Considerazioni critiche in tema di sistema di

Transcript

Considerazioni critiche in tema di sistema di
saggi
CONSIDERAZIONI CRITICHE
IN TEMA DI SISTEMA DI ASILO DELL’UE
E CONDIVISIONE DEGLI ONERI
Marcello Di Filippo*
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Le linee guida del sistema di asilo dell’UE e le disarmonie applicative. – 3. Spunti per un diverso approccio fondato sulla ricorrenza di un collegamento effettivo tra richiedente asilo e Stato membro. – 4.
I limiti della proposta di istituire un sistema di quote tra Stati membri. – 5.
Mutuo riconoscimento delle decisioni positive di asilo e libertà di soggiorno
per i titolari di protezione internazionale: una reale panacea? – 6. Prospettive.
1. Premessa
Tra il 2013 e il 2015 il dibattito intorno al ruolo dell’UE rispetto alla
gestione dei movimenti migratori (con particolare riguardo ai flussi irregolari attraverso il Mediterraneo) ha conosciuto un notevole incremento e ha registrato, negli ultimi mesi, alcuni significativi sviluppi,
spesso in seguito a tragici incidenti.
Non potendo in questa sede dar conto dei numerosi e complessi
temi di riflessione, mi limiterò ad alcune considerazioni circa il sistema
di asilo attualmente vigente, le sue ricadute sui richiedenti asilo e sugli
Stati membri, e le modalità con cui il principio di solidarietà di cui all’art. 80 TFUE1 potrebbe essere più opportunamente declinato.
Nel far questo, cercherò di attirare l’attenzione su alcuni concetti o
questioni che talvolta risultano sottaciute nel dibattito svolto in Italia o
nelle sedi europee.
*
Professore nell’Università di Pisa.
“Le politiche dell’Unione di cui al presente capo e la loro attuazione sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati
membri, anche sul piano finanziario”.
1
I DIRITTI DELL’UOMO,
1, 2015 - Editoriale Scientifica srl - pp. 47-60
48
MARCELLO DI FILIPPO
2. Le linee guida del sistema di asilo dell’UE e le disarmonie applicative
L’attuale sistema di asilo dell’UE e più in generale la politica migratoria dell’UE si fondano su alcuni assi, rispetto ai quali possono essere svolte determinate considerazioni.
In due fasi principali (2003-2005 e 2011-2013) è stata realizzata l’armonizzazione delle regole sul riconoscimento degli status protetti (rifugiato o titolare di protezione sussidiaria)2, sull’accoglienza nelle more
dell'esame della domanda di protezione3, sullo svolgimento della procedura di esame della domanda4. L’UE ha proceduto con direttive, strumenti che lasciano fisiologicamente un margine di discrezionalità agli
Stati membri: ne consegue una non piena omogeneità delle regole vigenti in ogni Stato. Al tempo stesso, l’applicazione delle regole è affidata alle competenti autorità statali e alla predisposizione da parte delle
stesse di adeguati strumenti (operativi e finanziari). Di nuovo, ciò determina una certa variabilità di prassi e metodologie di intervento. In
siffatto contesto, pesano peraltro le differenti performance in tema di efficienza della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario dei
vari paesi, nonché di governo multi-livello del territorio.
Ne consegue che sistema europeo di asilo – in cui dovrebbero valere regole equivalenti e standard omogenei di protezione – vede in realtà coesistere regimi nazionali che differiscono in termini di efficienza, rispetto dei diritti umani, tempi procedurali, qualità della
prima accoglienza e dei successivi percorsi di integrazione.
A questo si aggiunga che molti Stati membri hanno attuato con ritardo o solo parzialmente le pertinenti direttive. Senza dubbio, tutti gli
Stati membri devono pertanto lavorare per conformare il proprio ordinamento e le proprie strutture ai parametri europei. Per quanto concerne paesi come la Grecia e l’Italia, occorre tuttavia considerare che la
presenza di flussi straordinari, la peculiare esposizione geografica e –
per quanto riguarda gli arrivi via mare – la generosità e/o efficienza del
sistema di ricerca e soccorso in mare possono rendere difficile adottare
misure strutturali di miglioramento del sistema nazionale di asilo, in
ragione delle continue “emergenze”, che costringono a dirottare le risorse sul soccorso in mare e sulla prima accoglienza, senza poter svolgere un’adeguata programmazione e senza ottenere risultati stabili.
2
Cfr. direttiva n. 2011/95 (che sostituisce la direttiva n. 2004/83).
Cfr. direttiva 2013/33 (che sostituisce la direttiva 2003/9).
4
Cfr. direttiva 2013/32 (che sostituisce la direttiva 2005/85).
