia foderatura. Le pattine in lino utilizzate per l’intervento presentavano un intreccio semplice e una tramatura più larga rispetto
l’originale, si sono contati, infatti, 11 fili di ordito e 11 di trama in un cm2 .
Tali elementi di sostegno avevano perso la loro funzionalità, poiché si presentavano in gran parte distaccati.
Prima di avviare l’intervento, l’opera è stata sistemata su un piano di lavoro
adeguato. Il dipinto, infatti, deve poggiare su un piano liscio e pulito e deve
essere protetto da un foglio di carta Melinex la cui struttura evita che il manufatto si incolli alla superficie di appoggio.
Si suppone che le tele siano state applicate con un prodotto di origine organica, tipo colla animale, che nel corso degli anni ha però perso le sue capacità
Intervento di Restauro
24
adesive. Solo in alcuni punti localizzati sono rimasti degli accumuli più tenaci
di questo materiale che invecchiando tende a vetrificare e a divenire insolubile. In queste aree la pulitura del supporto originale e la rimozione della tela
da rifodero sono state coadiuvate dall’ausilio del bisturi e dall’azione dell’Acetone applicato a pennello. Le tele da rifodero più esterna è stata facilmente
rimossa a secco. La superficie della tela è stata regolarmente pulita con aspirapolvere e alcuni frammenti dei tessuti utilizzati per la foderatura sono
stati conservati per la documentazione.
Tale intervento di pulitura deve essere eseguito in modo preciso affinché il consolidante penetri negli strati del dipinto e la colla per la successiva foderatura
aderisca al supporto.
4
Consolidamento Tagli e Lacerazioni
I tagli visibili sul retro della tela originale sono stati suturati con garze e fili
di tessuto resi in precedenza adesivi mediante l’impiego di Beva O.F. Gel. Il
prodotto è stato applicato, lasciato asciugare e poi i piccoli ritagli sono stati
posti nelle zone da suturare, attivati ed incollati grazie al calore apportato dal
termocauterio. La tela è stata protetta mediante l’interposizione di un foglio
di Melinex e il lavoro di disposizione dei fili e delle garze è stato eseguito con
l’ausilio di spatoline e bisturi.
E’ fondamentale chiudere ogni lacerazione della tela non solo per arrestare il
danno, ma anche per conferire forza all’insieme della struttura che in questi
punti si presenta fragile e vulnerabile.
Il BEVA 371 è una resina mista termoplastica; un copolimero di vinilacetato
ed etilene contenente resina chetonica cicloesanonica, esteri della colofonia
e paraffina. È solubile in idrocarburi alifatici e aromatici. Commercialmente
è disponibile come gel bianco opaco al 40% in toluolo/ benzina rettificata
100-140◦ C con pH 6.5-7.5.
Intervento di Restauro
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25
Applicazione Fasce Perimetrali e Tensionamento Provvisorio su Telaio Interinale
Poiché la tela mostrava delle deformazioni probabilmente dovute a uno scorretto tensionamento sul telaio, è stato deciso di affrontare un tipo di tensionamento provvisorio che permettesse di controllare i movimenti del supporto
correggendoli intervenendo manualmente. Sono state quindi ritagliate delle
fasce perimetrali, costituite da una teletta più sottile, ma dalla tramatura
fitta, esse sono state poi incollate lungo il bordo della tela originale mediante
l’applicazione di strisce di Beva O.F. 371 Film.
Dopo l’applicazione del Beva O.F. 371 Film e la sua stiratura, la tela è stata vincolata al telaio interinale per mezzo di spillini ed elastici. Questo ha
permesso di effettuare un tensionamento graduale aumentando di volta in
volta il numero di elastici e diminuendo le loro distanze. In questo modo le
deformazioni sono state abbassate evitando le anomalie che sarebbero sorte
lasciando la tela sprovvista di telaio. Al momento della rimozione, per eseguire la foderatura, è stato utilizzato il diluente 372.
Il Beva O.F. 371 Film è un adesivo termoplastico che si trova inserito tra due
fogli: un supporto di poliestere trasparente (Melinex) e uno di carta siliconata distaccante. Il Beva O.F. 371 Film è atossico, incolore, ininfiammabile e
non contiene solventi. Quest’adesivo è attivato a caldo o con solventi e può
essere rimosso utilizzando Acetone, il quale lo gonfia rendendolo facilmente
asportabile.
6
Umidificazione della Tela
Per il trattamento delle deformazioni della tela il retro del dipinto è stato
inumidito a spruzzo con Diacetonalcool al 5%. L’operazione è stata eseguita
a più ripresa intervallando il ritensionamento del manufatto per conferire
planarità al supporto.
Intervento di Restauro
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26
Fermatura
La fase preventiva di questo trattamento ha previsto la pulitura del verso
della tela mediante l’utilizzo di un aspirapolvere al fine di rimuovere eventuali particelle di polvere presenti per sedimentazione. Questo garantisce che
tra il supporto originale e la teletta utilizzata per l’intervento non si trovino
elementi di disturbo. Le dimensioni del manufatto impongono l’utilizzo di
due tele che sono state tagliate, sfilacciate nei punti di congiunzione e fatte
combaciare sormontando i fili. L’intervento ha previsto l’impiego di una tela
leggera (mussola di cotone) fatta aderire all’originale mediante la stesura di
una miscela di Paraloid B72 sciolto in Acetone con aggiunta di Aquazol 200
e addensata con silice micronizzata. Il prodotto è stato applicato mediante
l’utilizzo di pennellesse tonde.
Volendo sostenere un tipo di foderatura-fermatura con materiali sintetici si
è deciso di affiancare al Paraloid B72 il prodotto Aquazol 200 al fine di
modificare alcune caratteristiche della resina epossidica. L’Aquazol 200 può,
infatti, plastificare altri polimeri agendo in una miscela come solvente e come
polimero formando prodotti stabili. Aggiungendo questo prodotto, in quantità pari al 10%, al Paraloid B72 (1 kg) in una soluzione di Acetone (2,130 L)
i valori di allungamento a rottura rimangono in pratica costanti, la forza del
film composito è essenzialmente la stessa del Paraloid B72 da solo. L’Aquazol
200 rende la resina epossidica più resistente e in modo più permanente, esso
plastifica, ma non evapora avendo un peso molecolare pari a 200 K. Da alcune ricerche è emerso che dopo 120 giorni la Tg (temperatura di transizione
vetrosa) è un singolo valore corrispondente a 30◦ C ovvero dieci unità inferiore
rispetto alla Tg del solo Paraloid B72. Abbassando la Tg del Paraloid B72 si
ottiene un materiale più resistente e meno fragile senza comprometterne la
forza.
8
Stiratura
In seguito anche alla foderatura, una volta asciutta, l’opera è stata capovolta
e stirata agendo sul recto del dipinto interponendo tra la pittura, ancora
velinata, e il ferro da stiro della carta da pacco. Questo passaggio permette
Intervento di Restauro
27
al prodotto di asciugarsi e di incollare le due tele. Durante questo intervento
è necessario prestare molta attenzione, poiché sussiste il rischio di appiattire
i rilievi delle pennellate e di bruciare i pigmenti del film pittorico. Il ferro da
stiro impiegato pesa circa 4 Kg ed è stato utilizzato ad una temperatura di
circa 40◦ C. La stiratura aiuta a risolvere anche alcuni problemi di craquelure.
