titolo: AI LIMITI DELLE POSSIBILITA` DI SCELTA
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titolo: AI LIMITI DELLE POSSIBILITA` DI SCELTA
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Dipartimento di Diritto Comparato Corso di Perfezionamento in Bioetica A.A. 2009/2010 AI LIMITI DELLE POSSIBILITA’ DI SCELTA ANALISI ETICA DI UN CASO CLINICO NEL CONTESTO DELLA VITA NASCENTE Maria Cristina Bazan Padova, 24 Settembre 2010 Alla mia Amica Anna Indice Premessa 6 1. Presentazione del caso clinico 7 2. Dati clinici 9 2.1. Aspetti medici 2.2. Aspetti personali e relazionali 2.3. Aspetti culturali 3. Responsabilità 3.1. Responsabilità degli operatori socio-sanitari 3.2. Comprensione e consapevolezza e del paziente 3.3. Responsabilità dei servizi sociali 4. Problemi etici 4.1. Problemi etici sollevati dal caso 4.2. Problema etico più importante 5. Scelte possibili 5.1. Scelte possibili per il problema etico più importante 6. Giudizio etico 9 11 13 16 16 20 22 23 23 26 27 27 28 6.1. Scelta in linea di principio 6.2. Scelta effettiva 28 30 Considerazioni personali a conclusione del lavoro svolto 31 Bibliografia 32 Ringraziamenti 34 Premessa Il presente lavoro di tesi consiste nell’analisi etica di un caso clinico tratto dall’esperienza della pratica clinica del reparto di Patologia Neonatale dell’Ospedale Ca’ Foncello di Treviso vissuta negli ultimi anni. Sempre più spesso i medici operanti sul fronte del nascere devono sapersi confrontare con situazioni critiche e assumere decisioni delicate in contesti clinici e umani molto complessi. La molteplicità e la criticità degli aspetti presenti nei problemi etici, rende evidente la necessità di uno schema strutturato per l’analisi dei casi clinici al fine di organizzare logicamente l’analisi etica e di raggiungere il più possibile un consenso condiviso nelle decisioni, all’incontro tra problemi particolari e principi generali. Lo schema che viene utilizzato per questo lavoro presuppone innanzitutto un’attenta raccolta dei dati clinici, che comprendono gli aspetti medici, con riferimento alla diagnosi, prognosi e trattamenti possibili, gli aspetti personali e relazionali della vita del paziente e gli aspetti culturali relativamente al contesto sociale. Tutti questi fattori, da quelli strettamente medici a quelli più umani, contribuiscono, in maniera complementare, alla comprensione globale del caso clinico in analisi. Il passo successivo consiste nello stabilire le responsabilità dei soggetti coinvolti in merito: al ruolo degli operatori socio-sanitari, la consapevolezza del paziente della sua situazione, al coinvolgimento della famiglia, alle responsabilità dei servizi sociali. Terzo passo consiste nell’individuare i problemi etici che il caso presenta. Spesso le questioni etiche sono molto complesse per la molteplicità dei valori in gioco; è tuttavia importante identificare qual è il problema etico più importante attorno a cui ruota la situazione clinica del paziente. A questo punto si tratta di proporre le soluzioni possibili e in seguito formulare e giustificare il giudizio etico in linea di principio e in riferimento all’esperienza. 6 1. Presentazione del Caso Clinico La signora Giovanna* e il signor Carlo Rossi* e sono una giovane coppia attorno ai 3035 anni, italiani, ben integrati nel contesto socio-culturale del territorio. Hanno una figlia in età scolare e sono in attesa della secondogenita, voluta e concepita naturalmente. La gravidanza, seguita presso un ospedale periferico, decorre in maniera fisiologica e regolare, fino alla 22^+4, data in cui avviene una PPROM (Preterm Premature Rupture of the Membranes). Al reparto di Patologia Neonatale dell’Ospedale Ca’ Foncello di Treviso viene fatta richiesta di trasferimento in utero, approssimando l’età gestazionale (E.G.) a 23^ settimane per poterne garantire l’accettazione. All’arrivo nel reparto di Ostetricia dell’ospedale Ca’ Foncello si raccolgono i seguenti dati: • conferma dell’età gestazionale (E.G. clinica confermata dall’E.G. ecografica) a 22^+4; • conferma di avvenuta PPROM; • assenza completa di liquido amniotico (oligoidramnios); • eco fetale con flussimetria normale; • assenza di segni di infezioni da parte della madre. Il quadro clinico della paziente risulta critico, complicato dal fatto che temporalmente si situa in un’epoca gestazionale di “soglia”, in cui le possibilità di vita del feto dipendono fortemente dall’età gestazionale e dalle condizioni cliniche dello stesso. Essendovi estrema incertezza prognostica in questa fase della gravidanza, le indicazioni di intervento rimandano all’analisi del caso specifico lasciando libero uno spazio decisionale. Clinicamente la situazione della paziente comporta: * In questo testo vengono utilizzati dei nomi di fantasia, nel rispetto della privacy dei soggetti coinvolti. 7 • elevato rischio di morte fetale (per l’assenza di liquido amniotico) e avvio di travaglio; • elevato rischio di infezione materna e di distacco di placenta; • in caso di sopravvivenza del feto, elevato rischio di mortalità neonatale e/o di disabilità gravi (dovute all’estrema prematurità). I genitori vengono informati esaurientemente della situazione tramite un colloquio approfondito con il personale medico: in questa sede emerge con chiarezza la loro paura, difficoltà e indisponibilità nell’accettare un eventuale figlio portatore di disabilità e, con apparente lucidità, chiedono l’interruzione di gravidanza. In seguito a un prolungato confronto con un’equipe multidisciplinare, in cui si spiega l’impossibilità di effettuare l’aborto per motivi giuridici, si decide insieme di cercare di prolungare la gestazione il più possibile. La madre viene sottoposta a terapia antibiotica per diminuire il rischio di infezioni e monitorata tramite esami emato-chimici a giorni alterni. Preoccupata dell’altra figlia a casa, la madre chiede e ottiene, con assunzione di responsabilità nonostante il parere contrario dei sanitari, la dimissione dall’ospedale e torna a casa con programma di rientro settimanale, aspettando un avvio naturale del travaglio. 