09/07/2011 - il marketing (buono) serve altrimenti si cala il sipario

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09/07/2011 - il marketing (buono) serve altrimenti si cala il sipario
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SABATO 9 LUGLIO 2011
Da seguire L’Architettura romanica in Ticino
DIBATTITI
L'Associazione culturale Chiave di Volta organizza per oggi, dalle 10 alle 17.30, con ritrovo nella piazza della chiesa parrocchiale a Monte Carasso, un percorso a piedi alla ricerca della cultura romanica attraverso
Corzut, Biasca, Malvaglia, Dongo, Corzonesco, Lottigna e Pruginasco, sotto la guida di Darko Pandankovic.
A ERBA SHAKESPEARIANAMENTE
Il marketing (buono) serve Ma il Bardo all’erbese
Altrimenti si cala il sipario trasformerà tutta la città?
Crescere vuol dire guardare al domani, l’Accademia lotta e lo fa
“Pubblicità” a parte, aiutateci a capire se parliamo del Licinium o...
di Luisa Rovida De Sanctis Presidente Accademia dei Licini
di Luigi Torriani
Segue dalla prima pagina
... di Otello al Licinium. Articoli tutti peraltro
sempre molto lusinghieri, per quanto attiene la vita artistica e la produzione teatrale del
Licinium, cosa per la quale sentitamente ringrazio lei e il suo giornale. Sedimentato lo
scambio intercorso tra lei e il sindaco di Erba, mi piacerebbe ora partecipare al dibattito. Condivido appieno la sua avversione per
ogni forma di marketing ‘furbo’, preludio di
ogni manipolazione. È qualcosa che subiamo di continuo, a supporto di questo o quel
prodotto, servizio, o imperdibile novità (con
fascetta). Questo tipo di marketing, tuttavia,
con il ‘marketing territoriale’del nostro progetto divide solo una fuorviante omonimia.
Ciò di cui parliamo, come lei sa, è l’evoluzione naturale di un progetto culturale unico nel panorama dei teatri all’aperto italiani
(l’indirizzo esclusivamente shakespeariano
del Licinium), che coinvolge un’intera regione a forte vocazione turistica: per questo
ha suscitato unanimi consensi sia in Patria
che all’estero (e spero che questa mia affermazione non le provochi un’altra urgenza
scaramantica….).
Parlarne, in questa fase, è essenziale. È l’unico modo che abbiamo per divulgare una
progettualità innovativa che trae vitalità dalla sua stessa diffusione capillare, trasversale, interdisciplinare. Non vi sono luoghi in
cui questa informazione debba entrare ‘dalla porta di servizio’ o addirittura restarne
esclusa. E sarebbe un paradosso che questa
iniziativa, che si prefigge di dar vita ad nuovo polo culturale di respiro internazionale,
dovesse passare sotto silenzio proprio laddove sta nascendo: al Teatro Licinium e a Erba. Lei ha del tutto ragione a tenere viva l’attenzione sul punto di vista dello spettatore che è anche il nostro primo pensiero - e come vede in questo non vi è contraddizione
alcuna: è proprio lo spettatore, il ‘dominus’
di questo progetto; il suo punto di partenza
e quello d’arrivo. Se io fossi uno spettatore
del Licinium, vorrei sapere che cosa accade
- si, certo, sul palcoscenico - ma anche intorno a me. Quale fermento intellettuale mi
circonda. Quali nuovi orizzonti, e nuove prospettive, si stanno aprendo davanti ai miei
occhi. Vorrei sapere se gli organizzatori di
questo evento estivo “sotto le stelle” si limitano a mettere in scena uno spettacolo, assolvendo con grande dignità e qualità il loro
compito, oppure hanno anche la forza, la
passione e l’energia per guardare oltre “la nostra breve vita, cinta di sonno”. (Prospero, ne
La Tempesta). Se io fossi uno spettatore del
Licinium, e avessi seguito sui giornali (e alla
radio, e in tv) l’ampia informativa che ha accompagnato l’avvio di questo progetto che
sta ponendo inaspettatamente Erba sotto i
riflettori di un palcoscenico nazionale e internazionale, non solo vorrei saperne di più,
ma mi dispiacerebbe se nessuno me ne facesse cenno. Il pubblico non è sciocco, né
sprovveduto. Sa distinguere tra ‘il piacere’
(quello che speriamo di offrire ogni volta) e
il ‘dovere’ (quello che vincola noi alla qualità). La commistione dei due (piacere-dovere) non credo possa provocare un ‘interruptus’, nemmeno nei più labili.
