Psicologi: chi siamo, dove andiamo e da dove

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Psicologi: chi siamo, dove andiamo e da dove
Psicologi: chi siamo, dove
andiamo e da dove veniamo?
Ecco le risposte ;-)
Qual è il quadro normativo di riferimento che permette di
tutelare il diritto costituzionale del cittadino alla salute e
il valore della nostra categoria professionale?
Quale il ruolo degli Ordini?
Quale
l’entità
delle
pene
previste
per
chi
esercita
abusivamente?
CLICCA SULL’IMMAGINE PER TROVARE LE RISPOSTE
Consiglio che vai… consulenza
che trovi
Con l’ultima seduta si è
concluso il secondo mese di vita
del nuovo Ordine degli Psicologi
della Sicilia.
I lavori del Consiglio sono scanditi da ritmi serrati e noi
consiglieri di AltraPsicologia Sicilia decliniamo il nostro
impegno scegliendo una strada
ostruzionismo ma di opposizione
fatta non di sterile
critica e costruttiva,
sostenendo soltanto i provvedimenti che si dimostrano essere
di evidente utilità per il bene di ogni iscritto all’Ordine e
della professione.
Ma per far questo serve mantenere alta l’attenzione in ogni
istante, anche per riuscire a comprendere le dinamiche
politico-consiliari talvolta poco chiare. Ne abbiamo avuto
conferma in occasione della scorsa seduta di Consiglio quando
si è parlato del punto all’ordine del giorno che andava sotto
la voce “incarichi di consulenza”.
Pensavamo si trattasse di una discussione su esperti esterni
(come commercialisti, tecnici, … ) ed invece ci siamo
imbattuti nella proposta del Presidente che proponeva di
“arricchire” il lavoro del Consiglio attraverso la nomina di 3
consulenti esterni che sarebbero dovuti essere retribuiti per
un anno con 600 euro lordi al mese per un totale di 7200 euro
annui per ogni consulente.
Ma la vera notizia è che questi consulenti sarebbero dovuti
essere 3 ex consiglieri!!!! Persone che, a detta del
Presidente, hanno esperienza ed autorità in specifici settori
della nostra professione e quindi particolarmente utili per
l’Ordine, nelle aree di psicologia dell’emergenza, scolastica
e deontologica.
Non nascondiamo che davanti ad una proposta del genere ci
siamo trovati quanto meno presi alla sprovvista perché, se
pure ci aspettavamo che prima o poi qualche consigliere
“uscito dalla porta” della precedente consiliatura sarebbe
“rientrato dalla finestra” in quella attuale, mai ci saremmo
aspettati un ingresso così trionfale e … oneroso!
Assorbito il colpo, abbiamo manifestato immediatamente la
nostra contrarietà, attraverso una discussione nella quale
pur non esprimendo giudizi di merito sull’operato
professionale dei possibili futuri consulenti, ne abbiamo
sottolineato il particolare “attaccamento alla poltrona” ma
anche l’effettiva inutilità dell’incarico, dato che nel
Consiglio attuale sono presenti consiglieri di esperienza che
avrebbero potuto svolgere i compiti che si intende affidare ai
consulenti, lavorando in maniera ordinaria all’interno del
Consiglio. Non essendo comunque contrari aprioristicamente
all’idea di servirci di figure di spicco della nostra
professione per il bene dell’Ordine, la nostra proposta è
stata quella di inserire gli eventuali consulenti all’interno
di specifici gruppi di lavoro senza un ulteriore carico per il
bilancio dell’Ordine.
Dopo questa discussione, visto l’orario, la seduta del
Consiglio è stata sospesa e rinviata al mattino seguente
quando inaspettatamente il Presidente annunciava che, non
essendoci unanimità su questo provvedimento, riteneva giusto
bloccare la discussione e rinviarla dopo la costituzione dei
gruppi di lavoro.
Prendiamo atto con grande orgoglio del fatto che la “sana”
opposizione di AltraPsicologia ha permesso di fermare (almeno
per il momento) un provvedimento secondo noi sbagliato ed
ingiustificabile agli occhi degli iscritti, che restano il
nostro unico e vero punto di riferimento. Ma vogliamo
bypassare ulteriori commenti a riguardo e, a fronte della
proposta avanzata dal Presidente, ci limitiamo ad riassumere
la posizione di AltraPsicologia così che ogni lettore possa
operare un confronto e farsi una personale idea in merito.
Crediamo che:
1. sia sbagliata l’idea di decidere a priori quali siano le
aree della nostra professione nelle quali ci sia bisogno
di “una marcia in più”.
2. Se ci sono dei professionisti che possono apportare il
loro bagaglio di esperienza all’interno di precise aree
lavorative, perché non inserirli in altrettanto
specifici gruppi di lavoro senza bisogno di stanziare
diverse migliaia di euro per il loro compenso?
3. Se la maggioranza vanta la volontà di segnare un
cambiamento o addirittura (come più volte affermato) una
“rivoluzione”, non sarebbe il caso di dare un segno
forte di cambiamento affidandosi ad esperti lontani
dalla logica della politica professionale, quindi non
andando a ripescare tra ex consiglieri che sono stati in
carica per 8 o addirittura 12 anni? Dopo tutto la
Sicilia è una terra ricca di tanti professionisti seri,
stimati ed affermati!
4. 4.
Secondo la proposta avanzata dal Presidente
l’incarico per i consulenti dovrebbe essere annuale, per
avere modo di valutare l’effettiva utilità del loro
lavoro. Secondo noi, invece, solo inserendo
i
consulenti in un
gruppo di lavoro si potrebbe
valutarli, perché il loro operato coinciderebbe con i
risultati eventualmente ottenuti dal gruppo del quale
fanno parte. È opportuno ricordare che, dato che i
consulenti proposti sono delle persone di fiducia del
Presidente e che essi hanno degli evidenti legami umani
e professionali con molti degli attuali consiglieri
della maggioranza, si rischia di dare origine ad un
meccanismo in cui “controllato” e “controllore” sono
quasi la stessa cosa!
5. Diciamo le cose come stanno: se una proposta del genere
venisse approvata, la maggioranza dovrebbe rendere conto
agli iscritti di una
prassi in cui le cariche
retribuite all’interno del nostro Ordine possono essere
facilmente aumentate con buona pace della tanto vantata
“spending review”!
Queste le nostre obiezioni. Queste le nostre proposte:
semplici e concrete. Ma soprattutto coerenti, perché
AltraPsicologia si è fatta carico delle esigenze degli
iscritti prima e continua a farsene carico ora che siamo,
seppur in minoranza, dentro il Consiglio dell’Ordine. Solo
questa predisposizione ci potrà permette di essere utili alla
collettività: perché se invochiamo la trasparenza dobbiamo
adottarla su ogni aspetto della vita del Consiglio e se
parliamo di spending review non possiamo applicarla in certi
ambiti e metterla da parte in altri.
Il nostro dovere è
centesimo!
salvaguardare l’Ordine…centesimo per
Angelo Barretta e Dario Caminita.
Diario di Bordo: Giorno 1,
l'insediamento
Il giorno 11 febbraio il nuovo consiglio dell’Ordine si è finalmente
insediato!
La giornata è iniziata con un lungo discorso del Presidente uscente su
ciò che è stato fatto negli ultimi mesi e su quali sono, secondo lui, le
tante priorità da perseguire nel futuro; Abbiamo ascoltato attentamente
ciò che ha riferito e, nonostante alcuni spunti interessanti,
non
nascondiamo la nostra perplessità verso quelle questioni poco chiare come
la Fondazione, che abbiamo già fortemente criticato e che continuano
invece a rimanere avvolte da una nube di mistero ed incertezza malgrado
le nostre incessanti richieste; nel suo discorso viene appena accennata.
In seguito si è passati alla rapida elezione delle cariche. Presidente
Dott. Di Iullo,
Vicepresidente Dott. Cicconi, Segretario Dott.ssa
Cottone e Tesoriere Dott. Tenaglia.