8 2. Dati Clinici 2.1 . Aspetti medici Il parto pretermine (PPT) è l’espulsione o l’estrazione del feto e dei suoi annessi dall’organismo materno a partire dalla 22^ settimana di età gestazionale (161gg) fino a 36 settimane complete di età gestazionale (258gg). Il PPT è la causa più importante di mortalità e morbilità neonatale (da solo ricopre il 75% dei casi)[1]. In particolare la mortalità e la morbilità perinatale associate al parto pretermine diminuiscono con l’aumentare dell’epoca gestazionale; nella valutazione del nascituro infatti, l’età gestazionale è considerata il parametro più indicativo di maturazione. Al di sotto delle 22 settimane di EG non esiste possibilità di sopravvivenza al di fuori dell’utero; il periodo tra le 22 e le 25 settimane può essere definito di incerta vitalità; al di sopra delle 25 settimane può esservi probabilità di sopravvivenza anche se dipendente da cure intensive. In 1/3 dei casi [2,3,4] il parto pretermine è associato alla rottura prematura delle membrane. Dal punto di vista istologico le membrane fetali sono costituite, procedendo dall’interno verso l’esterno, dalla membrana amniotica (amnios) rivolta verso la cavità amniotica, e dalla membrana coriale (corion) a diretto contatto con la decidua. Le membrane amniocoriali non sono una lamina inerte che contiene il feto e il liquido amniotico, ma contribuiscono allo scambio di acqua e di soluti fra il compartimento materno e la cavità amniotica; esse infatti sono prive di vasi sanguigni, ma veicolano lo scambio di sostanze dal sangue dei vasi materni deciduali al liquido amniotico e viceversa, in maniera complementare agli scambi che avvengono attraverso la placenta. Inoltre, poiché la deglutizione di liquido amniotico da parte del feto non è solo un meccanismo equilibratore del volume liquido amniotico medesimo, ma serve anche alla nutrizione del feto, il passaggio di sostanze attraverso le membrane contribuisce anche a quest’ultima funzione. Analogamente è presumibile che alcune sostanze emesse con 9 l’urina fetale passino nel compartimento materno per diffusione attraverso le membrane amnio coriali. Si definisce rottura pretermine delle membrane quella che avviene prima che la dilatazione della bocca uterina durante il travaglio di parto sia completa; se la rottura intempestiva avviene prima dell’inizio del travaglio si parla di rottura pretermine prematura o PPROM (Preterm Premature Rupture of the Membranes). La PPROM è un’entità complessa, in cui si riconoscono meccanismi eziopatogenetici multipli [5,6]; alle sollecitazioni di tipo meccanico su zone delle membrane con diminuita resistenza meccanica si sommano altri fattori , in predominanza infiammatori o infettivi, che ne potenziano gli effetti o ne rappresentano il momento scatenante. La PPROM comporta il rischio di numerose complicazioni, la cui frequenza e gravità crescono quanto più bassa è l’età gestazionale. Fra le complicazioni di maggior rilievo si elencano: - la prematurità e le sue conseguenze sul bambino del parto pretermine; - le infezioni materne, fetali e neonatali; - oligoidramnios o anidramnios; - l’ipoplasia polmonare fetale; - il prolasso del funicolo o gli esiti della compressione sul funicolo provocata dall’oligoidramnios; - la comparsa di deformazioni fetali; - rischio di distacco di placenta. L’intervallo fra la rottura delle membrane e l’inizio del travaglio (periodo di latenza) è molto variabile: da poche ore a pochi giorni. Tale durata è inversamente proporzionale all’età gestazionale: se la rottura delle membrane interviene in un epoca gestazionale avanzata (oltre le 34 settimane), quando il feto raggiunge un sufficiente grado di maturità polmonare, è spesso indicato accelerare l’espletamento del parto. Se invece la rottura avviene prematuramente è indicato ritardare l’insorgenza delle contrazioni uterine mediante riposo assoluto a letto e terapia tocolitica. Attualmente è infatti affermata l’opinione secondo cui, anche a basse EG come quella del caso in esame, sia opportuno un trattamento di tipo conservativo sotto i profili assistenziali, diagnostici e farmacologici: oltre a ridurre i rischi fetali dell’oligoidramnios e proteggere madre e feto dalle infezioni, lo scopo principale è cercare di prolungare il più possibile la permanenza del feto in utero fino a quando il parto pretermine, iniziato spontaneamente, diventi inarrestabile o fino a quando 10 compaia un’indicazione indiscutibile a interrompere la gravidanza. Soprattutto la tra le 22 e le 27 settimane, anche un breve prolungamento della gestazione migliora sia la probabilità globale di sopravvivenza sia quella di sopravvivenza senza minorazioni. Quando, soprattutto per le EG basse, il periodo di latenza si prolunga oltre le 24-48 ore, il rischio maggiore per il feto è l’infezione endoamniotica: salvo constatazione di specifiche controindicazioni, viene sempre eseguita una profilassi antibiotica, anche in assenza si segni di infezione [7]. A questa si affianca una importante terapia sussidiaria che consiste nella somministrazione di farmaci cortisonici alla madre per accelerare la maturazione polmonare del feto. A questo proposito si devono menzionare le conseguenze dell’assenza di liquido amniotico: le ripercussioni fetali dell’oligoidramnios comprendono varie deformazioni dovute a compressione meccanica e riduzione della possibilità di movimenti attivi; inoltre la cute appare secca e inspessita. Tuttavia la complicanza più grave è l’ipoplasia polmonare, soprattutto nel periodo tra le 15 e le 25 settimane, corrispondente alla fase canalicolare dello sviluppo polmonare e cioè alla fase in cui si sviluppa la rete vascolare capillare destinata agli scambi respiratori. L’influenza patogena è correlata con la compressione sul torace dovuta a un maggior grado di flessione della colonna vertebrale del feto e con l’inibizione dei movimenti respiratori fetali per l’addossarsi della parere uterina, determinando così un alterazione della pressione endoamniotica. Concludendo, quando l’oligoidramnios è conseguenza di un PPROM la prognosi è legata al’età gestazionale, al rischio di complicanze infettive e alla possibilità di far proseguire la gravidanza senza che intervenga ipoplasia polmonare (ad es. con ripetute amnioinfusioni per guadagnare qualche settimana di maturazione polmonare). 