sentenze alla rinfusa - Scuola Secondaria 1° A. Giuriolo

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sentenze alla rinfusa - Scuola Secondaria 1° A. Giuriolo
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Questo libro è quello che in gergo si chiama una “seconda edizione
riveduta, corretta ed ampliata”. E' la naturale evoluzione del 1°
quaderno che si intitolava “Le ricette del CTP e altro ancora”,
libro che, nel 2005, ha vinto il primo premio nazionale nel
concorso TUTTI UGUALI TUTTI DIVERSI sezione C (poesie,
brani) bandito dal Ministero dell' Istruzione.
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Ministero dell' Istruzione, Università e Ricerca
La tavola è come il letto,
non si fanno complimenti
(anonimo siciliano)
CENTRO TERRITORIALE PERMANENTE
ISTRUZIONE IN ETA' ADULTA (CTP-EDA)
via IV Martiri, 71 – 36071 Arzignano VI – tel. 0444670400
ideazione: Giovanni Cortiana
progetto grafico e foto di copertina: Vincenzo Raimondi
elaborazioni al computer : Gianpaolo Raimondi
editor: Alessandro Antonelli, Cristina Gandolfi, Perla Zuppardo
Finito di stampare il .........................
presso: ....................................................
SOMMARIO
Il CTP centro EDA di Arzignano - profilo storico .................... IX
A TAVOLA COL CTP/EdA
percorsi di intercultura
Introduzione di Donata Albiero dirigente del CTP.................... XI
Presentazione di Alessandro Antonelli...................................... XVII
Pre testi.................................................................................................... 1
L' accoglienza, contributi ................................................................... 19
Festività e cibo, contributi................................................................ 25
Antipasti e contorni ..................................................... .......................39
Drink..................................................................................................... 46
Primi piatti............................................................................................ 47
Secondi piatti a base di carne............................................................. 65
Secondi piatti a base di pesce............................................................. 81
Dolci...................................................................................................... 87
Dopocena, 5 racconti e sentenze varie ............ ............................111
Appendice........................................................................................... 131
Postfazione di Stefano Fracasso sindaco di Arzignano................139
Conclusioni..........................................................................................141
Comunicato stampa ...................................................................... 143
Note sugli autori
Indice generale delle ricette...............................................................145
Nella sezione pre testi:
Sergio Giorato studioso, scrittore, responsabile della Biblioteca
Civica di Teolo PD
Luigi Zonin studioso, scrittore, ex preside
Nella sezione dopocena:
Giovanni Fazio medico di famiglia
Paolo Raimondi ex preside
Vincenzo Raimondi maestro elementare
IX
IL CTP- CENTRO EDA ARZIGNANO
UN PROFILO STORICO
L’Istituto d’istruzione secondaria di I° grado “A. Giuriolo” di
Arzignano (ex-Scuola Media Statale) è sede da oltre un ventennio
dei corsi serali per il conseguimento del diploma di licenza media
per lavoratori, corsi fortemente voluti dalle associazioni sindacali e
conosciuti ai più come “150 ore”. Dall’a.s. 1998/99, a seguito
dell’O.M. n° 455 del 29 luglio 1997 dell’allora Ministero della
Pubblica Istruzione, applicativa di Memorandum e direttive della
Commissione Europea e del Consiglio d’Europa in materia di
educazione e formazione permanente in età adulta, l'istituto è stato
individuato come uno dei cinque (poi saliti a sei) Centri Territoriali
Permanenti voluti dal Provveditorato agli Studi di Vicenza in
accordo con enti locali, Provincia e Regione Veneto per
l’istruzione e la formazione in età adulta e nuovamente
confermato dalla Regione Veneto nel 2002.
XI
INTRODUZIONE
« Oggi alla scuola è affidato il compito di integrare i figli dei
lavoratori stranieri che, studiando nelle nostre aule, a fianco dei
nostri ragazzi, creano per sé e per le loro famiglie le fondamenta
più solide di una futura cittadinanza.
L'appello che desidero lanciarvi, cari docenti è quello di aiutare i
ragazzi a vivere una scuola fatta di amicizia, di amore per il
prossimo. Il rispetto per gli altri, la comprensione per chi ha idee
diverse dalle nostre non possono che nascere dalla capacità di
vivere sentimenti profondi, dalla capacità di amare anche chi non
è strettamente legato a noi, perché tutti siamo uguali, accomunati,
al di là di ogni diversità, dall'essere uomini e donne».
Presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi
Ritengo un privilegio introdurre la pubblicazione del Centro Terri­
toriale Permanente di Arzignano con le parole di “amore” del
nostro presidente della Repubblica italiana , Carlo Azelio Ciampi.
In effetti, la presenza di persone provenienti da vari paesi e da
'diverse' lingue e culture , sempre più considerevole nel nostro
territorio, come ho già anche ricordato nel libro “Le ricette del
CTP e altro ancora” reso pubblico nel 2005 , ci richiede la
capacità di interagire con l'altro in un contesto di convivenza
costruttiva. Tale capacità non si può dare per acquisita, ma va
costruita con un processo intenzionale, che richiede spazi ed
occasioni per riflettere assieme sui riconoscimento e la
valorizzazione dell'altro, sulla necessità del confronto e
sull'opportunità di ridefinire i propri orizzonti culturali. La scuola,
anche la nostra secondaria di primo grado Antonio Giuriolo , in
questi anni , si è trovata in difficoltà di fronte ai nuovi flussi
migratori e ha oscillato tra atteggiamenti di chiusura ("non so
come fare", "non ho strumenti", "non ho tempo in classe", "ho il
programma da rispettare...") e significative risposte di accoglienza,
XII
INTRODUZIONE
supportate però spesso solo dalla sensibilità e dall'impegno di
singoli docenti o di gruppi di docenti (commissioni ). Le diversità
culturali, i diversi colori del mondo presenti nelle nostre aule, ci
interrogano a volte duramente, mettendo a nudo le nostre carenze,
le nostre difficoltà. Alla fine il grande interrogativo è sempre lo
stesso , ma non sempre le risposte sono appropriate.
Quale percorso complessivo, personale, didattico deve costruire
una scuola realmente aperta a tutti, una scuola che sappia farsi
luogo privilegiato dello scambio e del confronto, della scoperta
della somiglianza e dell’alterità, della crescita e sviluppo del
pensiero critico; che sia disponibile a rivisitare pregiudizi, luoghi
comuni e nozioni di base quali razza, culture, integrazione,
diversità, migrante, confine, nord e sud…. Come sviluppare negli
alunni il senso di ricchezza e potenza che la cultura della pace,
della solidarietà, del rispetto e dell’accoglienza, portano con sé ?
Certo, si fa intercultura ogni volta che si lavora sul far prendere
coscienza al ragazzo della pluralità, intesa come ricchezza di
modelli, espressioni e relazioni; ogni volta che lo si mette a
contatto con realtà che lo aiutino a superare i luoghi comuni e le
paure che spesso la diversità suscita; ogni volta che si dà spazio e
ascolto a punti di vista che aiutino ad uscire da un modello
culturale, il proprio, che per forza di cose sembra egemone, unico;
quando infine, ma ancora non ultimo, si attuano percorsi didattici
che puntano all’acquisizione di uno spirito critico costruttivo, che
aiuti a “disimparare il razzismo”, in tutte le sue forme e
manifestazioni.
Si fa intercultura anche quando, ad esempio, il collegio dei
docenti (il nostro lo ha fatto) istituisce una Commissione
Interculturale, con la funzione di stendere un Protocollo di
Accoglienza per progettare e poi gestire, una più adeguata
accoglienza ed integrazione degli alunni stranieri , sicuramente un
segnale importante dell’impegno della scuola in questo campo e ne
evidenzia l’assunzione collegiale di responsabilità.
Lo stesso dicasi per quando, con forza, si ribadisce ai colleghi
docenti che ogni ragazzo ha diritto ad essere iscritto nella classe
INTRODUZIONE
XIII
pertinente alla sua età anagrafica e che solo in situazioni di
particolare “difficoltà” o di frequenza pregressa irregolare o
manchevole, potrà essere assegnato alla classe immediata-mente
precedente. La non conoscenza della lingua italiana, non potrà
costituire in nessun modo motivo di retrocessione a classi inferiori
(C.M. 301/89 fino alla C.M. 11/95). Ancora, è educazione
interculturale anche l’avere come scuola una/un referente che si
occupi del primo incontro della famiglia migrante con
l’istituzione;una famiglia quasi sempre isolata e confusa , di fronte
a degli obblighi incomprensibili, quasi sempre con difficoltà
materiali (casa, permesso di soggiorno, lavoro…) che rendono
ancora più difficile anche l’assunzione di un ruolo parentale,
spesso con figli cresciuti che non si vedono da anni. La/il
referente dovrebbe sostenere la famiglia nell’espletamento delle
varie formalità iniziali (con l’eventuale aiuto di un mediatore
linguistico-culturale, pagato dalla scuola, comune, regione…), per
aiutarla nelle scelte scolastiche più adeguate ai suoi bisogni:
mensa, organizzazione della giornata, religione, colloqui, possibilità
di accedere al fondo di solidarietà della scuola ecc.. Dovrà
informarla anche sui suoi diritti a scuola e fuori , rispondere alle
sue richieste; occuparsi inoltre di accoglierla attraverso un
colloquio che faccia emergere una biografia personale e scolastica
del bambino, al fine di comprendere meglio il suo attuale profilo,
poter quindi assumere decisioni in merito al percorso di
inserimento didattico, affettivo e sociale. Potrà essere la/il facilitatore linguistico del nuovo arrivato: lo aiuterà ad “imparare” la
nuova scuola e a portarvi le sue esperienze e competenze nel
periodo del primo inserimento, lavorando con l’insegnante della
classe a cui è stato assegnato, per la predisposizione di percorsi
didattici “amichevoli”, linguistici e non.
Naturalmente va nella stessa direzione, l’ attivazione da parte
della scuola dei percorsi di alfabetizzazione in lingua italiana (in
orario scolastico e/o extrascolastico), per poter dare al nuovo
arrivato, le competenze minime nella lingua della comunicazione,
quella che gli serve per entrare in relazione, per esprimere i suoi
XIV
INTRODUZIONE
bisogni e per comprendere le consegne più semplici. I modelli di
alfabetizzazione in italiano L2 sono svariati, ma certo, il l nuovo
alunno apprenderà a parlare, leggere e scrivere in italiano quanto
più saprà essere motivante ed accogliente il contesto scolasticorelazionale in cui si troverà inserito.
Fare intercultura è… tutto questo. Ovviamente non solo.
L’importante è non crogiolarsi sui problemi , uscire dalla
situazione di disagio, comprendendo che la scuola può diventare il
terreno ideale dell'incontro, dello scambio, che essa può
rappresentare ancora un vero e proprio "laboratorio" nel quale
sperimentare quotidianamente la conoscenza, il riconoscimento e
la valorizzazione delle diversità. Occorre potenziare la rete di
integrazione che già sì è formata nella nostra zona tra diversi
istituti, coinvolgendo anche e soprattutto il CTP (Centro
Territoriale Permanente ) , in quanto osservatorio privilegiato per
quel che riguarda il flusso degli stranieri adulti e le problematiche
connesse al loro vivere quotidiano. Ciò contribuirebbe a facilitare
lo scambio di esperienze e il confronto, ad uscire dall'emergenza
quotidiana , dalla casualità ed episodicità degli interventi , ad aprirsi
di più alla collaborazione, individuando insieme strumenti e
metodologie adeguate, progettando dei percorsi condivisi.
La rete di scuole può rendere più fluida ed attiva la comunicazione
tra tutti coloro che si occupano di accoglienza, di integrazione e
può realizzare un valido coordinamento tra scuole e agenzie
presenti sul territorio. Mettere in comune le esperienze fatte, aiuta
ad individuare e a diffondere le pratiche migliori, a creare valide
mappe di riferimento, a ri-definire i curricoli con un'ottica
interculturale che, superando l'etnocentrismo, tenga conto di punti
di vista diversi.
Si tratta di tessere "trame" di collaborazione che permettano di
prendere le distanze dall'urgenza del fare, dal dover dare risposte
immediate e provare a costruire assieme percorsi, imparando e
sperimentando la cooperazione. Conoscere... gli altri e farci
conoscere ...agli altri, ognuno con la propria diversità, arricchendo
e arricchendoci. E' in questa ottica 'interculturale' che il CTP cura
INTRODUZIONE
XV
questa pubblicazione, ampliandola con nuovi spunti rispetto alle
“Ricette del CTP e altro ancora” .
E' una iniziativa, ripeto, tra le tante rivolte agli stranieri per
inserirli a pieno titolo nella comunità e renderli partecipi come
cittadini di usi , abitudini, tradizioni.. Nello stesso tempo, la nuova
pubblicazione vuole anche essere un messaggio rivolto al
territorio, agli enti, scuole, utenti , operatori affinchè, insieme si
operi per un comune progetto che veda... nello straniero, negli
stranieri una risorsa in più , una ricchezza della nostra Comunità e
per la nostra Comunità.
Donata Albiero, Dirigente del CTP
XVII
PRESENTAZIONE
La tolleranza dovrebbe essere una fase transitoria.
Deve portare al rispetto. Tollerare è offendere.
(Da Johann Wolfgang Goethe: Massime e riflessioni)
Tra gli obiettivi prioritari del CTP vi sono l'integrazione dei cittadini stranieri tramite l'apprendimento della lingua italiana, la comprensione tra le varie comunità presenti sul territorio e tra queste e
la popolazione locale con il conseguente superamento dei problemi di convivenza sociale.
Integrazione è un concetto che non comporta solamente quello di
tolleranza con la sua doppia valenza positiva ma pure negativa se è
interpretato come sopportazione e non anche come comprensione. Integrazione implica la conoscenza di altre culture e altri costumi, il comprendere l'altro come persona, l'apprezzare anche le diversità, il superamento di pregiudizi. Integrazione richiede, comunque, uno sforzo reciproco e ciò si innesta sulla vicendevolezza
dell'accoglienza.
Il progetto di cucina etnica non vuole essere perciò un semplice
‘ricettario’ ma un modo per penetrare in altre culture anche con il
sussidio della descrizione del modo di accogliere l'ospite. Questo
avviene anche con l'aiuto di tradizioni e proverbi.
Esso ha visto il contributo di italiani e stranieri, di studenti e personale della scuola ed è perciò stato un modo per avvicinare culture, tradizioni e mentalità diverse. Ognuno ha dato un proprio piccolo contributo, in ricette, proverbi, tradizioni e modi di accogliere. Fare intercultura e integrazione significa avvicinare realtà diverse, spesso lontane, anche contrapposte e contribuire a farle convivere in un ambiente comune e quotidiano.
Il progetto è questo.
Alessandro Antonelli
Straniero!
Che significa questa parola?
Che su questa roccia io ho meno diritti che se sto su questo
campo?
Che io passo questo fiume, questo sentiero, questa linea blu o
rossa visibile solo sulle vostre carte, e gli alberi, i fiori, il sole non
mi conoscono più?
Che stupidaggine pretendere che io sia meno uomo su un punto
della terra che su un altro!
Voi mi dite: "Noi siamo a casa nostra e tu non sei a casa tua".
Dove? Qui?
Vi basta scavare una fossa e vedrete che la terra mi accoglierà
come accoglierà voi.
Victor Hugo
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PRE TESTI
“A catar fortuna…”
Una riflessione sull’emigrazione veneta e vicentina di fine ‘800
Già nel sec. XVII° si erano affacciati alcuni fenomeni migratori,
all’interno e verso l’esterno del Dominio serenissimo, che avevano
preoccupato le istituzioni veneziane; in quel momento particolare
masse di contadini, spinti dalla fame e dalla miseria, si erano
spostate verso le città o gli stati limitrofi alla ricerca del pane o di
migliori condizioni sociali.
Ma il fortissimo inurbamento d’inizio secolo o la temporanea
emigrazione avevano solo rinviato i problemi aggravando quelli
delle città, assolutamente impreparate ad affrontare simili
emergenze; solo nel 1627 più di 6000 famiglie erano uscite dal
veronese portandosi dietro in Lombardia e in Emilia buoi, vacche
e pecore, o i debiti accumulati per le tasse non pagate e per gli
affitti arretrati, mentre altre 1339 spingevano per farsi accogliere
da Verona, dove andarono ad accrescere la folla degli accattoni e
degli indigenti. E a Vicenza si assisteva impotenti alla stessa
disperazione e desolazione.
Poche voci si erano invece levate per denunciare i soprusi e le
ingiustizie subite dai contadini, non ci furono ribellioni contro i
pubblici esattori “che spogliavano la stessa povertà” dei braccianti
con imposte insostenibili, che avevano svuotato le campagne; il
loro “esterminio” e il disastro furono anticipati dalla peste, che
spazzò via dalle campagne metà della popolazione rurale: quella
veronese nel 1630 contava 120/130.000 persone, ma dopo
l’apocalisse ne rimasero 70/80.000 e nelle città il contagio ebbe
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PRE TESTI
conseguenze peggiori (a Sorio su meno di 500 abitanti ne
morirono 282 e a Gambellara 350 su 600!).
Negli anni successivi i contadini non ritornarono ad occupare gli
spazi aperti dall’inesorabile falce dell’epidemia, perché furono
travolti da una serie micidiale di carestie e da congiunture
sfavorevoli (guerre e crisi economica europea), tanto da far
segnare ad un anonimo funzionario che tutto il territorio era
“infelice e ripieno di poveri contadini”; tutto quel secolo fu
contrassegnato da continue sciagure, vissute con rassegnazione dai
ceti più umili tra l’aggressività dei potenti (che avevano sempre i
granai ricolmi), la latitanza dello stato e la disinvolta gestione dei
vicari; e solo i nostri comuni rurali si diedero da fare e furono
costretti a svendere i propri beni per cercare di sfamare e di salvare
la gente angosciata.
Fenomeni così vistosi e drammatici non si ripeterono nel sec.
XVIII, se non in circostanze particolari e per qualche calamità
imprevista, ma nell’Ottocento, contraddistinto dai mali di sempre
e da un endemico pauperismo il nostro mondo rurale dovette
affrontare un’esperienza sconvolgente e senza precedenti, tanto da
far dire allo storico G. de Rosa che “l’emigrazione dalle nostre
campagne fu il fatto rivoluzionario, forse l’unico, del secondo
Ottocento”. E così:
“I avem visti partir sora un careto
con un’altra fameja,
via, per Verona, al treno.
A Genova racolta, cinquecento!
Partir, poarini coi fagoti e i sachi
de le so strasse”.
Con questo strazio Silvio Zorzi volle ricordare “na fameja
ch’emigra” con otto figli, che potremo idealmente collegare alle
tensioni che si respirano in due sonetti famosi di Berto Barbarani,
scritti nel 1896:
“Fulminadi da un fraco de tempesta…
Ipotecando tuto quel che resta,
col formento che val ‘na carestia,
PRE TESTI
3
ogni paese el g’à la so angonia
e le fameje un pelagroso a testa.
Crepà la vaca che dasea el formaio,
morta la dona a partorir ‘na fiola,
protestà le cambiale dal notaio,
una festa, seradi a l’ostaria,
co un gran pugno batù sora la tola:
“Porca Italia” i bastiema: “andemo via!”
E l’altro racconta con rancore il momento trepido della partenza,
le donne “co i putini in brasso, / el resto, veci e puteleti a drio”,
chiamando in causa la vera ragione dell’abbandono: “no se magna
no, par dio”, con i braccianti che gridano tutta la loro rabbia in
faccia ai “siori” e si inquietano per la decisione presa.
La raccolta “I va in Merica”, letta sia da destra (per l’angoscia della
partenza), sia da sinistra (per lo spirito classista e rancoroso del
messaggio) compendia efficacemente alcuni aspetti e radici
dell’emigrazione veneta di fine Ottocento e non solo, che si
raccordano con i canti di tristezza, di rimpianto, ma anche di
protesta e di speranza di quanti erano partiti dall’Italia:
“Anderemo te la Merica
A catar le mericane…
Vu altri siori cavè i guanti
E andè te i campi a laorar!
…I siori porta sassi,
le siore porta malte…”
Negli anni disperati del grande esodo, dalla bassa e dalle valli
veronesi partirono almeno in 200.000 (più del 13% della
popolazione) e l’intensità dell’evento ricordato dal Barbarani, viene
messo a nudo dai suoi versi struggenti insieme alle miserie, al
lungo rancore e alla rabbia soffocata dei contadini di S.Vittore
(Soave).
