3° congresso nazionale della societa` italiana di

Transcript

3° congresso nazionale della societa` italiana di
DALLA SINTESI ALLA DISTRIBUZIONE DEL
FARMACO:
IL RUOLO DELLA MICROBIOLOGIA
3° CONGRESSO NAZIONALE
DELLA SOCIETA' ITALIANA
DI MICROBIOLOGIA FARMACEUTICA
CAGLIARI NORA
25 / 27 MAGGIO 2006
Società Italiana di Microbiologia Farmaceutica - SIMIF
III Congresso SIMIF Nora (Cagliari) 25-27 Maggio 2006
Comitato di Presidenza:
-
Nicola Carlone, Presidente della SIMIF
Raffaello Pompei
Stefania Zanetti
Comitato Scientifico:
Alessandro Delogu
Paolo La Colla
Maria A. Marcialis
Maria E. Marongiu
Alessandra Pani
Riccardo Tombolini
Vivian Tullio, Segretaria della SIMIF
Segreteria Scientifica:
Angela Ingianni
Maria A. Madeddu
Paola Molicotti
Segreteria Organizzativa
Biotecne,
via Nuoro 58, 09125 Cagliari
Tel. 070.662257; fax: 657319;
e-mail: [email protected]
www.biotecne.com
Copertina: Stele di Nora, 8° secolo a.C. circa, in cui risulta per la prima volta, in
caratteri fenici, la parola SHRDN (Sardegna)
SALUTO DEL PRESIDENTE
Cari colleghi,
la Società di Microbiologia Farmaceutica é nata dall'esigenza di
riunire e mantenere in contatto continuo fra loro a livello nazionale i
Docenti della disciplina specialistica che quotidianamente si trovano,
per compito istituzionale, ad approfondire temi attinenti l'industria
farmaceutica e parafarmaceutica e tutto ciò che ad essa é collegato:
studi sull'attività ed efficacia di sostanze antimicrobiche, di prodotti
naturali e non, valutazione dei meccanismi di prodotti antibatterici,
antivirali e antifungini, meccanismi di resistenza, prove di sterilità sui
farmaci, saggi biologici riportati in Farmacopee, e così via.
La SIMIF, che non ha fini di lucro, ha fra i suoi obiettivi, la promozione
degli studi microbiologici nel campo della biofarmacia e la tutela degli
interessi della materia in ambito nazionale. In particolare, si propone di
promuovere e stimolare l'attività di educazione continua, di formazione e
di aggiornamento nel campo della batteriologia, virologia, micologia,
protozologia, biologia molecolare e in settori disciplinari affini: tutto ciò
ha lo scopo di elevare il livello professionale degli operatori,
dell'Università, del SSN degli Istituti di Ricerca e dell'A.R.P.A.
Altro obiettivo della SIMIF è quello di coordinare e promuovere
iniziative, progetti e programmi di livello regionale, nazionale e
internazionale per lo sviluppo della Microbiologia.
La SIMIF, confederata alla FeSIM (Federazione delle Società Italiane
di Microbiologia), dopo aver tenuto un primo incontro a Napoli (maggio
2002), un Convegno Nazionale a Roma (ottobre 2003), il 1° Congresso
Nazionale a Catania (maggio 2004) il 2° Congresso Nazionale a Napoli
(19-20 ottobre 2005) ha deciso di organizzare il 3° Congresso Nazionale
a Cagliari-Nora (25-27 maggio 2006). Ringrazio i colleghi di Cagliari e
Sassari cui va il mio sentito ringraziamento per essersi assunti questo
faticoso compito.
Invito tutti i Colleghi a partecipare con contributi scientifici e con la
loro presenza per rendere l'evento ricco di approfondimenti e di dibattiti.
Arrivederci a Cagliari.
Il Presidente
Prof. Nicola Carlone
Torino, marzo 2006
3
Giovedì 25 maggio 2006
Hotel Baia di Nora (Pula)
APERTURA DEL
3° CONGRESSO NAZIONALE
DELLA SOCIETÀ ITALIANA
DI MICROBIOLOGIA FARMACEUTICA
TAVOLA ROTONDA
Ricerca applicata e Ricerca industriale:
quali prospettive per il rilancio di una Industria
del Farmaco in Italia?
PROGRAMMA:
Ore 17.00: apertura del Congresso
Ore 17,30: Tavola rotonda :
Relatori
- Ing. Antonio Martini,
Dirigente Ministero Attività Produttive
- On. Concetta Rau,
Assessore dell'Industria della Regione Autonoma della Sardegna
- Prof. Antonio Sassu,
Presidente del Banco di Sardegna
- Prof. Adolfo Lai
Prorettore per la ricerca scientifica dell’Università di Cagliari
- Dott. Romano Mambrini
Presidente Remosa
- Dott. Francesco Marcheschi
Direttore del Consorzio Ventuno
Moderatore
- Prof. Carlo Muntoni
Presidente Consorzio Biotecne
Ore 19,00: Cocktail di benvenuto offerto dal Comune di Pula
4
Venerdì 26 maggio:
Hotel Baia di Nora (Pula)
Ore 8,30: G. Tempera presenta:
Chlamydiales: vecchi e nuovi batteri con nuovi e vecchi meccanismi di
patogenicità (P. Furneri)
ore 9.00: Sessione: Vettori vaccinali e Nuovi vaccini
Moderatori: S. Ripa, N. Carlone
Virus ricombinanti come vaccini o vettori vaccinali
(R. Manservigi)
Vaccini anti-idiotipico ricombinante e a DNA anti-meningococco di gruppo
B
(W. Magliani)
Impiego di una Salmonella typhimurium attenuata come veicolo del gene
umano CD40L per un'immunoterapia delle neoplasie linfatiche croniche B
cellulari.
(S. Petruzzelli)
Ore 10,30: Sessione: Sensibilità e resistenze agli antifungini in Candida
Moderatori: V. Tullio, AT. Palamara
Valutazione della sensibilità in vitro agli antifungini: problemi e soluzioni
(V. Tullio)
Nuove strategie per il superamento della farmaco-resistenza in Candida
albicans
(G. Simonetti)
Ore 11,30: Comunicazioni orali
Moderatori: M. Cinco, A.M. Speciale
Meccanismi di Complemento resistenza in Leptospira
(Marina Cinco, Seppo Meri)
Meccanismi di patogenicità di Corynebacterium urealyticum
(Daria Nicolosi, Cinzia Quattrocchi, Rossella Timpanaro)
Impiego del QuantiFERON-TB Gold come strumento di diagnosi
immunologica nelle infezioni da Mycobacterium tuberculosis (Bua A., Molicotti
P., Delogu G., Mura M. S., Saba F., Vertuccio C., Sechi L.A., Zanetti S.)
Ruolo eziologico del M. avium subsp. paratuberculosis nel morbo di Crohn
(Paola Molicotti, Silvia Ortu, Alessandra Bua, Sara Cannas, Donatella Usai,
Antonio Scanu, Leonardo Sechi, Stefania Zanetti)
5
Ore 14,00- Presentazione Poster
Ore 15,00: Sessione: Consorzi microbici e biofilm: importanza nell'ambiente e nelle malattie
infettive
Moderatori: M. Lembo, G. Bisignano
Biofilm microbici: una review di lavori recenti
(R. Tombolini)
Biofilm microbici e Stato Vitale Non Coltivabile (VBNC): comportamenti
dinamici in Helicobacter pylori per affrontare lo stress ambientale
(L. Cellini)
Biofilm e tolleranza agli antimicrobici: attività di estratti vegetali su
comunità sessili di Stafilococchi
(A. Nostro)
Ore 16,30: Comunicazioni orali:
Moderatori: V. Nicolosi, L. Cellini
Attività antivirale di un derivato del glutatione in un modello sperimentale
di cheratite erpetica nel coniglio
(R. Sgarbanti, L. Nencioni, G. Macrì, C. Nucci, U. Benatti, M. Magnani, E.
Garaci A. T. Palamara)
La vaccinazione con vettori erpetici di tipo “amplicone” è in grado di indurre
un'immunità protettiva nei confronti di un challenge letale intravaginale nel
modello murino
(M. Manservigi, M.P. Grossi, R. Argnani, P.G. Balboni, G. Cusi, R.Manservigi e P.
Marconi)
Papilloma virus umani (HPV). Diagnosi mediante PCR multiplex e rivelazione
su chip
(C. Lauterio, G.Costa Marras, T.Pisanu, M.Marini, M.G. Murtas, M.Rais, A. De
Montis)
Identificazione di Helicobacter pylori in esofago e saliva
( Rossella Grande, Emanuela Di Campli, Soraya Di Bartolomeo, Mara Di Giulio,
Fiorella Casalanguida, Irene Mascitelli, Luigina Cellini)
Analisi della relazione struttura funzione della metallo-b-lattamasi VIM-2
tramite mutagenesi a saturazione: ruolo della tasca idrofobica del sito
catalitico nell'attività enzimatica
(Luisa Borgianni, Jean-Marie Frère, Grazietta Coratza, Gian Maria Rossolini,
Jean Denis Docquier)
Analisi retrospettiva sulla sensibilità in vitro agli antibiotici del gruppo MLS in
Streptococcus agalactiae dal 1994 al 2005
(Chiara Curcuruto, Nicoletta Firrito, Nadia F. Cuciti, Carolina Ferranti, Gianna
Tempera, Lucia Silvana Roccasalva e Pio Maria Furneri)
Ore 18,30: Riunione Amministrativa della SIMIF
Ore 20,30: Cena Sociale presso l'Hotel Baia di Nora
6
Sabato 27 maggio:
Hotel Baia di Nora (Pula)
Ore 9,00: R. Pompei presenta:
“A tale of two cells: interaction of dendritic cells and macrophages with
Mycobacterium tuberculosis”
(Dr. P. Salgame, University of New Jersey)
Ore 9,30: Sessione: Sostanze naturali e attività antimicrobica
Moderatori: S. Zanetti, A. De Logu
Utilizzazione dei probiotici nelle patologie infettive
(G. Felis)
Probiotici: mito e realtà
(A. Marino)
Attività antibiotica di estratti naturali e interazioni con antibiotici di sintesi:
relazioni sinergiche
(A. Rosato)
Ore 11,00: Comunicazioni orali:
Moderatori: C. Vitali, G. Blandino
Attività antimicrobica di Rosmarinus officinalis L. di diversi areali sardi:
risultati preliminari a confronto
(Deriu A., Felis G.E., Chessa M., Pintore G., Sechi L.A., Molicotti P., Zanetti S.)
Caratterizzazione fenotipica e genotipica di ceppi di lattobacilli isolati da
latte e yogurt prodotti da ovini e bovini sardi
(Ortu S., Molicotti P., Marzotto M., Felis GE, Deriu A., Dellaglio F. , Zanetti S.)
Potenziale effetto prebiotico ed attività antimicrobica di frazioni estratte dal
bergamotto (Citrus bergamia Risso)
(G. Mandalari, C. Nueno Palop, A. Narbad, C.B. Faulds, M.J.Gasson, G.
Bisignano)
Ore 13,00: Chiusura del Congresso
7
ELENCO POSTER
Valutazione di una nested PCR per l'individuazione di Borrelia burgdorferi in
campioni multipli di pazienti e genotyping
(R. Floris , Giusto Trevisan e Marina Cinco)
Epidemiologia della resistenza ai fluorochinoloni in ceppi di Streptococcus
pneumoniae (2001-2005)
(Blandino G., Caccamo F., Milazzo I., Pisano M., SciaccaA., Speciale A., Nicoletti G.)
Accumulo ed attività antibatterica di ulifloxacina, ciprofloxacina e levofloxacina in
E.coli K- 12 , S. aureus ATCC 29213 e P. aeruginosa PAO-1
(Ceccarini Paolo, Capezzone de Joannon Alessandra, Ciottoli Giovanni Battista e Rossi
Vilma)
"Effetto prebiotico di Opuntia ficus-indica (L.) nei confronti di alcuni ceppi di
Lactobacillus spp e Bifidobacterium isolati da prodotti probiotici alimentari e
farmaceutici"
(G. Blandino)
Caratterizzazione biochimica della b-lattamasi di classe c di origine plasmidica
FOX-7
(Jean-Denis Docquier, Silvia Prandi, Stefania Cresti, Gian Maria Rossolini)
Attivita' anti-micobatterica di derivati pirrolici del bm-212
(Deidda D., Pompei R., Biava M.A. e Porretta G.C.)
Ocratossina A prodotta da Aspergillus e Penicillium species in succo d'arancia fresco
(Citrus sinensis) cultivar tarocco. (C. Fiorentino, A. Nostro, G. Bisignano,G. Crisafi, F.
Pizzimenti, A. Marino)
Produzione e caratterizzazione di biomassa microbica ottenuta dalle acque di
vegetazione dell'industria olearia
(Samuela Laconi, Giovanni Molle, Antonio Cabiddu, Raffaello Pompei)
Valutazione dell'uso farmaceutico e cosmetico delle piante utilizzate nella medicina
popolare dei pigmei baka del Camerun
(P. Grisoli, T. Ngueyem, D. Rossi, C. Dacarro, G. Caccialanza)
Post antifungal effect (pafe) di olio essenziale di origano spagnolo (Thymus capitatus
L.) da solo in combinazione con amphotericina B su Candida albicans
(Manuela D'Arrigo, Domenico Trombetta, Giovanna Ginestra, Giuseppe Bisignano)
Valutazione dell'attività antibatterica su estratti di semi di Citrus bergamia Risso &
Poiteau
(F.C. Pizzimenti, A. Nostro, A.Marino, C.Naccari, A.Pizzimenti, G. Crisafi, C.
Fiorentino,V. Sdrafkakis)
8
Ricerca di Legionella spp.mediante metodi culturali e tecniche molecolari
(M.A. Madeddu, F.Carta, R. Muggianu, P.Meloni,A.Ingianni, A.Contu, R.Pompei)
Attività antivirale di estratti di Emblica officinalis nei confronti del virus dell'Herpes
simplex di tipo 1 e di tipo 2
(F. Rinaldi, M. Manservigi, I. Lampronti, M. Lufino, M.T.H. Khab, R. Gambari e R.
Manservigi)
Studio della attività di una nuova classe di isotiosemicarbazoni nei confronti di
Aspergillus spp. di isolamento clinico
(Lorenza Chisu, Maria Cristina Cardia, Manuela Saddi, Barbara Saddi, Elias Maccioni,
Alessandro De Logu)
Attività intramacrofagica di nuovi agenti antitubercolari per il trattamento delle
infezioni sostenute da ceppi MDR mediante inibizione selettiva della RNA polimerasi
(Manuela Saddi, Larisa H. Palchykovska, Lorenza Chisu, Valentina H. Kostina, Tatyana S.
Shestakova, Inna V. Alexeeva, Barbara Saddi, Anatoly D. Shved, Alessandro De Logu)
Aumento della sensibilità all'AmB di biofilm di Candida albicans fluconazoloresistente nell'impiego combinato con derivati ciclici isotiosemicarbazonici
(Manuela Saddi, Maria Cristina Cardia, Lorenza Chisu, Rita Borgna, Elias Maccioni,
Barbara Saddi, Alessandro De Logu)
Inibizione della diffusione cellula-cellula e attività neutralizzante nei confronti di
Herpes simplex tipo-1 di un estratto polifenolico di foglie di Catalogna arricchito in
acido cicorico
(L. Chisu, M. Innocenti, M. Saddi, C. Giaccherini, D. Cabitza, F.F. Vincieri, N. Mulinacci,
A. De Logu)
Valutazione della presenza e della persistenza di ceppi di batteri lattici in rumine
ovino
(G. E. Felis, A. Deriu, D. Bacciu, G. Leori,S. Rubino, L. A. Sechi, S. Ortu, S. Zanetti)
Diagnosi e caratterizzazione molecolare dei determinanti di patogenicità di E. coli
(M.Marini, M.Pittau, E.Belluscio,G.Venditti, M.Biagetti, M.Cagiola, A. De Montis)
Ruolo di HHV-8 in pazienti cardiovascolari nel sud Sardegna
(A.Ingianni, F.Carta, C.Lai,A. Reina, A. Desogus, M.A. Madeddu, R.Pompei)
9
SEZIONE
ABSTRACT
Venerdi 26 Maggio
(Mattina)
10
Chlamydiales: vecchi e nuovi batteri con e vecchi meccanismi di patogenicità
Pio Maria Furneri
Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche, Università degli Studi di
Catania, Via Androne 81, 95124 Catania. [email protected]; url: http://mab2.dsmsg.unict.it
L'ordine Chlamydiales comprende batteri, gram negativi, intracellulari obbligati, che si replicano
attraverso un peculiare ciclo riproduttivo. I membri dell'ordine Chlamydiales mostrano un'elevata
omologia delle sequenze dell'rRNA 16S pari a più dell'ottanta per cento. Essi sono stati isolati da
cellule di vertebrati e amebe, come pure da celenterati, artropodi e molluschi. Molti membri dell'ordine
Chlamydiales coesistono in un apparente stato di quiescenza all'interno di ospiti che porobabilmente
sono il loro serbatoio naturale. L'ordine Chlamydiales contiene 4 famiglie: Chlamydiaceae,
Parachlamydiaceae, Waddliaceae e Simkaniaceae. La famiglia Chlamydiaceae contiene 2 generi
(Chlamydia e Chlamydophila) e 9 nove specie; 6 nel genere Chlamydophila, fra le quali C. pisttaci e
C. pneumoniae; 3 nel genere Chlamydia, fra le quali C.trachomatis. Delle famiglie
Parachlamydiaceae, Waddliaceae e Simkaniaceae riportiamo nella presente trattazione le più note,
P.acanthamoebe, Neochlamydia hartamanellae, Neochlamydia sp. (UWC22), W. condrophila, e S.
negevensis. Durante la trattazione i microrganismi dell'ordine Chlamydiales saranno per brevità
definiti come clamidie. Il bioparassitismo obbligato è alla base della patogenesi dell'infezione prodotta
da questi microrganismi anche se una serie di altri fattori sono altrettanto importanti. La maggior parte
della loro strategia di sopravvivenza intracellulare è la formazione di un peculiare organello, detto
inclusione, che fornisce loro un sito protetto per la replicazione. L'inclusione è isolata dalle vie
endocitiche ma è fusogena con un sottoinsieme di vescicole di esocitosi che trasportano la
sfingomileina dall'apparato di Golgi alla membrana citoplasmatica. L'azione combinata di funzioni
dell'ospite e del parassita contribuiscono alla formazione dell'inclusione. Lo sviluppo dell'inclusione
matura è accompagnata dall'inserzione di molteplici proteine del microrganismo, ciò suggerisce che le
clamidie modificano attivamente l'inclusione per definire il loro rapporto con la cellula ospite. Infatti,
nonostante le clamidie vivano sequestrate all'interno dell'inclusione esse sono in grado di comunicare
e manipolare la cellula ospite dall'interno della loro nicchia privilegiata. Le clamidie possiedono un
sistema di secrezione di terzo tipo (TTS), che gli consente di trasportare proteine nel citoplasma della
cellula ospite. Probabilmente è lo stesso apparato che consente alla clamidie di acquisire nutrienti dalla
cellula stessa. Le malattie causate dalle clamidie sono basate sull'intensa e cronica infiammazione
provocata e mantenuta dalle reinfezioni o dal cronicizzarsi dell'infezione. Cioè, la malattia è mediata
da una ipersensibilità antigene dipedendente o attraverso un'autoimmunità. Questo paradigma
immunitario è stata la chiave di lettura della patogenesi dell'infezione da clamidie, purtuttavia
l'antigeni e il meccanismo alla base di ciò deve, ancora oggi, essere identificato in maniera
inequivocabile. Recenti studi, condotti in cellule infettate con clamidie, hanno ipotizzato una via
alternativa al paradigma immunitario, nella patogenesi dell'infezione. Cellule non immunitarie
infettate con clamidie producono chemochine proinfiammatorie, citochine, fattori di crescita ed altri
modulatori cellulari. Questa risposta cellulare è alla base dell'ipotesi che i processi infiammatori, nella
patogenesi dell'infezione da clamidie, sono prodotti dalle cellule ospiti infettate e sono necessari e
sufficienti per spiegare l'intensa e cronica infiammazione e per favorire la proliferazione cellulare, la
ricostruzione tessutale e la cicatrizzazione, e la cause ultime delle sequele della malattia.
Un'importante strategia patogenetica che le clamidie hanno sviluppato per promuovere la loro
sopravvivenza è quella di modulare le vie di morte cellulare programmata (vie apoptotiche) nella
cellula ospite. Le clamidie possono indurre la indurre la morte della cellula ospite (apoptosi) in alcune
circostanze o bloccarla in altre.
Ulteriori aspetti del risorto interesse per questi patogeni sono le patologie umane nelle quali sono
coinvolti gli appartenti alle famiglie Parachlamydiaceae, Waddliaceae e Simkaniaceae e lo sviluppo
di resistenze agli antibiotici quali chinoloni e tetracicline e l'eventuale insorgenza di resistenza anche
verso i macrolidi.
11
Sessione
Vettori vaccinali e Nuovi vaccini
Venerdi 26 Maggio
(Mattina)
Moderatori: S. Ripa, N. Carlone
12
Virus ricombinanti come vaccini o vettori vaccinali
Roberto Manservigi
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Diagnostica, Università di Ferrara
L'approccio classico per lo sviluppo di vaccini virali, basato sull'utilizzo di virus inattivato o
attenuato, non ha dato risultati positivi per alcune infezioni, come quelle causate dal virus
dell'immunodeficienza acquisita o dal virus dell'herpes simplex. Risulta pertanto particolarmente
importante la ricerca di nuove strategie di vaccinazione. I virus non replicativi sono mutanti e/o
ricombinanti virali difettivi per una o più funzioni che sono essenziali per la replicazione del genoma
virale o per la sintesi e l'assemblaggio delle particelle virali. Questi virus vengono propagati in linee
cellulari di complementazione, che esprimono il prodotto del gene mancante, e possono infettare
cellule normali, dove si può avere espressione genica in assenza di replicazione virale. Virus non
replicativi sono stati utilizzati sia come vaccini, per infezioni causate dal ceppo wild type, che come
vettori vaccinali, per l'espressione di antigeni eterologhi. I vettori vaccinali possiedono una
caratteristica unica che associa la sicurezza dei vaccini uccisi e l'immunogenicità dei vaccini
attenuati, favorendo l'espressione del prodotto genico all'interno della cellula infettata e la sua
presentazione nel contesto sia dell' MHC di classe I che dell'MHC di classe II. I virus non replicativi
possono funzionare loro stessi da adiuvanti, attivando recettori Toll-like ed altre risposte
dell'immunità innata, ed inoltre possono essere utilizzati per studiare diversi aspetti dell'immunità
acquisita e per approfondire le interazioni fra i due tipi di immunità. I vettori non replicativi basati sul
virus dell'Herpes simplex di tipo 1 (HSV-1) possiedono alcune caratteristiche che li rendono
particolarmente interessanti per lo sviluppo di vaccini innovativi, come la capacità (a) di contenere
fino a 150 kb di sequenze eterologhe e di co-esprimere antigeni multipli, (b) di trasportare antigeni
fusi con proteine del tegumento e/o del pericapside (b) di transdurre efficientemente le cellule
presentanti l'antigene e (d) di indurre entrambe le risposte immuni, umorale e cellulare. I vettori di
HSV-1 utilizzati come vaccini comprendono: (1) ricombinanti di HSV-1, (2) cromosomi artificiali
batterici contenenti il genoma di HSV-1 (HSV-BAC DNA), e (3) particelle pseudovirali di HSV-1
contenenti DNA plasmidico, denominate ampliconi. Diversi studi preclinici hanno dimostrato che
questi vettori sono particolarmente promettenti ed in grado di indurre una forte risposta immune,
umorale e cellulare, nei confronti di infezioni batteriche e virali.
13
Vaccini antiidiotipico ricombinante e a DNA anti-meningococco di gruppo B
W. Magliani1, C. Beninati2, G. Mancuso2, C. Biondo2, S. Conti1, L. Polonelli1, G. Teti2.
Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio, Sezione di Microbiologia, Università degli
Studi di Parma.
2
Dipartimento di Patologia e Microbiologia Sperimentale, Università degli Studi di Messina.
1
Nessun vaccino è al momento disponibile per la profilassi delle infezioni sostenute da Neisseria
meningitidis di sierogruppo B (MenB), responsabile di molti casi di meningite in bambini ed
adolescenti nei Paesi industrializzati. Il polisaccaride capsulare (PC), sulla base del quale vengono
identificati i diversi sierogruppi, rappresenta il principale fattore di virulenza, proteggendo questi
agenti da batteriolisi e fagocitosi mediate dal complemento. L'uso di PC quale immunogeno,
soprattutto dopo coniugazione con proteine, ha consentito di ottenere vaccini efficaci nei confronti dei
sierogruppi A, C, Y e W135, ma non di MenB; PC di MenB, infatti, è scarsamente immunogeno ed è
costituito da polimeri omolineari di acido á(2?8)N-acetil-neuraminico (acido polisialico), simili
(anche se più lunghi) a quelli presenti in molecole di adesione dei neuroni umani e quindi
potenzialmente in grado di indurre autoimmunità. La sostituzione dei gruppi N-acetilici (N-Ac) con
gruppi N-propionilici (N-Pr) ha permesso di ottenere, dopo coniugazione con proteine, un N-Pr-PC
altamente immunogeno, in grado di stimolare in animali la produzione di anticorpi battericidi
proteggenti. Una parte di essi, tuttavia, è costituita da autoanticorpi, i cui effetti sono difficilmente
prevedibili. Con la produzione e l'uso di anticorpi monoclonali (mAb) è stato possibile identificare
almeno due classi di epitopi capsulari, espressi prevalentemente su N-Ac-PC o N-Pr-PC,
rispettivamente, in grado di stimolare la produzione di anticorpi proteggenti cross-reattivi (anti-NAc-PC) o non (anti-N-Pr-PC) nei confronti di cellule umane. Utilizzando un mAb anti-N-Pr-PC (mAb
Seam 3), battericida e non cross-reattivo, mediante un approccio anti-idiotipico ed una metodologia di
phage-display, sono stati prodotti anticorpi anti-idiotipici ricombinanti a singolo filamento (scFv) in
grado di mimare PC di MenB. In particolare, dagli splenociti di topi immunizzati con mAb Seam 3 è
stato purificato mRNA, utilizzato per costruire una libreria anticorpale fagemidica, dalla quale sono
stati selezionati, mediante pannings con mAb Seam 3, due scFv dimostratisi mimare antigenicamente
N-Pr-PC, in quanto in grado di competere con esso per il legame al mAb o ad anticorpi di coniglio
presenti nei sieri usati per la tipizzazione capsulare. Utilizzati quali immunogeni in topi e conigli, tali
scFv hanno stimolato una risposta immunitaria di tipo Th1, caratterizzata dall'instaurarsi di memoria e
dalla produzione di anticorpi (soprattutto IgG2a) reattivi nei confronti di N-Pr-PC e di MenB capsulati
integri, ma non di cellule esprimenti elevati livelli di acidi polisialici (linea di neuroblastoma umano
CHP 212). Il trasferimento passivo di sieri provenienti da animali immunizzati ha conferito a topolini
neonati una significativa protezione nei confronti di infezioni sperimentali altrimenti letali da MenB.