3
Considerazioni critiche in tema di sistema di asilo dell’UE
49
Questa circostanza – lungi dal giustificare il mancato rispetto delle
normative europee o da fondare per se una richiesta di relocation europea delle persone arrivate in Italia – può fornire argomenti per avviare
un processo di riflessione su un altro asse della normativa europea in
tema di asilo.
Come è noto, sin dalla Convenzione di Dublino del 1990, gli Stati
membri dell’UE hanno optato per un sistema di riparto della giurisdizione in tema di trattazione delle domande di asilo (noto appunto
come “sistema Dublino”), che si fonda sull’idea per cui un solo Stato
europeo è competente ad esaminare una domanda di asilo, sulla base
di criteri oggettivi che nessun spazio lasciano alla volontà del richiedente e che, al più, consentono a uno Stato non identificato quale competente di assumere – in forza di una propria scelta discrezionale – la
responsabilità di esaminare la domanda. Un richiedente asilo che presenti domanda nello Stato non competente deve essere, in linea di massima, trasferito verso lo Stato competente. Tale sistema ha conosciuto
alcune modifiche ad opera del regolamento c.d. Dublino II5 e del più
recente regolamento Dublino III6, ma la logica di fondo è rimasta la
medesima. Facendo riferimento alla normativa attualmente vigente, i
criteri di individuazione dello Stato competente sono fondati in parte
su (alcuni) legami familiari7 e per il resto su criteri formali e oggettivi
(Stato che ha rilasciato visto o permesso di soggiorno, Stato di primo
ingresso, anche irregolare)8, che non tengono in considerazione le prospettive di rapida ed efficace integrazione del richiedente asilo e di sua
emancipazione dal sistema pubblico di accoglienza e di integrazione.
Come già accennato, un margine di flessibilità esiste solo su decisione
discrezionale di un altro Stato membro, ai sensi dell’art. 17 regolamento Dublino III9.
5
Regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i
criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di
una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese
terzo.
6
Regolamento (UE) n. 604/2013, del 26 giugno 2013, c.d. regolamento Dublino III,
che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente
per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati
membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide.
7
V. artt. 8-11 regolamento Dublino III.
8
V. artt. 12-15 regolamento Dublino III.
9
Ai sensi del par. 1, “In deroga all’articolo 3, paragrafo 1, ciascuno Stato membro
può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un
cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base
50
MARCELLO DI FILIPPO
Con particolare riguardo ai flussi misti via mare, l’attuale assetto
del regolamento Dublino III di fatto penalizza gli Stati con sistemi di
SAR più efficienti o generosi (v. ad esempio Mare Nostrum) e maggiormente esposti dal punto di vista geografico10, e non contribuisce a
stemperare le tensioni tra alcuni Stati membri meridionali (v. ad esempio il contenzioso latente tra Italia e Malta sulla delimitazione della
zona SAR e sull’individuazione del luogo di sbarco)11. A ciò si aggiunga che la partecipazione a missioni congiunte (quali Triton) di
Stati membri non direttamente interessati dal punto di vista geografico
viene regolarmente subordinata alla clausola secondo cui le persone
soccorse saranno sbarcate nel paese geograficamente più interessato e
sede del comando della missione (nel caso specifico l’Italia), collegando perciò allo sbarco la successiva assunzione di responsabilità per
l’accoglienza e l’esame delle eventuali domande di asilo.
È noto inoltre che, una volta arrivati in Italia o in Grecia, molti richiedenti asilo preferiscono sottrarsi alle procedure di identificazione e tentano di raggiungere via terra altri paesi europei, in quanto questi sono riai criteri stabiliti nel presente regolamento”. Inoltre, ai sensi del par. 2, “Lo Stato membro nel quale è manifestata la volontà di chiedere la protezione internazionale e che
procede alla determinazione dello Stato membro competente, o lo Stato membro competente, può, in ogni momento prima che sia adottata una prima decisione sul merito,
chiedere a un altro Stato membro di prendere in carico un richiedente al fine di procedere al ricongiungimento di persone legate da qualsiasi vincolo di parentela, per ragioni umanitarie fondate in particolare su motivi familiari o culturali, anche se tale altro
Stato membro non è competente ai sensi dei criteri definiti agli articoli da 8 a 11 e 16.
Le persone interessate debbono esprimere il loro consenso per iscritto”.
10
Lo Stato che realizza operazioni di soccorso in mare non ha altra opzione, in
molti casi, se non quella di sbarcare le persone salvate nel proprio territorio, trovandosi
pertanto nella condizione di paese di primo ingresso nell’UE ai sensi del regolamento
Dublino III. In argomento, sia consentito rinviare a M. DI FILIPPO, Irregular Migration
across the Mediterranean Sea: Problematic Issues Concerning the International Rules on Safeguard of Life at Sea, in Paix et Sécurité Internationales, vol. I, 2013, No. 1, p. 53, in part. pp.
