IL BALLO DI SAN VITO di Domenico Della Croce Da

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IL BALLO DI SAN VITO di Domenico Della Croce Da
IL BALLO DI SAN VITO di Domenico Della Croce
Da quella stazione, cinque anni prima, in una notte calda e bellissima
“Proprio come questa” pensò accendendo una sigaretta, era partita l’avventura che finiva tanto
amaramente.
Guardando fuori dal finestrino, riprovava le stesse sensazioni di quella sera tanto lontana. Non
capiva cosa fosse ciò che provava, forse era semplicemente lo stato d’animo degli sconfitti e dei
perdenti.
Le luci del paese, che dal costone cento metri più in alto scendevano fino al mare, gli strapparono
un sorriso stanco. Prese lo zaino e la valigia e si preparò a tornare a casa a piedi
Per lo meno avrebbe rimandato al giorno dopo i
“Lo sapevo!”
“Te l’avevo detto!”
Per questo non aveva avvisato nessuno del suo ritorno, per non dar modo di preparare un bel
processo.
Scese dal treno ed attraversò i binari, si guardò intorno un paio di volte come a cercare qualcosa.
Riprese a camminare, ma quando fu sulla massicciata davanti alla stazione e già si preparava a
seguire i suoi pensieri verso casa, sentì una voce e capì cosa gli era mancato pochi minuti prima
“Stefano!! Sono qui”
“E questa da dove sbuca?” si chiese interdetto
Sentì gli occhi inumidirsi nel veder corrergli incontro quella che considerava, più o meno, sua
sorella.
“Più o meno” pensò, mentre guardava laido il suo seno florido, che ballonzolava allegramente.
Indossava un vestitino celeste che esaltava le grazie che la natura le aveva donato.
Ostinandosi a non alzare gli occhi dal petto, incantevolmente palpitante, le chiese
“E tu che ci fai qui?”
“Allora sei scemo! Mi hai chiamato tu” rispose lei “E smettila di controllarmi le tette!”
L’aveva chiamata lui, come ogni volta che si sentiva con le spalle al muro. Lei era l’unica con cui
aveva discusso per trovare il coraggio di imbarcarsi in quella faccenda.
Si conoscevano dagli anni ottanta e, figli unici entrambi, si erano subito scelti come fratello e
sorella..
Fino alla sua partenza era stato lui a prendersi sempre cura di Chiara, ma in seguito i ruoli si erano
capovolti. Era stata lei a spingerlo a provarci ed era stata lei a stargli sempre vicino.
“Mi porti a casa?” chiese lui
“Non credo tu abbia molta voglia di andarci” rispose lei
“Più o meno come farmi pisciare in testa” disse Stefano accendendosi una sigaretta
“Offrimene una” disse lei tendendo la mano
“Hai ricominciato?” chiese, porgendole il pacchetto
“Mai smesso” rispose sfilandone una e poi riprese
“A casa cosa ti hanno detto?”
“Non lo sanno ancora. Non sanno neanche del mio ritorno” rispose lui, poi continuò stancamente
“Gli farò una sorpresona”
Chiara stette zitta un attimo poi azzardò
“Rimani a dormire da me allora”
Lui la guardò incerto se prendere l’offerta come un’ancora di salvezza o una trappola.
“Beh domani è il ventisette luglio” disse lei
Stefano sorrise ironico
“Festeggi per caso il genetliaco del duce?”
Sentì il suo sguardo invitarlo a farsi un giro
“Insomma rimani o no?” tagliò corto lei.
Lui decise per l’ancora
“Ok, ma raccontami del ventisette luglio. Il dubbio che tu sia una Wicca e celebri nuda un sabba
potrebbe bloccarmi lo sviluppo”
Sfoggiò la sua risata cristallina lo guardò negli occhi, lui resse lo sguardo rimanendo in silenzio.
Ebbe la prova che non voleva parlare
“Beh allora? Questo ventisette luglio?” protestò lui con l’espressione di un bambino capriccioso
“Conosci la guerra Goto Bizantina?” chiese lei, mentre si avviavano verso casa
“So che si è combattuta subito dopo la caduta dell’impero d’occidente e lasciò l’Italia
completamente distrutta” concluse orgoglioso
“ Ti sembrerà strano, ma questo borgo infame allora era simile alla Berlino della guerra fredda”
“Wow! La cosa si fa eccitante” la canzonò lui.