Gli anticorpi prodotti, tuttavia, pur in possesso di attività opsonizzante, non hanno mostrato attività
battericida, un marcatore considerato essenziale per definire la loro capacità immunoprotettiva
nell'uomo. Dopo aver sperimentato diverse strategie, l'inserimento del gene codificante per uno di tali
scFv in opportuni vettori plasmidici ed il suo uso quale vaccino a DNA hanno consentito di aumentarne
l'immunogenicità, ottenendo una soddisfacente risposta anticorpale protettiva, caratterizzata dalla
presenza di anticorpi IgG2a battericidi, specificamente diretti nei confronti di MenB. Approcci
innovativi, quali quello antiidiotipico e della vaccinazione a DNA, sembrano quindi molto promettenti
e potenziali per la produzione di immunogeni proteici, mimanti polisaccaridi capsulari altrimenti
difficilmente ottenibili, potenzialmente efficaci nella prevenzione di importanti malattie sostenute da
MenB e, più in generale, da altri batteri capsulati.
C. Beninati, S. Arseni, G. Mancuso, W. Magliani, S. Conti, A. Midiri, C. Biondo, L. Polonelli, G. Teti.
Protective immunization against group B meningococci using anti-idiotypic mimics of the capsular
polysaccharide. J. Immunol. 172, 2461-2468, 2004.
C. Beninati, A. Midiri, G. Mancuso, C. Biondo, M. Arigò, E. Gerace, S. Papasergi, M. Gambuzza, M.
Boretti, W. Magliani, S. Conti, L. Polonelli, G. Teti. Antiidiotypic DNA vaccination induces serum
bactericidal activity and protection against group B meningococci. J. Exp. Med. 203, 111-118, 2006.
14
Impiego di una Salmonella typhimurium attenuata come veicolo del gene
umano CD40L per un'immunoterapia delle neoplasie linfatiche croniche B
cellulari.
S. Petruzzelli1, L. Contu2, M. Arras2, R. Pompei2,3
Dip. STB, Sezione di Microbiologia Applicata, Università di Cagliari e 2Centro Trapianti, Ospedale
Binaghi Cagliari,3Biotecne, Cagliari
1
Premessa: Il CD40 è un membro dei “tumor necrosis factor” ed è espresso in un ampio range di
cellule. Il ligando naturale del CD40 è una proteina di 33Kd, nota come CD40L. Questa molecola è
espressa transitoriamente su leucociti attivati. Il legame CD40-CD40L dà luogo ad una serie di
reazioni a cascata coinvolte nella risposta immunitaria. Il CD40 è espresso anche dalle cellule B
maligne. In questo caso il legame tra ligando e recettore ha un effetto soppressivo sulla crescita delle
cellule B tumorali, si comporta quindi da “tumor necrosis factor”. Di conseguenza una terapia che
preveda l'utilizzo del CD40L potrebbe rappresentare un potenziale trattamento di queste forme
tumorali. Scopo del presente progetto è quello di sperimentare l'efficacia di una terapia immunogenica
basata sulla somministrazione orale di un ceppo di Salmonella typhimurium attenuata, trasformata con
un vettore di espressione contenente il gene del CD40L.
Materiali e metodi: Le cellule mononucleari del sangue periferico sono state separate dal sangue
venoso usando una centrifugazione in gradiente di densità con Lymphoprep. Sono state messe in coltura
in terreno AIM-V e stimolate per 14 giorni con l'Interleuchina-4 alla concentrazione di 5µg/ml. Da
queste cellule è stato isolato l'RNA totale, retrotrascritto in cDNA, e amplificato con i primers:
Forward: 5'CCG GAA TTC AGC ATG ATC GAA ACA TAC AAC CA. e Reverse: 5'CCG CTC
GAG TCA GAG TTT GAG TAA GCC AAA GG. Dopo l'amplificazione il DNA target è stato clonato
nel vettore di espressione per cellule eucariotiche pVAX1. E' stata utilizzata una Salmonella
typhimurium auxotrofica pho-. E' stata fatta crescere in LB fino ad A600=0,6 , incubata in ghiaccio e
centrifugata. Il pellet è stato risospeso in un volume finale di 200µl di glicerolo 10%. Un'aliquota (40µl)
è stata trasformata con 1ng di DNA (CD40L-pVAX1 clone n°6) con un singolo pulse di 12.5 kV/cm (2.5
kV, 200 O, 25 µF).Dopo l'elettroporazione è stata risospesa in 2ml di terreno SOC, incubata per 1h a
37°C. Varie aliquote sono state piastrate su LB agar ed SS agar. L'esame dell'espressione dell'antigene
CD40L è stata eseguita utilizzando l'anticorpo anti-Human CD40L (CD154). L'esame è stato eseguito
utilizzando una metodica di immunofluorescenza diretta che prevede la coniugazione di una quantità
adeguata di anticorpo monoclonale ad una sospensione di cellule HeLa al buio per circa 20'. Dopo un
lavaggio, le cellule vengono risospese in PBS e analizzate con un FACSCalibur (Becton Dickinson). E'
stato eseguito un controllo costituito da cellule HeLa non trasfettate e trattate con il CD154, quindi
l'analisi delle cellule trasfettate con lipofectamina dopo 24h dalla trasfezione. Sono state analizzate
circa 150000 cellule.
Risultati e conclusioni: Abbiamo clonato il gene umano del ligando CD40 in un vettore di espressione
per cellule eucariotiche il pVAX1. Sono stati sequenziati sei cloni diversi dei quali due mostrano una
sequenza identica a quella della proteina wild type. Abbiamo verificato l'espressione del CD40L su
cellule di derivazione umana trasfettate con il costrutto in nostro possesso. L'espressione e la
localizzazione del CD40L sono state monitorate con un esame citofluorimetrico in cui si evidenziava
che l'8% delle cellule trasfettate mostrava sulla sua superficie il CD40L umano, rispetto ad un controllo
cellule, non trasfettato, che risultva completamente negativo. Abbiamo trasformato con il costrutto
CD40L-pVAX1 un ceppo di Salmonella typhimurium mutante per il gene della phoP. Ottenendo
2.5×106 unità formanti colonie/ml per 1ng di DNA usato nella trasformazione. Abbiamo realizzato degli
esperimenti preliminari in cui questa Salmonella trasformata veniva utilizzata per trasferire dopo
fagocitosi, il costrutto pVAX1-CD40L nei macrofagi di topo J774.
15
Sessione
Sensibilità e resistenze agli
antifungini in Candida
Venerdi 26 Maggio
(Mattina)
Moderatori: V. Tullio, A.T. Palamara
16
Valutazione della sensibilità in vitro agli antifungini:
problemi e soluzioni
V. Tullio, G. Banche, V.Allizond, A. M. Cuffini, N.A. Carlone
Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università di Torino
Uno dei principali problemi della terapia antifungina è lo sviluppo di tecniche standardizzate che
permettano di valutare in vitro la sensibilità agli antimicotici e di determinare la vera significatività
della resistenza clinica a questi farmaci. La valutazione della sensibilità agli antifungini rappresenta
un'esigenza sempre più necessaria per l'aumento della frequenza delle infezioni provocate sia da
lieviti sia da muffe e l'emergenza delle resistenze. Nello studio della sensibilità agli agenti antimicotici
le difficoltà di esecuzione dei test riguardano la preparazione dell'inoculo (nel caso dei funghi
filamentosi si associa anche la scelta delle strutture di fungo da studiare ovvero le ife o i conidi); il tipo
di terreno da utilizzare; la durata dell'incubazione; i criteri di interpretazione; la riproducibilità e la
corrispondenza dei dati in vitro con la risposta clinica. Mentre nei confronti dei lieviti vengono
utilizzati diversi metodi sia in liquido che in solido, secondo le linee guida dell'NCCLS, per quanto
riguarda i funghi filamentosi la valutazione della sensibilità ai farmaci presenta ancora oggi delle
problematiche metodologiche che ne impediscono al momento l'applicazione a tutte le muffe di
rilevanza clinica e la standardizzazione. Vengono presi in esame i saggi più recenti per la valutazione
della sensibilità in vitro agli antifungini (MIC in liquido e in solido, MFC, antimicogramma).
17
Nuove strategie per il superamento della farmaco-resistenza in
Candida albicans
Giovanna Simonetti, Claudio Passariello, Noemi Di Vincenzo, Viviana Sgherri, Antonello Mai,
Anna Teresa Palamara
Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica “G.Sanarelli” e Dipartimento di Studi Farmaceutici
Università di Roma “La Sapienza”
Candida albicans è un fungo opportunista ed è uno dei principali responsabili di infezioni sistemiche,
ad esito infausto, in ambiente nosocomiale. Nel campo della terapia delle infezioni fungine, negli
ultimi dieci anni abbiamo assistito ad un sensibile incremento della resistenza ai farmaci disponibili.
Fra i meccanismi di resistenza, rivestono particolare importanza: la variazione dell'espressione genica
che rende un ceppo endogeno temporaneamente resistente, la conversione morfologica ( lievito/ifa,
switching fenotipico) e la capacità di Candida albicans di formare biofilm. L'elevata capacità di
adattare il proprio fenotipo in base a variazioni delle condizioni ambientali rende particolarmente
interessante lo studio dei meccanismi epigenetici che limitano o favoriscono l'accessibilità del DNA ai
meccanismi di trascrizione, tra cui quelli coinvolti nella regolazione dello stato di acetilazione delle
proteine istoniche.
Inibitori specifici delle istone deacetilasi (HDAC) sono stati largamente proposti come agenti
antitumorali e si sono dimostrati attivi anche su HDAC fungine. Sulla base di queste premesse,
nell'ambito di questo studio, è stata valutata in vitro, in Candida albicans, l'attività di diversi inibitori
di HDAC sulla sensibilità, sull'induzione di resistenza al fluconazolo, sulla formazione di tubi
germinativi e sulla formazione di biofilm.
La valutazione dell'influenza di HDACi sulla sensibilità di C.albicans al fluconazolo ha mostrato una
riduzione dei valori di MIC nei ceppi che mostravano il fenomeno del “trailing” comunemente
osservato con i farmaci azolici. Altamente significativa è risultata l'inibizione dell'induzione di
resistenza in vitro da parte di alcuni degli HDACi testati.
Nella valutazione delle variazioni fenotipiche che determinano, oltre ad un aumento della virulenza,
una aumentata resistenza ai farmaci azolici è stata evidenziata una riduzione della conversione
morfologica lievito-ifa ed una riduzione nella formazione di biofilm, valutata nelle prime sei ore di
formazione.
Lo studio di meccanismi molecolari coinvolti nelle attività biologiche evidenziate ha mostrato una
alterata espressione dei geni CDR1, CDR2, MDR1, CAP1 ed EFG up-regolati nella resistenza e nella
germinazione di C. albicans.
Gli studi effettuati, nel loro insieme, suggeriscono un possibile utilizzo di inibitori di HDAC nella
terapia delle infezioni sistemiche da C.albicans.
18
Comunicazioni Orali
Venerdi 26 Maggio
(Mattina)
Moderatori: M. Cinco, A.M. Speciale
19
Meccanismi di Complemento resistenza in Leptospira
Marina Cinco, Seppo Meri
Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Trieste, 34127 Trieste, Italy.
Introduzione: Le leptospire, agenti eziologici delle leptospirosi, sono microorganismi altamente
invasivi, che danno un'abbondante batteriemia. Ciò indica che hanno sviluppato strategie per eludere
una delle più efficaci difese dell'immunità innata: l'uccisione da Complemento. In uno studio
preliminare (1) avevamo dimostrato che le leptospire attivavano il complemento, ma soltanto le
patogene, e non quelle non patogene, resistevano al siero (NHS). Recentemente abbiamo dimostrato
che esistono tre livelli di siero resistenza: ceppi completamente resistenti, ceppi moderatamente
resistenti e ceppi sensibili (quest'ultimi non patogeni). I ceppi completamente resistenti legano il
fattore H, un importante regolatore della cascata complementare.
In questo studio viene analizzato con maggiore dettaglio il legame del fattore H sulle leptospire
nonché l'espressione della sua attività di “cleavage del C3”; inoltre abbiamo esaminato la via di
attivazione seguita dalle leptospire e la loro capacità di riconoscere altri regolatori del
Complemento, ossia il CD55, la Properdina ed il C4bp, agenti a diversi livelli della cascata
complementare.
Metodi. I saggi di legame del CD55, fattore FH, properdina e C4bp alle diverse leptospire sono stati
fatti mediante Immunofluorescenza ed ELISA. Il legame al fattore H è stato eseguito anche con il
radioimmuno assy e con il “bathing assay”, ossia in presenza di siero-complemento. Il saggio
dell'attività cofattoriale mediate dal fattore H legato alle leptospire è stato eseguito mediante Western
Blot. L via di attivazione del complemento veniva studiata mediante valutazione del legame del C1q,
C4 e proteine MASPs (via classica e MBL). E del C3 (dopo blocco della via classica), mediante
ELISA ed Immunofluorescenza.
Risultati. La mancanza di legame del frammento C1q e C4 nonché delle proteine MASPs ha
dimostrato che le leptospire non attivano il Complemento attraverso la via classica e la via MBL: esse
tuttavia legano il C3 e quindi innescano la cascata complementare mediante la via alternativa.Il
fattore H si lega alle leptospire resistenti e mantiene la sua capacità cofattoriale di clivare il C3b in
frammenti inattivi. Non vi era alcun legame da parte del CD55- regolatore che destabilizza la C3
convertasi; le leptospire complemento sensibili d'altro canto legavano la Properdina, regolatore
derivato dalla via alternativa che promuove la cascata complementare .
In conclusione: le leptospire, sia sensibili che resistenti attivano il complemento attraverso la via
alternativa. La C resistenza è dovuta principalmente alla capacità, dei ceppi resistenti, di legare il
Fattore H, la principale proteina regolatrice della cascata complementare. I ceppi C sensibili non
legano il fattore H, ma riconoscono la Properdina, che contribuisce alla stabilizzazione della C3
convertasi alla superficie batterica.
- (1) Marina Cinco and Elena Banfi. Activation and Bactericidal activity of Complement by
leptospires. Zbl. Bakt. Hyg. I. Abt. Orig. A 254,261-265,1983.
- (2) Meri T, Murgia R, Stefanel P, M eri S and M. Cinco. Regulation of Complement activation
at the C3 level by pathogenic leptospires. Microb.Pathog. 2005 Oct;39(4):13
20
Meccanismi di patogenicità di Corynebacterium urealyticum
Daria Nicolosi, Cinzia Quattrocchi, Rossella Timpanaro
Dipartimento di Scienze Microbiologiche Università di Catania
INTRODUZIONE: Corynebacterium urealyticum è una specie lipofila, che sostiene una caratteristica
patologia delle vie urinarie, localizzata a vari livelli, in cui sulla mucosa si depositano cristalli di
struvite: Mg(NH4)PO4.6H2O (fosfato ammonio-magnesiaco esaidrato), per cui si parla di pielite
incrostata o di cistite incrostata. Tale fenomeno è correlato con la spiccata capacità di produrre ureasi,
enzima che scinde l'urea con produzione di ioni ammonio i quali alcalinizzano le urine, favorendo
quindi la precipitazione dei cristalli di struvite. Altri batteri uropatogeni possiedono analoga
caratteristica di produrre ureasi (soprattutto le specie di Klebsiella e di Proteus), ma i calcoli che essi
possono provocare non si depositano sulla superficie delle vie urinarie.
Lo studio dei meccanismi di patogenicità si propone di verificare l'ipotesi di lavoro che la cistite o la
pielite incrostata prodotte da Corynebacterium urealyticum siano dovute alla concomitanza di due
fattori: 1) spiccata produzione di ureasi che si estrinseca a immediato contatto delle cellule della
mucosa urinaria; 2) maggiore adesività per le cellule uroepiteliali rispetto ad altri batteri responsabili
di infezioni urinarie (ma non di cistite o pielite incrostata).
METODI: Abbiamo studiato alcune caratteristiche di Corynebacterium urealyticum in paragone sia
con altri batteri uropatogeni produttori di ureasi (Proteus mirabilis e Klebsiella pneumoniae) e non
produttori (Escherichia coli) sia con due altre specie di Corynebacterium, entrambe produttrici di
ureasi: Corynebacterium pseudodiphtheriticum e Corynebacterium riegelii.
Abbiamo utilizzato:
- 3 ceppi di Corynebacterium urealyticum di recente isolamento e 3 ceppi di collezione;
- 1 ceppo di collezione di Corynebacterium pseudodiphtheriticum;
- 1 ceppo di collezione di Corynebacterium riegelii;
- 2 ceppi di Escherichia coli, inseriti in questo studio per saggiarne l'adesività alle cellule vescicali;
- 2 ceppi di Klebsiella pneumoniae e 2 ceppi di Klebsiella oxytoca;
- 2 ceppi di Proteus mirabilis.
Gli 8 enterobatteri uropatogeni sono stati tutti isolati da casi di cistite clinicamente accertata.
RISULTATI: L'attività ureasica è stata quantificata col metodo di Berthelot modificato. La
determinazione dell'ureasi ha evidenziato come il ceppo maggiormente produttore sia il
Corynebacterium riegelii; tuttavia questa specie, pur provocando infezioni urinarie, non dà la cistite o
la pielite incrostata e ciò, con ogni probabilità, è da mettere in relazione con la sua bassa adesività alle
cellule uroepiteliali. Immediatamente dopo si collocano i sei ceppi di Corynebacterium urealyticum;
si è potuto anche osservare come i tre ceppi selvaggi abbiano una produzione di ureasi piuttosto
costante tra loro.
L'adesività è stata studiata su una linea cellulare HT 1376 proveniente da un carcinoma vescicale
umano. Per ogni campione sono stati ripresi 3 campi microscopici diversi e le immagini ottenute sono
state sottoposte ad un programma computerizzato di analisi delle immagini (Image Scan Pro) capace
di contare i pixel che costituiscono le singole cellule batteriche o i loro ammassi adesi alle cellule
uroepiteliali. I risultati ottenuti dimostrano come il maggior numero di batteri adesi alle cellule
uroepiteliali sia quello relativo ai sei ceppi di Corynebacterium urealyticum rispetto a quello di
controllo rappresentato dagli altri batteri.
CONCLUSIONI: Si è partiti dall'ipotesi di lavoro che le patologie urinarie incrostate prodotte da
Cory-nebacterium urealyticum siano dovute alla sua spiccata produzione di ureasi che si estrinseca a
immediato contatto delle cellule uroepiteliali, per le quali questa specie possiede una maggiore
adesività rispetto ad altri batteri responsabili di infezioni urinarie. I dati ottenuti sembrano dimostrare
tale ipotesi, anche se non è possibile escludere l'intervento di ulteriori meccanismi capaci di potenziare
tali effetti patologici.
21
Impiego del QuantiFERON-TB Gold come strumento di diagnosi
immunologica nelle infezioni da Mycobacterium tuberculosis
Bua A1., Molicotti P1., Delogu G2., Mura M.S3., Saba F3., Vertuccio C4., Sechi L.A1., Zanetti S1.
Dipartimento Scienze Biomediche, Università di Sassari, 2Istituto Microbiologia Università
Cattolica di Roma, 3Istituto di Malattie Infettive Università di Sassari, 4A.S.L. n°3 Nuoro
1
Introduzione: La Tubercolosi (TB) è un'emergenza globale (1). Lo sviluppo di sistemi di diagnosi
sensibili e specifici per individuare soggetti venuti a contatto con Mycobacterium tuberculosis è più
che mai necessario. Nel 2003 la Food and Drug Administration ha approvato l'utilizzo del
“QuantiFERON-TB Gold” un test diagnostico in vitro che misura l'IFN-gamma rilasciato dai linfociti
T sensibilizzati, dopo incubazione con gli antigeni specifici del bacillo tubercolare (2) ESAT-6 e CFP10 importanti target della risposta immunitaria cellulo-mediata della tubercolosi (3,4).
Obiettivo: Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di valutare l'efficacia del QuantiFERON-TB Gold
come sistema di diagnosi immunologica nell'infezione da M. tuberculosis, su 72 campioni di sangue
divisi in 5 gruppi (gruppo n°1:16 soggetti sani ma con PPD+; gruppo n° 2: 14 soggetti con infezione
recente ed attiva da M. tuberculosis in terapia da meno di 30 giorni; gruppo n°3: 32 soggetti con
sospetto TB; gruppo n°4: 2 soggetti vaccinati con BCG da almeno 1 anno nei quali si è osservata una
conversione; gruppo n°5: 8 soggetti con HIV+).
Metodi: Ogni campione di sangue è stato stimolato con gli antigeni ESAT-6 e CFP-10 e con due
soluzioni di controllo, il giorno seguente è stato raccolto il plasma ed eseguito l'immunosaggio per il
dosaggio dell'IFN-gamma.
Risultati: Nel I° gruppo 9 campioni sono risultati positivi e 7 negativi; nel II° gruppo 9 campioni
positivi ed 1 negativo e 4 indeterminati; nel III° gruppo 14 campione positivi, 16 negativi, 2
indeterminati; nel IV° gruppo 2 campioni negativi; nel V° gruppo 6 campione negativi ed 2
indeterminati.
Conclusioni: I nostri dati indicano che QuantiFERON TB Gold è specifico nell'individuare soggetti
venuti a contatto con M. tuberculosis e che il suo impiego con le tradizionali tecniche diagnostiche,
potrebbe contribuire a migliorare l'accuratezza della diagnosi dell'infezione tubercolare.
Bibliografia:
1) World Health Organization. 2000. Tuberculosis, Fact sheet no. 104 (Online)
2) Sorensen AL, Nagai S, Houen G, Andersen P, Andersen AB.
Purification and characterization of a low-molecular-mass T-cell antigen secreted by Mycobacterium
tuberculosis. Infect Immun. 1995; 63:1710-7.
3) Ravn P, DemissieA, Eguale T, et al.
Human T cell responses to the ESAT-6 antigen from Mycobacterium tuberculosis.
J infect Dis. 1999. 179: 637-45.
4) Ulrichs T, Munk ME, Mollenkopf H, et al.
Differential T cell responses to Mycobacterium tuberculosis ESAT-6 in tuberculosis patients and
healthy donors.
Eur J Immunol. 1998. 28: 3949-58.
22
Ruolo eziologico del M. avium subsp. paratuberculosis nel morbo di Crohn
Paola Molicotti, Silvia Ortu, Alessandra Bua, Sara Cannas, Donatella Usai, Antonio Scanu*,
Leonardo Sechi, Stefania Zanetti
Dipartimento di Scienze Biomediche, Sezione di Microbiologia Clinica e Sperimentale, Università
di Sassari V.le San Pietro 43/b; *Clinica Chirurgica, Università di Sassari, V.le San Pietro 43
Introduzione: Il Morbo di Crohn è una malattia infiammatoria intestinale a carattere cronicorecidivante, che può colpire qualsiasi tratto dell'apparato digerente dell'uomo.
La malattia è più frequente nei paesi più industrializzati e la sua incidenza è particolarmente
aumentata negli ultimi 50 anni. In Italia si stima una prevalenza di circa il 50-55 dei casi/100.000
abitanti. L'età maggiormente colpita dalla malattia è quella giovanile (15-25 anni), sebbene si
riconosca un secondo picco di incidenza in età più avanzata ( 50-70 anni), con una maggiore
prevalenza nel sesso maschile.
Nel 1913 Dalziel evidenziò una similarità clinica e anatomo-patologica tra questa patologia e la
malattia di Jonhe; quest'ultima è responsabile negli animali, di una enterite cronica granulomatosa
con diarrea persistente e progressivo dimagrimento e morte dell'animale infetto.
L'agente eziologico della malattia di Johne è il M. paratuberculosis e data la somiglianza tra
questa malattia e il MdC vi è una forte propensione, da parte di molti ricercatori, sulla possibilità
di un coinvolgimento del MAP anche nell'uomo.
Il Mycobacterium avium paratuberculosis è un membro della famiglia del Mycobacterium avium
complex, batteri ampiamente distribuiti nell'ambiente e considerati non patogeni salvo il caso in
cui l'ospite sia immunocompromesso.
Il MAP è un batterio aerobio, bastoncellare, di piccole dimensioni, patogeno obbligato, di difficile
isolamento con tempi lunghi di replicazione (8-16 settimane); inoltre l'incapacità di produrre
siderofori chelanti il ferro, impone l'aggiunta nei terreni di coltura di un fattore “ Mycobactin J”
che svolge un' azione vicariante come sideroforo. Una peculiarità di questo microrganismo è la
difficile osservazione al microscopio ottico previa colorazione di Zihel Neelsen determinata dalla
sua capacità di dare origine a forme sferoplastiche “cell-wall deficient”
Metodi : sono state analizzate 150 biopsie ileali di pazienti affetti da Crohn e inviate dalla Clinica
Chirurgica dell'Università di Sassari.
Tutte le biopsie dopo essere state trattate con i metodi convenzionali, sono state inoculate sia nel
terreno a fluorescenza MGIT contenente Mycobactin J (Bactec MGIT 960) che nel terreno
Herrold's. L'identificazione è stata eseguita con la PCR utilizzando come sonda la IS900, specifica
per il MAP.
Risultati: delle 150 biopsie esaminate, 37 sono risultate positive al solo colturale, 22 solamente
alla PCR e in 30 biopsie c'è stata una concordanza del colturale e della PCR.
