maggio

Transcript

maggio
RISPARMIO # DIRITTI # PREVIDENZA # CONSUMI
MAGGIO 2007
Politica economica:
quattro perplessità
D
ifficile giudicare, dopo solo un anno di governo, se è stata avviata una politica economica di risanamento e sviluppo,
se si sia tirata troppo la corda per mettere a posto dei conti
che già lo erano (soffocando la ripresa) oppure se si siano
semplicemente sistemati
degli interessi di bottega,
CHI CI GUADAGNA CON L’ICI
senza un preciso disegno
Le 5 province con il gettito più alto e quello più basso per l’Ici prima casa
complessivo. Limitiamoci a
sottolineare
quattro motivi di
Comune
Gettito abitazione
Famiglie con Eventuale sconto
principale
prima casa
prima casa
perplessità.Primo:le liberalizzazioni.Si sono molto lodati i
ROMA
319.739.371
773.477
413,4
decreti Bersani che hanno liPADOVA
25.224.734
70.742
356,6
beralizzato farmaci, distribuzione del carburante,licenze.
PISA
10.526.619
31.688
332,2
Si è avuta,però,la sensazione
FIRENZE
42.881.598
129.836
330,3
che siano stati scelti solo quei
settori la cui apertura ha di
LIVORNO
15.821.117
50.444
313,6
fatto favorito strutture, come
CATANZARO
1.704.846
25.210
67,6
la Coop,molto vicine ai Ds.In
CALTANISSETTA
1.371.747
20.468
67,0
compenso,un codicillo ha in
pratica bloccato la Tav, che il
CROTONE
943.986
15.415
61,2
governo sostiene di voler coBOLZANO
1.745.538
32.485
53,7
struire. Così a parole facciamo gli europei e nei fatti si acMESSINA
3.645.737
72.390
50,4
contentano verdi, comunisti
e abitanti della Val di Susa. Secondo: è rinviata l’abolizione dell’Ici sulla prima casa. Basta guardare la tabella per capire: dove si paga di più
le giunte sono di centrosinistra e i sindaci subirebbero un colpo duro ai loro bilanci.Terzo:ci si lamenta che l’Italia non attira investimenti dall’estero,poi ci si allarma se americani e messicani vogliono comprare la Telecom. Quarto:si è fatta la campagna elettorale sui conti in
disordine, poi si scopre che non era vero, ma non si sa come usare il
surplus di cassa (generato con l’aumento della pressione fiscale).
SANITÀ
Al Pronto soccorso
2
2
è d’obbligo il ticket
Urgenze colorate
CREDITO
Tra banca e clienti
4
una via di accordo
ENERGIA
Con i raggi solari
6
la bolletta è gratis
ARTIGIANI
All’elettricità serve
8
più concorrenza
DIRITTI
L’avvocato
9
ANIMALI
Cani e gatti in casa:
quanto ci costano
In condominio
In viaggio
10
11
12
PREVIDENZA
Lo sportello
In evidenza
IL BILANCIO DI UN ANNO DEL GOVERNO
13
IMMOBILI
Il notaio non serve,
ma poi ci vuole
Questioni di casa
14
15
FINANZA
Gli italiani sono
troppo “liquidi”
16
Risparmio gestito 18
A CURA DI 2C EDIZIONI
NOTES
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Al pronto
soccorso
è d’obbligo
il ticket
LA LEGGE FINANZIARIA, FRA LE PRINCIPALI
NOVITÀ, HA PREVISTO UNA SPESA AGGIUNTIVA
DI ALMENO 25 EURO PER OGNI VOLTA CHE CI SI
RECA IN OSPEDALE PER PROBLEMI NON GRAVI
ministero della SaDdirealluteche
si continua a ribasi tratta di una
misura equa che da un
lato consente di garantire e mantenere gratuite tutte le urgenze e, dall’altro, permette di offrire
ai cittadini prestazioni di
più alta qualità.Tuttavia da
quando ha fatto la sua
comparsa sulla scena è stato fonte di molte polemiche e lamentele.
Stiamo parlando del ticket per le prestazioni di
Pronto soccorso, che dal
1° gennaio si deve pagare
per tutti i casi meno gravi
e non urgenti, i cosiddetti
codici “bianchi”. Ogni volta che ci si reca in ospedale per un malore non
grave e che quindi non richiede un ricovero, si devono versare, come regola generale, 25 euro.
In particolare, la Finanziaria impone a tutte le Regioni l’utilizzo del ticket
comprese le amministrazioni che ancora non lo
avevano istituito;sono 12 invece quelle che lo avevano già introdotto:ad esempio, in Lombardia è di 35
euro, in Emilia Romagna
di 23 euro, mentre in Friuli Venezia Giulia varia a seconda del tipo di presta-
zione. La finalità di fondo
a cui mirano Governo e
ministero della Salute è di
alleggerire il carico di lavoro dei Pronto soccorso,
scoraggiando il ricorso incontrollato alle prestazioni di emergenza. Al tempo
stesso la misura è parte integrante del piano di risparmio della spesa sanitaria, valutato per il 2007 in
900 milioni di euro.
Il ministro Livia Turco ha
fatto presente più volte
che il ticket è marginale rispetto alla manovra e che
per la prima volta il servizio
sanitario nazionale potrà
contare su tre anni di risorse certe, che sono aumentate quelle destinate alle regioni di 6,5 miliardi di euro nel 2007 e, infine, che
nel prossimo triennio ci saranno tre miliardi in più
per ammodernare le strutture ospedaliere e molta attenzione ai servizi a domicilio e al superamento delle liste di attesa.
LA QUOTA FISSA
PER LE RICETTE
Accanto al ticket sul
Pronto soccorso è stata
prevista anche la “quota” fissa di 10 euro su
ogni ricetta medica e
quindi anche quelle per
visite specialistiche ed
esami diagnostici (anche questo intervento è
oggetto di forti lamentele da parte di molte
Regioni).
Vale a dire, ogni volta
che il medico di famiglia
reputa opportuno un esame, il paziente pagherà il
costo di questo più il nuovo ticket di 10 euro. Tra
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l’altro il medico, nell’ambito della stessa ricetta, deve indicare al massimo otto prestazioni che appartengano alla stessa tipologia,
così come può contemplare una sola visita specialistica:ad esempio non potrà
prescrivere una colonscopia e un elettrocardiogramma (per quest’ultimo il servizio pubblico fissa la tariffa di 11,65 euro a cui occorre aggiungere il ticket
di 10 euro).
Infine, resta fermo il ticket sui farmaci, ma esclusivamente in quelle Regioni in cui è già previsto (fra
le altre Lombardia,Veneto
ecc.), dove si continuerà a
pagare la “tassa” su ogni
medicinale acquistato con
ricetta medica: di solito il
prezzo è pari a due euro a
confezione, con la soglia
massima di quattro euro a
ricetta.
Non si paga se la patologia è valutata urgente dai
medici di Pronto soccorso
– cioè i codici rosso, giallo, verde – così come non
si deve il ticket nel caso in
cui il paziente venga ricoverato o tenuto in osservazione o ancora quando si
sia mandati in ospedale dal
medico di famiglia (medico
di medicina generale o pediatra di libera scelta) o
dalla guardia medica o dai
AD OGNI URGENZA UN “COLORE”
Prima eravamo abituati a
sentir parlare di triage – dal
francese triager che significa “scegliere” – solo seguendo in tv le serie E.R.
Medici in prima linea o Dr.
House; da qualche mese però anche nei nostri ospedali questa terminologia sta diventando usuale in quanto,
quando si arriva al Pronto
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NOTES
soccorso, viene applicato lo
stesso sistema per dare
priorità alle urgenze, vale a
dire che gli infermieri incaricati attibuiscono ai pazienti, secondo i loro sintomi, un
“codice colore” con cui viene stabilita la priorità di accesso alle cure. Obiettivo: evitare le attese per i casi davvero urgenti. L’infermiere,
dunque, ha un ruolo fondamentale dal momento che
alla sua professionalità è rimesso l’esame preliminare
delle condizioni di salute;
inoltre, oltre a chiedere i dati anagrafici, deve tenere sotto controllo le persone in sala d’aspetto e cambiare il codice d’urgenza se la situazione si complica.
CODICE BIANCO È assegnato in presenza di casi
non gravi a cui potrebbe
porre rimedio il medico di
famiglia; pertanto saranno
trattati solo dopo gli altri codici e l’attesa potrà essere
lunga. Se poi il codice bianco viene confermato dal medico che si occupa della visita, tutte le prestazioni effet-
tuate saranno soggette al pagamento di ticket, salvo che
si abbia diritto a un’esenzione. Per fare solo alcuni
esempi: eritema solare, punture d’insetto, mal di gola,
congiuntiviti, distorsione con
modesto gonfiore.
CODICE VERDE Il colore
verde indica che il paziente
può aspettare ma non per
troppo. Può accadere, per
esempio, quando si arriva in
ospedale per una colica renale o un forte dolore addominale, ma i parametri vitali
non sono alterati.