Subito dopo l’insediamento si è passati alla prima seduta del nuovo
Consiglio a cui noi di AltraPsicologia (AP) abbiamo partecipato
nonostante alcune perplessità espresse nei giorni precedenti tramite mail
PEC e poi messe a verbale durante la seduta riguardante la mancata
disponibilità di tutti i documenti necessari per una correttata e attenta
esamina dei punti all’ordine del giorno (o.d.g.) e la prassi inusuale
della sua convocazione, una seduta con tanto di o.d.g. convocato da un
Presidente uscente per conto del futuro Presidente il quale non era
stato ancora eletto e di un Consiglio non ancora insediato al momento
della convocazione.
La mancanza di un proprio Regolamento del Consiglio dell’Ordine,
evidenzia fin da subito carenze nell’organizzazione e nelle procedure
dello svolgimento del Consiglio stesso (atti del consiglio parziali e
incompleti, mancanza di bozze delle delibere, non chiarezza sulle
modalità di votazione e di affrontare mozioni sospensive…)
Rispetto ad alcuni punti all’o.d.g. ( iscrizione, cancellazione,
trasferimenti iscritti, nomina Responsabile ufficio Responsabile e
Responsabile
Trasparenza, delibere amministrative), per una buona
amministrazione dell’Ordine, abbiamo ritenuto opportuno procedere alla
votazione in maniera favorevole.
In relazione al punto della Trasparenza amministrativa, abbiamo ribadito
al Consiglio che è auspicabile che il nostro Ordine diventi presto
virtuoso rendendo l’ente trasparente attraverso il sito, non solo un
rispetto nei confronti degli iscritti, che così sapranno dove e come
vengono utilizzati i propri soldi, ma soprattutto perché ci sono leggi
che vanno rispettate. Qualche consigliere ha pensato che con il nostro
intervento stessimo facendo “terrorismo psicologico” e che dobbiamo
essere psicologi e non burocrati, ma non dobbiamo dimenticare che il
nostro ruolo e il nostro lavoro come Consiglieri dell’Ordine, non è di
fare “psicologia” ma “amministrare” un Ente Pubblico non Economico e non
possiamo prescindere quest’aspetto. Il nostro gruppo a tal fine ha
offerto la totale disponibilità affinchè ciò venga realizzato celermente.
I punti all’ o.d.g. più critici hanno riguardato la tanto famigerata
Fondazione e una variazione sul bilancio preventivo 2014.
Per la prima questione, di cui vi abbiamo già informato in passato qui e
qui, non siamo riusciti ad avere informazioni aggiuntive ed UFFICIALI, nè
riguardo gli scopi, né sul ruolo che l’Ordine stesso ricopre all’interno
di tale Fondazione, nonostante avessimo espressamente richiesto lo
statuto e la delibera del consiglio che ne sanciva la nascita. A tale
richiesta inviata via PEC ci è stato dato un semplice stralcio
dell’articolo 8 dello statuto, in formato word, riguardante il comitato
direttivo e scientifico;
avremmo dovuto votare una rosa di cinque
candidati dal quale
ne sarebbero stati estratti, da parte della
Fondazione, due da inserire nel direttivo stesso. In sede di consiglio
abbiamo rinnovato tale richiesta, ma sia il presidente uscente che
successivamente il neoeletto, ci hanno informato di non possedere alcun
documento a riguardo, né lo statuto della stessa.
Com’è possibile non avere nessuna documentazione riguardo qualcosa che
nasce all’interno del Consiglio?? Come è possibile che a noi
Consiglieri non vengano fornite neanche le delibere relative alla
costituzione della Fondazione?
Durante la trattazione di questo punto all’o.d.g. , il Presidente neo
eletto Di Iullo, propone i seguenti nomi: Cottone, Marinelli( AP),
Cicconi, Legge e Manfreda. La consigliera di AltraPsicologia, Stefania
Marinelli, non può in alcun modo accettare la proposta, in quanto proprio
la mancanza di informazioni “UFFICIALI” sulla Fondazione, le rende
impossibile una chiara valutazione sulla natura, sulle finalità della
stessa e sulle ripercussioni che queste ultime potrebbero avere sulla
vita professionale dei colleghi.
Dato che si sta parlando di una Fondazione privata, che ha degli scopi
ben precisi, ci domandiamo come sia possibile essere membro di questo
ente avvalorandone, quindi, gli scopi, senza nemmeno conoscerli!!
A questo punto il nominativo della Marinelli è stato sostituito con
quello della Paris. Di fronte a tale mancanza di informazione, noi sei
consiglieri di AltraPsicologia siamo stati costretti ad abbandonare
l’aula non partecipando alla votazione per esprimere il nostro dissenso.
Gli altri 9 consiglieri hanno votato favorevolmente ai 5 nomi proposti,
nonostante “ufficialmente” anche loro fossero all’ oscuro di tutto??!!
Allo scopo di chiarire questa situazione alquanto fumosa sarà certamente
una nostra priorità approfondire la questione, facendo ulteriori
richieste di informazioni e di documentazione “UFFICIALE”.
Un altro punto spinoso sul quale abbiamo chiesto chiarimenti è una
variazione del bilancio preventivo 2014 a solo un mese di distanza
dall’approvazione del bilancio stesso. La consigliera Marida D’Angelo
(AP) ha chiesto delucidazioni inerenti l’aumento consistente dei
capitoli: “spese per
attività di collaborazione e consulenza
professionisti” ,“spese elettorali per rinnovo del consiglio” e
l’istituzione di un nuovo capitolo di spesa
“ spese componenti
commissione avviso pubblico”, sicuramente potevamo essere d’accordo nella
dimunizione fatta al capitolo “arredi”. Se proprio doveva esserci una
variazione, ci sarebbe piaciuto che contemplasse un aumento delle spese
per i Servizi agli Iscritti e non per le spese “consulenze
professionali”.
Anche in questo caso le nostre perplessità non sono state placate dalle
sommarie spiegazioni del nuovo presidente, nonché ex tesoriere. Riteniamo
che sia essenziale gestire il denaro degli iscritti in maniera congrua e
trasparente e non è quindi sufficiente fornire informazioni generiche e
poco chiare su una questione così delicata.
A tal proposito, alla
votazione la consigliera Marida D’Angelo è uscita come segno di dissenso
mentre gli altri 5 consiglieri di AP hanno espresso voto contrario.
Gli altri 9 consiglieri hanno votato a favore della suddetta variazione.
Le osservazioni da noi riportate in questo primo Consiglio vogliono
essere un monito nonchè un augurio per uno svolgimento del lavoro
corretto e TRASPARENTE. Ci rammarica se alcuni hanno interpretato le
nostre osservazioni non in chiave positiva e propositiva quali volevano
essere.
Non ce ne vogliano gli altri colleghi consiglieri, ma non possiamo
accontentarci di risposte generiche e non siamo disposti ad occupare
una sedia solo per alzare la mano ad ogni votazione.
Vogliamo subito iniziare a
lavorare seriamente e concretamente su
attività che tutelino e promuovano la professione. A tal proposito
auguriamo a tutti i colleghi consiglieri un buon lavoro, in un clima di
serenità e collaborazione per il bene degli iscritti.
I Consiglieri:
Lisa Bellaspiga
Angelo Collevecchio
Cinzia D’Amico
Marida D’Angelo
Stefania Marinelli
Zoppo Luigi
Lo psicologo che scambiò la
simpatia per il voto
Dal punto di vista puramente teorico, il voto è una nostra
espressione di preferenza in cui selezioniamo uno o più
candidati per ricoprire un incarico specifico. In pratica, si
è chiamati a votare per poter affidare (cioè dare fiducia) a
qualcuno la dirigenza di un determinato ente o istituzione.
Quando poi i candidati si costituiscono in gruppi, movimenti o
partiti è perché rappresentano valori e programmi comuni;
quindi affidare a loro il proprio votonon significa solo dare
fiducia alle singole persone, ma anche credere in un’idea, un
programma, una prospettiva futura.
