Michela FELTRIN
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Michela FELTRIN
La Mano Vincente Racconto di Michela Feltrin dedicato a Tex Willer e ai suoi pards Dicembre 2016 Tex è un personaggio edito da Sergio Bonelli Editore (c) Sergio Bonelli Editore, Milano Opera rilasciata sotto licenza Creative Commons 1 Non sembravano mani possenti. Le vene sul dorso erano appena in rilievo, le dita erano lunghe e robuste, sebbene la punta e i bordi dell'indice, del medio e del pollice di ambedue fossero ingialliti per le tante sigarette. Le palme, pur scavate da alcune rughe e dai segni lasciati dalle briglie, che oramai si erano fusi con le linee della vita e del destino, erano piuttosto callose, ma meno di quanto ci si sarebbe aspettati da un uomo del suo genere. Solo i tendini, tirati come lame affilate, e le nocche vigorose rimandavano alla grandezza e alla dignità che trasparivano da tutta la sua persona. Eppure quelle mani, che in gioventù avevano anche lanciato il lazo e maneggiato marchi arroventati, erano state destinate a sfilare centinaia di volte le Colt dalle fondine, impugnare Winchester dalle canne fumanti, tirare frecce, lanciare candelotti di dinamite e brandire pugnali dalle fogge più strane. Quando chiuse a pugno, erano capaci di trasformarsi in mazze ferrate per ridurre a più miti consigli prepotenti di ogni razza e grado o per alzare da terra e far svolazzare in aria elefanti del calibro di Rocky Hazel. Erano mani che parlavano, anche quando ne stringevano altre promettendo Giustizia, e che non si erano mai coperte d'infamia, né macchiate di tradimento. Tex Willer alzò lievemente la tesa del cappello prima di calare la scala a colore, stendendo le cinque carte una vicina all'altra e accompagnando con un mezzo sorriso l'imprecazione di Kit Carson, quel «Ch'io sia dannato!» che era eruttata come da un vulcano quando la mano di Tex stava ancora a mezz'aria. Carson si sbagliava. Le mani di Tex erano affascinanti non solo quando sfilavano le Colt dalle fondine, ma anche quando calavano una combinazione di poker. I gesti erano diversi, se non altro quanto a velocità, ma entrambi riflettevano la naturale e un po' rude eleganza che era innata negli uomini perbene, giusti e incorruttibili, talmente sicuri del fatto loro da non avere alcun bisogno di dimostrarlo. «Come riuscite a sopportare tanta fortuna?» chiese divertito lo sceriffo a Carson mentre questi, poggiato il sigaro sul posacenere di legno grezzo, beveva da un grosso boccale. «Negli anni il vecchio Kit ha affinato le sue tante virtù, tra cui quella della pazienza.» disse Tex, tra il serio e il faceto, mentre raccoglieva i pochi dollari messi nel piatto. Carson lanciò al suo pard un'occhiata densa di significati, poi avvicinò a sé le carte sparpagliate sul tavolo e prese a riordinarle. Un istante prima di rispondere atteggiò le labbra a una smorfia di noncuranza, in cui solo Kit e Tiger avrebbero ravvisato una fraterna quanto sconfinata indulgenza. Guardò lo sceriffo e disse: «Se non fosse così fortunato, questo furbone matricolato non si sarebbe limitato a scottarsi la pelle in più di un'occasione, ma se la starebbe da tempo rosolando 2 all'Inferno!» S'interruppe un istante, come per dare maggior enfasi a ciò che stava per dire, poi riprese: «E io con lui!» «Non dategli ascolto, sceriffo, non si tratta solo di fortuna...» obiettò Tex, mettendo mano a tabacco e cartine, «... Carson fa del suo meglio per mettermi costantemente in guardia e farmi presente qualche sgradevole possibilità!» «Siete proprio una bella coppia di satanassi, voi due!» disse lo sceriffo, sempre sorridendo. «Non riesco ancora a credere che la vostra sia solo una visita di cortesia. Quando siete spuntati alla porta del mio ufficio, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata di far avvertire Lister che i suoi affari avrebbero subìto un brusco rialzo...» Tex accese la sigaretta, ripensando a quale nido di vermi lui e i suoi pards avessero scoperchiato anni prima. Quindi, esalando una boccata di fumo, replicò: «Diamine, sceriffo! Non siamo certo degli angioletti, ma nemmeno gente che semina cadaveri non appena entra in paese!» «Non è ancora detta l'ultima parola...» sussurrò Carson, mentre mescolava nervosamente le carte. Lo sceriffo lo squadrò con aria interrogativa poiché dal tono della sua battuta non aveva capito se stesse scherzando o azzardando una previsione. Carson gli rispose alzando il sopracciglio sinistro, per poi seguire con lo sguardo una graziosa biondina vestita di un rosso un po' acceso, che stava portando un vassoio al tavolo accanto. Erano seduti non lontano dall'ingresso, al tavolo d'angolo posto sul lato sinistro del “Silver Dollar”, il saloon principale di Cedar City, una piccola e ridente cittadina del sud-ovest dello Utah. In passato il saloon era appartenuto a un certo Goldfield, finito sulla forca proprio grazie a Willer e ai suoi pards. Tex bevve un sorso di birra e lanciò alcune rapide occhiate all'interno del locale. Il “Silver” era cambiato parecchio dal tempo in cui il ranger aveva atterrato quel sacco di lardo di Boulder, per poi farlo volare addosso alla gran varietà di bottiglie di alcolici di cui faceva bella mostra il bancone del bar. C'erano ancora i due grandi specchi ai lati dello stiglio in legno decorato, ma quasi tutti gli altri erano stati sostituiti da quadri di varie dimensioni che ritraevano figure femminili, sensuali ma non volgari, simili ai due che Tex aveva notato fin dalla prima volta in cui era entrato al “Silver” e che spiccavano fra tutti per via della cornice annerita. Un tavolo da biliardo era stato aggiunto sulla sinistra, non lontano dal banco, e una grossa porzione del lato destro del locale era stata adibita a sala da gioco. Attorno ai tavoli si faceva un gran vociare, tra le chiamate dei croupier e le puntate dei giocatori, frenetici e un po' alticci. Una densa nebbia di fumo si spandeva per tutto il locale, smorzando le luci dei lumi a petrolio e ombreggiando le tonalità vivaci degli abiti indossati dalle ragazze, tutti della 3 stessa foggia e con il corpetto di raso nero, ma con le balze di un colore diverso l'uno dall'altro. Per una qualche ragione il nuovo proprietario aveva lasciato dov'era il copricapo indiano di piume, che oramai strideva non poco con i nuovi arredi e col tono più ricercato che si era dato il locale. Lo sceriffo tagliò il mazzo e Carson finalmente diede le carte, lanciandole come se stesse sparando. Le sue erano mani robuste, ma non tozze, un po' più grandi di quelle di Tex e ad esse accomunate dallo stesso destino di servire la Giustizia. Come quelle degli uomini appartenuti ad una generazione pressoché estinta di esploratori, in gioventù le mani di Kit Carson avevano faticato e lottato sulle piste di un West ancora incontaminato, dove si poteva cavalcare per giorni senza incontrare anima viva. Tex spense il mozzicone e riordinò tranquillamente le carte. Gli sembrò che una ragazza stesse alzando la voce, tra la ressa di uomini addossati al banco, ma la sensazione andò perduta e con essa la voce femminile, entrambe sovrastate dal gran baccano. Carson bevve un altro sorso e si lisciò i baffi schiumanti di birra, poi voltò il