Vorrei concludere con una nota poco nota
(sic), che spero potrà essere di suo interesse. L’Accademia dei Licini è una Associazione non-profit, fondata nel 1993 allo scopo di rivitalizzare lo storico Teatro erbese
dopo circa un ventennio di colpevole abbandono. Da diciotto anni a questa parte,
circa 50 volontari - tra attori non-professionisti, comparse e maestranze - si dedicano
con infinito amore e abnegazione alla ‘loro’ creatura: persone che, nonostante l’avanzare dell’età, rimangono tenacemente
legate a questo meraviglioso “sogno collettivo” di nome Licinium. I tagli che hanno
interessato la Cultura e l’effetto-paralisi generato dalla crisi hanno portato a un radicale ridimensionamento delle risorse pubbliche e private destinabili al finanziamento delle nostre stagioni teatrali.
Stiamo tuttora lavorando, insieme al Comune di Erba e ad altre istituzioni, per sopperire a questa situazione ampliando gli
orizzonti, cercando nuove alleanze e nuove sinergie, coinvolgendo anche le forze produttive del territorio per evitare al Licinium
la sorte già capitata a tante altre realtà teatrali del nostro Paese: il sipario calato. Siamo un manipolo di pazzi innamorati di ciò
che facciamo, e abbiamo il piacere - forse
ingenuo, ma ‘puro’ - di condividerlo con il
nostro pubblico. Ma senza una progettualità nuova e ‘visionaria’ tutto questo rischierebbe di finire: “E come questo spettacolo senza realtà che ora è svanito, tutto
il mondo scomparirà nel nulla senza lasciare
dietro di sé neppure il vapore di una nube”.
(Prospero, ne La Tempesta).
Segue dalla prima pagina
...territoriale discutendo sull’opportunità di
parlare di marketing territoriale mentre si fa
del marketing territoriale. Dopo Queneau.
Esercizi di stile: metamarketing territoriale.
Battute a parte, il fatto che sia il sindaco di Erba Marcella Tili sia la presidente dell’Accademia dei Licini Luisa De Sanctis abbiano
preso carta e penna per rispondere alle nostre (spero intelligenti) provocazioni dimostra che a Erba esistono ancora l’entusiasmo
e il coraggio per prendere parte attivamente
a una discussione aperta sulle scelte territoriali. Entusiasmo e coraggio che evidentemente difettano altrove, visto che lo stanco e
crepuscolare sindaco di Como fa di tutto per
ignorare la battaglia culturale de L’Ordine contro l’ordinanza antimovida, nonostante le firme raccolte siano già oltre duemila e gli articoli a sostegno della campagna alcune decine. Probabilmente il sindaco Bruni non ha
né la voglia né la forza per replicare alle articolate critiche che abbiamo più volte rivolto
alla sua amministrazione. Per fortuna non
avviene così dappertutto, altrimenti vivremmo in un mondo di mediocri, o di sordi.
A Erba a quanto pare non ci sono coprifuochi intellettuali. Dato alla città shakespeariana quanto è della città di Shakespeare, veniamo al merito dei problemi. Sulla questione del marketing due cose mi paiono assolutamente chiare. La prima è che (legittimamente e forse anche giustamente) un’amministrazione di centrodestra come quella di
Erba vuole accreditarsi presso il bacino elettorale di cui di fatto dispone non tanto e non
solo come mecenatesca ed eterea dispensatrice di arte e cultura ma anche e soprattutto
come latrice di una crescita economica del
territorio (in questo caso attraverso l’allestimento di eventi artistici e culturali). In questo, naturalmente, non c’è nulla di male, fatte salve le ovvie differenze personali di propensione estetica e politica che possono esserci visto che il mondo è vario. Il secondo
punto che mi pare francamente acclarato è
che in ogni caso - si usi o non si usi apertamente l’espressione “marketing territoriale”
- quel che conta è che il marketing vada davvero a buon fine, e cioè che l’idea di una città shakespeariana possa realmente decollare presso il pubblico. Quello che mi sembra
interessante approfondire è però l’idea stessa di una città shakespeariana nel cuore del-
la Brianza comasca. William Shakespeare non
era italiano ma inglese. Alcune sue opere sono di ambientazione italiana, e i luoghi shakespeariani in Italia non mancano, da Padova a Mantova a Messina a Venezia. Il nostro
territorio non figura, filologicamente parlando, tra i territori italiani che potrebbero essere tradizionalmente definiti come “luoghi shakespeariani”. Tuttavia Shakespeare, al pari di
tutti i grandissimi della letteratura e dell’arte,
è un patrimonio dell’umanità che sarebbe riduttivo circoscrivere e limitare a particolari
luoghi e culture locali. Inoltre le tradizioni
nella Storia nascono e muoiono, non sono
categorie dello Spirito ipostatizzate e immutabili. Se l’idea erbese di una città shakespeariana dovesse funzionare e svilupparsi
nel tempo, tra duecento anni si potrebbe a
buon diritto parlare della “tradizione” shakespeariana di Erba. Ciò che è affascinante
ma che è difficile afferrare in tutti i suoi contorni è provare ad immaginare che cosa sarebbe Erba una volta affermatasi davvero come la città di Shakespeare in Italia.