I tempi di isolamento, sebbene più lunghi di quelli previsti per M. tuberculosis, con il MGIT sono
stati notevolmente accorciati con una media di circa 6 settimane, al contrario degli Herrold's che
hanno rispettato i tempi previsti di 8 e più settimane. Il MGIT (37 positivi) ha mostrato una
maggiore sensibilità rispetto all'Herrold's (14 positivi)
Sono stati identificati con la PCR IS900, eseguita su tutte le biopsie, 50 M. paratuberculosis mentre
16 ceppi cresciuti sia su MGIT che Herrold's non sono stati ancora identificati.
Conclusioni: L'isolamento di M. paratuberculosis presenta numerose difficoltà dovute soprattutto
ai tempi lunghi di crescita e alla difficile osservazione su microscopia ottica.
Sebbene l'ipotesi di un suo ruolo nel morbo di Crohn sia ancora in attesa di una risposta definitiva
i nostri dati hanno dimostrato l'esistenza di questo microrganismo nel 34,4 % delle biopsie ileali da
noi esaminate suffragando questa origine eziologica.
23
Sessione
Consorzi microbici e biofilm:
importanza nell'ambiente
e nelle malattie infettive.
Venerdi 26 Maggio
(Pomeriggio)
24
Biofilm microbici: una review di lavori recenti
Riccardo Tombolini
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche, Università di Cagliari
Nella formazione dei biofilm microbici si distinguono alcune fasi che possono essere considerate
come gradi successivi di differenziazione. Trasporto dei batteri su una superficie, attacco
reversibile, coinvolgimento di prodotti esocellulari per l'attacco irreversibile, aggregazione di
microrganismi di varie specie, crescita (maturazione) e distacco di singole cellule o di frammenti
di biofilm. Alcuni aspetti di questi processi saranno descritti alla luce di recenti acquisizioni in
letteratura, in particolare sull'effetto del distacco meccanico in funzione del grado di maturazione
del biofilm, l'effetto biofilmogeno degli antibiotici, il ruolo del substrato, il ruolo di molecole
segnale (autoinduttori) sulla sua maturazione e il diverso pattern di espressione genica rispetto alla
modalità di crescita planctonica.
I campi di indagine dove i biofilm microbici assumono sempre maggiore importanza sono molto
vari. Verranno presentati alcuni sistemi sperimentali di interesse ambientale e i progressi fatti nelle
metodologie per lo studio dei biofilm.
25
Biofilm microbici e Stato Vitale Non Coltivabile (VBNC): comportamenti
dinamici in Helicobacter pylori per affrontare lo stress ambientale
Luigina Cellini
Dipartimento di Scienze Biomediche - Facoltà di Farmacia - Università “G. d'Annunzio”- Via dei
Vestini 31, 66100 Chieti. E-mail: [email protected]
La risposta dei microrganismi allo stress ambientale si esprime attraverso comportamenti dinamici
finalizzati al raggiungimento delle migliori condizioni per l'adattamento. L'acquisizione dello Stato
Vitale non Coltivabile (VBNC) e la formazione di Biofilm rappresentano valide strategie
microbiche adottate per rispondere agli insulti ambientali.
E' noto che il Biofilm, consorzio organizzato di microrganismi inclusi in una matrice idratata, sfrutta i
vantaggi della “libera multicellularità” per coordinare, attraverso la secrezione di molecole di segnale,
l'espressione di geni che modulano, in relazione alla densità di popolazione, le dimensioni e le
caratteristiche della comunità (Costerton JW et al. Ann Rev Microbiol. 49:711-745, 1995; Watnick P
and Kolter R J Bacteriol. 185:2675-2679, 2000).
Lo stato VBNC, si associa a modificazioni morfologiche e trascrizionali che si traducono in un nuovo
fenotipo capace di conservare eventuali fattori di virulenza presenti nella cellula vegetativa (Lleo MM
et al. J Appl Microbiol. 91:1095-1102, 2001; Colwell RR and Huq A (1994) In: Vibrio cholerae and
cholera: molecular to global perspectives. pp. 117-133. Washington DC-ASM). I batteri nello stato
VBNC sono assimilabili alla sub-popolazione dei persister che costituisce quella parte del Biofilm
eterogeneo che contribuisce all'instaurarsi della tolleranza agli antibiotici (Lewis K Biochemistry
70:267-274, 2005).
Helicobacter pylori, microrganismo mutevole, caratterizzato da un marcato comportamento
dinamico di popolazione, è capace di esprimere autentiche strategie per sopravvivere all'interno e
all'esterno dell'ospite. Infatti, risponde allo stress provocato da tensioni di ossigeno non permissive,
concentrazioni sub-inibenti di farmaco e prolungata incubazione con l'acquisizione di un morfotipo
coccoide, VBNC, capace di “resuscitare” in appropriati modelli sperimentali. Lo stato VBNC è la
condizione protetta attraverso cui H.pylori persiste all'esterno dell'ospite rappresentando un
significativo veicolo di trasmissione.
Il morfotipo coccoide VBNC di H.pylori costituisce la popolazione sessile prevalente nel Biofilm
maturo ottenuto su superfici di polistirene. H.pylori è, infatti, in grado di formare cluster di cellule,
immersi in abbondante matrice dopo 2 giorni di incubazione. In questa fase si registra la massima
espressione del gene luxS coinvolto nel Quorum-Sensing microbico.
Osservazioni effettuate ex vivo su biopsie gastriche confermano la presenza di aggregati batterici in
cui l'espressione del gene luxS non rappresenta un target significativo per rilevare Biofilm di H.pylori.
Altri fattori dell'ospite come il sistema immunitario, la dieta e fattori ambientali potrebbero modulare
il sistema di signalling nel tentativo di raggiungere l'equilibrio ospite-parassita.
26
Biofilm e tolleranza agli antimicrobici: attività di estratti
vegetali su comunità sessili di Stafilococchi
Antonia Nostro
Dipartimento Farmaco-Biologico, Sezione Microbiologia. Università degli Studi di Messina Viale
S.S. Annunziata 98168 Messina.
E-mail: [email protected]
Il ruolo del biofilm nella patogenesi delle infezioni stafilococciche è oggi ampiamente documentato.
Il processo di formazione del biofilm negli Stafilococchi è alquanto complesso e multifattoriale e si
compone di almeno due fasi: adesione ad una superficie e produzione di sostanza extracellulare di
natura polisaccaridica “slime” che ricopre e protegge i batteri dall'attacco degli antibiotici e del
sistema immunitario (Dunne WM Clin Microbiol Rev 15:155-166, 2002).
La più allarmante conseguenza clinica della formazione di biofilm è l'instaurarsi di una tolleranza agli
antimicrobici. L'effetto di adsorbimento aspecifico dell'antibiotico da parte della matrice
polisaccaridica, la sua mancata o ridotta diffusione attraverso il biofilm e profondi cambiamenti
fisiologici dei batteri in forma sessile, sono alcune delle condizioni che ne determinano l'insorgenza
(Mah TC and O'Toole GA. Trends Microbiol 9:34-39, 2001).
E' chiara, quindi, la necessità di mettere a punto strategie di controllo e ritrovare nuove molecole
efficaci nell'inibire la formazione di biofilm e/o capaci di attraversare o disgregare la matrice
polisaccaridica prodotta dai microrganismi.
Negli ultimi anni la comunità scientifica ha mostrato un crescente interesse verso lo studio delle
proprietà biologiche di molecole naturali. Le piante medicinali, usate da decenni nella medicina
tradizionale come rimedi per le malattie umane, rappresentano una preziosa fonte di metaboliti
secondari. Tra i principali fitocomposti isolati ritroviamo fenoli, polifenoli, flavonoidi, tannini e
terpenoidi. Tuttavia, mentre, esiste un'ampia letteratura che documenta la loro attività antimicrobica
specifica su ceppi di peculiare rilevanza per patogenesi e suggerisce il loro possibile ruolo nel
trattamento delle infezioni, scarse sono le conoscenze riguardanti i loro effetti sui biofilm batterici
(Knowles et al. Appl Environ Microbiol 71: 797-803, 2005; Niu C and Gilbert ES, Appl Environ
Microbiol 70: 6951-6956, 2004; Perez-Giraldo et al. J Appl Microbiol 95, 709-711, 2003).
Recenti nostri studi descrivono l'attività di composti naturali di origine vegetale su comunità sessili di
isolati clinici di Staphylococcus aureus e Staphylococcus epidermidis, caratterizzati mediante
individuazione di alcuni geni (icaA e icaD) coinvolti nella formazione del biofilm, rilievo della
produzione di slime (CRA test) e analisi quantitativa del biofilm sviluppato su micropiastre in
polistirene. Gli effetti di tali composti, valutati su biofilm in formazione e preformato, con diverso
grado di maturità, documentano inibizione della biomassa adesa e della vitalità batterica, confermata
da studi ultrastrutturali della morfologia (SEM).
27
Comunicazioni Orali
Venerdi 26 Maggio
(Pomeriggio)
Moderatori: V. Nicolosi, F. Pizzimenti
28
Attività antivirale di un derivato del glutatione in un modello sperimentale di
cheratite erpetica nel coniglio
R. Sgarbanti1, L. Nencioni1, G. Macrì2, C. Nucci2, U. Benatti3, M. Magnani4, E. Garaci5 A. T.
Palamara1
1
Dip. Scienze Sanità Pubblica “G. Sanarelli”, Univ. di Roma “La Sapienza”; 2Dip. di Biopatologia,
Ottica Fisiopatologica, Univ. di Roma “Tor Vergata”, 3Dip. Med. Sper. Sez. Biochimica, Univ. di
Genova, 4Ist. di Biochimica, Univ. di Urbino, 5Dip. Med. Sperimentale e Sc. Biochimiche, Univ. di
Roma “Tor Vergata”.
Numerosi dati hanno dimostrato il coinvolgimento dello stress ossidativo nella patogenesi delle
infezioni virali. Diversi tipi di virus, quali parainfluenzale-1 Sendai (SV), herpes simplex-1 (HSV-1)
HIV, infatti, provocano una variazione dello stato redox intracellulare in senso pro-ossidante mediante
la deplezione di glutatione ridotto (GSH), principale antiossidante intracellulare.
E' noto che molte sostanze antiossidanti inibiscono la replicazione virale attraverso diversi
meccanismi d'azione. In nostri precedenti studi, infatti, abbiamo dimostrato che la somministrazione
di GSH esogeno previene la diminuzione del GSH intracellulare e inibisce significativamente la
replicazione virale di differenti virus a RNA e DNA sia in vitro che in vivo. Tuttavia, a causa della sua
breve emivita in circolo e della sua scarsa capacità di attraversare come tale la membrana cellulare,
sarebbero necessarie somministrazioni di alte concentrazioni di GSH per ottenere un effetto biologico.
Per superare questi problemi è stato suggerito l'utilizzo di molecole analoghe al GSH ma
chimicamente modificate al fine di incrementare la loro proprietà antivirale. In particolare, abbiamo
recentemente dimostrato che il derivato butanoile (GSH-C4), con aumentate proprietà idrofobiche, è
in grado di inibire con maggiore efficacia del GSH, la replicazione del virus SV e HSV-1 in vitro.
Obiettivo del nostro studio è stato quello di valutare l'attività antivirale del GSH-C4 in un modello
sperimentale in vivo di cheratite erpetica.
A tal fine è stata valutata l'efficacia del GSH-C4 somministrato topicamente in conigli infettati per via
congiuntivale con virus erpetico HSV-1. Per l'infezione, l'epitelio corneale, precedentemente
scarificato, è stato inoculato con 2x105 pfu/ml di HSV-1. Successivamente, è stato somministrato
GSH-C4, 100 l/occhio in soluzione fisiologica, alla concentrazione di 150 mM quattro volte al giorno
per dieci giorni. Il gruppo di controllo è stato trattato con 100 l/occhio di soluzione fisiologica. La
valutazione clinica del coinvolgimento corneale e congiuntivale è stata determinata mediante
l'utilizzo della fluoresceina e della lampada a fessura con filtro blu di cobalto. Il titolo congiuntivale e
corneale virale è stato valutato quattro giorni dopo l'infezione mediante la TCID50.
L'esame clinico ha dimostrato che il trattamento con GSH-C4 risultava efficace nel ridurre la gravità e
la progressione della cheratite e della congiuntivite. Inoltre, negli animali trattati con GSH-C4 il titolo
congiuntivale virale risultava significativamente ridotto rispetto al gruppo di controllo (1.4x103
unità/ml vs 1.1x105 unità/ml, n=10 per gruppo). Risultati analoghi erano ottenuti misurando il titolo
virale corneale di animali trattati e non con GSH-C4 (3.5x103 unità/ml vs 8.5x105 unità/ml, n=5 per
gruppo).
I risultati ottenuti dimostrano l'efficacia antivirale del GSH-C4 in vivo e suggeriscono che il GSH-C4,
somministrato per via topica, potrebbe esse utilizzato da solo o in combinazione con i comuni farmaci
antivirali nella terapia della cheratite indotta da HSV-1.
29
La vaccinazione con vettori erpetici di tipo “amplicone” è in grado di indurre
un'immunità protettiva nei confronti di un challenge letale intravaginale nel
modello murino
M. Manservigi, M.P. Grossi, R. Argnani, P.G. Balboni, G. Cusi, R. Manservigi e P. Marconi,
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Diagnostica, Sezione di Microbiologia, Università di
Ferrara
Introduzione. Vettori non replicativi basati sul virus dell'Herpes simplex di tipo 1 (HSV-1) si sono
dimostrati particolarmente promettenti come vaccini e vettori vaccinali. Fra questi gli ampliconi
rappresentano un approccio unico in quanto il genoma dell'amplicone è costituito da copie multiple di
DNA plasmidico che favoriscono un' espressione amplificata del gene clonato. Inoltre le proprietà
pantropiche della particella vettoriale permettono la transduzione di un ampio spettro cellulare,
comprese le cellule dendritiche. I vaccini basati sull'amplicone sembrano possedere le migliori
proprietà di entrambi i tipi di vettori: virali e non virali. Per esaminare l'utilità degli ampliconi
nell'immunizazione genica sono stati condotti esperimenti di prime-boost, nel modello murino, con
un plasmide che esprime la glicoproteina D di membrana di HSV-2 (mgD2) e con un amplicone che
esprime una forma solubile della gD2 (sgD2), mancante della regione di transmembrana. Gli animali
sono stati poi infettati intravaginalmente con un ceppo letale di HSV-2 ed è stata analizzata la risposta
immune umorale e cellulare.
Metodi. Gruppi di topi Balb/c sono stati immunizzati una prima volta (priming) con il plasmide pCmgD2 (50 g i.m.) o con il vettore vAmp-sgD2 (106 TU i.d.) ed una seconda volta dopo tre settimane
(boosting) con il vettore vAmp-sgD2 (106 TU i.d.). Due settimane dopo il prime ed il boost è stato fatto
un prelievo di sangue ed un lavaggio vaginale; mentre prima del challenge, in alcuni topi per ciascun
gruppo, è stata prelevata la milza. La risposta immune umorale e cellulare è stata analizzata mediante
ELISA, saggio di neutralizzazione, presenza di IFN-gamma e IL-2.
Risultati. Le sequenze codificanti la mgD2 e la sgD2 sono state clonate rispettivamente nel plasmide
pC-DNA e nell'amplicone plasmide pAmp e l'espressione delle due forme proteiche è stata
confermata in Western blot. Il plasmide pAMP-sgD2 è stato poi cotrasfettato con un DNA helper,
contenente il genoma di HSV-1, (HSV-1-BAC), in cellule di packaging per ottenere il vettore
amplicone (vAMP-sgD2). Dieci gruppi di topi sono stati immunizzati due volte a tre settimane di
distanza con varie combinazioni di pC-DNA e vAMP (controllo negativo), pC-mgD2, vAMP-sgD2 e
una sola volta con un ceppo attenuato di HSV-1 (controllo positivo). Campioni di siero sono stati
analizzati per la presenza di IgG totali dopo tre settimane dal boost. I topi immunizzati una prima volta
con pC-mgD2 o con vAMP-sgD2 ed una seconda con vAMP-sgD2 hanno evidenziato un livello di
anticorpi simile agli animali vaccinati con un ceppo attenuato di HSV-1 e molto più elevato rispetto a
quelli vaccinati un'unica volta con pC-mgD2 o vAMP-sgD2. Gli stessi due gruppi di topi
producevano una quantità rilevabile di anticorpi neutralizzanti. Il livello di IL-2 e IFN-gamma
rilasciato da splenociti, in seguito a stimolazione con HSV-2 inattivato, si è dimostrato più elevato nei
topi dove è stato utilizzato come prime pC-mgD2 e boost vAMP-sgD2, rispetto agli altri gruppi di
animali immunizzati con diverse combinazioni di vettori. Tutti topi sono stati infettati per via
intravaginale con 20LD50 del ceppo G di HSV-2 e controllati per quattro settimane per la comparsa di
sintomi e la morte. Tutti gli animali dei gruppi vaccinati con i vettori di controllo sono morti entro 9-12
giorni dall'infezione, mentre il 90% degli animali immunizzati con prime pC-gD2 o vAMP-sgD2 e
boost vAMP-gD2 sono sopravvisuti.
Conclusioni. L'immunizzazione con prime DNA e boost amplicone o con prime amplicone e boost
amplicone è stata in grado di indurre una risposta umorale e cellulare anti gD2, protettiva nei confronti
di un'infezione letale da HSV-2.
Ringraziamenti
Questa ricerca è stata condotta con un finanziamento MIUR-PRIN 2005
Bibliografia
Epstein AL, Marconi P, Argnani R and Manservigi R. (2005). HSV-1 derived recombinant and
amplicon vectors for gene transfer and gene therapy. Curr Gene Ther., 5, 445-448
30
Papilloma virus umani (HPV).
Diagnosi mediante PCR multiplex e rivelazione su chip
C. Lauteriob, G.Costa Marrasa, T.Pisanub, M.Marinia, M.G. Murtasc, M.Raisd, A. De Montisa
Unità di Ricerca e Sviluppo della bcs Biotech S.p.A, Cagliari - Italia
b
Laboratori di produzione della bcs Biotech S.p.A, Cagliari - Italia
c
Resp.UOS Presidio Ospedaliero Oncologico “A.Businco” ASL8, Cagliari - Italia
d
Resp.UOC Presidio Ospedaliero Oncologico “A.Businco” ASL8, Cagliari - Italia
a
La necessità di razionalizzare la spesa sanitaria senza tuttavia ridurre le prestazioni diagnostiche
spinge sempre più la ricerca applicata verso lo studio di soluzioni rapide, affidabili ed estremamente
informative. In tale contesto si inserisce il presente lavoro, dedicato allo sviluppo di una piattaforma
su chip in grado di rivelare la presenza di Papilloma Virus Umani (HPV) in campioni biologici, con
particolare interesse verso quelli che possono infettare le mucose ano-genitali, suddivisi sulla base
delle potenzialità oncogene in due grandi gruppi: i virus a basso potenziale oncogeno (Low Risk) e
virus ad alto-medio potenziale oncogeno (High Risk). Da tempo è provata la stretta correlazione
etiologica tra le lesioni preneoplastiche e neoplastiche della cervice uterina ed il virus HPV: sequenze
di virus High Risk sono state evidenziate nel 95% dei casi di carcinoma invasivo1-4. Il genoma del
virus è costituito da una doppia elica di DNA di 8 chilobasi in cui sono distinguibili in senso orario 3
regioni: una regione a monte (URR) con funzione di regolazione i cui geni sono preposti al controllo
in cis del processo di trascrizione e replicazione; una regione (E1-E2- E4-E5-E6-E7) “ early open
reading frame “ codificante per proteine coinvolte nella trans-attivazione di trascrizione,
trasformazione e replicazione; una regione (L1-L2) “ late open reading frame “ codificante per
proteine strutturali e coinvolta nel processo di maturazione virale. Le oncoproteine E6 e E7 formano
complessi con proteine di inibizione tumorale dell'ospite preposte alla regolazione dei livelli di p53 e
Rb, inattivandole e alterando il controllo del ciclo cellulare 5-6. Sulla base della sequenza L1 sono stati
caratterizzati oltre cento genotipi di HPV, all'interno di ciascuno dei quali esistono vari sottotipi,
diversi l'uno dall'altro per il 2%-10% del genoma. L'integrazione del DNA virale nel genoma cellulare
può avvenire in una fase tardiva della storia naturale dell'infezione e spesso coincide con la
trasformazione in senso tumorale della cellula. Tale integrazione può comportare la perdita di zone
più o meno ampie del genoma virale e soprattutto se questa avviene a livello del gene L17-8, unico
bersaglio dei test commerciali (PCR), risulta difficoltoso l'iter diagnostico e il follow-up dei casi
positivi. La minima regione che è risultata sempre presente anche dopo l'integrazione del virus nel
genoma cellulare corrisponde a parte della regione URR e alle regioni E6 e E79-10. Nel caso di
integrazione, inoltre, l'infezione passa da produttiva a latente con una forte riduzione della carica
virale e quindi dei marcatori genici oggetto di eventuali test. Inoltre, spesso l'estrazione non
appropriata del DNA dal campione biologico, specie se paraffinato, comporta diagnosi negative, non
per la effettiva assenza del virus ma, per la parziale degradazione del DNA o per l'inibizione della
reazione di amplificazione genica.
Obiettivi. Il nostro studio ha avuto come obiettivo lo sviluppo di un test miniaturizzato (chip) per la
contemporanea amplificazione e rivelazione di sequenze HPV, riferibili alla regione L1 e alla regione
E6/E7 dei tipi HR, e di sequenze d i b-globina umana. Tali bersagli genici sono stati individuati al fine
di poter classificare il genotipo virale, ed escludere la presenza di falsi negativi dovuti all'eventuale
integrazione del virus o alla non corretta estrazione dell’acido nucleico dalla matrice di partenza.
Materiali e metodi. Opportune concentrazioni di sonde complementari a 24 bersagli genici sono
state deposte su un supporto plastico opportunamente trattato e ad esso ancorate in predeterminate
posizioni. Le sonde rappresentano: 1) sequenze complementari alle regioni L1 di 19 tipi HPV di cui
14 HR (16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58, 59, 68,73) e 5 LR (6, 11, 42, 43, 44) , 2) pool di
sequenze complementari che individuano la regione E6/E7 dei principali tipi ad alto medio/rischio
oncogeno, 3) sequenze complementari ad un frammento di circa 170 pb della â-globina umana. Un
ulteriore sonda è inserita come controllo di ibridazione e serve per monitorare la fase di rivelazione su
chip. La lettura del chip e l'elaborazione della diagnosi avvengono mediante un lettore ed un software
dedicati.
31
Il sistema è stato validato impiegando controlli positivi sintetici, clonati sequenziati ottenuti inserendo
3.5 kb del genoma HPV in un ceppo competente di E.coli, e su campioni reali, paraffinati, freschi o
congelati di cui era stata già eseguita una caratterizzazione mediante altre tecniche molecolari o
mediante ibridazione in situ. Lo studio è stato condotto utilizzando diversi sistemi di estrazione tra i
quali: il Prodect®HPV Extraction Kit della bcs Biotech S.p.A. che consente di trattare anche campioni
inclusi in paraffina e il kit High Pure Viral della Roche.
Risultati. La specificità media delle sonde è risultata del 96.5% con una sensibilità analitica media
impiegando controlli sintetici pari a 0.00125 ng/ml di sequenza complementare e a 5x103-103 copie
equivalenti a seconda del clonato a partire dalla fase di estrazione, mentre tra 5x102 - 102 copie se si
parte direttamente dalla fase di amplificazione. Per quanto riguarda i campioni clinici sono stati testati
116 campioni, tutti caratterizzati da una certa displasia o con diagnosi di ASCUS e analizzati per la
presenza della regione L1 di HPV in precedenza, di questi 44 erano risultati positivi e 72 negativi. Di
tutti i DNA estratti da campioni certi positivi è stata riconfermata la positività, di questi 16 avevano un
infezione singola LR, 20 avevano infezioni multiple, di cui la metà con virus HR, e 8 presentavano
infezioni singole con tipi HR. Per tutti i campioni era osservabile lo spot riferito all'amplificazione
della b-globina e quello riferito al controllo di ibridazione. Dei 72 campioni classificati inizialmente
come negativi, con metodi diretti solo sulla regione L1, in realtà solo 56 hanno confermato la
negatività, 8 non presentavano il controllo per la b-globina umana e dunque potenzialmente falsi
negativi, mentre in 3 casi sono state messe in evidenza sequenze di HPV LR (HPV-6,-42,-44) e in 5
casi sono state evidenziate sequenze riferibili a tipi HR: 2 erano HPV-56 e 3 avevano solo la regione
E6/E7 di HPV HR. Il dato ha portato ad un riesame dei campioni mediante PCR singola che ha poi
confermato la presenza sia dei virus LR che di quelli HR. Per i tre casi positivi solo per la regione
E6/E7, le sequenze di due sono risultate compatibili con HPV-16, la terza non è stata confermata. Il
tasso globale di errore dell'approccio diagnostico sviluppato è risultato nel complesso <1%, rispetto
all'iniziale caratterizzazione dei campioni con test diretti solo sulla regione L1 privi di controlli, dove il
tasso globale di errore è risultato del 11%.
Conclusioni. I dati dimostrano l'importanza di ricercare oltre la regione L1 anche le regioni E6/E7 per
la diagnosi di infezione da HPV onde evitare falsi negativi, previa amplificazione di entrambi i
bersagli genici11 . La presenza in tale piattaforma di controlli che monitorizzano l'intera procedura
diagnostica (estrazione, amplificazione e rivelazione) riduce enormemente la possibilità di errata
diagnosi. Trattandosi di una piattaforma miniaturizzata consente inoltre di caratterizzare in un unico
saggio fino a 19 tipi HPV, di cui 14 ad alto-medio potenziale oncogeno. La lettura automatizzata del
chip consente una maggiore oggettività di interpretazione del dato. La diffusione nel mondo
dell'infezione da HPV associata all' estrema rarità di tumori della cervice HPV negativi indica
l'esigenza di affiancare alla diagnosi citologica la ricerca di HPV, nella routine dello “screening
cervicale”. Riteniamo inoltre che questa piattaforma, oggetto di una domanda di brevetto Europeo 12,
per la sua semplicità, economicità e versatilità, rappresenti la soluzione ideale per la ricerca di bersagli
genici multipli a basso grado di omologia.