60-69.
11
Si consideri inoltri che l’efficacia dell’azione di contrasto su alcune rotte produce
spostamento di rotte (e, spesso, aumento di rischi per i migranti). Ciò comporta una
sorta di “concorrenza strisciante” tra i vari Stati membri geograficamente interessati: se
la Grecia chiude la rotta del fiume Evros, aumenta la pressione sulla Bulgaria, iniziano
le prime rotte marittime verso la Romania, si intensificano le partenze verso l’Italia o le
isole greche più vicine alla Turchia. Quando l’Italia aveva chiuso la rotta con la Libia
grazie agli accordi con Gheddafi (2009-2010), aumentarono esponenzialmente i flussi
verso la Grecia. Quando la Spagna ha controllato meglio i flussi verso le Canarie, le partenze si sono spostate verso Ceuta e Melilla e verso l’Italia, e così via. Questa situazione
rende ancora più divisi gli Stati membri, e del tutto improduttive le spese affrontate, soprattutto quelle coperte dei fondi europei.
Considerazioni critiche in tema di sistema di asilo dell’UE
51
tenuti maggiormente accoglienti, oppure in considerazione del fatto che
sono ivi presenti conoscenti o parenti in grado di fornire una prima rete
di accoglienza e integrazione, pur se informale. Vi è pertanto il rischio che
i paesi più efficienti nel fornire protezione o nel cui territorio esistano già
comunità significative di rifugiati o espatriati (quali Germania o Svezia)
vengano sovraccaricati, creando ulteriore tensione tra gli Stati membri.
Quanto appena rilevato offre peraltro una chiave di lettura più
ampia rispetto all’effettivo carico che sopportano i vari paesi europei.
Se alcuni Stati sono maggiormente interessati da flussi irregolari via
mare o via terra (si pensi a Grecia, Italia, Malta, Spagna, Polonia, Bulgaria e Romania), altri paesi conoscono una massiccia presenza di richiedenti asilo, spesso giunti sul territorio attraverso movimenti secondari irregolari o in seguito a programmi volontari di reinsediamento
(si pensi a Germania, Belgio, Svezia, Francia).
Non vi è dubbio che, in termini complessivi, il sistema Dublino risulta inefficiente (come ampiamente documentato in numerosi rapporti e studi)12 e inutilmente coercitivo verso i singoli: ne derivano, fra
le altre cose, una propensione ad adottare tecniche elusive da parte dei
richiedenti asilo (con correlata domanda di servizi di smuggling), continue tensioni tra Stati membri, spreco di risorse pubbliche (sia statali
che europee).
3. Spunti per un diverso approccio fondato sulla ricorrenza di un
collegamento effettivo tra richiedente asilo e Stato membro
Qui occorre riflettere sugli effetti diretti e indiretti dei criteri giurisdizionali enunciati nel regolamento Dublino III, tentando di introdurre nel dibattito elementi che vadano oltre una mera considerazione
aritmetica circa le cifre degli arrivi e delle successive presenze. A mio
avviso, due considerazioni si impongono.
La prima è che ogni richiedente asilo deve affrontare un percorso
12
Cfr. M. MOUZOURAKIS, We Need to Talk about Dublin. Responsibility under the Dublin
System as a blockage to asylum burden-sharing in the European Union, December 2014, Refugee Studies Centre (Oxford Department of International Development); E. GUILD, C.
COSTELLO, M. GARLICK, V. MORENO-LAX and M. MOUZOURAKIS, New Approaches, Alternative Avenues and Means of Access to Asylum Procedures for Persons Seeking International Protection, CEPS Papers in Liberty and Security in Europe, No. 77, January 2015; S. FRATZKE,
Not Adding Up: The Fading Promise of Europe’s Dublin System, March 2015, Migration Policy Institute Europe.
52
MARCELLO DI FILIPPO
di inserimento e integrazione nello Stato ospite che può rivelarsi molto
difficile, in ragione dei traumi già subiti. Nell’eventualità in cui manchi
un legame sostanziale con il paese di primo arrivo, la persona in questione risulta dipendente dall’assistenza statale per vivere e integrarsi,
e difficilmente può dare un apporto allo sviluppo economico, sociale e
culturale del paese ospite. Aumentano così i costi per lo Stato ospite
(corsi di lingua, alloggio, assistenza per l’inserimento lavorativo e sociale ecc.). Un richiedente asilo o un rifugiato scarsamente integrato,
frustrato o sotto-impiegato non rappresenta solo un problema per sé
stesso, ma anche per la comunità ospite: si potrebbe parlare di situazione lose-lose, sia per la persona che per lo Stato ospite13.