In passato, quando le ideologie erano più marcate e i mass
media non erano ancora così invasivi quanto oggi, il voto,
oltre a rappresentare un’idea di futuro, era anche
manifestazione della classe sociale del votante. Infatti, ad
essere votati erano i candidati, ma questi rappresentavano
qualcosa di più ampio e profondo; si votava un’idea, un
futuro, un’appartenenza.
Oggi il mondo è cambiato e il comportamento di voto è
maggiormente influenzato dall’immagine del candidato, cioè da
quanto il singolo leader sia capace di essere convincente,
simpatico e abile ad attrarre le proiezioni del “pubblico”
votante. Quello che il candidato mostra è più importante di
quello che è e che simboleggia.
Infatti, gli studi indicano che gli elettori si affidano
maggiormente alle caratteristiche dell’amicalità e altre
caratteristiche legate all’immagine della persona più che al
programma e ai contenuti.
Mi domando se questo cambiamento nella modalità di scelta di
voto appena descritto stia avvenendo anche per le elezioni
dell’Ordine oppure se gli psicologi siano una popolazione che,
per le peculiarità delle loro competenze e conoscenze, si
comporta in modo differente.
L’ultimo risultato elettorale potrebbe essere un elemento a
favore della prima ipotesi, quella che gli psicologi votano
secondo semplice euristiche legate all’immagine e
all’amicalità.
Infatti, bisogna partire dalla considerazione che le elezioni
ordinistiche servono ad incaricare qualcuno a governare la
professione, cioè l’organizzazione della nostra attività
lavorativa, quella che ci permette di guadagnarci da vivere.
Crisi economica e le difficoltà che tutti stiamo attraversando
nella nostra professione possono quindi spiegare la bassa
numerosità dei votanti e il comportamento di non-voto. Tale
comportamento racconta più di ogni altro i vissuti di
sfiducia, rifiuto e rassegnazione che proviamo quando non
riusciamo a svolgere la professione e fatichiamo ad ottenere
un guadagno congruo. Questi vissuti attivano scorciatoie
cognitive volte a risolvere il disagio, individuando la
soluzione delle nostre difficoltà nella falsa credenza che i
nostri interessi professionali individuali, per quanto siano
connessi a come verrà diretto il nostro Ordine professionale ,
possano e vadano difesi esclusivamente nel privato. Di
conseguenza si attivano comportamenti di non-voto o di voto
nel caso si conosca personalmente il candidato che sembra
cordiale e amichevole (nella speranza che possa aiutarmi
personalmente in futuro, il famoso “santo in paradiso”).
D’altro canto, a favore della seconda ipotesi,cioè che gli
psicologi sono in grado di comprendere oltre la mera immagine
e la superficiale conoscenza del candidato, vi sono proprio le
nostre competenze e conoscenze legate alla professione che ci
permettono di fare una valutazione più articolata.
Infatti, noi psicologi abbiamo una capacità di comprensione
delle persone e dei gruppi più profonda rispetto alla
popolazione generale (almeno si spera!). Quindi, teoricamente,
dovremmo essere più abili a discriminare la cordialità e
l’apparenza di un candidato o un gruppo da ciò che esso
rappresenta realmente, cioè il sistema di valori, il
programma, la direzione futura.
Queste due ipotesi sarebbero da studiare empiricamente.
Naturalmente la speranza di tutti è che sia vera la seconda
ipotesi, altrimenti rischiamo di ridurci ad uno dei personaggi
dei libri di Oliver Sacks, tra il comico e il patologico, e
il nostro Ordine ne sarà lo specchio.
E' nato prima l'Ordine o i
suoi iscritti?
18 febbraio 1989: il Parlamento
Italiano approva la legge 56/89 che
istituisce e disciplina l’ordine degli psicologi in Italia.
Martedì 18 febbraio 2014:
25 anni dopo, cosa è cambiato?
Come si è evoluto il nostro sistema e come si festeggiano i 25
anni della nascita della nostra professione in Campania?
Altrapsicologia, mantenendo fede a quanto promesso prima e durante la
campagna elettorale e incuriosita dall’invito, ha partecipato, dal primo
pomeriggio, alla giornata di festeggiamenti indetta dal consiglio
dell’Ordine degli psicologi Campani.
Il suddetto invito recitava:
“OPEN DAY – 18 Febbraio 2014
Festeggiamo i 25 anni dell’Ordine degli Psicologi
L’Open Day sara’ un giorno per riflettere su quello che insieme in
questi venticinque gli psicologi hanno costruito, parlare dei nostri
progetti e nutrire i nostri sogni.”
Durante la giornata è stato possibile assistere alla proiezione del film
“La psicologia raccontata a mia figlia”
in tre orari diversi (
alle 12:00, alle 15:30 e alle 19:00) e discutere di alcune tematiche.
Nonostante un ricco buffet dolce/salato,
è stata registrata una bassa
affluenza dei colleghi all’evento, il che non ha consentito la
realizzazione di quanto preventivato, cioè la possibilità di confrontarsi
su tematiche professionali e interrogare la comunità su progetti e idee
per il futuro della professione.
Non pervenuti tutti gli ex consiglieri che per primi hanno assistito e
partecipato alla creazione dell’Ordine campano nel lontano 1989.
Pur considerando fondamentale la promozione e lo sviluppo del senso di
appartenenza
professionale,
dell’associazionismo,
economico,
soprattutto
e
necessario
nell’attuale
non posso non domandarmi
lo
contesto
sviluppo
politico-
cosa si sarebbe potuto fare in
occasione di tale ricorrenza e /o a partire da essa.
Non è forse vero che la nostra è una professione giovane che necessita
ancora di tanto lavoro legato alla promozione e alla tutela? Non è forse
vero che 25 anni dall’istituzione dell’Ordine degli psicologi sono
relativamente pochi se paragonati alla presenza e al riconoscimento
ottenuto
da altre professionalità racchiuse nei propri ordini nel
contesto comunitario?
Non è forse vero che è necessario lavorare sul territorio e tra i
colleghi affinché vi sia, da un lato la possibilità di toccare con mano
la nostra prima fonte di “sostentamento professionale” , cioè le
relazioni,
permettendo così alla comunità sociale di sviluppare una
nuova concezione della psicologia, e da un altro lato permettere
ai
colleghi di ritrovarsi in uno spazio condiviso dove “il vecchio” si
incontra con “il nuovo”, rendendo ognuno di noi partecipe alla formazione
e alla crescita di un’Istituzione che ha ancora tanto cammino da
compiere?
Dal 1989 ad oggi si sono succeduti diversi consigli e dunque numerosi
consiglieri che per primi hanno avuto il compito e la fortuna di
creare,
ad immagine e somiglianza dello psicologo, un contesto che fosse “la casa
degli psicologi” , un organo che ci rendesse non più orfani, che fosse la
porta di accesso del cittadino al mondo della psicologia stessa;
Il 18 febbraio 2014 era
il giorno in cui i primi psicologi e i fondatori
dell’Ordine avrebbero potuto incontrare gli oltre 5.000 iscritti che, con
la loro professionalità e iscrizione, concorrono al mantenimento
dell’Istituzione, per condividere e trasferire loro il senso di
appartenenza e, soprattutto, il senso del dovere nei confronti dello
sviluppo della nostra professione, un senso che deve dimorare in ogni
professionista e che permetterà un giorno di proporre nuove leggi
elettorali che definiscano e tutelino maggiormente la nostra professione
da troppi anni ferma a quella data dell’89.
Dopo il tran tran elettorale, tutto è tornato alla quotidianità, tutti
valori e le idee sembrano essersi dissolti nel vuoto, solo l’oblio sembra
farla da padrone, eppure soltanto un mese fa veniva chiuso il seggio e
venivano nominati i nuovi consiglieri, soltanto poche settimane fa c’è
stato l’insediamento del nuovo consiglio.