Le partenze si susseguirono incessantemente con ondate anomale
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PRE TESTI
e differenti per tutto l’ultimo quindicennio del secolo, poi il ciclo si
attenuò ma non si chiuse allo scoppio della guerra; intanto si erano
svuotate intere contrade (da Cerea più di 2.000 partenze nel
biennio 1887/88), soprattutto nei paesi della bassa, con una
fiumana di donne, bambini e vecchi diretti prima in Brasile e dopo
il 1895 nel Nord America.
Nelle nostre valli ci sono sempre stati i “migranti” stagionali, che si
spostavano per brevi periodi o nei tempi opportuni dalle contrà di
montagna con le bestie o per mietere il frumento e per fare i
braccianti in campagna nei mesi estivi ed autunnali per integrare i
magri redditi familiari o per necessità; molti si prestarono come
tagliapietre e manovali nella costruzione delle chiese (una
quindicina nel primo Ottocento) in cantiere a Chiampo, Altissimo,
Gambellara, Montorso, Arzignano, Montecchia, Novale…o
vennero impiegati nei lavori pubblici (delle strade, arginature, negli
scavi) o contemporaneamente nei campi per la zappatura del
sorgo, per la falciatura del fieno, per la vendemmia.
Molti “alpini” (montanari) salivano a Trento, in Austria e in
Germania per svolgere lavori prevalentemente agricoli e stagionali;
diversi trovarono occupazione nella costruzione della
“Ferdinandea”, la ferrovia padana del 1846/50 o negli ospedali,
nelle filande, nei lavori comunali fino alla grande guerra (e per la
stazione di Verona nel 1915 passarono 15.000 rimpatriati). Si
calcola che negli ultimi decenni del secolo XIX° siano partiti in più
di 100.000 e nel primo decennio del Novecento dalla valle del
Chiampo emigrarono appena in 5.000, mentre altri 6-7.000
vennero reclutati per lavori al fronte (molti di loro erano rientrati
dal centro Europa per lo scoppio della guerra).
Il vicariato di Arzignano, che si estendeva su quasi tutta la valle,
censito intorno alla metà del sec. XVI°, contava 10.890 abitanti
raccolti in poco meno di 1.000 fuochi o famiglie contro i 143.000
dell’intero territorio vicentino; nei censimenti successivi mantenne
una popolazione abbastanza stabile, con dei picchi di 15.000 nel
1629 e nel 1790, crollati a 7.000 dopo la peste (1631).
La povertà e la miseria non sono mai venute meno, e nei primi
PRE TESTI
5
rilievi catastali d’inizio ‘800 riscontriamo che le famiglie dei
braccianti e dei piccoli proprietari-fittavoli vivevano in casoni e
casotti di paglia di un’unica stanza in mezzo ad un’estrema
indigenza e in condizioni igienico-sanitarie da terzo mondo (alla
fine del 1730 i poveri di Montorso erano oltre la metà della
popolazione e pur vivevano accanto alla splendida villa da Porto o
lavoravano nei palazzi cittadini dei nobili e sulle loro terre).
Il nostro territorio, nei decenni che precedettero l’emigrazione, fu
travolto prima dalle guerre napoleoniche e poi da quelle
risorgimentali (il cui costo fu caricato sulle spalle dei nostri
possidenti sotto forma di prestiti forzosi prima dal governo
austriaco (1849) e poi da quello sabaudo); inoltre la nostra regione
ebbe a sostenere una serie ininterrotta di disastri e di epidemie, una
grande carestia (1815-17), il tifo, il colera (1836,1849,1854), la
difterite che causò una mortalità infantile del 23%; senza parlare
dei danni e dei ritardi determinati da una agricoltura fortemente
arretrata, messa a terra dalle nuove malattie fitopatologiche,
rallentata da sistemi agronomici medioevali, frenata da produzioni
scadenti ed insufficienti; e sul piano della salute le nostre comunità
lottarono come sempre con carenze sanitarie e assistenziali (solo 9
medici nella valle), con una alimentazione inadeguata, in mezzo a
condizioni igienico- sanitarie da Medio Evo (dall’acqua inquinata
dei pozzi alla qualità della vita).
Il fenomeno dell’emigrazione di massa permanente e irreversibile,
maturò un po’ più tardi per una serie di altre concause, quali:
1. L’eccesso della popolazione rispetto alle risorse disponibili
sul territorio;
2. la grave crisi internazionale (crisi delle miniere), che fece
crollare la domanda di lavoratori- operai per l’Austria e la
Germania;
3. la crisi agricola che durava da vent’anni (oidio, filossera,
peronospera solo per le viti) non più sopportabile
accompagnata da una serie di disgrazie e di calamità senza
fine: mortalità del bestiame, ripresa inarrestabile della
pellagra, della malaria, del vaiolo, del tifo…
6
PRE TESTI
4. Poi i meno abbienti erano schiacciati dai debiti accumulati
per le tasse fondiarie, per i dazi iniqui sulla polenta, sul
grano, sul sale.
Tutte queste cose insieme o in parte avevano creato un clima
sociale irrespirabile, acuito dalla crisi agricola permanente,
dall’arretratezza e dal sottosviluppo delle colture (frumento, baco
da seta, viticoltura), con la produzione compressa dalla tariffe
doganali protezionistiche, con i braccianti e gli avventizi pagati con
salari da fame, con le abitazioni malsane (a Padova in campagna
più di un terzo dei contadini viveva nei casoni); e poi gli scioperi,
la disoccupazione, la caduta dei prezzi, l’introduzione di macchine
agricole (trebbiatrici) che ridussero l’occupazione stagionale, il
socialismo (poca cosa nel Veneto), l’incremento demografico
percosso da mortalità e da contagi, tutti fattori confluiti in un
cocktail avvelenato ed esplosivo che scoppiò nelle campagne con
effetti devastanti.
Eppure non erano mancati nella seconda metà dei segnali positivi
di ripresa, con una mortalità infantile ridotta del 50% (ma ancora
elevata), con una regressione della pellagra (al 56 per mille nel
1880), ma nel contempo era cresciuto un certo malessere sociale
con i furti campestri fuori controllo, con i mendicanti ovunque,
con il contrabbando in aumento (del tabacco, zucchero, sale), con
un’aria greve di rivolta da far gridare ai malcontenti: “Ciò che ci è
tolto dal governo, non costituisce reato!”
Non c’era e non si intravvedeva alcuna alternativa, con i possidenti
che ripresero a rinfacciare ai contadini: “Vogliono lavorare poco e
guadagnare molto!...Chi lavora non manca mai di pane e polenta!”,
con la fame e l’indigenza ad un grado esponenziale (nel Veneto i
mendicanti nel 1881 erano saliti a 14.000 sugli 80.000 dell’intera
penisola, almeno per quelli segnalati), con la piccola proprietà
soffocata dalle tasse, con la produttività ai minimi storici…i
contadini si guardavano intorno spaventati senza via di scampo.
“Languire o partire?” si ripeterono mille volte in casa, nei filò,
all’osteria, alle rogazioni…Partirono!
Nel periodo iniziale (1871-1881) l’emigrazione veneta fu seconda
PRE TESTI
7
dietro a quella piemontese, ma dal 1881 al 1900 il Veneto risultò
primo nel saldo migratorio davanti alla Sicilia e alla Campania;
alcuni dati sono anche oggi impressionanti: se nel 1887 partirono
dal Veneto 26.239 persone, l’anno successivo balzarono a 81.042
(interi nuclei famigliari) che mai più ritornarono a casa.
Nel decennio 1887-1897, che segnò il culmine dell’infausto
evento, gli emigranti veneti furono 328.794 pari all’11% della
popolazione, cui si potrebbero aggiungere i 65.000 temporanei
rimasti in Europa; a fine secolo assistiamo ad una notevole
contrazione dei flussi per la caduta della domanda americana
(100.000 nell’ultimo triennio) e per il precipitare degli eventi.
Ma fino ad allora quel fiume migratorio era stato attratto dalle
“colonie venete “ del Brasile (82%), dell’Argentina (15%), con
povera gente accorsa in massa negli stati brasiliani di S.Paolo, di
Rio Grande do Sul, di Santa Caterina; una indagine ministeriale del
1878 ci informa che il 56% dei nostri emigrati se n’era andato “per
miseria” e solo il 22% per cercar di far fortuna, per la speranza di
successo o per altri incentivi.
Il colpo di grazia nel decennio del grande esodo era venuto dai
cattivi raccolti, dalle inondazioni che avevano flagellato le
campagne venete e perfino dagli scioperi e dalle proteste sociali; il
resto l’avevano provocato le esiziali malattie delle viti e del baco da
seta (colture fondamentali dalle nostre parti), oltre alla miseria, alle
mortificanti imposte erariali e fondiarie, ai dazi soffocanti imposti
perfino alla macellazione dei suini e sul sale (che portò a lesinarlo
nella polenta rinfocolando la pellagra).
Perché? In una relazione del prefetto di Vicenza del 1890 troviamo
una risposta agli interrogativi più pressanti e amari: partivano “non
per desiderio di vita avventurosa, né per cupidigia (come lasciava
intendere qualche parroco), ma per necessità imperiosa di pane e
di lavoro”.
Ecco perciò l’America prefigurata e sognata come il paese di
Bengodi, soprattutto il Brasile e l’Argentina; inizialmente (1872) il
fenomeno fu appena avvertito e sui 20.000 che partirono da
Genova i veneti erano un gruppetto sparuto di 280 temerari.
8
PRE TESTI
Poi si aprirono le cataratte, perché l’America Latina chiedeva
sempre più manodopera agricola e i veneti erano apprezzati e
stimati come “lavoratori instancabili, tranquilli, non sindacalizzati”;
dall’America si lusingarono i dubbiosi e gli indecisi con incentivi
seducenti e rassicuranti: viaggi gratuiti, premi, dotazione di utensili
agricoli, di case senza affitto…ma l’arrivo dissolse molti sogni e li
mise di fronte a crudeli impreviste realtà (la febbre gialla, il vaiolo,
la sistemazione precaria, il futuro incerto).
Oltre il 75% dei Veneti in Brasile venne occupato nelle piantagioni
di caffè in sostituzione degli schiavi (la schiavitù infatti era stata
abolita nel 1888, seguita da una disastrosa guerra civile 1893-94);
nei lori ricordi e nelle memorie familiari i “docili” veneti hanno
conservato in fondo al cuore e trasmessa a tante generazioni una
carica di rabbia e di sordo rancore verso lo Stato italiano, che
continuarono a guardare con diffidenza e ostilità: “là eravamo
servi, qui siamo signori” e si consolarono pur con una punta
d’orgoglio: “I a scominsià a moltiplicar e lora i ga dito: se ciava
l’Italia!”
I nostri emigranti soffrirono soprattutto l’isolamento geografico e
la perdita delle loro identità culturali (della lingua e delle loro
radici), anche se cercarono con determinazione di integrarsi e di
sviluppare un forte senso di appartenenza (nelle “colonie venete”,
nella famiglia, nella religione conservata integra nei valori e nelle
tradizioni per merito soprattutto di alcuni preti conterranei che li
avevano seguiti oltreoceano); dal 1882 al 1901 gli italiani giunti in
Argentina sono stati complessivamente 802.000 (71.000 i veneti)
ed in Brasile su 871.000 gli emigranti veneti furono 371.000, in
gran parte stabilitisi negli stati di S.Paolo (70%) e di Rio Grande.
Le loro nostalgie si riflettono nelle corrispondenze frequenti e
sofferte dei primi anni: “Qui viviamo discretamente…ghe no
passà de brutte anca mi, salo. Un boia de fazendero el me ga robà
400 m., quel fiol d’on can…Chi ghe n’ha (ora) sta meio in Italia de
qua. Chi ga voia de lavorar, ossia de lavorar molto…ma quante
privazion, sior! Gnente scole per i putei, né preti e dotori, cani
rabiosi…”; poi con il tempo o con i ricongiungimenti questo filo
PRE TESTI
9
rosso si spezzò, i contatti si fecero più labili, i ritorni rari solo per
qualche fortunato…rapporti risvegliati ora da un dinamico
associazionismo e dalle recenti iniziative legislative.
Dunque dal 1876 al 1925 sono partiti dall’Italia 15 milioni di
emigranti, di cui 8 dal Nord, spinti principalmente dalla miseria,
dal lavoro massacrante delle campagne (14 ore), dalle malattie,
dalle tasse (per pagare quella sulla polenta occorrevano 23 giorni di
lavoro); in Brasile occuparono il posto degli schiavi, ma i nostri
continuarono ad emigrare anche verso la Francia, la Libia
(Tripolitania), l’Etiopia, nell’Agro Romano e Pontino, in
Germania, in Belgio, nella Valle d’Aosta…
“Nella storia d’Italia – scrive E.Franzina storico dell’emigrazione –
non esiste un fenomeno così persistente, pervasivo e paradossale
come quello dell’emigarzione; chi partiva, senza speranza o
intenzione di ritornare, veniva deriso dai padroni, e rispondeva in
modo sarcastico e un po’ propiziatorio: Viva l’America e morte ai
Signori!”
Ma chi aveva deciso di partire era disponibile a tutto: la messa a
punto della partenza veniva discussa nei filò e nelle osterie o in
canonica e il viaggio veniva programmato in autunno, dopo la
stagione e dopo aver venduto tutto; se ne andarono con una forte
carica e voglia di emancipazione e di riscatto sociale, che molti
raggiunsero dopo le difficoltà e le traversie durissime dell’arrivo.
Rimasero attaccati alla terra d’origine conservandone i ricordi, le
memorie, i toponimi ricalcati su quelli veneti (sorsero ben cinque
Venezie e battezzarono col nome della patria le principali località);
non hanno mai dimenticato la lingua materna (el talian), e neppure
le tradizioni alimentari e culinarie, perfino i giochi d’osteria e le
bestemmie, ma rispettarono profondamente la loro fede e le
tradizioni sacre (le chiese, i capitelli, le sagre, le processioni…)
Vorrei concludere con due esperienze personali opposte: mi capita
spesso di cercare negli archivi parrocchiali le origini anagrafiche
degli attuali discendenti di quegli emigranti o di sentirli al telefono
perché le loro richieste sono pressanti, ma spesso senza riferimenti
precisi; rimango sconcertato nel constatare la scomparsa di ogni
10
PRE TESTI
traccia dell’originaria identità veneta e per il fatto che del nonno o
del bisnonno emigrati ricordino appena il nome incerto e
storpiato, correlato a malapena a qualche indicazione cronologica
o geografica.
Ho sperimentato invece qualche anno fa gli effetti di una
emigrazione più recente nel Quebec canadese e sono rimasto
impressionato da come gli emigranti custodiscono le proprie
tradizioni da noi quasi scomparse (le feste patronali, le processioni
del Corpus Domini e di S.Antonio, la lingua colloquiale, il vino, i
saladi,…); per due giorni interi sono stato scandagliato da Mario,
un mio vicino di contrà partito nel secondo dopoguerra e mai più
ritornato: ho scoperto che aveva mantenuto intensamente la
memoria di Gambellara e della sua gente come le aveva lasciate al
momento della separazione, quasi un cortometraggio visto e
rivisto chissà quante volte e con quale sofferenza (dall’asino e il
carretto con cui andava al monte, alla chiesa, ai parenti, alla vita di
contrà, a S.Marco…); e la stessa impressione l’ho colta nelle case
di molti italiani, dove ho ritrovato le atmosfere e le immagini
perdute della mia infanzia (qualcuno mosta ancora l’uva o “fa su il
mas’cio”).
Forse non sarà così per sempre, forse non fu così per tutti,
forse…e mi piace concludere citando “La Merica di Nanetto
Pipetta”, una figura mitica della nostra emigrazione d’oltremare,
che esaltò nel suo “talian” i luoghi comuni di quella avventura
disperata, cantando tuttavia:
“…Mi digo che la ze na gran sità (l’America),
che mena i poareti in lautomobile in serca de fortuna…
Evviva la Merica
Ze grande cucagna
Se beve se magna
E liegri se sta”.
prof. Luigi Zonin
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Le culture del cibo
La questione del cibo – almeno per coloro che amano addentrarsi
nei fenomeni che accadono - si può esprimere semplicemente così:
mangiamo ciò che mangiamo perché ci conviene, perché ci fa
bene, o perché è a portata di mano o è buono, oppure, come
sostiene Lévi Strauss, il fatto è che ci sono cibi “buoni da pensare”
mentre altri sono “cattivi da pensare”? Cioè, in altri termini,
l'azione primaria dell’assumere il cibo appartiene alla semplice
esperienza dei sensi – supposto (e non concesso) che tale
esperienza sia così neutra che ci accosti meccanicamente alla pelle
delle cose – oppure appartiene al mondo della cultura e delle
strutture mentali di un popolo?
Il fatto che ci induce a pensare è questo accadere di cose curiose,
come quella di veder gente affamata che rifiuta di mangiare le carni
di mucche o di cavalli, o di veder gente che prova ribrezzo per cibi
che altri consumano con avidità, oppure il vedere che alcuni cibi si
considerano gentili e leggeri, mentre altri son stimati pesanti e vili.
E i cibi che provengono dal cielo, come gli uccelli e certi frutti, son
degni delle nobili genti, mentre quelli che si raccolgono sotto terra
(come le patate, le rape o le cipolle) sono invece adatte allo
stomaco rozzo del villano. Per cui vien da chiedersi: ma vediamo
tutti la stessa cosa nel piatto?
Accade, poi, che la cucina più recente componga nel piatto forme
e colori come se si trattasse di un pittore alle prese con il suo
quadro. E allora, quando intervengono comportamenti che
somigliano a quelli della produzione di quegli oggetti inutili,
eppure così intimamente umani, che sono le opere dell’arte, allora
vien da chiedersi se assumere il cibo sia soltanto un fatto
biologico, un meccanico approvvigionare un corpo bisognoso di
sostentamento, oppure se il cibo non sia anch’esso una finestra per
12
PRE TESTI
guardare dentro i fatti umani e, ancor meglio, proprio per il fatto
di essere una finestra non così consapevolmente rivolta all’interno
dell’uomo, non sia proprio per questo particolarmente
significativa.
Il fatto è che ad una considerazione appena superficiale appare che
il cibo – assumendo per cibo il senso lato che comprende la sua
preparazione, il suo consumo, le liturgie e i rituali che lo
accompagnano – è collegato alle diverse culture che proiettano nel
cibo la loro stessa immagine. Alla radice del meccanismo della
formazione del gusto vi è un principio di antieconomicità che
aveva già intuito Isidoro di Siviglia nel VII secolo d.C. quando
annotava, a proposito del fagiolo, che “tutto ciò che abbonda è
vile”. La controprova si ha quando si osservi come ciò che è raro o
prezioso perché proveniente da terre esotiche, non appena diventa
alla portata di tutti, perde di colpo il suo potere di ingaggio
emotivo. Prendiamo il caso dello zucchero. E’ la vicenda di un
alimento che, proprio in virtù della sua rarità, gode di grande
prestigio dal Medioevo sino ai secoli dell’età moderna. Ma non
appena giunge ad una disponibilità diffusa ecco che cala il
desiderio o, addirittura, si rivolta contro perché mai come oggi la
società dell’abbondanza lo ha demonizzato come la fonte di
molteplici malanni che intaccano l’efficienza del corpo. In mezzo
ci stanno comportamenti rivelatori come l’adorazione dei nostri
padri – le generazioni nate nei primi decenni del secolo XIX – i
quali, giunti finalmente a poterne disporre, ne hanno abusato fino
all’eccesso.
Ci sono poi alimenti che cambiano di segno e invertono
assolutamente le loro proprietà. E’ il caso del caffè, a lungo
considerato simbolo di una classe emergente, quella borghesia
dinamica e volitiva che si stava opponendo radicalmente ad una
nobiltà pigra e demotivata, dedita alla cioccolata. Ecco, allora, che
sul finire del ‘700 i due alimenti caffè e cioccolato diventano due
bandiere, due indici di appartenenza che si lanciano il guanto di
una sfida feroce. Il caffè amato da una classe emergente e deter­
minata a conquistare il mondo che le appartiene, la cioccolata, in-
PRE TESTI
13
vece, prediletta da quegli altri, per via degli ingredienti costosi e
ricercati (che ne determinano l’esclusività). La bevanda, per inciso,
fu particolarmente cara al clero – che vi dedicò anche una disputa
teologica - perché ritenuta perfetta per i regimi quaresimali di
magro, in quanto in grado di sostenere senza interrompere il
digiuno, tanto che si suppone che sia maturato nei monasteri di
suore il costume si aggiungere lo zucchero a quel “brodo indico”,
che era invece prima consumato amaro e piccante come nelle
civiltà amerinde. Si dà il caso che Michelet, il grande storico, abbia
collegato l’origine della Rivoluzione francese all’abitudine sempre
più diffusa all’epoca, tra i borghesi di Francia, di assumer questa
bevanda eccitante e per sua natura propensa a stimolare lo
sviluppo dell’azione. Ma a fronte di tanta eccitazione com’è che
oggi il caffè sempre più spesso viene associato ad un immaginario
di pausa e di riposo, dedito alle relazioni ed alla chiacchera
pettegola, “gossip” si dice?