La seconda considerazione è strettamente consequenziale e coinvolge l’UE, in quanto nel contesto transnazionale che stiamo esaminando la situazione lose-lose si riflette negativamente su tutti gli Stati
membri. Difatti, i fondi europei trasferiti ai singoli Stati membri per gestire la trattazione delle domande di asilo possono rivelarsi del tutto
inefficaci, in quanto scarsamente suscettibili di assicurare una soddisfacente integrazione delle persone beneficiarie di protezione internazionale. Inoltre, una persona emarginata in uno Stato membro è una
persona isolata in tutta l’UE, con effetti secondari negativi sull’intera
società europea (non potendosi tra l’altro escludere l’attrazione verso
forme di criminalità e/o di radicalismo). Infine, l’allocazione di un richiedente asilo a uno Stato con cui questi non ha alcun legame effettivo
può indurre a comportamenti elusivi, come l’entrare in clandestinità
evitando di sottoporsi a rilevamenti dattiloscopici o di altro tipo e tentando di raggiungere un altro Stato (con conseguenti problemi di governo del territorio, di ordine pubblico e di incremento della domanda
di servizi di smuggling).
A mio avviso, la presenza di legami effettivi14 con uno o più paesi
13
Per considerazioni analoghe, v. inter alia ECRE, Sharing Responsibility for Refugee
Protection in Europe: Dublin Reconsidered, March 2008, pp. 25-29; Amnesty International,
Lives adrift. Refugees and migrants in peril in the central Mediterranean, September 2014, p.
60; Jesuit Refugee Service, Rescued What Next? Protection Seekers Stranded In Sicily, October
2014; S. FRATZKE, Not Adding Up: The Fading Promise of Europe’s Dublin System, cit, pp. 20
e 25.
Per una prospettiva più ampia, v. altresì T.A. ALEINIKOFF, From Dependence to SelfReliance: Changing the Paradigm in Protracted Refugee Situations, Policy Briefs, Migration
Policy Institute, Washington DC, May 2015.
14
Presenza di familiari o parenti diversi da quelli espressamente considerati dagli
artt. 8-11 Regolamento Dublino; conoscenze linguistiche e presenze pregresse in uno
Stato membro (es. per motivi lavorativi o di studio); possesso di qualifiche professionali
Considerazioni critiche in tema di sistema di asilo dell’UE
53
membri dovrebbe poter fungere da criterio prevalente rispetto al luogo
di primo ingresso, che troppo spesso è determinato in maniera obbligata dalla geografia o dalle tattiche degli smugglers, o è strettamente dipendente dall’effetto cumulato delle altre misure adottate dall’UE che
rendono difficoltoso arrivare sul territorio europeo utilizzando canali
regolari15. Criteri di tal genere sarebbero capaci di sdrammatizzare l’effetto “onere di prima gestione” per i paesi collocati alla frontiera
esterna dell’area Schengen e di individuare lo Stato che con costi ridotti
potrebbe accogliere e integrare il richiedente (con risparmio per gli
Stati membri nel loro insieme e per i fondi europei). Nell’elaborazione
e nelle successive modifiche della disciplina Dublino, non è stato dato
adeguato spazio alla presa in considerazione delle reali dinamiche di
inserimento e integrazione dei richiedenti asilo, i quali spesso fanno ricorso a reti sociali per individuare il luogo ove avviare un progetto di
ricostruzione della propria vita e delle proprie relazioni.
In attesa di un processo di riforma che senza dubbio appare complesso, potrebbe essere avviata una sperimentazione, come è stato proposto durante i lavori del recente Dialogo UNHCR 2014 sulla protezione in mare16. Lo Stato che risulterebbe così competente17 avrebbe di
riconosciute in un dato Stato membro sulla base di vigenti accordi bilaterali; presenza
di comunità di espatriati o rifugiati della stessa zona, o di uno “sponsor” locale che si
assumono l’impegno di accogliere l’individuo e di accompagnarne il percorso di integrazione e ricerca lavoro.
15
Il riferimento qui va all’effetto cumulato della disciplina dei visti, della previsione di sanzioni per i vettori, della lotta all’immigrazione irregolare, dell’assenza di canali ufficiali di accesso protetto e della limitate esperienze di resettlement. In argomento,
v. inter alia M. DI FILIPPO, La circolazione dello straniero nel diritto dell’Unione europea: una
geometria variabile dei diritti e delle garanzie, in A.M. CALAMIA, M. DI FILIPPO, M. GESTRI (a
cura di), Immigrazione, Diritto e Diritti: profili internazionalistici ed europei, Padova, 2012,
p. 159, in part. pp. 256-258; Consiglio Italiano dei Rifugiati, Access to Protection: Bridges
not Walls, Roma, 2014.