2.2 . Aspetti personali e relazionali Ogni gravidanza costituisce per i genitori uno dei banchi di prova più impegnativi della vita: importanti modificazioni biologiche per la donna e profonde elaborazioni psichiche dell’evento rendono i genitori coinvolti a più livelli nell’esperienza della gravidanza. Attraverso la riorganizzazione della triade genitori-figlio, tra ostacoli e 11 difficoltà emozionali, la famiglia deve riacquistare un nuovo equilibrio interiore ed esteriore. A livello biologico e fisiologico, psicologico e psicodinamico, relazionale e spirituale vi è una ridefinizione globale del progetto di vita della coppia. Tutti questi aspetti sono tra loro interdipendenti e rendono questa fase della vita dei genitori come una ripresa della loro crescita individuale, fase ricca di potenzialità evolutive e allo stesso tempo di difficoltà da non sottovalutare. Soprattutto nel primo trimestre, si apre un periodo di maturazione verso la consapevolezza del nuovo ruolo di genitori: non di rado coesistono sentimenti ambivalenti, di accoglimento dell’esistenza del figlio ma anche di timori nei confronti di una vita nuova che impone i suoi ritmi, i suoi bisogni, le sue provocazioni. E’ importante a questo punto sottolineare una nuova dimensione che caratterizza la genitorialità nel contesto socio-culturale attuale: la scelta. A differenza di quanto accadeva per le passate generazioni, oggi la nascita di una bambino viene scelta, programmata. Si decide se avere figli, quando averne, rimandando o rifiutando una gravidanza già in atto in dipendenza da fattori quali la situazione economica, la carriera lavorativa, il contesto familiare. Questo fatto implica delle importanti ripercussioni sull’idea del figlio “scelto” che viene caricato di notevoli aspettative, rappresentato idealizzato, con le caratteristiche fisiche e caratteriali positive che emergono dall’immaginazione dei futuri genitori. Questa sorta di investimento nell’ impegno procreativo può quindi portare (non solo a livello della coppia, ma anche con ripercussioni a livello sociale) a una procreazione “controllata”, da un lato grazie alle alternative garantite dall’aborto e dall’altra dalle possibilità offerte dalle tecniche di fecondazione assistita. Si rivela quindi fondamentale il supporto, l’accoglienza e la solidarietà che viene offerta dal contesto sociale, in termini di tutela della gravidanza dal punto di vista psicologico, sociale, economico e giuridico. Nel caso in esame, i coniugi Rossi rappresentano bene il prototipo di famiglia “media” ben inserita nel contesto socio-culturale locale. Giovani, istruiti, entrambi lavoratori, conducono un’esistenza serena, priva di particolari difficoltà di tipo relazionale, economico, familiare. La gravidanza, desiderata per dare un fratello/sorella alla loro primogenita, procede quindi in un clima di tranquillità e pacifica attesa del lieto evento. 12 Da un punto di vista fisiologico, la gravidanza ha un decorso regolare fin dall’inizio, dando alimento all’idea, in questo contesto di normalità e serenità, di un bambino sano, “perfetto”. All’insorgere dell’evento critico, la situazione si capovolge e improvvisamente si trasforma in drammatica, grave e di emergenza. Il bambino “bello”, pensato fino a quel momento si scontra con la concretezza della realtà drammatica. A questo si aggiunge il cambiamento della struttura ospedaliera di riferimento: all’improvviso i coniugi si trovano a doversi fidare e affidare a specialisti sconosciuti, che ignorano la loro storia, i loro problemi, ansie, certezze, dubbi. Devono comunicare in una situazione di emergenza che non può lasciare spazio e tempo per la confidenza necessaria che fa da presupposto a un dialogo empatico tra medico e paziente. Questo fatto, unito all’ansia per un evento imprevisto, condiziona inevitabilmente una comprensione chiara e nitida della situazione e conseguentemente la consapevolezza delle scelte da prendere. Difficile risulta l’instaurarsi dell’auspicata “alleanza terapeutica” tesa a bilanciare informazione, verifica della comprensione, condivisione della decisione, approfondimento delle spiegazioni, e poi accompagnamento del paziente nel follow-up. 2.3. Aspetti culturali La nascita di un bambino in una famiglia, è indicata dall’OMS1 come “la fase di estensione del ciclo vitale della famiglia stessa”, fase critica che può essere vissuta con gli atteggiamenti più disparati in relazione al contesto in cui accade. Si tratta di un fenomeno naturale ma allo stesso tempo complesso, che coinvolge la responsabilità dei genitori, è influenzato dal contesto culturale, sociale ed economico, e che richiede protezione sociale, medica e giuridica efficace. Accostandosi all’analisi di un caso clinico nell’ambito di gravidanze a rischio, sono pertanto da prendere in considerazione tutti questi fattori; si pone il problema di ordine medico-tecnologico tramite la definizione di linee guida che possano aiutare i medici nella decisione delle procedure da attuare nella pratica clinica, dell’utilizzo delle 1 Tratto da [8], pag 7. 13 tecnologie appropriate e dei protocolli da eseguire nelle diverse situazioni; altri limiti sono invece imposti dal rispetto dalle normative che tutelano la maternità e diritti della madre e del nascituro. Il caso preso in esame racchiude in sé la maggior parte delle problematiche che i medici di un reparto di Patologia Neonatale si trovano a dover affrontare nei casi di improvvise complicazioni di gravidanze fisiologicamente regolari, in cui i genitori non sono pronti ad affrontare una situazione di emergenza, e, impreparati, richiedono l’interruzione di gravidanza spesso ai limiti delle condizioni previste dalla legge. Nell’attuale contesto italiano, a regolamentare queste situazioni vi sono diverse linee guida e documenti che lasciano uno spazio di libertà di decisione, che si rende necessario data la specificità e la variabilità di ogni singolo caso, ma che d’altro canto può essere motivo di dubbio, contrasto e indecisione su quale trattamento mette in atto. In questa sede saranno presi in considerazione i documenti inerenti al caso analizzato, in particolare si farà riferimento a: - Legge del 22 maggio 1978 n.194 - Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza [9]; - Raccomandazioni per le cure perinatali nelle età gestazionali estremamente basse (“Carta di Firenze”) [10]; - Documento del CNB: I Grandi Prematuri [11]; - Documento del Ministero della Salute [12]; - Documento di orientamento per la gestione