Bibliografia
1.
F.X. Bosch et al. J. Natl. Cancer Inst. 1995; Vol. 87:796-802
2. F.X. Boch et al. Virus Research, 2002; Vol. 89:183-190
3. P.K.S.Chan et al. Journal of Medical Virology 1999; Vol. 59:232-238
4. G.M.Clifford et al. British Journal of Cancer, 2003 ; Vol. 88:63-73
5. K.Munger et al. Virus Research, 2002; Vol. 89:213-228
6. H.zur Husen . J. Natl.Cancer Inst.,2000; Vol. 92:690-698
7. M. Wagatsuma et al. Journal Virology 1990; Vol.64:813-821
8. Daniel B. et al. J. Gen.Virol., 1997 ; Vol.78 :1095-1101
9. J.M.M. Walboomers et al. Journal of Pathology 1999; 189:12-19
10. T.Matsukura et al. Virology 1989 ; Vol 172 :63-72
11. PCT/IB01/00771 A.De Montis, Floris M., Perseu S., Methods and primers for the detection
of HPV
EPC/05011112.9 A.De Montis, Lauterio C., Manca I., Perseu S., Chip system for research and
detection of pathogenic organisms
32
Identificazione di Helicobacter pylori in esofago e saliva
Rossella Grande, Emanuela Di Campli, Soraya Di Bartolomeo, Mara Di Giulio, Fiorella
Casalanguida, Irene Mascitelli, Luigina Cellini.
Dipartimento di Scienze Biomediche - Facoltà di Farmacia - Università “G. d'Annunzio”Via dei Vestini 31, 66100 Chieti. e-mail: [email protected]
Introduzione: Helicobacter pylori rappresenta la principale causa di gastrite cronica ed
ulcera peptica ed è concausa di adenocarcinoma gastrico. Gli studi relativi alle modalità di
trasmissione del microrganismo, fanno presupporre una via mista di trasmissione oro-fecale
e/o oro-orale; la sua nicchia naturale è la mucosa gastrica, ma la presenza del germe è
dimostrata anche nella placca dentale e nell'acqua che possono rappresentare potenziali
serbatoi di infezione suggerendo che il microrganismo stazioni in questi siti “non gastrici” in
attesa di colonizzare lo stomaco. In un nostro studio precedente, è stato utilizzato un modello
murino, topi Balb/C, per valutare la colonizzazione del tratto oro-gastrointestinale e la
trasmissione animale-animale di un ceppo clinico di H.pylori (1). La presenza del germe è
stata evidenziata con un'alta percentuale di campioni positivi nello stomaco e nell'esofago
dei topi, suggerendo, per questo quest'ultimo distretto, un possibile ruolo come serbatoio di
infezione e trasmissione del batterio.
Lo scopo di questo studio è stato quello di verificare se i dati ottenuti nel modello
sperimentale murino fossero confermabili nell'uomo.
Metodi: Campioni bioptici dall'antro, dal fondo gastico e dall'esofago, insieme con
campioni di saliva, sono stati prelevati da 13 pazienti positivi all'Urea Breath Test (UBT). Le
biopsie gastriche sono state coltivate su terreni selettivi e non selettivi per l'isolamento di
H.pylori, mentre i campioni di esofago e saliva sono stati trattati per rilevare la presenza di
H.pylori, attraverso l'identificazione del gene target 16S rRNA in Nested-PCR, utilizzando i
primer Hp1, Hp2 e Hp3.
Risultati e Conclusioni: H.pylori è stato isolato dalle biopsie gastriche di 12 pazienti, sia in
antro che in fondo gastrico.
L'analisi in Nested-PCR effettuata sui campioni bioptici prelevati in esofago e in saliva
evidenziano marcata positività nei 12 pazienti risultati positivi al colturale in antro e fondo.
Il prodotto amplificato corrispondente ad un frammento di 109 pb è stato sequenziato e
comparato con tutte le sequenze presenti in Banca Dati (NCBI) confermando l'identità di
H.pylori.
I dati raccolti in questo studio suggeriscono che la saliva e l'esofago rappresentano una
significativa riserva del batterio.
L'identificazione delle modalità di trasmissione di H.pylori rappresenta un punto cruciale
nello sviluppo di piani di sorveglianza mirati al controllo di altri distretti diversi dallo
stomaco, finalizzati a gestire le infezioni e le patologie associate al microrganismo.
Bibliografia
1) Cellini L., Marzio L., Ferrero G., Del Vino A., Di Campli E., Grossi L., Toracchio S.,
Artese L.
Transmission of Helicobacter pylori in an animal model. Dig. Dis. Sci., 46, (1), 62-68, 2001
33
Analisi della relazione struttura-funzione della metallo-b-lattamasi VIM-2
tramite mutagenesi a saturazione: ruolo della tasca idrofobica del sito
catalitico nell'attività enzimatica
Luisa Borgianni,a Jean-Marie Frère,b Grazietta Coratza,a Gian Maria Rossolini,a Jean-Denis
Docquiera, b
a
Dipartimento di Biologia Molecolare, Università di Siena; bLaboratoire d'enzymologie, Università di
Liegi (Belgio)
Introduzione: Fra le metallo--lattamasi acquisite (es. enzimi di tipo VIM, IMP o SIM), VIM-2 è
probabilmente l'enzima più diffuso, essendo stato ritrovato in isolati clinici di Pseudomonas spp.,
Acinetobacter spp. e Enterobacteriaceae in Europa, Asia, America Latina e Stati Uniti (1). La metallob-lattamasi VIM-2 mostra un profilo di attività estremamente ampio, che comprende penicilline,
cefalosporine di terza e quarta generazione, inattivatori delle -lattamasi e carbapenemi, conferendo
all'ospite un alto livello di resistenza a quasi tutti gli antibiotici b-lattamici (2). La struttura
tridimensionale di VIM-2, ottenuta per cristallografia a raggi X, mostra la presenza di una tasca
idrofobica formata dai residui Phe61, Tyr67 e Trp87, mentre un importante residuo mobile (Trp64),
presente in IMP-1, è sostituito in questo enzima da un residuo di alanina (3).
Metodi: L'importanza strutturale e/o funzionale delle posizioni 61, 64, 67 e 87 è stata studiata tramite
mutagenesi aleatoria a saturazione. Le librerie di mutanti di VIM-2 sono state ottenute tramite
metodologia PCR, al fine di ottenere librerie di enzimi dove la posizione studiata viene sostituita da
tutti i possibili aminoacidi. La sensibilità in vitro è stata misurata mediante determinazione delle CMI
in agar. I parametri cinetici per l'idrolisi di substrati -lattamici (kcat e Km) di diversi mutanti, purificati
tramite cromatografia, sono stati determinati nelle condizioni utilizzate per la caratterizzazione delle
varianti VIM naturali (2).
Risultati: I valori di CMI per l'ampicillina sono stati determinati per un minimo di 50 mutanti per
libreria. La posizione 64 si mostra molto tollerante alla sostituzione e le proprietà funzionali del
mutante Ala64Trp (in posizione analoga agli enzimi di tipo IMP) risultano molto simili a quelle
dell'enzima wild-type. In aggiunta, sostituzioni nelle posizioni 61 e 67 hanno relativamente poco
effetto sull'attività dell'enzima. Al contrario, il residuo Trp87 è apparso importante, in quanto la
sostituzione con qualsiasi altro amminoacido comportava una forte diminuzione delle CMI, ad
eccezione della sostituzione conservativa Trp87Phe, che mostra delle proprietà funzionali simili a
quelle del wild-type ma esibisce una stabilità notevolmente inferiore.
Conclusioni: L'inserimento di un Trp in posizione 64 (importante per l'attività degli enzimi di tipo
IMP) non altera le proprietà dell'enzima VIM-2, indicando il coinvolgimento di altri fattori strutturali
nel riconoscimento enzima-substrato. Analizzando l'importanza relativa di residui formanti una tasca
idrofobica (posizioni 61, 67 e 87), il residuo Trp87, conservato in tutte le varianti VIM, sembra avere
un ruolo critico nella struttura (e/o funzione) dell'enzima. Questi risultati sottolineano l'eterogeneità
funzionale riscontrata nelle metallo-b-lattamasi e forniscono informazioni potenzialmente utili per il
disegno razionale di inibitori di questi enzimi clinicamente rilevanti.
Lavoro finanziato dall'Unione Europea (progetti COBRA e MEBEL, contratti no. LSHM-CT-2003503335 e HPRN-CT-2002-00264) e dal MIUR (contratto n° 2003068892_003).
Bibliografia
1.
2.
3.
Walsh et al. (2005) Clin. Microbiol. Rev. 18:306-325.
Docquier et al. (2003) J. Antimicrob. Chemother. 51:257-266.
Concha et al. (2000) Biochemistry 39:4288-4298.
34
Analisi retrospettiva sulla sensibilità in vitro agli antibiotici del gruppo MLS
in Streptococcus agalactiae dal 1994 al 2005
Chiara Curcuruto, Nicoletta Firrito, Nadia F. Cuciti, Carolina Ferranti, Gianna Tempera,
Lucia Silvana Roccasalva, e Pio Maria Furneri
Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche, Università degli Studi di
Catania, Via Androne 81, 95124 Catania. [email protected]
Introduzione. Gli streptococchi sono stati negli ultimi anni particolarmente studiati. Sono
molteplici i fattori che hanno contribuito a questo rinato interesse nei loro confronti. Le principali
motivazioni sono l'aumentata resistenza nei confronti dei macrolidi e la peculiare attenzione verso
l'invasività. La resistenza verso gli antibiotici del gruppo macrolidi-lincosamidi-streptogramina B è
aumentata negli ultimi 5 anni. Anche se oggi si conoscono in maniera adeguata i meccanismi
genetici della resistenza nei confronti degli antibiotici del gruppo macrolidi-lincosamidistreptogramina B, rimangono da chiarire i meccanismi regolatori della resistenza all'eritromicina
mediata dal fenotipo inducibile negli streptococchi. Negli ultimi decenni sono stati isolati e
caratterizzati circa 30 geni erm (erythromycin resistance methylase) provenienti da vari fonti. La
sequenza di alcuni di questi geni e delle relative regioni di regolazione devono ancora essere ben
determinate. Le modificazioni post-trascrizionali operate dalla metilasi provocano una
diminuizione dell'affinità degli antibiotici appartenenti alla super famiglia MLS per la subunità
50s. Tale super famiglia include Macrolidi, Lincosamidi e Streptogamine, antibiotici che, sebbene
chimicamente distinti, si ritiene abbiano siti d'azione sovrapposti. Il più recente di questi geni è
l'ermTR isolato descritto da Seppiala et Al. nel 1998. Alla classe dei geni erm si è poi aggiunta la
classe di geni mef, che codifica per un sistema di efflusso. Di recente anche per questa classe di
geni è stata dimostrata l'inducibilità da eritromicina.
Scopo. Lo scopo del presente lavoro è stato quello di studiare la circolazione epidemiologica dei
geni di resistenza in ceppi di Streptococcus agalactiae isolati nel periodo 1994-2005. Per tali scopi
sono stati studiati 225 ceppi di Streptococcus agalactiae provenienti dalla collezione del
Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche dell'Università di Catania.
Metodi. Lo studio è stato condotto mediante determinazione della MIC e l'analisi fenotipica è stata
condotta attraverso il test a 7 dischi. In 89 dei 225 sono stati saggiati in paragone anche
amoxicillina e penicillina. Per tutti i ceppi in esame è stato determinato il fenotipo di resistenza.
Tutti i ceppi con fenotipo inducibile o costitutivo sono stati sottoposti ad analisi genotipica
mediante PCR per la ricerca dei geni ermB, ermTR e mefA-mefE
Risultati e Conclusioni.La percentuale di resistenza ai macrolidi è stata inferiore al 10 %. Per tutti
i ceppi in esame è stato determinato il fenotipo di resistenza; tutti i ceppi con fenotipo inducibile o
costitutivo sono stati sottoposti ad analisi genomica mediante PCR. Il fenotipo più frequentemente
isolato è stato quello inducibile. Il gene più frequentemente isolato è stato l'ermAM. Il gene ermTR
è stato ritrovato in un solo caso. Nessun ceppo ha mostrato il fenotipo M. Nessun ceppo ha
mostrato variazioni di sensibilità ai betalattamici.
35
SEZIONE
ABSTRACT
Sabato 27 Maggio
(Mattina)
36
“A tale of two cells: interaction of dendritic cells
and macrophages with Mycobacterium tuberculosis”
Padmini Salgame
Department of Medicine, UMDNJ-New Jersey Medical School, Newark, NJ 07101.
Mortality and morbidity caused by the pulmonary pathogen M. tuberculosis remains
alarmingly high. The global epidemic of acquired immunodeficiency syndrome (AIDS) further
magnifies the threat to health from tuberculosis, since infection with M. tuberculosis is the major risk
factor for death in HIV-infected individuals. Although much is known about the immunology of
Tuberculosis, the precise nature of the protective immune mechanisms against reactivation disease
remains ill defined. Dendritic cells and macrophages detect the presence of pathogens via their TollLike Receptors (TLR) and are foremost in orchestrating the host innate immune response and in
regulating the subsequent host adaptive immunity. My laboratory focuses on understanding the role
of dendritic cells and macrophages in host immunity to Tuberculosis. Studies examining the
reprogramming of the dendritic cell and macrophage transcriptome in response to M. tuberculosis
infection revealed that genes involved in Th1 priming including, Interleukin (IL)-12, IL-23, B7, CD40
and CCR7 were preferentially upregulated in dendritic cells. Consistent with the upregulation of Th1
promoting factors, we found that M. tuberculosis matured dendritic cells, but not macrophages
migrated to the draining lymph nodes to initiate a pulmonary immune response. We then became
interested in understanding the mechanism behind the differential IL-12 induction from dendritic cells
and macrophages following M. tuberculosis infection. Our results demonstrated that the disparity in
IL-12 production by dendritic cells and macrophages to M. tuberculosis was at the level of nuleosome
remodeling at the IL-12 p40 promoter. In ongoing studies we have evidence that the differential
nucleosome remodeling may be dictated by differences in TLR signaling in the two cell types.
Together, our studies indicate that dendritic cells and macrophages have divergent effects on host
immune response to M. Tuberculosis.
37
Sessione
Sostanze naturali e attività
antimicrobica
Sabato 27 Maggio
(Mattina)
Moderatori: S. Zanetti, A. De Logu
38
Utilizzo dei probiotici nel trattamento di patologie infettive
G. E. Felis, S. Zanetti
Dipartimento di Scienze Biomediche, Sezione di Microbiologia Sperimentale e Clinica
Università degli Studi di Sassari
Il termine “probiotici” indica i microrganismi utilizzati in campo alimentare e farmaceutico che sono
in grado di produrre effetti benefici per la salute dell'individuo. La filosofia che sta alla base
dell'utilizzo dei probiotici è quella di prevenzione di alcuni disordini e di miglioramento della salute
dell'individuo e si differenzia pertanto dall'obbiettivo della cura farmacologica tradizionale, che viene
impiegata per la cura delle patologie, qualora si manifestino. L'interesse nel settore dei probiotici è
motivato da diversi fattori: in primo luogo il fenomeno della resistenza multipla agli antibiotici in forte
aumento negli ultimi anni, che rende necessario lo sviluppo di nuove strategie di contenimento delle
infezioni; in secondo luogo la crescente domanda di prodotti più naturali da parte dei consumatori;
infine, l'emergere di evidenze scientifiche e cliniche dell'efficacia di alcuni ceppi batterici nel
trattamento di specifiche affezioni. Saranno quindi passate in rassegna le principali patologie infettive
nel cui trattamento sono stati impiegati i probiotici, dopo aver presentato brevemente i concetti
fondamentali riguardanti il microbiota intestinale, aver fornito informazioni sulla identità dei ceppi
impiegati nei preparati e aver spiegato i requisiti che i microrganismi probiotici devono rispettare
secondo il Ministero della Salute italiano e le organizzazioni FAO e WHO.
39
Probiotici: mito e realtà
Andreana Marino
Dipartimento Farmaco-Biologico, Università degli Studi di Messina
e-mail: [email protected]
I probiotici sono stati definiti dalla Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO) e
dalla World Health Organization (WHO): “microrganismi vivi che, se somministrati in quantità
adeguata, agiscono favorevolmente sulla salute dell'ospite”. Dalla galassia dei probiotici del passato,
allora comunemente definiti fermenti lattici, si è giunti oggi ad una definizione più scientifica dal
punto di vista tassonomico, di generi, specie e singoli ceppi, grazie agli studi di genetica molecolare
(Klaenhammer T., R. et al. FEMS Microbiol Rev 2005). I microrganismi probiotici sono rappresentati
da tre gruppi di batteri: batteri lattici, bifidobacteria e Enterococcus faecium, Propionibacterium spp. e
Saccharomyces boulardii. I possibili effetti benefici che vengono attribuiti ai probiotici sono
numerosi, alcuni tra questi: l'effetto barriera nei confronti di altri microrganismi, la regolazione
dell'ecosistema intestinale, la riduzione della intolleranza al lattosio, il potenziamento del sistema
immunitario, l'attività anticancerogena. I probiotici possono agire favorevolmente sulla salute
dell'ospite mediante meccanismi d'azione che riguardano l'adesione, la colonizzazione, la
competizione per i nutrienti e la stimolazione del sistema immunitario (McNaught C.E., MacFie J.
Nutr Res 2001). Le conoscenze finora ottenute suggeriscono di considerare l'effetto benefico
strettamente ceppo-specifico (Senok A.C. et al. Clin Microbiol Infect 2005). L'alimento probiotico
commercialmente più diffuso è il bioyogurt che contiene oltre ai microrganismi indispensabili alla
fermentazione anche “microrganismi probiotici”. La concentrazione e la vitalità all'interno
dell'alimento probiotico sono i requisiti fondamentali necessari ai microrganismi probiotici per
esplicare l'azione benefica. Alcune condizioni che possono influenzare la vitalità sono: le interazioni
tra le specie presenti, le condizioni di crescita, la produzione di perossido d'idrogeno, l'acidità finale del
prodotto, la presenza di ossigeno nel prodotto e/o la permeazione attraverso il contenitore, la
temperatura di conservazione, la presenza di additivi alimentari (Shah N.P. J Dairy Sci 2000). La
sopravvivenza e la colonizzazione dei microrganismi probiotici dipendono anche dalla presenza
nell'ambiente del necessario substrato per effettuare i processi fermentativi. I prebiotici rappresentano
un substrato molto utile a questo scopo. A livello commerciale oggi il probiotico sembra essere
diventato un imperativo categorico per tutte le grandi aziende lattiero-casearie, anche se, buona parte
dei consumatori, per lo più individui in buona salute, non conoscono ancora la differenza tra uno
yogurt tradizionale e uno yogurt alimento probiotico scegliendo il prodotto in base ad uno spot
pubblicitario. Procedure legislative internazionali uniformi sono necessarie per proteggere la scelta
del consumatore. Le linee guida tracciate dalla FAO e dalla WHO sono un ottimo punto di partenza per
regolamentare la sicurezza degli alimenti probiotici e allo stesso tempo valutare il loro potenziale uso
in campo clinico (Reid G. et al. Clin Microbiol Rev 2003). Molti studi sono ancora necessari prima di
poter dare credibilità alle “health claims” che riguardano tanto gli effetti dei probiotici sul benessere
degli individui sani quanto il loro possibile ruolo di “living drugs” per una specifica condizione
morbosa.
40
Attività antibiotica di estratti naturali e interazioni con antibiotici di sintesi:
relazioni sinergiche
Antonio Rosato a, Cesare Vitali, Nicolino De Laurentis, Domenico Armenise, Rosa Colucci, Marina
Ferrucci
a
Dipartimento Farmaco Chimico, Facoltà di Farmacia, Università degli Studi di Bari.
Via E. Orabona 4, Campus Universitario, 70124 Bari.
Introduzione
Gli oli essenziali derivati dalle piante sono una fonte promettente per nuovi farmaci antimicrobici,
tuttavia è da sottolineare come la loro azione sia effettivamente meno risolutiva rispetto ai tradizionali
farmaci antimicrobici di sintesi. In questa direzione abbiamo cercato di associare prodotti di origine
vegetale come gli oli essenziali con farmaci antimicrobici di sintesi per valutare l'eventuale esistenza
di un effetto sinergico tra le due tipologie di sostanze in modo da abbassare la quantità di entrambi
avendo come obiettivo, non secondario la riduzione dell'impatto tossico. Il primo olio essenziale che
abbiamo sottoposto alla nostra sperimentazione è stato l'olio essenziale di Geranio (Pelargonium
graveolens). La sperimentazione dell'olio essenziale di Geranio effettutat nel nostro laboratorio ha
messo in evidenza il suo potere antibatterico e antifungino con valori di MIC da 1,49 a 5,97 mg/ml per
i batteri e da 0,75 a 1,49 mg/ml per i funghi. Abbiamo testato anche i singoli componenti, che quando
agiscono da soli rispetto all'olio essenziale intero, dimostrano una migliore efficacia sia per i batteri
che per i funghi.L'olio essenziale di Geranio ha rilevato la sua azione sinergica con la norfloxacina in
funzione antibatterica, mentre l'olio essenziale di Melaleuca presenta un notevole sinergismo con l'
Amfotericina B in chiave antifungina. L'olio essenziale dell'Albero del Tè (Melaleuca alternifolia) si
presenta come un liquido chiaro, da incolore a giallo pallido, mobile e senza tracce visibili di acqua.
Ha dimostrato una buona attività, sia antibatterica che antifungina con valori da 3,4 a 13,5 mg/ml per i
batteri e da 3,75 a 7 mg/ml per i funghi.
La relazione sinergica riscontrata è stata individuata sulla base dei valori di Mic dei due composti in
associazione, sottoposti al test. Abbiamo per questo considerato solo concentrazioni di interazione in
cui l'indice di FIC (Fractional Inhibitory concentration: si tratta di un parametro utilizzato per valutare
l'efficacia dell'associazione di farmaci antimicrobici, un effetto di sola additività è pari a 1 valori
inferiori indicano sinergia tra i due prodotti) per l'associazione era minore di 1. Per questo motivo
abbiamo testato miscele in cui le quantità dei due componenti in associazione erano comprese tra il
12,50 % e il 50% rispetto al valore della MIC del singolo prodotto.
Metodi
L'olio essenziale sia di Geranio che di Melaleuca è diluito a caldo, secondo un metodo messo a punto
dal nostro laboratorio; una quantità determinata di olio è disciolta in agar allo stato liquido, (1 ml di
olio in 1 ml di agar caldo), quindi si preparano una serie di diluizioni scalari per raddoppio sempre
impiegando terreno agarizzato a caldo (45° - 50°C). La Norfloxacina, è solubilizzata in NaOH 1M
secondo le indicazioni del CLSI, mentre le diluizioni scalari sono eseguite direttamente in Mueller
Hinton broth, terreno per i batteri. L' Amfotericina B è solubilizzata in DMSO, le diluizioni scalari a
raddoppio sono fatte direttamente in Yeast Malt broth terreno per i lieviti. Quindi il contenuto della
provette con l'opportuna concentrazione di olio essenziale e di antibiotico di sintesi è riversato in una
beuta contenente una quantità di terreno agarizzato sempre a temperatura controllata. Il controllo della
temperatura è necessario per evitare ovvi problemi di denaturazione delle sostanze. La miscela
ottenuta viene poi riversata in piastra di Petri. Il contenuto della piastra è lasciato raffreddare, quindi si
passa alla deposizione dell'inoculo secondo il protocollo CLSI. La lettura della Mic è facilitata dal
supporto solido. Soprattutto viene garantito tramite il trattamento a caldo, un ottimo mescolamento
dei prodotti in associazione, cosa che non è possibile ottenere con i classici metodi di diluizione, come
Macrodiluizione e Microdiluizione .
41
Risultati
Abbiamo ottenuto una serie di risultati che dimostrano ampiamente come esista sinergismo sia in
funzione antibatterica tra olio di Geranio e Norfloxacina, che in funzione antifungina tra olio di
Melaleuca e Amfotericina B. Il sinergismo è stato riscontrato su tre ceppi di batteri Gram positivi: due
ceppi di Staphylococcus aureus (ATCC 6538 e ATCC 25928) e un ceppo di Bacillus cereus (ATCC
11778), per i funghi sono stati utilizzati cinque ceppi di Candida (C. albicans ATCC 10231, C. albicans
ATCC 14053, C. glabrata NRRL y65, C. krusei y7179, C. albicans y869). Il valore di indice FIC medio
è al disotto di 1, per i batteri è 0,51, mentre per i ceppi fungini è 0,53.
Abbiamo anche iniziato le ricerche tendenti alla valutazione dell'effetto sinergico dei principi attivi del
olio essenziale di Geranio (Citronellolo e Geraniolo) ottenendo per B. cereus e S. aureus 6538 un
indice di FIC pari a 0,52.
Conclusioni
L' obiettivo iniziale era verificare l'esistenza di un eventuale sinergismo tra oli essenziali e antibiotici
di sintesi, per questo abbiamo inizialmente valutato l'attività dell'olio di geranio e dei suoi componenti
da soli, oltre naturalmente le attività dei due antibiotici. poi siamo passati all'attività sinergica dell'olio
di geranio e dei suoi componenti in associazione con norfloxacina. Abbiamo anche valutato l'attività
dell'olio di melaleuca con Amfotericina B, riscontrando anche in questo caso attività sinergica
antifungina.
Questo studio iniziale debba essere ampliato su altre specie batteriche e fungine con combinazioni
anche diverse di prodotti di origine vegetale e di sintesi. L'uso terapeutico degli oli essenziali potrebbe
ridurre gli effetti collaterali dovuti al trattamento con i soli chemioantibiotici.
Bibliografia
1. Preliminary evaluation of a semisolid agar antifungal susceptibility test for yeasts and molds
Provine H, Hadley S., J. Clin. Microbiol., 2000 Feb;38(2):537-41.
2. Clinical and laboratory Standards Institute (2003). Methods for Dilution Antimicrobial
Susceptibility Test for Bacteria that Grow Aerobically (6th ed.). Approved standard M7-A6.
Wayne, PA: National Committee for clinical laboratory standard.