16
Cfr. M. DI FILIPPO, Delinking Disembarkation and Assumption of Responsibility for
Asylum Seekers: Proposal for an EU Pilot Project not Requiring an Amendment of the Dublin
Regulation, December 2014. Il progetto pilota si baserebbe su un accordo volontario tra
Stati membri (promosso dalla Commissione), che si impegnerebbero a fare un uso mirato della clausola discrezionale di cui all’art. 17 del regolamento Dublino III e potrebbero contare sull’assistenza dell’EASO e del fondo AMIF gestito dalla Commissione europea. V. anche UNHCR, Proposals to address current and future arrivals of asylum-seekers,
refugees and migrants by sea to Europe, Annex I, March 2015, pp. 2-4.
17
È bene precisare che la presenza dei legami sostanziali dovrebbe essere provata
(almeno in parte) dal richiedente asilo e seguita da apposita verifica nel contesto dell’intervista preliminare che viene condotta ai sensi dell’art. 5 del regolamento Dublino
III. In altri termini, non viene proposta qui l’adozione del criterio della libera scelta del
54
MARCELLO DI FILIPPO
fronte un richiedente che grava poco sul suo welfare e dovrebbe ricevere un adeguato incentivo dai fondi europei. In proposito, il regolamento AMIF n. 516/201418 prevede attualmente una cifra molto contenuta (6.000 euro: v. art. 18, par. 1), che potrebbe tuttavia essere aumentata facendo leva sulla discrezionalità riconosciuta alla Commissione
nel par. 4 dello stesso art. 1819.
Il progetto pilota qui evocato servirebbe, a diritto invariato, anche a
capire quali numeri sono gestibili con questo approccio e se non sia necessario introdurre clausole di salvaguardia per Stati che hanno già numeri nettamente superiori alla media degli altri Stati membri (ad es. la
Germania). Nel medio periodo, i risultati della sperimentazione fornirebbero indicazioni utili circa la revisione del regolamento Dublino III.
4. I limiti della proposta di istituire un sistema di quote tra Stati
membri
Nella recente Agenda europea per la migrazione20, la Commissione
europea ha proposto di avviare una fase di sperimentazione impostata
in altro modo. In primo luogo, verrà proposta una risposta rapida, fondata sul meccanismo di assistenza speciale di cui all’art. 78, par. 3
TFUE21, che contempla una temporanea relocation di richiedenti asilo
tra Stati membri secondo criteri di natura oggettiva (le c.d. chiavi di distribuzione), e più in particolare:
richiedente, ma di un criterio fondato sulla ricorrenza di elementi oggettivamente verificabili che riguardano la sfera soggettiva del singolo richiedente asilo.
18
Regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16
aprile 2014, che istituisce il Fondo Asilo, migrazione e integrazione.
19
“Per perseguire con efficacia gli obiettivi di solidarietà e di ripartizione delle responsabilità fra gli Stati membri di cui all’articolo 80 TFUE e nei limiti delle risorse disponibili, alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 26 del presente regolamento per adattare la somma forfettaria di cui
al paragrafo 1 del presente articolo, tenendo conto in particolare degli attuali tassi di inflazione, dei pertinenti sviluppi in materia di trasferimento dei beneficiari di protezione
internazionale da uno Stato membro a un altro, nonché di fattori che possono ottimizzare l’utilizzo dell’incentivo finanziario arrecato dalla somma forfettaria”.
20
Doc. COM (2015) 240 del 13.5.2015.
21
“Qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi, il Consiglio,
su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a beneficio dello
Stato membro o degli Stati membri interessati. Esso delibera previa consultazione del
Parlamento europeo”.
Considerazioni critiche in tema di sistema di asilo dell’UE
55
a) popolazione complessiva (40%), che riflette la capacità di assorbire un determinato numero di rifugiati;
b) PIL totale (40%), ovvero la ricchezza in termini assoluti di un paese
e pertanto la capacità di un’economia di assorbire e integrare rifugiati;
c) media delle domande di asilo presentate spontaneamente e numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti nel periodo 20102014 (10%), che riflettono gli sforzi compiuti dagli Stati membri negli
ultimi anni;
d) tasso di disoccupazione (10%), indicatore della capacità di integrare rifugiati22.
Entro la fine del 2015, la Commissione ha inoltre annunciato di
voler presentare una proposta legislativa per dotare l’UE di un sistema
permanente per condividere tra gli Stati membri la responsabilità dei
numerosi rifugiati e richiedenti asilo, che preveda un sistema di ricollocazione obbligatorio di attivazione automatica, tale da distribuire
all’interno dell’UE le persone con evidente bisogno di protezione internazionale in caso di afflusso massiccio.