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Applicazione Fasce Perimetrali
Per il tensionamento sono state incollate lungo il perimetro del dipinto delle
fasce di tela larghe circa 20 centimetri. Il collante utilizzato è noto come
Beva O.F. Gel 371. Il prodotto è stato applicato con delle spatole a pettine
direttamente sul manufatto quindi sulla teletta utilizzata per la foderatura.
Le fasce sono state rapidamente adagiate sulla colla e fatte aderire esercitando pressione con il palmo della mano, evitando la formazione di bolle ed
eliminando eventuali eccessi di prodotto. É seguita l’immediata stiratura del
perimetro e in seguito il montaggio su telaio.
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Rimozione della Velina
In zone circoscritte è stata compiuta una rimozione a secco della velina di
protezione; l’operazione è stata coadiuvata dall’azione meccanica di piccole
spatole da stucco e bisturi a lama intercambiabile. Queste prove sono state
eseguite meticolosamente e con molta cautela per evitare che la pellicola pittorica subisse un eccessivo stress meccanico.
L’operazione cosı̀ condotta non avrebbe causato danni al manufatto, ma per
maggior sicurezza e per le dimensioni dell’opera, la rimozione della velina
è stata portata a termine seguendo il comune procedimento metodologico.
La velina è stata quindi inumidita con acqua tiepida mediante l’utilizzo di
spugne morbide e rimossa esercitando una leggera pressione. I residui sono
stati asportati manualmente e con l’utilizzo di spatole e bisturi nei casi in cui
la conformazione della pellicola pittorica ne rendesse indispensabile l’utilizzo
per rimuovere totalmente la velina di protezione.
La superficie dell’opera, date le sue irregolarità, può trattenere minuscoli
residui, che devono essere eliminati affinché la loro presenza sul manufatto
Intervento di Restauro
28
non vada ad interferire con le successive operazioni. L’utilizzo del mezzo acquoso ha inoltre permesso di pulire la pittura dal materiale colloso utilizzato
per la velinatura. Si può considerare la rimozione della velina come una preliminare fase di pulitura durante la quale possono essere asportate tipologie
di sporco quali particellato atmosferico, polvere e escrezioni di insetti, la cui
relazione con il substrato è di tipo incoerente e quindi facilmente rimovibile.
11
Pulitura della Pellicola Pittorica
L’operazione di pulitura si riferisce alla rimozione di vernice di restauro leggermente ingiallita, ridipinture non più funzionali e stuccature debordanti.
Inizialmente sono state selezionate alcune zone circoscritte atte all’apertura di tasselli di verifica per materiali e metodi di applicazione. Sono stati
poi eseguiti saggi di pulitura utilizzando solventi con differenti polarità e
valutandone costantemente l’efficacia sia esaminando la pellicola pittorica,
sia osservando il materiale asportato presente sui tamponcini di cotone. Al
termine dell’intervento di pulitura, l’intera superficie del dipinto è stata interessata da un risciacquo generale che ha permesso di rimuovere eventuali
residui ancora presenti.
Il potere solvente di un liquido dipende dall’affinità, in termini chimico-fisici,
tra il solvente e il materiale da sciogliere. Per disciogliere un materiale occorre quindi rompere le interazioni M-M tra le molecole del materiale e le
interazioni S-S tra le molecole del solvente. In seguito si devono instaurare
delle nuove interazioni S-M tra le molecole del materiale e quelle del solvente,
che siano più forti di quelle preesistenti S-S ed M-M.
Le forze d’interazione tra le varie molecole possono essere di tipo polare o
apolare. Le prime richiedono ovviamente la presenza di gruppi polari, cioè di
atomi a diverse elettronegatività legati tra loro e sono ulteriormente differenziate in Forze Polari (Fp) e Forze di Legame a Idrogeno (Fh). Le seconde,
dette Forze di Dispersione (Fd), si instaurano tra molecole poco polari o
apolari e sono quindi composte essenzialmente da atomi aventi simili elettronegatività. I valori di queste tre forze sono stati calcolati per un gran
numero di solventi e sono solitamente rappresentati nel Triangolo delle Solubilità.
Intervento di Restauro
29
I processi di solubilizzazione appena descritti sono semplicemente fisici, in altre parole la struttura della molecola rimane la stessa; per avere invece delle
modificazioni è necessario agire sul pH utilizzando quindi sostanze acide o
basiche. In questo caso il fenomeno è di tipo chimico, poiché coinvolge la
rottura e la formazione di nuovi legami.
Solitamente il parametro Fd dato da una vernice invecchiata costituita da
pure resine naturali, mastice o damar, corrisponde circa a un valore pari a
67, ma dal Test di Solubilità si evince che dal valore 68 la conservazione della
stesura di colore ad olio diventa rischiosa e si preferisce agire con precauzioni
impiegando brevi tempi di contatto del solvente sulla superficie pittorica ed
utilizzando supportanti anziché soluzioni libere.
La prima prova di pulitura è stata effettuata con una miscela binaria composta da Acetone e White Spirit al 50%. Conoscendo i Parametri di Solubilità di
entrambi i solventi è possibile calcolare i valori della miscela. Fd: 68,5; Fp: 18;
Fh: 13,5. Il risultato ottenuto con questa pulitura è stato abbastanza buono,
è stato asportato un primo deposito superficiale e la pellicola pittorica non
ha subito danni, ma si desiderava trovare un solvente la cui capacità di solubilizzazione permettesse di raggiungere un grado di pulitura più appropriato.
Il saggio di pulitura è dunque proseguito scegliendo di trattare la superficie
con una seconda miscela prodotta dalla combinazione di Acetone e Alcool
Etilico al 50%. I Parametri di Solubilità corrispondenti a tale mescolanza
corrispondono a Fd: 41,5; Fp: 25; Fh: 33,5. Anche in questo caso la miscela
agisce positivamente rimuovendo lo sporco, il valore Fd è stato abbassato
notevolmente e questo ha permesso di rimuovere dalla superficie materiali
più invecchiati e alterati, ma è preferibile impiegare prodotti la cui azione di
solubilizzazione non sia cosı̀ rapida.
Le caratteristiche della terza miscela sono un punto di mezzo rispetto ai valori
delle prime due. A una quantità di Acetone pari al 40% è stato aggiunto 30%
di Alcool Isopropilico e 30% di White Spirit. L’Alcool Etilico è stato sostituito con quello Isopropilico che non contiene acqua ed è quindi più volatile. I
Parametri di Solubilità corrispondenti alla miscela sono Fd: 57%; Fp: 19%;
Fh: 24%. Tali valori sono stati approssimati. Con questo saggio di pulitura si
sono riscontrati buoni risultati, particolarmente evidenti sui panneggi bianchi
e sugli incarnati. Talvolta il solvente provocava un effetto bloom ovvero lo
Intervento di Restauro
30
sbiancamento della superficie per l’improvviso raffreddamento provocato dalla rapida evaporazione dei solventi.
Il dipinto presenta alcune zone più delicate le quali necessitano una pulitura
per mezzo di un sovente più blando. La superficie si mostra più fragile in
prossimità ad esempio dei dettagli elaborati mediante la stesura di pigmento
rosso e in corrispondenza della doratura dei cartigli. Anche le aree descritte
a velatura sono facilmente deperibili con l’uso di solventi troppo aggressivi.