“A nord i Bizantini, a sud i Goti, in mezzo un pugno di case ed un viottolo fetido a fare da terra di
nessuno. Per oltre trenta anni un difficile equilibrio alternava rari momenti di pace con scaramucce,
agguati e vere e proprie battaglie campali. Nel 542 la guarnigione bizantina fu richiamata. La
popolazione si ritrovò così abbandonata a se stessa con poche falci e qualche picca. I Goti però non
avevano truppe sufficienti per sferrare un attacco decisivo ed occupare il porto. La sera del ventisei
luglio del 543, mentre un terribile temporale sferzava la costa, un esercito goto cominciò ad
ammassarsi sulla spiaggia. La popolazione terrorizzata si radunò in chiesa per invocare la
protezione della Madonna. La leggenda racconta che alle prime luci dell’alba si sentì un boato
assordante, la tempesta si placò di colpo, la statua della vergine cominciò a risplendere e dalla coltre
di nubi un raggio di sole illuminò un punto del mare. Una processione di barche si diresse verso il
raggio di sole guidata da un monaco che innalzava la statua. Una volta raggiunto il posto, la statua
fu gettata in mare. Non appena l’ultima barca si fu allontanata il cielo divenne sereno, l’aria si fece
calda e nel punto in cui era affondata la statua si generò un gorgo e alla fine una gigantesca onda
piombò sulla spiaggia spazzandola via insieme alle truppe gote”.
Erano finalmente arrivati davanti ad un pesante cancello di ferro battuto che divideva la statale da
un viottolo che si inerpicava sulla collina.
Entrarono in casa, salirono al primo piano ed entrarono in camera di Chiara. Chiuse gli occhi e
l’odore pungente di incenso gli salì nelle narici, come a dargli il benvenuto, lo stesso incenso che lei
aveva comprato una quindicina di anni prima, per coprire l’odore delle prime sigarette.
“Avrei bisogno di farmi una doccia” disse lui ancora distratto dai ricordi.
“Fa pure! Gli asciugamani sono nel cassetto in basso. Io ti aspetto di sopra. Non fare casino”.
Rigenerato dalla doccia ritornò nella stanza di Chiara, si avvicinò alla finestra aperta e guardò fuori.
Una brezza leggera increspava il mare e faceva danzare stancamente gli olivi che scendevano lungo
la collina. Si sporse dalla finestra, abbassò la scala retraibile in alluminio e salì.
Chiara lo aspettava sul tetto, in quella che avevano scelto come rifugio segreto e che era stato
testimone delle interminabili chiacchierate ritmate da sigarette, birra, marijuana e preservativi.
Lei era stesa su un materasso e lo fissava fumando lentamente. Stefano contraccambiò lo sguardo e
la trovò sfrontata, irritante, morbida e desiderabile.
Si stese vicino a lei, passandole una mano dietro la testa e accarezzandole i capelli e l’orecchio. Lei
faceva finta di nulla continuando a fumare.
“Fammi dare un tiro” disse lui quasi a voler romper l’incantesimo.
Lei si voltò e rimanendo su un fianco gli mise la sigaretta in bocca facendogli dare un paio di tiri,
mentre lui continuava a prendersi cura della sua pelle.
I capelli sotto i polpastrelli gli davano un piacere languido e la morbidezza della pelle dietro
l’orecchio lo inebriava. Lui guardava le stelle, mentre lei gli ascoltava il battito regolare del cuore.
Ad un certo punto lei si fece forza e, lottando contro il languore di quell’abbraccio, alzò la testa dal
suo petto.
“Guarda che non mi freghi” attaccò lei quasi brutale.
Lui sorrise
“Chiedi pure” la anticipò, smettendo di accarezzarla ed accendendosi una sigaretta..
“Non capisco! fino a due mesi fa sembrava che tutto procedesse bene”
“Evidentemente troppo bene” rispose sarcastico
“Cioè?”
“Sai dell’azienda americana che per due anni ci ha inseriti nel suo organigramma per evitarci di
chiedere una fideiussione di garanzia”
“Sì, me ne hai parlato” disse lei rubandogli di bocca la sigaretta.
“Beh loro lo avevano fatto senza crederci troppo, solo per poter avere dei benefici fiscali”
“Sì ma a voi che vi importa? Avevate quello che volevate no?”
“Certo, per noi era una manna: avevamo tutta la libertà che il non essere considerati può dare, locali
gratis, qualche spicciolo a disposizione e soprattutto non eravamo costretti a rivolgerci alle banche
che sicuramente ci avrebbero rifiutato la fideiussione”
“Ma?”
“Ma evidentemente siamo troppo bravi. La società si è resa conto che non siamo utili solo per
risparmiare un po’ di tasse, ma possiamo fargli risparmiare un sacco di soldi”
“Come?” chiese Chiara dandogli un improvviso bacio sulla guancia.