In questa sede non è possibile procedere ad un esame approfondito
di tali prospettive. Al di là delle probabili resistenze di alcuni Stati
membri e degli interrogativi che suscitano l’indicazione della base giuridica prescelta23 e l’esigenza del coordinamento con la direttiva del
2001 sulla protezione temporanea degli sfollati24 (peraltro mai attuata
in pratica), alcune considerazioni possono concernere l’opzione di merito di elaborare le chiavi di distribuzione sopra ricordate. Esse hanno
un chiaro fondamento razionale, e tendono a riequilibrare una situazione in cui nel 2014 solo cinque Stati membri hanno trattato il 72%
delle domande di asilo presentate nell’UE. Ciononostante, presentano
il difetto di prescindere totalmente dall’esistenza o meno di legami effettivi, con gli inconvenienti sopra segnalati e il rischio che i movimenti
secondari vengano solo ritardati25.
22
V. doc. cit., pp. 4 e 19-21.
Non appare certo che l’attuale situazione che concerne gli arrivi irregolari in
paesi quali Italia, Grecia e Bulgaria sia qualificabile come un “afflusso improvviso”, in
considerazione della costanza nel tempo di tali flussi: vedi le osservazioni svolte da M.
Borraccetti nel corso di un incontro pubblico con l'On. Cecilia Kyenge, tenutosi a Bologna il 22 maggio 2015.
24
Cfr. direttiva 2001/55 sulla protezione temporanea nel caso di arrivi massici di
sfollati alle frontiere di uno Stato membro.
25
In proposito, v. le considerazioni svolte dal Direttore del Consiglio italiano rifugiati Christopher Hein: Piano Ue, Cir: “No alle quote fisse, i migranti non sono pacchi postali”, Agenzia Redattore Sociale, 12 maggio 2015.
23
56
MARCELLO DI FILIPPO
Mi sembrerebbe più razionale che tali meccanismi di redistribuzione operassero solo in mancanza di genuine link con uno Stato membro. In alternativa, un sistema di quote potrebbe essere utile come correttivo agli effetti di un approccio basato sui legami effettivi: il paese
maggiormente collegato con il richiedente asilo potrebbe far valere
una clausola di salvaguardia basata sull’alto numero di richiedenti
asilo o rifugiati già accolti e commisurata al superamento di quote indicative.
In conclusione, pertanto, mi sembrerebbe più razionale che l’UE
avvii innanzitutto un progetto pilota che sperimenti i criteri sostanziali
sopra segnalati e, sulla base delle indicazioni che ne emergano, intraprenda in un secondo momento un processo di riflessione sull’attivazione di un meccanismo di ridistribuzione tra Stati membri e sulla modifica dei contenuti del regolamento Dublino III.
5. Mutuo riconoscimento delle decisioni positive di asilo e libertà di soggiorno per i titolari di protezione internazionale: una
reale panacea?
In questa sede, appare necessario riflettere anche sul forte richiamo
operato da più parti all’esigenza di conferire rilevanza europea alla decisione con cui lo Stato membro competente riconosce lo status di rifugiato o di titolare di protezione sussidiaria26. Si tratterebbe cioè di assicurare il mutuo riconoscimento delle decisioni positive in tema di
asilo. Pare opportuno ricordare che, allo stato attuale della legislazione
derivata, la persona che si sia vista riconosciuto lo status di rifugiato o
di titolare di protezione sussidiaria è, agli occhi degli altri Stati membri, uno straniero “comune” che non può reclamare un diritto di soggiorno secondo condizioni più agevoli rispetto a quelle valide per
qualsiasi altro straniero27. Inoltre, non opera alcun meccanismo gene26
Cfr. Amnesty International, Lives adrift. Refugees and migrants in peril in the central
Mediterranean, September 2014, p. 60; ECRE, Discussion Paper. Mutual recognition of positive asylum decisions and the transfer of international protection status within the EU, November 2014; Consiglio italiano rifugiati, Sistema Dublino inefficace e inumano. necessario
superarlo, 26 febbraio 2015; V. MITSILEGAS, Mutual Recognition of Positive Asylum Decisions
in the European Union, May 12, 2015.
27
Per soggiorni inferiori a novanta giorni (c.d. libertà di viaggio), v. gli artt. 19-24
Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, del 1990. Per soggiorni superiori a novanta giorni, occorre far riferimento al regime contemplato dalla direttiva
Considerazioni critiche in tema di sistema di asilo dell’UE
57
rale ed astratto in forza del quale la responsabilità di proteggere il titolare di protezione internazionale viene trasferito ad uno Stato diverso
da quello che ha accolto la domanda di asilo.