Il solvente quindi elaborato mescola White Spirit all’89%, Acetone al 9% e
Alcool Benzilico al 2%. La miscela possiede tali Parametri di Solubilità Fd:
85; Fp: 7; Fh: 8.
Durante l’operazione di pulitura sono emerse, in prossimità delle lacune, stuccature debordanti e tenaci che si sovrapponevano largamente alla cromia
originale. Per la rimozione di tale materiale è stata utilizzata un’emulsione
grassa, preparata miscelando 50cc di Xilene, 50cc di acqua demineralizzata
e 50cc di Tween 20 aggiunti alla fine incorporandoli a goccia a goccia. Tale
operazione di pulitura è stata eseguita mediante l’ausilio di bisturi e spugne
bianche di tipo “blix flix”. Per il risciacquo della superficie si è scelto di utilizzare 1gr. di bile bovina in 100cc di acqua.
In corso di pulitura sono emerse delle ridipinture di colore scuro e spesso
debordanti sulla cromia originale; si presume che esse costituiscano il ritocco
pittorico delle stuccature più antiche che il restauratore Carlo Andreani nel
più recente intervento non ha del tutto eliminato, cercando invece di riunire
l’immagine nelle zone più disordinate con delle ampie stuccature color brunorossastre.
I solventi utilizzati sinora per la pulitura non hanno dato risultati soddisfacenti su tali ridipinture; è stata quindi eseguita una prova con gel di Alcool
Benzilico. La completa rimozione di tutti questi interventi causerebbe però
delle marcate dissonanze con il resto della superficie; verranno perciò asportate solo nelle zone dove causano un difetto estetico.
Il Solvent Gel con Alcool Benzilico è stato preparato con 2gr. di Carbopol,
100ml. di Alcool Benzilico, 20ml. di Ethomen C-25 e 5ml. di acqua deionizzata. Per ottenere un gel omogeneo in grado di agire efficacemente occorre
procedere nel seguente modo: aggiungere lentamente il Carbopol all’Ethomen
C-25 mescolando bene i grani, in seguito unire pian piano l’Alcool Benzilico
Intervento di Restauro
31
ed infine incorporare l’acqua agitando vigorosamente.
Tale prodotto ha agito sulla vernice e sulle ridipinture, ma non su quelle più
tenaci per le quali è stato utilizzato un diverso tipo di Solvent Gel, quello con
DMSO. La ricetta prevede di miscelare 2gr. di Carbopol, 20ml. di Ethomen
C-25 e 100ml. di DMSO ai quali non è necessario aggiungere acqua. Questa miscela è stata utilizzata localmente per le ridipinture più spesse come
ad esempio nella zona absidale dell’architettura, dove dallo sfondo scuro è
riemerso il colore originale accompagnato dalla rappresentazione di piccole
stelle. In questa zona la ridipintura era di colore blu - verde, mentre nel resto
della struttura architettonica l’intervento era stato eseguito con una tinta
marrone, probabilmente utilizzata per riassestare la discontinuità creata dall’insieme di abrasioni.
Nelle zone in cui questo prodotto sarebbe stato troppo forte e l’intervento
difficoltoso, come ad esempio vicino alle stuccature o nelle crettature dove
erano presenti ridipinture nere, si è preferito affrontare tale operazione utilizzando una miscela di Bile Bovina alla quale sono state aggiunte delle gocce
di Acetone.
Una volta completato l’intero intervento di pulitura la superficie è stata interessata da un risciacquo generale effettuato con Isopropano e White Spirits
al fine di levare tutti i residui. Alcuni prodotti come i Solvent Gels vanno inizialmente asportati a secco per assicurare una più completa rimozione degli
eccessi evitandone la diffusione nel manufatto. L’utilizzo dei solventi è stato
frequentemente coadiuvato dall’azione meccanica del bisturi.
L’operazione di pulitura ha permesso di muovere alcune considerazioni per
quanto riguarda gli interventi che hanno interessato il dipinto. Le stuccature più bianche sembrano le più antiche, trovandosi sotto a quelle più scure
attribuite a Carlo Andreani. La situazione è confusa, ma considerando la
presenza di ridipinture con un’altra preparazione di colore bruno-giallognolo,
si desume che l’opera abbia subito tre interventi.
Carlo Andreani ha presumibilmente eliminato alcune ridipinture presenti nella zona alta.
Nelle zone in cui il colore appariva molto sottile, tipo velatura, non è stata
portata a termine la pulitura con i solventi utilizzati per il resto dell’opera.
La pulitura si è fermata lasciando uno strato di vernice che è stato poi as-
Intervento di Restauro
32
portato con il solvente più debole (White Spirit all’89%, Acetone al 9% e
Alcool Benzilico al 2%) insistendo nelle zone più tenaci.
L’opera ha quindi subito differenti interventi. L’analisi visiva riconosce una
preparazione originale pigmentata di colore bruno, a base di gesso e colla, stuccature di colore bruno-giallognolo le cui ridipinture sovrastanti sono
molto tenaci e altri stucchi di colore bianco sui quali è intervenuto Carlo Andreani con la sua scelta di apporre uniformemente uno stucco di color bruno
piuttosto scuro che funge anche da restauro estetico in quanto non è stato
riscontrato alcun tipo di ritocco o velatura più recente.
Sia le stuccature d Carlo Andreani, sia quelle bruno-giallognole sono state
asportate, fin dove possibile, perché soprammesse al colore originale. Sono
state mantenute invece le stuccature bianche, poiché localizzate, limitate alle
lacune e molto tenaci.
12
Verniciatura
Dopo la pulitura è stata eseguita una verniciatura del dipinto per favorire
l’operazione di stuccatura delle lacune. La presenza di questo strato protettivo evita, infatti, che lo stucco vada a sporcare la superficie pittorica. Per
questo intervento è stata utilizzata la vernice “Vernis a tableaux J.G. Vibert”
(resina acrilica e chetonica) applicata con l’ausilio di pennellesse.
13
Stuccature
Come previsto nel progetto d’intervento lo stucco è stato preparato utilizzando gesso di Bologna e colla di coniglio con l’aggiunta di pigmento per
accordare il più possibile il tono delle lacune con quello di tutto il dipinto.
Lo stucco è stato applicato con l’ausilio di spatoline e la superficie pittorica è
stata pulita per mezzo di spugnette di tipo “blix flix” e tamponcini inumiditi
in acqua; questo non causa alcun danno poiché la pellicola pittorica è già
stata trattata con vernice. In seguito il dipinto è stato riverniciato.
La colla di coniglio si presenta in grani di colore giallo e viene fatta rigonfiare in acqua per circa una notte; è poi resa fluida riscaldandola a bagnomaria. Infine con delle spatoline la colla è stata lavorata assieme al gesso di
Intervento di Restauro
33
Bologna preventivamente setacciato. L’impasto ottenuto può essere conservato in barattoli o buste di plastica per evitarne l’essicazione.
La ricetta utilizzata per la preparazione dello stucco prevede di far rigonfiare
una parte di colla di coniglio in otto e mezzo di acqua. La colla di coniglio si
presenta in grani di colore giallo e viene fatta rigonfiare in acqua per circa una
notte. Viene poi resa fluida rimescolandola a bagnomaria, poiché può essere
conservata in frigo. Durante il riscaldamento viene messo uno stuzzichino
nel barattolo per evitare la presenza di bolle d’acqua nella colla. L’acqua
non deve raggiungere la temperatura di ebollizione; la colla è poi lavorata
assieme al gesso di Bologna preventivamente setacciato con l’ausilio di spatole non dentate. L’impasto viene conservato in barattoli o buste di plastica
per evitarne l’essicazione.