CODICE GIALLO Fa riferimento ad una patologia già
grave che si verifica quando
i parametri vitali, invece, risultano alterati e perciò il pa-
ziente non è in pericolo di vita ma va visitato il prima possibile (l’attesa non dovrebbe
durare più di 20 minuti). Ciò
accade quando si ha la pressione bassa (la massima a
80-90) oppure si respira male, per esempio per una crisi
allergica o d’asma. O ancora
quando c’è il dubbio di un infarto o di un collasso.
À
medici di primo intervento con la richiesta scritta
“per una valutazione clinica complessiva”.
TUTTE LE CATEGORIE
CHE SONO ESENTI
Oltre a queste ipotesi
valgono poi le esenzioni per età, reddito, patologia e invalidità stabilite dalla legge Finanziaria. Sono:i bambini e i ragazzi fino a 14 anni; gli anziani di età superiore a 65 anni con reddito familiare fino
a 36.151,98 euro; i titolari
di pensione sociale o assegni sociali e i loro familiari a carico; i titolari di pensione al minimo di età superiore a 60 anni e loro familiari a carico, e anche i disoccupati e loro familiari a
carico,purché appartenenti a un nucleo familiare con
un reddito complessivo inferiore a 8.263,31 euro incrementato
fino
a
11.362,05 euro in presenza
del coniuge e in ragione di
ulteriori 516,46 euro per
ogni figlio a carico; gli invalidi di guerra appartenenti alla categoria dalla 1^ alla 5^; gli invalidi per lavoro con riduzione della capacità lavorativa superiore
ai due terzi; gli invalidi per
servizio appartenenti alle
categorie dalla prima alla
quinta;gli invalidi civili con
riduzione della capacità lavorativa superiore ai due
terzi; gli invalidi civili con
assegno di accompagnamento e i ciechi e sordomuti; gli ex deportati nei
campi di sterminio; le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata;
gli invalidi civili minori di
18 anni, con indennità di
frequenza o di accompagnamento; i detenuti e gli
internati.
C’è tensione fra
Stato e Regioni,
sia sul ticket
per il Pronto
soccorso sia per
quello stabilito
sulle ricette
mediche e quindi
su esami e visite
specialistiche
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ALL’INDOMANI DEI
CRACK FINANZIARI
DEGLI ULTIMI ANNI,
I CONTRASTI
FRA ISTITUTI
E ASSOCIAZIONI
DEI CONSUMATORI
HANNO GENERATO
PROCEDURE
CHE GARANTISCONO
TEMPI PIÙ RAPIDI
E SPESE CERTE
RISPETTO ALLA
GIUSTIZIA ORDINARIA
Le controversie tra banca e clienti
si definiscono per via alternativa
egli ultimi anni il
Nclienti
rapporto tra banche e
ha vissuto forti e
Quando si
presenta un
problema con la
propria banca, la
prima cosa da
fare è scrivere un
reclamo,
indirizzato alla
stessa, entro due
anni dal fatto
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drammatici momenti di
crisi in occasione dei
numerosi scandali tra i
quali Cirio, Parmalat,
Giacomelli, bond argentini, Myway e Foryou.
Eventi che oltre ad aver
indebolito la fiducia dei risparmiatori nei confronti
del sistema hanno comportato per molte persone danni economici più o
meno rilevanti.
Ecco allora che il fronte
degli istituti di credito
coinvolti, dopo aver cercato in un primo tempo
di resistere sulle proprie
posizioni, ha avviato tavoli di conciliazione con la
clientela per trovare soluzioni adeguate e avviare
un percorso che in più di
un caso ha dato vita a organismi e procedure non
temporanee. Senza arrivare a questi casi limite, che
si spera non si ripetano
per il futuro, il rapporto
banca-cliente è comunque
caratterizzato da frequenti situazioni di contrasto
che possono andare dall’applicazione di una piccola commissione per
un’operazione ordinaria
alla gestione del deposito
titoli e degli investimenti.
Secondo quanto rilevato
nella relazione annuale Pit
Servizi-Cittadinanzattiva,
nel 2006 la situazione è
migliorata dopo tre anni
“di fuoco”, ma il settore
bancario costituisce comunque il 12% delle segnalazioni di problemi
che giungono all’associazione di consumatori.Andando più nel dettaglio, i
motivi di contrasto con gli
istituti di credito, nel 34%
dei casi riguardano il con-
to corrente, nel 20% il credito al consumo, nel 15% i
mutui, nel 14% carte di pagamento, nel 12% gli investimenti finanziari e nel
3% le modalità di relazione
banca-cliente. Sono invece circa 4mila i ricorsi gestiti ogni anno dall’Ombudsman-Giurì bancario
attivo dal 1993.
Quest’ultimo è stato il
primo organismo specifico messo a punto per risolvere i conflitti bancheclienti e nel 2006 ha visto
ampliare il suo raggio
d’azione perché, oltre ai
privati, vi possono ricorrere anche imprese, commercianti, professionisti,
artigiani e società. Di recente, però, il ventaglio di
strumenti a disposizione
dei risparmiatori per far
valere le loro ragioni senza ricorrere alla giustizia
ordinaria si è ampliato.
Dal febbraio scorso l’attività dell’Ombudsman fa
parte di quella del più ampio Conciliatore bancario,
al cui interno si trovano
anche il servizio di conciliazione e il servizio di arbitrato. Parallelamente, i
principali istituti di credito hanno reso permanenti i tavoli di conciliazione
con le associazioni di consumatori che erano stati
creati in occasione degli
scandali finanziari.
Il risultato è che oggi il
cliente ha a disposizione
più di una via; dunque,
quale soluzione scegliere?
A fronte di un contrasto
è bene sapere che il primo passo da fare,se non si
riesce a risolvere la questione verbalmente, è
quello di inviare un reclamo scritto alla banca entro due anni dal fatto. Il
recapito a cui indirizzare
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QUATTRO STRADE DA SEGUIRE
la nota deve essere fornito dalla banca stessa, ma
spesso è già indicato sull’estratto conto. Dalla ricezione la banca ha poi
tempo 60 giorni – 90 se
si tratta di servizi di investimento – per fornire
una risposta e, se quest’ultima è soddisfacente per
il cliente, la vicenda è
chiusa. In caso contrario
si può percorrere una delle altre quattro vie.
1CONCILIAZIONE BANCARIA
Il Conciliatore bancario, operativo da
quest’anno, prevede l’intervento di un
soggetto terzo con l’obiettivo di trovare un
accordo tra le parti. La sua attivazione
avviene tramite richiesta alla sede
centrale, ma è presente un conciliatore in
ogni provincia. Non ci sono limiti al valore
della controversia e la procedura si deve
concludere entro 60 giorni lavorativi.
Se si trova un accordo questo ha natura
vincolante, altrimenti è sempre possibile
richiedere l’arbitrato o rivolgersi al
giudice. Il servizio di conciliazione ha un
costo per ognuna delle due parti in causa
commisurato al valore della controversia,
il cui importo va da 200 a 10mila euro
(quando il valore è superiore a 5 milioni) .
IL RAPPRESENTANTE
PUÒ ASSISTERE
Le procedure avviate
da alcuni tra i principali gruppi bancari
(tra questi Intesa San
Paolo, Monte dei Paschi di Siena, Capitalia,
Poste) hanno caratteristiche diverse per quanto riguarda tempi, tipologia di
situazioni ammesse, valore massimo della causa,
modalità di svolgimento.
Quindi, prima di procedere, occorre verificare l’effettiva possibilità di ricorrere a questo strumento.
In tutti i casi, però, è
previsto che il cliente sia
assistito da un rappresentante di un’associazione
di consumatori che ha
aderito al protocollo. Si
tratta di procedure in cui
le parti a confronto sono
due: la banca e il clienteconsumatore.
Tra i vantaggi principali di questo canale vi sono la rapidità e una certa
flessibilità nell’analizzare
i fatti: ciò significa che a
volte si trova un punto di
incontro tenendo conto
del “buon senso”oltre che
delle regole formali, la cui
mera applicazione può
non essere sufficiente a
risolvere positivamente
un contrasto.
C
OMBUDSMAN
2
Con questa soluzione non si arriva a un
risultato condiviso dalle due parti, ma a
un giudizio di una terza parte. Secondo le
associazioni dei consumatori, il limite
principale di questo soggetto deriva dal
fatto che la sua composizione è
espressione dello stesso mondo bancario
sul quale è chiamato a esprimersi.
I dati riguardanti l’attività svolta finora
testimoniano che l’Ombudsman si è
espresso favorevolmente alla clientela in
circa la metà dei casi. Tra i vantaggi,
invece, la completa gratuità,
l’accessibilità anche a soggetti
“professionali” (aziende, artigiani ecc.),
tempi contenuti (120 giorni massimo per
la conclusione del procedimento) e la
possibilità per il cliente di ricorrere al
giudice nel caso in cui l’esito
dell’Ombudsman sia a lui sfavorevole.
Chi decide di rivolgersi a questo istituto
deve tener presente che il valore massimo
della causa è fissato in 50mila euro.