La summenzionata istanza si fonda su alcuni argomenti, tra cui
spiccano i seguenti:
1) l’art. 78 TFUE, par. 2, lett. a, laddove prevede che il legislatore
europeo adotti misure per realizzare uno status uniforme in materia di
asilo “valido in tutta l’Unione”;
2) il vantaggio che il titolare di protezione possa liberamente circolare nell’UE optando per il paese in cui ritiene di avere maggiori opportunità di integrazione. Per i proponenti, questo sarebbe uno strumento per ovviare alle rigidità del sistema Dublino e al carico che ne
risulta per gli Stati collocati alla periferia dell’area Schengen (tra cui
l’Italia).
Tale opzione non appare di così semplice realizzazione, come peraltro testimoniato dall’estrema cautela dimostrata in materia dalla
Commissione nella recente Agenda europea per la migrazione28. In
particolare, a mio sommesso avviso due aspetti appaiono bisognosi di
maggiore riflessione.
In primo luogo, occorrerebbe discutere sui requisiti per godere del
diritto di soggiorno in uno Stato membro diverso da quello che ha accolto la domanda di asilo. Ad oggi, esistono due macro-regimi, quello
dei cittadini UE e quello dei cittadini di Stati terzi lungo-soggiornanti
(il quale a sua volta è affiancato dal sotto regime dei titolari di carta
blu). In considerazione di ragioni di carattere umanitario, si potrebbe
affermare che debba essere preferito il regime più favorevole (e quindi
quello valido per i comunitari). Occorre valutare, tuttavia, che il regime dei cittadini UE non è applicabile a qualsiasi persona ma richiede
il soddisfacimento di taluni requisiti, che potrebbero essere difficili da
provare, specialmente per la prima fase di inserimento in uno Stato
(contratto di lavoro, esercizio di attività economica indipendente, qualifica di studente titolare di risorse economiche sufficienti e di assicurazione malattia; residente elettivo titolare di risorse economiche sufficienti e di assicurazione malattia). Ragionare invece su un regime apposito di libertà di soggiorno, con condizioni ancora più favorevoli
2003/109 ed applicabile solo a chi abbia soggiornato almeno per cinque anni nello Stato
membro di accoglienza maturando così lo status di residente di lungo periodo. In argomento, v. per approfondimenti M. DI FILIPPO, La circolazione dello straniero, cit., pp. 225231.
28
Doc. cit., p. 17.
58
MARCELLO DI FILIPPO
rispetto a quelle previste per i cittadini UE, rischia di andare incontro
ad ostacoli giuridici (assenza di un’esplicita base legale)29 e politici (avversione di alcuni Stati membri). La proposta di introdurre il mutuo riconoscimento delle decisioni positive non può pertanto essere disgiunta dall’indicazione di quali dovrebbero essere i requisiti per godere di un diritto di soggiorno in uno secondo Stato membro.
In secondo luogo, in considerazione dei tempi procedurali30 per il
riconoscimento dello status di rifugiato o di titolare di protezione sussidiaria (o per il suo ottenimento in sede giurisdizionale dopo un iniziale rifiuto)31, non appare molto razionale costringere una persona a
vivere per molti mesi o per più di un anno in uno Stato (quello competente in base all’attuale disciplina Dublino) e riconoscergli solo successivamente la possibilità di spostarsi.
Alla luce di ciò, se l’obiettivo è ovviare alle rigidità del sistema Dublino e al carico che pone su alcuni Stati, andrebbe ipotizzato che sin
dall’inizio la procedura di asilo si radichi nello Stato membro più
adatto (v. supra, § 3). Eventualmente, si potrebbe ipotizzare l’adozione
di regole che consentano alla persona in questione, dopo aver ottenuto
lo status, di spostarsi in altro Stato membro ove dimostri di potere
svolgere un’attività economica o di rivestire la qualifica di studente o
residente elettivo (sulla falsariga della disciplina delineata per i cittadini UE nella direttiva 2004/38)32.
29
Il combinato disposto dell’art. 79 TFUE, par. 2, lett. b, e dell’art. 45, par. 2 della
Carta dei diritti fondamentali non sembra autorizzare l’adozione di un regime di circolazione e soggiorno per cittadini di Stati terzi più favorevole di quello previsto per i cittadini UE all’art. 21 TFUE (e specificato nella direttiva 2004/38).
30
Cfr. ad esempio lo studio del 2010 dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali: Access to effective remedies: The asylum-seeker perspective. Thematic Report, September
2010, pp. 37-38.