3. Clinical and laboratory Standards Institute (1998). Methods for Dilution Antimicrobial
Susceptibility Test for Bacteria that Grow Aerobically (5th ed.). Suggested standard MIOO-S8.
Wayne, PA: National Committee for Clinical Laboratory Standard.
4. Clinical and laboratory Standards Institute (2002). Reference method for broth dilution
antifungal susceptibility testing of yeast; (2th ed). approved standard M27A2. Wayne, PA: National
Committee for Clinical Laboratory Standard.
5. Antimicrobial activity of essential oils and other plant extracts. Journal of Applied
Microbiology,1999,86,985-990.
6. Antimicrobial properties of essential oil constituents . A.Pauli. The International Journal of
Aromatheraphy,2001,11(3) .
7. Cox, S.D.; Mann, C.M.; Markham, J.L. Interactions between components of the essential oil of
Melaleuca alternifolia, Journal of Applied Microbiology Volume: 91, Issue: 3, September 2001, pp.
492-497..
8. Majorie Murphy Cowan, Plant Products as Antimicrobial Agents, Clinical Microbiology
Reviews Vol 12, No 4, 1999.
9. Kaul, P.N., Rao, B.R., Bhattacharya, A.K. and Mallavarapu, G.R. (1998). Aberrations in the
composition of the herb oil of rose scented geranium (Pelargonium species). Journal of Essential
Oil Research 10, 439441.
10. Lis-Balchin, M., Deans, S.G. and Hart, S. (1996) Bioactive geranium oils from different
commercial sources. Journal of Essential Oil Research, 8, 281290.
42
Comunicazioni Orali
Sabato 27 Maggio
(Mattina)
Moderatori: C. Vitali, G. Blandino.
43
Attività antimicrobica di Rosmarinus officinalis L. di diversi areali sardi:
risultati preliminari a confronto
Deriu A., Felis G.E., Chessa M.*, Pintore G.*, Sechi L.A., Molicotti P., Zanetti S.
Dipartimento di Scienze Biomediche Sezione di Microbiologia Sperimentale e Clinica, Università di
Sassari, viale San Pietro 43/b, 07100 Sassari Italia; *Dipartimento Farmaco Chimico Tossicologico,
Università di Sassari, via Muroni 23/a, 07100 Sassari - Italia
Introduzione: Al genere Rosmarinus, descritto dal Toumefort e, nel 1753, da Linneo, appartiene
un'unica specie: Rosmarinus officinalis L.. Esso è originario dell'Europa, Asia e Africa, ora spontaneo
nell'area mediterranea dal livello del mare fino alla zona collinare, ma si è acclimatato anche nella zona
dei laghi prealpini e nella pianura padana. E' un arbusto sempreverde con foglie sessili, coriacee e
persistenti durante l'inverno, fiori ermafroditi di colore blu pallido. La fioritura nelle zone calde si
verifica durante tutto l'anno, l'ape è il può assiduo insetto pronubo di R. officinalis; i suoi fiori
esercitano una forte attrazione e forniscono alle api grandi quantità di nettare e di polline.
I principi attivi tipici del rosmarino sono presenti nell'olio essenziale e in altri estratti utilissimi in
profumeria e cosmesi, in liquoreria e in farmacia. L'olio volatile contiene canfora, borneolo, pinene,
cineolo, saponine, colina. Ha proprietà di antisettico, antispasmodico, colagogo, diuretico, stimolante
stomachico, tonico, rilassante, aromatizzante, aperitivo, digestivo, balsamico. Scopo del nostro lavoro
è stato confrontare l'attività antimicrobica degli oli essenziali estratti da piante provenienti da Tempio
Pausania e Monte Doglia (Alghero) e valutare eventuali variazioni di attività dell'olio essenziale
quando viene sottoposto a processi chimici di semisintesi.
Metodi: L'estrazione degli oli essenziali è stata effettuata con la tecnica della distillazione in corrente
di vapore, successivamente gli oli sono stati separati nelle due componenti idrocarburica ed ossigenata
e su entrambe le frazioni sono state effettuate trasformazioni chimiche. La attività antimicrobica è
stata effettuata valutando le M.I.C. (Minimum Inhibitory Concentration) e le M.B.C. (Minimum
Bactericidal Concentration) (diluizioni seriali a partire dal 10 fino allo 0,01% v/v). Sono stati saggiati
25 ceppi microbici: 3 gram positivi, 8 gram negativi e 14 ceppi di miceti.
Risultati: Riguardo gli oli estratti da rosmarino raccolto a Tempio Pausania il 25% dei ceppi aveva una
MIC dell'1% (v/v), un 33% di ceppi una MIC del 2.5% ancora 33% una MIC del 5%, mentre le MCB
nel 41% dei ceppi erano superiori al 10%, il 17% aveva una MCB pari al 2.5%. L'estratto di rosmarino
proveniente da Monte Doglia ha rivelato una maggior attività antimicrobica espressa con valori di
MIC dello 0.15% nel 15% dei ceppi e MCB di 1.25% nell'8% dei ceppi. Tale estratto è stato saggiato su
altri 14 ceppi di Candida rivelando valori di MIC inferiori allo 0.3% (v/v) nel 28% dei ceppi ed MCB
pari a 1.25% (v/v) in oltre il 70% dei ceppi. Questo estratto ha dimostrato anche una forte capacità
inibente la formazione di biofilm, valutata su un ceppo di Candida tropicalis di provenienza clinica.
Per quanto riguarda gli oli chimicamente trasformati di Monte Doglia, risultati molto interessanti sono
stati ottenuti con le frazioni idrocarburica idroformilata e la frazione ossigenata ridotta nei confronti
delle Candida.
Conclusioni: La attività antimicrobica degli oli di rosmarino, nei confronti di ceppi di origine clinica
ed ambientale, che hanno espresso numerosi fattori di patogenicità e resistenza a diversi farmaci,
merita certamente studi più approfonditi. Tuttavia sono necessari ulteriori accertamenti sulla tossicità,
sui meccanismi di penetrazione all'interno della cellula e sugli effetti cellulari, allo scopo di poter
formulare prodotti terapeutici contenenti oli essenziali come alternativa naturale alla cura di alcune
patologie.
44
Caratterizzazione fenotipica e genotipica di ceppi di lattobacilli isolati da latte
e yogurt prodotti da ovini e bovini sardi
Ortu S.1, Molicotti P. 1, Marzotto M.2, Felis GE1,2, Deriu A. 1, Dellaglio F. 2, Zanetti S. 1
Dipartimento di Scienze Biomediche, Sezione di Microbiologia Clinica e Sperimentale, Università di
Sassari.
2
Dipartimento Scientifico e Tecnologico, Università degli Studi di Verona
1
Introduzione: Negli ultimi anni un numero sempre maggiore di ceppi batterici appartenenti al genere
Lactobacillus è stato selezionato per le proprietà tecnologiche e/o probiotiche. La scelta dei ceppi
avviene attraverso un processo di selezione rivolto ad assicurare l'identità tassonomica, le principali
caratteristiche fenotipiche, la sicurezza e l'efficacia per una eventuale immissione in commercio come
alimento. La scarsa letteratura al riguardo, su ceppi isolati in Sardegna, rende stimolante l'analisi di
questa nicchia batterica ancora poco conosciuta.
Metodi: A tale scopo sono stati analizzati 50 campioni di latte bovino e ovino e 7 campioni di yogurt,
preparato in modo artigianale con latte ovino. L'isolamento dei ceppi batterici è stato effettuato su MRS
(de Man, Rogosa, Sharpe), un terreno adatto alla crescita della maggior parte dei batteri lattici.
L'identificazione è stata ottenuta mediante amplificazione e sequenziamento di una parte del gene
codificante per l'rRNA ribosomale 16S, seguita da un'analisi filogenetica.. Il profilo genetico è stato
valutato con RAPD-PCR mentre il profilo biochimico è stato determinato con API50CHL e con il test
della catalasi. I ceppi inoltre sono stati saggiati per la formazione di biofilm, per l'adesione a cellule
Caco-2 e MIM , per la sopravvivenza a pH acido, sali biliari e succo gastrico, ed ancora per la
produzione di batteriocine attive contro Lactobacillus sakei e Listeria innocua. E' stato determinato
infine, il profilo delle antibiotico-resistenze e il profilo plasmidiale. I risultati ottenuti sono stati
confrontati con quelli di ceppi di riferimento della stessa specie isolati da prodotti probiotici
commerciali: L. paracasei (6 ceppi), L. plantarum (1 ceppo), L. reuteri (1 ceppo). I 5 ceppi di L.
paracasei e i 2 ceppi di L.reuteri sono stati sottoposti anche ad un test di coagulazione del latte per
valutarne le proprietà tecnologiche.
Risultati: Dalla microflora lattica sono stati selezionati 17 ceppi appartenenti al genere Lactobacillus:
2 ceppi di Lactobacillus reuteri, 5 di Lactobacillus paracasei e 8 di Lactobacillus plantarum e 1 ceppo
che sembra far parte del gruppo del L. farciminis, per il quale sono in corso ulteriori test. Tali ceppi,
insieme a quelli di riferimento, sono stati caratterizzati dal punto di vista fenotipico e genotipico. I
risultati mostrano che la maggior parte dei ceppi sono medi o forti produttori di biofilm e catalasi
negativi. Per quanto riguarda l'adesione specifica, alcuni ceppi di L. paracasei e di L. plantarum, sono
risultati adesivi ad una o ad entrambe le linee cellulari testate. Dei 5 ceppi di L. paracasei isolati, 3
sembrano essere produttori di sostanze antibatteriche di natura proteica e tutti hanno la capacità di
coagulare il latte. La maggior parte dei ceppi appartenenti alle tre specie di lattobacilli analizzate, sono
risultati resistenti ad un pH uguale a 2, ai sali biliari e al succo gastrico. L'analisi del profilo delle
antibiotico-resistenze ha messo in evidenza la loro sensibilità alla maggior parte degli antibiotici,
mentre tutti sono risultati resistenti alla vancomicina.
Conclusioni: I risultati ottenuti suggeriscono che i prodotti sardi potrebbero essere fonte di lattobacilli
con interessanti proprietà funzionali, tecnologiche e/o probiotiche. Sarà nostra intenzione, dopo avere
valutato l'azione in vitro, saggiarne l'azione in vivo.
L'isolamento geografico della Sardegna costituisce inoltre un elemento favorevole per la selezione di
nuove e peculiari identità tassonomiche e per tale motivo sarà interessante proseguire con l'isolamento
e la caratterizzazione di nuovi ceppi di lattobacilli sia da latte che da yogurt sempre di origine ovina e
bovina..
Ringraziamenti:
A Marc Vancanneyt per la collaborazione data all'identificazione dei batteri lattici (LMG/BCCM
Bacteria Collection, Ghent, Belgio).
A Bruna Carrer per l'assistenza tecnica data nell'allestimento dei saggi delle batteriocine.
45
Potenziale effetto prebiotico ed attività antimicrobica di frazioni estratte dal
bergamotto (Citrus bergamia Risso)
G. Mandalari1, C. Nueno Palop2, A. Narbad2, C.B. Faulds3, M.J.Gasson2, G. Bisignano1
Dip. Farmaco-Biologico, Facolta' di Farmacia, Universita' di Messina, 2Commensal and Microflora
Programme, Institute of Food Research, 3Sustainability of the Food Chain Exploitation Platform,
Institute of Food Research, Norwich (UK).
1
INTRODUZIONE. Il bergamotto (Citrus bergamia Risso), utlizzato principalmente per l'estrazione
dell'olio essenziale dalla buccia possiede la parte esterna del frutto (flavedo), ricca in zuccheri, fibre ed
altri composti fermentabili e rimane come scarto principale, causando problemi economici ed
ambientali. Tuttavia, contiene ancora composti ad alto valore aggiunto potenzialmente utilizzabili,
come pectine e flavonoidi. Questi ultimi noti per i loro effetti benefici contro malattie cardiovascolari,
allergie, fragilita' capillare e cancro nonché per l'attività' antivirale e antibatterica.
Nel presente lavoro oligosaccaridi pectici isolati dalla polpa di bergamotto sono stati studiati per il loro
potenziale effetto prebiotico e frazioni di bergamotto ricche in flavonoidi sono state analizzate per la
loro attivita' antimicrobica nei confronti di batteri Gram+, Gram- e lieviti.
METODI. Gli oligosaccaridi pectici sono stati isolati da una frazione di bergamotto priva di flavonoidi
mediante trattamento con una poligalacturonase commerciale (Pectinase 62L). L'effetto prebiotico e'
stato poi studiato mediante fermentazioni in vitro con batteri della flora intestinale (colture pure e
miste). Un modello di colon intestinale e' stato utilizzato per studiare la fermentazione degli
oligogalatturonati in colture miste. I diversi gruppi di batteri sono stati contati mendiante FISH
(fluorescent in-situ hybridization) utilizzando probe genetiche specifiche. Le frazioni ricche in
flavonoidi sono state ottenute mediante estrazione sequenziale in etanolo della polpa di bergamotto ed
analizzate per la loro attivita' antimicrobica contro batteri Gram+ (Bacillus subtilis ATCC 6633,
Listeria innocua ATCC 33090, Lactococcus lactis MG 1614, Staphylococcus aureus FI 10139), Gram(Escherichia coli MG 1655 (K12), Salmonella enterica var. Typhimurium LT2, Pseudomonas putida
ATCC 795) e Saccharomyces cerevisiae NCYC 505.
RISULTATI. Gli oligosaccaridi pectici isolati dalla polpa di bergamotto (BOS) hanno mostrato effetto
prebiotico, stimolando la crescita di Bifidobatteri e Lattobacilli ed inibendo quella di Clostridi e
Bacteroides. L'indice prebiotico (PI) e' risultato superiore a quello ottenuto con i frutto-oligosaccaridi
(FOS), noti per il loro effetto prebiotico. Valori piu' alti di PI sono stati ottenuti dopo 10 h di
incubazione (6.90 per BOS e 6.12 per FOS) rispetto a 24 h di incubazione (6.55 per BOS e 3.43 per
FOS). Le frazioni di bergamotto ricche in flavonoidi sono risultate attive contro i batteri Gram-, ma
non contro quelli Gram+ e S. cerevisiae. L'attivita' antimicrobica e' risultata superiore dopo
trattamento con Pectinase 62L, che ha rilasciato agliconi attivi.
CONCLUSIONI. Gli oligosaccaridi isolati dalla polpa di bergamotto possono essere utlizzati come
fonte effetiva di prebiotici e le frazioni ricche in flavonoidi come antimicrobici naturali. Studi in vivo
dovrebbero essere effettuati per studiare la digeribilita' degli oligosaccaridi del bergamotto.
BIBLIOGRAFIA
Mandalari G., Bennett R.B., Bisignano G., Saija A., Dugo G., Lo Curto R.B., Faulds C.B. and Waldron
K.W. (2006).. Journal ofAgricultural and Food Chemistry, 54, 197-203.
46
SEZIONE
POSTER
47
POSTER
Valutazione di una nested PCR per l'individuazione di Borrelia burgdorferi in
campioni multipli di pazienti e genotyping
R. Floris 1, Giusto Trevisan2 e Mar ina Cinco1.
Dipartimento di Scienze Biomediche, and 2Istituto di Dermatologia e Venereologia, Università di
Trieste, 34127 Trieste, Italy.
1
Introduzione. La diagnosi di laboratorio per borreliosi di Lyme presenta ancora qualche problema di
sensibilità e specificita; ciò è particolarmente grave nell'individuare quelle forme di Lyme a
sintomatologia poco chiara e sfumata dove l'evidenza clinica non è sufficiente a formulare la diagnosi.
In questo studio abbiamo valutato l'applicazione di una nestedPCR per l'individuazione di sequenze
Borrelia burgdorferi specifiche in campioni multipli di pazienti affetti da borreliosi (LB). e la
possibilità di individuare la genospecie infettante direttamente dall'amplificato.
Metodi.La campionatura da ciascun paziente era multipla, ossia comprendeva sangue, urine, biopsie
cutanee e, nel caso di neuroborreliosi, anche liquor. Il gene target era una sequenza all'interno del gene
ospA. I pazienti presentavano sia forme acute che tardive di LB. Dai campioni positivi
all'amplificazione è stata poi messa a punto una RFLP utilizzando opportuni enzimi di restrizione. Il
sistema era capace di riconoscere tutte le specie di Borrelie patogene, ossia B.b. sensu stricto, B. afzelii,
B. garinii, B, valaisiana, B. bisetii, B spielmani ma non B. lusitanae.
Risultati. La nested PCR da noi messa a punto ha riconosciuto sequenze DNA di Borrelia in tutti i
pazienti saggiati tranne che quelli affetti da neuroborreliosi, in cui si aveva solo l'83,33% di positività.
La maggiore sensibilità si otteneva dalla coppia di campionature sangue-urine, e , nei casi di LB acuta la
sensibilità della PCR era superiore a quella della serologia. La PCR inoltre rivelava una certa
circolazione di borrelie anche nelle fasi tardive dell'infezione. La genotipizzazione rivelava la presenza
delle tre specie B.b. sensu stricto, B. afzelii e B. garinii. Di particolare interesse era il ritrovamento, in
campioni multipli dello stesso paziente di genospecie diverse; questo dato conferma alcune
segnalazioni sulla multispecificita di infezione da Borrelia probabilmente imputabile a ripetuti inoculi
da parte delle zecche vettrici.
48
POSTER
Epidemiologia della resistenza ai fluorochinoloni in ceppi di
Streptococcus pneumoniae (2001-2005)
Blandino G., Caccamo F., Milazzo I., Pisano M., Sciacca A., Speciale A., Nicoletti G.
Dipartimento di Scienze Microbiologiche - Università di Catania
Introduzione. I fluorochinoloni sono sostanze antimicrobiche di elezione nelle infezioni sostenute da
Streptococcus pneumoniae. L'uso in clinica dei fluorochinoloni dovrebbe, però, essere accompagnato
da studi epidemiologici in grado di monitorare l'emergenza di ceppi resistenti.
Materiali e metodi. Nell'ambito del programma di sorveglianza antimicrobica SENTRY è stata
saggiata la sensibilità a differenti sostanze antimicrobiche di 270 ceppi di Streptococcus pneumoniae
isolati da infezioni respiratorie presso il Dipartimento di Microbiologia dell'Università di Catania nel
periodo 2001-2005. Le minime concentrazioni inibenti (MIC) sono state determinate mediante il
metodo della microdiluizione in brodo CLS. I ceppi resistenti a levofloxacina (MIC >4 mg/l)
venivano analizzati mediante “ribotyping” (RIBO), PFGE, sierotipizzazione (SERO) e “pattern” di
resistenza a differenti sostanze antimicrobiche (RP). Mutazioni in QRDR venivano caratterizzate
mediante PCR e sequenziamento, effettuati dal J MI Lab, North Liberty IA.
Risultati. La Tabella mostra le percentuali di sensibilità di ceppi di Streptococcus pneumoniae,isolati
negli anni 2001-2005, a differenti sostanze antimicrobiche.
Antimicrobici
2001
(n.47)
Levofloxacina
Penicillina G
Ceftriaxone
Eritromicina
Clindamicina
Tetraciclina
Trim.-Sulfam.
100
95.7
95.7
55.3
95.7
95.7
44.7
2002
2003
2004
2005
(n. 55)
92.7
96.4
100.0
61.8
70.9
72.7
74.5
(n. 67)
92.5
89.6
98.5
52.2
68.7
70.1
43.9
(n. 53)
81.1
83.0
96.2
35.8
54.7
61.5
56.6
(n. 48)
87.5
83.0
97.9
54.1
70.8
70.8
33.3
I 25 ceppi resistenti ai fluorochinoloni isolati dal 2002 al 2005 mostrano un identico RIBO/PFGE
(333.3/A1). Mediante RP, sierotipizzazione e “pattern” di mutazioni in QRDR era, però, possibile
identificare 3 “cluster” differenti.
Conclusioni. I risultati di questo studio epidemiologico condotto dal 2001 al 2005 mostrano un
costante decremento della percentuale di ceppi di Streptococcus pneumoniae sensibili a penicillina G,
clindamicina, tetraciclina ed ai fluorochinoloni, anche se nel 2005 si nota un decremento dei ceppi
resistenti. Lo studio conferma la costante bassa percentuale di ceppi sensibili ad eritromicina. Infine,
l'isolamento di ceppi con RIBO/PFGE (333.3/ A1) e di sierotipo 9 identici a ceppi isolati a Roma e
Genova, nell'ambito dello stesso progetto, dimostrano che la disseminazione di cloni è diventata un
fattore di rischio per l'emergenza di resistenza ai fluorochinoloni.
49
POSTER
Accumulo ed attività antibatterica di ulifloxacina, ciprofloxacina e
levofloxacina in E. coli K-12 , S. aureus ATCC 29213 e P.aeruginosa PAO-1.
Ceccarini Paolo, Capezzone de Joannon Alessandra, Ciottoli Giovanni Battista e Rossi Vilma.
Laboratorio di Microbiologia, Dipartimento R&D, Angelini Farmaceutici, ACRAF S.p.A,
S. Palomba, Roma
Introduzione:
La prulifloxacina è un nuovo fluorochinolone attivo sia su batteri Gram positivi che Gram negativi
recentemente registrato in Italia ed in Europa.
La prulifloxacina è un profarmaco che dopo somministrazione orale viene rapidamente metabolizzato
ad ulifloxacina che rappresenta il principio attivo.
In questo lavoro è stato valutato in vitro sia l'accumulo di ulifloxacina rispetto a ciprofloxacina e
levofloxacina sui ceppi batterici E. coli K-12 , S. aureus ATCC 29213 e P. aeruginosa PAO-1 che
l'attività antibatterica in diverse condizioni sperimentali. E' noto, infatti, che l'attività battericida dei
fluorochinoloni è legata alla loro capacità di penetrazione all'interno della cellula batterica ed
all'azione specifica sulle topoisomerasi di tipo II, enzimi bersaglio di questa classe di antibiotici.
Metodi:
Ulifloxacina, ciprofloxacina e levofloxacina sono state utilizzate per la determinazione della minima
concentrazione inibente (MIC) secondo la linea guida M7-A7 (1) sui ceppi batterici Staphylococcus
aureus ATCC 29213, Escherichia coli K-12 NCTC 10538 e Pseudomonas aeruginosa PAO-1.
L'accumulo dei fluorochinoloni è stato determinato secondo il metodo fluorimetrico descritto da
Piddock (2), incubando i batteri per 10' a 37°C in agitazione, in presenza di 10 µg/ml (2) e di 40 µg/ml
di farmaco (3), in 4 diverse condizioni sperimentali: in PBS, in PBS con aggiunta di CCCP
(mesoxalonitrile-3-clorofenilidrazone, ionoforo che annulla il gradiente elettrochimico di
membrana), e in PBS con aggiunta di glucosio e CCCP.
Risultati:
In uno studio preliminare è stato verificato che i fluorochinoloni penetrano e si accumulano all'interno
della cellula batterica raggiungendo il plateau dopo circa 120 secondi di incubazione; tali livelli
intracellulari si mantengono costanti per 30 minuti. Di seguito vengono riportati i risultati ottenuti
dopo 10 minuti di incubazione.
Come già riportato in letteratura, ulifloxacina è il farmaco che si accumula maggiormente rispetto a
ciprofloxacina e levofloxacina all'interno delle cellule batteriche. Le concentrazioni dei farmaci
accumulate risultano maggiori in S. aureus ATCC 29213, seguito da E. coli K-12 e successivamente da
P. aeruginosa PAO-1, ed i livelli di ulifloxacina risultano maggiori di ciprofloxacina e di
levofloxacina.
Poiché la penetrazione dei fluorochinoloni all'interno della cellula batterica in E. coli e S. aureus
avviene attraverso un meccanismo passivo quale la diffusione semplice mentre in P. aeruginosa
l'ingresso dei fluorochinoloni sembra mediato da sistemi di trasporto specifici (2), i livelli dei farmaci
nei tre ceppi variano, oltre che in funzione della concentrazione utilizzata, anche in funzione delle
condizioni sperimentali. S. aureus ATCC 29213 presenta il maggior accumulo in PBS e in
PBS+CCCP, con ulifloxacina che raggiunge livelli di 1092 ng/mg di peso batterico secco a 40 µg/ml e
di 378 ng/mg di peso batterico secco a 10 µg/ml, mentre ciprofloxacina e levofloxacina presentano
livelli rispettivamente 2 e 3 volte inferiori.
50
Nelle stesse condizioni, in E. coli K-12 ulifloxacina raggiunge livelli di 514 ng/mg di peso batterico
secco a 40 µg/ml e di 211 ng/mg di peso batterico secco a 10 µg/ml, mentre ciprofloxacina e
levofloxacina presentano livelli mediamente 2 volte inferiori.
Come già riportato da Shimizu (3), l'accumulo dei farmaci in P. aeruginosa PAO-1 risulta minore
rispetto agli altri due ceppi batterici. Tuttavia ulifloxacina raggiunge livelli di 393 ng/mg di peso
batterico secco a 40 µg/ml e 136 ng/mg di peso batterico secco a 10 µg/ml. Anche in questo caso i livelli
di ulifloxacina risultano rispettivamente 1,5 e 2 volte maggiori rispetto a quelli di ciprofloxacina e di
levofloxacina.
Ulifloxacina presenta la migliore attività antibatterica sui tre ceppi batterici esaminati: infatti, la MIC
di ulifloxacina su S. aureus ATCC 29213 è 0,25 µg/ml, pari a quella di levofloxacina e minore di quella
di ciprofloxacina (MIC 0,5 µg/ml). Su E. coli K-12 ulifloxacina è risultata più attiva di ciprofloxacina e
di levofloxacina, con MIC rispettivamente di 0,008 µg/ml vs 0,016 e 0,031 µg/ml. Anche su P.
aeruginosa PAO-1 l'attività di ulifloxacina è risultata superiore a quella degli altri due
fluorochinoloni, con MIC pari a 0,25 µg/ml per ulifloxacina, 0,5 µg/ml per ciprofloxacina e 2 µg/ml
per levofloxacina. Nessuna variazione dei valori di MIC è stata riscontrata aggiungendo CCCP al
brodo di coltura.