Siamo qui di fronte al caso – sostiene Roland Barthes, che ha
sottolineato questa esperienza del caffè, in un suo famoso saggio
sulla psico-sociologia dell’alimentazione – che la natura della
sostanza, il suo essere eccitante nervoso, è stata sopraffatta dalla
circostanza, cioè dai comportamenti sociali che accompagnano
l’assunzione del caffè, che sono comportamenti tipicamente
indotti dalle culture e che con esse mutano e si trasformano.
Ed è evidente che da questo lato siamo già entrati nella questione
dei comportamenti intorno al cibo, dei rituali e delle procedure che
lo investono. Prendiamo ancora qualche esempio. La geografia del
banchetto, per cominciare. Sin dal Vangelo sappiamo che ci sono i
posti per i primi e per gli ultimi e che chi si arroga il diritto di
avvicinarsi ai posti che non gli competono rischia di essere
pubblicamente svergognato. E anche nella spartizione del cibo
intervengono regole e protocolli che forse inconsapevoli rivelano
tabù remoti, senso di appartenenza, gerarchie sociali e quant’altro
non sappiamo. All’ospite, ad esempio è prescritto il pezzo
migliore; nella civiltà contadina, spesso le donne mangiano dopo e
separate dagli uomini e ad esse son riservate porzioni meno
14
PRE TESTI
pregiate, come il collo nel lesso di gallina.
C’è poi la questione delle regole e dei comportamenti a tavola per
cui avviene che chi conosce il patrimonio delle regole del galateo
appartiene alla classe alta che vuole prendere le distanze da quel
contadino che vive ancora uno stato primitivo e preumano, che lo
porta a mangiare con le nude mani, con la bocca avida e
spalancata, eseguendo un concerto di rutti e rumori d’ogni genere.
Cè poi un altro fatto significativo, proseguendo in questa
panoramica sui problemi che investono il cibo. Massimo
Montanari – medievalista e studioso dell’alimentazione – introduce
la nozione di sistema alimentare per indicare un fatto complesso –
da paragonare al linguaggio, per intenderci, all’interno del quale i
singoli prodotti si comportano come morfemi, unità significative
di base, da cui provengono le parole, che poi si articolano nel
discorso. Prendiamo il caso del mais. La pannocchia proviene,
sappiamo tutti, dall’America e viene introdotta in Europa dopo i
viaggi di Colombo. Ma il fatto eclatante è che il prodotto viene
reinterpretato alla luce del grande bagaglio di cultura grecoromana. E se mai i popoli americani ne avevano fatto polenta, non
così da noi, dove il nuovo prodotto si innesta in una tradizione che
conosce il pulmento, la polenta che a Roma si faceva con il farro e
che nel Medioevo si continuerà a produrre, utilizzando via via il
miglio, il panìco, il sorgo e ancora il farro. L’imporsi prepotente in
Europa del mais per via della sua stupefacente produttività, non
solo determinerà la progressiva scomparsa di questi cereali ma,
addirittura, il nuovo arrivato andrà talvolta ad usurpare i nomi dei
cereali più antichi, per cui in Francia si chiamerà “millet” (miglio) e
in Italia “grano turco”. Non diversamente il successo, anch’esso
tardivo ma altrettanto prepotente della patata vedrà declinare
l’importanza della rapa che ancora all’epoca del Ruzante era per
eccellenza il cibo dei contadini. E il tacchino americano, per via di
questa sua attitudine scenografica, andrà sostituendosi al pavone,
caro all’aristocrazia fin dal Medioevo, ma dalle carni legnose e
meno gustose del primo.
Dopo la morfologia – continua Montanari – abbiamo la sintassi
PRE TESTI
15
dei cibi. Così, ad esempio, la pasta, nell’uso medievale si
accompagnava alla carne, non diversamente dalla polenta che
accompagnava carni e verdure. La sua trasformazione in piatto
unico – che avverrà nel regno di Napoli nel corso del ‘600 – è
indice di una difficile situazione alimentare e di una penuria che va
dilatandosi e penetrando sempre più rapidamente nelle masse
contadine. Nello stesso periodo nel nord Italia va affermandosi la
polenta non più anch’essa compagna di altri alimenti, ma da sola,
ultimo caposaldo di una alimentazione sempre più misera, che
porterà, per inciso, anche a dividere l’Italia tra polentoni e
maccaroni.
Abbiamo, poi, proseguendo in questa immagine riferita al
linguaggio, la retorica del cibo, perché esso viene usato anche per
significare, per sottolineare, per dichiarare una appartenenza o una
qualità. Prendiamo la figura retorica dello stramangiare.
Anticamente mangiare oltre ogni limite era un segno distintivo
della nobiltà e il cronista ci racconta che l’Adelchi prigioniero alla
corte di Carlo Magno mangiava come un lupo affamato: era
l’ultimo modo che gli era rimasto per affermare la sua indomita
fierezza. Con il tempo, dismesse le armi e la consuetudine della
caccia nei boschi, la nobiltà ama distinguersi dal vile per questo
suo piluccare annoiato che sa però discernere il buono dal cattivo,
il cibo gentile dal prosaico. Saprà anche addivenire ad una
disciplina ed un rigore che sono accessibili solo a chi è guidato dal
lume dell’intelligenza. Ne è campione Alvise Corsaro che nel suo
Elogio di vita sobria propone un mangiare ispirato alla semplicità
che sa pervenire finanche alla rinuncia, un nutrirsi sano e regolato
che consiste in pane, panatela, o brodetto con l’uovo, o altre tali
buone minestrine. Ma ecco che poi l’abbondanza del cibo, come
valore assoluto, dopo essersi affermata anche alle mense della
borghesia, emigra nelle classi popolari le quali nelle occasioni
topiche della vita – come nei battesimi o i matrimoni – si
abbandonano ad un mangiare furioso, protratto fino allo
sfinimento, facendo sfoggio di una abbondanza che lascia nelle
memorie a venire il ricordo del vino più buono o del risotto più
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PRE TESTI
straordinario. Ma anche nei comportamenti quotidiani emerge
talvolta questa figura retorica: si pensi, ad esempio, al giro di
bevute tra gli amici in cui diventa un punto d’onore non sottrarsi
mai all’offerta, quand’anche costasse una solenne sbornia.
Per concludere possiamo ben dire che è particolarmente
significativo che un Istituto scolastico affronti il discorso sul cibo.
Un Istituto, per inciso, che sfrutta in maniera intelligente la sua
molteplicità etnica per porsi nella posizione privilegiata di cogliere
sul nascere nel linguaggio del cibo il formarsi di nuovi morfemi,
l’articolarsi di rinnovate retoriche. Si consideri che la cultura
alimentare europea ha origine dall’innesto della tradizione romana
con quella barbarica e andrà strutturandosi nei suoi elementi
cardini che saranno per secoli il grano, l’olio e il maiale. Che cosa
invece uscirà da questo nuovo innesto di culture e immigrazioni
cui è esposta l’Europa del XXI secolo? Si consideri, inoltre, che
siamo in presenza di un elemento della cultura materiale che anima
l’immaginario, descrive le differenze, ma costituisce anche il primo
passo verso l’integrazione delle culture, per cui si non si può certo
dire che un cibo appartenga in tutto e per tutto ad un popolo e ad
una unica cultura. E se la pasta può essere indicata come
l’emblema del mangiare italiano, si consideri che essa proviene
dall’oriente, che abbiamo appreso dagli arabi le tecniche di
essiccazione e che anticamente si consumava, come ancor oggi si
consuma nei paesi anglosassoni, accompagnata alle carni e come
supporto ad altre pietanze. Da ultimo, e ancor più per sottolineare
la validità del progetto didattico, si valuti che il cibo, può significar
anche molto di più. Riconosciamo, ad esempio, che la cucina
medievale si dispone come universale e sintetica – come universale
era il sogno di una cristianità riunita sotto un unico capo o come al
medesimo valore si ispirava anche la grande costruzione
dell’impianto aristotelico-tomista. Tale clima si accompagna ad un
modello di cucina naturalmente sintetica, basata sulla mescolanza
dei sapori e che nell’agrodolce, mescolando zucchero e agrumi
(rinnovando la più antica esperienza romana che combinava
insieme miele ed aceto) esprime al meglio la cifra di questo milieu
PRE TESTI
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culturale. Un mondo che sarà fatto a pezzi dalla logica cartesiana,
condotta a dividere e sezionare, a incidere e separare. Elemento in
cui molti vogliono cogliere l’origine stessa del mondo moderno,
un mondo che, come divide in cucina e distingue i sapori in dolce,
amaro, salato e piccante, divide in classi distinte il corpo sociale,
recinta e divide i campi dai boschi, divide i bambini dagli adulti,
divide le dimore in molteplici stanze assegnando ad ognuna
diverse funzioni, divide e specializza il processo di produzione, (un
clima, questo, da cui proviene anche la stessa fotografia che
procede incidendo nella pelle del mondo infiniti rettangoli,
anch’essa figlia di un ribaltamento dell’assetto mentale).
E se ancora persistesse qualche dubbio sul fatto che nel cibo si
specchi la cultura di un popolo, ma si specchi così innocente e
inconsapevole da essere brutalmente sincera, libera da ogni
contaminazione delle aspettative e delle apparenze ingannatrici, si
consideri che mediante esso si può anche pervenire al nocciolo
della cultura, quella visione del mondo da cui tutto dipende e da
cui tutto discende e che ci fa dividere il mondo tra quelli che
cucinano con l’olio e quelli con lo strutto, tra quelli che mediante
gli alimenti stabiliscono il confine tra l'appartenenza e l'esclusione,
o quelli che preferiscono le carni alla brace, i popoli che siedono
bellicosi intorno al crepitare del fuoco, dai popoli che nel bollire
delle pentole spremono il succo dei cibi e nei tegami della logica
tritano il senso delle esperienze.
Dr. Sergio Giorato
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L'ACCOGLIENZA
Agli alunni dei corsi di licenza media (150 ore) è stato chiesto di
scrivere qualche riga sull'accoglienza dell'ospite nei loro paesi
d'origine; ecco il loro contributo. Li proponiamo talis et qualis.
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L'ACCOGLIENZA
sugo. Si usa soprattutto carne di bovino, pollo e agnello o pesci ti­
pici d’acqua dolce.
Non c’è la tradizione di bere alcolici a tavola e neanche dopo e ciò
soprattutto nei villaggi.
Nelle città si può anche fare in certe occasioni, ma solo con cari
amici o parenti (cugini).
Alla fine si prende un piattino di dolce a base di latte tipo yogurt o
budino.
Aloysius Manuel Joy
Dhaka (Bangladesh)
L'ACCOGLIENZA DELL'OSPITE IN BANGLADESH
C’è una grande differenza tra la vita nelle città e in quello nei pic­
coli paesi.
Nel secondo caso, le persone sono molto tradizionaliste invece
nelle città più moderne.
Possiamo capire questa differenza anche nel modo di ricevere gli
ospiti a casa.
Nei villaggi, di solito, non si invita mai una sola singola persona,
ma anche la sua famiglia, mentre nelle città si può anche con un
individuo. Nei piccoli comuni di solito si invita per pranzo poiché
spesso ci sono difficoltà di trasporto di sera, mentre nelle città si
preferisce invitare per cena perché le famiglie sono occupate col
lavoro.
Giunti gli ospiti, si offre un tè con dei biscotti o dolci tipici fatti in
casa.
A tavola, per cena o pranzo, si offre del riso di buona qualità
(basmati) e altri piatti con delle pietanze da mescolare.
Di solito all’inizio si comincia con qualcosa di asciutto tipo una
frittura (melanzane..), ma poi si passa alla carne o pesce con del
L'ACCOGLIENZA DELL'OSPITE IN GHANA
In Ghana si intrecciano tradizioni britanniche e locali.
L'accoglienza e l'ospitalità mettono in agitazione perché all'ospite
va data la massima considerazione possibile (quasi sacrale anche se
non di derivazione religiosa) tanto che sovente gli ospiti mangiano
per primi. In alcune case l'ospitalità è di stampo britannico mentre
in altre è di tipo più locale. In questi casi la famiglia accoglie gli
ospiti in una stanza centrale (una sorta di family room) della casa,
che è strutturata diversamente da quelle italiane, dove ci si siede in
cerchio a parlare. Le donne generalmente sono ancora occupate a
cucinare. Chi prepara il cibo non mangia con gli altri ma in una
stanza più piccola. In alcuni luoghi per mangiare tutti possono
servirsi anche con le mani. Dove più viva è la tradizione britannica
invece le usanze sono più di stampo occidentale con l'uso delle
posate e con un'etichetta all'inglese.
Gyasi Wendy
Accra (Ghana)
L'ACCOGLIENZA
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L'ACCOGLIENZA
L'ACCOGLIENZA DELL'OSPITE IN MAROCCO
L'ACCOGLIENZA DELL'OSPITE IN RUSSIA
La cucina marocchina è un miscuglio di tradizione araba, berbera,
orientale per cui i piatti tipici risentono di tutti questi influssi.
In Marocco è tradizione preparare piatti particolari per gli ospiti.
I giorni preferiti per invitare gli ospiti sono i giorni del fine
settimana.
L’ospite viene accolto con un saluto e l’uomo viene condotto in
un salone e la donna in un altro salone.
Si serve in questo momento il the marocchino che qualcuno
chiama “whisky marocchino” preparato con quattro ingredienti
fondamentali: the verde, foglie di menta fresca, acqua bollente,
zucchero. Tradizionalmente viene servito in eleganti teiere di stile
arabeggiante e versato in piccoli bicchieri ed è accompagnato da
dolci secchi speziati (tipo biscotti).
Quando giunge il momento della cena o del pranzo vero e
proprio, inizialmente ci si lava le mani. Una volta a tavola si
pronuncia la frase “Bismi Allah” (un ringraziamento a Dio).
Il pranzo o la cena iniziano con un insalata a cui fa seguito un
piatto di carne bianca (carne di pollo) oppure una pastila (una
specie di pasticcio) con il pollo o con il pesce. Arriva quindi il
momento dei piatti di carne caratterizzati da diverse preparazioni e
accompagnati da un pane bianco e morbido.
Durante il pasto si beve acqua o anche the marocchino.
Alla fine del pranzo si serve una torta di frutta con il piatto di
frutta come dessert.
Prima di iniziare il pranzo, di solito, si offre agli invitati qualcosa
da bere: un aperitivo alcolico per gli adulti o una bibita gassata per
i bambini.
Sulla tavola imbandita sono sempre presenti pane bianco e pane
nero e gli antipasti che variano a seconda della stagione. In inverno
gli antipasti sono costituiti da insalata russa, insalata vinegret, pesce
salivnoe (pesce in gelatina), colodez, diversi sottaceti (cetrioli,
peperoni), , pomodori, funghi salati, caviale rosso e nero, salami e
formaggi tagliati, prosciutto e pesce affumicato. In estate si
servono insalate fresche fatte con insalata, pomodori, cetriolo,
cipolla verde, prezzemolo, ucrop (tipo di finocchio) associati a
panna acida o a olio di girasole.
Una volta terminati gli antipasti si passa ai piatti caldi: solanca,
ragù di carne con patate, pollo al forno, goluzbi, peperoni
farscirovannie (peperoni ripieni), cotleti (simili alle polpette),
funghi al forno, pesce fritto e chi lo desidera può accompagnare il
piatto di carne con spaghetti o maccheroni con salsa.
Durante il pranzo tutti i commensali propongono dei brindisi per:
la salute, la felicità, l’amore. A fine pranzo di solito si cantano
vecchie canzoni russe o si gioca qualche gioco da tavola come la
tombola o le carte.
I russi sono abituati durante la bella stagione a fare picnic in posti
vicino a un lago o ad un fiume, oppure si trasferiscono con la
famiglia nel fine settimana nelle case di campagna, dette dacie.
Durante queste scampagnate il piatto preferito sono gli “scasclic”
(spiedini), oppure la zuppa di pesce o il pesce affumicato se si va a
pescare. A volte questi picnic sono accompagnati dal suono della
chitarra.
Marib Halima
Marocco
Irina Yunalainen
Mosca (Russia)
L'ACCOGLIENZA
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L'ACCOGLIENZA DELL'OSPITE IN SERBIA
In Serbia l'ospite viene accolto dandogli la massima considerazione
possibile. La padrona di casa prepara la sala da pranzo e sceglie il
menù secondo il periodo. Si usa mettere in tavola il servito
migliore. Generalmente l'ospite viene accolto secondo un rituale
che prevede l'accoglienza in un salottino dove si serve un
bicchierino di grappa alle prugne prima del pranzo e dove si inizia
la conversazione. Difficilmente durante il pranzo la padrona di
casa siede per tutto il tempo a tavola con gli ospiti perché è intenta
a servire. Solo alla fine si siede a conversare con gli ospiti assieme
al resto della famiglia. Il pranzo o la cena sono articolate in più
portate come in Italia.
L'ospite è sempre al centro dell'attenzione.
Dragana Savic
Belgrado (Serbia)
L'ACCOGLIENZA DELL'OSPITE IN SLOVACCHIA
L’accoglienza degli ospiti in Slovacchia è simile a quella in Italia,
ma penso che sia ancora più generosa. Esiste una differenza,
seppur minima, fra l’accoglienza in città e quella nei paesi di
campagna. Nei paesi di campagna l’ospite è accolto con maggiore
attenzione.
In genere, se viene un ospite si offre qualcosa da bere. La scelta è
abbastanza vasta: caffè, thè, cappuccino, succo, limonata, acqua
minerale ecc.
Agli uomini si può offrire acquavite, birra, vino, ovviamente se
24
L'ACCOGLIENZA
non devono guidare la macchina. Le bevande sono accompagnate
da uno spuntino. Quando l’ospite è una donna, viene
generalmente offerto qualcosa di dolce: dei cioccolatini, dei
biscotti, della cioccolata o dei dolci fatti in casa. Quando l’ospite è
un uomo, la tendenza è di offrire qualcosa di salato, come ad
esempio il “piatto rivestito”, o dei panini aperti, delle patatine o
delle noci.
Il piatto rivestito è composto da salame o prosciutto, uova bollite,
pomodori, cetrioli freschi o in agrodolce, peperoni e formaggio. Su
un altro piatto sono servite delle fette di pane. Nella stagione
invernale viene spesso offerta la salsiccia fatta in casa ben
affumicata, la pancetta o la coppa.
Se l’ospite arriva inatteso o si trattiene più a lungo è comunque
usanza in Slovacchia di invitarlo a mangiare a pranzo o più
raramente a cena.
Come primo piatto normalmente si serve una
zuppa:
particolarmente gradito è il brodo di pollo o di manzo sempre
accompagnato da tagliatelle.
Il secondo piatto è sempre a base di carne. Spesso si fanno le
cotolette di maiale impanate (simili alla cotoletta alla milanese), il
pollo arrosto, le scaloppine o gli involtini. Il tutto è accompagnato
da riso o da puré di patate. Alcuni secondi piatti vengono
accompagnati da un tipico gnocco “Knedľa” Altri contorni tipici
della Slovacchia sono le insalate fresche o la verdura sott’olio o
sott’aceto, o spesso anche la frutta sciroppata.
Nadezda Haque
Brezno (Slovacchia)
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FESTE E TRADIZIONI
GASTRONOMICHE
Agli alunni dei corsi di litaliano L2 è stato chiesto di scrivere
qualche riga sulle feste e tradizioni gastronomiche nei loro paesi
d'origine; ecco il loro contributo. Li proponiamo talis et qualis.
Rigorosamente in ordine alfabetico
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FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE
non si lavora. E' la festa della bandiera anche se non è stato ancora
deciso quale di questi due giorni sarà quello solenne ed effettivo.
Questo accade perché non esiste ancora un accordo politico. I
nostri politici, infatti, non hanno ancora deciso se il giorno della
bandiera sarà il 28 o il 29 novembre. Provvisoriamente si festeggia
in entrambi i giorni. La nostra bandiera fu alzata per la prima volta
a Valona da “Ismail Demali” ed i suoi compagni, considerati i
padri dell'indipendenza albanese, non si sa bene se il 28 o il 29
novembre.
7 MARZO – E' la festa dell'insegnante. In questa occasione i
bambini e le loro famiglie portano molti doni agli insegnanti e
anche alle loro mamme.