delle Situazioni critiche in sala parto adottato dall’Ospedale Ca’ Foncello di Treviso [13]. Gli articoli 6 e 7 della legge 194/1978 disciplinano le condizioni per l’interruzione di gravidanza oltre il 90° giorno di gestazione che, come verrà discusso in seguito, lasciano spazi di autonomia decisionale ai medici coinvolti. Il documento denominato “Carta di Firenze”, elaborato dalle società scientifiche che si occupano di perinatologia avrebbe voluto definire uno standard scientifico dando indicazioni dettagliate di carattere ostetrico - neonatologico per i nati in età gestazionali estremamente basse (dalla 22^ alla 25^ settimana di età gestazionale). Successivi e contrastanti sono stati i pareri pronunciati dal Comitato Nazionale per la Bioetica sul tema “I grandi prematuri” e del Consiglio Superiore della Sanità attraverso il documento emanato dal ministero della Salute. Con questo atto lo sforzo etico di 14 raggiungere un consenso condiviso è stato ostacolato dall’elusività e dalle contraddizioni che caratterizzano il documento stesso. Alla luce dei vari orientamenti prospettati nel panorama nazionale, il reparto di Patologia Neonatale dell’Ospedale di Treviso ha quindi elaborato il “Documento di orientamento per la gestione delle situazioni critiche in sala parto” per dare uniformità di indicazioni al personale della struttura sanitaria, in riferimento agli aspetti clinicoassistenziali e relazionali nei casi di interruzione di gravidanza tardive. 15 3. Responsabilità 3.1. Responsabilità degli operatori socio-sanitari Le specifiche responsabilità medico-legali connesse con le decisioni inerenti alle fasi più delicate della gestazione sono rappresentate nei documenti cui si è fatto riferimento al paragrafo precedente. In particolare le questioni più importanti riguardano: - il rispetto della legge 194 (art. 6-7) relativamente alle condizioni che consentono l’interruzione di gravidanza oltre il 90° giorno; - il peso da attribuire all’incertezza prognostica; - a chi deve spettare l’ultima parola in merito ai trattamenti da effettuare nell’eventualità di contrasto di opinione tra personale medico e paziente. Nel caso in esame ci troviamo di fronte a una richiesta di interruzione di gravidanza oltre il 90° giorno, regolamentata dagli articoli 6 e 7 della legge 194. In particolare l’epoca gestazionale della gravidanza della signora Giovanna si colloca nella zona grigia di incertezza sulla vitalità fetale (22-23 settimane): oltre alle valutazioni cronologico-statistiche sull’età gestazionale concorrono infatti molti fattori clinici a individuare la presunta vitalità fetale, fattori specifici e determinanti per ogni caso in questione. A tale proposito le norme legislative lasciano al giudizio clinico la valutazione di ciascun caso e le conseguenti procedure operative, procedure nettamente diverse a seconda che sussista o meno la "possibilità di vita autonoma del feto". Di fatto quindi, sono i medici a stabilire l’attuabilità o meno dell’interruzione della gravidanza in base a criteri non oggettivamente e non univocamente definibili. A questo proposito va sottolineato il fatto che in caso di dubbio, andrebbe assunta l'ipotesi che propende per la sussistenza di vita autonoma del feto, questo perché la legge ritiene sufficiente la 16 "possibilità" di vita autonoma per rendere operante l'ultimo comma dell'articolo 7, che consente l'interruzione solo in caso di grave pericolo di vita per la madre. A ciò si aggiunge la seguente riflessione etica: in caso di erronea valutazione e nascita di un feto vitale, subentra l'obbligo di assistenza al neonato (cfr. art.7 comma 4) neonato che sarebbe condannato non solo alle sofferenze connesse alle sue eventuali patologie o malformazioni, ma anche a quelle, non meno gravi, collegate alla prematurità, deliberatamente procuratagli. In relazione alle responsabilità del personale socio-sanitario va poi sottolineata l’importanza dell’esigenza di sostegno psicologico alla donna, o più in generale ai genitori. In altre parole, le disposizioni di legge, orientate al fine di “rimuovere le cause che porterebbero all’interruzione di gravidanza” dovrebbero trovare riscontro pratico nell’impegno dei sanitari attraverso il dialogo, la disponibilità e gli interventi da mettere in atto per tutelare l’interesse della madre e del nascituro. Si può affermare che risulta imprescindibile un modello di “medicina dialogica umanistica”, che prenda quindi le distanze dalla vecchia logica paternalistica o dalla nuova medicina “difensivistica”. Come già accennato precedentemente, nel contesto del caso in esame, non sussistono le condizioni ottimali di dialogo e comprensione. E’ quindi auspicabile una maggiore attenzione dei medici nell’approfondimento dei motivi che hanno indotto la coppia a far richiesta di interrompere la gravidanza. Si tratta quindi di un non semplice bilanciamento tra richieste dei genitori (talvolta dettate dalla situazione di emergenza), insuperabile incertezza medica sulle possibilità di vita del feto, e imprevedibili conseguenze delle decisioni, in ogni direzione. Si cita qui di seguito il paragrafo 29 del documento del CNB “I Grandi Prematuri” [11], in riferimento a al problema appena esposto. “Il Comitato, infine, rileva come l’ormai accertata, anche se statisticamente limitata, possibilità di sopravvivenza di neonati giunti alla ventiduesima settimana di gestazione imponga un profondo ripensamento in ordine alle modalità comunemente usate per le pratiche di aborto tardivo, che a norma della L. 194/1978 devono sempre essere poste nel rispetto delle condizioni espressamente indicate dalla legge stessa, in modo cioè da salvaguardare in ogni caso la possibilità di vita del feto al di fuori dell’utero materno.” 