Nella giornata di ieri, il silenzio dei corridoi dell’ordine lasciava
immaginare che il desiderio di
far parte di una grande istituzione, i
festeggiamenti e le migliaia di voti espressi non erano altro che segnali
di un’individualità che mal si sposa con l’idea di “Ordine” , la cui
nascita doveva servire a sviluppare in ognuno di noi quel senso di
appartenenza che avrebbe spinto ogni professionista a lavorare prima per
la categoria e poi per se stesso. Ciò che è rimasto di ieri è che non c’è
storia né presente e che dunque non ci può essere futuro senza un
contributo reale allo sviluppo della nostra giovane professione.
Cosa è accaduto in questi pochi decenni per permettere che l’aridità
imbrigliasse i nostri pensieri e le nostre idee? Cosa realmente ha
intenzione di fare la vecchia e la nuova classe politica professionale
affinché si ritorni a pensare che la nostra professione ha ancora tutta
la vita davanti per poter crescere e svilupparsi nel migliore dei modi?
A tutti noi l’ardua sentenza…
Veneto:
sfiducia
al
presidente dell'Ordine dalle
associazioni di psicologi.
Per la seconda volta, la maggioranza dei
consiglieri dell’Ordine degli Psicologi
del Veneto esprime la propria netta
sfiducia verso l’operato del Presidente
uscente Nicolussi, che invece di mantenere
il ruolo super partes che dovrebbe avere
sia come Presidente che come responsabile
dell’organizzazione delle elezioni, si
schiera apertamente con una delle liste in campo, usa i mezzi
dell’Ordine (bollettino notiziario e newsletter) per fare
propaganda privata, ignora le richieste e le opinioni della
maggioranza del Consiglio, squalifica l’operato dei
consiglieri.
In questa seconda mozione di sfiducia, firmata da 8
consiglieri su 15, la maggioranza quindi dei Consiglieri, che
potete leggere qui (2014 02 11 – Mozione sfiducia Nicolussi),
le associazioni e i consiglieri rinnovano quando già chiesto
nella precedente interpellanza: che il presidente adotti un
comportamento imparziale e rispettoso del Consiglio, anche in
vista delle prossime elezioni.
Altrapsicologia, SIPAP e Cultura &
Professione,
pur
nella
propria
indipendenza, stigmatizzano insieme e
con
forza
il
comportamento
del
Presidente di un Ordine che si pone al
di fuori di ogni logica procedurale e
democratica.
L’indizione di nuove elezioni in Veneto, da tutti voluta in
tempi brevi, si allontana. Nel consiglio dell’11/2/2014, in
cui si dovevano indire le nuove votazioni, il presidente
uscente Nicolussi – messo alle strette dalla richiesta di
garanzie inequivocabili per il nuovo processo elettorale – non
ha sentito ragioni, ha abbandonato il consiglio assieme al
tesoriere facendo cadere il numero legale.
Questi sono i fatti che il Presidente omette di riferire nelle
sue newsletter, ormai sempre più lontane dalla verità. In
questi giorni gli psicologi veneti hanno ricevuto l’ennesima
newsletter da parte dell’Ordine, in cui il Presidente indica
presunte date elettorali decise in autonomia, propone sondaggi
agli iscritti senza alcune condivisione consiliare ma usando i
mezzi che ha avuto a disposizione dal Consiglio, chiede agli
scrutatori di lavorare gratuitamente. Queste iniziative
personali confermano la mancanza di una riflessione critica
sul suo ruolo, sulle sue responsabilità nella situazione in
cui si trova l’Ordine Veneto, sul mancato raggiungimento del
quorum alle recenti elezioni e sulle ricadute sugli iscritti e
sulla psicologia nazionale.
Gli errori vengono sempre scaricati sugli altri consiglieri,
creando le condizioni per la caduta di ogni garanzia e
imparzialità nell’ottica di un corretto svolgimento del voto
che si dovrà ripetere a breve.
La nostra unica richiesta e volontà è
che le nuove elezioni si svolgano in
modo chiaro, agevole e trasparente,
guidate da un Presidente che sia
all’altezza del ruolo di responsabile
imparziale che deve rivestire.
Se questo non è possibile, chiediamo con forza che il
Presidente Nicolussi si dimetta: potrà così sponsorizzare
liberamente chi ritiene, senza usare i mezzi e il nome
dell’Ordine, che è un ente pubblico finanziato con le quote di
tutti gli psicologi veneti.
AltraPsicologia vuole sentire
la tua voce!
Stiamo preparando un filmato con intervistea studenti (o ex
studenti) di scuole di psicoterapia che hanno voglia di
raccontarci punti di forza e qualità, ma anche problemi e
difficoltà incontrate nel loro percorso di formazione: le
lezioni, l’eventuale terapia, il rapporto con i docenti, il
tirocinio, etc…
Non ci interessano (e non divulgheremo) i nomi delle scuole di
cui ci racconterete, e se lo volete potrete rimanere anonimi:
vogliamo raccogliere le vostre esperienze per costruire un
contributo che possa essere uno spunto di riflessione per chi
sta decidendo di intraprendere questo tipo di formazione.
Il filmato sarà proiettato l’8 aprile durante l’ultima serata
del ciclo di incontri che AP ha organizzato presso lo Spazio
Sugus.
Ti proponiamo due mezze giornate per registrare le interviste:
venerdì 28 febbraio dalle 15 alle 19 e domenica 2 marzo dalle
10 alle 14, presso lo Studio Clinico di Via Bassini 40 a
Milano.
È
necessario
prenotarsi
[email protected]
scrivendo
a:
In alternativa è possibile inviarci dei contributi scritti o
dei video. Per questi ultimi l’invio è possibile tramite la
piattaforma Wetransfer (i file devono essere al massimo di
2GB), sempre indicando la nostra mail come destinatario.
Un nuovo ciclo
promosso da AP!
di
eventi
8 incontri gratuiti su vari temi riguardanti la nostra
professione: come implementarla e verso quali settori
concentrare la nostra attenzione?
Saranno occasioni in cui approfondire argomenti specifici,
guidati da relatori esperti, e soprattutto interagire,
conoscendo persone nuove e prospettando scenari stimolanti.
Gli incontri si svolgeranno presso lo Spazio Sugus, in Via Dal
Verme, 4 Milano (MM Garibaldi o Zara), ogni settimana nel
giorno indicato, dalle 18 alle 20.
Maggiori dettagli qui.
Quale
futuro
per
gli
psicologi
nelle
risorse
umane?
Il nostro Alessandro Raggi, ha intervistato per Altra Psicologia
Campania, il Prof. Dott. Francesco Donato Perillo , Presidente
dell’ Associazione
Italiana per la Direzione del Personale
(AIDP) – Gruppo Campania e docente di Gestione delle Risorse Umane al
corso di laurea magistrale in Comunicazione pubblica e d’impresa dell’
Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.
Il Prof. Perillo, dal suo osservatorio sicuramente privilegiato sul mondo
dello sviluppo delle risorse umane nelle imprese private e negli enti
pubblici, si è espresso sul ruolo, attuale e futuro, che a suo parere
potranno avere gli psicologi sia nell’ambito dell’AIDP che nell’area
dell’HR Management.
Vediamo cosa è stato chiesto al Prof. Perillo:
Ci sono Psicologi associati ad AIDP Campania?
Vorrei innanzitutto precisare che AIDP non è l’associazione dei
Direttori del personale, ma “per” la direzione del Personale. Non una
lobby di professionisti, dunque, ma una comunità di persone che per
ragioni professionali, mettendo insieme cuore e interesse, investono
sui valori del lavoro e dello sviluppo del potenziale delle persone
nelle organizzazioni. Il gruppo Campania dell’Aidp riunisce ad oggi
un centinaio di soci, compresi i giovani non ancora in carriera del
gruppo Young HR. Soprattutto tra questi vi sono laureati in
psicologia, anche se non ancora psicologi. Tra i senior prevalgono le
discipline giuridico-economiche.
Nella sua qualità di Presidente dell’Associazione AIDP in Campania, come
valuta professionalmente la figura dello psicologo inserito all’interno
delle aziende e delle organizzazioni in generale?