Conclusioni: L'accumulo dei fluorochinoloni varia a seconda del ceppo in esame: l'accumulo
maggiore è stato riscontrato in S. aureus ATCC 29213, seguito da E. coli K-12 e poi da P. aeruginosa
PAO-1. Ciò riflette le differenze di genere tra i ceppi batterici, in cui i livelli di accumulo dipendono da
meccanismi specie-specifici (4). L'elevato accumulo dei fluorochinoloni correla con la loro attività
battericida ed ulifloxacina, presentando i maggiori livelli intracellulari, presenta anche la migliore
attività antibatterica. Inoltre, l'attività di ulifloxacina rispetto a ciprofloxacina e levofloxacina su P.
aeruginosa PAO-1 così come su altri ceppi di Pseudomonas di isolamento clinico riportati in
letteratura (5), indicano che ulifloxacina al momento rappresenta il fluorochinolone più attivo su
questa specie batterica.
Bibliografia:
1.
CLSI M7-A7; Vol. 26 No. 2 Seventh Edition, January 2006.
2.
Piddock LJ, Jin YF, Ricci V, Asuquo AE. J Antimicrob Chemother. 1999 Jan;43(1):61-70.
3.
Shimizu M, Tabata M, Hara T,Araake M,Watabe H, Nishino T. Jpn. J. Antibiot. 2002 Dec,
55(6):791-9.
4.
Piddock LJ, Jin YF, Griggs DJ. J Antimicrob Chemother. 2001 Mar;47(3):261-70.
5.
Roveta S, Schito AM, Marchese A, Schito GC. Int J Antimicrob Agents. 2005 Nov;
26(5):366-72.
51
POSTER
Effetto prebiotico di Opuntia ficus-indica (L.) nei confronti di alcuni ceppi di
Lactobacillus e Bifidobacterium isolati da prodotti probiotici farmaceutici
Milazzo I.°, Costanzo R. °, Fazio D. °, Iauk L. °, Bonina F.*, Blandino G. °
° Dipartimento di Scienze Microbiologiche - Università di Catania
* Dipartimento di Scienze Farmaceutiche - Università di Catania
Introduzione. Le sostanze prebiotiche sono generalmente carboidrati non assorbibili ma fermentabili
in grado di stimolare selettivamente la crescita di batteri probiotici quali Bifidobacterium e
Lactobacillus. Scopo dello studio è stato quello di valutare le potenziali proprietà prebiotiche di estratti
polisaccaridici di Opuntia ficus-indica (L.) in paragone a fruttooligosaccaridi e inulina (ACEF s.p.a),
per i quali sono ben documentate le loro proprietà prebiotiche. Opuntia ficus-indica (L.), membro della
famiglia delle Cactaceae, è una pianta tropicale o subtropicale molto diffusa in Sicilia; i principali
costituenti dei suoi cladodi sono carboidrati contenenti polimeri (mucillagine e pectina).
Materiali e metodi. Abbiamo valutato la capacità degli estratti polisaccaridici dei cladodi di Opuntia
ficus-indica (L.) di promuovere la crescita di ceppi di Lactobacillus e Bifidobacterium isolati da
prodotti probiotici farmaceutici utilizzando il metodo della conta vitale in piastra. I microrganismi
utilizzati sono stati: 1 ceppo di Bifidobacterium bifidum, 1 ceppo di Lactobacillus acidophilus, 1 ceppo
di Lactobacillus plantarum. I ceppi venivano riattivati mediante coltivazione in MRS agar e l'inoculo
veniva effettuato a 37°C in condizioni di microaerofilia per i lattobacilli e di anaerobiosi per i
bifidobatteri. Campioni di ciascun ceppo impiegato per il test venivano inoculati in 4 terreni di coltura
differenti tra loro per il prebiotico aggiunto: MRS broth + Opuntia (10 g/L), MRS broth + FOS (10
g/L), MRS broth + inulina (10 g/L) e MRS broth utilizzato come controllo. La misura della crescita
veniva effettuata per ogni ceppo mediante un prelievo di 0,1 ml al tempo 0 e dopo 4, 8, 12 e 24 h; i
prelievi venivano inoculati su piastre di MRS agar poi incubate per 48h a 37°C in opportuna atmosfera.
Dopo avere effettuato la conta batterica vitale di ogni campione in esame sono state determinate le
rispettive curve di crescita; inoltre per ogni campione, ad ogni intervallo di tempo, è stato determinato
il pH.
Risultati. I risultati mostrano per Opuntia ficus-indica (L.) un effetto prebiotico nei confronti dei 3
ceppi saggiati di Bifidobacterium bifidum, Lactobacillus acidophilus e Lactobacillus plantarum,
paragonabile a quello mostrato dall'inulina e superiore a quello dei FOS. La variazione di pH osservata
nell'arco delle 48 h è di circa 2,50.
Conclusioni. Lo studio mostra che i polisaccaridi estratti da Opuntia ficus-indica (L.) possono essere
buoni candidati per una strategia simbiotica che prevede la somministrazione contemporanea di un
prebiotico e di un ceppo probiotico di Lactobacillus o di Bifidobacterium.
52
POSTER
Caratterizzazione biochimica della b-lattamasi di classe c di origine
plasmidica FOX-7
Jean-Denis Docquier,a,b Silvia Prandi,a Stefania Cresti,a Gian Maria Rossolinia
a
Dipartimento di Biologia Molecolare, Università di Siena; bLaboratoire d'enzymologie, Università di
Liegi (Belgio)
Introduzione: Le b-lattamasi di origine plasmidica (es. enzimi ACT, CMY, MOX e FOX) si
caratterizzano dalla loro attività sulla maggior parte delle cefalosporine (comprese le cefamicine) e
sono debolmente inibite dagli inibitori convenzionali delle b-lattamasi (es. clavulanico, tazobactam)
(1). FOX-7, una nuova b-lattamasi di origine plasmidica è stata identificata in isolati clinici di
Enterobacter cloacae e Klebsiella pneumoniae responsabili di un'epidemia nel Reparto di Terapia
Intensiva Neonatale dell'Azienda Ospedaliera Universitaria di Siena. L'enzima è stato prodotto
utilizzando un sistema di espressione eterologa in Escherichia coli, purificato e sottoposto ad una
dettagliata analisi funzionale.
Metodi: Il gene blaFOX-7 è stato amplificato tramite PCR e clonato nel vettore di espressione pET-9a. Il
plasmide ricombinante pET-FOX-7 è stato utilizzato per trasformare E. coli BL21(DE3). Il ceppo
ottenuto è stato cresciuto in terreno ZYP-5052 (2). L'enzima FOX-7 è stato purificato con due tappe
cromatografiche, uno scambio cationico (pH 6,0) seguito da uno scambio anionico (pH 7,2). I
parametri cinetici (steady state) per l'idrolisi di antibiotici b-lattamici sono stati determinati misurando
spettrofotometricamente le velocità iniziali di reazione. Valori di Km inferiori a 20 mM sono stati
misurati come Ki in un modello di inibizione competitiva (3). I parametri cinetici per l'inattivazione
del'enzima con imipenem, meropenem e aztreonam sono stati misurati utilizzando le cefalotina come
substrato “reporter” (4).
Risultati: Utilizzando il ceppo E. coli BL21(DE3)[pET-FOX-7], sono stati ottenuti 3 mg di enzima
(purezza > 98%). Elevate efficienze catalitiche sono state misurate con la maggior parte dei substrati
saggiati (kcat/Km > 106 M-1.s-1 misurati con ampicillina, penicillina G, cefalotine, cefazoline, cefalessina,
cefamandolo e cefotaxime), mentre il ceftazidime e cefepime sono idrolizzati meno efficientemente
(kcat/Km, 1.8 x 104 e 4.6 x 104 M-1.s-1, respettivamente). I valori di Km variano da 370 mM (cefazolina) a
0.04 mM (cefotaxime). Rispetto ad altri enzimi di tipo FOX, FOX-7 mostra valori di kcat più elevati,
valori di Km più bassi per le penicilline, la cefaloridina e il cefotaxime, e quindi valori di kcat/Km molto
elevati. FOX-7 è inibita dal aztreonam, l'imipenem e il meropenem, quest'ultimo mostrando l'attività
maggiore.
Conclusioni: Una studio dettagliato dell'enzima FOX-7 mostra che l'enzima presenta un'ampio
spettro di attività ed è particolarmente attivo sul cefotaxime, rispetto ad altri enzimi di tipo FOX.
Lavoro finanziato dall'Unione Europea (contratto n° LSHM-CT-2003-503335) e dal MIUR (contratto
n° 2005061894_004).
Bibliografia
1.
2.
3.
4.
Philippon et al. (2002) Antimicrob. Agents Chemother. 46:1-11.
Studier. (2005) Protein Exp. Purif. 41:207-234
Docquier et al. (2002) Antimicrob. Agents Chemother. 46:1823-1830.
De Meester et al. (1987) Biochem. Pharmacol. 36:2393-2403.
53
POSTER
Attività anti-micobatterica di derivati pirrolici del bm-212
Deidda D*., Pompei R*., Biava MA°. e Porretta GC°.
*Dip. Scienze e Tecnologie Biomediche, Univ. Di Cagliari e °Dip. di studi di chimica e Tecnologia
delle Sostanze Biologicamente Attive, Univ. La Sapienza, Roma
Introduzione - L'elevata richiesta di sempre nuovi farmaci contro i micobatteri è in gran parte dovuta
alla comparsa di ceppi di Mycobacterium tuberculosis mono o poliresistenti ai più comuni farmaci
antitubercolari.
Presso il nostro laboratorio in collaborazione col Dipartimento degli Studi di Chimica dell'Università
“La Sapienza“ di Roma è stato intrapreso uno screening di composti azolici a struttura pirrolica di
nuova sintesi su ceppi di M. tuberculosis e micobatteri non tubercolari (NTM)1. Il derivato pirrolico
BM-212 è risultato molto attivo su ceppi di M. tuberculosis resistenti ai comuni farmaci in uso e su un
ceppo intramacrofagico; tuttavia la sua efficacia è sminuita dalla tossicità ancora piuttosto elevata in
vitro2. Da qui è derivata l'opportunità di studiare nuovi derivati pirrolici sempre più efficaci nell'inibire
i micobatteri e meno tossici sulle colture cellulari.
Metodi - Attraverso l'analisi del rapporto struttura attività, la costruzione di un modello farmacoforo a
4 regioni per composti antimicobatterici, di diversi composti in studio, sono stati individuati quattro
composti (BM-424, BM-426, BM-516 e BM-521) in grado di inibire la crescita dei micobatteri in
modo più efficace rispetto al BM-212.
Risultati - Questi composti sono molto meno tossici e con attività antimicobatterica maggiore o
leggermente inferiore al BM-212 e comunque è stato raggiunto lo scopo di ottenere composti con un
indice elevato di protezione (IP=MNTD50/MIC): il BM-521 riporta un IP di 256, superire anche a
Streptomicina e Rifampicina usati come controllo.I quattro composti risultano in grado di inibire
alcuni ceppi di M. tuberculosis di origine clinica resistenti ai più importanti farmaci antitubercolari in
uso e risultano attivi a dosi basse nell'inibire la crescita e la vitalità di bacilli tubercolari intracellulari.
Tabella - Attività citotossica e attività inibente sul Mycobacterium tuberculosis e Indice di
protezione (IP) dei composti BM e dei controlli
Composti
BM-212
BM-424
BM-426
BM-516
BM-521
Isoniazide
Streptomicin a
Rifampicina
Attività citotossica
MNTD50 (mg/ml)
Su Cellule Vero
1,56
32
8
32
64
32
> 64
64
Attività antimicobatterica
MIC (mg/ml)
M. tuberculosis 103471
0,8
1
0,4
1
0,25
0,25
0,5
0,3
IP
MNTD50/ MIC
1,95
32
20
32
256
128
>128
213
MNTD50: massima dose non tossica;
MIC: minima concentrazione inibente; IP: indice di protezione.
54
L'attività antimicobatterica riportata sembra alquanto selettiva, infatti, fatta accezione per
BM-426 e BM-521, che inibiscono anche il M. avium, gli altri composti non inibiscono i
Micobatteri atipici da noi utilizzati, M. smegmatis, M. gordonae e M. Marinum.
Commento - In conclusione in questo lavoro sono stati individuati dei composti con indice di
protezione di assoluto valore anche dal punto di vista farmacologico, con attività anti-tubercolare
specifica, con elevata attività anche su ceppi clinici antibiotico-resistenti e con attività battericida
anche sui micobatteri intramacrofagi.
Occorre adesso approfondire il meccanismo d'azione, che sembra coinvolgere il citocromo P450 e
di conseguenza la sintesi di lipidi complessi della parete cellulare, e l'efficacia di questi nuovi
chemioterapici in modelli in vivo.
Bibliografia
1. D. Deidda, G. Lampis, R. Pompei, M. Biava, R. Fioravanti, G.C. Porretta. Attività
antimicobatterica di nuovi derivati benzopirrolici. L'igiene moderna,109: 365-378, 1998.
2. D. Deidda, G. Lampis, R. Fioravanti, M. Biava, G.C. Porretta, S. Zanetti, R. Pompei.
Bactericidal activities of the pyrrole Derivative BM212 against Multidrug-Resistant and
Intramacrophagic Mycobacterium tuberculosis Strains, Antimicrobial Agents Chemotheray. 42:
3035-3037, 1998.
55
POSTER
Ocratossina A prodotta da Aspergillus e Penicillium species in succo d'arancia
fresco (Citrus sinensis) cultivar tarocco.
C. Fiorentino, A. Nostro, G. Bisignano,G. Crisafi, F. Pizzimenti, A. Marino.
Dipartimento Farmaco-Biologico. Università degli Studi di Messina.
e-mail: [email protected]
INTRODUZIONE. L'Ocratossina A (OTA) è una micotossina, con proprietà nefrotossiche,
cancerogene, teratogene e immunosoppressive, pericolosa per la salute dell'uomo. Il regolamento
(CE) definisce i tenori massimi consentiti di OTA nei cereali, nella frutta secca della vite, nel caffè, nel
vino e prevede di fissare, in base ad una valutazione aggiornata dei rischi, il massimo consentito in altri
prodotti alimentari (2). L'obiettivo di questo studio è stato quello di verificare il contenuto di
ocratossina A, prodotta da ceppi standard: Aspergillus ochraceus NRRL 3174, Aspergillus ochraceus
ATCC 22947, Aspergillus niger ATCC 16404 e da ceppi di origine ambientale: Aspergillus sp. e
Penicillium sp., in succo d'arancia fresco (Citrus sinensis) cultivar Tarocco.
METODI. Al fine di ottenere colture in sporulazione, le muffe sono state fatte crescere su piastre di
malt extract agar (MEA) e incubate a 25°C per 7 giorni. Per la produzione della tossina le muffe sono
state seminate sia su un terreno sintetico, yeast extract sucrose agar (YES), sia su un terreno naturale
agarizzato a base di succo d'arancia (AA). Dopo 7 giorni a 25°C, per ogni ceppo, sono stati prelevati 4
“plugs” di agar da differenti punti di una colonia, sia da YES che da AA, e posti in provette contenenti 1
ml di miscela metanolo e acido formico per l'estrazione della tossina. Dopo 60' gli estratti sono stati
filtrati, concentrati e ripresi con una soluzione di bicarbonato di sodio. L'analisi quantitativa è stata
determinata mediante un dosaggio immunoenzimatico (ELISA) (1, 3).
RISULTATI. Dai risultati ottenuti si evidenzia come per le muffe in studio il succo d'arancia sia un
buon substrato per la produzione di ocratossina A. Aspergillus ochraceus NRRL 3174 e Penicillium sp.
producono ocratossina A in concentrazione maggiore nel terreno AA, mentre Aspergillus ochraceus
ATCC 22947 e Aspergillus niger ATCC 16404 nel terreno YES. Non si riscontrano differenze
apprezzabili per Aspergillus sp.
CONCLUSIONI. Il succo d'arancia fresco, alimento di largo consumo, ha mostrato di essere un buon
substrato per la produzione di questa tossina. Da qui la necessità di approfondire le conoscenze
monitorando le concentrazioni della tossina durante tutto il percorso produttivo dell'alimento al fine di
stabilire il tenore massimo consentito a tutela della salute del consumatore. BIBLIOGRAFIA. 1.
Bragulat, M. R., Abarca, M. L., Cabanes. F. J. (2001). An easy screening method for fungi producing
ochratoxin A in pure culture. I. J. Food. Microbiol. 71, 139-144. 2. Esteban, A., Abarca, M. L.,
Bragulat, M. R., Cabañes, F. J. (2004). Effects of temperature and incubation time on production of
Ochratoxin A by black aspergilli. Res. Microbiol. 155, 861-866. 3. Zheng, Z., Hanneken, J., Houchins,
D., King, R. S., Lee, P., Richard, J. L. (2005). Validation of an ELISA test kit for the detection of
ochratoxin A in several food commodities by comparison with HPLC. Mycopathologia. 159, 265-272.
56
POSTER
Produzione e caratterizzazione di biomassa microbica ottenuta dalle acque di
vegetazione dell'industria olearia
Samuela Laconia, Giovanni Molleb, Antonio Cabiddub, Raffaello Pompeia,c*
Sezione di Microbiologia Applicata, Università di Cagliari, via Porcell 4, 09124 Cagliari,;
b
Istituto Zootecnico Caseario di Sassari; cBiotecne Cagliari.
a
L'acqua di vegetazione (ADV) si ottiene dalla molitura delle olive per la produzione di olio. Si tratta
di un sottoprodotto povero di sostanze azotate ma piuttosto ricco di zuccheri semplici, quali glucosio
mannoso e pentosi, sostanze pectiche, emicellulose, nonché di potassio, magnesio e sali di fosforo.
Sono inoltre presenti alte concentrazioni di polifenoli ed enzimi, che rendono l' ADV poco degradabile
in ambiente naturale. Di conseguenza prima di essere smaltita, sono necessari dei trattamenti chimici e
microbiologici, in quanto risulta in grado di modificare la flora microbica del suolo con notevole
attività antibatterica ed effetti fitopatogeni.
Scopo del lavoro Questo lavoro si propone di utilizzare una miscela di microrganismi rappresentati
da alcuni ceppi di basidiomiceti ligninolitici del genere Pleurotus ( Pleurotus floridae, Pl.eryngii, Pl.
ostreatus, P. sajor-caju)e lieviti quali Hansenula polymorpha e Kluyveromyces lactis, e alcuni funghi
filamentosi del genere Oidodendron e Penicillum, in grado di crescere nelle ADV e di trasformare la
sostanza organica in biomasse utili impiegabili nel settore mangimistico e in agricoltura.
Materiali e metodi - L' ADV convogliata in serbatoi di capienza intorno ai 5000 L. viene subito
sottoposta ad un trattamento alcalinizzante e ossidante (con calce e perossido di idrogeno). I
microrganismi adattati in colture liquide di ADV sterile e trattata, vengono inoculati ad una
concentrazione di 106 ufc/ml . Durante la fermentazione, dalla durata di 3 settimane a temperatura
ambiente, vengono determinati i parametri chimici e di produttività, quali biomassa umida e
parzialmente disidratata, concentrazione proteica totale e insolubile, fibre, minerali, lipidi, vitamine,
zuccheri riducenti, C.O.D, B.O.D e polifenoli.
Risultati e discussioni - L'intenso trattamento chimico determina un forte abbattimento delle
componenti tossiche con un aumento del pH che crea condizioni ottimali per lo sviluppo dei
microrganismi adattati all'ADV. La biomassa fungina aumenta fino alla fine della seconda settimana di
fermentazione con valori di 108-109 ufc/ml; dagli esami effettuati inoltre, presenta valori interessanti
per concentrazione di sostanza organica ad elevato valore proteico e contenuto in fibre. Si osserva
inoltre un utilizzo quasi totale degli zuccheri riducenti mentre la concentrazione proteica rimane
costante per tutta la durata della fermentazione. Si osserva una notevole riduzione di C.O.D, B.O.D e
contenuto in polifenoli già dopo il trattamento chimico, che si completa con un abbattimento pressoché
totale ad opera della crescita microbica.
Conclusioni: il trattamento con sostanze alcalinizzanti e ossidanti e la miscela di microrganismi
selezionati, trasforma un refluo industriale altamente inquinante in un liquido con una tossicità ridotta
dell'80-90% rispetto all'originale. Per di più, dal processo di fermentazione si ottiene una biomassa
microbica ad elevato valore nutrizionale per contenuto proteico, fibre e digeribilità, che ne fa
prospettare un utilizzo come integratore alimentare in ambito zootecnico o come ammendante
agricolo.
57
POSTER
Valutazione dell'uso farmaceutico e cosmetico delle piante utilizzate nella
medicina popolare dei pigmei baka del Camerun.
P. Grisoli1, T. Ngueyem2, D. Rossi3, C. Dacarro1, G. Caccialanza2.
Dipartimento di Farmacologia Sperimentale ed Applicata; 2Dipartimento di Chimica Farmaceutica.
Facoltà di Farmacia; 3Centro di Etnobiofarmacia -Università di Pavia.
1
I prodotti di origine naturale sono attualmente oggetto di numerose ricerche che hanno lo scopo di
approfondire le conoscenze sulle loro caratteristiche e di individuare nuovi principi attivi. Lo studio
delle tradizioni ataviche che si tramandano oralmente presso popolazioni non ancora sviluppate
consente di non disperdere importanti aspetti della cultura popolare; l'individuazione di proprietà
terapeutiche dei rimedi basati su conoscenze empiriche può consentire la loro standardizzazione e il
loro miglioramento con lo scopo di renderli disponibili, a basso costo, nei luoghi stessi in cui vengono
prodotti. Sono, inoltre, molto importanti le possibilità di impiego di principi attivi di origine vegetale
sia per l'industria farmaceutica sia per quella cosmetica.
Il Centro di Etnobiofarmacia dell'Università degli Studi di Pavia, nel febbraio 2006, ha iniziato
un'indagine etnobotanica presso la popolazione dei pigmei Baka del sud Camerun con lo scopo di
descrivere metodi terapeutici tradizionali basati sull'uso di piante autoctone. Sono stati visitati 20
accampamenti situati nelle foreste dei distretti di Djoum e di Mintom. Attraverso le interviste alla
popolazione e agli sciamani sono state individuate alcune strategie attuate per ottenere la guarigione,
basate su conoscenze empiriche delle proprietà terapeutiche delle piante della foresta. Le piante
indicate dai pigmei sono state raccolte e sono state identificate dai botanici dell'erbario nazionale
camerunese di Yaounde; ad ogni pianta è stata attribuita la probabile azione curativa secondo le
indicazioni fornite dagli indigeni. L'attenzione sarà inizialmente rivolta verso lo studio delle
caratteristiche farmacologiche di 13 piante segnalate dagli sciamani; in particolare Bridelia grandis
per la quale viene decritta un'azione contro il mal di denti, Combretodendron macrocarpum indicata
per la disinfezione della cute, Cyclodiscus gabunensis utilizzato per la detersione delle superfici
corporee. I pigmei hanno indicato inoltre un decotto composto dalle seguenti sei piante: Cassia alata,
Bidens pilosa, Carica papaya, Cymbon pogon, Citrus lemon, Picralima nitida da loro utilizzato
come rimedio antimalarico. L'indagine ha consentito di evidenziare che le tradizioni trasmesse
oralmente talvolta sono parzialmente condivise tra le varie etnie presenti sui territori visitati.
Relativamente a rimedi indicati come utili per la terapia di infezioni ad eziologia batterica, è stato
individuato un decotto di cortecce provenienti da 4 piante (Combretodendron macrocarpum,
Cyclodiscus gabunensis, Penthacletra macrophylla, pianta non identificata) proposto dai Bantu come
rimedio contro la febbre tifoide; le piante utilizzate per la preparazione del decotto sono state indicate
anche dai pigmei per usi simili.
Lo studio dell'efficacia delle piante sarà rivolto inizialmente alla valutazione dell'attività
antimicrobica di estratti acquosi liofilizzati ricavati dalle cortecce delle piante individuate. I dati
preliminari ottenuti dimostrano che Bridelia grandis, indicata dagli indigeni come rimedio per il mal
di denti, possiede attività antibatterica contro Streptococcus mutans ATCC 9102 con un valore di MIC
pari a 50 g/ml di estratto, equivalente a 351.3 g/ml di corteccia e di MBC pari a 75 g/ml di estratto; B.
grandis è attiva anche contro S. aureus ATCC 6538 con MIC pari a 50 g/ml di estratto, equivalente a
351,3 g/ml di corteccia e di MBC pari a 100 g/ml di estratto.
Il proseguimento delle ricerche consentirà di verificare l'effettiva correlazione tra gli usi indicati dagli
indigeni per le varie piante e la loro reale attività. Saranno inoltre caratterizzati i principi attivi
contenuti nei fitocomplessi.
58
POSTER
Post antifungal effect (pafe) di olio essenziale di origano spagnolo
(Thymus capitatus L.) da solo in combinazione con amphotericina B su
Candida albicans
Manuela D'Arrigo, Domenico Trombetta, Giovanna Ginestra., Giuseppe Bisignano
1
Dip. Farmaco-Biologico, Facoltà di Farmacia, Università di Messina
L'origano spagnolo, originario della regione mediterranea, contiene il 60-75% di composti fenolici,
del metabolismo secondario della pianta, principalmente carvacrolo (13-74%) e timolo (1-39%), più e -pinene, tuione, canfene, carene, mircene, terpinene, limonene, -fellandrene, cis-O-cimene, terpinene alcuni dei quali, da soli o in associazione, hanno mostrato attività batteriostatica o
battericida su batteri patogeni come E. coli, Pseudomonas aeruginosa, Staphylococcus aureus nonché
su lieviti della specie Candida .
Le infezioni opportunistiche orali causate da C. albicans e non-C, albicans sono in continuo aumento
e la terapia topica con polieni quali l'Amphotericina B e' in notevole uso anche per limitare le possibili
infezioni sistemiche.
Il PAFE è descritto come la soppressione della ricrescita fungina che persiste dopo una breve
esposizione all'agente antimicotico(dosi inibenti e subinibenti) e ciò ha notevole rilevanza nel
dosaggio terapeutico della pratica clinica.
OBIETTIVO: osservare il PAFE dell'associazione AMB-olio rispetto al PAFE dell'antimicotico e
dell'olio quando usati singolarmente .