17 Sia dal punto di vista dei clinici, sia dal punto di vista dei genitori, si pone inoltre il problema etico di quale valore dare all’incertezza prognostica (che in questo caso va riferita al fatto che la coppia fa richiesta di interrompere la gravidanza a seguito della prospettata alta probabilità di avere un figlio disabile). In altri termini la proiezione prognostica esistenziale può essere discriminante nella decisione di voler proseguire o meno la gravidanza. Da ciò emerge l’importanza della modalità di comunicazione della prognosi a distanza: è responsabilità dei sanitari fornire un’informazione chiara e corretta e assicurare un’adeguata comprensione dei soggetti coinvolti soprattutto nei casi in cui il processo decisionale matura in una condizione psicologica difficile ed imprevista. (“la consulenza deve essere ‘esauriente’ e ‘non direttiva’, e pertanto nell’effettivo rispetto del diritto di autodeterminazione della coppia nella scelta in merito alla prosecuzione della gravidanza”2). Non minore attenzione merita la riflessione sul contrasto tra parere dei medici e dei pazienti, che nel caso analizzato affiora prima nella richiesta di interruzione di gravidanza e poi nella proposta, rifiutata, di ricovero della signora Giovanna e che risulta inevitabilmente collegata con l’efficacia della comunicazione tra le parti coinvolte. A tal proposito il documento del CNB “I Grandi Prematuri” [11], chiaramente analizza il carattere problematico del coinvolgimento dei genitori. Qui di seguito viene riportato il paragrafo 17.2 che descrive in modo chiaro questo delicato aspetto. Il documento si riferisce in particolare alle decisioni relative alla sospensione o meno delle cure in bambini estremamente prematuri, ma le difficoltà in merito alle decisioni sono comuni ed estendibili al caso in analisi. “Non vanno trascurate né minimizzate le particolari difficoltà in cui matura il pro-cesso decisionale quando si deve assumere qualsiasi decisione in merito al trattamento di neonati estremamente prematuri. A fronte dell’immediatezza e urgenza dell’ intervento medico si delinea una difficile condizione psicologica di tutti i soggetti coinvolti nella decisione, siano essi i genitori, siano essi i medici e tutti gli altri operatori sanitari. Si aggiunga che qualsiasi decisione genitoriale dovrebbe fondarsi sull’ effettiva comprensione di una adeguata e 18 corretta informazione: cosa ben difficile, sia perché le circostanze di un parto prematuro richiedono di norma, come si è detto, decisioni sollecite e lasciano ben poco spazio per una esauriente esplicitazione della situazione, sia perché non sempre i medici possiedono idee chiare sulla prognosi nelle circostanze che caratterizzano la nascita dei prematuri e che non consentono analisi approfondite né utili consulenze. Tutte queste considerazioni non possono però e non devono esimere i medici dal comunicare ai genitori tutte le informazioni necessarie perché essi possano partecipare con la massima consapevolezza al processo decisionale. E’ chiaro che va potenziata un’ adeguata informazione preventiva sui rischi della terapia, sul trattamento del dolore, sulle incertezze della prognosi. Restando salva l’esclusiva responsabilità decisionale del medico nel caso di interventi urgenti e indifferibili volti a salvaguardare le prospettive di vita e la salute del neonato, si deve tendere a condividere con i genitori tutti i processi decisionali.” Inoltre nell’Introduzione della Carta di Firenze [10], si legge: “Va precisato che ogni decisione deve essere individualizzata e condivisa con i genitori, sulla base delle condizioni cliniche del neonato alla nascita e non può prescindere dalla valutazione dei dati di mortalità e disabilità riportati in letteratura e riferiti alla propria area, al fine di fornire ai genitori informazione corrette e esaustive sulle condizioni del neonato e sulla sua aspettativa di vita.” Rispettando comunque l’autonomia epistemologica e deontologia del medico bisogna riconoscere un “forza vincolante” nella volontà dei genitori, spettando a questi la continuazione della cura, non solo medica, della vita del neonato. Emerge l’importanza di preparare, ove possibile, i genitori all’evento nascita per poter, attraverso una serena e approfondita discussione, costruire progressivamente una solida alleanza terapeutica. 2 Tratto da [14], pag.45. 19 3.2 Comprensione e consapevolezza e del paziente Si pone a questo punto la riflessione sulla consapevolezza e la percezione della situazione da parte del paziente, in questo caso i genitori del nascituro. Una prima considerazione riguarda il fatto che, grazie allo sviluppo delle conoscenze medico- scientifiche, negli ultimi decenni la percentuale delle gravidanze che terminano con successo è aumentata notevolmente. Questo, unito al divario esistente tra mezzi diagnostici e terapeutici ha indotto nei potenziali genitori, seppur involontariamente, un minore tolleranza dell’incertezza dell’esito della gravidanza stessa e di un crescente atteggiamento di rifiuto verso la minima anomalia del feto. Vi è una forte percezione del rischio, pensato nel presente e proiettato nel futuro, nella previsione di altri rischi che potranno farne seguito. Mal sopportata diventa anche l’incertezza decisionale in presenza di un rischio potenziale. In altri termini vi è difficoltà ad accettare un’informazione di tipo probabilistico data dal fatto che spesso il quadro clinico comprende previsioni basate in parte su statistiche. Le persone, comprensibilmente, infatti si aspettano certezze o comunque spiegazioni di tipo dualistico/deterministico, con risposta “sì o no” alle proprie domande. Il concetto astratto di rischio si concretizza nel vissuto quotidiano, nella storia di ogni persona, e per ognuno in maniera diversa si tinge di sopportazione o sofferenza. Diventa quindi di estrema importanza la comprensione dei vissuti dei pazienti: comprendere nel senso etimologico del termine, cioè prendere-con, farsi carico delle sensazioni, dell’insieme dei fattori di rischio e soprattutto del vissuto del rischio, “del rischio di sentirsi a rischio”, sia esso di tipo fisico, sociale, economico o relazionale. Il medico dovrebbe tendere a dare una valutazione il più ampia possibile, inclusiva di dati oggettivabili e di dati soggettivi; la prognosi diventa così insieme medica ed umana, caratterizzata da una sorta di “scientificità convincente e rassicurante”3. A questo proposito si ricorda la distinzione4 fatta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità tra: danni, oggettivabili da medico, disabilità, cioè perdita delle capacità di svolgere attività nella normale variabilità interindividuale, e handicap, svantaggi cui la 3 4 Tratto da [8], pag. 23. Tratto da [8], pag. 29. 