3ARBITRATO
L’arbitrato può essere considerato un
passo ulteriore nel caso in cui non si sia
raggiunto un accordo tramite la
conciliazione. In questo caso la decisione
non viene presa da una commissione,
come con l’Ombudsman, ma da un
professionista a cui viene chiesto di
pronunciarsi e di conseguenza il
procedimento si conclude con un giudizio.
4CAMERE DI COMMERCIO
Infine, non va dimenticato che il
servizio di conciliazione viene fornito
anche dalle Camere di commercio
presenti sul territorio. Il funzionamento è
simile a quello del conciliatore bancario,
così come analoghi sono i costi previsti.
La differenza rispetto alle quattro soluzioni
analizzate sta sostanzialmente nella non
specializzazione del servizio delle Camere
di commercio alle quali ci si può rivolgere
per questioni riguardanti contrasti anche
del mondo non bancario. In generale il
motivo principale che dovrebbe portare a
utilizzare queste forme alternative è quello
di evitare i tempi lunghi e i costi della
giustizia ordinaria, affidandosi a strutture
specializzate che garantiscono rapidità e
certezza delle spese.
LA GUIDA WEB
G
Conciliatore bancario e Arbitrato
via delle Botteghe Oscure, 54 - 00186 Roma. Tel. 06.674821,
fax 06.67482250, [email protected]
G Ombudsman - Giurì bancario
via delle Botteghe Oscure, 54 - 00186 Roma, fax 06.67.48.22.51
[email protected]
G Camere di commercio
Per chi naviga su Internet, www.camcom.it con gli indirizzi
di tutte le strutture presenti sul territorio
G Associazioni di consumatori
www.tuttoconsumatori.it con l’elenco delle associazioni che fanno
parte del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti
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G
ent’anni fa gli im-
termici a panVnellipianti
solari furono una
rivoluzione: grazie all’energia solare era possibile avere acqua calda
per la casa, gratis e per
tutto l’anno. Oggi gli impianti fotovoltaici sfruttano i raggi solari per produrre energia elettrica:una
piccola centrale in casa
per generare energia da
usare,accumulare e anche
vendere.
Con il decreto ministeriale del 19 febbraio scorso
Il calore solare è una fonte
di risparmio e paga la bolletta
LA NUOVA NORMATIVA CONSENTE DI INSTALLARE PANNELLI FOTOVOLTAICI CHE PRODUCONO ELETTRICITÀ CON
LA CERTEZZA DI INCENTIVI CHE VERRANNO EROGATI IN “CONTO ENERGIA” ANZICHÉ IN “CONTO CAPITALE”
sono stati attivati i contributi in “conto energia”,cioè gli
incentivi statali di 0,42 euro in media per ogni kW/h
prodotto dal proprio impianto fotovoltaico.
I contributi in
conto energia
sono ventennali e
possono essere
richiesti sia da
privati sia da
aziende. Inoltre
sono previste
diverse opzioni
per la cessione
dell’energia,
compresa la
vendita in borsa
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IL MECCANISMO
DEI CONTRIBUTI
Fino a qualche anno
fa gli impianti fotovoltaici erano finanziati in
conto capitale, con contributi fino al 75% del
costo complessivo e
non erano previsti incentivi sulla produzione di energia. Oggi, con
i contributi del “Conto
energia”si guadagna in base a quanta energia si produce. Pertanto, i privati
possono risparmiare sui
consumi e guadagnare
con l’energia prodotta in
eccesso, mentre lo Stato
grazie all’energia comprata risparmia su centrali,impianti e materiali. Il tutto
nel rispetto dell’ambiente.
I contributi sono ventennali, per un rapporto duraturo che abbatte ogni rischio dell’investimento.
I contributi del conto
energia sono garantiti dal
Gestore della rete elettrica (GSE), con cui il richiedente stipula il contratto
per l’erogazione degli incentivi. Chi intende costruire un impianto fotovoltaico deve inoltrare al
Gestore locale della rete il
progetto preliminare e richiedere la connessione.
Trascorsi 30 giorni dalla
data di presentazione della richiesta può iniziare i
lavori. Una volta ultimato
l’impianto e avviato il collegamento alla rete può fare domanda al GSE per
l’erogazione degli incentivi.La richiesta deve contenere la scheda tecnica del
progetto eseguito e il certificato di collaudo. Entro
60 giorni dalla data di ricevimento della richiesta
di concessione della tariffa incentivante,il GSE,verificato il rispetto delle disposizioni, comunica al richiedente la stipula della
convenzione.
Il conto energia può essere richiesto sia dai privati che dalle aziende e sono previste diverse opzioni per la cessione dell’energia.Si va dallo “scambio sul posto”, ovvero
l’energia ceduta alla rete
per essere consumata nei
periodi in cui la produzione è inferiore al consumo,
fino alla possibilità, per gli
impianti superiori a 20
Kw/h, di cedere alla rete
l’energia prodotta in eccesso o rivenderla in borsa.
LE TARIFFE E IL PREZZO
PER UN IMPIANTO
Possono accedere all’incentivazione i proprietari di impianti con
potenza nominale superiore a 1 kW. Si guadagna fino a un massimo di
0,49 euro per ogni chilowattora prodotto se l’impianto è integrato, cioè inserito nel progetto della
struttura edilizia. Si scende fino a 0,44 euro se è
parzialmente integrato (come i pannelli su tetti o terrazze) e a 0,40 euro se
non integrato,cioè a terra,
esterno agli edifici.Queste
tariffe valgono per i piccoli impianti,con potenza da
1 a 3 kW,generalmente utilizzati per le case private.
Per gli impianti di potenza compresa tra 3 e 20 kW
gli incentivi vanno da 0,38
a 0,46 euro, mentre per
quelli maggiori di 20 kW
si va da 0,36 a 0,44 euro.
«Oggi il fotovoltaico,con
una rendita media dell’8%
annuo è l’investimento a
basso rischio più remunerativo in Italia»,afferma Domenico Inglieri,portavoce
del GIFI, Gruppo imprese
fotovoltaiche italiane.
Secondo una stima del
GSE, il costo comprensivo
di Iva di un impianto della potenza di 3 kW, installato in una piccola villetta
a Milano,è di 18.900 euro.
Il totale dell’energia prodotta, considerando le ore
di esposizione annue,è pari a circa 4.490 kW, per un
guadagno annuale alla vendita di 1.998 euro.Se si calcola il risparmio sui consumi, il beneficio in un anno è di 2.808 euro. Con
questi numeri, in otto anni circa si recupera l’investimento iniziale e nei rimanenti 13 fino alla fine
dei contributi del conto
energia il guadagno è netto: 36.500 euro.
Se ci si sposta nella capitale, un buon esempio è
quello di Casal Palocco,zona residenziale alla periferia di Roma, che potrebbe
presto diventare il primo
quartiere “verde”della città.
Il progetto,in via di approvazione, prevede di portare l’energia solare in tutte
le case entro sei mesi. Impianti di 3 kW, per un costo stimato di 20mila euro;
2.479 euro di guadagno
C
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annuale per un impianto
che verrà ripagato in 7-8
anni. Con un ritorno positivo sull’ambiente:ogni anno 2,6 tonnellate di anidride carbonica in meno.
Naturalmente la stima è
orientativa: è opportuno
non solo considerare la variazione dei costi degli impianti in base alle dimensioni e alla potenza,ma anche l’intensità della luce
solare: lo stesso impianto
può produrre 1.000 kWh
in Lombardia, 1.500 kWh
in Sicilia e addirittura 1.600
kWh a Lampedusa.
Per la manutenzione la
spesa è minima: inferiore
al 2% del costo dell’impianto comprensivo di installazione.La durata di un buon
impianto è di circa 30 anni.
Le imprese associate nel
GIFI si occupano anche
dell’assistenza degli impianti.
È molto importante che
le aziende siano qualificate,
dal momento che esistono
moduli fotovoltaici, cioè i
singoli elementi dei pannelli che accumulano e trasformano l’energia solare,
che non corrispondono ai
requisiti richiesti. Solo in
questo modo si eviteranno
brutte sorprese al momento della richiesta della convenzione al GSE.
Anche i condomini possono installare impianti fotovoltaici con diritto agli
incentivi, sia da soli che in
società con altri inquilini,ma
devono essere autorizzati
dall’assemblea condominiale e non possono vendere a terzi l’energia prodotta in eccesso, ma solo
cederla alla rete o venderla in borsa. Le maggiori
banche prevedono finanziamenti per l’acquisto di
impianti fotovoltaici, con
N
S
U
M
mutui fino al 100% della
spesa.La tassa che i produttori devono riconoscere
annualmente al gestore di rete è di 30 euro all’anno per
gli impianti fino a 20 kW,
di 120 euro per gli impianti superiori a 20 kW.
L’ITER BUROCRATICO
È SEMPLIFICATO
La normativa sul conto energia ha contribuito alla diffusione dell’energia solare attraverso una serie di provvedimenti per facilitare
l’accesso agli incentivi:
«L’iter per l’erogazione degli incentivi è stato decisamente semplificato: prima
si doveva approvare la domanda per consentire l’installazione dell’impianto e
l’autorizzazione a ricevere
gli incentivi, ora invece
chiunque è titolare di un
impianto,se è tutto a norma,
verrà subito autorizzato»,
spiega Livia Catena,responsabile comunicazione del
GSE.