capo verso sinistra. «La parola a voi, sceriffo! Forse questa sarà la mano buona!» «Speriamolo, Carson! Il vostro pard mi ha alleggerito di quasi tutta la paga del mese...» Lo sceriffo guardò di sfuggita Tex prima di parlare, quindi, con fare deciso, mise i dollari sul piatto e disse: «Apro di due.» Tex posò il boccale vuoto, lo sguardo sempre fisso sulle carte. Pensò che, tra i tanti cambiamenti che aveva notato tornando a Cedar City, chi non era cambiato affatto era lo sceriffo. Era appena un po' più magro, le borse sotto gli occhi e le occhiaie sembravano lievemente più accennate, ma lo spirito era rimasto lo stesso di allora, allegro, onesto e sincero. Per un giocatore dell'abilità di Tex, lo sceriffo era un libro aperto. «Rilancio di cinque» disse quindi Tex, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Carson. Lo sceriffo quasi strabuzzò gli occhi, come se sul tavolo, al posto dei cinque dollari, ci fossero ancora le due mazzette con i trentamila appartenuti a Goldfield. “Farina del diavolo” li aveva battezzati Kit, appena prima di decidere quale destino li avrebbe tramutati in “buona farina”. Erano stati lui e Tiger a recuperare il malloppo dalle tasche della sella di uno dei due scagnozzi di Goldfield, i quali, derubando il proprio capo, avevano imboccato una pista che li aveva trasformati ben presto in cibo per avvoltoi. La stupefacente faccia di bronzo dimostrata da Kit con la commovente storia che aveva accompagnato la 4 consegna del denaro, gli era valsa uno sguardo di ammirata meraviglia da parte dello sceriffo. Fu come se quello sguardo avesse attraversato il tempo, passando dal figlio al padre e da Tex a Carson. Come accadde a Tex allora, anche Carson si sentì rivolgere una strana domanda: «Secondo voi, che lo conoscete molto meglio di me, sta bluffando oppure no?» Carson scrutò le sue carte con espressione sconsolata e, senza quasi girarsi, replicò: «Sceriffo, se sapessi rispondere a questa domanda, non avrei salutato metà degli angioletti che trovavano sicuro riparo all'interno delle mie tasche!» E, con un sospiro che non sfuggì alle orecchie dei presenti, gettò le carte al centro del tavolo, lasciando la mano. In quello stesso momento, un fracasso di stoviglie rotte e un grido di donna proruppero da dietro le spalle di Carson. Lo sceriffo si voltò d'impulso e adocchiò uno dei camerieri che si sbracciava, facendogli cenno di affrettarsi. «Era una città così tranquilla...» disse lo sceriffo guardando verso Tex, il quale, scattato come una pantera, si stava sistemando la tesa del cappello «... e non sono passate che poche ore da quando siete arrivati!» Tex piegò le labbra nel suo caratteristico mezzo sorriso, che, come ben sapevano tutti quelli che avevano conosciuto il ranger, svelava un significato diverso quando rivolto ai suoi pards, ai galantuomini o ai furfanti. «Non vi sembra di esagerare, sceriffo, prendendovela con noi per una rissa da saloon che nemmeno ci riguarda?» «Non è ancora detta l'ultima parola...» ribadì Carson, dopo aver dato una sbirciata alle carte di Tex. Nei tanti anni vissuti al suo fianco, Carson non aveva sviluppato solo una pazienza degna di quel sant'uomo di Giobbe, ma anche la capacità di intuire, con una notevole approssimazione, cosa aspettarsi da ciascun intervento del suo pard, a seconda del genere di questione in cui quegli finiva per impicciarsi. Lo sceriffo si fece quindi largo tra la calca, preceduto da Tex e tallonato da Carson. Davanti al bancone si fronteggiavano un cow-boy dalla considerevole mole, rosso in volto dalla furia e con due mani che sembravano magli, e una giovane donna dai capelli neri e ondulati, raccolti in una coda di cavallo. Indossava un abito lungo di seta blu, monospalla e senza fronzoli, che scivolava, appena aderente, sulla figura minuta. Non portava gioielli tranne un piccolo cammeo azzurro appuntato su un nastro di velluto nero, che le cingeva il collo da cigno. 5 Un paio di uomini, forse amici o solo compari di bagordi, cercavano di trattenere il cow-boy, mentre la donna, con negli occhi uno sguardo che non aveva bisogno di parole, teneva puntata verso il suo addome la canna di un vecchio Winchester, che impugnava con una certa sicurezza. Sembrava volesse fare da scudo alle ragazze che si erano raccolte dietro di lei, due delle quali stavano soccorrendo e confortando quella stesa a terra, mentre una terza sopraggiungeva dal fondo con un asciugamano bagnato. «Che mi venga un colpo!» sfuggì a Carson quando riconobbe la donna, mentre Tex, con un occhio alla giovane e l'altro al bestione che le si parava innanzi e che la dominava in corporatura e altezza, pensò che le congetture in cui si era avventurato sin da quando aveva rimesso piede al “Silver Dollar” trovavano ora piena conferma. «Abbassa quel catenaccio, figliola, adesso ci penso io!» intimò lo sceriffo alla donna, sfiorando con la mano la punta della canna del fucile. Si rivolse quindi al cow-boy con fare tranquillo, ma con un tono autoritario che rammentò a tutti, in un batter d'occhio, che quel piccolo uomo dai capelli e dai baffi bianchi era lo stimato e integerrimo tutore della legge di Cedar City. «Ancora tu, Murphy? Ti avevo ordinato di tenerti alla larga da questo locale!» «Andiamo, sceriffo!» prese a dire un tizio ben piantato e dall'aria scocciata, intromettendosi nella discussione, «I miei uomini hanno ben il diritto di divertirsi e non vi è legge che tenga che possa vietarci di frequentare il “Silver”!» Lo sceriffo fissò Jeff Thorpe come se a parlare fosse stato un avanzo di galera che aveva commesso il grosso errore di aprire bocca senza prima chiedergli il permesso. Thorpe aveva fatto fortuna con il bestiame e dava lavoro a parecchia gente, in città, e tra quei pochi che sapevano che era stato uno dei tirapiedi di Harport, nessuno aveva interesse a ricordalo, né a ricorrere alla legge per i danni e i fastidi causati dai suoi uomini. Ma lo sceriffo non era uomo da dimenticare un particolare del genere. «Qui a Cedar City la legge la rappresento io, mister! Potete andare a divertirvi dove diavolo vi pare, ma senza che ogni volta creiate disordini, demolendo mezzo locale o, peggio, spedendo una ragazza dal dottore!» E senza dire altro, rivolta un'occhiata d'intesa alla donna vestita di blu, lo sceriffo si avvicinò alla ragazza ferita. Con l'asciugamano premuto sul lato sinistro del viso e gli occhi velati di lacrime, la ragazza si appoggiava ad una sua compagna più alta e dai folti capelli rossicci. «È tutto finito, Sally!» la incoraggiò lo sceriffo, con aria paterna. «Cos'è successo?» La ragazza si guardò attorno, intimorita da tanta attenzione e da alcune occhiate giudicanti. Non avrebbe più scordato il momento in cui aveva incrociato gli 6 occhi chiari di uno dei due stranieri amici dello sceriffo, nei quali non lesse biasimo o pietà, solo orgoglio e coraggio. Cercò quindi di ricomporsi, asciugandosi gli occhi e lasciando il sostegno della compagna. «Gli ho detto di lasciarmi stare e che non volevo più saperne di lui, sceriffo...» mormorò quindi la ragazza, interrompendosi per schiarirsi la voce. Strinse a sé la balza strappata dello scollo dell'abito, poi proseguì, a voce chiara e alta: «Non è un uomo