20 persona va incontro nelle relazioni con gli altri. Tale distinzione rende evidente l’impronta soggettiva che assumono i vissuti dei pazienti. Il documento“Venire al mondo”5 ben identifica in tre parole l’atteggiamento migliore del personale medico per la comunicazione con i genitori: relazionalità, umiltà, sofferenza. “Solo nella dimensione profondamente vissuta della relazionalità si può sostenere il confronto del ‘best interest’ e con questo il problema della prognosi. Si dice che il concetto di ‘best interest’, del massimo bene per le persone sia ambiguo. Ambiguità è possibilità di percepire diversamente una realtà, perciò il confronto con situazioni ambigue significa pensare più pensieri. …L’umiltà non è solo un sentimento, è un pensiero sulle conoscenze che si utilizzano in situazione problematiche, sulla loro adeguatezza, sul valore delle stime statistiche e sull’inevitabilità delle incertezze del probabilismo. La sofferenza è un prezzo che i genitori pagano alla verità, alla quale con pensieri aperti il personale partecipa.” L’importante è dunque mantenere un orizzonte di pensabilità ampio, e che ogni elemento venga soppesato adeguatamente, cercando il più possibile di pervenire a comportamenti condivisi, prendendo le decisioni “all’incrocio tra principi etici e realtà delle situazioni”6, considerando la multifattorialità ambientale, sociale, sanitaria, emotiva della famiglia in una fase delicata come quella della nascita di un bambino. Per questo motivo il CNB ha più volte ribadito l’importanza del potenziamento nelle unità funzionali di neonatologia il supporto ai genitori, sotto il profilo psicologico, etico e spirituale, in particolare nelle circostanze, evidentemente drammatiche, in cui si prendono decisioni nei confronti dei neonati estremamente prematuri. Tale supporto deve continuare sul piano psicologico, su quello socio-assistenziale anche dopo il periodo di ricovero ospedaliero. Nel caso in esame il colloquio con i genitori è stato affrontato con un’equipe multidisciplinare, allo scopo di indagare le difficoltà di accettazione ed adattamento dei 5 6 Tratto da [8], pag. 38. Tratto da [8], pag. 9. 21 genitori alla prospettiva di crescere un bambino altamente prematuro mediando tra il dovere di tutelare la vita del nascituro e la comprensione del contesto familiare e, successivamente, con la sollecitazione di una rete solidaristica nell’organizzazione sociale attorno alle famiglia per l’accoglienza del nascituro. 3.3 Responsabilità dei servizi sociali Responsabilità dei servizi sociali è di garantire la continuità delle cure e dell’assistenza tra ospedale e territorio. A tale scopo, di fronte al rifiuto di ricovero della signora, è compito dei sanitari dell’Azienda Unità Locale Socio Sanitaria segnalare il caso al distretto di competenza, il quale attiverà gli opportuni interventi di tipo psicologico, assistenziale, medico. 22 4. Problemi Etici 4.1. Problemi etici sollevati dal caso Nel caso in esame è possibile individuare quattro principali problemi etici che vengono qui di seguito esplicitati, seguiti talvolta da un breve commento. a) Ha agito correttamente il medico dell’ospedale periferico che ha inoltrato la richiesta di trasferimento in utero approssimando l’età gestazionale a 23^ settimane compiute, per garantire il trasferimento stesso? Sarebbe stato possibile cercare di proseguire la gravidanza nell' ospedale periferico stesso, garantendo le stesse possibilità a madre e figlio, sino al compimento delle 23 settimane e procedere poi con il trasferimento? In linea di principio il medico non ha agito correttamente, in quanto ha fornito ai colleghi dell’Ospedale Ca’ Foncello di Treviso un’ informazione clinica non corretta, informazione che è discriminante per l’accettazione o meno del trasferimento (come indicato nei regolamenti dei reparti di Patologia Neonatale). Tuttavia la condotta del clinico non può considerarsi riprovevole alla luce della motivazione che lo ha indotto ad agire così, e cioè il tentativo di dare una possibilità al feto attraverso le cure offerte da un ospedale di III livello. b) Era chiaro che non ci si trovava nelle condizione previste dalla legge per effettuare una IVG? A chi spetta la decisione finale, quanto pesa il parere dei genitori? I medici si sono lasciati condizionare dal fatto che la coppia non avrebbe voluto un figlio disabile? 23 E’ già stata discussa la questione relativa alle condizioni per procedere con l’interruzione di gravidanza (v. par. 3.1). E’ importante però sottolineare un aspetto relativo alla consapevolezza dei genitori riguardo alla loro richiesta. Dal colloquio con il personale medico devono infatti emergere ed essere chiari anche gli aspetti concreti dell’intervento e delle conseguenze, sia sul piano psicologico che fisico, derivanti alla donna di essere sottoposta all’interruzione tardiva di gravidanza; non ultimo la considerazione del caso, seppure raro, della sopravvivenza del feto e dell’obbligo da parte del personale medico di attivare tutte le cure a salvaguardia della sua vita. c) Su un piano morale, è la stessa cosa non accettare un figlio “disabile” al momento della diagnosi preimpianto, (o comunque a seguito delle indagini diagnostiche ecografiche del secondo trimestre) o in seguito ad un evento infausto ed improvviso che trasforma le prospettive di vita del nascituro? L’articolo 7 della legge 194 che regola l’interruzione volontaria di gravidanza oltre il 90° giorno stabilisce che si può praticare l’interruzione di gravidanza quando siano accertati i processi patologici, che determinano un grave pericolo per la salute psichica della donna. Ora: - nel caso in esame i processo patologici che avrebbero indotto la disabilità nel feto con conseguente grave pericolo per la salute psichica della madre (se così si vuol chiamare il fatto di non voler un figlio disabile) erano altamente probabili e non certi. - si può accertare in un tempo dell’ordine di ore, che tale processi patologici causano effettivamente pericoli gravi nella salute della madre? Tanto più considerando il fatto che tali difficoltà emergono da una situazione improvvisa e non da un discernimento approfondito. - in quali casi “si può” non riconoscere un figlio? E' giustificabile il fatto di non volerlo perchè disabile? Si può scegliere? Si può in questi casi delegare ad altri il compito di diventare genitori/tutori al posto di quelli naturali? - il tempo estremamente ridotto per prendere una decisione, nella condizione particolare dei genitori, quanto condiziona l'esito della scelta? E' più utile o dannosa una riflessione anticipata sull'eventualità di avere un figlio disabile? 