14
Velinatura
Il dipinto è stato nuovamente velinato con carta giapponese e Klucel G al 4%
come operazione preliminare alla fase di foderatura garantendo la protezione
della pellicola pittorica. Anche in questo caso l’intervento è stato eseguito
mediante l’utilizzo di pennellesse e facendo sormontare leggermente i fogli di
carta giapponese.
15
Foderatura
É stato deciso di eseguire una seconda foderatura del dipinto utilizzando la
ricetta dello stesso Carlo Andreani, poiché la prima teletta adoperata rischiava di non portare un adeguato sostegno al dipinto, date le sue dimensioni. Questa colla pasta prevede l’impiego di 2Kg di farina di tipo “00”, 500
grammi di colla di coniglio, 5 litri di acqua, 2 litri di aceto, 200 grammi di
trementina veneta, 125 grammi di melassa trasparente, 70 grammi di allume
di rocca e 3 grammi di fungicida. La colla deve rigonfiare in un litro d’acqua e anche la farina è stata messa a bagno in 4 litri d’acqua la sera prima.
L’acqua, l’aceto e la farina sono stati in seguito cotti a bagnomaria per 15
minuti dall’ebollizione; in seguito vengono aggiunte la colletta già riscaldata
e la melassa. Per ultimi sono stati incorporati la trementina veneta e l’allume
Intervento di Restauro
34
di rocca; una volta intiepidita, viene addizionato il fungicida. La pasta, dopo
il suo raffreddamento, può essere conservata in frigo per brevi tempi.
Questa pasta è stata applicata sul retro della tela originale per mezzo di spatole dentate che facilitano l’apporto della stessa quantità di prodotto su tutta
la superficie. La tela da rifodero era stata in precedenza inamidata, stirata ed
arrotolata su un supporto cilindrico; è stato necessario utilizzare due ritagli
di tessuto per foderare l’intero dipinto. La pasta è stata stesa a fasce mentre
la tela da rifodero veniva progressivamente srotolata e fatta aderire massaggiando il supporto dall’interno verso l’esterno anche mediante l’utilizzo di
legnetti arrotondati. É molto importante che la tela da rifodero aderisca senza bolle d’aria affinché la funzione di sostegno sia omogenea. L’operazione è
stata eseguita in due fasi, inizialmente è stata foderata tutta la zona centrale
dell’opera poiché si trovava tensionata al telaio interinale. In seguito, una
volta smontato il telaio metallico ed eliminate le fasce perimetrali, sono stati
scrupolosamente incollati anche i bordi del manufatto. Le fasce perimetrali
e i residui di BEVA sono stati rimossi con diluente 372 e mediante l’ausilio
di bisturi. Una volta asciutta la tela è stata stirata.
La foderatura è il rimedio solitamente adottato per rinforzare il supporto tessile qualora esso si presenti indebolito a causa ad esempio del degrado della
cellulosa e della presenza di strappi. Tale operazione provvede ad appianare
e far aderire al supporto la preparazione e la pellicola pittorica; la foderatura
si presta anche come misura d’intervento nel caso di tele con deformazioni
e lacune. L’adesivo deve essere abbastanza flessibile da permettere i naturali movimenti dei materiali costitutivi senza appesantirli o irrigidirli troppo
e la metodologia d’intervento non deve modificare il colore né la superficie
pittorica schiacciando ad esempio le pennellate pastose.
16
Tensionamento e Rimozione della Velina
In seguito all’intervento di foderatura, il manufatto è stato tensionato sul suo
telaio originale e la velina è stata rimossa per mezzo di acqua e spugne.
Intervento di Restauro
17
35
Integrazione Pittorica
Questa operazione permette di ricreare un collegamento cromatico dove sono
presenti lacune o abrasioni della pellicola pittorica. Il metodo di ritocco utilizzato deve possibilmente garantire la propria reversibilità e riconoscibilità.
L’intervento è stato eseguito mediante l’utilizzo di pigmenti in polvere e vernice “Vernis a tableaux J.G. Vibert” (resina acrilica e chetonica); dove possibile le lacune sono state ricostruite mediante la tecnica di scomposizione
cromatica a rigatino.
18
Verniciatura
L’operazione finale di verniciatura è stata eseguita per nebulizzazione con
compressore al fine di non compromettere l’intervento di ritocco pittorico. È
stata adoperata una vernice finale bianca opaca (resina gomma dammar e
cera d’api).
Capitolo 7
Il Minimo Intervento
Un progetto di restauro nasce da un’attenta analisi del manufatto sul quale
s’intende agire. La successione delle operazioni che si svolgono normalmente
risponde a particolari esigenze strettamente collegate una con l’altra. Ad
esempio la fermatura del colore può essere eseguita soltanto dopo la pulitura
del verso della tela per permettere al consolidante di penetrare, senza il rischio che esso venga bloccato in superficie per la presenza di altre sostanze. La
sequenza delle operazioni è ben nota, ma essa non deve diventare un procedimento standard al quale sottoporre ogni oggetto. Deve essere il manufatto
stesso a dettare l’esigenza o meno di ogni operazione.
Nel corso dei secoli, attraverso delicate osservazioni si è notato come lo stesso
intervento di restauro può essere dannoso, può accelerare il degrado e interferire con l’equilibrio che un manufatto raggiunge nel suo microclima. Un
intervento di restauro dovrebbe quindi essere un atto eccezionale, limitato
il più possibile e per questo dovrebbe essere accompagnato da una cultura
della manutenzione, purtroppo nella maggior parte dei casi assente.
Lo scopo del minimo intervento è di conservare un oggetto senza voler cancellare ad ogni costo i segni del tempo e senza sottoporre il manufatto ad
interventi inutili. Ogni restauratore conosce i fondamentali principi di riconoscibilità e reversibilità degli interventi, tuttavia nessuna azione può veramente essere cancellata. La pulitura ad esempio è la prima delle operazioni
palesemente irreversibili, nel caso in cui siano erroneamente rimosse velature
o abrase campiture di colore. Tuttavia questa è solo la più visibile delle operazioni irreversibili, molto grave è anche l’impregnazione del supporto con
Il Minimo Intervento
37
prodotti sintetici come il Paraloid, che può ad esempio rendere difficoltosi o
impossibili eventuali nuovi interventi.
I principi di riconoscibilità e di reversibilità sono esplicitamente espressi nella Carta del Restauro del 1972, e approfonditi nella Teoria del restauro di
Cesare Brandi. Non è chiaro invece cosa spinga, talvolta, il restauratore moderno ad agire irresponsabilmente, ciò può essere comunque attribuito ad una
mancanza di informazione o da aspetti economici. Il restauratore che sposa
una determinata procedura d’intervento che applicherà indistintamente ad
ogni manufatto, risulterà più veloce nei tempi e dunque il suo guadagno economico sarà più cospicuo, ma a discapito della conservazione di un bene.