METODI: le MIC dell'AMB e dell'olio sono state determinate con il metodo della microdiluizione in
brodo secondo le direttive NCCLS. Curve di mortalità dell'associazione AMB-olio essenziale sono
state effettuate per seguire l'andamento dell'abbattimento della carica microbica causato dalle sostanze
da sole ed in combinazione tra loro. Inoltre, il sinergismo tra le due sostanze è stato valutato con il
metodo della scacchiera su quattro ceppi di isolamento clinico e sul ceppo ATCC 10231 di C. albicans .
Per l'esecuzione del PAFE colture di C. albicans ATCC 10231 , in fase stazionaria di crescita ed in fase
Log, sono state esposte all'AMB, all'olio essenziale a diverse concentrazioni e alla loro associazione.
Il PAFE è stato valutato, attraverso la variazione delle OD, al Bioscreen®. Conte vitali sono state
effettuate in parallelo.
RISULTATI: dai dati ottenuti con il metodo della scacchiera per valutare l'effetto dell'associazione
AMB - olio essenziale Thymus capitatus L. hanno dimostrato essere sinergici con un FICI < 1 come
anche dimostrato dall'andamento delle curve di mortalità. Il PAFE, calcolato come la differenza di
tempo per il ceppo esposto e per il corrispondente controllo a raggiungere un punto definito(A50) nella
curva OD, corrispondente al 50% della massima densità ottica raggiunta dal controllo, è risultato
essere significativamente maggiore nell'associazione AMB-olio rispetto a quello prodotto dall'AMB e
dall'olio singolarmente.
BIBLIOGRAFIA
Trombetta D, Castelli F, Saija A, Mazzanti G, Bisignano G. M echanisms of antibacterial action of
three monoterpenes. Antimicrob Agents Chemother. 2005 Jun;49(6):2474-8.
59
POSTER
Valutazione dell'attivita' antibatterica su estratti di semi di Citrus bergamia
Risso & Poiteau
F.C. Pizzimenti*, A. Nostro*, A.Marino*, C.Naccari*, A.Pizzimenti**, G. Crisafi*,
C. Fiorentino*, V. Sdrafkakis*
* Dip. Farmaco-Biologico-Facoltà di Farmacia-Università di Messina
**Dip. di Sanità Pubblica Veterinaria- Facoltà di Medicina Veterinaria-Università di Messina
Introduzione
Citrus bergamia Risso & Poiteau (Bergamotto) è una pianta appartenente alla famiglia delle Rutacee,
sottofamiglia Aurantioideae. Cresce in una zona piuttosto limitata della Calabria meridionale
compresa tra Villa S.Giovanni e Gioiosa Jonica tra il mare Jonio ed il mare Tirreno.
In precedenti ricerche sono tate effettuate indagini circa l'attività antimicrobica dell'olio essenziale di
bergamotto, ottenuto con vari metodi di estrazione e su sottoprodotti della sua lavorazione. Sono stati
testati batteri Gram positivi, Gram negativi sia ATCC che di isolamento clinico, dermatofiti quali
Microsporum canis, Epidermophyton floccosum, Tricophyton. mentagrophytes, e miceti quali
Candida albicans e Aspergillus niger.
Come proseguimento della ricerca di nuovi principi attivi di origine naturale con potenziale attività
antimicrobica la nostra attenzione si è adesso rivolta allo studio degli estratti ottenuti con vari solventi
organici dalla polvere ricavata dai semi del bergamotto.
Metodi: Estrazione dai semi- I semi estratti dai frutti di bergamotto raccolti 24 ore prima,sono stati
triturati finemente e quindi sottoposti ad estrazioni separate con a) metanolo a caldo in apparecchio
soxlhet per 8 ore; b) con metanolo a freddo per 24 ore; con cloroformio a freddo per 24 ore.
Ceppi batterici- Sono stati saggiati i seguenti ceppi batterici di isolamento clinico: Ps. Aeruginosa
(5),S.marcescens (2),St. aureus(7), E. coli (5), P. mirabilis(7), C. albicans (2) e ceppi ATCC.
Standardizzazione dell'inoculo- I ceppi batterici sono stati seminati su TSA e termostatati a 37°C; le
candide sono state coltivate su Sabouraud agar a 30°C per 24 ore.
1-2 colonie di cellule batteriche sono state trasferite in MHB, le candide sono state poste in Sabouraud
broth. Le sospensioni microbiche ottenute sono state quindi diluite mediamente 1:30 (v/v)con MHB e
quindi lette allo spettrofotometro alla lunghezza d'onda di 540 nm. I valori di trasmittanza (T) ottenuti
per ogni ceppo batterico corrispondevano ad una carica microbica di 1.108 CFU/ml.
Valutazione dell'attività antibatterica- Il test è stato eseguito mediante il metodo di diffusione in piastra
su terreno agarizzato. Sono state inoltre effettuate le determinazioni delle Concentrazioni Minime
Inibenti (MICs) mediante il metodo della microdiluizione in terreno liquido e le relative
Concentrazioni Minime Battericide (MBC).
Risultati- I risultati hanno evidenziato una ottima attività antibatterica degli estratti metanolici,
soprattutto quello a freddo ed in particolare contro Ps. Aeruginosa. Nessuna attività è stata riscontrata
con l'estratto cloroformico. I ceppi di candida albicans non si sono dimostrati sensibili a nessuno degli
estratti saggiati.
Conclusioni- I valori riscontrati di MIC ed MBC coincidono per cui si può dedurre che l'effetto
esercitato dagli estratti è battericida. L'estratto metanolico a freddo è leggermente più efficace di
quello a caldo perché evidentemente l'effetto della temperatura in quest'ultimo degrada qualche
principio attivo con attività antibatterica. Indagini preliminari fanno ritenere la presenza di limonoidi
quali deacitil nomilina, abacunone, nomilina, limonina. Tali componenti probabilmente esplicano una
modificazione della permeabilità di membrana e delle attività enzimatiche con particolare riferimento
al trasporto degli aminoacidi.
Bibliografia
-In vitro inhibition of the growth of H.Pylori by bergamot essential oil- F.C.Pizzimenti et al. 35th Int.
Symposium on essential oils ISEO 2004 Messina Italy
-Sottoprodotto della lavorazione di Citrus B.R.&P. come preservante cosmetico di origine naturale:
valutazione in vitro su HRE-F.C.Pizzimenti et al. Kosmetica 2003.
60
POSTER
Ricerca di Legionella spp.mediante metodi culturali e
Tecniche molecolari.
M.A. Madeddu*, F.Carta*, R. Muggianu°, P.Meloni°, A.Ingianni, A.Contu°, R.Pompei*
*Dip. Scienze e Tecnologie Biomediche, Sez. di Microbiologia Applicata e Tecnologie Biomediche,
° Dip. di Sanità Pubblica, Sez.di Igiene, Università degli Studi di Cagliari.
INTRODUZIONE:
La legionellosi anche definita “Malattia dei legionari” è una patologia che interessa per lo più
l'apparato respiratorio, conseguente all'infezione da Legionella pneumophila.
Il genere Legionella è attualmente l'unico componente della famiglia delle Legionellaceae. Si tratta di
microrganismi a bassa virulenza di cui sono state identificate almeno 48 specie, distinte in 70
sierogruppi.
L'esistenza di fattori predisponenti, quali immunodepressione, età avanzata, sesso, malattie
polmonari etc, e fattori determinanti quali formazioni di aerosol prodotti da rubinetti, torri di
raffreddamento etc, favoriscono un aumento dell'incidenza di questa patologia..
Il metodo diagnostico di elezione è l'isolamento e l'identificazione del microrganismo tramite
metodi colturali, che hanno come svantaggio tempi di crescita lunghi (4-10 giorni), l'isolamento di
altre specie batteriche e la presenza di legionelle vitali ma non coltivabili (VBNC) presenti in alcuni
campioni. La diagnosi mediante le tecniche molecolari (PCR) supera gli inconvenienti del metodo
colturale, esse permettono di acquisire velocemente dei risultati e ritrovare le legionelle VBNC.
MATERIALI E METODI:
È stata effettuata un'indagine epidemiologica sulla presenza di Legionella nell'acqua sanitaria di
una struttura nosocomiale della città di Cagliari e nel periodo compreso tra il Giugno 2004 e
Novembre 2005 sono stati raccolti 60 campioni.
Metodo colturale Il campione in laboratorio è concentrato mediante filtrazione e seminato sulla
superficie del terreno selettivo BCYE selective; un aliquota subisce un trattamento termico
selettivo, con successiva semina su terreno BCYE selective. Le piastre vengono incubate in
microaerofilia a 37°C per circa 7 giorni, in assenza di crescita sono ulteriormente incubate e si
osservano al decimo giorno prima di considerare negativo il campione in esame.
Le colonie eventualmente cresciute vanno osservate per le loro caratteristiche macroscopiche e,
ulteriormente seminate in BCYE- base e in parallelo in agar-sangue; incubate per 48 h a 37°C in giara
in ambiente umido.. Le colonie vengono sottoposte all'analisi della catalasi, colorazione di Gram
modificata e tipizzazione antigenica.
Metodo molecolare I campioni d'acqua, prelevati in bottiglie sterili da 1l, vengono centrifugati, il
pellet raccolto viene risospeso in tampone fosfato (PBS) 1X e il DNA estratto mediante kit
commerciale. La ricerca delle sequenze geniche di Legionella spp e Legionella pneumophila viene
eseguita mediante saggio di PCR che prevede l'amplificazione del gene 16S rRNA (386pb) per la
ricerca di Legionella spp e del gene MIP (650 pb) per Legionella pneumophila.
I prodotti di amplificazione vengono evidenziati mediante analisi elettroforetica su gel di agarosio
contenente bromuro di etidio.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
L'obiettivo primario del nostro lavoro era quello di stabilire la presenza di questo microrganismo
nonostante l'assenza conclamata di casi di Legionellosi. A fronte dei 60 campioni analizzati, sono
stati isolati 15 ceppi di Legionella appartenenti a diversi sierotipi. Legionella sierotipo 2-14 è
risultato il più rappresentato. I risultati ottenuti con l'analisi colturale sono stati altresì supportati
dall'analisi molecolare tramite PCR. In numerosi casi l'esame con tecniche molecolari ha dato
risultati positivi, nonostante l'esame culturale risultasse negativo. Questi dati vengono analizzati in
modo critico. Nonostante gli alti livelli di contaminazione da Legionella, nessun caso di
legionellosi nel nosocomio esaminato è stato segnalato nel periodo dello studio.
61
POSTER
Attività antivirale di estratti di Emblica officinalis nei confronti del virus
dell'Herpes simplex di tipo 1 e di tipo 2.
F. Rinaldi, M. Manservigi, I. Lampronti, M. Lufino, M.T.H. Khab, R. Gambari e R. Manservigi
Dipartimenti di Medicina Sperimentale e Diagnostica e di Biochimica e Biologia Molecolare,
Università di Ferrara
Introduzione. I principali farmaci utilizzati per la terapia e la profilassi delle infezioni primarie e
ricorrenti da virus dell'Herpes simplex (HSV) sono gli analoghi nucleosidici. La loro efficacia è però
limitata dal fatto che un utilizzo prolungato degli analoghi nucleosidici induce resistenza da parte del
virus specialmente in pazienti immunocompromessi. Secondo alcuni studi, l'incidenza di forme virali
resistenti all'ACV è intorno al 5% e raggiunge il 14% nei pazienti che hanno subito un trapianto di
midollo osseo. Questi dati evidenziano l'importanza di ricercare nuovi e più efficaci agenti antivirali
per la cura delle infezioni da HSV. Un ambito di ricerca particolarmente interessante da cui sono già
stati ottenuti notevoli risultati, è rappresentato dalla medicina naturale. Secondo la WHO (World
Health Organization), infatti, l'80% della popolazione si affida principalmente a medicine tradizionali
per la cura e la prevenzione di varie patologie e la maggior parte di queste terapie coinvolge l'uso di
estratti naturali di piante o dei loro principi attivi. In molte piante medicinali si è riscontrata anche una
notevole attività antivirale ed in particolare antierpetica associata spesso ad un'attività antibatterica e
antitumorale. Studi recenti hanno evidenziato che l'Emblica officinalis, pianta medicinale ampiamente
utilizzata nella medicina ajurvedica per le sue proprietà antinfiammatorie, epatoprotettive,
antifungine, antibatteriche, diuretiche e antiossidanti, possiede anche un notevole effetto
antiproliferativo. In passato diverse piante medicinali, dotate di attività antiproliferativa, hanno
successivamente dimostrato avere anche proprietà antivirali nei confronti del virus dell'Herpes
simplex (VHS). Da questa osservazione è derivata l'ipotesi che anche l'Emblica officinalis possa
presentare attività antivirale nei confronti del VHS. Per verificare questa ipotesi, estratti in etanolo
(S1) e in N-butanolo (S3), derivati dalla pianta, e due dei principi attivi contenuti in tali estratti, il
pirogallolo e la 5-idrossiisochinolina, sono stati utilizzati in una serie di esperimenti volti a valutarne
l'attività antivirale nei confronti di HSV-1 e HSV-2.
Metodi e Risultati. L'attività antierpetica dei composti S1, S3, del pirogallolo e della isoquinolina
sono stati valutati mediante un test di riduzione delle placche (PRA), in seguito ad infezione di cellule
Vero con 200 pfu del ceppo F di HSV-1 o del ceppo G di HSV-2 ed in presenza di concentrazioni scalari
dei composti. I risultati ottenuti hanno dimostrato che l'attività antivirale dei diversi composti, definita
come la concentrazione della sostanza che riduce la capacità infettante del virus del 50% (IC50), era di
1.1 g/ml (S1), 1.0 g/ml (S3) e 50 M (Pyr) nei confronti di HSV-1 e 0.9 g/ml (S1), 0.7 g/ml (S3) e 40 M
per HSV-2. La citotossicità dei composti è stata determinata mediante un test colorimetrico basato
sulla riduzione di sali di tetrazolio (XTT) ed è stata riportata come la concentrazione richiesta per
uccidere il 50% delle cellule (CC50). L'indice terapeutico (IT), che rappresenta il rapporto fra CC50 e
IC50, ha dimostrato valori compresi fra 363 e 571 per S1e S2 e fra 12 e 15 per il Pyr, nei confronti di
entrambi i sierotipi. In generale un antivirale è giudicato positivamente quando il suo IT è maggiore di
10. Per studiare i meccanismi che sono alla base dell'attività antivirale dei composti in esami è stata
analizzata (a) la loro attività virucida, (b) l'attività antivirale nel corso del processo infettivo “time
course” e (c) la capacità di agire sull'assorbimento e la penetrazione del virus nella cellula. Inoltre è
stato analizzato l'effetto additivo o sinergico dei composti in associazione con l'aciclovir. Infine,
l'attività antivirale dei diversi composti è stata valutata nei confronti di ceppi di HSV-1 e HSV-2
resistenti all'aciclovir.
Conclusioni. Estratti di emblica officinalis ed uno dei componenti attivi , il pirogallolo, hanno
dimostrato una buona attività antivirale in vitro.sia nei confronti dei due sierotipi di HSV che di ceppi
resistenti all'aciclovir. I nostri dati indicano inoltre che i composti analizzati interferiscono con le fasi
di attacco e/o di penetrazione del virus alla cellula, anche se questi estratti possono contenere altri
composti antivirali che inibiscono la replicazione di HSV con diversi meccanismi.
62
POSTER
Studio della attività di una nuova classe di isotiosemicarbazoni nei confronti
di Aspergillus spp. di isolamento clinico
Lorenza Chisua, Maria Cristina Cardiab, Manuela Saddia, Barbara Saddic, Elias Maccionib,
Alessandro De Logua
a
Sezione di Microbiologia Medica, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche, Università di
Cagliari
b
Dipartimento Farmaco Chimico Tecnologico, Università di Cagliari
c
Laboratorio di Microbiologia, Laboratorio di Analisi, Ospedale SS. Trinità, Cagliari
Aspergillus flavus, A. fumigatus, A. niger e A. terreus sono le specie del genere Aspergillus più
frequentemente responsabili di infezioni localizzate e disseminate nei pazienti immunocompromessi,
in particolare quelli con immunità cellulo-mediata depressa o con malattia cavitaria cronica. Il
micetoma si può manifestare in pazienti con cavità polmonari causate da tubercolosi o istoplasmosi.
L'aspergillosi invasiva in conseguenza del micetoma può esitare in polmonite necrotizzante
fulminante ed eventualmente evolvere in aspergillosi disseminata. L'aspergillosi disseminata è in
genere rapidamente fatale se non viene diagnosticata precocemente e trattata adeguatamente. Il
trattamento nel paziente immunodepresso si basa sull'impiego dell'amfotericina B (AmB),
eventualmente in associazione con rifampcina, e dell'itraconazolo. Tra gli effetti nel corso della terapia
con AmB la nefrotossicità è quello più frequente, e viene significativamente aumentato in caso di
somministrazione contemporanea di altri farmaci nefrotossici come la ciclosporina. Le recenti
formulazioni lipidiche dell'AmB (LAmB, ABCD, ecc.) si dimostrano generalmente meno tossiche,
conservando comunque la capacità di stimolare l'attività antifungina da parte dei monociti nei
confronti di A. fumigatus. Il loro impiego in terapia è tuttavia ancora limitato dai costi elevati. La
diffusione dei ceppi con resistenza all'itraconazolo per sostituzione di Gly54 in Cyp51A, seppure
ancora limitata, è in aumento tra i pazienti sottoposti a terapia prolungata. Emerge pertanto la necessità
di nuovi farmaci a bassa tossicità per il trattamento delle infezioni sostenute d Aspergillus spp.
Nell'ambito di uno studio condotto sulla attività antifungina di una nuova classe di derivati ciclici
isotiosemicarbazonici, abbiamo valutato l'attività di tali derivati nei confronti di A. niger e A. flavus
isolati da campioni clinici. La sensibilità degli isolati è stata determinata secondo il metodo M38-A del
NCCLS in RPMI 1640 tamponato a pH 7.0 con MOPS. La citotossicità è stata determinata mediante
riduzione di 3-(4,5-dimetiltiazol-2-il)-2,5difenil tetrazolio bromuro (MTT) in monostrati di cellule
VERO. I derivati isotiosemicarbazonici studiati hanno mostrato una bassa tossicità cellulare e una
buona attività nei confronti degli isolati di Aspergillus impiegati. In particolare, uno di tali derivati si è
mostrato quattro volte più attivo dell'AmB e cinque volte più attivo dell'itraconazolo nei confronti di A.
niger. In conseguenza dei bassi valori di tossicità cellulare, l'indice di selettività si è dimostrato
significativamente superiore di quello determinato per AmB. I derivati isotiosemicarbazonici possono
dunque rappresentare un valido nucleo per lo sviluppo di farmaci per il controllo delle infezioni
sostenute da Aspergillus spp nel paziente immunodepresso.
63
POSTER
Attività intramacrofagica di nuovi agenti antitubercolari
per il trattamento delle infezioni sostenute da ceppi MDR
Mediante inibizione selettiva della RNA polimerasi
Manuela Saddia, Larisa H. Palchykovskab, Lorenza Chisua, Valentina H. Kostinab, Tatyana S.
Shestakovab, Inna V. Alexeevab, Barbara Saddic, Anatoly D. Shvedb, Alessandro De Logua
A
Sezione di Microbiologia Medica, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche, Università di
Cagliari
b
Department of Molecular Virology, Institute of Molecular Biology and Genetics, National Academy of
Sciences of Ukraine, Kiev, Ukraine
c
Laboratorio di Microbiologia, Laboratorio di Analisi, Ospedale SS. Trinità, Cagliari
Nonostante i programmi di controllo e di intervento terapeutico proposti dall'WHO, il numero dei casi
di infezione sostenuta da Mycobacterium tuberculosis ed il tasso di mortalità della tubercolosi sono
ancora elevati nei Paesi in via di sviluppo e nei Paesi industrializzati. Oltre ai noti fattori concomitanti
che hanno determinato una recrudescenza del fenomeno tubercolosi, rimane difficile la individuazione
di nuovi farmaci a causa di alcune caratteristiche proprie di M. tuberculosis come la idrofobicità della
parete cellulare. Gli strumenti terapeutici disponibili per il trattamento della tubercolosi non sono
infatti molto cambiati negli ultimi 40 anni. Inoltre l'aumentata incidenza degli isolati resistenti e MDR
rende ulteriormente problematico un approccio terapeutico efficace. Tra i farmaci antitubercolari di
prima scelta è in aumento l'incidenza della resistenza nei confronti delle rifamicine (RIF), e questa è
spesso associata a resistenza per farmaci di prima e seconda scelta. Gli isolati RIF-R presentano
mutazioni (RIFr) nel gene rpoB che codifica per le subunità b della RNAP, determinando una riduzione
della affinità del legame RIF-RNAP in conseguenza di variazioni in dodici aminoacidi specificamente
coinvolti in tale legame. Abbiamo individuato una nuova serie di derivati dell'acido fenazin-1carbossilico, un metabolita di una classe di antibiotici fenazinici prodotti da Pseudomonas in grado di
inibire la RNA pol DNA dipendente di T7, funzionalmente analoga alla RNA pol di M. tuberculosis.
L'attività di tali derivati è stata valutata nei confronti di M. tuberculosis H37Rv ATCC 27294, RIF-R
ATCC 35838, INH-R ATCC35822, PZA-R ATCC 35828, SM-R ATCC 35820 e isolati clinici
comprendenti ceppi sensibili, resistenti e MDR. Alcuni di tali derivati mostrano valori di MIC
paragonabili a quelli determinati per INH e RIF nei confronti dei ceppi sensibili e si dimostrano
generalmente più attivi di SM e EMB. I derivati più attivi mostrano valori di MIC determinati nei
confronti dei ceppi resistenti e MDR di collezione e di isolamento clinico confrontabili con i valori
determinati sui ceppi sensibili. Inoltre, nonostante tali derivati agiscano, come la RIF, mediante
inibizione della RNA pol, si dimostrano capaci di inibire lo sviluppo dei ceppi di M. tuberculosis RIFR di collezione e di isolamento clinico. Gli studi della attività in cellule J774 infettate con M.
tuberculosis H37Rv indicano inoltre che tali derivati esplicano una significativa attività
intramacrofagica e possono pertanto rappresentare un modello per lo sviluppo di farmaci per il
trattamento delle infezioni tubercolari sostenute da ceppi resistenti e MDR.
64
POSTER
Aumento della sensibilità all'AmB di biofilm di Candida albicans fluconazoloresistente nell'impiego combinato con derivati ciclici isotiosemicarbazonici
Manuela Saddia, Maria Cristina Cardiab, Lorenza Chisua, Rita Borgnaa, Elias Maccionib, Barbara
Saddic, Alessandro De Logua
a
Sezione di Microbiologia Medica, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche, Università di
Cagliari
B
Dipartimento Farmaco Chimico Tecnologico, Università di Cagliari
c
Laboratorio di Microbiologia, Laboratorio di Analisi, Ospedale SS. Trinità, Cagliari
La diffusione della sindrome da immunodeficienza acquisita e l'aumento dell'impiego della
radioterapia e della chemioterapia per la cura dei pazienti trapiantati o con neoplasie maligne sono le
cause principali dell'incremento della frequenza delle infezioni fungine. L'importanza clinica di queste
infezioni opportunistiche è evidenziata dagli elevati tassi di mortalità conseguenti ad una diagnosi
tardiva o a terapie inappropriate o non sufficientemente aggressive. Tra queste infezioni, le micosi
sostenute da C. albicans, in particolare quelle contratte in ambiente ospedaliero, costituiscono un
problema di grande rilievo in conseguenza della capacità di formare biofilm su mucose, tessuti e
dispositivi medici. La formazione di foci di colonizzazione su cateteri e tubi di infusione può infatti
rappresentare la causa principale di infezione nel paziente ospedalizzato. La profilassi mediante
derivati azolici, che esplicano una azione fungistatica, si dimostra spesso inefficace, in particolare nel
paziente immunodepresso. Inoltre è stato dimostrato che la pre-esposizone di cellule planctoniche di
C. albicans fluconazolo (FLC)-sensibili al FLC induce una resistenza fenotipica transitoria all'AmB.
Nostri studi hanno evidenziato che tale resistenza transitoria si osserva anche nei confronti di cellule
sessili in biofilm di C. albicans. Si rendono pertanto necessarie delle strategie alternative per la
profilassi e la terapia delle micosi nel paziente immunocompromesso per cause patologiche o per
immunodepressione indotta da farmaci mediante l'impiego di farmaci attivi nei confronti di biofilm di
C. albicans anche FLC-resistenti. Viene descritta la attività antifungina di un derivato ciclico
isotiosemicarbazonico (EM01D2), AmB e FLC nei confronti di cellule planctoniche di isolati di
diverse specie di Candida e nei confronti di ceppi di C. albicans FLC-S e FLC-R di isolamento clinico.
L'attività antifungina è stata determinata in RPMI 1640 tamponato a pH 7.0 con MOPS 0.165M. I
biofilm sono stati formati per 48 ore in piastre da 96 pozzetti e successivamente trattati per ulteriori 48
ore con EM01D2, AmB o FLC. L'inibizione dello sviluppo di biofilm è stata determinata mediante
riduzione di XTT e lettura spettrofotometrica a 490 nm. Sono stati determinati secondo il medesimo
modello sperimentale gli effetti della pre-esposizione di biofilm di C. albicans a EM01D2 o FLC
sull'attività di AmB. La citotossicità è stata determinata su cellule VERO mediante riduzione di MTT.
EM01D2 si dimostra più attivo di AmB e FLC nei confronti di C. krusei e cellule planctoniche di C.
albicans. I valori di MCF determinati nei confronti degli isolati di C. albicans FLC-R sono
comparabili con quelli determinati per AmB. L'inibizione nei confronti di cellule sessili di C. albicans
si manifesta generalmente a concentrazioni superiori ai valori di MIC. Tuttavia la pre-esposizione di
biofilm di C. albicans FLC-S e FLC-R a concentrazioni subinibenti di EM01D2 determina un
significativo incremento della sensibilità nei confronti di AmB.