24 d) In quali casi si può rifiutare il ricovero? E' la stessa cosa un rifiuto di ricovero in un tempo di incertezza di vitalità fetale (paragonabile a un'interruzione di gravidanza) e quando invece le possibilità di vita del feto sono reali? Si pone il problema del rifiuto del ricovero della donna. In questo caso bisogna fare riferimento al secondo comma dell’articolo 32 della Costituzione: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.” E’ evidente che non si può costringere la donna a essere sottoposta a ricovero ma nasce spontanea la riflessione sulle conseguenze di questa scelta. Nel caso in esame infatti il rifiuto del ricovero si riflette non solamente sulla donna in questione, ma anche sul feto: in particolare tale scelta mette in serio pericolo la salute del nascituro. Alternative possibili non ce ne sono, dal momento che il ricovero forzato non è concesso. Tuttavia preme sottolineare la discrepanza che vi è con l’articolo 7 della legge 194/1978 che non consente l’interruzione di gravidanza quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto. In altri termini, la vita del feto, qualora sia possibile, va tutelata e difesa (cfr. comma 4). Appare quindi una contraddizione, o volendo, una sorta di “aborto indiretto”, il permettere alla madre di ritornare al suo domicilio con conseguente grave pericolo per la vita del figlio. Tanto più se si considera che il ricovero sarebbe stato necessario solo a scopo di monitoraggio, e non per subire interventi invasivi. Si potrebbe sostenere l’idea che la scelta che in linea di principio promuove al meglio la dignità umana di entrambi i pazienti coinvolti è ricoverare la donna, ma di fronte al diniego non è possibile, per legge, costringerla a sostenere trattamenti sanitari senza consenso. 25 4.2. Problema etico più importante sollevato dal caso Dall’analisi del caso, emergono con forza due principali questioni etiche che riguardano, come anticipato precedentemente: - l’improvvisa non accettazione del figlio da parte dei genitori, a seguito della prognosi negativa per il nascituro (v. problema c); - il rifiuto del ricovero da parte della madre, a scapito della vita del nascituro (v. problema d). In questa sede si è scelto di trattare il primo problema, che consente di seguire più fedelmente lo schema proposto. 26 5. Scelte Possibili 5.1. Scelte possibili per il problema etico più importante In relazione alla richiesta di interruzione di gravidanza da parte dei genitori le scelte possibili sono evidentemente due, dal momento che l’età gestazionale consente un margine decisionale di autonomia da parte dei medici: - assecondare la richiesta dei coniugi e procedere con l’aborto, scelta che si giustifica considerando le difficoltà della coppia ad accogliere un figlio disabile, e propendendo per una diagnosi di incertezza sulla vitalità fetale; - rifiutare la richiesta di interruzione di gravidanza, a seguito della conferma di possibilità di vita autonome del feto, a prescindere delle motivazioni addotte dai genitori per l’aborto. 27 6. Giudizio Etico 6.1. Scelta in linea di principio Si pone ora la domanda: tra queste scelte possibili, qual è quella che in linea di principio promuove meglio la dignità umana del paziente? Sulla base di quali argomenti? Per rispondere alla domanda sopra esposta è necessario fare prima una riflessione su quale sia, o quale siano i pazienti in questione. Emerge infatti un chiaro conflitto di interessi tra quello che è il diritto alla vita del feto e il diritto della madre di garantire il proprio principio di autonomia. Malgrado la mancanza di una precisa univoca definizione dello stato morale e giuridico del concepito è ormai invalsa la visione del feto come paziente, e questo coinvolge in un disegno complesso madre, famiglia, medico e società. L’articolo 32, primo comma, della Costituzione Italiana recita infatti: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.” E’ chiaro quindi, che anche al feto, che può esser considerato senza obiezioni un individuo, è riconosciuto il diritto di tutela della salute e della vita. D’altra parte però non si può non tener presente il principio di autonomia e libertà proprio di ogni individuo, e quindi anche della madre. E’ indispensabile in questo caso peculiare prendere atto del fatto che “il feto, pur incorporando un bene che lo Stato ha il dovere di proteggere, è contenuto nel corpo di una donna, per cui ogni iniziativa volta a tutelare tale bene incide sulla donna, sul suo corpo e sulla sua libertà di scelta. E poiché anche tale libertà e tale corpo sono ovviamente dei beni da tutelare, occorre trovare dei punti di mediazione che tengano conto di tutti i valori in gioco” [15]. Con queste considerazioni possiamo quindi affermare che per il caso in questione i pazienti sono due. E’ importante cercare di tutelare la vita, la salute e i diritti sia per la 28 madre che per il figlio e qualora non sia possibile bisogna cercare di superare al meglio il conflitto di valori. Dal momento che dalle informazioni cliniche emerge che i valori in gioco sono la vita del nascituro e il disagio, seppur forte, dei genitori ad accogliere un figlio disabile, in linea di principio la scelta che promuove al meglio la dignità di entrambi i pazienti è quella di cercare di proseguire la gravidanza il più possibile, per garantire al feto maggiori possibilità di sopravvivenza. Qui di seguito vengono riportati tre argomenti, con i rispettivi contro-argomenti e risposte a questi ultimi, a sostegno della scelta etica esposta. Argomento (1) I valori in gioco sono la vita del nascituro da una parte, e il disagio psicologico dei genitori dall’altra, evidentemente due valori di valenza diversa. Contro-argomento (1) Non si può trascurare il principio di autonoma gestione del proprio corpo da parte della donna e svalutare la difficoltà dei genitori di sostenere una situazione difficile come quella di crescere un figlio gravemente disabile. Risposta al contro-argomento (1) In riferimento ai genitori, è discutibile estendere il concetto di pericolo per la salute