8 MARZO – E' la festa della donna.
ALBANIA
Si fa fatica a parlare di feste e tradizioni per il nostro Paese e
bisognerebbe rivolgersi ai nostri genitori o ancora di più ai nostri
nonni per sapere qualcosa in più sull'argomento. Noi giovani,
infatti, ricordiamo più le festività civili che non quelle religiose
anche perché queste dipendono dalla propria fede e in Albania
convivono musulmani (la stragrande maggioranza, frutto di oltre
quattro secoli di dominazione turca), cristiani (ortodossi e
cattolici). Noi proveniamo dal nord dell'Albania, dall'area di
Scutari a confine con il Montenegro.
In maniera sintetica vogliamo ricordare le nostre festività civili e
qualche tradizione legata a queste.
28-29 NOVEMBRE - In questi due giorni l'Albania è in festa e
21 MARZO – E' il primo giorno di primavera. Generalmente le
famiglie vanno a fare picnic in campagna o al mare o in montagna.
In questo giorno tutti mangiano un tipo speciale di frittelle fatte
con farina, uova, acqua e sale. Queste hanno una forma tutta
particolare: spesso dei 'ghirigori' ma pure simile agli occhiali alla
chiocciola. Oltre alle frittelle in questa occasione si mangia carne
alla brace o alla griglia.
1 MAGGIO – E' la festa dei lavoratori. E' anche la festa delle
famiglie perché è l'occasione, contando sulla bella stagione, di
andare tutti insieme in campagna a fare il picnic. Oltre alla carne è
nostra usanza cucinare la carpa, pesce di acqua dolce: questa viene
prima insaporita in un brodetto e poi passata al forno.
Irba Domnori & Edinjo Skenderaj
Albania
FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE
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BANGLADESH
Una delle feste più importanti degli Indù in Bangladesh è quella
chiamata Poga.
E' una festa che si protrae per tre giorni. Ogni giorno inizia con la
preghiera a Dorga, una delle divinità indù. E' una festa della
famiglia e dell'amicizia. Tutti si riuniscono – parenti, cugini, amici
per scambiarsi doni.
Dopo la preghiera si comincia a cucinare. Intanto si mangiano
frutta e dolci.
Il pranzo è a base di riso con zucchero e latte (sbogi) e piselli
(paas). Durante i tre giorni si canta e si balla con i costumi
tradizionali.
Rita Das
Bangladesh
Come in tutto il mondo musulmano il Ramadan è un periodo
molto importante di digiuno e preghiera, della durata di un mese
circa. Durante il Ramadan si può mangiare solo al mattino presto e
dopo il tramonto. Non si può mangiare a mezzogiorno.
Al termine del Ramadan i musulmani del Bangladesh hanno la
festa di Edul Fitor e questa generalmente cade in novembredicembre. Tutti gli uomini musulmani prima si riuniscono per
pregare in moschea mentre le donne cucinano alcuni piatti tipici:
carne di pollo o di mucca, riso con burro, cipolla e peperoni o riso
con latte, frittelle dolci, Ladal con latte e zucchero. In tale
occasione si mangia anche frutta e insalata.
Per Edul Fitor tutti, ricchi o poveri, comprano un vestito nuovo
che viene indossato dopo aver fatto la doccia. Poi tutti gli uomini
si danno la mano. Edul Fitor è una festa di preghiera nella
moschea e di balli e canti.
28
FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE
Per l'occasione ci si può recare dalla campagna nella grande città
per fare passeggiate o per andare al cinema o in qualche locale ad
ascoltare musica o a guardare la TV. Molti giocano anche a calcio
nel pomeriggio.
Rajia Sultana Luna
Bangladesh
CILE
In generale, quando c'è qualcosa da celebrare in Cile, ci si rivolge
alla carne ai ferri accompagnata da tanti tipi d'insalata; per esempio
pomodoro, cipolla, sedano, lattuga cetriolo e patate bollite. A volte
le patate e le cipolle vengono cucinate nella brace e queste ultime
vengono condite con olio e limone come per una qualsiasi insalata.
Per la Settimana Santa (in particolare il Venerdì Santo) di solito si
prepara pesce o frutti di mare ma non si ha alcun piatto tipico. La
Settimana Santa è un insieme di riti e tradizioni in gran parte di de­
rivazione spagnola e india che mutano secondo le varie aree del
Paese.
In Cile anche la festa nazionale è molto sentita. Questa si tiene il
18 settembre a ricordo della nostra indipendenza. Oltre alla tipica
carne ai ferri (manzo, maiale, pollo, ecc.) si preparano le “empana­
das” che consistono in una pasta ripiena con carne, cipolla tritata e
soffritta con frattaglie cui sono aggiunte olive nere, uva passa e un
pezzo di uovo sodo. Al termine della preparazione il risultato è
una mezzaluna ripiena e cucinata in forno della grandezza di una
mano. Come dessert per il rinfresco del pomeriggio è tipico man­
giare il grano cotto con le pesche secche che si idratano con acqua
e cannella. Al posto della carne ai ferri si può mangiare il cosiddet­
to “anticucho”, uno spiedino fatto di manzo, lunganizza, (una
FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE
29
sorta di salsiccia) e carne di pollo intercalata con verdure come, ad
esempio, cipolle, peperoni, carote...
Per Natale è tipico il “Pan de Pascua”, una specie di panettone più
speziato con cannella, chiodi di garofano, noce moscata e in più
con frutta candita, uva passa, noci, mandorle e, talvolta, arachidi.
La nostra bevanda tipica è la “cola de mono” fatta con latte, caffè,
cannella, noce moscata, chiodi di garofano e anice con l'aggiunta di
una specie di grappa.
Relativamente a riti e tradizioni per il Natale vale in gran parte
quanto già detto per la Settimana santa.
Maria San Martin
Cile
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FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE
pellegrinaggio è un altro dei cinque pilastri della religione islamica.
Per ogni adulto musulmano è fondamentale recarsi almeno una
volta nella vita in pellegrinaggio alla città sacra della Mecca.
Durante questo mese i musulmani festeggiano la seconda festa
“Aid Al- adha” in cui si indossano nuovi abiti e ci si ritrova per
pregare in un luogo pubblico, “M’qalla”, al di fuori della moschea.
Questa festa viene celebrata in ricordo del miracolo compiuto da
“Allah” quando sostituì un montone a “Ismael”, figlio di Abramo,
il quale stava per offrirlo in sacrificio.
Dopo la preghiera la festa prevede proprio il sacrificio di un
montone, un pezzo del quale deve essere offerto ai poveri. La
famiglia si riunisce poi per mangiare “El machoui”, un piatto a
base di carne. Anche questa festa dura tre giorni.
El Khadimi Aoitif, Essoumhi Hamid
Marocco
MAROCCO
Festa dell’ “Aid Al Fitr” (dopo il Ramadan): il Corano stabilisce
l’obbligo del digiuno, che è uno dei cinque pilastri della religione
islamica. Durante il mese di Ramadan i musulmani, dall’alba al
tramonto, si astengono da ogni cibo e bevanda, ma anche da ogni
altro cattivo pensiero o azione. I credenti intensificano il ciclo di
preghiera e dividono i loro beni con i bisognosi. Nel periodo di
Ramadan durante la notte i musulmani fanno tre pasti:
I.“el fotor”, subito dopo il tramonto: la famiglia si riunisce a tavola
e si mangiano datteri, “harira (una specie di zuppa) e cebachia”
II.“ettaraouhi”: si cena con “tagin”, una pietanza a base di carne
III.infine, prima dell’alba, si fa colazione
Alla fine del periodo di Ramadan, si festeggia “Aid Al Fitr”: tutti
indossano vestiti nuovi, mangiano e pregano, si fanno gli auguri, si
scambiano giorni e la festa dura tre giorni.
Festa dell’ “Aid Al-adha” (mese del pellegrinaggio): il
MESSICO
In Messico la celebrazione del Natale inizia già la sera prima. Si
organizza una cena, quasi sempre, con cibo tradizionale. In questo
modo durante la cena si aspetta l'arrivo del 25 Dicembre con la
Nascita del Bambin Gesù. Per Natale non si lavora e vengono
celebrate messe tutto il giorno.
In relazione al cibo messicano tradizionale ci sono tanti piatti. Uno
di questi è “Los Tamales”, una pasta preparata con farina di mais,
sale, acqua e “manteca” - una specie di olio solido. Questa viene
distesa su una foglia di pannocchia che è stata ben pulita e vi si
aggiunge una specie di spezzatino di carne di pollo e maiale.
Il tutto viene avvolto nella foglia e messo in casseruola che si mette a cuocere a vapore per due o tre ore.
FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE
31
L'ultimo dell'anno, il 31 Dicembre, si festeggia allo stesso modo
che in Italia. Si prepara una grande cena in attesa dell'anno nuovo
(“ano nuevo”). Si mangia uva esprimendo un desiderio per ogni
chicco. Generalmente se ne mangiano dodici quanti sono i mesi
dell'anno. Il 6 Gennaio si celebra il giorno dei tre Re Magi. Ai
bambini si regalano giocattoli. In questa occasione si prepara un
dolce a forma di ciambella che si decora con frutta secca.
All'interno si collocano tre “bambolini”, pupazzi rappresentanti i
Re Magi. Le persone che li troveranno dovranno preparare la cena
del 2 febbraio.
Perla Diaz Garcia
Messico
ROMANIA
A Ferragosto gran parte delle persone va in pellegrinaggio nelle
chiese o nei monasteri già uno o due giorni prima. E' la festa della
Madonna. In questa occasione vengono continuamente celebrate
messe giorno e notte. La gente festeggia con canti e preghiere.
Fuori dalle chiese si possono trovare piccoli mercati dove si
vendono oltre ai diversi oggetti religiosi giocattoli, dolci, bibite...
Si trovano pure parchi-gioco dove i bambini, ma non solo essi, si
divertono fino a tarda sera.
In altre regioni della Romania ci possono essere anche canti e
danze popolari. La festa della Madonna è sentita in tutto il Paese e
la gente ci tiene moltissimo a conservare queste tradizioni. Questa
è una grande festa religiosa che unisce piacevolmente tradizioni,
fede, lo stare insieme e l'aspetto gioioso.
Daniela Danu
Romania
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FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE
Se mi è difficile da una parte parlare di come sono vissute le feste
da noi dall'altra mi fa enormemente piacere perché mi immergo
nel passato. E' un “passato” di settanta anni quello che divide la
Romania dall'Italia da un punto di vista culturale.
Quando parlo di festa mi riferisco alle feste religiose, che sono
vissute in maniera completamente diversa da come lo sono in
Italia. Quello che sto scrivendo non è e non vuole essere un
confronto tra i due paesi. Voglio solo sottolineare che in Romania
le feste sono vissute ancora con tanta devozione, forse frutto della
nostra religione “ortodoxa” (come si scrive la parola italiana
ortodossa nella nostra lingua), mentre in Italia le feste sono una
grande occasione di consumismo.
“Feste, forse anche troppe”, come scherzando ha detto un
cittadino tedesco, in Romania per lavoro nel mese di gennaio, che
è stato costretto ad arrendersi perché la gente inizia a lavorare da
metà mese per le festività natalizie che si prolungano un bel po'.
Queste iniziano il 6 Dicembre con la festa di “Miculas” (è una
parola in dialetto maramuresean ed l'equivalente rumeno di San
Nicola, San Nicolò, Santa Klaus..., e per certi aspetti della Befana).
Alla vigilia, il 5 Dicembre, tutti i bambini lucidano le scarpe e le
mettono alla finestra perché “Mos Miculas” porta dei regali. Non
porta carbone per i bimbi cattivi ma porta ad essi una verga.
Rivivo ancora quei momenti ogni 5 Dicembre anche se “Mos
Miculas” porta dei regali. Non porta carbone per i bimbi cattivi ma
porta ad essi una verga. Rivivo ancora quei momenti ogni 5
Dicembre anche se “Mos Miculas” non arriva più da cinque anni a
questa parte...
Le feste continuano con il Natale, in rumeno Craciun, il 25
Dicembre - a differenza degli altri paesi dell'ortodossia nei quali
Natale viene celebrato due settimane dopo, in Romania si ha la
stessa data di quello cattolico. E' un evento molto importante per
tutta la famiglia. Già un mese prima iniziano i preparativi con la
pulizia a fondo di tutta la casa e non solo. Le famiglie si preparano
con una “pulizia” dell'anima facendo un “fioretto” (in rumeno
“post”) che non consente di mangiare la carne per tutto il periodo.
FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE
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Non tutta la gente riesce a rispettare le regole e allora la carne non
si mangia nei giorni di mercoledì e venerdì.
Per Natale la gente inizia a preparare da mangiare tre giorni prima.
Tutti i piatti che si preparano sono a base di carne di maiale che è
stato macellato in casa. Una tradizione che però va piano, piano a
scomparire.
Un piatto che non può mancare mai è il “Sarmale”, involtini di
verza con riso e naturalmente carne di maiale. Un piatto molto
elaborato non solo per i tempi di preparazione ma anche per la
manualità che deve avere la persona. Finito il “Sarmale”, si passa a
“Costite si cirnat cu màmàligà”, profumi che si sentono in ogni
casa alla vigilia di Natale.
La sera si sentono i bambini che “Colindà” passando da una casa
all'altra, che cantano con gioia e annunciano la Nascita di Cristo.
Arrivati alla mezzanotte tutti alla Messa. Momento magico che in
un modo o nell'altro è atteso da tutti per festeggiare con la nostra
famiglia anche se, per diversi motivi, siamo costretti a fare anche
più di mille chilometri per realizzare ciò.
Da Natale a “Datini si obiceiuri” ci separano solo due giorni.
Un'altra festa che viene organizzata in paese con una sfilata di
tutte le maschere che la leggenda dice servivano a liberare le
persone da tutte le disgrazie successe durante l'anno per poter
iniziare un anno Nuovo più bello.
Festeggiato anche il Capodanno, in rumeno “Anul Nou”, la gente
aspetta il prete che passa in ogni casa con l'acqua santa per poter
benedire non solo le persone ma anche tutti i beni e gli animali
che una persona possiede.
Le feste continuano...
Sanda Godja
Romania
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FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE
SERBIA
Il matrimonio nel nostro Paese adesso si prepara come si fa in
Italia. Sino ad una decina di anni fa il matrimonio in Serbia
veniva preparato in più giorni in casa, spesso in una grande
baracca o in una grande tenda decorata. Di solito i giorni dedicati
al matrimonio erano il giovedì in casa della sposa e sabato,
domenica e lunedì in quella dello sposo. Oggi, invece, tutta questa
usanza si è ridotta ad un unico giorno (sabato o domenica) e la
festa difficilmente avviene in casa ma si va in un ristorante o in un
hotel. Solo poche coppie ormai scelgono di festeggiare in casa, per
lo più quella dello sposo. Ovviamente il luogo dove festeggiare
viene scelto dagli sposi.
Il giorno del matrimonio la donna si prepara e indossa il vestito
bianco da sposa nella casa dove è cresciuta. Il futuro marito, i pa­
renti e gli amici vanno con le auto a casa della sposa. Lui non po­
teva e non può vederla finché non dà un po' di soldi alle ragazze
che vendono la gallina decorata e deve dare pure soldi a suo fratel­
lo o sorella perché porti la sorella. Questa è l'occasione per scher­
zare e per ridere proprio perché l'uomo deve superare tutta questa
serie di barriere e di ostacoli prima di sposarsi. Fuori ci sono
cantanti che suonano e cantano e c'è allegria.
Insieme poi vanno in comune dove si celebra il matrimonio civile
con due testimoni. Qua gli sposi firmano assieme ai testimoni e la
sposa assume il nome dello sposo, che usa per la prima volta.
Dopo la cerimonia civile vanno in chiesa per compiere il rito reli­
gioso. In questa occasione i testimoni vengono definiti anche “pa­
drini” e sono di due tipi, dello sposo e della sposa. In chiesa il
pope (prete ortodosso) inizia davanti all'altare , dietro agli sposi
stanno i padrini con le candele accese e quello della sposa tiene tra
le mani un pezzo di cotone rosa mentre quello dello sposo ha un
pezzo di cotone azzurro o celeste. A questo punto il pope prende i
due pezzi di cotone e lega le mani degli sposi e gli impone delle
corone in testa. Di solito la cerimonia si protrae per due ore, poi
FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE
35
gli sposi si scambiano le fedi e si promettono fedeltà dicendo sì. Al
termine della cerimonia si possono fare le foto con gli sposi
all'altare e poi anche fuori dalla chiesa.
Usciti, vanno a casa dello sposo dove li aspetta la baracca o la
grande tenda decorata. Oggi c'è però anche chi va direttamente al
ristorante. Poi si va al ristorante o all'albergo che è stato prenotato
per la festa. In genere questo è ben addobbato. Gli ospiti trovano
il loro posto dove, finalmente, possono sedersi per seguire la festa.
Quando tutti sono seduti inizia il pranzo di nozze.
Generalmente si inizia con l'antipasto a base di salame, prosciutto,
uova e cetrioli acidi tagliati e con un aperitivo (šljivova, ma anche
grappa o whiskey). Dopo si prosegue con più portate. Per primo si
ha una minestra o una zuppa e per secondo del pollo spezzato con
patate e carote. Poi c'è la 'sarma'. I camerieri poi portano del succo
di frutta, acqua frizzante, vino, birra secondo quello che vogliono
gli ospiti. Si prosegue con carne arrosto di pecora e con carne alla
griglia (generalmente carne di maiale, cevapčici e salsicce). Al
termine si portano torte e dolci.
La famiglia e gli amici mangiano e festeggiano gli sposi. I padrini
iniziano le danze, cui si uniscono tutti gli altri. Tutti sono ben
vestiti. Si continua a festeggiare, a mangiare e a ballare fino
all'alba.
Al termine del matrimonio i neo-sposi di solito partono per il
viaggio di nozze ma, purtroppo, oggi ci sono alcuni che non
possono farlo perché non hanno soldi a sufficienza o un lavoro. In
questo caso restano a casa. Gli sposi possono decidere di rimanere
a vivere nella casa dello sposo o in quella della sposa. Oggi, però,
molti vanno a vivere da soli.
Dragana Savic
Serbia
LE RICETTE
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ANTIPASTI E CONTORNI
ASPARAGI ALLA BASSANESE
Ingredienti per 6 persone
1,2 kg di asparagi di Bassano
tuorli di 4 uova sode
olio d'oliva
aceto o limone
sale e pepe
ANTIPASTI E CONTORNI
CROCCHETTE DI MIGLIO
Ingredienti per 4 persone
250 g di miglio
2 cucchiai di farina di frumento
1 cipolla
1 uovo
pangrattato
prezzemolo
olio
sale
pepe
Preparazione
Tagliare la parte terrosa degli asparagi, raschiarli verso il fondo,
lavarli, legarli a mazzi in modo che le punte siano tutte alla stessa
altezza e tagliare ancora i gambi, pareggiandoli. Cuocerli a vapore
o tuffarli in acqua bollente salata, lasciando fuori le punte per circa
tre dita. Coprirli e bollirli, secondo la grossezza, dai 15 ai 20
minuti. Scolarli, slegarli e lasciarli intiepidire. Nel frattempo
schiacciare in una scodella con una forchetta i tuorli d'uovo sodi, e
versare l'olio a poco a poco, sempre rimescolando, quindi l'aceto.
Salate e pepate; dovrà risultare una salsetta cremosa. Disporre gli
asparagi su un piatto di portata, con le punte che convergono
verso il centro, distribuire la salsa sulla parte commestibile e
servire.
Preparazione
Il miglio va accuratamente lavato in acqua fredda prima dell’uso,
sciacquandolo più volte sino a che l’acqua risulti priva del tipico
intorbidimento.
Dopo averlo scolato lo si potrà versare in pentola dove è
consigliabile tostarlo con pochissimo olio rigirandolo per alcuni
minuti con un mestolo di legno, evitando di farlo attaccare al
fondo. La tostatura consentirà una cottura migliore. Nel frattempo
mettere sul fuoco l’acqua (circa il doppio del volume del miglio) e,
quando sarà calda unirla al miglio. Portare poi ad ebollizione,
salare, abbassare la fiamma e lasciar cuocere a fuoco lento con
coperchio. Il miglio dovrebbe essere cotto dopo 20 minuti circa.
Non dimenticare di frapporre una retina metallica tra il fuoco e la
pentola, per distribuire il calore. Cuocere il miglio seguendo la
ricetta base. Lasciarlo raffreddare, schiacciarlo con la forchetta e
aggiungere il prezzemolo tritato, la cipolla tritata, la farina, il
bianco d’uovo sbattuto, sale e pepe. Lavorare l’impasto sino ad
ottenere una pasta molto compatta e formare poi delle crocchette.