Il minimo intervento richiede molte più osservazioni e molto più impegno
rispetto ad un normale intervento, ma i suoi obiettivi sono quelli di conoscere
a fondo un opera effettuando soltanto trattamenti necessari. Il luogo di destinazione influenza poi il progetto di restauro, poiché le interazioni tra l’ambiente e il sistema dell’opera determinano lo stato di conservazione del manufatto e il suo potenziale deterioramento. Si può, infatti, presupporre che
un’opera destinata alla tutela in museo possa prestarsi meglio ad un minimo
intervento, poiché la sua conservazione sarà più controllata, rispetto ad un’opera la cui dimora risiede in un ambiente soggetto a sbalzi termici e scarso
controllo, come può ad esempio essere una chiesa.
La materia dell’opera d’arte va rispettata e conservata in quanto insieme che
trasmette l’immagine e la storia. Tuttavia si riconosce la possibilità di sacrificare alcune parti per ragioni di conservazione, come ad esempio ritocchi
pittorici storicizzati ma deturpanti. Il restauro è programmato nel riconoscimento dell’istanza storica ed estetica di un’opera e nel caso del minimo intervento il rispetto di questi aspetti è maggiore, poiché si cerca di mantenere
il manufatto nelle condizioni più simili possibili a come è giunto ai nostri
giorni, cioè con gli indelebili segni del tempo.
Il minimo intervento può essere paragonato ad un restauro timido per il
quale ogni azione è largamente ponderata e messa in discussione. Questa
metodologia tiene in considerazione anche i limiti del restauro ed opera nella
consapevolezza che un bene deve essere tramandato e deve prestarsi a possibili nuovi interventi.
I rischi del minimo intervento sono quelli di limitare l’invasività delle ope-
Il Minimo Intervento
38
razioni al punto da renderle inefficaci o evitarne altre nella speranza che un
danno lievemente accennato non subisca un rapido acceleramento.
Nel caso dell’intervento qui descritto sono state eseguite tutte le operazioni
che normalmente vengono effettuate in presenza di un manufatto con evidenti forme di degrado; nessuna di esse poteva essere evitata, ma la metodologia
con cui queste sono state portate a termine avrebbe potuto evitare degli inutili passaggi e i risultati sarebbero stati migliori. In ogni caso questo non si
sarebbe potuto considerare un minimo intervento.
A mio avviso un corretto intervento di restauro avrebbe dovuto prevedere,
in quest’ordine: velinatura con materiale naturale o sintetico; rimozione delle
tele da rifodero e pulitura del retro del dipinto con mezzi meccanici e se
necessario acquosi; consolidamento dei tagli e delle lacerazioni del supporto;
fermatura e foderatura, seguita da efficaci interventi di stiratura e tensionamento su telaio. Avrei prestato particolare attenzione alla fermatura e alla
foderatura, nonché alla preparazione della tela da rifodero e alla scelta dei
materiali. L’intervento sarebbe proseguito con la svelinatura e la pulitura
della pellicola pittorica, quest’operazione sarebbe partita con l’aiuto del Test
di Feller e avrebbe costantemente fatto rifermento ai parametri di solubilità.
Il restauro si sarebbe poi concluso con le stuccature, l’integrazione pittorica
e la verniciatura.
Capitolo 8
Conclusioni
Durante il restauro del dipinto analizzato, ho rilevato, a mio parere, alcune
operazioni non del tutto corrette. Riporto in seguito gli esempi di ciò che ho
ritenuto discutibile.
In totale l’opera è stata velinata e svelinata tre volte, quindi l’apporto d’acqua è stato abbondante; il dipinto non ha presentato nessuna sensibilità allarmante, ma è bene evitare che un manufatto subisca questo genere di stress.
L’apporto d’acqua e la sua relativa evaporazione, infatti, provocano fenomeni
di dilatazione e contrazione, possono solubilizzare alcuni materiali, come ad
esempio il gesso o il bolo (alcuni particolari del dipinto sono stati eseguiti a
doratura, ma non è stata verificata la tecnica utilizzata). È vero che il manufatto può dettare nuove esigenze in corso d’opera, ma ciò si sarebbe potuto
evitare con un’attenta lettura iniziale delle necessità dell’opera. Inoltre la
velinatura a base di colletta animale si sarebbe prestata meglio, sia per la
compatibilità con il manufatto, sia per la sensibilità del dipinto.
Quando sono state rimosse le pattine della doppia foderatura; sulla tela originale sono rimaste gli accumuli di materiale di origine naturale, essi sono stati
asportati meccanicamente, e con l’ausilio di Acetone. Questa metodologia di
lavoro può risultare rischiosa per un dipinto interessato da perdite di cromia,
oltretutto non ancora trattate. Inoltre l’Acetone non rimuove le sostanze organiche; il solvente delle colle è l’acqua.
Per due volte sono state apposte temporaneamente le fasce perimetrali, è
stato utilizzato dapprima il Beva O.F. 371 Film e in seguito il Beva O.F.
Gel. In entrambi i casi, la rimozione di tale materiale è stata eseguita con il
Conclusioni
40
diluente 351 e mediante l’ausilio di bisturi. L’operazione di rimozione è stata, soprattutto nel secondo caso, difficoltosa; essa genera stress, ad esempio
l’azione meccanica del bisturi rischia di indebolire la fibra della zona perimetrale, un’area fragile del dipinto che si trova però a dover sostenere le forze
provocate dal tensionamento. Il tensionamento dell’opera è stato quindi discontinuo e il trattamento delle deformazioni della tela è stato più difficoltoso.
Inoltre dopo l’applicazione del Beva O.F. 371 Film, l’alone dell’adesivo non
trasudava dalle fasce utilizzate, quindi probabilmente esse non sono state
applicate rigorosamente e ciò deve aver influito negativamente sul successivo
tensionamento.
C’è inoltre da considerare che il tensionamento su telaio interinale per mezzo di spillini, non risulta omogeneo né adeguato per un dipinto di grandi
dimensioni e interessato da deformazioni. Agganciando le fasce perimetrali
direttamente al telaio si ha invece un tensionamento omogeneo, forte e controllabile.
Viste le numerose perdite di pellicola pittorica che si sono susseguite nel corso
dei secoli, sarebbe stato opportuno affrontare un vero e proprio intervento di
fermatura della preparazione e della pellicola pittorica; senza abbinare questo
intervento alla foderatura. In fase d’intervento questa necessità non è stata
esaminata, poiché non si sono riscontrate perdite recenti di cromia. Si presume che il problema sia stato affrontato, magari risolto, da Carlo Andreani,
ma non esistono relazioni di restauro in grado di documentare se tale operazione di fermatura sia stata effettivamente eseguita. Tuttavia la presenza
di stuccature bianche, di craquelure e di colore sollevato indica la presenza
di problemi di adesione della preparazione e dello strato pittorico; questo
supporta la necessità di una fermatura.
Visti anche i rischi che incorrono nel maneggiare un dipinto di tali dimensioni, il progetto di restauro avrebbe dovuto specificare fin dall’inizio che una
sola, sottile mussola di cotone non sarebbe stata in grado di riconferire planarità al supporto originale. Questo era intuibile fin dal principio, poiché la
tela presentava numerosi strappi e negli anni Sessanta la foderatura era stata
eseguita con due tele. Certo è che le due tele da rifodero utilizzate nel precedente intervento di restauro erano troppo pesanti per questo manufatto, esse,
infatti, si presentavano distaccate in alcuni punti, ma chiaramente non era
Conclusioni
41
possibile che il passaggio estremo ad un supporto ausiliario cosı̀ leggero fosse sufficiente. Per la memoria della tela i tagli deformerebbero nuovamente
questo supporto ausiliario, poiché una mussola di cotone non riesce a riconferire la planarità desiderata ad un manufatto di tali dimensioni e peso.