Provengo da una lunga e intensa esperienza aziendale, in grandi
gruppi internazionali, ho soprattutto il polso di quella realtà, e
con cognizione posso dire che la professionalità di base dello
psicologo ha grande spazio oggi e ancora di più in prospettiva. Non
mi riferisco però alla figura dello psicologo “a sportello”,
come
era
stata
introdotta
in
azienda,
insieme
a
così
quella
dell’assistente sociale, già negli anni ’60 sulla spinta dello
spirito olivettiano. Anche se oggi si va diffondendo la filosofia del
cosiddetto benessere organizzativo, non ha senso che le aziende,
insieme agli asili nido, alle palestre,all’assicurazione sanitaria,
forniscano uno sportello di servizi psicologici per i dipendenti. Nel
migliore dei casi esse offrono un pacchetto di fringe benefits sempre
più
personalizzati,
all’interno
convenzioni con studi di psicologi.
del
quale
possono
inserire
Quali spazi e quali bisogni, dal suo punto di vista, vi sono nel nostro
territorio per la collaborazione tra gli psicologi e il mondo delle
imprese? Su quali temi?
Il ruolo dello psicologo, quello del lavoro e delle organizzazioni, è
ben altro e ha una ben più ampia prospettiva professionale: non più
uno specialista cui indirizzare casi patologici individuali, ma un
professionista per curare le patologie organizzative e orientarle
sempre più allo sviluppo delle potenzialità delle persone. Passiamo
cioè da un servizio esterno ed accessorio a una dimensione invece
organicamente interna al funzionamento dell’impresa, funzionale ai
suoi obiettivi vitali, sintetizzabili nello scopo di
produrre valore
nel tempo (ben altro che mero profitto nel breve termine). Per
orientare l’impresa in questa direzione è necessario creare e
mantenere un clima positivo, favorire condizioni di motivazione degli
individui, fornire strumenti di gestione in grado di assicurare
percezione di equità e valorizzazione del merito tra i collaboratori,
allineare i comportamenti organizzativi ai valori dell’impresa,
investire nella formazione comportamentale, liberare i talenti
inespressi.
In una parola: l’impresa competitiva, quella che opera nell’era della
conoscenza e della globalizzazione, è chiamata a “curare” (proprio
nel senso di aver cura) la dimensione individuale e personale molto
di più di quella collettiva (sindacato, contratto) e molto di più che
nel
passato.
Chi
proviene
da
una
formazione
psicologica
è
perfettamente indicato in questo ruolo. Vedo le direzioni HR del
futuro prossimo-venturo popolate di professional di questo tipo.
Per la sua esperienza anche come Direttore del Personale in grandi
aziende, crede che la laurea specialistica, magari con indirizzo Lavoro e
Organizzazione, sia sufficiente a consentire allo psicologo neolaureato
di poter già lavorare con un’azienda come consulente o come junior HR
specialist?
E’ necessario un ulteriore passaggio, non difficile per uno psicologo
neolaureato: un buon master in gestione e sviluppo Risorse Umane, che
sia però orientato alla pratica e alla trasmissione delle esperienze
da parte di professionisti HR. Di master ve ne sono tanti, ma quelli
che
servono
davvero
sono
riconoscibili
dalla
provenienza
professionali dei docenti e dalla qualità degli stage che possono
offrire.
Noi stessi come AIDP dallo scorso anno offriamo ai soci un ciclo
annuale di incontri formativi che vanno nella direzione della
condivisione delle buone pratiche e delle esperienze.
AIDP prevede attività nel prossimo anno pensate anche per gli psicologi,
o con il supporto di psicologi?
Non espressamente per gli psicologi, ma nel senso di cui parlavo
prima sì; la gran parte dei nostri incontri formativi, convegni e
forum,
se
escludiamo
i
temi
strettamente
specialistici
della
normativa del lavoro, sono dedicati allo sviluppo delle persone
attraverso sistemi di valutazione, di assessment, di formazione per
le competenze comportamentali e per il rafforzamento della selfefficacy.
Peccato che la prevalenza del nostro tessuto industriale, in
particolare nella nostra Campania, sia costituita da piccole imprese,
la cui sensibilità a queste impostazioni è ancora molto bassa, se non
inesistente: si discute ossessivamente di finanziamenti, di credito,
di aiuti pubblici, di fiscalità e di oneri insopportabili. Manca
ancora la vision di un diverso modo di essere azienda “glocal” su un
mercato in rapidissima evoluzione. Eppure, ne sono convinto, è tutta
qui l’innovazione che serve.
Francesco Donato Perillo
Laurea in filosofia e studi di economia, ha maturato una trentennale
esperienza nella Direzione del Personale in Italia ed all’estero
(1979-2008) nell’ambito del Gruppo Finmeccanica, ove ha ricoperto ruoli
di responsabile Risorse Umane e Organizzazione nelle aziende Selenia,
Alenia Aeronautica, Finmeccanica-Sistemi Missilistici; di Direttore
Formazione e Sviluppo nella Alenia Marconi Systems (poi AMS), Joint
Venture tra Finmeccanica e British Aerospace, e in Telespazio; di
Direttore Generale della Fondazione Space Academy, costituita da
Telespazio, Thales Alenia Space, Selex -Elsag e l’Università dell’Aquila
per l’alta formazione nel settore spaziale.
Oggi
è consulente manageriale, formatore della Luiss Business School e
docente di Gestione delle Risorse Umane al corso di laurea magistrale in
Comunicazione pubblica e d’impresa dell’ Università Suor Orsola Benincasa
di Napoli. E’ autore dei volumi: La leadership d’ombra, Guerini e
Associati 2005, romanzo di formazione manageriale adottato in interventi
formativi
di
prestigiose
aziende;
L’insostenibile
leggerezza
del
management – best practices nell’impresa che cambia, Guerini e Associati
2010, Romanzo aziendale, Vertigo 2013.
Cura la rubrica “Un’impresa imperfetta” per la rivista Persone &
Conoscenze, edizioni Este, Milano.
E’ il Presidente dell’Associazione Italiana per la Direzione del
Personale (AIDP) – Gruppo Campania.
GLBT
e
psicologia:
l'intervento psicoterapeutico
sul
disagio
legato
all'identità di genere e
l'orientamento sessuale.
di Luca Cometto.
Con grande piacere intervisto oggi il collega Guido Mazzucco:
psicologo e psicoterapeuta operativo sui territori di Torino e
Genova, fondatore di Sipsis, Società Italiana di Psicoterapia
per lo Studio delle Identità Sessuali.
Guido, innanzitutto un po’ di chiarezza: il termine GLBT è ora
molto diffuso, e la recente discussione alla Camera della
legge sull’omofobia ha riportato all’attenzione pubblica le
rivendicazioni di gay, lesbiche, bisessuali e transgender. Pur
essendo definizioni entrate nel linguaggio comune, la maggior
parte delle persone non conosce il loro significato, e lo
stesso credo valga per molti colleghi. Vuoi aiutarci a fare
qualche distinzione?
L’acronimo GLBT o LGBT è quello comunemente utilizzato per
riferirsi all’insieme delle persone Gay, Lesbiche, Bisessuali,
Transessuali e Transgender.
Nello specifico, quando si parla di gay, lesbiche, bisessuali
(e anche eterosessuali, ovviamente) si fa riferimento a quella
dimensione dell’identità sessuale che è l’orientamento
sessuale di una persona.
L’orientamento sessuale è l’esperienza relazionale
dell’attrazione sessuoaffettiva che per i soggetti omosessuali
(gay e lesbiche) è orientata nei confronti di soggetti
appartenenti al medesimo sesso e, per i soggetti bisessuali,
nei confronti di entrambi i sessi.