quello, è un animale...» «E tu non sei che una sgualdrina!» gridò il cow-boy, divincolandosi e sfuggendo alla presa dei suoi due compari. Tex fu più rapido della folgore e il massacrante uppercut con cui sollevò Murphy da terra non lo vide arrivare nessuno. Ciò che tutti videro fu il cow-boy che volava addosso al bancone per poi carambolare su alcuni tavolini e sui rispettivi occupanti, con gran sconquasso di vetri e di legno spezzato. «Coprimi le spalle, Kit!» fece Tex a Carson, «Certi vermi non strisciano mai da soli!» «Puoi contarci, fratello!» rispose Carson, con entrambe le mani già poggiate sul calcio delle Colt. «Ma questa mi sembra tutta brava gente, non vedo facce da candidati al cimitero.» Alle parole di Carson fece seguito un brusìo generale. Alcuni avventori ritennero prudente allontanarsi dalla zona dello scontro, ma solo di una decina di passi, per non rischiare di perdersi lo spettacolo. I due giocatori che erano rovinati a terra insieme a Murphy recuperarono i cappelli e fecero qualche passo indietro, tenendo le mani lievemente alzate. Prima di spostarsi verso il fondo del locale, uno dei due aprì entrambi i risvolti della giacca per mostrare che non era armato. Intanto Murphy si era tirato in piedi e continuava a massaggiarsi la mascella, forse per assicurarsi che si trovasse ancora al suo posto. «Veniamo a noi, scimmione!» lo apostrofò Tex, facendogli segno di farsi sotto, «Vediamo se sei bravo solo a marchiare il bestiame, bere come una spugna e picchiare le donne!» Murphy si avventò su Tex con le movenze di un toro infuriato e con la velocità che gli era consentita dalla sua stazza. Tex si portò fuori dalla sua guardia e con il destro gli assestò un secco montante allo stomaco, facendo seguire il pugno da un pesante gancio sinistro al mento. Murphy andò a sbattere contro il bancone, mandando in frantumi una piramide di bicchierini da whisky e spaventando non poco il barman. Nel rizzarsi in piedi, simile a un sonnambulo che, con le 7 mani protese, tasta l'aria per cercare la via, urtò la sputacchiera e diede una gomitata sul bordo del bancone, che fece cadere i pochi bicchieri rimasti intatti. La mano poi gli scivolò sulla Colt, ma Tex ebbe tutto il tempo di avvicinarsi e di abbrancargli l'arto, torcendoglielo fino al punto da fargli cadere la pistola. Murphy cacciò un urlo strozzato e cercò di raddrizzarsi, con l'intento di attaccare. Stavolta però Tex non gli lasciò la possibilità di reagire, facendo partire una saetta che gli piegò la testa all'indietro e doppiando il colpo con un diretto destro, con il quale mise fine alla breve discussione. Murphy cadde all'indietro con un tonfo soffocato, come un albero nella foresta dopo l'ultimo colpo d'ascia. «Mi spiace per i danni, miss Judy...» disse quindi Tex alla donna fasciata di blu, toccandosi la tesa del cappello. Judy Kanab ricambiò il saluto di Tex con un cenno del capo. Non lo aveva mai ringraziato ammodo per averle salvato la vita, né aveva potuto vederlo all'opera prima d'ora, ma di quello che Willer e i suoi pards avevano fatto a Cedar City si era continuato a parlare anche dopo che il boia aveva stretto una solida cravatta di canapa intorno al collo di Goldfield, Clayton e Harport, suggellando la fine della loro società a delinquere. «Non ditelo nemmeno per scherzo, mister Willer!» rispose Judy, dopo avere salutato anche Carson, cui rivolse il suo miglior sorriso. «Avrei pagato qualsiasi cifra per vedere uno spettacolo del genere, ma sarà qualcun altro a pagare!» Mentre ancora parlava, Judy aveva “inavvertitamente” alzato la canna del Winchester puntandola verso Thorpe, cui chiese: «Non è così, mister?» Thorpe fissò prima lei, poi Tex, in quel momento alle prese con tabacco e cartine. Non aveva scordato il trattamento che il ranger aveva riservato ad Harport e ricordò di avere ringraziato il Diavolo per avergli consigliato di collaborare, risparmiandosi di vedere i propri denti schizzargli negli stivali. Ma ora l'unica cosa a cui pensava era il ranger steso nella polvere e il “Silver” ridotto a un cumulo di macerie. La voce di Tex lo scosse dal torpore e le parole del ranger, così come il tono con cui le pronunciò, lo rafforzarono nel proponimento cui si stava votando. «Non dimentico mai una faccia, amigo, anche se della tua avevo promesso di scordarmi!» gli disse Tex, mentre si preparava la sigaretta con gesti veloci e precisi. «È meglio che tu porti fuori la tua mandria e la mandi a pascolare altrove, almeno finché non avrà imparato come comportarsi davanti a delle signore!» «Sceriffo, non avete nulla da dire, gli lasciate condurre il gioco...» fu la pallida obiezione di Thorpe, ormai deciso a riprendere la discussione con Tex, ma su un diverso terreno. 8 «Non è la prima volta che Tex Willer mi dà una mano a gettare certa spazzatura, qui in città...» chiosò lo sceriffo, con atteggiamento fintamente serio «... ma, visto che anche voi lo conoscete già, è inutile che vi ricordi quanto l'aria diventi più respirabile dopo ogni suo passaggio!» Thorpe fece un cenno ai suoi uomini e le occhiate di alcuni, più disinvolte e meno rispettose di prima, accrebbero la sua collera. Mentre si voltava sentì ancora la voce ferma di Tex, che pareva rincorrerlo come una maledizione. «Non stai dimenticando qualcosa, hombre?» Thorpe si girò nuovamente e vide Judy che, posato il fucile sul bancone, gli veniva incontro per chiudere la partita. L'uomo estrasse un fascio di banconote, ma il denaro sembrava scottargli tra le dita e non trovò di meglio che gettarlo addosso a Judy, come se volesse schiaffeggiarla. La risposta di Tex fu istantanea e dirompente, sotto forma di un diretto sinistro che ruppe a Thorpe il naso e lo proiettò lungo disteso sopra il vecchio tavolo da biliardo. «Storia chiusa!» commentò Carson, raggiungendo Tex e Judy, entrambi con gli occhi puntati su Murphy e Thorpe, che qualcuno stava trascinando fuori dal locale su ordine dello sceriffo. «Speriamolo, Kit! Ho già fatto abbastanza ginnastica, per oggi!» rispose Tex, tirando una lunga e meritata boccata di fumo. I due pards si scambiarono un'occhiata. La soddisfazione di avere riparato un torto era l'unica ricompensa che Tex ricevesse, e volesse ricevere, per compiere quello che egli reputava il proprio dovere. Non trovava affatto divertente picchiare certa feccia, ma il mondo ne era pieno e benché Tex si ritenesse un uomo tranquillo, quando qualcuno veniva maltrattato o un prepotente cercava d'imporsi, la sua reazione era istintiva, figlia del suo senso della Giustizia e della rivolta contro l’arroganza. «Beh, sceriffo...» cominciò col dire Carson, mentre, con un'espressione compiaciuta stampata in volto, dava la mano a Judy, «...ci avevate detto che l'avremmo rivista questa sera, ma ci tenevate nascosta la parte più interessante.» «Lo sceriffo non approva il mio lavoro, mister Carson...» rispose Judy, indicando ai tre uomini un tavolino sgombro e pulito, «... ma vi prego di accomodarvi. Devo dare alcune disposizioni, poi vi raggiungo.» Nel sedersi, lo sceriffo si lasciò sfuggire un sospiro, che strappò ad entrambi i pards un sorriso; di comprensione quello di Tex, di consolazione quello di Carson. Se difatti Tex capiva perfettamente