31
Si tenga presente che, secondo quanto riportato da Eurostat, nel 2014 il 45% delle
domande di asilo presentate nell’UE è stato accolto in prima istanza, e il 18% a seguito
di una procedura di revisione o appello: cfr. http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/Asylum_statistics, § 1.2. Per il 2013, l’EASO informa che la percentuale di decisioni positive a seguito di appello o revisione è stata del 19,7%: cfr.
https://easo.europa.eu/wp-content/uploads/EASO-AR-final1.pdf, p. 26.
32
Andrebbe però posto il problema della difficoltà di conciliare tale prospettiva di
mobilità volontaria con l’eventuale pretesa di ottenere dallo Stato membro di seconda
residenza misure e assistenza in quanto persona protetta: il titolare di protezione internazionale che si voglia spostare volontariamente in uno Stato membro (diverso da
quello con cui sussiste un genuine link) non potrebbe pretendere da quest’ultimo un’assunzione della responsabilità di proteggerlo.
Considerazioni critiche in tema di sistema di asilo dell’UE
59
6. Prospettive
L’instabilità e gli scenari di crisi che caratterizzano il Medio
Oriente e l’Africa alimentano i flussi di richiedenti asilo verso paesi limitrofi e verso l’Europa. Ne deriva l’aumento di domanda di “servizi”
di smuggling. Se per alcuni paesi di primo asilo sarebbe realistico lanciare iniziative di cooperazione in loco e di resettlement per una parte
dei profughi33, per altri il quadro geopolitico è talmente complesso e
instabile da imporre di tener presente che almeno una parte di richiedenti asilo tenteranno comunque il viaggio verso l’Europa. Per questo
motivo, occorre non solo agire nei paesi limitrofi ad aree di crisi, ma
anche mettere in conto che una parte di flussi di profughi arriverà alle
frontiere terrestri dell’UE o cercherà di attraversare il Mediterraneo (o
il Mar Nero).
Alla luce di quanto ora rilevato, occorre affinare il dispositivo di
gestione all’arrivo, sperimentando un’applicazione più realistica del
regolamento di Dublino (come proposto supra, § 3) e consolidando la
formula “Mare Nostrum” per l’operazione Triton, onde prevenire il
più possibile il ripetersi di tragedie umanitarie34.
In altri termini, anche nel miglior scenario possibile di risposte co33
V. per esempio l’idea di un piano di resettlement europeo per 20.000 richiedenti
asilo, avanzata dalla Commissione nell’Agenda per la migrazione, cit., pp. 4-5. Quanto
detto nel testo non implica un’adesione all’idea che un’azione militare o “di polizia”
sulle coste libiche (o in loro prossimità) al fine di individuare e distruggere i c.d. barconi
rappresenti un efficace e condivisibile strumento per rispondere ai flussi consistenti
provenienti da quel paese verso l’Italia e Malta. Tale idea ha ricevuto un parziale e
cauto avallo nella decisione del Consiglio UE n. 2015/778 del 18 maggio 2015, relativa a
un’operazione militare dell’Unione europea nel Mediterraneo centromeridionale (EUNAVFOR MED). Ad ogni modo, non è possibile in questa sede affrontare i molteplici
nodi giuridici e operativi che andrebbero risolti, anche ove il Consiglio di Sicurezza
ONU autorizzasse l’operazione.
34
Un positivo segnale in tal senso viene dalla decisione politica del Consiglio europeo del 23 aprile di triplicare i fondi dell’operazione Triton e di incrementare il numero dei mezzi, “in modo da aumentare le possibilità di ricerca e salvataggio nell’ambito del mandato di FRONTEX”. Nell’Agenda per la migrazione, la Commissione ha
annunciato l’elaborazione a breve di un nuovo piano operativo per Triton: v. doc. cit.,
p. 3. Sarà importante capire se verrà confermata o meno la regola secondo cui le persone soccorso devono essere sbarcate in Italia. Se tale soluzione fosse ribadita, si porrà
nuovamente il tema dell’onere di presa in carico dei richiedenti asilo per il nostro paese.
In tale prospettiva, la ridistribuzione per quote (secondo quanto proposto dalla Commissione) o l’allocazione secondo criteri di collegamento effettivo (secondo quanto qui
proposto, per lo meno come approccio in prima istanza) non sembrano ulteriormente
rinviabili.
60
MARCELLO DI FILIPPO
ordinate e “olistiche” da parte dell’UE e dei suoi Stati membri, falle nel
sistema e persistente attrattività dei percorsi irregolari continueranno
a sussistere, quanto meno per una parte dei richiedenti asilo. Affrontare alla radice e alla fonte i problemi (ammesso che la cosa riesca in
maniera credibile e duratura) non comporterà l’eliminazione dei flussi
misti, mentre è più ragionevole attendersi una loro riduzione. In tale
scenario, urge conseguire un migliore uso delle scarse risorse esistenti:
e questo sarebbe già un ottimo risultato.