Se l’orientamento sessuale si riferisce alla domanda “chi mi
piace?” e quindi alle caratteristiche dell’ “oggetto del
desiderio”, il transessualismo si riferisce ad un aspetto
differente dell’identità sessuale, quello dell’identità di
genere, e cioè dell’identificazione primaria di un soggetto
come maschio o come femmina, e potremmo dire che abbia a che
fare con la domanda: “chi mi sento di essere?”.
Se per la maggior parte delle persone sesso biologico ed
identità di genere coincidono (per es. una donna,
biologicamente tale e che “si sente” tale), nel caso del
transessualismo ciò non accade.
Il transessuale, poi, potrà transitare da un sesso ad un altro
attraverso un percorso, appunto, di transizione che potrà
concludersi (o meno) con la riattribuzione chirurgica del
sesso, cioè con l’adeguamento alla propria identità di genere.
Il transgender, indipendentemente dal fatto di essere maschio
o femmina, oppure di essere “transitato” da un sesso ad un
altro, potremmo dire che esalta la non appartenenza definitiva
ad un unico genere, ma che esprime nel proprio modo di essere
ed apparire caratteristiche che “attraversano i generi”,per lo
meno quelli culturalmente assegnati all’uomo e alla donna.
L’acronimo GLBT o LGBT, dunque, si riferisce a tutte quelle
persone la cui sessualità presenta in alcuni dei suoi aspetti
una evoluzione che potremmo definire “atipica” (nel senso di
“meno frequente”), rispetto a quella della maggior parte delle
persone.
In riferimento alla tua attività di psicoterapeuta con
pazienti GLBT, quali sono le richieste di aiuto che più spesso
ti vengono formulate?
Sono sempre di più le persone che si rivolgono al mio studio
per poter finalmente parlare della propria vita e delle
proprie “normali” difficoltà esistenziali, da una parte senza
il timore di essere etichettate come patologiche per il solo
fatto di essere, per esempio, gay o lesbiche, dall’altra senza
dover impiegare troppo tempo a spiegare tanti aspetti della
specificità dell’esperienza lgbt che molti colleghi ignorano.
Altre, soprattutto le più giovani, chiedono di essere
sostenute rispetto alla confusione e alla difficoltà che
provano nel definirsi, mentre molte altre ancora chiedono un
sostegno per fare coming out in famiglia, con gli amici oppure
al lavoro, oppure per capire se e quando farlo e in che modo,
oppure ancora per sostenere l’impatto di situazioni di mancata
accettazione da parte di persone significative.
Accade che un paziente si rivolga a te chiedendoti di
“correggere” il suo orientamento sessuale? In questi casi come
si dovrebbe comportare il terapeuta?
Accade e non mi stupisce, se si pensa a come, nella nostra
cultura ma non solo, l’omonegatività sia ancora un tratto
costitutivo. E’ cosa recente, tutto sommato, parlare di
omosessualità in termini che non siano patologizzanti o
socialmente discriminanti, ed è purtroppo un traguardo
tutt’altro che definitivo.
Lo stigma sociale porta all’odio verso se stessi, e la
richiesta di “conversione” è un’espressione di questo odio,
che può portare, lo sappiamo bene, al suicidio.
Che cos’è che ha condotto questo specifico paziente ad un tale
livello di disaccordo con se stesso e con i propri desideri,
al punto da chiedere di cambiarli?(e cioè di cambiare se
stesso?)
Nella esperienza clinica comune, sono due le esperienze
fondamentali a partire dalle quali un paziente può formulare
una tale richiesta.
La prima è l’esperienza di chi ha una identità fragile o,
diremmo oggi, “liquida”. L’identità o l’orientamento sessuale
è in questo caso l’ambito esperienziale in cui il paziente
riesce a cogliere una parte di quella fragilità, che è più
diffusa e fondante, e riguarda la propria identità
complessiva.
In questo caso, a prescindere dalle differenze di approccio e
di stile terapeutico, sarebbe necessario affrontare la
questione da una prospettiva più ampia e meno “focalizzata” e
diretta.
L’altra, è l’esperienza di chi ha appunto introiettato valori,
sentimenti
ed
atteggiamenti
negativi
rispetto
all’omosessualità da uno o più contesti d’appartenenza
significativi, quali ad esempio la famiglia, gli amici o il
proprio gruppo religioso.
Alla luce di questo, è importante che il terapeuta domandi,
almeno a se stesso : “questo paziente mi chiederebbe di
modificare il proprio orientamento sessuale se la società, la
propria famiglia o la propria religione considerassero
apertamente
l’omosessualità
dell’eterosessualità?”.
sullo
stesso
piano
In questo caso il terapeuta, avendo una adeguata formazione
rispetto agli effetti e alla fenomenologia dello stress da
minoranza e/o dell’omofobia interiorizzata, esplorerà la
richiesta del paziente cogliendo il tipo di disagio che
esprime per poter individuare il sostegno specifico
necessario, che spesso non è soltanto psicoterapeutico
ma
anche “di rete”.
Per poter fare questo, il terapeuta dovrebbe avere conoscenze
adeguate e
idee chiare rispetto ad alcune domande
fondamentali:
cosa dice la ricerca sui tentativi di cambiamento di
orientamento sessuale? È possibile o no cambiare orientamento
sessuale? È dannoso? È etico per il terapeuta perseguire
questo obiettivo?
(A questo proposito, esistono nella prassi terapeutica alcune
“scappatoie” che gli psicoterapeuti “riparativi” adottano per
eludere queste domande etiche, deontologiche e cliniche ai
danni, naturalmente, dei pazienti stessi, ma questo è un
argomento che ci porterebbe lontano…)
Che tipo di interventi terapeutici e tecniche adotti con i
pazienti GLBT?
Si spazia dalla terapia individuale, a quella di coppia e a
quella di gruppo. Questo dipende ovviamente dal tipo di
bisogno che la persona esprime e dal grado di consapevolezza e
di accettazione raggiunto nel proprio percorso.
Quale tipo di formazione, di valori personali, e di
caratteristiche individuali dovrebbe avere uno psicologo per
lavorare efficacemente con clienti GLBT? Esistono delle linee
guida per l’intervento psicologico in questo campo?
Una recente ricerca di Lingiardi e Nardelli avente come
oggetto l’atteggiamento degli psicologi verso l’omosessualità,
rileva da una parte la carenza negli psicologi e negli
psicoterapeuti di formazione sulle tematiche dell’orientamento
sessuale e dell’identità di genere, dall’altra la loro
disponibilità ad attuare interventi terapeutici mirati alla
“conversione” dell’orientamento sessuale su richiesta del
paziente.
Altre ricerche evidenziano la presenza negli psicologi e negli
psicoterapeuti di un bagaglio di teorie ingenue e di
stereotipi sui temi dell’omosessualità e dell’identità di
genere.
Per questo motivo credo sia necessaria una formazione più
ampia sulle identità sessuali nelle loro dimensioni
costitutive e nelle loro evoluzioni, quelle “atipiche” ma
anche quelle “tipiche”, senza correre il rischio di assumere
la norma eterosessuale come paradigma di riferimento.
In questa “dialettica delle differenze” possiamo produrre
conoscenza e decostruire modelli e stereotipi che spesso si
celano dietro i panni di teorie psicologiche datate e mai
sottoposte a verifica.
Omosessuali, bisessuali e transessuali sono indotti spesso a
domandarsi e a domandare ad altri il “perché” del loro essere
e del loro desiderare, mentre l’universo eterosessuale, per un
pregiudizio culturale radicato, resta al di fuori e al riparo
da questa esplorazione.
Rispetto ai valori personali e alle caratteristiche
individuali del terapeuta con pazienti lgbt, credo che il
punto sia saperli riconoscere e valutarne l’impatto nel lavoro
terapeutico.
Avere gli stessi valori del paziente, oppure valori
differenti, può implicare risorse e rischi su entrambi i
fronti nella misura in cui non riconosciamo quanto siano
questi ad orientarci nel lavoro clinico piuttosto che le
evidenze della ricerca scientifica e le indicazioni
metodologiche e deontologiche della comunità scientifica a cui
apparteniamo.