i padri che, pur sforzandosi di celarlo, si sentivano orgogliosi dei propri figli anche quando, o proprio perché, avevano agito senza ascoltare i loro pareri, Carson ripensava alla fidanzata di Canon City che aveva lasciato in gioventù insieme al conto da pagare, una 9 intraprendente ragazza dai capelli gialli che, oltre alla sua pensione, si era messa in testa di dirigere anche lui. Gli inservienti avevano già cominciato a darsi da fare per riassettare il locale, che tornava rapidamente alla normale attività. Judy scambiò qualche parola con il barman, poi parlottò con uno dei croupier, infine si diresse verso Sally e le ragazze. Nel frattempo un cameriere aveva portato una bottiglia, tre bicchieri e dei sigari al tavolo dello sceriffo. Poco prima di andarsene, mentre stava versando il whisky, il cameriere gli sentì dire: «... non c'è stato nulla da fare, ha voluto assistere all'impiccagione. E prima ancora che il becchino avesse terminato il suo lavoro, aveva speso parte dei trentamila per rilevare alcune attività di Goldfield, incluso il “Silver”!» «Niente da dire, è proprio un gran bel saloon...» ammise Carson, mentre, rigirando tra le dita il sigaro che si era appena acceso, lo osservava attentamente per cercare di capire da dove provenisse. «Parliamo d'altro, sceriffo...» tagliò corto Tex. Da quando aveva riconosciuto il capo dei cow-boys, il ranger sentiva una certa vocina ronzargli in testa. «Che mi dite di quel Thorpe?» «È un pesce troppo piccolo per gente come voi!» rispose lo sceriffo, facendo un gesto secco con la mano come per scacciare un fastidioso insetto. In parte era vero, Thorpe era un ex scagnozzo assurto al rango di pezzo grosso, tale forse da impensierire uno sceriffo onesto, non certo due rangers del calibro di Tex e Carson. Ma in realtà allo sceriffo non sorrideva troppo l'idea che i due pards se ne occupassero. Non era il primo tutore della legge ad apprezzare i risultati che Tex non mancava mai di ottenere, deplorandone però i sistemi, sempre alquanto sbrigativi e spesso forieri di sparatorie notturne, incendi sospetti, cittadini malmenati e più o meno prematuri decessi. «Thorpe è sempre filato diritto da quando è arrivato in paese.» continuò lo sceriffo, guardando fisso Tex. «Quello che combinano i suoi uomini quando sono su di giri... beh, quella è un'altra storia.» «Quasi uno stinco di santo...» commentò Carson, che intanto emetteva soddisfatto dei regolari sbuffi di fumo. «L'ho tenuto d'occhio, per un po'...» riprese lo sceriffo, leggendo tra le righe della battuta di Carson, «... e ho anche chiesto informazioni agli sceriffi di altre contee, dopo avere scoperto per chi aveva lavorato. Deve avere le mani in pasta in qualche affare poco pulito, dalle parti di Salt Lake City, ma non ci sono...» «Prove?» intervenne Tex, completandogli la frase. «Con tipi del genere è inutile cercare delle prove, bisogna riuscire a prenderli con le mani nel sacco.» 10 «Oppure sbatacchiarli ben bene finché non sputano la verità...» aggiunse Carson, portandosi alle labbra il bicchiere contenente due dita di whisky. «Gli avete già rotto il naso, non penserete mica di ...» fece lo sceriffo, lasciando la domanda sospesa a mezz'aria e guardando fra il lusco e il brusco prima Carson e poi Tex. Tex gli rispose scuotendo la testa, poi aggiunse: «Tranquillizzatevi, sceriffo! Come vi ho detto stamane, siamo qui solo di passaggio. Abbiamo appena ingollato la polvere di mezzo Nevada per mettere il sale sulla coda a un bel quintetto di tagliagole. Mister Thorpe lo lasciamo volentieri a voi e, per quanto mi riguarda, può andarsene bellamente al diavolo insieme ai suoi cow-boys!» «Parole sante, Tex! Mi hai letto nel pensiero!» sentenziò Carson, sollevando appena il bicchiere come per brindare nuovamente all'incontro con lo sceriffo. Il volto dello sceriffo si distese per il sollievo. Vuotò il bicchiere in un unico sorso, brindando assieme ai pards. Fu poi sorpreso dai movimenti di Carson, il quale, unico dei tre ad essere seduto con lo sguardo rivolto verso il bancone, si era accorto della figura che giungeva dal fondo del locale e stava facendo il gesto di alzarsi. «State comodo, mister Carson.» gli disse Judy, accompagnando l'invito con un cenno della mano. «I frequentatori del mio locale sono gente alla buona, rischieremmo ancor più di confonderli. Non è mai accaduto che ricevessero due lezioni di buone maniere nell'arco di poco meno di mezz'ora.» «Non ci fate compagnia, miss Judy?» le chiese Tex, pur conoscendo già la risposta, visto che il cameriere non aveva portato il bicchiere per lei. Judy scosse graziosamente la testa. «Vi ringrazio, mister Willer. Festeggerò con voi questa sera a cena, perché è inteso che sarete miei ospiti.» Poi proseguì, rivolgendosi ancora a Tex, che proprio in quel momento posava il bicchiere vuoto. «Bevo raramente e comunque mai durante il lavoro. Persino tra gli uomini che lavorano per me c'è ancora qualcuno che pensa di potersi prendere delle libertà o di potermi derubare impunemente.» «Immagino che quei poveretti non mancheranno di conoscere la canna del vostro Winchester ...» disse Carson, scuotendo la cenere del sigaro insieme alla testa. Da quel galantuomo che era, a Carson non sarebbe mai venuto in mente di molestare una bella donna per ottenere ciò che ella gli concedeva spesso di sua volontà e senza successive complicazioni. «È un lavoro troppo pericoloso per una donna!» intervenne lo sceriffo con fare rassegnato, dando l'impressione di avere ripetuto l'ammonimento più volte. Spostò poi lo sguardo da Judy a Tex, dal quale, come padre, forse si aspettava man forte. «Mia moglie avrebbe voluto che si sistemasse, ma Judy è sempre stata di ben diverso parere...» 11 «Non ho rischiato di morire per ben due volte per finire a fare da sguattera a un bovaro manesco come quel Murphy!» disse Judy lentamente, guardando con affetto lo sceriffo. «E comunque qui intorno non ci sono uomini in gamba come quelli seduti a questo tavolo ... tanto meno galanti come voi, mister Carson!» Carson si sentì addosso tre paia d'occhi e, dall'espressione divertita stampata sul volto del suo pard, non faticò ad immaginarsi cosa gli stesse passando per la testa. Judy gli stava ancora sorridendo quando egli rispose alla sua gentilezza, lusingato di giocare con lei una partita di cui conosceva perfettamente le regole. «Se ce ne fossero troppi, di uomini in gamba o galanti, perderei tutto il mio vantaggio. E comunque non dimenticate che questi giovanotti hanno certo più dimestichezza con femmine a quattro zampe, poco loquaci e molto ubbidienti!» «Su questo non c'è dubbio...» disse distrattamente Judy, cercando di riprendere il filo di un pensiero un po' folle che le era balenato in testa un attimo prima «...ma voi non dimenticate di venirmi a cercare, qualora foste stanco di schivare pallottole!» «Sentito, Kit? Che ne pensi?» le fece eco Tex, rubando a Carson il turno di battuta e lasciandolo con la replica sospesa tra le labbra, insieme al sigaro, «Così la pianteresti di brontolare perché ti trascino in lungo e in largo per il West a spremere sudore e a rischiare la pelle alle costole di furfanti di tutte le risme! «Certe volte ti meriteresti proprio che