a comprendere situazioni di disagio psichico o di condizioni psicologiche non propriamente patologiche. Piuttosto si deve cercare di prospettare con forza l’aiuto e il sostegno dei servizi sociali. Argomento (2) La richiesta dei genitori di interrompere la gravidanza è stata improvvisa, non soppesata con riflessioni approfondite in un clima sereno con tutto il tempo necessario a disposizione. Contro-argomento (2) Una riflessione anticipata non sarebbe stata concretamente contestualizzata e pertanto poco veritiera, in un certo senso necessaria a monte, ma non sufficiente per compiere una scelta ben ponderata. Risposta al contro-argomento (2) 29 Dal momento che si tratta di scegliere o meno per la vita non si possono rimandare le decisioni sull’onda dell’emotività in una situazione di emergenza. Argomento (3) Anche se le probabilità di sopravvivenza del feto sono estremamente basse, essendo in questione la sopravvivenza, non possono essere considerate irrilevanti. Contro-argomento (3) In caso di sopravvivenza del feto, resta comunque elevato il rischio di mortalità neonatale e/o di disabilità gravi. Risposta al contro-argomento (3) La prognosi prospetta alte possibilità di disabilità e non certezze. In ogni caso non sarebbe comunque moralmente accettabile una interruzione di gravidanza motivata solamente dalle anomalie più o meno gravi del nascituro. 6.2. Scelta effettiva A questo punto bisogna però chiedersi: qual è la scelta che effettivamente promuove la dignità umana di questo paziente in questo particolare contesto clinico? Sulla base di quali fatti? In riferimento all’esperienza, al contesto globale, si può affermare che la scelta che promuove la dignità di entrambi i pazienti è far proseguire la gravidanza, sulla base dei seguenti fatti: (a) Fatti relativi a questo contesto clinico Il non immediato pericolo per la vita della madre unito alle possibilità di vita del feto non consentono di ricorrere all’interruzione di gravidanza. (b) Fatti relativi a questo paziente Il contesto di emergenza e l’imprevedibilità della criticità della situazione rende difficile una decisione ben informata e coerente, decisione delicata da cui dipende la vita di una persona. 30 Considerazioni personali a conclusione del lavoro svolto Senza nessuna forma di giudizio o colpevolizzazione, mi colpisce come l’atteggiamento dei genitori in questione venga improvvisamente stravolto dalla prospettiva di avere un figlio disabile. Non si tratta solo del fallimento del progetto personale di figlio “perfetto”, quanto, forse, di un contesto culturale che non aiuta né a considerare immediatamente “figli” le persone con disabilità più o meno gravi, né a preparare i futuri genitori con una educazione alla genitorialità. Nella nostra società, dove è forte la mitizzazione della qualità della vita e dove si promuove l’atteggiamento di integrazione delle diversità culturali e sociali, sembra diventare più difficile accettare le differenze biologiche dei nostri figli. Forse perché mancano il coraggio e la forza di sostenere situazioni troppo dolorose, forse perché mancano la percezione di una solidarietà diffusa e la concretezza dell’aiuto reciproco o perché manca la disponibilità all’accoglienza incondizionata. Dovremmo cercare di aiutarci di più a sviluppare l’attitudine a conoscere, affrontare, accettare e superare i limiti nostri ed altrui, a valorizzare ogni uomo in ogni sua peculiarità e in tutte le sue dimensioni. 31 Bibliografia [1] PUTELLI F. et al., Il ruolo dell’ostetrica/o nell’assistenza al parto altamente pretermine, 81° Congresso nazionale SIGO - Bologna, ATTI della società Italiana di Ginecologia e Ostetricia Vol. LXXXI, settembre 2005. th [2] WHO, Classification of disease and related Health Problems (10 revision), Volume 2, Geneva, WHO 1993. [3] CUNNINGHAM F.G., MACDONANALD P.C., et al., Preterm and postterm th pregnancy and fetal growth retardation, In Williams, editors. Obstetrics, 19 edition. Connecticut USA, 853-883,1993. [4] MERENDA A. et al., Isossisuprina cloridrato vs atosiban in pazienti affette da pprom. Nostra esperienza. 82° Congresso Nazionale SIGO - Roma, ATTI della società Italiana di Ginecologia e Ostetricia Vol. LXXXII, ottobre 2006. [5] PESCETTO G. et al., Ginecologia e ostetricia, Vol 2, Società Editrice Universo, 1908-1922, 2006. [6] POLZIN W. et al., The etiology of premature rupture of the membranes, Clin. Obstet. Gynecol., 41,810, 1998. [7] ERNEST J.M. Neonatal consequences of preterm PROM. Clin Obstet Gynecol; 41 (4): 827-831,1998. [8] COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Venire al mondo, 1995. 32 [9] LEGGE DEL 22 MAGGIO 1978 N.194 - Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza. [10] Raccomandazioni per le cure perinatali nelle età gestazionali estremamente basse (“Carta di Firenze”), Riv Ital Med Legale XXVIII, 1227-1246, 2006. [11] COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, I grandi prematuri, febbraio 2008. [12] CONSIGLIO SUPERIORE DI SANITÀ, sessione XLVI 4 marzo 2008. [13] COMITATO DI BIOETICA E DIPARTIMENTO MATERNO INFANTILE DELL’OSPEDALE CA’ FONCELLO DI TREVISO, Documento di orientamento per la gestione delle Situazioni critiche in sala parto, 2009. [14] COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Diagnosi prenatali, 1992. [15] REICHLIN M., La morale oltre il diritto, 179, Carocci ed., 2007. [16] VIAFORA C. Introduzione alla bioetica, Scienze Umane e Sanità, FrancoAngeli Ed., 2006. 33 Ringraziamenti Con questo lavoro si conclude il Corso di Perfezionamento in Bioetica. Al termine di questa esperienza desidero ringraziare il Prof. Corrado Viafora per la passione e la dedizione con cui ha seguito noi studenti, accompagnandoci passo dopo passo nell’intricato e stimolante mondo della bioetica. Fondamentale è stato anche l’aiuto e il sostegno del nostro tutor Davide, che con prontezza e simpatia ha sempre saputo rispondere ai nostre dubbi e difficoltà. Personalmente rivolgo poi un ringraziamento al Dott. Camillo Barbisan che con grande disponibilità mi ha seguito durante la stesura di questa tesina attraverso i suoi preziosi suggerimenti. Infine, un grazie speciale alla Dott.ssa Nadia Battajon per l’accoglienza e la sensibilità con cui mi ha aiutato ad accostarmi alle tematiche delicate e complesse trattate in questo lavoro. 34