Passarle nel tuorlo d’uovo sbattuto e nel pangrattato. Friggerle
nell’olio bollente
Giovanni Cortiana
Stefania Garzotto
Vicenza (Veneto)
Vicenza (Veneto)
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ANTIPASTI E CONTORNI
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GRATIN DI PATATE E PROSCIUTTO
Ingredienti per 6 persone
300 g di prosciutto cotto
Cipolla
250 g di fontina o gruviera
4-5 patate
¼ l di latte
Pangrattato
70 g di burro
Preparazione
Ungere abbondantemente una pirofila, coprirne il fondo con fette
di prosciutto cotto leggermente sovrapposte, cospargere di cipolla
affettata sottile e imbiondita nel burro, poi di fettine di fontina o
gruviera. Su queste disporre uno strato di patate tagliate a dischetti
sottili, salare leggermente, mettere qua e là fiocchetti di burro e poi
ancora uno strato di fette di prosciutto, ripetendo fino allo strato
di patate. Versare nella pirofila il latte in cui sarà stato fatto
sciogliere, scaldandolo, mezzo etto di burro, mettere in forno per
mezz’ora, sfornare, cospargere di fiocchetti di burro e pangrattato
e mettere di nuovo in forno fino a che si sia formata una crosta
dorata.
Giuliana Vencato
Cornedo Vicentino (Veneto)
ANTIPASTI E CONTORNI
KADAI PANEER
Ingredienti per 8 persone:
500gr paneer (un particolare formaggio fresco)
100gr peperoni
2 cucchiaini di semi di coriandolo
5 peperoncini rossi interi
¾ cucchiaini di kastoori methi (foglie di fieno greco secche)
2 peperoncini verdi tritati
2 cucchiaini di zenzero tritato
4 pomodori tritati
2 cucchiai di coriandolo tritato
3 cucchiai di burro chiarificato o olio
sale a piacere.
Per la pasta
6 spicchi d'aglio miscelati con un po' d'acqua
Preparazione
Affettare il paneer e i peperoni in strisce lunghe. Macinare i semi
di coriandolo e i peperoncini rossi insieme. Scaldare il burro
chiarificato (olio) in una padella, aggiungere la pasta d'aglio e
cuocere a fuoco lento per qualche secondo.
Aggiungere il peperone e le spezie tritate e cuocerle a fiamma
bassa per 1 minuto. Aggiungere i peperoncini verdi, lo zenzero e
cuocere ancora per qualche secondo. Aggiungere i pomodori e
cuocere fino a che l'olio (burro chiarificato) non venga in
superficie. Aggiungere il kastoori (foglie di fieno greco secco)
methi e sale e cuocere ancora per qualche secondo. Alla fine,
aggiungere il paneer affettato e cuocere per qualche minuto.
Cospargere e servire caldo.
Aloysius Manuel Joy
Dakha (Bangladesh)
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ANTIPASTI E CONTORNI
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MATTAR PANIR (Piselli e ricotta)
Ingredienti per 8 persone
10 tazze di latte
½ tazza di succo di limone
3 spicchi d’aglio
10 g di zenzero
1 tazza d’olio
400 g di cipolla
1 cucchiaio di polvere di curry
1 cucchiaino di polvere di peperoncino rosso
1 e ½ cucchiaio di coriandolo in polvere
1 cucchiaio di cumino
2 cucchiai di sale
250 g di passata di pomodoro
2 e ½ tazze di acqua
5 tazze di piselli freschi (o congelati)
½ cucchiaio saporito***
1 cucchiaio grande di prezzemolo
300 g di ricotta
STRUDEL DI VERDURE
Ingredienti per 6 persone
Una confezione di pasta sfoglia fresca
1 peperone giallo
4 zucchine
3 carote
7-8 pomodorini ciliegia
250 g di ricotta
1 tuorlo d’uovo
sale
pepe
dado
parmigiano grattugiato
olio
un paio di spicchi d’aglio.
Preparazione
Tritare assieme l’aglio e lo zenzero. Fare un soffritto di cipolle in
una pentola. Aggiungere l’aglio e lo zenzero tritati nella pentola, e
successivamente curry, peperoncino, coriandolo, cumino, sale, il
pomodoro e ¼ di tazza d’acqua. Cucinare fino a cottura (10-15
minuti). Aggiungere i piselli nella pentola e cucinare per 10 minuti
quindi aggiungere 2 tazze d’acqua. Cucinare per altri 30 minuti con
la pentola con coperchio poi spegnere il fuoco. Aggiungere la
ricotta, mescolare il tutto e cuocere per altri 10 minuti. Guarnire
con il prezzemolo.
Rajavinder Kaur Sahota
ANTIPASTI E CONTORNI
Hoshiarpur (India)
Preparazione
Soffriggere in olio ed aglio peperone, zucchine, carote a cubetti e
per ultimi i pomodorini tagliati a metà e privati dei semi. Le
verdure devono essere ben cotte. Aggiustare di sale, pepe e dado.
Far raffreddare, trasferire le verdure in una terrina, unirvi
delicatamente la ricotta ed abbondante parmigiano grattugiato.
Stendere la pasta sfoglia, farcirla con il ripieno, richiuderla come
uno strudel, spennerlarla con il tuorlo d’uovo, sistemarla sulla
placca ricoperta da un foglio di carta forno bagnata e poi strizzata.
Infornarla a 180 ° C per 45 minuti circa. Lasciarla per altri 5 minuti
nel forno spento.
Cristina Gandolfi
Arzignano (Veneto)
45
ANTIPASTI E CONTORNI
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DRINK
TORTA DI PATATE E MOZZARELLA
Ingredienti per 6 persone
1 Kg di patate
1 uovo
Latte
Prezzemolo
Noce moscata
Burro
Pangrattato
1 mozzarella
100 g di prosciutto crudo
Salsa di pomodoro
Preparazione
Far lessare le patate e poi sbucciarle e passarle calde allo
schiacciapatate, metterle in una terrina e unirvi l’uovo, lavorando
bene l’impasto e aggiungendo latte quanto occorre. Mescolare alle
patate anche un po’ di prezzemolo tritato e una puntina di noce
moscata. Ungere una tortiera con abbondante burro, cospargerla
di pangrattato e stendervi metà del composto. Su questo, stendere
la mozzarella tagliata a fette alte mezzo centimetro, coprire con
fette di prosciutto e poi, premendo, con l’altra metà del passato di
patate. Cospargere la superficie della torta con pangrattato e
fiocchetti di burro e mettere in forno caldo, fino a che non si sia
formata una bella crosticina dorata. Sformare sul piatto di servizio
contornando con prezzemolo fresco e servire con salsa di
pomodoro.
Giuliana Vencato
Cornedo Vicentino (Veneto)
CAIPIRINHA
Ingredienti
½ Kg limone
Zucchero a piacere
Ghiaccio a cubetti
Cachasa (casasa) o wodka a piacere
Preparazione
Prendere un contenitore e tagliare il limone a cubetti e schiacciarli
con un piccolo matterello. Aggiungere un po’ di zucchero e casasa,
ghiaccio e mescolare il tutto.
Servire in un bicchiere grande e aggiungere i cubetti di ghiaccio.
Andrea Ferreira da Silva
Recife (Brasile)
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PRIMI PIATTI
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PRIMI PIATTI
cuocere per 30 minuti. Nel frattempo soffriggere il lardo tagliato a
cubetti piccoli con un cucchiaio d’olio, aggiungere la cipolla tritata,
appena è rosolata aggiungere l’aglio macerato e lasciare altri 2 o 3
minuti sempre a fuoco basso.
Quando i fagioli sono cotti (al dente) si lasciano nel brodo e si
aggiunge il riso, il soffritto, il comino, l’origano, il sale e il pepe,
richiudere la pentola e riporla sul fuoco, quando prende pressione,
abbassare la fiamma il più possibile e lasciare cuocere per 15
minuti.
Hernandez Tovar Nieves
ARROZ CONGRI (Riso con fagioli)
Ingredienti per 4 persone
450 g di riso
200 g di fagioli
Olio
2 o 3 peperoni piccoli
mezza foglia di alloro
un pizzico di comino macinato
un pizzico di origano,
sale e pepe
Per il soffritto
2 o3 fette di lardo
mezza cipolla
3 o 4 spicchi d’aglio
Preparazione
Cuocere i fagioli nella pentola a pressione con due bicchieri
d’acqua, un cucchiaio d’olio, l’alloro e i peperoni, quando la
pentola prende pressione (al fischio), abbassare il fuoco e lasciare
BAKED SUSSEGE POLL
Ingredienti per 8 persone:
1 Kg di farina
1 cucchiaio di sale
1 cucchiaio noce moscata
3 cucchiai di lievito
100 g di margarina
½ verza (cappuccio)
3 carote
½ cucchiaino di sale
Peperoncini
Olio
Carne
2 Cipolle grandi
Pepe bianco e nero
Cienfuegos (Cuba)
49
PRIMI PIATTI
Preparazione
Tagliare una cipolla, le carote e la verza mettere a cucinare per 10
minuti le verdure assieme a acqua e un po’ di sale.
Mettere un po’ di olio sul fuoco assieme alla carne e all’altra cipolla
tagliata a piccoli pezzi. Aggiungere pepe nero e pepe bianco e un
po’ di peperoncino e cuocere il tutto.
Impastare farina, sale, noce moscata, lievito e margarina. Formare
una sfoglia, porvi sopra a mucchietti regolari il composto già
preparato per la farcitura, ricavarne dei ravioli. Cuocere i ravioli
sulla placca del forno già caldo a 180°C.
Sarrah Kondau Addison
Tema (Ghana)
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PRIMI PIATTI
tagliere e usare un cucchiaino per tagliare velocemente dall’impa­
sto gli halusky e buttarli nell’acqua bollente.
Quando gli halusky galleggiano sull’acqua, lasciarli ancora per 3-5
minuti e poi prenderli con un passino. Miscelare il bryndza con la
panna acida. Tagliare la pancetta a pezzetti e friggerla. Miscelare gli
halusky con la salsa del bryndza e con il grasso dalla pancetta fritta.
Su ogni piatto cospargere i pezzetti di pancetta fritta. Raccomando
di servire gli halusky con un bicchiere di latte acido o di latte
fresco. Gli halusky sono squisiti anche con la frittata, con il
formaggio cremoso, con la ricotta slovacca (è più densa di quella
italiana), con i crauti (cucinati prima), con il cavolo cappuccio
(cucinato prima). Oltre alla pancetta si può usare il burro.
* Il bryndza è un prodotto di latte e si può comprare negli
alimentari slovacchi. Si può ottenere dal formaggio di latte di
mucca o dal formaggio di latte di pecora. Quando il formaggio è
invecchiato 3-4 giorni si macina e unisce con il sale.
Nadezda Haque
Brezno (Slovacchia)
BRYNDZOVE HALUSKY
Ingredienti per 4 persone
4-5 patate
9-10 cucchiai di farina di grano tenero
1 uovo
sale
pancetta o burro
150 g di bryndza*
150 g di panna acida
Preparazione
Sbucciare le patate e grattugiarle o frullarle. Aggiungere l’uovo, la
farina e il sale e mescolare bene. Fare un impasto che non sia
troppo denso, ma neanche molle. Si può utilizzare più o meno
farina o aggiungere un po’ d’acqua se è troppo denso. Bollire
l’acqua con 2 cucchiai di sale. Versare 2-3 cucchiai dell’impasto sul
CREMA DI ZUCCA CON AMARETTI
Ingredienti per 4 persone
0,65 l di brodo vegetale
500 g di zucca gialla
25 g di burro
4 scalogni (o in alternativa 2 cipolle)
10 amaretti sbriciolati
Un pizzico di zucchero
Un pizzico di sale
Un pizzico di pepe bianco
51
PRIMI PIATTI
Preparazione
Preparare il brodo vegetale. Sciogliere il burro in una pentola e fare
appassire gli scalogni triturati per 5 minuti. Aggiungere la zucca
tagliata a dadini e lasciare cuocere per altri 5 minuti.
Versare il brodo nella pentola con la zucca e una volta che bolle
lasciare sobbollire per altri 20 minuti a fuoco lento.
Togliere dal fuoco e fare frullare per ottenere una crema
omogenea. Aggiungere zucchero, sale e pepe. Versare in un piatto
e cospargere con 10 amaretti sbriciolati.
Barbara Martini e Francesca Cortiana
Vicenza (Veneto)
PANZANELLA ALLA PISANA
La panzanella è un piatto povero della campagna toscana e
generalmente viene servito in estate come antipasto o piatto unico.
Si può trovare anche in primavera o autunno.
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½ sedano
3 o 4 uova
50 g di olive denocciolate in salamoia
10 peperoncini sott'aceto (non quelli piccanti)
5 cucchiai di olio extra-vergine di oliva
sale e pepe
Preparazione
Raccogliete in una terrina o in un'insalatiera il pane ammollato in
acqua e strizzato. Bagnare con aceto. Aggiungere i filetti di
acciughe e il tonno spezzettato. Tritare non troppo finemente e
aggiungere la cipolla, il sedano, i peperoncini sott'aceto e il porro.
Affettare e aggiungere i cetrioli e i pomodori. Aggiungere le olive.
Infine aggiungere le uova sode, tagliate a fettine, e le foglie di
basilico. A questo punto mescolare con un cucchiaio e condire con
olio, sale e pepe. Lasciare riposare il tutto per un periodo di duetre ore in modo che gli aromi e gli ingredienti si amalghino. Se è in
estate porre in frigo con una pellicola di copertura.
In estate generalmente si accompagna con vino bianco fresco, in
primavera ed autunno con vino rosso a temperatura ambiente.
Alessandro Antonelli
Ingredienti per 4 persone
300 g di pane toscano raffermo (di almeno 3 giorni) (in alternativa
6 fette di pane toscano raffermo)
* Per il piatto unico si può arrivare a 500g di pane
4 cucchiai o 1/3 di bicchiere di aceto di vino rosso (o bianco)
1 cipolla di Tropea o 2 cipollotti
8 filetti di acciughe sott'olio
200 g di tonno sott'olio
una manciata di foglie di basilico fresco
2 cetrioli
3 pomodori non troppo maturi
1 porro
PRIMI PIATTI
Cascina (Toscana)
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PRIMI PIATTI
PASTA COI BROCCOLI IN TEGAME
Ingredienti per 8 persone
800 g di bucatini
un cavolfiore di circa 1 kg
1 cipolla grossa
10 cucchiai di olio extravergine d'oliva
4 o 5 acciughe sott'olio
100 g di pecorino grattugiato
1 pugno di pinoli
1 pugno di uvetta (meglio sultanina piccola e nera)
1 bustina di zafferano
1 cucchiaio di pangrattato
Preparazione
Ricordiamo che in Sicilia chiamano broccolo il cavolfiore.
Lessare il cavolfiore intero in acqua salata, scolarlo tenendo da
parte l'acqua di cottura (servirà per la pasta), schiacciarlo con una
forchetta in una terrina. In una padella soffriggere olio e cipolla,
aggiungere l’acciuga. Quando la cipolla sarà dorata aggiungere il
cavolfiore e mezzo mestolo di brodo di cavolfiore, aggiustare di
sale (ce ne vorrà pochissimo) e pepe e far cuocere per meno di
dieci minuti. Mettere i pinoli, l’uva sultanina e lo zafferano.
Cuocere i bucatini nell’acqua bollente del cavolfiore, scolarli
ancora al dente, mescolarli con il condimento amalgamandolo ben
bene, disporli in una teglia, spolverizzare di pecorino grattugiato,
pangrattato e qualche fiocchetto di burro e infornare per cinque
minuti prima di servire.
Vino
Un vino bianco maturo, armonico, poco acido, poco alcolico, di
media struttura, di sapore piuttosto neutro e poco persistente.
Giusy Carollo
Palermo (Sicilia)
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PRIMI PIATTI
PASTA CON IL NERO DI SEPPIA
Ingredienti per 4 persone
400 g di spaghetti
½ Kg di seppie
400 g di pomodori pelati
1 cipolla
1 spicchio d’aglio
½ bicchiere di vino bianco
Prezzemolo tritato
Preparazione
Pulire le seppie avendo cura di togliere il sacchetto del nero intatto
e metterlo da parte. Tagliare la seppia in piccoli pezzi, fare rosolare
la cipolla con uno spicchio d’aglio e tre cucchiai di olio, far
sfumare con il vino bianco. Aggiungere la seppia tagliata a dadini,
pomodori pelati, sale e pepe. Far cuocere a fuoco basso per circa
15 minuti. Sciogliere il nero di seppia in mezzo bicchier d’acqua
fredda, aggiungerlo e far cuocere altri 5 minuti; alla fine aggiungere
prezzemolo tritato. In una pentola con abbondante acqua salata
far cuocere la pasta e aggiungere il condimento.
Antonina Dell’Orzo
Palermo (Sicilia)
PASTA CON PESCESPADA E MELANZANE
Ingredienti per 4 persone
350 g di pasta tipo sedani
200 g di pescespada in due fette
2 piccole melanzane
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PRIMI PIATTI
400 g di pomodori a pezzetti
300 g di olio di semi
3 cucchiai olio d’oliva
Un mazzetto di menta
Due spicchi d’aglio
2 cucchiai di farina
1 piccola cipolla
1 bicchiere di vino
Preparazione
Preparare un soffritto con olio e cipolla, aggiungere il pescespada a
dadini, e lievemente infarinato; appena è dorato unire il vino e
cuocere fino ad evaporazione. Spegnere il fuoco e conservare il
sugo. Tagliare la melanzana a dadini, metterla in acqua e sale per
circa 10 minuti, quindi scolarla, asciugarla e friggerla nell’olio di
semi. A parte cuocere in olio d’oliva il pomodoro tagliato a
pezzetti, salare, pepare, tagliuzzare la menta e aggiungerla; far
cuocere la salsa per circa 10 minuti a fuoco basso. Aggiungere le
melanzane fritte ed il pescespada con il sugo precedentemente
preparato. Cuocere la pasta e unire il condimento.
Giovanni Scozzari
Palermo (Sicilia)
PELMENI (Ravioli)
Ingredienti per 6 persone
¼ Kg carne di maiale
¼ Kg carne di bovino
½ cucchiaino di sale
1 cipolla tritata fresca
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PRIMI PIATTI
Preparazione
Impastare farina, sale e acqua in modo da ottenere un preparato
non troppo consistente. Dopo averlo tirato e steso dividere
l'impasto in tante parti utilizzando uno stampino circolare di 5-10
cm di diametro. Mescolare la carne con della cipolla tritata e
inserirla dentro le sfoglie così preparate. La carne va aggiunta
all'impasto o in alternativa si può utilizzare pesce, ricotta, verdura
o altro. Aggiungere i pelmeni a cuocere per circa 7 minuti in acqua
assieme ad una foglia di alloro. Quando sono pronti aggiungere
panna acida (yogurt naturale) o burro o maionese o anche del
brodo di pelmeni.
Irina Yunalainen
Mosca (Russia)
RAVIOLI DI PATATE E ZUCCHINE
Ingredienti per 4 persone
500 g di ravioli
80 g di formaggio caprino
1 cucchiaio di formaggio grana padano grattugiato
2 zucchine
10 foglie di basilico
0,5 dl di brodo vegetale
1 scalogno
Olio
sale
Preparazione
Sbucciare e rosolare lo scalogno nell’olio. Aggiungere le zucchine
tagliate a fettine sottili con il brodo vegetale e cuocere il tutto per
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PRIMI PIATTI
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PRIMI PIATTI
circa 10 minuti. Una volta raffreddato frullare le zucchine con le
foglie di basilico.
Sbriciolare il caprino in una terrina e aggiungere i ravioli cotti in
acqua salata. A questo punto aggiungere le zucchine alla pasta.
aggiungere il riso e lasciarlo cuocere mescolando spesso. Cinque
minuti prima di togliere il riso dal fuoco, assaggiare e aggiustare di
sale e pepe, unire il rimanente burro e tre cucchiaiate di
parmigiano grattugiato, mescolando bene.
Cristina Rossi
Diego Vignaga
Valdagno (Veneto)
RISI E BISI
Ingredienti per 6 persone
1 kg di piselli freschi
200 g di riso vialone nano
60 g di burro
50 g di pancetta
40 g di prezzemolo
olio extravergine d'oliva
1,2 l di brodo
parmigiano grattugiato
un cipollotto
sale
pepe
Preparazione
Sgranare i piselli e lavarli bene. Mondare, lavare e tritare il
prezzemolo. Porre a scaldare il brodo. Preparare il soffritto:
mettere in una casseruola la pancetta tritata, metà del burro, due
cucchiai di olio, il prezzemolo tritato e il cipollotto affettato. Fare
soffriggere per qualche minuto, poi unire i piselli e lasciarli stufare,
bagnandoli con qualche cucchiaiata di brodo. Versare nel
recipiente il brodo bollente e, quando riprenderà bollore,
Arzignano (Veneto)
RISOTTO CON I FUNGHI
Ingredienti per 4 persone
20 g di funghi porcini essiccati
1 litro di brodo vegetale
60 g di burro oppure 2 cucchiai di olio extra vergine di oliva
1 piccola cipolla finemente tritata
1 spicchio di aglio schiacciato
100 gr di funghi champignon finemente affettati
250 gr di riso arboreo
mezza tazza di grana
2 cucchiai di prezzemolo
Preparazione
Mettere i funghi porcini in ammollo in un recipiente resistente al
calore e coprirli di acqua bollente, lasciarli in ammollo per 30
minuti quindi scolarli, conservando mezza tazza del loro liquido.