io ti piantassi in asso!» gli rispose prontamente Carson, con un tono che sottintendeva un cameratesco “Vai al diavolo!” Anche di quel gioco famigliare con Tex, o con Tiger e Kit, Carson conosceva a menadito le regole e la principale faceva più o meno così: a un fratello si perdona ogni facezia perché al mondo non esiste Colt più veloce e affidabile della sua e perché sai che sarà il primo ad estrarla per coprirti le spalle quando si scatenerà l'uragano e l'ultimo a rinfoderarla, ma solo quando ti avrà visto salvo e al sicuro. «E in quanto a voi, miss Judy, vi ringrazio di cuore. Confesso che non mi dispiacerebbe affatto trascorrere il tempo in un così gran bel saloon, con l'unica occupazione di raddrizzare certe teste di vitello, per di più con una giovane e bella moglie che mi mantiene. Ma, che volete, ormai è una vita che faccio da balia a questo scriteriato... che cosa farebbe senza di me?» «Stavolta, vecchio mio, sei tu che mi hai letto nel pensiero!» affermò Tex, accendendosi una sigaretta e ammiccando verso Carson, il quale stava versando un altro giro di whisky, forse per brindare all'ennesimo scampato pericolo. «A parte gli scherzi, Judy...» disse ancora Tex, con ben diverso piglio, «... dovreste riflettere sull'opportunità di assumere un paio di buttafuori. I sorrisi servono, qualche volta, ma con tipi come quel Murphy e il suo capo servono piuttosto fisici corpulenti, buoni muscoli e, magari, delle Colt ben oliate!» 12 «Grazie per il consiglio, mister Willer, ci penserò su. E alla svelta anche!» rispose Judy, guardando prima Tex, poi lo sceriffo, come per rassicurarlo. «Ma se quell'ignobile mascalzone rimette piede nel mio locale, gli scarico l'intero serbatoio del Winchester nella pancia!» Mentre assisteva all'affettuoso battibecco tra lo sceriffo e la figlia adottiva, Tex pensò che non vi erano dubbi sul fatto che Judy avrebbe mantenuto la parola. Anni addietro aveva fatto in tempo a sparare un solo colpo verso Scotty da quel carro in corsa prima che si rovesciasse nella scarpata, per difendere sé stessa e il padre ferito. Ma la testa di Scotty l'aveva mancata di poco e chissà come sarebbe andata se il destino avesse disposto altrimenti. Era una ragazza a cui non facevano difetto né il coraggio, né il carattere, al punto da decidere di camminare con le sue sole gambe in un ambiente dove a tutti gli altri sembrava che occupasse il posto sbagliato. D'improvviso lo sceriffo si alzò, consapevole che non l'avrebbe mai spuntata. «Spiacente di non poter continuare l'amabile discussione, ma è bene che io e la mia stella non si venga coinvolti in propositi del genere...» disse, quasi serio, immaginandosi di sfuggita Murphy crivellato di proiettili. «Inoltre è tempo che vada dal nostro segaossa a prendere in consegna Murphy.» «Se non vi dispiace, vi accompagniamo, sceriffo.» fece Tex, spegnendo velocemente il mozzicone. «Devo passare all'ufficio del telegrafo.» «Naturalmente! È proprio di fronte al mio ufficio, venite.» I due pards presero congedo da Judy, la quale rinnovò l'appuntamento per cena, ma non li lasciò andare prima di avere ottenuto notizie frammentarie su Kit e Tiger e di avere strappato a Carson la promessa del racconto di almeno una delle loro avventure. Restò a guardarli sino a che, insieme allo sceriffo, varcarono le porte a vento ben oliate del “Silver Dollar”. «Un nuovo incarico in vista o aspettate notizie dei vostri pards?» chiese quindi lo sceriffo, appena scesi gli scalini del locale. «Siete un indovino, sceriffo.» disse Tex, guardandolo con la coda dell'occhio, «È da parecchio che manchiamo di notizie e speravo appunto di trovarne qui. Per quanto ne sappiamo, stavano seguendo la pista di alcuni balordi dalle parti di Tucson.» «Sempre a caccia di criminali voi quattro, eh?» «Già! Si vede che li attiriamo peggio delle calamite. Senza contare la nutrita schiera di cervelloni che trovano più comodo scaricare a noi patate bollenti di ogni genere... Di certo non corriamo il rischio di ingrassare!» 13 Lo sceriffo stava per commentare la risposta di Tex, rievocando un episodio del loro comune passato, quando vide Murphy e Thorpe, già al di là del cancelletto della casa del dottore. La casa di trovava sull'altro lato della strada, a non più di cento passi dal “Silver”. Murphy camminava innanzi a tutti, scortato da Logan, l'armaiolo del paese, mentre Thorpe era rimasto qualche passo indietro. Continuava a palparsi il tampone che gli era stato applicato sul naso ma, per quanto dolorante e infastidito, non si perdeva una delle parole che uscivano dalle labbra asimmetriche del tizio che gli stava affianco. Lo sceriffo ricordava di averlo scorto un paio di volte in città insieme a Thorpe, ma l'uomo se n'era andato con la stessa rapidità con cui era venuto, prima che egli potesse rivolgergli le domande di rito. Quando vide Tex, Murphy si piantò all'istante, urtando la canna del Winchester di Logan e innescando una sorta di reazione a catena. Thorpe e il quarto uomo puntarono gli occhi all'unisono verso lo sceriffo e i due pards, imitati dal resto dei cow-boys di Thorpe, che erano rimasti nella main street ad aspettare il loro capo, chi nei dintorni della casa del dottore, chi a fumarsi una sigaretta vicino ai cavalli. «Logan!» chiamò forte lo sceriffo, sfogando il suo malanimo non verso il volenteroso aiutante, che già altre volte aveva lasciato la conduzione del suo negozio per dargli una mano, bensì verso gli alti papaveri di Cedar City, i quali, non volendo sborsare altri quattrini, bocciavano ogni sua proposta di dotare il paese di uno o due valenti vice-sceriffi. «Ti avevo raccomandato di aspettarmi dal doc, maledizione!» Lo sceriffo non aveva ancora finito d'imprecare che Murphy sferrò una poderosa gomitata all'indietro con cui centrò Logan alla bocca dello stomaco. Giratosi poi con inusitata rapidità, gli strappò di mano il fucile, nonostante l'armaiolo lo tenesse ancora ben saldo, e si volse verso Tex e Carson. Li trovò con le Colt già spianate; Tex le puntava verso Murphy, Carson in direzione del più vicino terzetto di cow-boys, i quali non sembravano aspettare altro che di dare il via al gran ballo, tanto le loro mani fremevano accarezzando il calcio delle pistole. Murphy continuava a fissare Tex come inebetito, come se stesse aspettando un segnale. Tutti sentirono l'ordine dello sceriffo «Murphy, molla quel cannone!», che quasi si sovrappose al grido di Thorpe «Fermati, idiota! Non così!» Ma Murphy non sentì, o forse semplicemente non ascoltò, sentì solo un “click” nella sua testa. E sparò. Ciò che successe dopo ebbe gran risalto nei giornali della Contea di Iron per diverse settimane, anche alla luce di ciò che in seguito si scoprì circa gli affari di Thorpe. Il cronista poté inoltre contare sulla testimonianza di parecchi cittadini che percorrevano la main street di Cedar City in quell'ultima ora di luce che 14 precedeva il tramonto. Difatti, nonostante l'immediato grido di Tex «Via dalla strada!» e l'impegno suo e di Carson per produrre un fuoco d'inferno che coprisse la loro fuga, in parecchi si arrischiarono a tenere il naso troppo esposto a correnti d'aria o raffreddori da piombo che avrebbero potuto rivelarsi fatali. Il colpo