Le evidenze, della ricerca ma non solo, mostrano come
psicoterapeuti che hanno un orientamento politico conservatore
e/o una fede religiosa, soprattutto se praticanti, sono più
propensi a patologizzare l’omosessualità.
Questa è la ragione per cui nel marzo del 2000, nel “Position
statement” sulle terapie mirate al tentativo di modificare
l’orientamento sessuale, l’American Psychiatric Association
afferma, tra il resto:
a)“[…]Recenti e pubblicizzati sforzi di ripatologizzare
l’omosessualità affermando che può essere curata sono spesso
guidati non dal rigore scientifico o dalla ricerca
psichiatrica, ma a volte da forze religiose e politiche che si
oppongono ai pieni diritti civili per gay e lesbiche. L’APA si
propone di rispondere prontamente e appropriatamente come
organizzazione scientifica quando affermazioni che
l’omosessualità è una malattia vengono fatte da gruppi
politici o religiosi”.
E, prima ancora, nel ’98:
“L’APA si oppone ad ogni trattamento psichiatrico, come le
terapie riparative o di conversione, basato sull’assunto che
l’omosessualità sia di per sé un disturbo mentale o basato
sull’assunto aprioristico che il paziente debba modificare il
proprio orientamento sessuale”.
Nel 2009 l’American Psychological Association pubblica il
report sulle “AppropriateTherapeutic Responses to Sexual
Orientation”.
In Italia il primo Ordine Regionale a dotarsene è stato quello
della Campania, per arrivare a quello del Lazio, che proprio
il mese scorso ha deliberato le Linee guida per la consulenza
psicologica e la psicoterapia con persone lesbiche, gay e
bisessuali.
L’articolo 3 del Codice Deontologico degli psicologi italiani
ci ricorda che “lo psicologo considera suo dovere accrescere
le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per
promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo
e della comunità”. Quale deve essere a tuo avviso il ruolo
dello psicologo nella prevenzione delle discriminazioni e
dell’omofobia, quali interventi ritieni efficaci, ed
attraverso quali canali?
Il primo modo per uno psicologo, etero o omosessuale che sia,
di combattere l’omofobia è di occuparsi della propria, di
riconoscerla ed elaborarla, per impedire che interferisca nel
lavoro terapeutico, anche in forme “sottili” e meno esplicite.
Questo può voler dire, per esempio, non dare per scontato
l’orientamento eterosessuale dei propri clienti, esprimendo
così anche implicitamente la possibilità omosessuale come
ugualmente legittimata, oppure considerare l’omofobia di un
paziente sullo stesso livello degli atteggiamenti razzisti
oppure maschilisti.
Il secondo modo è quello di combattere l’omofobia all’interno
della propria comunità professionale.
Spesso capita di ascoltare da parte di colleghi affermazioni
esplicitamente discriminatorie ed omofobe, piuttosto che
imbattersi in pubblicità di psicoterapeuti che si definiscono
esplicitamente “riparativi”: in quel caso è possibile
segnalare il collega presso l’Ordine competente.
A questo proposito sarebbe importante pensare a dei protocolli
per le segnalazioni di questo tipo, magari attraverso una
sottoscrizione condivisa da molti colleghi, che può essere –
almeno simbolicamente – più significativa.
Allo stesso modo credo che sia importante, qualora si venga a
conoscenza di iniziative promozionali di convegni a carattere
ideologico fortemente discriminatorio, come quelli che
recentemente si sono svolti in Lombardia e in Piemonte proprio
all’indomani dell’approvazione alla Camera del discusso Ddl
contro l’omofobia, di monitorare e sollecitare gli Ordini
competenti a prendere pubblicamente le distanze da queste
iniziative ogni qualvolta ve ne sia la necessità, e questo
prima di tutto per tutelare il diritto dei cittadini a
ricevere informazioni corrette ed autorevoli in merito a
questioni inerenti la propria salute.
Tutti pazzi per il quorum
Cari colleghi lombardi,
forse qui dalla Campania non sono proprio nella posizione più
adatta per esprimere un parere su quanto accaduto in merito al
mancato raggiungimento del quorum nella vostra Regione, ma
presa da fervore post-elettorale non riesco a farmi i fatti
miei e vi scrivo i miei pensieri dalla mia terra.
Mai e poi mai mi sarei aspettata un simile accadimento.
“Questa è una follia!”: è stata la mia prima reazione quando
ho avuto la notizia.
La mia generazione è figlia di quei padri che combattevano per
la psicologia in Parlamento e quelli che combattevano per la
psicologia all’interno delle università: gli psicologi d’oggi
esistono grazie al loro impegno, al loro essere pionieri, al
loro aver creduto e perseguito un sogno con tutte le forze.
Ora, dice Ossicini, è il momento della RIVOLUZIONE della
psicologia.
Un’idea meravigliosa che può passaresolo attraverso
decisioni della nostra politica professionale.
le
Un assaggio delle possibilità di questa rivoluzione l’abbiamo
avuto in Lombardia negli ultimi 4 anni. In un Ordine a
maggioranza AltraPsicologia, dove anche alcuni consiglieri di
minoranza hanno saputo offrire fattiva collaborazione per il
bene della comunità, dove sono state portate avanti iniziative
che in 20 anni di ordini degli psicologi nessuno si era mai
sognato.
Il Festival della cultura psicologica, i webinar su argomenti
innovativi e trasversali per la professione, trasparenza
assoluta su ogni atto del Consiglio, la biblioteca dei test,
la certificazione sui DSA anche per i liberi professionisti,
una campagna di tutela della professione portata avanti senza
se e senza ma…solo per citare alcune iniziative che mi vengono
in mente.
Di certo non tutto è stato perfetto, molte cose potevano e
possono essere migliorate e molte altre ancora se ne possono
fare di nuove.
Ben ricordo la malcelatissima invidia per quanto fatto da OPL
in questi quattro anni, considerando che tra i punti più alti
della consigliatura campana uscente c’è il restauro di una
pala d’altare (se non sai cos’è una pala d’altare, non
crucciarti, nessuno di noi lo sapeva prima), ritenuta
assolutamente necessaria dal nostro
“riconciliarci con la bellezza”…
ex
Presidente
per
Mi sono allora ricordata di quando un’amica è stata ricoverata
per la prima volta in un ospedale campano per il brutto male
che l’ha colpita. Una diagnosi oncologica fatta già in pronto
soccorso, 20 giorni di ricovero e di inutile attesa per fare
una TAC…che non farà mai, perché i suoi familiarisi presero la
responsabilità di riportarla a casa e di metterla in macchina
per portarla a Milano. In una clinica non di certo per
ricconi, dove in una settimana faranno tutti gli esami e
intervento chirurgico; un posto accogliente, pulito, moderno e
con personale organizzato e professionale. I familiari si sono
sentiti venire dal terzo mondo e d’improvviso catapultati
nella società civile. Quando alla fine del ricovero hanno dato
loro un foglio su cui indicare il livello di soddisfazione,
energiche crocette sono state messe sui voti più alti,
nonostante fosse stata fatta la più infausta delle prognosi
possibili. Contemporaneamente compilava il questionario una
signora di Milano, ricoverata nel letto accanto a quello della
mia amica. Snocciolava critiche che ai suoi familiari hanno
fatto strabuzzare gli occhi:che avrebbe pensato quella signora
se avesse passato solo un paio di orette in quella sorta di
ospedale da campo da cui erano scappati?
Ma dire che quando si ha tanto ci si abitua troppo bene e non
si mai contenti, è un’analisi che rischia di essere
superficiale. Così come lo sarebbe pensare che si era tutti
così contenti che dalla soddisfazione ne è discesa una specie
di “sicuro” disimpegno…che tanto sono tutti così contenti che
andranno a votare in massa!