Se si dice “questo è un teatro shakespeariano” è chiarissimo che cosa si intende dire. Si
vuole dire che il teatro in questione non è generalista nelle rappresentazioni ma mette in
scena esclusivamente opere di William Shakespeare. Più ambiguo è il significato dell’espressione “città shakespeariana”. Si tratta di
un semplice correlativo rafforzativo della nozione di “teatro shakespeariano” (il qual teatro ha sede a Erba, la quale viene in questo
senso definita “città Shakespeariana” in quanto è sede del shakespeariano Licinium)? Oppure parlando di Erba come di una città shakespeariana si sogna per il futuro qualcosa di
più ampio? Che so, percorso shakespeariano
con statue e cimeli al Parco Majnoni. Statua
di Otello in Piazza Mercato. Mostre su Shakespeare. Romeo e Giulietta in Piazza Prepositurale. Menù shakespeariani nei ristoranti.
La città tutta attraversata da simboli e da suggestioni di tipo shakespeariano. Messa così
mi rendo conto che possa suonare come una
ridicola americanata (leggasi: kitsch). Però la
domanda è seria. Shakespeariano sarà solo il
Licinium (con Accademia annessa) o shakespeariano vuole essere un nuovo brand per
l’intera città di Erba? Shakespeariani saranno soltanto alcuni (bellissimi) spettacoli estivi o l’idea è più ampia di quanto non possa
apparire a prima vista? Delirio di un pomeriggio di mezza estate? Il dibattito è aperto.
L’AGENDA
Farmacie di turno oggi
COMO
Como - Lanzetti
(via T. Ciceri)
PROVINCIA
Valmorea - Ghielmetti
Lomazzo - Pizzi
Cernobbio - Mascetti
Cantù - Centrale
Carugo - Posca
Erba - Tili
Lenno - Locatelli
Porlezza - Caso
Consiglio di Rumo - San Pio
Nesso - Tagliavini
Cinema
COMO
ASTRA
viale Giulio Cesare 3 - tel. 031.300131
Chiuso per ferie
CANTÙ
CINELANDIA
Corso Europa 23 - tel. 031.710039
Tel. 899030820 per prenotazioni
“Cars 2”
ore 15.00 - 15.10 - 17.30 - 17.40 20.00 - 20.10 - 22.40
“I guardiani del destino”
ore 22.40
“London boulevard”
ore 15.20 - 17.40 - 20.20 - 22.40
CINEMA LUX
Via Manzoni, 8 - tel. 031.714759
“Transformers 3 - 3D”
ore 19.50 - 22.50
MONTANO LUCINO
UCI CINEMAS COMO
Via Varesina - tel. 031.4781911
“In viaggio con una rock star”
ore 22.25 - 00.55
“L’erede - The heir”
ore 15.00 - 17.20 - 19.50 - 22.10 - 00.30
“This is beat - Sfida di ballo”
ore 15.10 - 17.40 - 20.05 - 22.30
“Transformers - 3D”
ore 14.20 - 15.30 - 17.35 - 19.00
- 21.00 - 22.15 - 00.15
“Hypnosis”
ore 15.20 - 17.45 - 20.05 - 22.25 - 00.45
“Cars 2”
ore 14.20 - 17.15 - 19.50
“Cars 2 - 3D”
ore 14.45 - 17.25 - 20.00 - 22.35
“I guardiani del destino”
ore 14.45 - 17.20 - 19.50 - 22.25
“Libera uscita”
ore 14.45 - 17.20 - 19.50
“L’ultimo dei templari”
ore 15.20 - 17.40 - 20.00 - 22.20
“X Men: l’inizio”
ore 16.45 - 19.40 - 22.35
“Garfield - Il Supergatto”
ore 14.45
“Una notte da leoni 2”
ore 22.25 - 00.50
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racconti presidenziali
Fotografia di quel signore disinvolto che è Napolitano
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Ieri era a Villa Vigoni per un incontro tra Capi di Stato. Di fronte a lui Christian Wulff, di fronte a noi, prima del resto, l’eleganza napoletana
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Ascoltare il Presidente Giorgio Napolitano sul tema del futuro dell’Europa è stato