Inoltre per le autorizzazioni a costruire ci si rivolgerà direttamente al Comune;i progetti potranno essere presentati senza bando
o gara;è stato abolito il tet-
I
G
to massimo incentivabile
(prima stabilito in 85 megawatt complessivi all’anno); non è più richiesta
l’autorizzazione unica alla
Regione per gli impianti in
siti non soggetti a vincoli
ambientali o paesaggistici;
sono previsti bonus per impianti installati su edifici
certificati che dimostrino
la riduzione di almeno il
10% del fabbisogno di
energia.
Eppure, non manca chi
esprime delle riserve sulla nuova normativa: «Ci
preoccupano eventuali variazioni del costo dell’energia, con il rischio
che l’enorme sforzo dello
Stato per garantire gli incentivi finisca per gravare
sulle tasche degli italiani
attraverso l’aumento spropositato delle bollette - dice Pier Aldo Isolani, responsabile Energia e Ambiente di Adiconsum - .Gli
stessi privati, proprietari
degli impianti fotovoltaici, vedrebbero annullati i
benefici del conto energia. Ad oggi il ministero
dello Sviluppo economico non ha ancora chiarito
i nostri dubbi».
Anche i
condomini
possono
richiedere gli
incentivi per gli
impianti
fovotovoltaici,
ma occorre prima
il via libera
dell’assemblea e
vige il divieto di
rivendita
dell’energia
NOTES
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Elettricità, più concorrenza
per ridurre costi e inefficienze
D
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getico che grava sulle
imprese italiane a causa di black out, disservizi e inefficienze nei
call center.
Uno studio di Confartigianato ha calcolato gli effetti delle inefficienze del
sistema distributivo dell’energia a causa della
scarsa concorrenza. Stando ai dati contenuti nel
rapporto, nel 2006, le
aziende hanno subito interruzioni di energia elettrica per oltre 15 milioni di
ore e gli imprenditori
hanno perso più di 10 milioni di ore parlando al telefono con i call center
delle aziende di distribuzione di energia. Il risultato
è appunto uno spreco di
744 milioni di euro per il
totale delle imprese italiane, una cifra pari allo
0,6% del costo del lavoro
del settore manifatturiero.
«I dati che abbiamo elaborato - sottolinea Daniela Rader, delegata della
presidenza di Confartigianato al settore Ambiente
ed Energia - dimostrano
che la scarsa concorrenza nel mercato dell’energia
determina pesanti costi
extra-bolletta per gli imprenditori. È quindi indispensabile che la completa liberalizzazione del
mercato dell’energia, che
scatterà dal 1° luglio, sia
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NOTES
l’occasione non soltanto
per ridurre i prezzi di
elettricità e gas che sono
i più alti d’Europa, ma anche per migliorare gli
standard di qualità del servizio offerto dalle aziende distributrici e per interventi di ammodernamento della rete».
Scendendo nel dettaglio, le interruzioni lunghe di energia elettrica
sono costate al sistema
delle imprese 564 milioni di euro per mancati ricavi a causa della sospensione della produzione.
A questi vanno sommati i 179,9 milioni di costi
derivanti dal tempo perso al telefono in attesa di
informazioni dai call center. Basti pensare che ciascuna telefonata dura in
media 7,2 minuti, metà
dei quali vengono sprecati alla ricerca dell’operatore in grado di fornire le
risposte desiderate.
In pratica, le risorse
“bruciate” al telefono da
parte delle imprese equivalgono al lavoro di un
anno di 5.579 persone.
A ciò si aggiunge il contributo che arriva dalle
piccole imprese ai 366,4
milioni di euro pagati in
bolletta per remunerare
la “interrompibilità” programmata di energia di
166 grandi imprese. È un
po' come se le piccole
aziende pagassero due
volte le interruzioni di
energia elettrica, per loro
stesse e per le grandi imprese. E ancora una volta
a farne soprattutto le spese è il Mezzogiorno a cui
va attribuito il record negativo dei costi e dove,
nel 2006, le imprese hanno pagato per questi inconvenienti ben 353,2
milioni.
A seguire le imprese
settentrionali con 237,5
milioni di oneri e quelle
del Centro Italia con 147
milioni.A livello regionale la “maglia nera”appartiene alla Campania, dove lo
scorso anno gli imprenditori hanno bruciato in
black out e attese telefoniche 98,9 milioni di euro.
Al secondo posto c’è la
Sicilia con 91 milioni di
euro, seguita dal Lazio
con 65,6 milioni, dalla
Lombardia con 63,1 milioni e dal Veneto con
57,9 milioni di euro.
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TUTTI I CUGINI DIVENTANO EREDI
Da quanto detto deriva che alla morte di suo marito alla sua successione parteciperanno coloro i quali faranno parte del suo asse ereditario. Ne consegue che, se
lei ha interesse che alla sua morte una parte dei beni restino attribuiti a suoi parenti, deve provvedere ora attraverso il testamento, magari attribuendo loro una quota
della porzione disponibile e disporre che in favore di suo
marito vada la parte di patrimonio che la legge gli riserva quale erede necessario (la metà del suo patrimonio,
oltre al diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano) oltre
alla restante quota di disponibile non attribuita alle persone appartenenti alla sua famiglia di origine.
U
UNO STUDIO DI CONFARTIGIANATO HA CALCOLATO QUANTO VENGONO A PESARE SUI BILANCI
DELLE IMPRESE BLACK OUT E DISSERVIZI. SEMPRE PIÙ URGENTE LA LIBERALIZZAZIONE DEL MERCATO
744 milioni di euro
B enl’anno.
È il costo ener-
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L’avvocato
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G. G. - Trento
Stando agli elementi forniti nel quesito, alla successione di suo cugino si applicano le regole della successione legittima previste dagli artt. 565 e seguenti del Codice civile che stabiliscono come categorie di successibili, nell’ipotesi di mancanza di testamento (l’interdetto
non può fare testamento) il coniuge, i discendenti legittimi e naturali, gli ascendenti legittimi, i collaterali, gli altri parenti e infine lo Stato. Perciò al suo cugino defunto succedono tutti i parenti secondo l’ordine stabilito
dalle norme indicate e quindi nella successione non rientra solo lo zio novantaseienne, ma anche eventuali altri
zii, ancorché defunti. A questi poi subentrano, per rappresentazione (art. 467 del codice civile), i figli e pertanto
nella successione del cugino interdetto dovrebbe rientrare non solo lei, ma anche la cugina che ha accudito
l’infermo per oltre trent’anni. Infatti, la rappresentazione, prevista dall’art. 467 del Codice civile, fa subentrare
i discendenti legittimi o naturali nel luogo e nel grado
del loro ascendente tutte le volte in cui questi non può o
non vuole accettare l’eredità.
I PARENTI DEL MARITO UNICI BENEFICIARI
A. O. - Savigliano
Se nel suo asse ereditario non vi sono legittimari (l’art.
536 del Codice civile indica quali eredi necessari il coniuge, i figli legittimi o naturali e gli ascendenti) una volta redatto testamento in favore di suo marito, quest’ultimo, alla sua morte, erediterà tutto il suo patrimonio
che andrà a confondersi con quello proprio.
LA FAMIGLIA DI FATTO PUÒ REGOLAMENTARSI
S.G. - Ascoli
Nel nostro ordinamento la famiglia “di fatto” non è riconosciuta come entità giuridica, anche se è stato presentato in Parlamento un disegno di legge molto contestato. Perciò alle relative problematiche vanno applicate in via analogica, caso per caso, le norme previste
per la famiglia legittima o vanno regolati i rapporti attraverso gli strumenti di autonomia privata. Allo stato attuale non esiste una regolamentazione generale né speciale da applicare alla famiglia di fatto; pertanto l’unico modo per ottenere una tutela è quello di autoregolamentarsi con la stipula di patti diretti a disciplinare aspetti di
natura patrimoniale al fine di evitare conflitti durante il
menage oppure al momento della cessazione del rapporto e in modo da garantire i diritti successori anche
al partner. Gli accordi possono avere la forma di scrittura privata o essere redatti dal notaio; il contratto di
convivenza, in particolare, potrà avere ad oggetto:
La scelta e le spese per abitazione comune;
I diritti ereditari e di successione fra conviventi;
La disciplina delle spese comuni;
L’inventario, il godimento, la disponibilità e l’amministrazione dei beni comuni;
I diritti acquistati in regime di convivenza;
Le incombenze e i reciproci diritti in caso di cessazione della convivenza.
Solo così facendo suo figlio e la compagna potranno
condividere e disciplinare con chiarezza le esigenze comuni ed evitare spiacevoli problemi in caso di cessazione della convivenza.
Avv. Luisa Ventorino
A cura di Diritto&Famiglia
NOTES
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Animali domestici, una compagnia
che bisogna mantenere e curare
SONO IN AUMENTO LE FAMIGLIE CHE HANNO SCELTO DI TENERE IN CASA CANI E GATTI, ANCHE PER MOTIVI SOCIALI
E TALVOLTA PERSINO DI SALUTE. MA LA CONVIVENZA COMPORTA DA PARTE DEI PROPRIETARI DIRITTI E DOVERI
ani e gatti non sono
più considerati solo
Csemplici
animali da
compagnia. Col tempo
anche nelle famiglie italiane hanno conquistato
un posto a tutti gli effetti, assumendo un ruolo
nuovo e molto spesso positivo per la salute di chi li
accoglie a casa, soprattutto per anziani e bambini.