Strizzare con le mani i funghi e sminuzzarli finemente.
Versare il brodo e il liquido di ammollo dei funghi in una pentola,
portare ad ebollizione. in una casseruola dal fondo pesante,
scaldare il burro e l'olio, rosolarvi la cipolla e l'aglio coi funghi
freschi e porcini per circa 5 minuti, finché la cipolla non si
ammorbidisce; aggiungere il riso e cuocerlo sempre mescolando
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PRIMI PIATTI
per 1-2 minuti finché non sarà ben tostato.
Versare mezza tazza di brodo bollente sul riso e mescolare
costantemente con un cucchiaio di legno finché tutto il liquido
non sarà assorbito quindi aggiungere altro brodo. Proseguire così
finché il brodo non sarà esaurito e il riso risulterà cremoso (unite
l'ultima mezza tazza di brodo al termine della cottura solo se
necessario): occorreranno circa 15-20 minuti. Incorporare il grana
e il prezzemolo finemente tritato e servire guarnendo con altro
grana grattugiato al momento.
Nota: se si è in stagione e se si può sostituire i funghi essicati con
porcini freschi, avendo cura di pulirli molto bene e di affettarli
finemente prima di aggiungerli al soffritto.
Donata Albiero
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PRIMI PIATTI
Sminuzzare finemente la cipolla e lavare bene il radicchio.
Mondarlo conservando la parte rossa delle foglie e scartando la
costa bianca. Tagliarlo quindi a striscioline sottili. Scaldare il burro
a fuoco medio in una casseruola antiaderente e farvi appassire la
cipolla senza farla scurire. Versate il riso e lasciarlo diventare
traslucido, quindi unire le foglioline e bagnare con il vino. Unire il
brodo a poco a poco e portare il risotto a cottura, salando a metà.
Quando è al dente, spegnere la fiamma, correggere eventualmente
di sale e unire il formaggio. Lasciare riposare per un paio di minuti,
rimestare e servire ben caldo con pepe nero macinato al momento.
Donata Albiero
Arzignano (Veneto)
Arzignano (Veneto)
RISOTTO AL RHUM E SALSICCIA
RISOTTO CON RADICCHIO TREVIGIANO
Ingredienti per 4 persone
250 g di riso adatto per risotti
1 dl di vino rosso
2 cucchiai colmi di grana
10 g di burro ( io uso solo olio)
1 cipolla media
2 cespi di radicchio trevigiano
4 dl di brodo vegetale o di carne sgrassato (io preferisco quello
vegetale)
Sale
Pepe
Preparazione
Ingredienti per 4 persone
350 g di riso
½ bicchiere di rhum
150 g di salsiccia
1 cipolla
1 carota
1 gambo di sedano
brodo
Preparazione
In una casseruola rosolare un po’ di lardo, cipolla, sedano e carota
assieme con la salsiccia sbriciolata. Non appena il soffritto inizia a
prendere colore, bagnare con il rhum e lasciare evaporare, quindi
versare il riso e mescolandolo fare tostare un po’ nel condimento.
Salare e portare poi a cottura unendo il brodo ben caldo poco per
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PRIMI PIATTI
volta, continuando a mescolare. Non appena il riso è al dente ma
ancora morbido di brodo, spegnere e, mescolando, condire con
qualche fiocchetto di burro e il formaggio grattugiato. Lasciare
riposare a pentola coperta per qualche attimo prima di servire.
Loredana Tecchio
Montecchio Maggiore (Veneto)
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PRIMI PIATTI
e pepe, Worchester, tabasco senape e una spolveratina di farina e
girare bene. A questo punto aggiungere del vino bianco secco e del
conr bornibon e un po’ d’acqua. Quando il tutto è ben
amalgamato aggiungere pomodoro, una noce di burro del
prezzemolo e lasciare a cucinare per 10-15 minuti. Cucinate 400g
di spaghetti e aggiungete l’astice così ottenuto. Eventualmente fare
prendere fuoco con il cognac.
Loredana Tecchio
Montecchio Maggiore (Veneto)
SPAGHETTI ALL’ASTICE
Ingredienti per 6 persone
400 g di spaghetti
Pomodoro
Una noce di burro
Peperoncino
Aglio
Olio d’oliva
Rosmarino
Sedano
Carota
cipolla
sale e pepe
Worcester
Tabasco
Senape
Farina
½ bicchiere di vino bianco
Preparazione
Preparare un soffritto con olio e aglio peperoncino e rosmarino,
sedano carota e cipolla. Aggiungere dopo averlo lavato l’astice, sale
SPAGHETTI CON COZZE E PEPERONI
Ingredienti per 4 persone
400 g di spaghetti
500 g di cozze
1 peperone rosso
1 peperone giallo
6 pomodorini ciliegia
1 cipolla
2 spicchi d’aglio
4 cucchiai di olio d’oliva
1 manciata di prezzemolo tritato
1 peperoncino piccante
sale
Preparazione
Tenere a bagno le cozze in acqua fredda e sale per circa 30 minuti,
spazzolarle ed eliminare le barbe e sciacquarle accuratamente.
Mettere le cozze in un tegame coperto e far aprire i molluschi, poi
sgusciarli e tenerli al caldo. Filtrare il liquido.
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PRIMI PIATTI
Lavare i peperoni, metterli sulla griglia del forno e cuocerli per
circa 20 minuti, quindi spellarli ed eliminare i semi e le coste
interne bianche. Al termine tagliarli a striscioline da dividere poi a
metà. Tagliare grossolanamente i pomodori. Far appassire la
cipolla affettata nell’olio d’oliva, unire le cozze, i peperoni e dopo
5 minuti anche i pomodori.
Regolare di sale, aggiungere il peperoncino tritato e il prezzemolo
e far cuocere per 10 minuti. Cuocere al dente gli spaghetti e
condirli con il sugo preparato.
Elena Acampora
Agerola (Campania)
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Sgusciarle, tenendone a parte una dozzina, filtrare il sugo di
cottura e tenerlo da parte, sciacquare i capperi, scolare e
tagliuzzare i filetti d’acciuga.
Far rosolare l’aglio nell’olio d’oliva con capperi e acciughe,
schiacciando queste ultime con una forchetta per scioglierle.
Aggiungere le vongole sgusciate, poi il vino e far cuocere per 5
minuti; aggiungere 3 cucchiai del sugo di cottura delle vongole,
salare e far restringere per altri 5 minuti e aggiungere il resto del
prezzemolo e peperoncino tritato.
Cuocere gli spaghetti al dente, versarli nella padella del sugo e farli
saltare per 2 minuti. Servirli in tavola in una zuppiera di servizio
guarniti con le vongole non sgusciate.
Elena Acampora
SPAGHETTI ALLE VONGOLE VERACI
Ingredienti per 4 persone
400 g di spaghetti
1 kg di vongole veraci
3 spicchi d’aglio
3 cucchiai di olio d’oliva
½ bicchiere di vino bianco
1 peperoncino piccante
2 ciuffi abbondanti di prezzemolo tritato
2 filetti di acciuga sott’olio
2 cucchiai di capperi sottosale
Sale
Preparazione
Lavare le vongole e lasciarle in acqua con un pizzico di sale per 1-2
ore perché perdano la sabbia interna. Metterle in tegame coperto a
fuoco vivace con un po’ di prezzemolo, e farle aprire a vapore.
PRIMI PIATTI
Agerola (Campania)
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SECONDI A BASE DI CARNE
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SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE
carne arrostita cipolla, pomodoro, zafferano, aglio e prezzemolo
per 15 minuti circa su fuoco lento, aggiungendo un po’ d’acqua.
In una piccola pentola mettere ½ l di acqua, prugne e
successivamente, dopo 10 minuti, zucchero, e un cucchiaio di
cannella; far cuocere fino a che l’amalgama si restringe.
Mettere la carne a fette sul piatto, aggiungere il succo di cottura e
alla fine le prugne a guarnizione.
Add Sana
Beni-Mellal (Marocco)
CARNE ROSSA ALLE PRUGNE
Ingredienti per 8 persone
1 Kg di carne rossa (brasato)
300 g di prugne secche
2 cucchiai di zucchero
1 cucchiaio di cannella
1 cipolla
1 pomodoro
Prezzemolo
Aglio
Zafferano
Olio
Sale e pepe
Gorgonzola marocchino (burro messo a macerare nel sale per 3-4
mesi)
Zenzero
Preparazione
In una pentola mettere l’olio a scaldare. Aggiungere un pezzo di
carne intero di circa 1 kg di peso e far cuocere. Aggiungere alla
CHOLODEZ
Ingredienti per 8 persone
1 Kg di carne di maiale (testa, coda, zampe)
aglio
alloro
pepe nero
Preparazione
Mettere tutti i pezzi di maiale ben puliti e lavati in una pentola
grande, riempire il tutto con acqua. Cuocere per 10-12 ore fino a
che tutto risulta ammorbidito. Togliere le ossa e tutto quello che
non piace. Mettere la carne che rimane in 1 o 2 pirofile (a seconda
della quantità) e versare poi il brodo di cottura. Cospargere con
foglie di alloro un po’ d’aglio tagliato a spicchi e un po’ di pepe
nero non macinato. Lasciare raffreddare e mettere in frigorifero.
Irina Yunalainen
Mosca (Russia)
SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE
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CONIGLIO FRITTO ALLA TOSCANA
Ingredienti per 4/6 persone
Un coniglio di 1000/1200 g
Olio vergine di oliva o di girasoli o di arachidi q.b. (di solito da ½
a 1litro circa)
2/3 uova (o anche più)
farina bianca q.b (in genere 5 cucchiai o più)
5/6 carciofi
4 patate
8 zucchine
1 cavolfiore
sale
(in estate il cavolfiore può essere sostituito da 2 o 3 melanzane e
da 4 pomodori non troppo maturi)
Preparazione
Tagliare il coniglio in pezzi piccoli, togliendo più ossa e grasso
possibili.
Passarlo e lavarlo sotto acqua corrente. Se il coniglio è di peso
superiore tenerlo per circa tre ore in acqua e mezzo bicchiere di
aceto con alcuni aromi (rosmarino, una o due bacche di ginepro,
una foglia di salvia o di alloro, sale e pepe), poi lavare
abbondantemente sotto acqua corrente.
Sbattere le uova e mescolare con farina bianca o pangrattato.
Nel frattempo procurarsi una grossa teglia e mettere l'olio. Avviare
la cottura a fiamma bassa fino a che l'olio non sia bollente.
Passare i pezzi del coniglio nella farina, dopo nelle uova e
nuovamente nella farina indi porre nella teglia per la frittura.
Friggere per circa 15-20 minuti sempre a fiamma bassa, fino a che
l'esterno non sia dorato.
Ripetere la stessa operazione per le verdure tagliate a pezzi non
troppo grossi. Le patate andranno tagliate a rondelle fini. I tempi
di frittura delle verdure variano rispetto a quelle del coniglio.
Dopo la frittura del coniglio e prima di friggere le verdure sarebbe
68
SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE
opportuno cambiare l'olio.
Porre i pezzi del coniglio e delle verdure fritte in una terrina
ricoperta con carta da cucina o carta paglierina (gialla) che assorba
l'olio. Salare q.b.
La frittura va addobbata con spicchi di limone per spruzzarne
alcune gocce.
Monica Conforti
Cascina (Toscana)
EMPANADAS DE CARNE (Impanata di carne)
Ingredienti per 6 persone
Per la pasta:
200 g di farina
70 g di strutto
1 tuorlo
Per il ripieno:
1 cipolla
150 g di polpa tritata di manzo
1 cucchiaio di strutto
1 peperoncino rosso
Sale e pepe
origano
brodo
1 cucchiaio di uva sultanina
1 cucchiaio di olive nere
1 uovo sodo
350 g olio di semi
SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE
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Preparazione
Preparare la pasta e mettetela a riposo. Nel frattempo preparare il
ripieno: rosolare la cipolla tritata nello strutto poi cuocervi la
carne. Unirvi, quindi, tutti gli altri ingredienti, spezzettati
minutamente. Rimestare il tutto per bene.
Spianare la pasta non molto sottile. Ritagliarvi dei dischi di 10cm
di diametro e collocare su ciascun disco uno o due cucchiaini di
ripieno. Ripiegare la pasta; incollare per bene gli orli e friggere le
"empanadas", due (o più) alla volta, in abbondante olio bollente (o
cuocerle in forno). Servirle calde, una o due per persona.
Silvia Garrido Nair
70
SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE
Preparazione
Mettere a bagno in acqua fredda i fagioli per circa 4 ore.
Mettere a marinare, dopo averla tagliata a pezzi, tutta la carne di
maiale con cipolla, aglio, cumino, quento, un po’ di sale e olio per
circa un ora. Cuocere quindi la carne assieme alla verdura per circa
30 minuti, aggiungere quindi i fagioli senza l’acqua e lasciar
cuocere per un'altra ora.
Cucinare il riso in acqua e sale.
Tritare e rosolare due cipolle con la pancetta e burro
aggiungendovi piano piano la farina e cucinare la farina di manioca
in una pentola.
Montevideo (Uruguay)
Come servire la fagiolata:
Versare la fagiolata (fagioli e carne) in un piatto. Aggiungervi sopra
un po’ di farina di manioca. Aggiungervi sopra un po’ di riso. In
un piatto servire la verdura.
Andrea Ferriera da Silva
Recife (Brasile)
FAGIOLATA
Ingredienti per 4 persone
Costina di maiale
Zampone di maiale
Salsiccia di maiale
500 gr. di fagioli neri
Quento (o prezzemolo)
Cumino (o pepe)
3 Cipolite (o cipolla)
Aglio
Riso
Olio di soia o mais
Spinaci o altra verdura cotta
150 g di farina di manioca
3 pezzi di pancetta affumicata
burro
FUFU E ZUPPA
Ingredienti per 6 persone
ingredienti zuppa:
1 Kg di carne di bovino
1 pizzico di peperoncino
sale
2 cipolle
500 g di salsa di pomodoro
500 g di burro di arachidi
pepe nero e/o bianco
SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE
71
Aglio
Zenzero
Noce moscata
72
SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE
Cipolla (tritata)
Brodo liofilizzato
Basilico
peperoncino
ingredienti fufu:
1 tazza fecola
2 tazze farina di patate
Preparazione zuppa
Dopo aver pulito la carne metterla in una pentola. Aggiungere
cipolla, aglio, zenzero. Mescolare pepe bianco e nero. Cuocere per
5-10 minuti e aggiungere succo di pomodoro. Mettere il burro di
arachidi nell'acqua e mescolare insieme. Mettere la soluzione nella
pentola a bollire per circa 30 minuti o più.
Preparazione Fufu
mettere dentro una pentola dell'acqua tiepida. Mescolare assieme
della fecola e della farina di patata e aggiungerle in acqua. Cuocere
per 15 minuti circa.
Sarrah Kondau Addison
FUFU CON LIGHT ZUPPA
Ingredienti per 3 persone
1 tazza di fecola di patate
2 tazze di purea di patate
Mezza scatola di salsa di pomodoro
Sale
Fetta di carne (bovino, trippa, maiale, pollo)
Tema (Ghana)
Preparazione
Condire la carne con spezie quali il peperoncino, la cipolla, il sale,
il brodo liofilizzato e il basilico e portare ad ebollizione e poi
aggiungere la salsa di pomodoro e lasciare a bollire con la carne. Si
aggiunge a questo punto mezzo litro di acqua e si lascia bollire per
circa 30 minuti. Si può lasciare la carne nella zuppa per renderla
più morbida oppure togliendola dalla zuppa si rende più compatta.
Si mette la zuppa sul fuoco e si incomincia a preparare il fufu: si
mescola la fecola con la purea di patate fino ad ottenere una sorta
di patè. Quando la zuppa è pronta, si prende un piatto e si mette il
fufu aggiungendo un po’ di zuppa a guarnire.
Il fufu si mangia con le mani.
Il fufu con light zuppa è il piatto delle grandi occasioni in Ghana.
Gyasi Wendy
Accra (Ghana)
GOLUBZI (Foglie di verza ripiene)
Ingredienti per 6 persone
1 litro di sugo di pomodoro
500 g carne macinata (bovino o maiale)
1 cipolla
1 bicchiere di riso
Alloro
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SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE
Pepe nero
1 verza
Preparazione
Cucinare il riso. Fare un soffritto con la cipolla e aggiungere la
carne con sale e pepe. Una volta cotti, mescolare riso e carne.
Mettere delle foglie di verza a bollire in acqua salata. Una volta
ammorbidite, togliere le foglie dall’acqua e farle asciugare.
Mettere in ogni foglia di verza carne e riso e fare dei fagottini.
Mettere a cuocere il sugo di pomodoro e far asciugare la salsa con
i fagottini di verze per circa 30 minuti.
74
SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE
Tritare grossolanamente la carne e insaporirla nell'olio, mescolarvi
la cipolla tritata e il peperone a quadratini e rosolare il tutto per un
paio di minuti. Unire all'intingolo una foglia d'alloro, un
cucchiaino di semi di cumino e il peperoncino pestato.
Aggiungervi il riso e rimestare finché diventa trasparente; alla fine
unire la polpa spezzettata dei pomodori, tre bicchieri d'acqua e
sale. Lasciar cuocere il composto per 1/4 d'ora, ben coperto,
rimestandolo di tanto in tanto; alla fine unire i piselli cotti,
rimestare e spegnere il fuoco, coprire e far riposare per 5 minuti.
Servire caldo, con formaggio grattugiato.
Silvia Garrido Nair
Irina Yunalainen
Montevideo (Uruguay)
Mosca (Russia)
GULASH SLOVACCO
GUISO DE CARNE (Intingolo di carne)
Ingredienti per 6 persone
400 g di polpa di manzo
½ bicchiere d'olio
1 cipolla
1 peperone verde
300 g di pomodori maturi
Cumino
alloro e peperoncino
150 g di piselli secchi lessati
150 g di riso
Sale
formaggio grattugiato
Preparazione
Il più saporito gulasch è fatto nel paiolo sul fuoco all’aperto vicino
al bosco.
Ingredienti per 6 persone
400g di manzo
Olio
80g di cipolla
1 lattina di polpa di pomodoro
600g di patate
un peperone piccante
2 peperoncini
2 spicchi di aglio
maggiorana
semi di cumino
sale, pepe nero
SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE
75
2 cucchiaini di paprika dolce
acqua
SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE
Un peperone
250 g di melanzane
100 g di salsa di pomodoro
Preparazione
Tagliare la carne a quadratini (3 cm). Tritare la cipolla. Schiacciare
l’aglio. Rosolare la cipolla nell’olio, aggiungere la carne e dorarla.
Poi aggiungere i semi di cumino, il sale, l’aglio, i peperoncini, il
pepe nero, la paprika dolce.
Cucinare fino a che la carne rilascia il proprio sugo, poi aggiungere
la polpa di pomodoro e il peperone piccante tagliato a pezzetti.
Cuocere la carne fino a che il sugo svapora. Incorporare l’acqua e
bollire leggermente fino a che la carne si ammorbidisce. Per ultime
aggiungere le patate e lasciar bollire a fuoco basso fino a che le
patate e la carne si ammorbidiscono per bene. 5 minuti prima di
terminare la cottura aggiungere la maggiorana.
Servire con il pane.
Nadezda Haque
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Preparazione
Bollire la carne tagliata a pezzi senza cucinarla del tutto. In un’altra
pentola soffriggere la cipolla con l’olio e poi aggiungere, dopo
averli tagliati, peperone, melanzane, patate, spicchi d’aglio e salsa
di pomodoro. Mescolare il tutto per 5 minuti su fuoco lento.
Mettere dell’acqua calda nella pentola a coprire la carne. Prendere
un'altra pentola e mettere poco olio e un cucchiaino di farina a
cucinare a fuoco lento per 2 minuti. Mettere la carne a cucinare in
questa pentola per circa 2 minuti. Una volta infarinata la carne
cucinare la verdura e la carne per altri 35 minuti a fuoco medio.