esploso da Murphy aveva centrato il pomolo della sella di uno dei cavalli legati fuori dal saloon, destando un notevole scompiglio tra i poveri animali. Tex non aveva avuto nemmeno bisogno di schivare, tanto il colpo era fuori traiettoria. Forse intendeva chiudere la discussione con una dimostrazione di abilità, visto che le sue Colt esplosero in fulminea successione un uno-due di piombo che spezzarono il calcio del Winchester di Murphy e lo colpirono ad una delle mani. Ma prima ancora che il quarto proiettile centrasse la sinistra di Murphy, i cowboys avevano deciso che il preludio era già finito e che era tempo di dare il via al concerto vero e proprio. Tex Willer era noto in tutto il West per essere un uomo giusto – sempre - nel bene come nel male, e per essere spesso generoso e magnanimo con gli avversari. Ma quando il momento del colpo di avvertimento era passato o l'avversario aveva perso l'occasione di arrendersi e di cavarsela con poco, allora la parola passava definitivamente alle sue pistole. Alle Colt di Tex si unirono le gemelle di Carson e insieme produssero un fuoco di sbarramento che parve surclassare, per rapidità e sequenza dei colpi, le sventagliate di piombo degli uomini di Thorpe. Fu così che mentre Tex avanzava di qualche passo cercando di contenere gli avversari, Carson arretrava, coprendo il fuggi fuggi generale degli abitanti di Cedar, in ciò imitato dallo sceriffo, che era corso ad aiutare un paio di donne, sorprese dalla sparatoria nei pressi del “Mercantile”. Il buon Logan si era intanto rifugiato dietro l'abbeveratoio antistante la drogheria, mentre Thorpe, dopo un ultimo inutile tentativo di fermare lo scontro, era fuggito verso la casa del dottore, imprecando contro Murphy e la sfortuna. Continuava a pensare al fatto che Harris - così si chiamava il quarto uomo aveva già organizzato tutto per quella notte: un lavoretto pulito per cinque o sei uomini in gamba, i rangers finalmente rispediti nell'Inferno che li aveva vomitati e l'incendio del “Silver” a illuminare a giorno la strada. Gli sarebbe venuto a costare in tutto mille angioletti. E invece ora, per colpa di quell'idiota di un grassone, rischiava di rimetterci la pelle, senza contare quella dei suoi cow-boys, che non avevano ancora ben capito chi erano i due uomini dai quali si stavano facendo ammazzare. Diversi di loro stavano già mordendo la polvere e un paio di feriti si erano rintanati nell'Hotel Flora. Gli altri cow-boys, richiamati dalle grida di Harris, si 15 sparpagliarono agli angoli dei vicini edifici, cercando di tenersi al riparo. Il galoppino di Thorpe aveva preso in mano la situazione, sperando di guadagnarsi da solo quei mille dollari. Lo sceriffo era intanto riuscito a raggiungere il “Silver” e a condurvi sane e salve le due donne, che aveva affidato a Judy. Nel locale non vi erano simpatizzanti di Thorpe, ma nessuno aveva intenzione di mettersi tra lui e i rangers, men che meno i gambler o i croupier, i quali, sebbene sapessero maneggiare le pistole quasi quanto le carte, non intendevano rischiare la pelle senza la prospettiva di guadagnarci sopra qualcosa. Lo sceriffo era quindi solo mentre, spostandosi da una finestra all'altra del locale, faceva cantare la sua pistola assieme a quelle di Tex e Carson. I due pards avevano approfittato del momento in cui gli avversari serravano le file per trovare riparo dietro un grosso carro che stazionava davanti a quello che era stato il “Goldfield Store”. Carson era accucciato, con la schiena poggiata alla ruota posteriore, mentre Tex, con un ginocchio piegato a terra, svuotava il tamburo di una delle Colt e si apprestava a ricaricare. «Come stai a munizioni?» chiese quindi a Carson, mentre anch'egli, tratto un respiro lungo e profondo come se fosse alla fine di una corsa, ricaricava frettolosamente le armi. «Malissimo, ho solo quelle del cinturone. E chi pensava che non avremmo nemmeno potuto farci qualche partita di poker in santa pace?! E tu?» «Stessa situazione. Dobbiamo cercare di non sprecare un solo colpo e di chiudere la partita alla svelta.» «Una parola! Li dovremo andare a stanare uno ad uno, con la prospettiva di beccarci una revolverata ad ogni angolo di questo dannato paese...» «Sono cow-boys, Kit! Li senti? Tanto baccano, ma poca precisione.» «Anche tu ed io siamo stati cow-boys, ma oltre a marchiare le bestie e a condurle sui pascoli sapevamo suonare al meglio il clarino e tutta l'allegra famiglia di strumenti a fiato!» «Altra scuola, vecchio mio! E comunque sono solo una ventina.» «Dimentichi Thorpe e lo spaventapasseri che gli stava a fianco, il brutto ceffo col cinturone a due fondine. Quello non è un cow-boy e non è certo di primo pelo, anzi, mi sembra un tipo che sa il fatto suo.» «Gli daremo quello che si merita.» disse Tex, tirandosi in piedi, ma sempre stando al riparo. Il ranger si guardò velocemente intorno, poi fissò il suo pard. «Non dirmi che sei preoccupato di affrontare quell'imitazione di un pistolero e un pugno di tangheri! Di situazioni del genere ne abbiamo affrontate a dozzine.» 16 «Vorrei avere un dollaro per ogni volta che l'hai detto! E ogni volta piove piombo caldo, le Colt sono arroventate e noi due stiamo per fare da tiro a segno a confetti calibro '45.» «Hai finito?» gli chiese Tex sorridendo, ma con negli occhi lo sguardo di chi è pronto a giocarsi il tutto per tutto. C'erano delle volte in cui Tex aveva l'impressione che il pessimismo di Carson fosse un po' come l'avancarica di un vecchio Springfield. Difatti, non erano solo le armi che occorreva caricare prima di affrontare a viso aperto il nemico. «Aggiriamo lo Store e li becchiamo da dietro?» chiese Carson per tutta risposta. «Tu resta da questo lato e dai una mano al nostro sceriffo. Io cerco di arrivare alla casa del doc! » «Se ti butti così allo scoperto è più facile che tu arrivi direttamente alle porte dell'Inferno!» «Ci sei tu a coprirmi, no? Come sempre.» E, senza quasi guardarlo, Tex salutò Carson sottovoce «Ci vediamo, vecchio mio.» Poi uscì, puntando verso il vicolo di fronte. Carson fece quello che doveva per permettere al suo pard di giungere senza un graffio dall'altra parte della strada. La distanza era breve, poche braccia appena, ma a Carson parvero un'eternità, considerato che Tex si fermò qualche istante a metà del percorso, giusto il tempo di fornire al becchino un altro paio di clienti. Diversi proiettili si conficcarono sul lato corto del carro, altri tranciarono alcuni raggi delle ruote, ma fu solo quando gli colpirono il cappello che Carson trovò più salutare allontanarsi. Aggirò lo Store, così come aveva proposto prima a Tex, diretto verso il retro del “Silver”. La stessa mossa, ma in senso inverso, doveva essere venuta in mente anche ad Harris, visto che, poco prima di aprire la porta, Carson vide sbucare dall'angolo dell'edificio un terzetto di malintenzionati. «È solo il vecchio, falciamolo!» gridò, mentre già sparava, il più giovane dei tre. Carson fu costretto a gettarsi a terra. Era già infuriato per il foro al cappello, ma se c'era una cosa che proprio non sopportava, oltre a certe sfaticate a cui lo costringeva il suo pard, era dover mangiare la polvere per scansare proiettili, per di più condita con ammaccature in varie parti del corpo. «Questo è per il “vecchio”!» pensò, mentre restituì, senza sconti, le cortesie che gli erano state riservate. Due avversari caddero a terra, morti o bisognosi del medico, mentre il terzo, il più giovane, si stava tenendo la mano ferita quando Carson, in pochi e veloci balzi, gli fu accanto. Lo colpì d'impulso sulla bocca con un manrovescio, facendo scivolare il calcio della Colt dal mento fino al naso. «E questo è perché sarei “solo il vecchio”!» disse, guardando i tre avversari battuti. Poi raccolse da terra uno dei fucili e varcò la porta di servizio del “Silver”. 