IN ITALIA È IN CRESCITA
L’ADOZIONE DI CUCCIOLI
Non è un caso però se
oggi il mondo occidentale si presenta molto più
popolato da animali domestici: la tendenza che
va per la maggiore nella
società moderna è quella di nuclei familiari
sempre più ridotti, un
cambiamento che ha fatto
impennare il numero delle persone sole ;di qui l’esigenza di colmare questo
vuoto di amore.E i numeri
lo dimostrano.Negli Usa le
famiglie ospitano 63 milioni di gatti e 54 milioni di
cani e vengono spesi, per
il loro mantenimento,ben
17 miliardi di dollari l’anno.E lo stesso fenomeno,se
pur in misura minore,si riscontra in Italia dove sono
in continua crescita le persone che li adottano.
Secondo l’Associazione
nazionale medici veterinari italiani (Anmvi),sulla base dei dati forniti da Zoomark,le famiglie che possiedono un gatto o un cane
o entrambi sono più di 6
milioni e quelle che invece hanno preferito altri
animali – si pensi, per
esempio, a un coniglio –
sono circa 5 milioni.
I COSTI A CONFRONTO
DELLE VARIE SPECIE
Ma in cambio della
serenità che cani e gatti regalano, i loro padroni devono sostenere un insieme di spese
per nutrirli, mantenerli
e prendersi cura di loro. Secondo le stime dell’Anmvi per alimentare un
cane,se di grossa taglia,occorrono all’anno almeno
550 euro di cibo; se di taglia media o piccola,rispettivamente 350 e 250 euro;
mentre per un gatto possono bastare indicativamente 200 euro.
Tuttavia l’Associazione
precisa che si tratta di costi
medi, in quanto elaborare
una stima certa delle spese di mantenimento degli
animali da compagnia,
guardando soprattutto all’acquisto di alimenti industriali preconfezionati,non
è cosa semplice perché incidono molte variabili.
Sul mercato, infatti, è
possibile scegliere fra una
grande varietà di prodotti
con prezzi diversi a seconda del tipo – umidi, secchi
o semiumidi – e del valore
nutrizionale.Gli alimenti si
distinguono in completi,
complementari o dietetici
a seconda che coprano tutte le esigenze nutritive dell'animale o vadano integrati con altri alimenti o ancora abbiano lo scopo di soddisfare esigenze nutrizionali particolari, collegate
ad alcune patologie.
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NOTES
Cani pericolosi.
Inoltre, in attesa di una
regolamentazione ad hoc, il
ministro della Salute, lo
scorso 12 dicembre, ha
emesso l’ordinanza – che
rimarrà in vigore fino al 13
gennaio 2008 – per la tutela
dell’incolumità pubblica
dall’aggressione dei cani
pericolosi. Il provvedimento,
che in parte riprende misure
precedenti, fornisce una
serie di divieti e obblighi e,
offrendo la definizione di
cane aggressivo, viene a
indicare le razze più
pericolose.
La misura delle sanzioni, in
ogni caso, è decisa sulla
base dei parametri
territoriali.
Restano gli obblighi legati
all’uso del guinzaglio o della
museruola, che nel caso
delle specie più aggressive
devono essere utilizzati
sempre
contemporaneamente,
mentre per gli altri è previsto
l’uso della museruola o del
guinzaglio nelle vie o in altro
luogo aperto al pubblico e
l’uso contemporaneo solo nei
locali pubblici e sui mezzi
pubblici di trasporto.
Banca dati nazionale.
L’anagrafe nazionale
canina è un’importante
novità. Partita di recente,
consiste in un vero e
proprio registro dei cani
identificati con microchip
o tatuaggio che
permetterà, grazie alla
consultazione online, di
ritrovare i proprietari dei
cani smarriti.
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LA VITA IN CONDOMINIO
Ci può essere il condòmino
che non sopporta di sentire abbaiare il cane del vicino o quello che è allergico al pelo del
gatto o quello ancora che è terrorizzato alla sola idea di incrociare un animale, se pur innocuo, in ascensore.
Nel nostro ordinamento normativo, però, l’animale domestico, nonostante il lato affettivo che lo lega al suo proprietario, è considerato al pari di
Inoltre, il prezzo dipende dalla tipologia e dalla
qualità degli ingredienti utilizzati (carne o frattaglie,
pesce,vegetali) e dagli elementi nutritivi presenti negli alimenti (grassi,carboidrati, sali minerali, vitamine e
proteine).
L’Anmvi fa presente come, di frequente, chi possiede gatti e cani scelga
una dieta “fai da te”,con cibi industriali che integrano preparazioni casalinghe
e che spesso e volentieri
non offrono un apporto
nutritivo corretto ed equilibrato.Infine,per completare il quadro, va tenuto
presente che in Italia si ap-
LE ULTIME NOVITÀ
Se si porta il cane a fare una
passeggiata, è bene non
dimenticare paletta e
secchiello per raccogliere gli
escrementi. Si eviteranno
così le lamentele dei
passanti e l’applicazione
delle sanzioni pecuniarie
previste dalla maggior parte
dei Comuni e che in alcuni
casi sono assai pesanti (si va
dai 150 ai 500 euro).
I
Si tratta cioè di una banca
dati creata dal ministero
della Salute e alimentata
dai dati locali delle
anagrafi delle Regioni,
che si propone di dare i
riferimenti per rintracciare
il luogo di registrazione di
un cane smarrito e il suo
legittimo proprietario, nel
rispetto della tutela della
privacy del cittadino.
una cosa mobile e di conseguenza, come accade per un
impianto stereo o la tv, nessuno può impedire a qualcuno di
tenerlo fra le mura della propria casa. Il Codice civile, all’articolo 1.138, precisa che il regolamento condominiale non
può in linea generale stabilire il
divieto assoluto di tenere animali domestici; tuttavia il divieto può essere reso operativo nel caso in cui a volerlo sia-
no stati tutti i condòmini, di comune accordo e con un voto
all’unanimità.
In questo caso il veto deve ritenersi tassativo e non basterà
garantire che l’animale non arrechi disturbo. Il regolamento
potrebbe anche introdurre dei
paletti in certe circostanze:
proibendo, per esempio, l’accesso ai cani per ragioni igieniche
in cortile o in ascensore o in
generale nelle parti comuni.
plica al pet-food – cioè al
cibo per animali – l’Iva del
20%,la stessa prevista per i
beni di lusso. L’Anmvi, insieme con Lega antivivisezione (Lav) ed Ente nazionale protezione animali (Enpa),
chiede da tempo che venga ribassata al 10% come
accade in altri Paesi europei, ad esempio in Danimarca e in Francia.
SANA ALIMENTAZIONE
UNITA ALLA PREVENZIONE
Affinché il proprio
animale non si ammali,
si devono fare altri sacrifici economici. Innanzitutto le cure veterinarie
private: le tariffe minime
provinciali per una visita
sono di circa 20 euro.
Tuttavia,se si tratta di un
cucciolo sotto i 12 mesi,
avrà senz’altro più bisogno
del veterinario: in media –
fra vaccinazioni, controlli
malattie ereditarie e crescita, prevenzione parassiti
ecc. – 4 o 5 visite all’anno.
Per un cane di età media e
che gode di buona salute
ne possono essere sufficienti due. Mentre, ad
esempio, per un cane anziano di 6-7 anni e di gros-
sa taglia sarà probabilmente necessario un numero
di controlli maggiore.
Pertanto,anche in questo
caso,è complicato fare una
valutazione economica annua, dal momento che va
considerata l’età, le condizioni in cui vive l’animale
e il suo stato di salute. Comunque va ricordata la
possibilità di detrarre il
19% delle spese veterinarie sostenute nell’anno fino all’importo di 387,34
euro, limitatamente alla
parte che eccede i 129,11
euro.
Infine, per quanto importante, qualcosa si può
risparmiare sulla pulizia:
non perdendo l’abitudine
di spazzolare ogni giorno
il proprio cane per evitare
che si formino nodi e im-
NOTES
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PER VIAGGIARE
Dal 1 ottobre 2004 è in vigore
la nuova normativa sanitaria
dell’Unione europea che disciplina gli spostamenti tra Paesi
membri di cani, gatti e furetti.
Se si muovono con il proprietario devono essere identificati con
un tatuaggio o un sistema elettronico (microchip o trasponditore), oltre ad essere muniti di un
passaporto individuale. Questo
documento, che redatto anche
in lingua inglese sostituirà tutte le
altre certificazioni, deve riportare i dati anagrafici; l’elenco delle
vaccinazioni; le visite mediche e
i trattamenti contro le zecche e
l’echinococco; infine il numero
del microchip oppure del tatuaggio. Il rilascio del passaporto, che
avviene da parte dei servizi veterinari dell’Asl su richiesta del
proprietario, deve essere anticipato dall’iscrizione all’anagrafe
canina (anche per gatti e furetti). Se la destinazione è il Regno
Unito, l’Irlanda o Malta, occorre
allegare l’esito degli esami per
gli anticorpi della rabbia, da effettuarsi almeno sei mesi prima
della partenza.