“Beh il nostro lavoro coincide con quello che affidano a società esterne per il controllo di gestione e
noi possiamo farlo quasi gratis”
“Beh è la prova che il vostro lavoro sta dando frutti” commentò Chiara.
“Per un solo controllo perderemmo oltre un anno. Quindi o accettiamo di lavorare per loro e
perdiamo il bando del 2006 oppure rifiutiamo e iniziamo a cercarci una fideiussione che nessuno ci
accorderebbe. In entrambi i casi: Vaffanculo al progetto!” Stefano serrò i pugni dalla rabbia
“Ma sei sicuro che non ci siano altre possibilità?”
“No! L’unica sarebbe che a Bruxelles decidessero di rifinanziare il progetto anche il prossimo anno.
Nel bando si accenna ad una seconda tranche. Abbiamo cercato disperatamente di avere
informazioni o anche indiscrezioni, ma la burocrazia dell’Unione è davvero kafkiana”
“Ah” fu il commento di Chiara.
Improvvisamente si lanciò in una mezza piroetta fino a ritrovarsi a cavalcioni sul petto di uno
Stefano esterrefatto. Vedendo l’espressione sbigottita del ragazzo Chiara rise e passandogli il
pollice sul labbro superiore sussurrò
“Tranquillo! Tutto si risolverà. Troveremo una soluzione” baciandolo appassionatamente.
Un ticchettio penetrò nel suo sonno pastoso, aprì gli occhi e vide il soffitto, ma non riusciva a capire
dove fosse, abbassò lo sguardo
“Ah la stampante!”
Guardò meglio e vide il pc acceso e la stampante che sputava fogli senza sosta. Su una poltrona di
vimini sulla destra era mollemente allungata Chiara. Indossava solo un completino intimo azzurro
che, per un attimo, aveva riacceso i suoi sensi. Lo sguardo era perso su uno scaffale stracarico di
libri, le braccia abbandonate sui braccioli, in bocca un mozzicone di lucky strike le pendeva da un
angolo, ormai consumato quasi fino al filtro.
“Chi credi di essere? La Canalis?”
Chiara si riprese e lo salutò
“Buongiorno!”
“Che ore sono?” senza aspettare la risposta aggiunse “Ma che stai facendo?”
“Mezzogiorno. Nulla di speciale stampo il tuo maledetto bando per il 2007” rispose sorniona.
Lui si alzò e si andò a sedere sul bracciolo della poltrona.
“Non esiste quel bando!”
“Infatti questa è una bozza di lavoro che sarà approvata in autunno”.
Stefano si sentiva umiliato e il tono divertito di Chiara lo irritava
“Come hai fatto?” chiese cercando di riacquistare un minimo di calma
“Quando ieri sera hai parlato della burocrazia europea, ho pensato che io ne conoscevo il re” spiegò
lei.
“Jacque” disse lui
“Già proprio lui” rispose lei sorridendo
“L’avevo su MSN, ma l’ho bloccato mesi fa visto che rompeva con il cybersex. Io sono spiritosa,
ma lui ha un chiodo fisso e dopo un po’ mi sono stufata”
“Ieri sera, dopo che mi sono addormentato, lo hai sbloccato” intervenne Stefano.
“Appena sbloccato mi ha contattata accettando per buona la mia scusa del pc rotto” continuò
“Quando gli ho chiesto se ne sapeva qualcosa, ha affermato che non era il suo campo, ma subito ha
aggiunto che sapeva a chi chiedere. Ovviamente il porco è stato molto felice di accontentarmi,
quando gli ho chiesto di informarsi subito”
“Immagino” fu il commento di Stefano
“Tra una telefonata e l’altra mi ha detto che a metà agosto aveva in programma un viaggio in Italia
e quando ha avuto la certezza dell’esistenza del bando mi ha detto papale papale che avrebbe voluto
vedermi”
“Ha inviato la fattura per i servigi resi” commento acido Stefano.
“Detta così è un tantino squallido, ma sì! l’ho pensato anch’io. Ovviamente gli ho risposto che ne
sarei stata felice. Si è offerto di fare un salto in ufficio stamattina, per permettermi di scaricare il
bando”
“Che gentile!” vomitò Stefano
“E nel frattempo gli sarebbe piaciuto rivederci con la Webcam. Ho capito che ad agosto avrei
pagato il saldo e che ora voleva un anticipo. Non ho detto nulla ed ho acceso la Webcam”
Stefano si rese conto che era felice, se ne vergognava, ma era così.