65
POSTER
Inibizione della diffusione cellula-cellula e attività neutralizzante nei
confronti di Herpes simplex tipo-1 di un estratto polifenolico di foglie di
Catalogna arricchito in acido cicorico
L. Chisua, M. Innocentib, M. Saddia, C. Giaccherinib, D. Cabitzaa, F.F. Vincierib, N. Mulinaccib , A. De
Logua
a
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche, Sezione di Microbiologia Medica, Università di
Cagliari
b
Dipartimento di Scienze Farmaceutiche, Università di Firenze
Le infezioni sostenute dagli herpesvirus sono responsabili di patologie caratterizzate da elevata
morbilità e mortalità negli individui immunocompromessi. I farmaci attualmente disponibili sono in
grado di ridurre le manifestazioni cliniche quando sono somministrati nelle prime fasi della malattia e
non sono comunque in grado di eliminare l'infezione latente. Inoltre l'incidenza delle infezioni
resistenti all'aciclovir, conseguenti a mutazioni che inattivano la timidino-chinasi, è in aumento, ed
altri farmaci, come foscarnet e vidarabina, presentano una attività non sempre soddisfacente ed il loro
impiego può essere limitato da una maggiore tossicità. Recentemente sono state descritte le proprietà
biologiche dell'acido (+) cicorico [acido 2S, 3S (+) dicaffeoil tartarico] nei confronti di alcuni virus, tra
cui l'HIV. Abbiamo studiato l'attività nei confronti di HSV-1 di un estratto polifenolico ottenuto per
decozione di foglie di cicoria, con un elevato contenuto di acido cicorico. I campioni saggiati sono stati
ottenuti mediante estrazione liquido-liquido. La composizione fenolica, determinata mediante
HPLC/DAD, ha evidenziato un elevato contenuto di acido cicorico (54%). Gli altri fenoli (acido
monocaffeoil tartarico, acido luteoil 7-O monoglucuronide, quercetina 3-O monoglucuronide)
rappresentano circa il 10% del peso secco. Sono stati effettuati saggi di plaque reduction assay
impiegando l'estratto di acido cicorico e l'acido cicorico come composto puro. La incubazione di HSV1 in presenza dei campioni in esame ha determinato una inibizione concentrazione-dipendente della
formazione di placche e sono stati determinati valori di EC50 di 2.14 mg/ml e 34.9 mg/ml
rispettivamente per l'acido cicorico e per l'estratto cicorico. Una significativa riduzione dei valori di
Ec50 è stata determinata dopo pre-trattamento di HSV-1 con acido cicorico ed incubando le cellule
infettate in presenza dei campioni in esame. Quando HSV-1 non è stato trattato prima dell'infezione,
l'estratto si è dimostrato più attivo dell'acido cicorico puro (EC50 50.3 mg/ml e >100 mg/ml,
rispettivamente per l'estratto e per l'acido cicorico). I risultati ottenuti indicano che l'attività
neutralizzante mostrata dall'estratto è principalmente dovuto all'acido cicorico. Tuttavia il raffronto
dei valori di EC50 indica che alcuni componenti presenti nell'estratto inibiscono in qualche modo tale
attività. La maggiore attività evidenziata per l'estratto rispetto all'acido cicorico sia nei saggi di plaque
reduction assay che di yield reduction assay, determinata mediante riduzione di XTT, dipende
verosimilmente dalla presenza nell'estratto di altri componenti fenolici. I saggi di inhibition plaque
development assay evidenziano inoltre la capacità dell'acido cicorico di inibire la diffusione cellulacellula del virus. I risultati ottenuti evidenziano quindi l'attività neutralizzante dell'acido cicorico nei
confronti di HSV-1 e indicano la necessità di ulteriori studi per la valutazione di un potenziale impiego
dell'acido cicorico nella profilassi e nel trattamento delle infezioni sostenute da HSV.
66
POSTER
Valutazione della presenza e della persistenza
Di ceppi di batteri lattici in rumine ovino
G. E. Felis1, A. Deriu1, D. Bacciu1, G. Leori2, S. Rubino1, L. A. Sechi1, S. Ortu1, S. Zanetti1
1
Dipartimento di Scienze Biomediche, Sez. di Microbiologia Sperimentale e Clinica, Università
degli Studi di Sassari, Sassari;2 Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna “G. Pegreffi”,
Sassari
Introduzione - Il gruppo dei batteri lattici comprende oltre un centinaio di specie di microrganismi
Gram positivi a basso contenuto genomico di GC. Essi stanno destando sempre maggiore interesse
nella comunità scientifica e nell'industria dal momento che diversi ceppi hanno mostrato di possedere
proprietà probiotiche, cioè di produrre, in seguito a somministrazione, effetti positivi. I batteri lattici,
in particolar modo le specie appartenenti al genere Lactobacillus, sono microrganismi ubiquitari, ma la
loro presenza e il loro ruolo nell'ecosistema ruminale ovino sono stati scarsamente analizzati.
Metodi - Campioni di fluido ruminale sono stati prelevati da diversi capi ovini, allevati con diversi
regimi alimentari e l'isolamento di ceppi batterici è stato effettuato su terreno MRS (de Man, Rogosa,
Sharpe), un terreno semi-selettivo adatto alla crescita della maggior parte di batteri lattici.
L'identificazione batterica è stata ottenuta mediante amplificazione e sequenziamento di una regione
parziale del gene codificante per l'rRNA ribosomale 16S, e i ceppi sono stati ulteriormente
caratterizzati mediante analisi del profilo biochimico (kit API 50 CH), presenza di pseudocatalasi, e
prova di produzione di batteriocine attive contro Lactobacillus sakei e Listeria innocua.
Tra i ceppi isolati, identificati e caratterizzati, tre sono stati selezionati per effettuare un esperimento di
somministrazione a ovini mantenuti in regime alimentare controllato. Il test di somministrazione è
stato condotto su 11 pecore, divise in 4 gruppi: a ciascun gruppo di tre capi è stato somministrato un
ceppo batterico, mentre due pecore hanno costituito il gruppo di controllo. Il prelievo di fluido
ruminale ad intervalli di tempo regolari dopo la somministrazione (14 gg., 18 gg., 21 gg., 24 gg., 28 gg.,
31 gg.) ha permesso il re-isolamento di circa 160 ceppi di batteri lattici su terreno MRS addizionato con
vancomicina, un antibiotico a cui i batteri lattici sono naturalmente resistenti. Gli isolati sono stati
caratterizzati in termini di profilo genomico mediante RAPD PCR con primer M13.
Risultati - L'identificazione dei ceppi di batteri lattici isolati da rumine ovino ha rivelato la presenza
di specie peculiari, non descritte in precedenza come presenti in questo ecosistema. Inoltre è stata
evidenziata la capacità di produrre batteriocine da parte di un ceppo appartenente alla specie
Lactobacillus agilis, dato mai riportato in letteratura in precedenza.
L'esperimento di somministrazione ha permesso di valutare la persistenza di tre ceppi di batteri lattici
in rumine: ceppi isolati a diversi intervalli di tempo da ogni capo ovino sono stati caratterizzati in
termini di profilo genomico (RAPD PCR) e confrontati con il profilo del ceppo somministrato. In
nessun caso si è ottenuto un profilo uguale a quello del ceppo somministrato, ma i ceppi che hanno
esibito un profilo caratteristico (98) sono stati identificati procedendo al sequenziamento di una
regione parziale del gene codificante per l'RNA ribosomale 16S. Ciò ha consentito di valutare se essi
appartenessero alla stessa specie dei ceppi somministrati e valutare la possibilità che abbiano subito
variazioni genomiche in seguito alla residenza in rumine ovino.
Conclusioni - I dati presentati costituiscono il primo studio sulla diversità di batteri lattici in rumine
ovino di animali sardi. Questo studio ha permesso l'isolamento di oltre un centinaio di ceppi di batteri
lattici, che presentano interessanti peculiarità, sia in termini di specie di appartenenza, che di
caratteristiche dei ceppi (es. prod. di batteriocine). Benché i ceppi somministrati non siano stati reisolati dai campioni di fluido ruminale dei capi a cui erano stati somministrati, sono necessari ulteriori
studi per comprendere se essi colonizzino altre parti del tratto digerente ovino. Il numero e la varietà di
specie di batteri lattici osservate denotano comunque che i batteri lattici hanno un ruolo nell'ecologia
del rumine che merita ulteriori approfondimenti.
- L avoro realizzato con il contributo del Ministero della Salute, ricerca finalizzata B013/2001 -
67
POSTER
Diagnosi e caratterizzazione molecolare dei determinanti
di patogenicità di E.coli
M.Marini°, M.Pittau°, E.Belluscio°,G.Venditti*, M.Biagetti*, M.Cagiola*, A.De Montis°
°Bcs Biotech S.p.A. - Laboratori di Ricerca e Sviluppo, Viale Monastir 112, Cagliari Italia
* Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche
Introduzione
La vaccinazione rappresenta ancora oggi il cardine essenziale della profilassi indiretta in campo
veterinario. Negli ultimi anni un uso eccessivo, reiterato e spesso improprio di farmaci ad attività
antibiotica ha facilitato la comparsa dei fenomeni di antibiotico-resistenza, la cui importanza trascende
dall'ambito veterinario, interessando anche, e soprattutto, la sanità pubblica. Ciò ha determinato un
rinnovato interesse nei confronti della vaccinazione come strumento preventivo per il controllo delle
malattie infettive, in particolare verso le infezioni da E.coli. La vaccinazione1-2 contro le colibacillosi si
basa sulla possibilità di indurre una risposta immunitaria in grado di conferire una protezione immunomediata nei confronti di eventuali esposizioni o ri-esposizioni a E. coli patogeni. L'efficacia si fonda
essenzialmente sulla possibilità di individuare facilmente i ceppi di E. coli in grado di conferire una
protezione immunitaria, e allestire vaccini in grado di evocare una risposta adeguata e soprattutto
innocui. In tale contesto si inserisce il presente lavoro, che ha avuto tra i principali obiettivi lo sviluppo
di una piattaforma che consentisse in modo rapido e specifico la diagnosi mediante caratterizzazione
molecolare di alcuni tra i principali determinanti di patogenicità di E.coli. In particolare i determinanti
di patogenicità presi in considerazione sono frequentemente presenti nei ceppi ETEC e VTEC che più
spesso infettano i suini, determinando diarrea e/o edema dall'esito infausto nella fase neonatale e
postsvezzamento della prole3-7.
Metodi
La piattaforma sviluppata prevede l'estrazione dell'acido nucleico totale dal campione di partenza
(metodo Qiagen: isolati colturali, feci, tampone rettale), l'amplificazione mediante una PCR Multiplex
di 9 determinanti di patogenicità e la loro rivelazione mediante sonde specifiche. La selezione dei
bersagli comprende 5 marcatori di adesione (F18,K88,K99,F41,987P) e 4 di tossicità
(STa,STb,LT,STX2e). Il tempo di analisi dal campione è di circa 6 h, compresa anche la fase di
estrazione. La piattaforma prevede l'immobilizzazione di sonde specifiche su supporto plastico,
l'ibridazione di queste con gli amplificati specifici ottenuti mediante amplificazione genica, e quindi la
rivelazione colorimetrica.Tutti i ceppi sono stati analizzati e caratterizzati in parallelo sulla base delle
prove biochimiche e antigeniche impiegando i sieri commerciali per antigeni O e H. I vaccini sono
stati preparati inattivando il ceppo con formaldeide 0.05%. Gli animali sono stati scelti da due
allevamenti con colibacillosi endemica e si è proceduto a vaccinare 4 gruppi di animali, lasciando un
altro gruppo, di consistenza analoga, come controllo negativo. Per l'attuazione dello studio sono stati
rispettati i seguenti criteri: I) I gruppi avevano una consistenza di circa 25 soggetti, II) Il veterinario
che ha effettuato il monitoraggio clinico era un osservatore indipendente, non doveva cioè essere a
conoscenza dello stato sanitario dei soggetto esaminati, III) Gli animali di gruppi diversi, dovevano
essere mantenuti in condizioni ambientali quanto più omogenee possibili. Su tali animali è stato
effettuato un monitoraggio clinico/microbiologico/molecolare periodico per valutare l'efficacia del
vaccino.
68
Risultati
La piattaforma diagnostica molecolare è stata sviluppata impiegando controlli positivi a DNA,
ciascuno specifico per le diverse sonde. In tali condizioni nessuna cross reattività è stata messa in
evidenza e sensibilità analitica è risultata compresa tra 0.125 e 0.05 ng/ìl di controllo positivo a
seconda del bersaglio genico. La validazione impiegando clonati specifici ha dimostrato una
specificità del 100% e una sensibilità pari 10-50 copie/ìl. Tutti i 12 isolati clinici sono stati
correttamente classificati sia impiegando la PCR singola che la PCR multiplex. La sensibilità
diagnostica su campioni di feci analizzati direttamente, ovvero senza isolamento colturale, è risultata
del 98%, mentre dopo isolamento è del 100%, probabilmente a causa di sostanze inibenti la PCR. Con
i ceppi caratterizzati mediante tale piattaforma si è proceduto allo sviluppo del secondo punto della
nostra ricerca ovvero, allo sviluppo del vaccino, tenendo conto che l'interesse della comunità è quello
di migliorare l'efficacia dei vaccini “spenti” da preferire a quelli attenuati per la loro maggiore
innocuità. Tali vaccini possono essere migliorati, ottimizzando la formulazione antigenica, studiando
una più efficace via di somministrazione o utilizzando molecole ad attività immuno-stimolante. In
relazione a tal punto l'attività di ricerca svolta ci ha permesso di avviare uno studio approfondito sul
sistema immunitario del suino e la sua risposta a stimoli di varia natura antigenica. E' stata
standardizzata la procedura di isolamento di monociti CD14, che sono le cellule maggiormente
coinvolte nella risposta immunitaria cellulo-mediata ed è stata valutata la loro reazione alla
stimolazione con LPS (Lipopolisaccaride di parete dei germi Gram-) impiegato a vari dosaggi ed in
tempi diversi. I risultati di questa preliminare indagine hanno dimostrato che come nei modelli umani
e murini, si verifica anche nei monociti suini il fenomeno della tolleranza all'LPS batterico, fenomeno
che potrebbe far prospettare l'impiego di tale immunostimolatore aspecifico come adiuvante nella
formulazione dei vaccini. Successivamente è stato messo a punto un protocollo di infezione
sperimentale in vitro degli stessi monociti con E.coli ETEC per valutare, nell'interazione
ospite/E.coli, i meccanismi patogenetici che caratterizzano l'infezione. I nostri studi hanno rivelato
che i batteri vengono rapidamente internalizzati nei fagociti mononucleati e sono capaci di
moltiplicarsi rapidamente e di produrre una importante citochina pro-infiammatoria il Tumor
necrosis factor (TNF). Pertanto il modello applicato ha rappresentato un' ottima base di partenza per
valutare la risposta immunitaria in vitro del suino nei confronti di E.coli patogeni. A seguito di tali
risultati è stato allestito un vaccino e animali selezionati sono stati arruolati nella sperimentazione. I
risultati ottenuti hanno evidenziato una resistenza all' infezione naturale nei soggetti vaccinati,
manifestata con l'assenza di sintomatologia clinica che era invece evidente nei soggetti di controllo.
Inoltre nelle indagini di laboratorio effettuate nei campioni di sangue prelevati periodicamente agli
animali vaccinati è stata osservata una buona risposta umorale ed cellulo-mediata con ingente
produzione di citochine pro-ifiammatorie. Pertanto l'indagine effettuata ci ha permesso di individuare
la formulazione antigenica idonea per combattere l'ormai “omnipresente” patologia da coli del suino.
Stiamo lavorando ora per introdurre altri determinanti di patogenicità (Stx1, eaeA-intimina)8
in modo da monitorare e, possibilmente vaccinare, anche altre tipologie di allevamenti quali
quelli bovini e ovini, più sensibili ad altri ceppi, EPEC e VTEC.
Conclusioni
La piattaforma molecolare sviluppata nell'ambito della presente ricerca ha la sua naturale
applicazione nello screening degli allevamenti colpiti da colibacillosi e rappresenta un valido
strumento per l'attivazione di piani di profilassi. Esso potrebbe essere estremamente valida anche per
impieghi più generali, dato che privilegia lo screening per fattori di virulenza e non per antigeni
somatici o caratteristiche biochimiche degli isolati, con conseguenti vantaggi in termini di specificità.
Tale approccio risulterebbe utile per esplorare il ruolo dei diversi animali (maiali, ovini, bovini) come
carrier di E. coli EPEC e soprattutto di EHEC non-O157, responsabili in Italia di oltre il 57% delle
infezioni clinicamente significative da E.coli nell'Uomo.
69
Ringraziamenti
Lo studio è stato condotto nell'ambito del Progetto Finalizzato Min.Sal. dal titolo: Anni 2004 2006 ”
Le nanotecnologie applicate per identificare la presenza di patogeni in matrici biologiche e per
individuare formulazioni antigeniche innovative”
Bibliografia
1.
Bosworth, B.T., Samuel, J.E, H.W. Moon, A.D. O'Brien, V.M. Gordon, and S.C. Whipp.
1996. Vaccination with a genetically modified Shiga-like toxin IIe prevents edema disease in swine.
Infect. Immun. 64:55-60.
2.
Francis, D.H. and J.A. Willgohs. 1991. Evaluation of a live avirulent Escherichia coli
strain for K88+, LT+ enterotoxigenic colibacillosis in weaned pigs. Am. J. Vet. Res.
52:1051-1055.
3.
Blanco J, Blanco M, Garabal JI, González EA (1991) Enterotoxins, col-onization
factors and serotypes of enterotoxigenic Escherichia coli from humans and animals.
Microbiol SEM 7:57-72
4.
Chinen, I., M. Rivas, M. I. Caffer, R. O. Cinto, and N. Binsztein. 1993.Diagnosis of
enteroinvasive Escherichia coli associated with diarrhea. Rev. Argent. Microbiol.
25:2735.
5.
Hornes, E., Y. Wasteson, and Ø. Olsvik. 1991. Detection of Escherichia coli heatstable enterotoxin genes in pig stool specimens by an immobilized, colorimetric,
nested polymerase chain reaction. J. Clin. Microbiol. 29:23752379.
6.
Francis DH (2002) Enterotoxigenic Escherichia coli infection in pigs and its
diagnosis. J Swine Health Prod 10:171-175
7.
Frydendahl K (2002) Prevalence of serogroups and virulence genes in Escherichia
coli associated with postweaning diarrhoea and edema disease in pigs and a
comparison of diagnostic approaches. Vet Microbiol 85:169-182
8.
Neef, N.A., S. McOrist, R.L. Lysons, A.P. Bland, and B.G. Miller. 1994.
Development of large intestinal attaching and effacing lesions in pigs in association
with the feeding of a particular diet. Inf. Immun. 62:4325-4332.
9.
Oswald, E., H. Schmidt, S. Morabito, H. Karch, O. Marche`s, and A. Caprioli.2000.
Typing of intimin genes in human and animal enterohemorrhagic and
enteropathogenic Escherichia coli: characterization of a new intimin variant. Infect.
Immun. 68:6471.
10. Paton, A. W., and J. C. Paton. 2002. Direct detection and characterization of Shiga
toxigenic Escherichia coli by multiplex PCR for stx1 , stx2 , eae, ehxA, and saa. J.
Clin. Microbiol. 40:271274.
70
POSTER
Ruolo di HHV-8 in pazienti cardiovascolari nel sud Sardegna
A.Ingianni*, F.Carta*, C.Lai°, A. Reinaˆ, A. Desogus*, M.A. Madeddu*, R.Pompei*
*Dip. Scienze e Tecnologie Biomediche, Sez. di Microbiologia Applicata e Tecnologie Biomediche,
Università degli Studi di Cagliari. °Divisione di Cardiologia UTIC, Ospedale S.S.Trinità di Cagliari,
ˆServizio di Immunoematologia, Ospedale Brotzu di Cagliari.
INTRODUZIONE: Il virus Herpes umano di tipo 8, appartenente alla famiglia delle Gammaviridae,
è stato isolato per la prima volta nel 1981 associato al Sarcoma di Kaposi; successivamente è stato
verificato un suo possibile ruolo nella malattia multicentrica di Castleman, nei linfomi diffusi (PEL),
nei linfomi primitivi della cavità sierosa (BCBL) e in diversi disordini linfoproliferativi. HHV-8 ha un
tropismo specifico nei confronti di linfociti e cellule endoteliali, è altamente cancerogeno in adulti
immunocompromessi e in individui affetti da HIV. Come gli altri rappresentanti della famiglia, HHV-8
stabilisce un rapporto di latenza nell'individuo ospite in seguito all'infezione primaria; finora non sono
stati chiariti il meccanismo di passaggio da infezione latente a manifestazione clinica e la modalità di
trasmissione, anche se recenti dati dimostrano una possibile trasmissione orizzontale. I risultati relativi
alla sua diffusione mettono in evidenza una prevalenza elevata in particolari aree geografiche come
l'Italia meridionale, la Sicilia, la Sardegna e la valle del Po (1). Per giustificare le frequenze elevate di
HHV-8 nella popolazione sarda, sono stati condotti diversi studi sulla popolazione in particolare sono
stati rilevate alte percentuali di HHV8 (17.6%) in talassemici sardi (2) e basse prevalenza (3,6%) di
HHV-8 in individui emigrati dalla Sardegna da più di 30 anni rispetto ai controlli non emigrati
(28%)(3), i risultati di questi studi hanno fatto risaltare sia una pressione genetica endemica (per
es.malaria, G6PD carenza, talassemia) sia una pressione ambientale.
Considerata la caratteristica di questo virus di infettare e replicarsi attivamente nelle cellule
endoteliali e vista l'ipotesi di alcuni studiosi sull'influenza degli herpesvirus sullo sviluppo delle
placche cheratomatose (3,4), si è voluto verificare un possibile ruolo di HHV-8 nelle affezioni
cardiovascolari in pazienti del sud Sardegna che afferiscono alla Divisione di Cardiologia di un
Ospedale di Cagliari.
METODI: Mediante PCR (utilizzando specifici primers per………..di HHV-8) è stata verificata la
presenza del DNA di HHV-8 nei linfociti isolati dal sangue periferico. La conferma della specificità del
prodotto della PCR è stata attuata mediante southern-blot con una sonda specifica.
Sono stati analizzati 180 pazienti cardiovascolari di cui 127 maschi e 57 femmine
SUDDIVISI IN 4 CLASSI per tipo di patologia:
- SINDROME CORONARICA ACUTA(SCA): 56 Maschi 28 Femmine
- SINDROME CORONARICA NON ACUTA(SCNA): 5 Maschi - 0 Femmine
- SINDROME NON CORONARICA ACUTA(SNCA): 36 Maschi 8 Femmine
- SINDROME NON CORONARICA NON ACUTA(SNCNA): 30 Maschi 24 Femmine
Come controlli sono stati analizzati 98 individui sani donatori di sangue (68 maschi-30
femmine).
71
RISULTATI E CONCLUSIONI: I dati preliminari indicano che la frequenza di identificazione del
HHV-8 DNA è significativamente più elevata nei campioni dei pazienti cardiologici (23,8%) rispetto
ai controlli dei soggetti sani (11.1%). Pertanto si ipotizza un possibile coinvolgimento dell'infezione
da HHV-8 nelle patologie cardio-vascolari. Sarebbe interessante verificare il possibile ruolo di questo
virus sulla comparsa ed evoluzione di certe affezioni dell'apparato cardio-circolatorio.
BIBLIOGRAFIA:
(1) Cottoni e coll. High rate of human herpesvirus-8 seroprevalence in thalassemic
patients in Italy. J.Clin.Virol. 2004, 30:106-109.
(2) Angeloni e coll. Enviromental factors influence the rate of human herpesvirus type 8
infection in a population with high incidence of classic Kaposi sarcoma. Clin.Inf.Dis.
2006, 42:66-68
(3) M.C. Borgia e coll. Further evidence against the implication of active cytomegalovirus
infection in vascular atherosclerotic diseases. Atheroslerosis 2001, 157:457-462.
(4) F.Carletti e coll. prevalence of human herpes (HHV)-8 infection among carriers of
cardiovascular disease. J.Biol. Regul. Homeost. Agents. 2002, 16:110-3.
72
INFORMAZIONI GENERALI:
- L'apertura del Congresso avverrà presso il Parco Scientifico e Tecnologico della Sardegna
'Polaris', Edificio 2, Località Pixina Manna, Pula.
- La sede dei lavori del Congresso sarà l'Hotel Baia di Nora, località Nora (Pula -Cagliari);
l'Hotel è sul mare presso la spiaggia di Nora e dista da Cagliari circa 30 Km sulla litoranea ovest.
Si prevede di mettere a disposizione un sistema di navette dall'aeroporto alla sede del congresso.
-Quote di Iscrizione
Soci SIMIF:
Non soci
Giovani ricercatori
(non strutturati)
€
180.00
200.00
70.00
- Il pagamento della quota di iscrizione dà diritto a partecipare ai lavori congressuali, al pranzo di
lavoro, alla cena sociale, ad avere il materiale congressuale e ad eventuali trasferimenti da e per
l'albergo.
- Modalità di pagamento: Tramite bonifico bancario sulla Banca di Cagliari ( cc n° 001682, ABI
07096, CAB 04801) intestato a Biotecne/3° Congresso di Microbiologia, via Nuoro 58,
Cagliari, oppure mediante assegno bancario non-trasferibile con la medesima intestazione.
Relazioni e Comunicazioni orali: le relazioni di tavole rotonde o simposi avranno una durata di
20 minuti; le comunicazioni orali libere avranno a disposizione 10 minuti.
Poster: la sessione POSTER è prevista per il pomeriggio del 26 maggio. I poster ( formato 100 x
70) potranno essere affissi la mattina del 26 e ritirati la mattina del 27.
Prenotazione alberghiera ( da inviare a Biotecne via Nuoro 58, 09125 Cagliari, e-mail [email protected]), pernottamento + mezza pensione.
Hotel Baia di Nora
Camera singola
€ 128.00
Camera doppia (a persona)
€ 82.00
(a richiesta si possono avere camere a 3 letti con uno sconto del 15% circa)
Hotel Sant'Efis Nora
Camera singola
Camera doppia (a persona)
€ 115.00
€ 90.00
73
Con l’Alto Patrocinio del
Consiglio Regionale della Sardegna
Si ringrazia
Comune di Pula
Comune di Cagliari
A.C.R. Angelini Francesco SpA
Bcs Biotech S.p.A
Nurex srl
A.D.A. Srl