Per i Paesi extra Ue, invece, è opportuno mettersi in contatto con
la sede di rappresentanza estera dello Stato in questione.
AUTO, AEREO, TRENO E NAVE
A seconda del mezzo con cui si decide di partire cambiano le condizioni di trasporto. Se ci si muove in auto, vale l’articolo 169 del
Codice della strada, in base al
quale gli animali domestici si devono tenere in una gabbia o contenitore o nel vano posteriore al
posto di guida; se si tratta di un
solo animale non occorre gabbia o contenitore, purché non vi
siano pericoli e distrazioni per
chi sta alla guida. Da qualche anno in autostrada sono stati creati dalla catena Autogrill i Fido-
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NOTES
park: aree attrezzate all’esterno
dei punti di ristoro, dove gli animali possono rifocillarsi di acqua e riposarsi in cucce isolate
termicamente.
Quando invece si ricorre all’aereo, le regole cambiano da una
compagnia all’altra, anche se di solito gli animali domestici di piccola taglia possono viaggiare insieme con il padrone purché custoditi in gabbie, mentre se pesano
più di 8-10 kg alloggeranno nella stiva. Tuttavia per evitare spiacevoli sorprese è bene controllare se il volo prevede scali in
Paesi di transito con cambi di
compagnia o di velivolo.
Sui treni cani e gatti e altri piccoli animali possono di solito viaggiare con il proprietario purché
chiusi in cestelli o gabbiette e solo in seconda classe, mentre i cani di grossa taglia in genere possono stare in scompartimenti
con altre persone se non recano
disturbo e solo se attrezzati di
guinzaglio e museruola. Occorre prenotare il viaggio facendo
richiesta per il trasporto dell’animale insieme con l’acquisto del biglietto, ma la prenotazione per
l’animale è gratis; sugli Eurostar
non pagano quelli di piccola taglia
e i cani per i ciechi. Quelli di
grossa taglia viaggiano con biglietto di seconda classe, scontato del 50%, fino a un importo
massimo di 5 euro.
Se si affrontano brevi traversate,
in nave o traghetto, di solito i cani sono ammessi se con guinzaglio e museruola e i gatti nel trasportino; i cani di piccola taglia
possono viaggiare in cabina, previo consenso delle altre persone
a bordo, mentre quelli di più
grandi dimensioni stanno nei canili e nelle gabbie, senza contare
che spesso è permesso tenerli
sul ponte con il padrone se muniti di guinzaglio e museruola.
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P R E V I D E N Z A
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COPERTI CON LA POLIZZA
Se si possiede un pit
bull o un rottweiler non
se ne può fare a meno,
per tutti gli altri invece
è una facoltà. Si tratta
della polizza assicurativa di responsabilità civile che copre i danni
provocati a persone o
cose dal cane. Nel caso
di animali ritenuti pericolosi – in base all’ordinanza “Tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressività di cani”
– è un obbligo. Le garanzie offerte cambiano a seconda del prodotto: esistono infatti
polizze specialistiche
che coprono esclusivamente dalla responsabilità civile derivante
dal possesso di un animale e che talvolta mettono a disposizione servizi aggiuntivi, come
informazioni per viaggiare portando con sé
l’animale e gli alberghi
in cui può accedere; o,
ancora, polizze che offrono un ombrello più
ampio, cioè che riguardano la casa, e che al
loro interno includono
anche la Rc del capofamiglia. Inoltre, se molti prodotti tutelano dai
danni di cani e gatti, ce
ne sono altri che comprendono, ad esempio,
quelli da cortile. In
ogni caso, prima di stipulare la polizza è meglio verificare la presenza di franchigie che
possono raddoppiare
nel caso l’animale assicurato sia un cane di
razza ritenuta pericolosa. I massimali di solito vanno da 250mila a
un milione di euro, ma
si può arrivare anche a
tre milioni se si sceglie
una polizza Rc capofamiglia.
LA RICONGIUNZIONE NON SEMPRE CONVIENE
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R. B. - Lecco
I La regola è che per ogni anno di retribuzione si guadagna circa il 2 per cento di pensione. Per quanto riguarda la ricongiunzione, può essere chiesta, in linea di
massima, una sola volta. Può essere chiesta una seconda volta se il lavoratore può far valere, successivamente alla prima ricongiunzione, 10 anni di contributi di cui
almeno 5 di lavoro effettivo, oppure al momento del pensionamento e solo presso la gestione nella quale era stata effettuata la precedente ricongiunzione. In ogni caso,
sembra sconsigliabile percorrere la ricongiunzione; forse, è più conveniente aspettare fino a 65 anni e chiedere un supplemento di pensione per quei contributi.
A CHI SPETTAVA L’AUMENTO DELLE MINIME
CURE TERMALI UNA VOLTA ALL’ANNO
parando a fargli ogni settimana un bagnetto,mentre
si ricorrerà ai centri specializzati soltanto quando c’è
da aggiustare il pelo.
Inoltre non ci si deve fare tentare dai tanti gadget in
vendita e limitarsi a comprare museruola e guinzaglio che, se non si hanno
tante pretese, si trovano a
partire da 6 e 8 euro.
Diversa la situazione per
i gatti. Sulla base della ricerca Hill’s Pet Nutrition,
del dicembre scorso,sarebbero 7,5 milioni i gatti domestici nel nostro Paese
(molte famiglie ne avrebbero più di uno) e di questi
oltre 4,5 milioni non vengono sottoposti a regolari
controlli sanitari; inoltre,
uno su quattro nell’ultimo
anno non ha visto un veterinario e il 38,6 per cento ci
è andato una volta sola.Un
atteggiamento pericoloso
che rischia di far arrivare
in ritardo all’individuazione di patologie che potrebbero invece essere tranquillamente curate se prese per tempo.
ta né ai familiari degli assicurati né ai titolari di pensione
di qualsiasi tipo, a meno che non siano titolari di assegno
di invalidità. Per poter fruire delle cure termali sono necessari cinque anni di assicurazione presso l’Inps e tre anni di contribuzione nel quinquennio precedente la domanda. Le cure possono essere praticate per forme
bronco-catarrali e reumo-artropatiche. Il costo delle cure è a carico del Servizio Sanitario Nazionale; quello del
soggiorno è a carico dell’Inps. L’assicurato è tenuto al
pagamento del “ticket” nella misura prevista dalla legge. Le spese per il viaggio di andata e ritorno sono a carico dell'assistito. Le cure termali possono essere effettuate soltanto per cinque anni, una sola volta all'anno,
fatta eccezione per alcuni casi particolari individuati dai
medici dell’Inps. La domanda di cure termali va presentata alla sede Inps di residenza del lavoratore entro il 31
dicembre di ogni anno. La domanda può essere presentata anche tramite uno degli Enti di Patronato riconosciuti dalla legge. Sul modulo di domanda è già inserito
un certificato sul quale il medico di fiducia del lavoratore deve indicare la malattia per la quale vengono chieste le cure termali.
Per gli iscritti all’Inpdap valgono più o meno le stesse
regole. Comunque si possono chiedere chiarimenti al
numero verde 800 105 000.
Sportello aperto
G
G. G. - Verona
G. G. - Alessandria
I Hanno diritto alle cure termali tutti i lavoratori dipendenti e autonomi iscritti all’Inps. La prestazione non spet-
I Nella sua domanda è contenuta la risposta. Cioè, il
suo reddito, purtroppo, è influente per la maggiorazione
della pensione di sua moglie. Di conseguenza, la stessa non può avere diritto all’integrazione della pensione fino
a 516,46 euro in quanto i redditi della pensione del marito influiscono sull’eventuale integrazione.
Aldo Forte
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Il notaio non serve per fare il rogito
ma prima o poi lo si paga lo stesso
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LA COMPRAVENDITA TRA COMPROPRIETARI
U
PER TRASCRIVERE UNA COMPRAVENDITA DI CASE È NECESSARIA L'AUTENTICA DELLE FIRME, CHE NESSUN
DIPENDENTE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE PUÒ FARE. E COSÌ SI DEVE TORNARE DAL PROFESSIONISTA
lettori continuaA lcuni
no a scrivere, lamentandosi dell’effettiva
impossibilità di escludere la presenza del
notaio dalle pratiche
immobiliari. Ne aveva
parlato Club3 nel numero di ottobre 2003, ma i
lettori che hanno provato
ad applicare le disposizioni di legge si sono trovati
di fronte a un muro insormontabile. L’articolo riprendeva fedelmente un
vademecum dell’Unione
Nazionale Consumatori,
in cui in sostanza si affermava che era possibile la
conclusione di contratti
immobiliari (compravendite,ipoteche,cancellazioNella foto, il
ni) tra privati e successiservizio
va loro autenticazione
comparso sul
Notes di Club3 di presso uffici della pubbliottobre 2003 con ca amministrazione senza
intervento del notaio.
la presa di
Un comprensibile tenposizione
tativo di spezzare il monodell’Unione
polio di una categoria pronazionale dei
fessionale sugli atti immoConsumatori
biliari,e non solo su questi,
in assenza di una corretta
concorrenza e in presenza
di tariffe rigide che il cosiddetto decreto Bersani
sulle liberalizzazioni non
ha messo in crisi. Tuttavia,non possiamo confermarne il contenuto.