Inoltre il continuo rimaneggiamento del manufatto aumenta il rischio di incidenti; l’opera, infatti, è rimasta a lungo su un telaio interinale e i lavori si
sono spesso alternati su verso e recto, rendendo gli interventi discontinui.
Dopo la fermatura-foderatura con mussola di cotone e adesivo sintetico è
stata effettuata la pulitura del recto e successivamente è stato deciso di affrontare una vera e propria foderatura a colla di pasta con pattina in lino.
Nessuno dei prodotti utilizzati per la prima fermatura-foderatura (Paraloid
B72, Aquazol 200 e silice micronizzata) è compatibile con il sistema dell’opera sottoposta al restauro. L’utilizzo del Paraloid B72 può compromettere
lo stato di conservazione, poiché esso solidificando diventa un materiale molto
rigido, senza elasticità e impartisce un aspetto vetroso e plastico al tessuto. Il
Paraloid B72 è stato qui utilizzato con una diluizione del 47% circa, mentre
solitamente la percentuale è del 10%; per questo motivo al momento dell’applicazione appariva denso; probabilmente l’obiettivo era di nuovo quello di
mantenere l’intervento superficiale.
Le resine sintetiche sono utilizzate sia per interventi di foderatura sia come
consolidanti degli strati pittorici; in realtà però, l’adesivo dovrebbe rispondere
ai requisiti di reversibilità e compatibilità con i materiali originali. Il trattamento qui adoperato doveva risolvere i problemi di adesione, cioè quelle
situazioni macrostrutturali del materiale che comprendono i sollevamenti di
preparazione e pellicola pittorica, ma allo stesso tempo doveva fornire sostegno alla grande tela. L’obiettivo di un consolidante è quello di penetrare
per risolvere i problemi di adesione, ma addizionando la silice micronizzata
al prodotto ne è risultato un intervento superficiale. Inoltre il potere adesivo
dell’Aquazol 200 è molto debole.
La vera e propria foderatura è stata invece eseguita con una colla di pasta;
i vantaggi per i quali questo adesivo viene solitamente scelto non sono stati
del tutto sfruttabili, poiché tra la tela originale e questa foderatura si trovava
appunto l’intervento con resina sintetica. La sua compatibilità con i materiali
originali e la capacità di livellamento delle deformazioni della preparazione e
Conclusioni
42
della pellicola pittorica sono state praticamente superflue.
Una particolare scelta dell’artista è stata quella di assemblare le tre tele
in senso orizzontale anziché verticale; quindi la tendenza della tela alle deformazioni può essere nata dalla insolita giunzione delle tele, che rende il
tensionamento più complicato rispetto all’unione verticale delle tele. I due
ritagli di mussola di cotone utilizzati per la fermatura sono stati uniti orizzontalmente nella metà. Le due pattine utilizzate per la foderatura sono state
unite verticalmente e non sono state applicate specularmente, quindi la forza
del tensionamento sarà squilibrata.
Sia il supporto originale che quello ausiliario si muovono per i cicli di tensione
e di allentamento dovuti alle variazioni termo igrometriche, ma la presenza di
prodotti di differente natura crea degli squilibri e stress meccanici all’interno
del sistema.
L’intervento che normalmente segue la foderatura di un dipinto è la stiratura; essa viene effettuata immediatamente dopo l’applicazione dell’adesivo al
fine di aiutare l’adesione tra i due supporti, facilita l’abbassamento di creste
e ridona al dipinto planarità e morbidezza. Tale operazione è solitamente
compiuta quando il prodotto utilizzato è ancora umido; in questo caso la
stiratura è stata attuata quando il dipinto giaceva ormai asciutto.
La stiratura dopo la fermatura, anche se è stata effettuata quando il prodotto era ormai asciutto, potrebbe causare danni poiché i vapori dell’Acetone,
solvente del Paraloid B72 utilizzato per la fermatura, potrebbero raggiungere
la pellicola pittorica e danneggiare la cromia.
La pattina adoperata per la foderatura non è stata preparata, né applicata
adeguatamente. Essa è stata lavata, stirata ed inamidata, ma al momento
dell’utilizzo si presentava morbida e non sono stati eliminati eventuali nodi.
Una tela trattata invece con colletta e ben tensionata si presta alla foderatura, perché resa rigida, inerte e portante; essa aderisce al dipinto senza creare
bolle, onde o discontinuità e assicura un contatto omogeneo.
La tela è stata inoltre stirata quando la colla di pasta era ormai asciutta,
questo non garantisce l’efficacia dell’intervento, poiché il prodotto non riesce
ad aggrappare ed unire le due tele, ma rimane presente come uno strato intermedio dall’adesione disomogenea.
Per quanto riguarda l’intervento di pulitura, esso non ha previsto l’utilizzo del
Conclusioni
43
Test di Feller per il riconoscimento del giusto valore Fd; talvolta il parametro
delle miscele utilizzate, anche in fase di saggi, balzava da valori alti ad altri
molto più bassi senza prima toccare e valutare tappe intermedie. Talvolta
l’azione non metodica può essere rischiosa e compromettere definitivamente
una zona cromatica, anche se le prove di pulitura sono limitate ad aree molto
piccole questo atteggiamento non è giustificabile.
Sempre in fase di pulitura, durante la rimozione di ridipinture è stata anche
utilizzata la bile bovina alla quale sono state aggiunte delle gocce di Acetone,
ciò potrebbe essere rischioso soprattutto in prossimità delle lacune, dove il
prodotto può penetrare e solubilizzare il Paraloid B72 adoperato per la fermatura.
Tenendo in considerazione che in futuro l’opera avrà bisogno di altri interventi, sarà problematico rimuovere il Paraloid B72, inoltre il prodotto potrebbe
ingiallire e deturpare il manufatto. La presenza poi di supporti dalle diverse
caratteristiche ed elasticità potrebbe rendere faticoso il tensionamento del
supporto.
Nonostante fossero previsti finanziamenti per le indagini diagnostiche, queste
non sono state condotte. Questo potrebbe essere giustificato dagli obiettivi
del minimo intervento, che prevedono la ridotta invasività di qualsiasi operazione, ma viste le scelte del restauro condotto, il prelievo di campioni per
le analisi di laboratorio non avrebbe causato danni maggiori, anzi avrebbe
risolto qualche dubbio.
Capitolo 9
Riferimenti Tecnici
A. DATI DI RIFERIMENTO
A1. INVENTARIO: /
A2. PROVINCIA: Trento.
A3. COMUNE: Trento.
A4. FRAZIONE: /
A5. COLLOCAZIONE: Museo Diocesano di Trento.
A6. CONDIZIONE GIURIDICA: Proprietà ente ecclesiastico.
A7. PROVENIENZA: Chiesa di Santa Maria Maggiore.
A8. OPERA: Opera composta da un unico elemento, dipinto, privo di cornice.
A9. FORMATO/MISURE: Forma rettangolare; altezza 293 cm, larghezza
353 cm, perimetro 1292 cm, superficie mq. cm2 103.
A10. SOGGETTO: Il Concilio di Trento.
A11. SECOLO/FRAZIONE: XVII.
A12. ANNO: 1633.