“Mi hai salvato il culo”
Lei lo guardò e commentò
“Ecco! Vedi di essere nei paraggi quando arriverà il francesino, magari salvi il mio” rispose
sfilandogli una lucky dal pacchetto.
Lui, si avvicinò alla finestra e guardò fuori, rimanendo in silenzio poi disse
“Ho voglia di andare al mare”
“Ok” rispose lei e senza pensarci si sfilò l’intimo. Rimasta nuda, cercò con calma nei cassetti fino a
che non tirò fuori un costume che poi indossò molto lentamente seduta sul letto come fosse una
Sophia Loren più disinibita in un “Ieri oggi e domani” montato al contrario..
Avevano perso tempo nel risalire dal mare, lavarsi e vestirsi, ormai la messa era iniziata da oltre
un’ora, ma con gran delusione di Stefano non era finita.
Si accese una sigaretta, mentre dalla piazza osservava i soliti sfaccendati che aspettavano anche loro
sul limitare della chiesa. Chiara indossava un vestito bianco, probabilmente eccessivo con i suoi
pizzi, che metteva in risalto la valanga di ricci biondi che le cadevano sulla schiena tostata dal sole.
Si chiese come l’avrebbero presa i bigotti se fosse entrata in chiesa con quella scollatura. Rimase
quasi deluso che questa novella Malena, con le curve che non avevano nulla da invidiare alla
Bellucci, si fermò sul sagrato ed infilò solo la testa in chiesa. Si sedetti sugli scalini del sagrato, lui
si avvicinò lentamente continuando a guardarsi intorno e si andò a sedere vicino a lei tirando fuori il
pacchetto morbido di lucky. Lei lo toccò e disse
“Ne hai una sola”
Stefano con non curanza rispose
“Si ricomprano. Qui come siamo messi?” disse indicando la chiesa
“Altri 20 minuti buoni” scosse le spalle Chiara
“Allora possiamo andarci ora a comprare le sigarette”
”Allora potremmo andar giù al porto ad aspettare la processione e mentre scendiamo le compriamo”
“Ok” Fece Stefano alzandosi.
Prima di lasciare la piazza lei attirò la sua attenzione su un piccolo belvedere che dava direttamente
sul porto. Si vedevano decine di barche che si preparavano per la parte marina della celebrazione.
C’erano barche di ogni tipo: dai pattini, ai motoscafi e persino qualche cabinato, ma la parte del
leone la facevano i pescherecci essi conferivano una certa solennità a quella che, altrimenti, sarebbe
stato un semplice raduno di diportisti.
“la statua salirà su uno di loro e gli altri gli faranno da corteo, mentre le barche seguiranno ad una
certa distanza” spiegò Chiara.
Scendevano distratti lungo le strette viuzze, circondati da gente impegnata negli ultimi febbrili
preparativi.
Arrivarono al porto e l’eccitazione era al massimo.
“Evidentemente è il clou dell’estate” concluse Stefano guardandosi intorno e poi rivolgendosi a
Chiara, chiese
“Avrei voluto sempre chiedertelo, ma come fai a rimanere qui?”
“Un posto vale l’altro” rispose Chiara guardando il mare
“Non dirmi che sei andato a Bologna e ti sei inventato il progetto solo per scappare da mamma e
papà come tutti i ragazzini complessati del circondario?”
“No io sarei rimasto anche a casa, l’importate è come si vive non dove, ma devi ammettere che qui
manca l’aria”
“Oh Cristo! Adesso ti metti a fare il filosofo? Ma smettila!”
“Dì quello che ti pare, ma questo posto resta quello che è, proprio perché non offre alcuna
possibilità, soprattutto per chi è al di fuori del solito schema: lavoro in banca, audi, fidanzata” fece
lui irritato.
“Questo è il colmo!” sbottò lei
“Uno che alla prima occasione è scappato dice a me, Blowjob Chiara quello che succede a chi è
fuori degli schemi?” disse quasi tremante, ma con lo sguardo di chi ha tante di quelle cose dentro
che la pressione l’ha trasformato in un diamante.
“Blowjob? Cos’è ti sei specializzata?” chiese lui per dimostrare di essere più cinico di lei.
“Non più di tante altre. Solo che io sono una free lance, senza fidanzato ufficiale che ogni tanto vola
a cambiar bocca all’est e ti lascia il tempo per spompinarti il vicinato, magari subito prima di andare
a vedere il vestito da sposa con la futura suocera”
“Ripeto: come fai a vivere qui?”