17 In quello stesso momento Tex osservava la casa del dottore dall'angolo della drogheria. Lungo il percorso si era liberato di un altro paio di ostacoli a due gambe, mentre un terzo aveva mollato la pistola e si era addirittura slacciato il cinturone prima di scappare. Sulla scacchiera che era ormai diventata Cedar City, Harris aveva mosso saggiamente le sue pedine, ma a parte alcuni più svelti con la pistola, e che Tex immaginò svolgessero anche altri servizi per il loro capo, gli altri erano soltanto dei volenterosi cow-boys. Se fino a poco prima non avevano ben compreso chi fossero Willer e Carson, ora, ricordando come tutto era cominciato, si chiedevano se per quel motivo valesse la pena di finire a spalare carbone all'Inferno. Con un balzo Tex saltò la bassa staccionata che contornava la casa del dottore e raggiunse la catasta di legna appoggiata sul lato sinistro della casa. Stava per proseguire verso l'ingresso quando dei colpi gli arrivarono alle spalle, facendo saltare e rotolare alcuni ciocchi. Un paio di schegge di legno gli scalfirono la guancia destra, lasciandogli delle striature rosse. «Ecco qualcun altro che è stanco di vivere!» pensò il ranger mentre, con i piedi puntati al suolo, girava solo la parte superiore del corpo e liquidava entrambi gli avversari. Oltrepassò poi in fretta la catasta di legna e si trovò di fronte Harris e due dei suoi, spuntati dal davanti della casa. Harris fece in tempo a portarsi all'altro mondo la soddisfazione di aver colpito Tex, sebbene solo di striscio, gli altri due nemmeno quella, rovinando all'indietro, l'uno sulla staccionata, l'altro su un cespuglio di rose. Mentre saltava il cadavere di Harris, Tex potè vedere Logan che, da una brutta posizione, teneva impegnati un paio di tizi sul lato sinistro. Poi vide Thorpe. Non stava sparando, benché impugnasse la pistola. Era appoggiato allo stipite della finestra rivolta verso la chiesa, aspettando. I loro occhi s'incrociarono per una frazione di secondo prima di esplodere uno, due, tre colpi, quasi simultaneamente. Tex sentì un grido di dolore, ma non si fermò. Diede un calcio alla porta e proseguì verso sinistra, con entrambe le Colt spianate. Trovò Thorpe abbarbicato al tavolo operatorio, sanguinante per i colpi e per alcune schegge di vetro. Il dottore si trovava a pochi passi da lui e, spaventato dall'irruzione di Tex, alzò di scatto le mani, senza tuttavia rendersi conto di chi si trovava davanti. «Non temete, doc! Siete ferito?» Il dottore fece cenno di no. Abbassò le mani e si diresse verso il ferito, aiutandolo a stendersi su uno dei lettini per i pazienti. Intanto Tex, benché il dottore gli avesse assicurato che erano soli in casa, passò in rassegna velocemente le altre stanze e il retro, per accertarsi di non ricevere sorprese. 18 Dall'esterno si udirono ancora pochi spari, poi la voce di qualcuno che gridò «Thorpe è morto, arrendiamoci!» Tex rinfoderò le Colt e si avvicinò al lettino. Thorpe non era ancora morto, ma sapeva che lo sarebbe stato presto, anche senza attendere il responso del dottore. «Proprio voi due dovevate ricapitarmi fra i piedi...» sussurrò, fissando un punto imprecisato al di là della finestra. «Sei tu che ci sei ricapitato fra i piedi, amigo. O, piuttosto, la tua cattiva coscienza.» «Quel Murphy… è sempre stato una testa calda. Avrei dovuto sistemarlo tempo fa...» Da fuori si sentì la voce dello sceriffo, poi quella di Logan. Thorpe esalò alcuni respiri, uno più affannoso dell'altro, infine disse: «Quella ragazza aveva ragione. Era proprio … un animale.» Carson sopraggiunse in quell'istante, con una delle pistole ancora in pugno. Fece un cenno a Tex. «Andato?» «Sta già salutando il suo amico Harport. E là fuori, tutto finito?» «Direi di sì. Della gente sta dando una mano allo sceriffo a radunare i superstiti e i feriti.» Al sentire parlare di feriti il dottore, come scosso e risvegliatosi da un incubo, senza dire una parola prese la sua borsa e uscì. Carson guardò il suo pard, soffermandosi sul volto e poi sulla spalla ferita. «Non è meglio passarci sopra un po' di whisky e tappare quel buco?» Tex si passò una mano sulla guancia, pulendo il poco sangue con il polsino della camicia. Nell'alzare il braccio aveva sentito il dolore alla spalla, così voltò la testa verso la ferita. Quell'accidente lo aveva colpito nello stesso punto di uno dei caballeros di Don Manuel Benavides. Un'altra doppia cicatrice. Tex si tastò la spalla e vide Carson che frugava nello studio del dottore in cerca di alcool e bende. «Non dire niente, voglio indovinare.» gli fece Tex, sorridendo appena, «Stavi per dirmi che vorresti un dollaro per ogni volta che ci siamo rattoppati l'un l'altro una ferita.» Carson non rispose subito, versò prima il disinfettante in un modo che costrinse Tex a soffocare un gemito. I due vecchi amici si guardarono, poi sorrisero, infine Carson parlò. «Peccato che stavolta tu non abbia scommesso. Quello che stavo per dire è che sono stanco, che tutto questo moto mi ha messo un appetito del diavolo e che non vedo l'ora di piazzare le mie gambe sotto a uno dei tavoli del “Silver”!» 19 «È una speranza che condivido in pieno, fratello!» disse Tex, mentre estraeva tabacco e cartine dal taschino sinistro. «Ma prima, mi daresti una mano con questi?» Lo sceriffo stava parlando col dottore quando vide uscire prima Carson, poi Tex. Se non fosse stato per il braccio che Tex portava al collo, si sarebbe detto che erano appena stati a una scampagnata. «Dove stai andando?» chiese Tex a Carson, il quale, una volta raggiunto lo sceriffo, fece come per proseguire il cammino. «A recuperare il mio povero cappello.» rispose lui, senza voltarsi. Sulla strada, nel via vai che si era formato allorché la sparatoria era terminata, Carson vide Judy scambiare qualche parola con due uomini, forse i mariti delle donne che avevano trovato rifugio nel suo saloon. Incrociò poi Logan, che scortava il giovanotto con cui aveva avuto una piccola discussione nel retro del “Silver”. Quando Carson gli passò di fianco il giovane si scansò facendo un salto, come se temesse il morso di un serpente a sonagli. «A quanto pare non era poi così tranquilla la vostra città, sceriffo.» disse Tex, dopo aver dato un altro tiro alla sigaretta. «E voi non scherzavate affatto quando dicevate che attirate i delinquenti peggio delle calamite.» Lo sceriffo si guardò intorno, spaziando dai cadaveri ai fori di pallottola negli edifici, dal volto mesto e raccolto in preghiera del pastore a quelli sollevati di molti dei suoi concittadini. «Sembra passato un tornado.» «Mettiamola