L'art.1350 del codice civile dice che “devono farsi per atto pubblico o per
scrittura privata [...] i contratti che trasferiscono la
proprietà di beni immobi14
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NOTES
li”.Tuttavia l'art. 2567 c.c.
prevede come vada fatta la
cosiddetta “trascrizione”
nei registri immobiliari,
disponendo che “la trascrizione non si può eseguire se non in forza di
sentenza, di atto pubblico o di scrittura privata
con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente”.
Quindi: è assolutamente vero che è possibile fare una compravendita,anche immobiliare, con un
semplice contratto scritto tra privati. Però è anche vero che, senza sentenza o atto pubblico o
scrittura privata autenticata (dal notaio o accertata in giudizio), non si
può “trascrivere” l'acquisto nei registri immobiliari. E se l'acquisto non è
trascritto, non si risulta
proprietari rispetto a “terzi”,che possono tranquillamente acquistare l'im-
mobile dal precedente
proprietario,salvo il risarcimento danni in capo al
venditore,che però comporta comunque la perdita dell'immobile.
L'Unione Consumatori
cade poi in un equivoco,
quando afferma che l'autenticazione delle firme
del contratto di compravendita immobiliare possono farla i funzionari dello stesso ufficio dei registri immobiliari, ai sensi
del Dpr 445/2000,il Testo
unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.
Il Dpr disciplina solo la
“formazione,il rilascio,la
tenuta e la conservazione,la gestione,la trasmissione di atti e documenti
da parte di organi della
pubblica amministrazione;e la produzione di atti
e documenti agli organi
della pubblica ammini-
strazione nonché ai gestori di pubblici servizi nei
rapporti tra loro e in quelli con l'utenza,e ai privati
che vi consentono” (art.
2). Cioè si applica solo ai
documenti amministrativi,ossia a quelli della pubblica amministrazione o
utilizzati a fini amministrativi.Non è invece applicabile ai contratti,ossia agli
accordi tra persone,società,enti,ecc...,diretti a regolare loro rapporti patrimoniali,economici,giuridici,
e via elencando.
Uno stratagemma ci sarebbe: promuovere una
causa “finta” tra compratore e venditore perché il
rogito notarile sia sostituito da una sentenza,che il
giudice dovrà ordinare di
trascrivere nei registri immobiliari.Ma il gioco non
vale la candela: si aspetta
di più per la trascrizione e
quasi sempre si paga anche di più.
Se poi si vuole a tutti i
costi evitare la presenza
del notaio al rogito,si può
ricorrere al professionista
solo per l'autentica delle
firme.E qui,come abbiamo
scritto nel numero di
Club3 di gennaio 2006,
sta un'ulteriore beffa: le
parcelle per le autentiche,
essendo legate al valore
commerciale dell'atto,sono pressoché simili a
quelle per un rogito.Il notaio guadagna comunque.
M. L. S. - Genova
La Cassazione ha oscillato un po' in merito alla domanV. E. - L’Aquila
L'articolo 732 del codice civile recita: “Il coerede che
vuole alienare a un estraneo la sua quota deve notificare
la proposta di alienazione agli altri coeredi, i quali hanno
diritto di prelazione”. Nel caso in questione, però, l’alienazione non è effettuata a estranei, ma a coeredi in comunione: non vi è pertanto motivo di applicare questa norma.
Quanto alla questione fiscale, ricordiamo che gli ultimi
mutamenti normativi hanno fatto sì che le compravendite tra privati di abitazioni “usate”, al di là del prezzo denunciato di cessione, siano comunque tassate in base al
valore catastale. Inoltre, sono poste sanzioni draconiane
rispetto a chi sottovaluta il prezzo di cessione denunciato nell’atto. Non esiste motivo al mondo, perciò, per esporsi inutilmente ad accertamenti del Fisco (che non sono
più esclusi automaticamente): denunci il prezzo reale nel
rogito, sua sorella non pagherà maggiori imposte.
DOPO IL ROGITO, CHI PAGA LE SPESE?
da “da quando competono in condominio le spese all'acquirente per un’opera deliberata in assemblea antecedentemente all'acquisto?”. La tesi più recente è: “Da quando
si rende necessario provvedere alla conservazione della
cosa comune e si dà corso all’esecuzione di lavori che
giustificano le relative spese”. Perciò, se un’assemblea riconosce la necessità dei lavori e determina di eseguirli è
quello il momento in cui sorge l’obbligazione al pagamento. Tuttavia, a quanto mi dice, dalla delibera all’esecuzione dei lavori stessi sono trascorsi più di due anni: quindi
sorge legittimamente il dubbio che tale delibera non sia
stata veramente “operativa” ed è probabile che in seguito
ve ne siano state altre a proposito. In questo caso non
dovrebbe pagare nulla. Quanto al recupero della delibera
stessa è suo diritto chiederlo all’amministratore, in quanto essa dovrebbe essere riportata sul libro dei verbali conservato da lui stesso (o dai suoi successori). Tenga comunque conto che, rispetto al condominio, vale il principio
che “chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato
solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente”.
A cura di Silvio Rezzonico
Questioni di Casa
VOI DOMANDATE - GLI ESPERTI RISPONDONO
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NOTES
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pende dal fatto che, allora, le dimensioni del mercato erano abnormi. Ne è
seguito un crollo, con un
automatico ridimensionamento del peso dei titoli e
dei fondi azionari. Le prospettive di crescita dei
mercati azionari sono venute meno e così i risparmiatori hanno cominciato a uscire dagli investimenti azionari».
Secondo Banfi, però, la
corsa al “mattone” di questi ultimi anni avrebbe
giocato un ruolo relativo in
questa partita: «Non dimentichiamo che, a grandi linee, il 60% dell’attività delle famiglie finisce
nell’indebitamento per ac-
Cresce la corsa alla liquidità:
gli italiani investono di meno
L’ULTIMO RAPPORTO EURISKO-PROMETEIA SULLE ATTIVITÀ FINANZIARIE RIVELA CHE LA MAGGIOR PARTE
DEI RISPARMIATORI OGGI È PIÙ PRUDENTE. È IN AUMENTO L’USO DI BANCOMAT E CARTE DI CREDITO
taliani più prudenti
Imenti
che mai negli investifinanziari: puntano alla liquidità e
non rischiano. È la tendenza emersa dall’ultimo
rapporto Eurisko-Prometeia sulle attività finanziarie, presentato a marzo.
Accanto a segnali di
modernità nell’approccio,
ad esempio, all’uso di strumenti elettronici di pagamento - il 70% usa abitualmente il bancomat, il 35%
la carta di credito, a fronte
di percentuali che vent’anni fa erano rispettivamente del 18 e del 7 - il
rapporto ha registrato se16
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NOTES
gnali di timore rispetto
agli investimenti, disaffezione al rischio e voglia di
liquidità.
VERSO GLI STRUMENTI
MENO RISCHIOSI
L’acquisto di immobili da un lato, la crisi
dei mercati del 20002001 dall’altro hanno
orientato le scelte verso strumenti meno rischiosi. Secondo il rapporto, dal 2001 a oggi, la
quota di famiglie che possiede prodotti d’investimento (gestiti o amministrati) è scesa dal 46 al
31%, dal 2005 a gennaio
2007 le famiglie titolari
del solo conto corrente
bancario sono aumentate
dal 44 al 49%, stabile al
7% la quota di chi non
possiede alcuno strumento finanziario, mentre è
passata dall’11 al 13% la
percentuale dei detentori di libretti e di depositi.
«Ci sono due possibili interpretazioni ai risultati
del rapporto – commenta Alberto Banfi, docente
di Economia degli intermediari finanziari all’università Cattolica di Milano –: la minore propensione al rischio e agli investimenti, rispetto al 2001, di-
quistare la casa, una quota elevata che resterà sempre tale – dice il docente
-. Poi gli investimenti azionari hanno una quota
contenuta rispetto agli investimenti delle famiglie
forse per eccesso di schizofrenia a causa della solita irrazionalità. Infine, l’attuale ridimensionamento
è legato all’eccesso precedente. E poi sono cambiate le prospettive di investimento».
Un mercato che, in ogni
caso, da un punto di vista
storico, si è rivelato vincente: negli ultimi 106 anni le azioni hanno battu-
to inflazione e obbligazioni in 17 Paesi tra cui Italia, Francia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti, Giappone e Sud Africa. La tendenza emerge da una recente indagine della London Business School, dove tre studiosi hanno costituito la prima banca dati
con le serie storiche, dal
1900 a oggi, per azioni,
obbligazioni (societarie e
titoli di Stato), inflazione
e valute,relative a 17 nazioni. Lo studio mette in luce che le azioni mondiali
(indice Msci World) hanno reso in media il 5,7%
annuo dal 1900 a oggi
contro l’1,7% del reddito
fisso in termini reali.