Da brava appassionata di Bateson e di sistemi, non posso fare
a meno di interrogarmi sulla relazione che c’è tra quanto
avvenuto qui in Campania, con una partecipazione così
massiccia, e quanto avvenuto in Lombardia, con l’Ordine finito
in stallo per i prossimi mesi.E non posso fare a meno di
ipotizzare che la connessione tra questi due eventi così
apparentemente opposti non abbia a che fare con i contenuti (o
almeno non solo) ma più con il modo in cui gli psicologi si
relazionano all’istituzione che li rappresenta.
In generale l’Ordine non è mai visto di buon occhio dagli
psicologi: viene per lo più percepito come quell’organismo
dentro cui sono obbligati a buttare 140 euro ogni anno per
poter lavorare, senza che questa tassa si trasformi in qualche
servizio. Intendiamoci: non è una rappresentazione campata in
aria, considerando com’è andata la politica professionale a
partire dalla nascita degli Ordini… Ma quello che mi ha
colpito durante gli incontri e le discussioni con i colleghi
nella fase pre-elettorale e durante la campagna è che
all’istituzione Ordine vengono attribuiti compiti che non gli
spettano affatto.
Nell’immaginario collettivo sembra che l’Ordine possa far
tutto e non lo fa, pertanto va disprezzato, fino a sognarne
l’abolizione. Come fosse una specie di “padre professionale“,
che è buono se mi risolve tutti i problemi, ora e subito, e
cattivo se non lo fa. Considerando che tutte le professioni, e
la nostra con le sue peculiarità, non se la passano bene, è
inevitabile che l’Ordine potrà essere solo cattivo e basta.
Non c’entra nulla se io nell’avviarmi alla libera professione
non mi sono fatto un business plan e non mi sono organizzato
una strategia di promozione professionale. Non c’entra nulla
se io continuo a propormi per lavorare gratis nelle scuole o
nelle asl, pure da 10 anni.
Non può l’Ordine sostituirsi al mio
talento, alla mia creatività, alle mie
conoscenze di base, ma può darmi gli
strumenti per mettere a frutto tutto
questo. Aiutarmi a essere un giovane adulto
e un giovane adulto professionista…perché è
questo che siamo tutti noi, quando superiamo il nostro esame
di stato.
L’Ordine può fare tutto questo ed in Lombardia si
indubbiamente iniziato un lavoro in questo senso.
è
Qualcuno ipotizza che il quorum in Lombardia non sia stato
raggiunto perché c’era insoddisfazione per il lavoro svolto.
Fosse anche così, per quanto ai miei occhi appaia incredibile
(ma come detto, sono inevitabilmente di parte e potrei essere
miope), il lavoro fatto è stato talmente deciso, visibile,
costante che chi lo volesse buttare giù, doveva agire con
decisione. Invece non è questo che è accaduto.
Quello che è accaduto è stato lo stallo in cui siete oggi.
La mia generazione non è stata fortunata. Nella crisi ci siamo
trovati senza averne personalmente troppe responsabilità. Chi
si è iscritto all’università negli anni ’90 ricorderà di come
di concorsi per psicologi ce ne fossero a iosa, a volte con
difficoltà a coprire tutti i posti disponibili. La nostra
legge istitutiva risale all’ ’89: nel giro di appena un
decennio, tutte le belle possibilità per cui i pionieri del
film hanno combattuto già dagli anni ’70 , sembrano andate
perdute. Forse perché l’istituzione degli Ordini è stata
considerata un punto di arrivo e non di partenza. E forse noi
facciamo altrettanto: una volta iscritti, ci aspettiamo che
qualcosa magicamente accada.
Ma cosa diremmo a un nostro paziente, se si comportasse in
questo modo?
Un abbraccio sincero a tutti i colleghi lombardi,
Ada Moscarella
Papa Francesco è di AP?
Si, si, Papa Francesco non si è – ancora – iscritto ad AP, ma
è solo questione di tempo. Ci sta mandando, da San Pietro, dei
messaggi chiarissimi. Verrebbe quasi da rispondere, ed ecco,
siamo certi che coglierà questo segnale di risposta..
Premesso che accoglieremmo Sua Santità a braccia aperte tra le
nostre fila, la nostra associazione si trova ormai a stupirsi
più e più volte dell’affinità di pensiero che noi, alfieri
della cultura laica, troviamo con la più recente incarnazione
di San Pietro.
Infallibile come noi di certo non siamo, è interessante
presentare alcune sue frasi, così vicine al pensiero di AP da
farci pensare a qualcosa di quasi magico.
Nell’enciclica papaleEvangeliiGaudium (già citata dal collega
Luigi D’Elia su pol.it), ecco cosa scrive Papa Francesco: “In
questo contesto, alcuni ancora difendono le teorie della
ricaduta favorevole, presuppongono che ogni crescita
economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di
per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel
mondo. Questa opinione, che non è mai stata confermata dai
fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di
coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi
sacralizzati del sistema economico imperante. Nel frattempo,
gli esclusi continuano ad aspettare.”
Ecco. Chi può guadagnare dalla svendita –ad esempio- della
propria professione non è un buono – sarebbe ingenuo pensarlo
– e non è vero che crede al valore della diffusione della
cultura più di quanto creda al suo portafogli.
AP difende da sempre chi sta male, chi soffre sul piano
psicologico e chi ha studiato per sapere offrire un aiuto
competente, in regola con le leggi, con il riconoscimento di
un terzo, lo stato, e con il buon senso.
Il mercato non basta, non regola nulla, e lasciato a sé stesso
crea terribili iniquità e sofferenza. Bravo Papa! “La cultura
del benessere ci anestetizza e perdiamo la calma se il mercato
offre qualcosa che non abbiamo ancora comprato, mentre tutte
queste vite stroncate per mancanza di possibilità ci sembrano
un mero spettacolo che non ci turba in alcun modo.”
Ecco. L’abusivismo professionale nasce proprio dall’incapacità
di sopportare il fatto di non poter più essere tutto, fare
tutto, di non poter realizzare qualsiasi desiderio venga in
mente. C’è untempo della vita in cui si può esercitare quasi
qualsiasi professione e diventare qualsiasi cosa, ma farlo da
adulti trasforma in mostri, novelli Zelig che s’improvvisano
psicologi, con i nomi dell’inganno, realizzando il proprio
spettacolino di trucchi o inganni ai danni di pazienti
sofferenti.
Infine, proprio là dove si suppone vi debba essere la maggiore
concentrazione di ruggine tra valori laici e valori religiosi,
si trova invece la massima prossimità: “Se una persona è gay e
cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per
giudicarla? Non si devono discriminare o emarginare queste
persone, lo dice anche il Catechismo. Il problema per la
Chiesa non è la tendenza. Sono fratelli.”
Ragazzi, altro che omosessualità come malattia e terapie
riparative. Ben più innovatore, aperto, rifomista e tollerante
di alcuni candidati al Consiglio del nostro ordine
professionale in odore di omofobia, il Papa quasi cita
l’articolo 4 del nostro Codice Deontologico: “lo psicologo
rispetta opinioni e credenze astenendosi dall’imporre il suo
sistema di valori; non opera discriminazioni in base a
religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato
socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale,
disabilità”.
Ma in base a quale potere si può dire di no alla
discriminazione e alla violenza? Ancora una volta Papa
Bergoglio parla chiarissimo sull’origine del potere: “il vero
potere è il servizio”. E così prosegue il pontefice: “bisogna
custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore,
specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più
fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore”.Di
chi parla, qui, se non dei nostri pazienti, gli ultimi, i più
sofferenti dei mali non fisici, dei dolori della mente?
E infine: ecco la prova definitiva. Anche il Santo Padre,
nella promozione della fede, usa lo stesso strumento di
marketing usato da AP: il finto farmaco. Ci hai rubato l’idea,
Jorge! Lui sponsorizza la Misericordina, mentre noi avevamo
lanciato, in tempi non sospetti durante altri papati,
l’Altraspirina.
Perdonata la papale copiatura, è evidente che il Papa ci vede,
e di più, ci guarda.
Grazie Santo Padre, una tessera di AltraPsicologia la teniamo
via per te, è chiaro che ci si intende!