Lizana Lazri
Scutari (Albania)
Brezno (Slovacchia)
MURGH MASALLAM
MISH JANI
Ingredienti per 6 persone
500 g di carne di maiale o bovino
100 g di olio
500 g di patate
80 g di cipolle
Sale
2 spicchi d’aglio
Un cucchiaino di farina
Acqua
Ingredienti per 8 persone:
1 pollo del peso di 1,5 kg tagliato a pezzi
chili in polvere
5 grossi pomodori pelati e tagliati a pezzetti
2 cipolle tritate
1 pizzico di zenzero
2 cardamoni interi
1 testa d'aglio tritata
1 cucchiaino di curcuma in polvere
1 cucchiaino di semi di cumino
4 chiodi di garofano
77
SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE
1 pezzetto di cannella
1 cucchiaino di melassa
Sale
burro
Preparazione
Strofinare i pezzi di pollo con il chili. Riunire in una pesante casse­
ruola il pollo, i pomodori, le cipolle, l'aglio, le spezie, la melassa,
sale a piacere; bagnare con acqua quanta ne basta per coprire a
filo, aggiungere un buon pezzo di burro; coprire con un coperchio
di buona tenuta e cuocere su fiamma dolce finché il pollo è tenero.
Togliere il coperchio, aumentare leggermente la fiamma e tenere
qualche altro minuto per addensare il sugo. Servire caldo.
Aloysius Manuel Joy
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SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE
Preparazione
Sminuzzare il petto di pollo, unirvi la ricotta, l’uovo, il parmigiano
grattugiato, un po’ di pangrattato, il prezzemolo tritato, un po’ di
noce moscata e sale. Formare un polpettone, fasciarlo con il
prosciutto crudo, legarlo con spago da cucina. Far fondere il burro
dolcemente in una casseruola, unirvi il polpettone e farlo rosolare.
Bagnare con il latte e cuocere a fuoco basso con il coperchio per
40 minuti circa.
Cristina Gandolfi
Arzignano (Veneto)
Dakha (Bangladesh)
PUCHERO CRIOLLO (Bollito creolo)
POLPETTONE DELICATO
Ingredienti per 6 persone
150 g di prosciutto crudo in fette intere
200 g di ricotta
300 g di petto di pollo crudo
1 uovo
50 g di parmigiano grattugiato
pangrattato q.b.
un mazzetto di prezzemolo
40 g di burro
1 dl di latte
noce moscata
sale
Ingredienti per 6 persone
600 g di polpa di manzo
2 patate
2 carote
200 g di zucca (sbucciata)
200 g di ceci lessati
2 pannocchie di mais tenero
200 g di fagiolini
100 g di strutto (o lardo)
60 g di riso
4 salsicce
1 grossa cipolla
sale e pepe
Preparazione
Lessare il pezzo di carne per due ore, schiumando continuamente.
Aggiungete ora le carote, i grani di mais (o, come è d'uso, le stesse
79
SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE
pannocchie a dischi), i ceci lessati, i fagiolini, le patate e le altre
verdure tutte a cubetti, e continuate la cottura ancora per 1/2 ora,
quindi aggiungete il riso. Frattanto, a parte, rosolate nello strutto le
salsicce punzecchiate con una forchetta, e il peperoncino
polverizzato.
A cottura ultimata, sistemate la carne al centro d'un piatto da
portata e contornatela con le verdure e le salsicce. Cospargetela di
pepe e irroratela con il fondo di cottura.
Silvia Garrido Nair
80
SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE
Una volta mescolato il tutto si aggiunge al preparato di carote e
cipolle. Avvolgere due cucchiai del preparato nelle foglie di crauti
e far bollire per circa 2 ore in una pentola profonda.
Dragana Savic
Belgrado (Jugoslavia)
Montevideo (Uruguay)
SPEZZATINO DI MUSSO
SARMA
Ingredienti per 6 persone
2 cipolle
2 carote
500 gr di carne macinata
100 gr di riso
Sale
Olio
Preparato vegetale (Brodo)
1 Uovo
Crauti
aceto
Preparazione
Lasciare a macerare le foglie di verza in sale e aceto per 1
settimana circa. Cucinare in olio due cipolle e 2 carote tagliate a
pezzetti. Cucinare a parte la carne macinata a cui vanno aggiunti a
cottura avanzata sale, preparato vegetale, 100 g di riso e un uovo.
Ingredienti per 8 persone
3 kg di spezzatino di asino (musso)
2 carote
1 kg di cipolle rosse
1 costa di sedano
1 spicchio d’aglio
paprika a piacere
1 bicchiere di passata di pomodoro
½ l di vino rosso
1hg di burro
Preparazione
Tagliare la carne a pezzettini e rosolarla nel burro con l’aglio e la
cipolla rossa. Aggiungere le verdure, tutte assieme e innaffiare la
pietanza con del vino rosso. Cuocere a fuoco lento facendo
evaporare il liquido presente nella pentola. Aggiungere la paprika e
cuocere ancora per circa un’ora. I tempi di cottura sono variabili.
Servire caldo accompagnato da polenta fumante.
Severino Mistrorigo
Chiampo (Veneto)
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SECONDI A BASE DI PESCE
BACCALÀ ALLA VICENTINA
Ingredienti per 4 persone
1 kg di stoccafisso secco
500 g di cipolle
1 litro d'olio d'oliva extra vergine
3-4 acciughe;
1/2 litro di latte fresco
poca farina bianca
50 g di formaggio grana grattugiato
un ciuffo di prezzemolo tritato
sale e pepe
Preparazione
Ammollare lo stoccafisso, già ben battuto, in acqua fredda ,
cambiandola ogni 4 ore, per 2-3 giorni . Levare parte della pelle.
Aprire il pesce per il lungo, togliere la lisca e tutte le spine.
Tagliarlo a pezzi quadrati, possibilmente uguali. Affettare
finemente le cipolle; rosolarle in un tegame con un bicchiere
d'olio, aggiungere le acciughe dissalate, diliscate e tagliate a
pezzetti; per ultimo , a fuoco spento, unire il prezzemolo tritato.
82
SECONDI PIATTI A BASE DI PESCE
Infarinare i vari pezzi di stoccafisso, irrorarli con il soffritto
preparato, poi disporli uno accanto all'altro, in un tegame di cotto
o di alluminio, oppure in una pirofila (sul cui fondo si sarà versata,
prima, qualche cucchiaiata di soffritto); ricoprire il pesce con il
resto del soffritto, aggiungendo anche il latte, il grana grattugiato il
sale, il pepe. Unire l'olio, fino a ricoprire tutti i pezzi, livellandoli.
Cuocere a fuoco molto dolce per circa 4 ore e mezzo, muovendo
ogni tanto il recipiente in senso rotatorio, senza mai mescolare. In
termine vicentino, questa fase di cottura si chiama "pipare".
Solamente l'esperienza saprà definire l'esatta cottura dello
stoccafisso che, da esemplare ad esemplare, può differire di
consistenza. Servire ben caldo con polenta in fetta: il baccalà alla
vicentina è ottimo anche dopo un riposo di 12-24 ore.
La "Venerabile Confraternita del baccalà alla vicentina" suggerisce
questa ricetta che è il frutto di studi e di comparazioni tra le
numerose ricette in auge nei ristoranti e nelle trattorie più famose
del Vicentino tra gli anni trenta e cinquanta senza demonizzare le
varianti attualmente in servizio.
Vino: Vespaiolo di Breganze o Soave
Antonio Prospero
Montecchio Maggiore (Veneto)
COUS COUS DI PESCE
Ingredienti per 6 persone
Una cipolla
100 gr. di olio d’oliva
4 peperoni verdi
3 pomodori
SECONDI PIATTI A BASE DI PESCE
83
3 spicchi d’aglio
mezzo cucchiaino di cumino
un cucchiaino e mezzo di peperoncino (piccante o no, a piacere)
un cucchiaino di pomodoro concentrato
400 gr. di pesce di mare di grandi dimensioni
300 gr. di pesce di mare di piccole dimensioni
600 gr. di cous cous fino
Preparazione
Rosolare la cipolla tritata con 100 gr. di olio d’oliva. Aggiungere i
peperoni verdi e i pomodori tritati, i 3 spicchi d’aglio, il cumino, il
peperoncino e il pomodoro concentrato. Mescolare tutti gli
ingredienti e cuocere a fuoco medio. Dopo 15 minuti tirar fuori i 4
peperoni verdi e metterli da parte. Aggiungere un litro d’acqua ed
alzare la fiamma. Quando comincia la schiuma aggiungere il pesce
grande e dopo 10 minuti il pesce piccolo. Nel frattempo mettere
una pentola d’acqua sul fuoco per cuocere il cous cous a vapore.
Dopo che il pesce si è cotto per 15 minuti aggiungere di nuovo i
peperoni. Quando è cotto unire la zuppa di pesce al cous cous e
mescolare.
Ines Abdelhedi
(Tunisia)
84
SECONDI PIATTI A BASE DI PESCE
1 cucchiaino di semi di cumino
2 cucchiai di pepe
8/10 spicchi d'aglio
2 grossi tamarindi
sale quanto basta
Per il condimento
1 cipolla, tritata finemente
10/12 peperoni verdi tagliati a pezzi
2 zenzeri tritati
1 ramoscello di foglie di curry
1 cucchiaio di olio di cocco.
Preparazione
Friggere i peperoncini rossi, i semi di coriandolo e i semi di
cumino. Poi macinare gli ingredienti fritti con la noce di cocco, il
pepe, l'aglio, il tamarindo e sale fino ad ottenere un impasto
grossolanamente lavorato. In una pentola non molto alta miscelare
le cipolle finemente triturate, i peperoni, lo zenzero, le foglie di
curry e disporvi sopra i pezzi di pesce e bollire. Dunque
aggiungere un cucchiaio di olio di noce di cocco e tenere a fuoco
basso finché sia quasi del tutto asciutto. Servire caldo con riso.
Aloysius Manuel Joy
Dhaka (Bangladesh)
CURRY DI SGOMBRO
Ingredienti per 8 persone:
1kg di sgombro
2 cucchiai di noce di cocco grattugiata
25/30 peperoncini
2 cucchiai di semi di coriandolo
PAGO/PRAI RIPIENO
Ingredienti per 8 persone
1 Prai / Pago / Paggio di circa 1 Kg di peso
100 g di vermicelli
SECONDI PIATTI A BASE DI PESCE
85
86
SECONDI PIATTI A BASE DI PESCE
1 dado di pesce
½ bicchiere di succo di limone
½ bicchiere di olio d’oliva
½ Kg di calamari
½ Kg di gamberetti
6 spicchi d’aglio
100 g di prezzemolo
1 cucchiaio di pepe
2 cucchiai di cumino
½ cucchiaio di zafferano
2 cucchiai di paprica dolce
Sale
cumino. Pulire il pesce togliendo le interiora. Mescolare tutti gli
ingredienti del sugo e mettere sul prai /pago e dopo aver decorato
il piatto metterlo in forno per 25 minuti a 200° C.
Ingredienti per il sugo
500 g di salsa di pomodoro
½ bicchiere di olio d’oliva
3 cucchiai di succo di limone
6 spicchi di aglio macinato
Prezzemolo
2 cucchiai di cumino
2 cucchiai di pepe
2 cucchiai di paprica
Sale
Ingredienti per 6 persone
1 Kg di pesce (gamberi e calamari)
Peperoni
Aglio
1 cipolla
Olio
Limone
Sale
Pepe
Prezzemolo
Foglietti di pasta (pasta sfoglia pacchetto di 12 fogli)
100 g pasta tipo vermicelli
Decorazione
Pomodori tagliati rotondi
Limoni tagliati rotondi
Foglie di prezzemolo
Un po’ di gamberetti, calamari e vermicelli.
Preparazione
Mettere i calamari a bollire nell’acqua con il dado di pesce per 3
minuti, aggiungere quindi i vermicelli gamberetti per altri due 2
minuti. Mettere tutto in una pentola e aggiungere succo di limone,
olio, l’aglio, il prezzemolo, paprica dolce, pepe, zafferano, sale,
Halima Marib
Khouribga (Marocco)
PASTILA AL PESCE
Preparazione
Fare bollire il pesce per 10 minuti e in un’altra pentola cuocere i
vermicelli per 5 minuti. Mescolare il pesce con i vermicelli e
aggiungere gli altri ingredienti. Mettere l’impasto così ottenuto
dentro i fogli di pasta a strati con burro. Far cuocere in forno per
40 minuti a 180°C.
Hatim Sif Oued
Casablanca (Marocco)
87
DOLCI
88
DOLCI
BARFFI DI VESSAN (Barffi Gram Flour)
Ingredienti per 10 persone
1 Kg di farina di ceci (Gram Flour)
1 Kg di burro
½ Kg di Zucchero
Mandorle a piacere
Ancardi (frutta secca) a piacere
ARROZ CON LECHE (Riso con latte)
Ingredienti per 8 persone
100g di riso
3 bicchieri di latte
3 cucchiai di zucchero
Sale
1 limone
cannella in polvere
Amrit Pal Kaur
Preparazione
Far sobbollire il riso nel latte per 8 minuti. Mettere in un pentolino
il riso con il latte e lasciare riposare il tutto finchè è ben
raffreddato. Trascorso questo tempo aggiungere lo zucchero, un
pizzico di sale, la scorza di limone grattugiata e proseguire la
cottura (aggiungendo dell'altro latte caldo se il riso apparisse
troppo asciutto).
Servire freddo, in coppe, spolverizzando la superficie con cannella
in polvere.
Silvia Garrido Nair
Preparazione
Far sciogliere il burro in una pentola e aggiungere la farina di ceci.
Quando l’impasto è diventato rosso aggiungere lo zucchero e gli
altri ingredienti a scelta. L’impasto viene messo in un piatto di
ferro precedentemente unto con olio di girasole. Una volta
indurito tagliare il Barffi a forma di quadratini e metterlo in una
ciotola.
È un piatto che si può mangiare con tutte le bevande.
È un dolce preparato per le feste invernali.
Montevideo (Uruguay)
Bhojrat (India)
CASTAGNACCIO DELLA GARFAGNANA
Dolce tipico della stagione autunnale ed invernale a base di farina
di castagne. E' caratteristico della Valle del Serchio (Garfagnana) e
dell'Appennino Tosco-Emiliano, ma è apprezzato in tutta la
Toscana con alcune varianti locali.
Ingredienti per 4 persone
500 g di farina di castagne (dell'anno in corso, non 'stanca' ovvero
89
DOLCI
dell'anno prima)
2 cucchiai di zucchero
4 cucchiai di olio extravergine di oliva
pinoli
5-6 noci
uvetta
rosmarino (di solito non più di 3-4 foglioline o aghi)
sale
Preparazione
In una zuppiera mescolare la farina allo zucchero e al sale. Unire
un po' alla volta l'olio e acqua tiepida quanto basta per ottenere un
impasto fluido. Aggiungere nell'impasto le foglioline di rosmarino
e mischiare di nuovo. Non deve avere grumi. Se compaiono può
essere indice di farina stanca (vecchia).
Versare il composto in una tortiera o in una teglia da pizza unta e
infarinata, cospargere la superficie con i pinoli e l'uvetta (non
troppa) fatta ammorbidire in acqua tiepida e asciugata. Fare a pezzi
fini le noci (quasi una trita) e aggiungerle. Infornare a forno caldo
fino a quando si formerà sul dolce una crosticina superficiale.
Può essere servito naturale o con panna montata o marmellate
(non eccedere).
Di solito è accompagnato da vino novello o da vin santo o da vino
dolce.
Monica Conforti
Cascina (Toscana)
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DOLCI
COCCADA
Ingredienti per 6 persone
Un cocco intero
250 hg di zucchero
Cannella
1 bicchiere di latte
Preparazione
Grattugiare il cocco con il cucchiaio mentre si fa sciogliere lo
zucchero in una pentola a fuoco basso. Aggiungere allo zucchero
fuso il cocco e lentamente il latte e la cannella un po’ alla volta.
Quando il tutto è denso versare su un tagiere. Tagliare a pezzetti e
lasciare raffreddare. Servire a temperatura ambiente.
Andrea Ferreira da Silva
Recife (Brasile)
CROSTATA DI FRAGOLE
Ingredienti per 6 persone
300 g di pasta frolla
600 g di fragole
Succo di mezzo limone
100 g di crema pasticciera
Preparazione
Fare la pasta frolla, mentre riposa, fare la crema pasticcera.
Formare con la pasta frolla un disco di circa trenta centimetri di
diametro e dello spessore di circa mezzo centimetro. Porlo in una
tortiera foderata di carta da forno, applicare un bordo largo circa 2
91
DOLCI
centimetri e dello spessore di 1,5 centimetri.
Versare sul disco la crema pasticcera, passare in forno per circa
trenta minuti a 180° C. Sfornare la torta ed aspettare che si
raffreddi. Se le fragole sono molto grandi, dividerle a metà,
altrimenti disporle sulla tortiera intere. Versatevi sopra lo zucchero
a velo col succo di limone.
Si può decorare la torta con alcune foglie di menta fresca.
Cristina Rossi
Valdagno (Veneto)
CUBANA
Ingredienti per 8 persone
Uova
130 g di burro
60 g di pinoli
Zucchero
2 cucchiai di grappa
Latte
30 g di mandorle
70 g di uvetta
600 g di farina bianca
30 g di lievito di birra
1 cucchiaio di pane grattugiato
125 g di gherigli di noci
35 g di cedro candito
30 g di arancia candita
vino di Malaga
scorza grattugiata di arancia
sale
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DOLCI
scorza grattugiata di limone
Preparazione
Preparare un impasto con 100 g di farina e il lievito sciolto in poco
latte tiepido. Lasciarlo lievitare per 20 minuti circa, quindi
incorporare la farina rimasta, le 3 uova, 130 g di zucchero, 100 g di
burro ammorbidito, l'acquavite, il sale, la scorza di limone e latte
quanto ne occorre per ottenere un impasto morbido e compatto.
Mettere ad ammorbidire l'uvetta nel vino. Scottare in acqua
bollente le noci e le mandorle, poi pelarle e tritarle, tritare anche il
cedro e l'arancia canditi. Mettere il tutto in una ciotola, unire i
pinoli, la scorza grattugiata del limone e dell'arancia, l'uvetta
strizzata, la grappa e il pan grattato soffritto con 30 g di burro,
mescolare con cura e quindi unire un uovo più un albume montato
a neve. Stendere la pasta e distribuire sulla superficie il ripieno,
quindi avvolgerla su se stessa formando una spirale. Metterla sulla
placca imburrata e infarinata, spennellare la superficie con il tuorlo
rimasto, leggermente sbattuto, dopo di che spolverizzare con 4
cucchiai di zucchero. Cuocere in forno già caldo a 190° per 45/50
minuti.
Antonio Prospero
Montecchio Maggiore (Veneto)
DULCE DE LECHE (Dolce di latte)
Ingredienti per 8 persone
1 litro di latte
300g di zucchero
1 stecca di vaniglia
bicarbonato
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DOLCI
Preparazione
Mettete in una piccola pentola il latte con la stecca di vaniglia, lo
zucchero e un pizzico (meno di 1/4 di cucchiaino) di bicarbonato.
Portate il tutto ad ebollizione e cuocere a fuoco alto, finché il
liquido non prende colore, quindi, abbassata la fiamma, proseguire
a fuoco moderato, rimestando di frequente. Cuocere così per un
paio d'ore. Servite in coppette.
Silvia Garrido Nair
Montevideo (Uruguay)
EMBËLSIRA
Ingredienti per 10 persone
750 g di latte
10 uova
250 di noci
200 g di farina
Poco burro
1 bustina zucchero vanigliato
250 g di zucchero
DOLCI
FRITTELLE DI SEMOLINO
Ingredienti per 6 persone
1 l abbondante di latte
200 g di semola di grano duro
300 gi zucchero
Sale
100 g di uvetta sultanina
4 uova intere
Farina q.b.
½ bustina di lievito per dolci
grappa
buccia grattugiata di un’arancia
polpa grattugiata di una mela
olio d’oliva per friggere
zucchero a velo
Preparazione
Portare a bollore il latte leggermente salato. Versarvi il semolino
senza formare grumi e far bollire per 15 minuti. Far intiepidire,
aggiungere zucchero, uvetta sultanina (prima fatta rinvenire in
acqua calda), polpa grattugiata della mela, la scorza grattugiata
dell’arancia, un po’ di grappa, le uova una alla volta, farina, lievito.
Portare a bollore abbondante olio, friggervi cucchiaini d’impasto.
Scolare le frittelle, farle intiepidire e spolverizzarle di zucchero a
velo.
Preparazione
Mescolare le uova aggiungendo in successione latte, zucchero,
burro e farina, noci e una bustina di zucchero vanigliato. Cuocere
al forno a 150° C per 30 minuti.