In Italia, le performance sono state rispettivamente del 2,3% e del -1,8
per cento. Il premio al rischio degli investimenti
azionari rispetto ai titoli
di Stato a livello globale è
pari in media al 4,7% annuo (6,6% in Italia) e il
tasso di cambio ha avuto
un impatto minimo sulle
performance nel lungo
periodo. In particolare,
nonostante lo scoppio
della bolla speculativa del
2001, secondo Tony Dolphin di Henderson Global
Investors «negli ultimi anni, gli investitori hanno ottenuto ritorni ragionevoli
dai loro asset con un livello di volatilità molto basso
per gli standard storici».
Uno scenario favorevole,
caratterizzato da «crescita economica stabile, basso livello dell’inflazione e
dei rendimenti obbligazionari, mercati azionari vivaci, il tutto accompagnato da bassi livelli di volatilità». Cambiamenti ancora in svolgimento, la ricaduta economica favore-
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vole nel medio termine
per i mercati dovrebbe
continuare. Un contesto
che tuttavia non mette al riparo da scivoloni improvvisi, come quello recente
che ha scosso la borsa di
Shangai e, a cascata, il resto dei mercati, nel caso in
cui l’evoluzione ciclica sia
sfavorevole.
BREVE-LUNGO PERIODO:
ECCO LE PREVISIONI
Anche dopo questa
battuta d’arresto, i gestori di fondi che operano nel mercato italiano mantegono un buon
livello di ottimismo. Lo
conferma un’indagine condotta a marzo da Morningstar Italia interpellando
23 case d’investimento italiane ed estere che contano per circa l’85% degli asset gestiti nel nostro Paese: il 74% degli intervistati
prevede un rialzo dei listini europei nei prossimi 6
mesi contro il 62% del mese precedente. Ancora
maggiore il numero di gestori che si attendono un
apprezzamento dei titoli
quotati a Piazza Affari
(l’80% contro il 64,7% di
febbraio), mentre Wall
Street salirà per il 68,2%
degli intervistati (a febbra-
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io erano il 60%). Invece Tokyo si muove in controtendenza, raccogliendo un
minor numero di favori
(dall’85 al 77,3%).Tra i motivi delle previsioni di apprezzamento della Borsa
di Milano c’è il carattere
difensivo della piazza finanziaria milanese, che la
avvantaggia in periodi di
volatilità. Inoltre, i fund
manager prevedono ulteriori operazioni di fusione
e acquisizione e sono attratti dalla buona redditività dei dividendi, competitiva rispetto al mercato
obbligazionario.
Come sfruttare, allora,
la situazione in una prospettiva di breve periodo (13 anni)? «È inutile indicare un settore piuttosto che
un altro, tuttavia è chiaro
che i comparti legati alle
telecomunicazioni e con
forti componenti innovative e tecnologiche sono
trainanti e vincenti, come
i settori legati all’energia,
che restano in ogni caso
legati al petrolio – dice Alberto Banfi –. Potrebbe esserci interesse anche sul
settore finanziario e bancario, che deve ancora dar
vita a fusioni e aggregazioni in Italia e nel mondo,
che potrebbero innescare
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la corsa a qualche titolo».
Va poi considerato che
l’investimento azionario è
ancora parte preponderante sia per i privati che
per i fondi d’investimento; a proposito il professore aggiunge: «In un’ottica
di salvaguardia degli investimenti non disdegnerei
nemmeno investimenti in
obbligazioni collegati a
una durata coerente con
determinate aspettative o
in titoli di stato. Ora che i
tassi stanno risalendo probabilmente si potrebbe
pensare che forse non è il
momento migliore per investimenti di questo tipo,
ma le valutazioni vanno
fatte confrontando gli strumenti di investimento che
ci sono in circolazione.
Perché, ad esempio, non
ricominciare ad avvicinarsi a investimenti a tasso variabile come i Cct? Come
padre di famiglia è una
scelta da valutare».
Infine un ultimo suggerimento: «Prima di buttarsi in altri investimenti finanziari penserei alla famiglia, con un prodotto
previdenziale per figli e nipoti o una polizza di assistenza sanitaria a lungo
termine».
Complici della
battuta d’arresto
negli
investimenti
l’acquisto di
immobili e la
crisi delle Borse
del 2000-2001
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QUANDO UN FONDO PUÒ CONSIDERARSI ETICO
l mio promotore finanziario mi ha parlato di
un fondo etico di Pictet Fund, il PF (Lux)-European sustainable equities. Vorrei avere qualche informazione in più e sapere cosa si intende esattamente per “etico”.
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Margherita L. - Lucca
I Cominciamo dalla seconda domanda. Una definizione standard per i fondi etici non esiste; al
contrario vi sono notevoli differenze tra i criteri
utilizzati dalle società di analisi specializzate nel
settore. Morningstar considera investimenti socialmente responsabili quelli “che basano le loro scelte su fattori quali l’attenzione per l’ambiente, il rispetto dei diritti umani, dei lavoratori e dei portatori di interessi che vanno tutelati. Sono escluse dal portafoglio alcune industrie, come i produttori di armi, alcool e tabacco”.
Rientrano in questa tipologia una cinquantina di
fondi, italiani ed esteri, distribuiti sul mercato domestico e appartenenti a diverse categorie, azionarie, bilanciate ed obbligazionarie. Passiamo ora
al comparto PF (Lux)-European sustainable equities della Sicav lussemburghese Pictet Fund. Si
tratta di un fondo specializzato sui titoli a larga
capitalizzazione quotati sulle Borse europee, che
si distingue dai concorrenti per un approccio di selezione che abbina l’attenzione per i criteri etici
con l’applicazione di un modello quantitativo (matematico-statistico). Per la costruzione del portafoglio, i gestori, Laurent Nguyen e Rafael Matamoros, si avvalgono della collaborazione di SiRi,
primaria associazione di agenzie di rating in materia di social responsability. Morningstar attribuisce al comparto un giudizio di tre stelle, che
lo colloca nella media della categoria di appartenenza (Azionari Europa large cap blend), all’interno della quale rientrano anche fondi senza l’etichetta etica.
INVESTIMENTI IN ASIA
MA NON IN GIAPPONE
Vorrei acquistare il comparto Fidelity Funds
Asian special situations di Fidelity International. Qual è la valutazione di Morningstar e quali sono le caratteristiche di questo prodotto?
Giovanni S. - Cosenza
I Il comparto è stato lanciato nel settembre 2006,
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per cui non possiede ancora un rating Morningstar, che gli sarà attribuito al compimento del
terzo anno di vita. Il fondo investe sui mercati asiatici, con l’esclusione del Giappone, prediligendo
le società che si trovano in “situazioni speciali”.
In particolare, quelle che si stanno ristrutturando,
riorganizzando o stanno per lanciare nuovi prodotti o, ancora, sono interessate da un cambio ai
vertici. L’approccio è bottom-up, ossia basato sulla selezione dei singoli titoli, per cui il gestore non
mantiene necessariamente gli stessi pesi dell’indice di riferimento. Il focus è sulle aziende di buona
qualità con valutazioni convenienti, senza vincoli in
termini di capitalizzazione. Il rating è di quattro
stelle sia a tre sia a cinque anni, grazie a rendimenti superiori alla media e a una volatilità inferiore alla categoria. Un buon contributo alla performance è venuto proprio dallo stock picking (cioè la
scelta delle azioni) attuato dal gestore.
Risparmio gestito
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I “CHIUSI” E “NEGOZIALI”
NON SVOLGONO LA GESTIONE
Sono un lavoratore di una grande industria
metalmeccanica e vorrei avere informazioni
sulle caratteristiche dei fondi settoriali, come
ad esempio il Cometa.
Adriano L. - Settimo Torinese
I I fondi pensione negoziali nascono da contratti o accordi collettivi e si rivolgono ai lavoratori
di un determinato comparto, ad esempio il Cometa per i metalmeccanici. Hanno natura chiusa
e la loro attività consiste nella raccolta delle adesioni e dei contributi, nell’individuazione della politica di investimento delle risorse e nell’erogazione delle prestazioni. Non svolgono attività di
gestione, ma la affidano a soggetti esterni specializzati. La forma giuridica è quella di “associazione riconosciuta”, essendo costituiti a livello di
categoria produttiva. Come tutte le altre forme di
previdenza complementare sono sottoposte al
controllo della Covip, la Commissione di vigilanza sugli strumenti pensionistici, alla quale, tra l’altro, va chiesta l’autorizzazione per raccogliere le
sottoscrizioni. Hanno il vantaggio di tenere in considerazione le specificità settoriali e di far sì che il
lavoratore possa rimanere nel fondo anche se
cambia azienda (purché non muti il comparto produttivo).
di Sara Silano
www.morningstar.it
Morningstar, società
indipendente, è leader mondiale nell’analisi e valutazione
del risparmio gestito.
Morningstar e i suoi
dipendenti non forniscono alcun tipo di
consulenza, né su investimenti né su specifici fondi.