così, sceriffo.» fece Tex, ormai abituato ai velati rimproveri che riguardavano certe sue opere di pulizia, «Nessuno vi ha tirato giù dal letto due volte nella stessa notte, né vi sono stati incendi. Notturni o diurni.» Lo sceriffo non poté fare a meno di assentire, mentre tornava del suo solito umore allegro. Si ricordò di un discorso su gigli, rose, cherubini, angioletti e ali, avuto con i due pards quella mattina in cui il “Mercantile” andò accidentalmente a fuoco. «Eh sì, siete proprio due gran Satanassi!» «Visto che lo sceriffo è in vena di complimenti, perché con continuare la discussione seduti comodamente ad un tavolo?» suggerì con il suo vocione Carson, giunto in quel momento con Judy al braccio. «Se il cuoco si è ripreso dallo spavento, potremmo anche anticipare la cena.» propose Judy, sistemandosi una ciocca di capelli che le cadeva sulla fronte pallida. Il suo sguardo si posò sul cadavere di Murphy, che Lister e il suo aiutante stavano caricando in quel momento sul carro. «Quel goccetto adesso lo berrei volentieri anch'io.» «Per me va bene, ma prima vorrei chiudere una certa faccenda.» fece Tex, gettando il mozzicone. 20 In quel momento, sgusciato via da un capannello di curiosi formatosi nei pressi del “Silver”, si avvicinò al quartetto l'addetto al telegrafo. Cercava lo sceriffo, ma quando vide i due uomini accanto a lui, capì che Logan gli aveva dato le informazioni corrette. «Amico, stavo per venire da voi. Dopo tutto questo trambusto, funziona ancora la vostra macchinetta?» «Certo, mister Willer, ma forse non vi servirà! Quando ho saputo chi erano gli autori di una così bella festa, sono corso subito a cercarvi.» L'uomo porse a Tex una lettera un po' sgualcita, che odorava d'inchiostro e di caffè. «Era qui fermoposta da una settimana.» «Grazie, amico. Vai al “Silver” a farti un goccio alla nostra salute e dì al barman che ti mando io.» «E passa da me domattina, Ben!» gli gridò dietro lo sceriffo, mentre quegli era già filato verso il saloon, ringraziando a sua volta. «Avrò alcuni dispacci da spedire.» «Tutto a posto?» chiese Carson, spiando l'espressione sul viso di Tex. «Sì, è di Kit, missione compiuta. Stavano rientrando alla riserva.» Tex piegò un angolo delle labbra verso l'alto, ma quando tornò a rivolgersi a Carson era quasi serio. «Chiede se non è tempo che la finiamo di bighellonare e torniamo a dare una mano a lui e a Tiger.» «Senti, senti. Ti somiglia un po' troppo, tuo figlio. Devo portarlo con me, la prossima volta. Ha bisogno di divertirsi un po'.» «Tornerete a trovarmi presto, allora, mister Carson?! Guardate che ci conto!» «Scommetto che lo rivedrete da queste parti molto prima di quanto immaginiate, miss Judy.» «Tutto quello che volete, Judy, ma non scommettete mai con Tex Willer! Ci rimettereste anche la cam… Beh, ci rimettereste!» Il bagliore rossastro di quello strano tramonto e un sentore ancora forte di polvere da sparo accompagnarono il conversare dei quattro amici e salutarono il loro ingresso al “Silver Dollar”. L'alba del giorno seguente avrebbe visto Tex e Carson galoppare sulla via di casa oppure incontro a una nuova avventura, tra le braccia immortali del destino. FINE 21 Note dell'autore - Si dibatte sul fascino di Tex a conclusione della celeberrima partita di poker giocatasi in Gila River (meglio conosciuta come L'ultimo poker, n. 149-151), nel corso di uno scambio di battute tra Tex, vincitore con un poker di donne, e Carson, che lo accusa bonariamente di averlo ottenuto con un “capolavoro truffaldino”: Carson: «Potenze del Cielo!... Vorresti darmi a bere che quelle quattro donne ti sono cadute in mano da sole?» Tex: «Forse ho del fascino!» Carson: «Buon Dio!... Tu, di affascinante, hai soltanto le mani quando sfilano le Colt dalle fondine!» (pagg. 61-62 del n. 151). - Rocky Hazel, Boulder, Scotty, Yunker, Goldfield, Thorpe, Harport e Clayton sono tutti personaggi di Terra promessa (n. 146-148). Il nome di battesimo di Thorpe è inventato. - Al termine del diverbio che li oppone, Rocky Hazel chiede a Tex se lo ha colpito con una “mazza ferrata”. Dopo la risposta negativa di Tex e dopo che anche alcuni uomini della carovana gli confermano che Tex lo ha colpito solo con le mani, Rocky sentenzia: «Ch'io sia dannato! … E a vedervi sembrate solo uno dei tanti pistoleros capaci di stendere la gente soltanto a revolverate.» (pagg. 64-65 del n. 148). - Anche lo sceriffo che gioca a poker con i due pards è lo stesso straordinario personaggio apparso in Terra promessa (cit.). Di lui non viene mai pronunciato il nome. - La battuta di Tex circa il pessimismo di Carson riprende la conclusione della risposta dello stesso Carson a una battuta di Kit nel corso di uno dei tanti gustosi dialoghi tra i quattro pards in Fantasmi nel deserto (n. 177-179): «Zitto, tu, manigoldo! Io non faccio altro che far presente a tuo padre qualche sgradevole possibilità!»(n. 177, pag. 113). - Lister è il becchino di Cedar City, che lo sceriffo nomina a pag. 83 del n. 146. Ho ripreso anche i nomi di alcuni locali. - La scena in cui Kit consegna i trentamila dollari di Goldfield allo sceriffo come dote per Judy, nonché lo straordinario dialogo che si svolge tra lo sceriffo e i quatto pards al ristorante vicino all'Hotel Flora, si trovano a pagg. 41-48 di Cheyennes (n.147). - Il “massacrante uppercut” è il pugno che Tex sferra a Yunker (pag. 32 del n. 146). - Judy Kanab è la figlia di Ely, la guida ingaggiata dai quaccheri guidati dai fratelli Glendon e uccisa nelle pagine iniziali di Terra promessa (cit.). Sopravvissuta all'agguato in cui muore il padre, Judy viene soccorsa dai quattro pards, i quali successivamente la salvano da un tentativo di rapimento. Dopo la sparatoria notturna in cui muoiono Boulder, Scotty e Yunker, Judy lascia l'albergo per trasferirsi dallo sceriffo, che accetta di prendersene cura. Nel prosieguo della storia, e anche dalle parole dello sceriffo, si comprende che lui e sua moglie, che non hanno figli, si sono affezionati alla ragazza e che Judy sembra destinata a rimanere a Cedar City, non avendo più alcun parente. - Su Tex “uomo tranquillo” si veda il discorso fatto dallo stesso Tex a Rick Anders (Sulle tracce di Tom Foster, n.170, pagg. 46 e 47). - Cfr. M. Marcheselli, F. Spiritelli (a cura di), “Tex: professione anarchico”, Fumo di China, n. 13, febbraio 1982, Bologna, Comicdom, pag.31, laddove Gianluigi Bonelli afferma che “Il senso della giustizia e della rivolta contro l’arroganza è istintivo in Tex: ecco perché picchia tanto sovente.” - Di “prematuri decessi” parla lo sceriffo a pag.17 del n. 147 Cheyennes, nel corso di un simpaticissimo dialogo con Tex e Carson. - Sullo “sbaglio” ammesso da Carson nel fidanzarsi con “una ragazza dai capelli gialli che dirigeva una pensione a Canon City”, si veda Inferno a Robber City (n.108, pag. 83). - Quanto all'impossibilità per Tex di “ingrassare”, si veda lo scambio di battute tra lui e Kit a pag. 85 del n. 181 Una stella per Tex. - Lo scontro con Don Manuel Benavides e i suoi uomini si svolge tra la fine del n. 111 L'asso nella manica e l'inizio del n. 113 Tra due bandiere. - Il discorso di cui si ricorda lo sceriffo è quello immortalato a pagg. 17-19 di Cheyennes (cit.). 22