“Sarebbe eccitante vedere arrivare un minimo di civiltà anche qui”
“Se! Ma quando mai! Visto che i giovani sono peggio dei vecchi”
“Più bigotti direi. Soprattutto i trentenni mirano alla legittimazione sociale. Da buoni sepolcri
imbiancati, dopo una decina di anni passati a “vivere” come dicono loro, cominciano a pensare
all’epigrafe della loro lapide: Gran lavoratore, buon padre, marito affettuoso” concluse lentamente
“Tutto questo dovrebbe farti fare le valige al volo”
“Ma io resto per loro” rispose lei con un ampio sorriso.
“Che?” chiese lui esterrefatto.
La discussione fu interrotta da una lenta litania di salmi: la processione stava arrivando e, dopo un
paio di minuti, la statua nera fece la sua comparsa.
Accompagnata dalle invocazioni, la statua salì su un peschereccio e prese il mare, seguita dal
codazzo delle altre imbarcazioni che nel frattempo stavano facendo salire la gente.
Loro si sistemarono su un peschereccio di grosse dimensioni, sistemandosi sul ponte ed aspettando
che si riempisse fino ad assomigliare ad una nave della speranza.
Schiacciati come sardine, Stefano le cinse la vita con un braccio, mentre con l’altro le accarezzava il
viso.
“Allora? Adesso mi spieghi questa follia. Devi ammettere che non è normale rispondermi che resti
per loro”
“ Io sono la loro Nemesi” rispose lei estremamente seria “Io sono ciò che devono cancellare per
avere una vita rispettabile, anche se questo non gli impedisce di cercarmi ogni volta che le loro
fidanzate dimenticano di succhiarglielo”
Intanto le barche si erano disposte in cerchio e il prete stava benedicendo la statua.
“Sono loro che abbassano lo sguardo, quando mi vedono” riprese
Il prete ora benediceva il mare e poi passò ad aspergere con l’acqua benedetta le barche e i loro
occupanti. Scese un gran silenzio che coinvolse anche Chiara e Stefano.
La statua finì in mare, salutata dal fischio prolungato delle sirene e le litanie furono sostituite da un
agghiacciante attacco di chitarre.
Durante il viaggio di ritorno Stefano assistette a qualcosa che gli tolse il fiato, vide Chiara piangere
e lui non sapeva assolutamente cosa fare se non limitarsi ad un banalissimo abbraccio e la tenne
stretta fino al momento dell’attracco.
Ora il profano poteva soppiantare ufficialmente il sacro: le bancarelle di dolciumi spandevano odore
di nocciole tostate, le porchette cominciavano passare, a pezzi, dagli spiedi alle carte oleate, lo
zucchero filato roteava con decisione in attesa dei bastoncini.
Si inoltrarono per le vie illuminate a festa, restando in silenzio. Chiara sembrava assente e guardava
nel vuoto vergognandosi della sua debolezza. Stefano guardava le giovani coppie che incrociavano
che ora sembravano tutte simili a quella che aveva descritto Chiara. Vagarono per tutta la sera,
senza mai sentirsi parte della festa e scambiando poche parole tra loro.
Verso mezzanotte Stefano vide Chiara sobbalzare e guardare una coppia di donne che si
avvicinavano. Erano madre e figlia: entrambe bionde, curate, entrambe con addosso svariate
migliaia di euro in vestiti ed entrambe con facce da grandissime stronze. Lo sguardo di Chiara
divenne tagliente, le due donne le scivolarono vicinissime, continuando a fissare Chiara, mentre la
giovane diceva alla vecchia.
“Ha pure il coraggio di farsi vedere in giro”
La vecchia sibilò di risposta
“Sarà in cerca di clienti”
Chiara non fu da meno e come un cobra reale che da la caccia ad altri serpenti velenosi
“Teneteveli quei due, anzi attente la prossima volta che partono per Kiev”
Le due streghe firmate la guardarono con odio, ma anche paura. Chiara non le degnò più di uno
sguardo e accelerò il passo per distanziarle il più possibile.
Ora tremava come una foglia, questa volta non piangeva, ma era a pezzi.
Stefano la portò via, imboccando strade che non conosceva, fino a ritrovarsi al di fuori del paese.
Si incamminarono lungo la strada e, dopo un quarto d’ora, erano sul promontorio a picco sul mare,
si sedettero su una roccia e rimasero in silenzio per un po’, poi Chiara lo guardò e sorridendo gli
disse
“Non c’è che dire è stata davvero una bella serata”
Lui si fece serio e rispose
“Vieni con me a Bologna, lì per lo meno non ci sono sagre”.