A13. AUTORE: Elia Naurizio.
A14. TECNICA: Olio su tela.
A15. RESTAURI: È documentato un restauro da parte di Carlo Andreani
nel 1963.
A16. MOSTRE: Collezione permanente del Museo Diocesano di Trento.
A17. MODALITÁ DI RILEVAMENTO DEI DATI: Esame visivo e tattile.
Note ai campi A1-17: /
Riferimenti Tecnici
45
B. DOCUMENTAZIONE
B1. SCHEDA ICCD: /
B2. BIBLIOGRAFIA: D. Primerano (a cura di), Il Museo Diocesano Tridentino, Museo Diocesano Tridentino, Trento 1996.
B3. RELAZIONI E DOCUMENTI D’ARCHIVIO: Presso il Museo Diocesano di Trento sono presenti alcuni documenti che riguardano il dipinto. Essi
riportano per intero le iscrizioni dei cartigli e dei tondi, oggi in parte mancanti e forniscono anche qualche informazione sulla storia del dipinto.
B4. DOCUMENTAZIONE GRAFICA: /
B5. DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA: Il Museo Diocesano di Trento
possiede alcune immagini del dipinto e della sua copia, custodita presso il
Castello del Buonconsiglio di Trento.
Note ai campi B1-5: Non è stato possibile recuperare relazioni relative a
precedenti interventi di restauro.
C. Caratteristiche di collocazione/esposizione
C1. COLLOCAZIONE: Primo piano del Museo diocesano di Trento, parete
nord.
C2. SISTEMI/ANCORAGGIO: Ganci metallici.
C3. SISTEMI DI PROTEZIONE/ SICUREZZA: Impianto antifurto generale.
C4. RISCHI DA ESPOSIZIONE: Vicinanza al corpo scala, quindi soggetto
a possibili sbalzi termici causati dai moti d’aria e dall’apporto di umidità.
Note ai campi C1-4: /
D. DATI TECNICI E STATO DI CONSERVAZIONE
D1. STRUTTURA DI SOSTEGNO
D1.1 STRUTTURA DI SOSTEGNO: Telaio rettangolare con doppia crociera
Riferimenti Tecnici
46
interna, non originale.
D1.2 ELEMENTI STRUTTURALI/COSTITUTIVI: N◦ 7 assi in legno di
conifera.
D1.3 SISTEMA DI ESPANSIONE/ STRUTTURA DI CONTENIMENTO:
Incastro fisso a mortasa e tenone.
D1.4 MISURE DEGLI ELEMENTI: Adeguate rispetto alle dimensioni del
dipinto; montante: altezza 274 cm, larghezza 19 cm, spessore 5 cm; traversa:
altezza 19 cm, larghezza 335 cm, spessore 5 cm.
D1.5 ISCRIZIONI/BOLLI: /
D1.6 SISTEMA DI SOSPENSIONE/ANCORAGGIO: Fori rinforzati con lastre metalliche.
D1.7 DEFORMAZIONI: Presenti nei due montanti.
D1.8 SCONNESSURE: /
D1.9 FESSURAZIONI: /
D1.10 ELEMENTI MANCANTI: /
D1.11 LACUNE: /
D1.12 ALTERAZIONI BIOLOGICHE: /
D1.13 TRACCE DI UMIDITÁ: /
D1.14 TRACCE DI COMBUSTIONE: /
D1.15 INTERVENTI: Sostituzione dei montanti ed inserimento di espansori
metallici.
D1.16 ALTRO: /
Note ai campi D1.1-16: /
D2. SUPPORTO
D2.1 SUPPORTO ORIGINALE: Presente.
D2.2 COMPOSIZIONE: Tela.
D2.3 FIBRA: Vegetale (lino).
D2.4 ARMATURA: Intreccio semplice.
D2.5 RIDUZIONE: Per cm2 20 fili di ordito e 14 di trama.
D2.6 ISCRIZIONI/BOLLI: /
D2.7 ANCORAGGIO: /
Riferimenti Tecnici
47
D2.8 TENSIONAMENTO: Non adeguato a sostenere la tela.
D2.9 INDEBOLIMENTO DELLE FIBRE: In prossimità delle rotture delle
fibre.
D2.10 DEFORMAZIONI: Rigonfiamenti, evidenti soprattutto nelle zone perimetrali.
D2.11 LACUNE: Sono presenti strappi di differenti dimensioni.
D2.12 LACERAZIONI: Presenti ampiamente e diffuse in più zone della tela.
D2.13 ALTERAZIONI BIOLOGICHE: /
D2.14 TRACCE DI UMIDITÁ: /
D2.15 TRACCE DI COMBUSTIONE: /
D2.16 INTERVENTI: Toppe, doppia foderatura.
D2.17 ALTRO: /
Note ai campi D2.1-17: Il filo che compone il supporto tessile è sottile e
compatto; al fine di ottenere un supporto di tali dimensioni sono state cucite
assieme tre tele.
D3 SUPPORTO AUSILIARIO
D3.1 SUPPORTO AUSILIARIO: È presente una doppia foderatura.
D3.2 COMPOSIZIONE: Doppia foderatura con pattina.
D3.3 FIBRA: Lino.
D3.4 ARMATURA: Intreccio semplice.
D3.5 RIDUZIONE (cmq): Per cm2 11 fili di ordito e 11 di trama.
D3.6 ISCRIZIONI/BOLLI: /
D3.7 ANCORAGGIO: /
D3.8 INDEBOLIMENTO DELLE FIBRE: /
D3.9 ADESIONE AL SUPPORTO: Scarsa.
D3.10 ALTERAZIONI BIOLOGICHE: /
D3.11 TRACCE DI UMIDITÁ: /
D3.12 INTERVENTI: Le tele utilizzate per la foderatura del 1963 saranno
asportate.
D3.13 ALTRO: /
Riferimenti Tecnici
48
Note ai campi D3.1-13: /
D4 STRATI PREPARATORI
D4.1 STRATI PREPARATORI: Presenti.
D4.2 MATERIALI COSTITUTIVI: Colla di coniglio, gesso di Bologna e pigmenti.
D4.3 COLORE: Bruno.
D4.4 IMPRONTA DI ARMATURA: Presente.
D4.5 CRETTATURA: Localizzata.
D4.6 DIFETTI DI COESIONE: /
D4.7 DIFETTI DI ADESIONE: Presente.
D4.8 LACUNE: Presenti in più zone del dipinto, alcune mancanze sono molto
estese, altre di piccole dimensioni. Tutte le lacune presentano interventi di
stuccature.
D4.9 TRACCE DI UMIDITÁ: /
D4.10 TRACCE DI COMBUSTIONE: /
D4.11 INTERVENTI: Interventi di pulitura dello stucco debordante sull’originale e stuccatura al fine di riempire le lacune e ricostituire lo strato preparatorio.
D4.12 ALTRO: /
Note ai campi D4.1-12: Gli interventi di stuccature, eseguite in fase di restauro in differenti epoche, sono realizzati con diversi pigmenti e presentano vari
gradi di tenacità. Inizialmente la lettura della stratificazione è stata difficoltosa.
D5 STRATI PITTORICI
D5.1 STRATI PITTORICI: Presenti.
D5.2 MATERIALI COSTITUTIVI/TECNICHE: Olio, pigmenti e vernice.
Lo strato pittorico e la preparazione sono abbastanza sottili.