davvero un piacere. Non solo perché lo
splendido scenario di Villa Vigoni dava all’insieme un respiro internazionale di alto livello. Non solo perché la discussione
si è svolta attraverso un confronto dialettico tra i massimi rappresentanti istituzionali di due Paesi, Italia e Germania, e
giovani studenti e ricercatori.
Un colloquio in cui i giovani sono stati invitati dai propri Capi di Stato a fare i conti con la realtà e con la storia, a riflettere
sul sistema di princìpi e valori dell’Unione europea sui quali ora occorre arrivare
ad una condivisione sentita se non si vuole entrare in una più profonda crisi di identità. È stato piacevole perché è un piacere
quando ti trovi ad interloquire con un autentico signore, che per la cultura che tra-
spirano le sue parole, per la lucida disamina degli avvenimenti, per la sua esperienza personale e politica di uomo e di
presidente avverti in lui il profondo rispetto
all’istituzione che rappresenta.
Napolitano è riuscito con la sua elegante
flemma napoletana a miscelare come un
saggio alchimista argomentazioni politiche, eventi del passato, passione europeista, il tutto nel più serio e rigoroso ordine
logico e razionale, al punto da affascinare l’attenzione di chi lo ascoltava, perché
ha saputo condurre il discorso senza pause, senza troppi contraccolpi di toni, senza cadere mai nel ripetitivo, nel didattico,
nel noioso, ma al contrario sapendo accentuare con una giusta cadenza (e con
l’inconfondibile accento partenopeo) il
piglio e la risolutezza sui punti chiave del
suo pensiero. L’incedere cauto e distacca-
to di un aristocratico di antico lignaggio;
imperturbabile nel suo sorriso; il blu presidenziale della cravatta; i modi signorili
con cui si muove, con cui si rivolge ai presenti, con cui sembra farti capire che lui
in realtà sa molto di più di quello che vuole darti ad intendere con la sua placidità.
In confronto a Christian Wulff, più giovane di lui, Giorgio Napolitano spiccava, per
la naturale rilassatezza con cui accavallava le gambe, per come cercava il dialogo
con i ragazzi che, visibilmente emozionati e vittime più che giustificate del timore
riverenziale, sedevano davanti a lui e gli
ponevano le loro riflessioni sul ruolo dell’Europa e sui valori dell’Occidente. Il presidente non ha perso un appunto, con la
stilografica tenuta con distinzione tra le
dita affusolate, sollevando di tanto in tanto la testa per guardare dritto negli occhi
l’interlocutore di turno, a fronte alta, aperta, con sguardo attento e partecipe, senza
mettere in soggezione nessuno pur dall’alto della sua autorità, creando di fatto
con quei ragazzi una atmosfera cordiale e
familiare come solo gli autentici padroni
di casa sono capaci di fare.
Nei suoi cenni misurati, lenti certo ma
mai impacciati e insicuri, rivelava il suo
modo di interpretare il ruolo presidenziale così come glielo attribuisce la Costituzione: l’equilibrio dei poteri. Non si
è rivelato impacciato e goffo neppure
quando si è messo al contrario le cuffiette del traduttore simultaneo: la sua disinvoltura e naturale eleganza sembravano quasi invitare gli altri a fare altrettanto. I veri signori si riconoscono anche in
questo. E il desiderio di stringergli la mano si è fatto forte.
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