D5.3 ISCRIZIONI/BOLLI: /
D5.4 CRETTATURA: Sulla superficie pittorica è diffuso un leggero craque-
Riferimenti Tecnici
49
lure.
D5.5 ALTERAZIONI: /
D5.6 DIFETTI DI COESIONE: /
D5.7 DIFETTI DI ADESIONE: Presente.
D5.8 ABRASIONI: Soprattutto in corrispondenza delle velature.
D5.9 LACUNE: Sono presenti lacune molto estese, ma anche altre di medie
e piccole dimensioni.
D5.10 ALTERAZIONI BIOLOGICHE: /
D5.11 TRACCE DI UMIDITÁ: /
D5.12 TRACCE DI COMBUSTIONE: /
D5.13 VANDALISMI: /
D5.14 VERNICI/PROTETTIVI: Presenti su tutta la superficie.
D5.15 ALTERAZIONI VERNICI: Leggero ingiallimento.
D5.16 DEPOSITI SUPERFICIALI: La pellicola pittorica è interessata da un
deposito di particellato atmosferico.
D5.17 INTERVENTI: Pulitura e verniciatura.
D5.18 ALTRO: /
Note ai campi D5.1-18: In passato il dipinto ha subito perdite di pellicola
pittorica, questo significa che l’opera è stata soggetta a difetti di adesione,
che probabilmente sono stati risolti nell’intervento di restauro di Carlo Andreani nel 1963.
D6 CORNICE
D6.1 CORNICE: /
D6.2 ISCRIZIONI/BOLLI: /
D6.3 SISTEMA DI RACCORDO CORNICE-DIPINTO: /
D6.4 SISTEMA DI SOSPENSIONE/ANCORAGGIO: /
D6.5 STATO DI CONSERVAZIONE: /
D6.6 ALTRO:/
Note ai campi D6.1-6: /
Riferimenti Tecnici
E. INDICAZIONE SUGLI INTERVENTI
PRONTO INTERVENTO
INTERVENTO A BREVE TERMINE
N
INTERVENTO A MEDIO TERMINE
INTERVENTO A LUNGO TERMINE
N
VELINATURA
N
SMONTAGGIO TELA DA TELAIO
TRATTAMENTO BIOCIDA TELA
N
PULITURA RETRO TELA
N
RIMOZIONE DI CONTROSUPPORTI
N
TRATTAMENTO DEFORMAZIONE TELA
CONSOLIDAMENTO TELA
N
RICOMPOSIZIONE/RISARCIMENTO TELA
APPLICAZIONE INSERTI TELA
N
RISTABILIMENTO COESIONE/ADDESIONE
N
APPLICAZIONE SUPPORTO AUSILIARIO
N
APPLICAZIONE FASCE PERIMETRALI
TRATTAMENTO BIOCIDA TELAIO
N
PULITURA TELAIO
N
RIPRISTINO MODIFICA FUNZIONALITÁ TELAIO
CONSOLIDAMENTO TELAIO
N
REINTEGRAZIONE PARTI O ELEMENTI MANCANTI
COSTRUZIONE NUOVO TELAIO
APPLICAZIONE SISTEMI PROTETTIVI RETRO
N
RIMOZIONE VELINATURA
N
PULITURA/RIMOZIONE STUCCATURE
N
VERNICIATURA
N
STUCCATURA
N
REINTEGRAZIONE
50
Capitolo 10
Documentazione Fotografica
Figura 10.1: Accumuli di colla presenti sul retro della tela originale.
Documentazione Fotografica
Figura 10.2: Sutura di strappi e lacerazioni del supporto tessile.
52
Documentazione Fotografica
53
Figura 10.3: Tensionamento su telaio interinale per mezzo di elastici e spillini.
Documentazione Fotografica
54
Figura 10.4: Deformazione del supporto originale nonostante il tensionamento.
Documentazione Fotografica
55
Figura 10.5: Umidificazione a spruzzo del retro della tela per mezzo di
Diacentonalcol.
Documentazione Fotografica
Figura 10.6: Rimozione delle fasce perimetrali.
56
Documentazione Fotografica
57
Figura 10.7: Le deformazioni della tela sono ancora presenti, nonostante i
trattamenti effettuati.
Documentazione Fotografica
58
Figura 10.8: Fermatura del colore per mezzo di materiale sintetico e mussola
di cotone.
Documentazione Fotografica
Figura 10.9: Stiratura del manufatto.
59
Documentazione Fotografica
Figura 10.10: Applicazione fasce perimetrali mediante Beva O.F. Gel.
60
Documentazione Fotografica
Figura 10.11: Tensionamento della tela sul telaio ligneo originale.
61
Documentazione Fotografica
Figura 10.12: Telaio con espansori metallici.
62
Documentazione Fotografica
Figura 10.13: Svelinatura della pellicola pittorica.
63
Documentazione Fotografica
Figura 10.14: Pulitura della superficie pittorica.
64
Documentazione Fotografica
Figura 10.15: Stratificazioni di stuccature.
65
Documentazione Fotografica
Figura 10.16: Intervanto di stuccatura delle lacune.
66
Documentazione Fotografica
Figura 10.17: Velinatura della pellicola pittorica.
67
Documentazione Fotografica
Figura 10.18: Applicazione colla di pasta per la foderatura.
68
Documentazione Fotografica
Figura 10.19: Intervento di ritocco pittorico.
69
Documentazione Fotografica
Figura 10.20: Stato del dipinto in seguito all’integrazione pittorica.
Figura 10.21: Collocazione presso il museo diocesano di Trento.
70
Bibliografia
[1] Simone Weber Artisti trentini e artisti che operarono nel Trentino,
Monauni, Trento, 1944
[2] Cesare Brandi Teoria del restauro, Einaudi, 1977
[3] Giuseppina Perusini Il restauro dei dipinti e delle sculture lignee. Storia,
teoria e tecniche, Del bianco editore, 1985
[4] Carlo Quaglierini, Luca Amorosi Chimica e tecnologia dei materiali per
l’arte, Zanichelli editore, 1991
[5] Alessandro Conti Manuale di restauro, Einaudi editore, 1996
[6] Paolo Cremonesi L’uso dei solventi organici nella pulitura delle opere
policrome, Casa editrice Il Prato, 2000
[7] Giovanna Scicolone Il restauro “contemporaneo” dei dipinti su supporto
cellulosico tessile, Rivista Kermes, 2003
[8] ARKOS Il minimo intervento, Nardini editore, 2004
[9] L. BORGIOLI, P.CREMONESI Le resine sintetiche usate nella pulitura
delle opere policrome, Casa editrice Il Prato, 2005
[10] a cura di CESMAR7 L’attenzione alle superfici pittoriche. Materiali e
Metodi per il consolidamento e metodi scientifici per valutarne l’efficacia.
Atti del congresso, Casa editrice Il Prato, 2006
[11] a cura di CESMAR7 Proprietà meccaniche a Breve Termine degli Adesivi: Effetto dei Solventi e dei Pastificanti, Congresso Internazionale Co-
Bibliografia
72
lore e conservazione, Casa editrice Il Prato, corso di aggiornamento con
il Prof. Richard Wolbers, 2006
[12] a cura di CESMAR7 Risarcitura di Lacerazioni in dipinti su tela, Casa
editrice Il Prato, corso di aggiornamento con il Prof. Winfried Heiber,
2007