È un dolce tradizionale del periodo pasquale.
Lizana Lazri
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Scutari (Albania)
Cristina Gandolfi
Arzignano (Veneto)
95
DOLCI
GELO DI MELLONE
Preparazione
Tagliare finemente e bollire le carote in una pentola. Una volta che
le carote sono morbide si tolgono dalla pentola e si cucinano nel
latte e zucchero per circa 10 minuti fino a far assumere la
consistenza di una crema.
Kaur Ninder Jit
Preparazione
Mettere il succo dell’anguria, ottenuto passando la polpa in un
passaverdura e filtrata con un tovagliolo di tela, a cuocere a fuoco
molto basso, con l’amido e lo zucchero, e rimescolate bene finché
il succo non si rapprende. Durante la cottura aggiungete una
spolverata di cannella in polvere. Lasciarlo intiepidire e aggiungere
a piacere zucca candita e cioccolato fondente a scaglie. Versare il
succo in coppette; guarnire con altre scagliette di cioccolato e dei
fiori di gelsomino appena colti. Aspettare che il composto addensi
bene e quindi passatelo in frigorifero.
Servire una volta che sarà ben raffreddato.
Birring (India)
GULAB JAMUN
Ingredienti per 10 persone
250 ml di latte
Preparato in polvere (latte scremato, farina di frumento e lievito)
600 g di zucchero
Acqua
olio
Palermo (Sicilia)
GIAJARELLA
Ingredienti per 6 persone
1 kg di carote
Un po’ di l latte
DOLCI
2 cucchiai di zucchero
Ingredienti per 10 persone
5 Kg di polpa di anguria (1 anguria)
120 g di zucchero
80 g di amido
1 manciata di cannella
150 g di cioccolato fondente tagliato a scaglie
150 g di zucca candita,
una manciata di fiori di gelsomino
Giusy Carollo
96
Preparazione
Portare ad ebollizione dell’acqua in una casseruola, quindi unire lo
zucchero e mescolare fino a quando lo zucchero non è sciolto.
Togliere lo sciroppo dal fuoco e lasciarlo in caldo in una padella
profonda sul fuoco a fiamma molto bassa.
Preparare l'impasto: mescolare la farina e del latte in polvere in una
terrina. Amalgamare con latte caldo. Lavorare velocemente fino
ad ottenere un impasto omogeneo. Formare delle palline e
sistemarle su un vassoio.
Scaldare l’olio in una padella e far scivolare le palline nella padella.
Dopo qualche istante cominceranno a gonfiarsi e prenderanno un
97
DOLCI
98
DOLCI
colore dorato, allora posarle a macerare per 5 minuti nello
sciroppo di zucchero. Mangiarle a temperatura ambiente.
Kaur Supinder
Ludhiana (India)
KIK
Ingredienti per 8 persone
4 uova
1 bicchiere di latte
1 cucchiaio di burro
150 g di zucchero
1 bustina di lievito per dolci
350 g di farina
1 bicchiere di olio
JABLCNIK (Dolce di mele)
Preparazione
Mescolare bene uova, zucchero, lievito, latte, olio, burro e farina.
Mettere l’impasto a cuocere in una terrina in forno a 200° C per
circa 30 minuti.
Ingredienti per 8 persone:
- per la pasta
250g di farina di grano tenero
250g di farina di grano duro
250g di margarina
1 uovo
1 ½ cucchiaini di lievito per dolci
200g di zucchero a velo
Add Sana Beni-Mellal
- per il ripieno
1kg di mele fresche
Zucchero
Cannella
PANCAKE
Preparazione
Miscelare tutti gli ingredienti per la pasta. Dividerla a metà e
stenderla. Scaldare il forno a 250°C. Grattugiare le mele. Se
contengono troppa acqua, spremerle un po’.
Incorporare lo zucchero e la cannella. Mettere metà della pasta
stesa in una tortiera unta. Versare il ripieno delle mele. Sul ripieno
mettere l’altra metà della pasta. Infornare circa per 10 minuti.
Nadezda Haque
(Marocco)
Brezno (Slovacchia)
Ingredienti per 4 persone
50 g di farina setacciata
3 uova
1 tazza di zucchero
Sale
¾ di l di latte
100 g di burro
Noce moscata
Olio per friggere
99
DOLCI
Preparazione
Mescolare uova, zucchero e burro in una terrina, aggiungere la
farina , latte, il sale e la noce moscata continuando a mescolare. Si
mette l’olio su una padella e si fa friggere l’impasto per 5 minuti.
Gyasi Wendy
Accra (Ghana)
PIGNOCCATA PALERMITANA
Ingredienti per 8 persone
400 g di farina
4 uova
80 g di strutto
300 g di mele
2 cucchiai di zucchero
Cannella
Olio per friggere
DOLCI
SFINCI DI PATATE E UOVA
Ingredienti per 8 persone
1 Kg di farina
250 g di zucchero
4 uova
750 g di patate lessate e passate
Lievito di birra
Cannella
Olio per friggere
Preparazione
Impastare tutti gli ingredienti, ottenendo una pasta morbida. Far
lievitare per un’ora circa e friggere il composto a cucchiaiate in
abbondante olio bollente.
Spolverizzare le sfinci con zucchero e cannella.
Giovanni Scozzari
Preparazione
Mescolare insieme lo strutto con la farina, lo zucchero e le uova.
Formare tanti bastoncini del diametro di un centimetro e tagliarli a
pezzetti. Friggerli poco alla volta in abbondante olio, scolarli e
amalgamarli con miele fuso. Disporli uno sull’altro.
Antonina Dall’Orzo
100
Palermo (Sicilia)
SORPRESA AI TRE FRUTTI
Ingredienti per 4 persone
200 di zucchero
200 g di farina bianca
200 g di burro
2 grosse uova
1 pizzico di sale
2 mele
2 pere
4 mezze pesche sciroppate
Palermo (Sicilia)
101
DOLCI
1 bustina di lievito
DOLCI
Disporre le torrejas nel piatto di portata, versarvi sopra dello
sciroppo e metterle in frigo per almeno un’ora.
Preparazione
In una terrina impastare la farina con lo zucchero, le uova, il sale e
il burro sciolto (al naturale). Mescolare poi il tutto e unire il lievito,
la frutta tagliata a pezzettini e quattro cucchiai dello sciroppo delle
pesche. Versare il composto in uno stampo di ciambelle
imburrato. Cuocere in forno caldo a 180° C per circa 30 minuti.
Loredana Tecchio
102
Hernandez Tovar Nieves
Cienfuegos (Cuba)
Montecchio Maggiore (Veneto)
TORTA DI ANANAS
Ingredienti per 6 persone
TORREJAS
Ingredienti per 8 persone
10 fette di pane
½ l latte
2 cucchiai di zucchero
Cannella
2 uova
olio
Preparazione
Tagliare il pane a fette grosse (più meno 1 cm) e lasciarlo
invecchiare un giorno.
Fare bollire il latte con lo zucchero e la cannella e lasciare
raffreddare su una fondina. A parte cuocere dello zucchero con
acqua (sciroppo) e sbattere l’uovo su un piatto. Inzuppare le fette
di pane una alla volta nel latte bollito con lo zucchero e la cannella,
dopo passarle nell’uovo sbattuto e friggerle in una padella con
dell’olio bollente.
Per l'impasto:
100 g di farina
100g di zucchero
1 cucchiaino di lievito
4 uova
Per la guarnizione:
90 g di burro
1 hg di zucchero nel burro
1 hg nell'impasto
1 scatola di ananas sciroppate
20 noci spezzettate
Preparazione:
Preparare una teglia e scioglierci il burro. Aggiungere lo zucchero
nel burro amalgamando il tutto. Disporre le fette di ananas e le
noci spezzettate.
Preparare l'impasto sciogliendo lo zucchero nei tuorli d'uovo.
Mescolare l'albume delle uova montato a neve alla farina, i tuorli
d'uovo zuccherati e al lievito. Versare l'impasto sopra le fette di
ananas e alle noci e cucinarlo in forno per 45 minuti a 180 ° C.
103
DOLCI
104
Togliere la torta dal tegame e capovolgerla, in modo che l'ananas e
le noci siano sulla parte superiore.
Elena Acampora
Agerola (Campania)
TORTA ARZIGNANESE
Ingredienti per 8 persone
2 hg di fecola
2 hg di zucchero
2 hg di burro
1,5 hg di mandorle
2 hg di amaretti
2 fialette di aroma alle mandorle
4 uova
1 pasta sfoglia
sale
DOLCI
TORTA AL CACAO
Ingredienti per 6 persone
2 hg di zucchero
60 g di cacao
60 g di burro
1 bustina di lievito
3 uova
¼ l di panna
1 bustina zucchero vanigliato
120 g di farina bianca
Una spruzzata di rhum (a piacere)
Preparazione
Mescolare lo zucchero con i tuorli d’uovo, aggiungere il cacao
passato al setaccio, il burro ammorbidito, lo zucchero vanigliato, il
lievito e la panna. Poi la farina setacciata e il rhum.
Montare gli albumi a neve e incorporarli.
Mettere in forno a 180°C per 40 minuti. Sfornare e lasciare
raffreddare. (Variante: Tagliare a metà la torta e farcirla con
marmellata di arance). Cospargere di zucchero a velo.
Giuliana Vencato
Cornedo Vicentino (Veneto)
Preparazione
Distribuire la pasta sfoglia scongelata all’interno di una tortiera.
Preparare l’impasto unendo uova, fecola, zucchero, burro, sale
mandorle e amaretti frullati. Mescolare bene e versare il tutto
sopra la pasta sfoglia. Foderare bene il bordo con la pasta.
Mettere in forno a 180° C per un’ora.
TORTA GRECA
Elena Masotto
Arzignano (Veneto)
Ingredienti
Zucchero gr. 200
Uova 4
Burro gr.200
105
DOLCI
Farina gr.150
Amaretti gr.150
Cioccolato fondente gr. 100
Lievito in polvere mezza bustina
DOLCI
3 cucchiai di succo di limone
1 cucchiaio maizena
2 cucchiai di farina
Preparazione
Lavorare a crema burro e zucchero, aggiungere i tuorli (tenendo da
parte gli albumi), la farina, gli amaretti polverizzati, il cioccolato
fondente grattugiato, il lievito ed infine gli albumi montati a neve.
Infornare in forno già caldo a 180° C per circa un’ora.
Cristina Gandolfi
106
Arzignano (Veneto)
Preparazione
Impastare velocemente farina, sale e burro ammorbidito con il
tuorlo d’uovo e dopo aggiungere vaniglia e acqua e mettere in
frigo per circa 30 minuti. Mettere il forno a 200° C, stendere la
pasta e metterla nella teglie dopo averla forata con una forchetta.
Cucinare a forno già caldo per circa 15 minuti.
Per la crema versare in una pentola latte, zucchero, farina,
maizena, il succo di limone, i 3 tuorli d’uovo. Mescolare il tutto
con un mestolo di legno a fuoco lento finché la crema vela il
cucchiaio. Lasciare raffreddare l’impasto.
Montare a neve ferma l’albume delle tre uova con un cucchiaio di
zucchero a velo. Stendere la crema sopra la pasta precedentemente
cotta e quindi l’albume montato sopra la crema. Si mette il tutto a
cuocere in forno per altri 10-15 minuti a 200° C.
TORTA AL LIMONE
AbderrahimMarib
Khouribga (Marocco)
Ingredienti per 8 persone
Ingredienti per la pasta
175 g di farina
Un pizzico di sale
75 g di burro
2 cucchiai di zucchero in polvere
1 cucchiaio di vaniglia
1 tuorlo d’uovo
½ bicchiere d’acqua
Ingredienti per la crema
3 uova
1 bicchiere di latte
2 cucchiai di zucchero
TORTA KINDER
Ingredienti per 8 persone
12 uova
4 bustine di budino di vaniglia
1 l di latte
500 g di farina
250 g di margarina
100 g di cioccolata
DOLCI
107
2 sacchetti di polvere per panna montata (o un barattolo di panna
montata)
Olio
Succo di limone
1 kg di zucchero
Preparazione
Mescolare l’albume delle 12 uova con 36 cucchiai di zucchero.
Aggiungere del succo di limone. Mettere l’impasto in una teglia
oliata e infarinata. Mettere la teglia in forno a 200° C per 10
minuti, poi abbassare la temperatura a 150° C e lasciar cuocere per
altri 10 minuti, alla fine portare la temperatura del forno a 100° C
per 45 minuti.
Mentre si raffredda preparare la crema. Mescolare assieme i 12
tuorli d’uova con 12 cucchiai di zucchero. Un po’ di latte freddo e
4 buste di preparato per budino.
Si aggiunge 1 litro di latte appena bollito. Mescolare in fretta in
modo da ottenere una crema densa. Quando la crema è tiepida si
divide in due parti. Ad una parte si aggiunge 120 g di margarina,
all’altra 120 g di margarina e 100 g di cioccolato in polvere. Si
otterranno una crema di cioccolata e una di vaniglia.
Riprendere la pasta ottenuta con gli albumi d’uovo e aggiungere
uno strato di crema di vaniglia e uno strato di crema di cioccolato.
Guarnire la superficie con uno strato di panna montata.
DraganaSavic
108
DOLCI
TORTA CON MARESINA
Ingredienti per 8 persone
150 g di zucchero
150 g di farina
100 g di burro
3 uova
mezza bustina di lievito
1 pizzico di sale
1 bicchiere di latte
50g di erba maresina
Preparazione
Sbattere lo zucchero con il burro fuso (a bagnomaria), aggiungere
una a una le uova, il latte, la farina con il lievito, 1 pizzico di sale.
Alla fine aggiungere la maresina tritata molto finemente, versare
tutto in una teglia imburrata e infarinata.
Cuocere in forno per circa 40 minuti a temperatura di 180° C.
Severino Mistrorigo
Chiampo (Veneto)
Belgrado (Jugoslavia)
TORTA “NAPOLEONE” CON CREMA DI BURRO
Ingredienti per 8 persone
Per la crema
1 bicchiere e mezzo di latte
1 bicchiere di zucchero
2 uova
400 g di burro
109
DOLCI
Per l’impasto
250 g margarina vegetale
3 bicchieri di farina
200 g di panna acida
1 uovo
¼ di cucchiaio da caffé di bicarbonato di sodio
Mosca (Russia)
TORTA DI PANE
Questo è un tipico dolce che si mangia a colazione assieme ad un
succo di frutta poiché contiene gli elementi necessari per ben
cominciare la giornata.
Ingredienti per 6 persone
Pane al latte (pain de la veille)
DOLCI
Latte per umidificare il pane
Uva Passa
1/3 di l di latte
2 uova
1 cucchiaino d’estratto di vaniglia (facoltativo)
50 g di zucchero a velo
Burro
Preparazione
Per la crema mescolare assieme latte zucchero e uova e cuocere
fino a ebollizione. Lasciare raffreddare a bagnomaria. Prendere il
burro e mescolarla assieme alla crema per formare una panna.
Per l’impasto mescolare i diversi ingredienti e si suddivide
l’impasto in palline non grandi. Mettere queste palline in
frigorifero per circa 2 ore.
Ridurre ogni pallina a formare una specie di biscotto sottile e
mettere in forno per 180° C fino a che i biscotti si indorano.
Una volta cotti e raffreddati si mette la crema e si lascia riposare
per qualche ora.
Infine si può guarnire con briciole delle palline e nocciole.
IrinaYunalainen
110
Preparazione
Imburrare una teglia. Tagliare il pane a fette sottili e disponerle
nella teglia alternandole all’uva passa. A seconda dei gusti si
possono aggiungere anche delle fette di mele o pere. Umidificare il
pane con un po’ di latte.
In un terrina sbattere le uova aggiungere il latte, lo zucchero a velo
e la vaniglia. Versare il composto sopra il pane tastando con una
forchetta per assicurarsi che il pane abbia ben assorbito l’impasto.
Cucinare il tutto per 20 minuti a 210 °C.
LanganeLaurent
Burkina Fasu
DOPOCENA
CINQUE CONTRIBUTI
113
A CENA DA ANJAN PRESAND
Le nuvole basse e il vento radente, che spazzava il piazzale e le
auto parcheggiate, annunciavano un imminente temporale. Sotto
un cielo piceo raggiungemmo a passi veloci l’abitazione dì Anjan
Prasand dove eravamo attesi per cena. Una casetta bassa,
sopravvissuta alla marea di cemento che aveva stravolto i
connotati di quella parte della città.
Anjan e la moglie ci attendevano trepidanti davanti alla soglia di
casa, a piedi nudi. Varcammo l’uscio ed entrammo nell’unica
stanza a pianterreno dove ci fecero accomodare ad una piccola
tavola modestamente imbandita.
Ci stupì il fatto che solo due posti erano apparecchiati per la cena.
I nostri ospiti non avevano previsto la loro partecipazione al
banchetto: marito, moglie e la piccola Sceuli di quattro anni
restavano in piedi ai bordi della tavola senza toccare cibo. Ci
ribellammo a questa pretesa ma essi furono dolcemente ma
altrettanto fermamente irremovibili “ Per noi gli ospiti sono come
gli Dei” disse il bengalese con un sorriso commovente.
L’iniziale disagio si disciolse in bocca all’assaggio delle piccole
frittelline calde calde che ci furono portate in tavola da Rani.
Addentando la prima, un caldo profumo di erbe aromatiche
avvolgeva la nostra mente, creando una atmosfera azzurrina
nell’ambiente intorno. Alla seconda frittella sentivamo il gong del
tempio che accarezzava le nostre orecchie. Il piatto ci attendeva
con le altre frittelle profumate in attesa di nuovi assalti. Anjan ci
osservava felice dal bordo del tavolo e la piccola Sheuli saltava sul
divano impazientemente.
Ci portarono il riso, un piatto eccessivamente abbondante. Ci
guardammo in faccia preoccupati anche perché vedevamo nuove
portate che si facevano strada verso la piccola tavola affollata di
piatti e zuppiere. Il riso sapeva di incenso, di Nirvana e di lontane
foreste imbalsamate: stavamo consumando un pasto sacro nella
reggia di Anjan. Impressioni di odalische velate, di boleri di ombre
114
DOPOCENA
colorate volteggiavano attorno a noi nella preziosa penombra
aromatica creata dal riso basmati. E venne la volta del capretto, il
piatto forte. Pezzi scelti, prenotati da tempo e acquistati il giorno
prima dal macellaio di Tezze.
Il Capretto al forno sapeva di capretto. Cessò il ballo delle
odalische per lasciare spazio ad un profumo di arrosto e ai sapori
agrodolci di uvette, cipolle, erbe e legumi che accompagnavano la
portata. Non potei fare a meno di prendere dalla pignatta nuovi
pezzi di capretto. Cominciò lento, dentro di me un pianto che si
scioglieva ogni volta che deglutivo un nuovo boccone. Un pianto
luminoso, introverso. Lento e pulito come una cascata, maestoso e
sublime come i grandi fiumi che si dipanano tra le selve del
Bengala, tra orizzonti di ruggiti di tigri e il barrito dell’elefante. Un
Bengala tutto salgariano che riemergeva da antiche letture di
bambino, quando passavo le lunghe sere di inverno divorando
romanzi accanto alla stufa a legna, in una stanza illuminata da un
vecchio lume a petrolio.
E venne il momento del pollo arrosto, ben rosolato, guarnito di
patate e cipolle, di frutta e canditi, frittelle e uvetta. Di fronte
all’offensiva aromatica che avanzava, travolgendo le nostre deboli
resistenze, verso le indifese narici, ogni tentativo di barricarci
dietro cortesi rifiuti fu inutile. Fummo travolti dalla nuova portata
e soccombemmo miseramente in nuovi abbandoni tappezzati di
tappeti color porpora, tintinnii di campanellini d’argento e pagodea
più piani che si slanciavano oltre l’oscurità del soffitto.
Gli Dei banchettavano con molta serietà, discernendo aromi e
sapori lungo i luminosi sentieri del karma.
I dolci erano caldi e di un aroma nuovo che sovrastava le
precedenti esperienze. Fu tra le nebbie del nuovo profumo che mi
apparvero i nostri ospiti, in piedi, attenti ad ogni nostro gesto,
felici del gradimento che avevamo mostrato per il viaggio
gastronomico nel quale ci avevano sapientemente pilotato. In un
barlume di resipiscenza mi resi conto che dovevano essere
affamati e così mi affrettai, un po’ vergognato, a por fine al
banchetto per consentire alla famigliola di accostarsi alla mensa e
115
godere dei resti del pasto degli Dei.
Ci alzammo dalle sedie pieni di riconoscenza e salutammo a lungo
Anjan, Rani e la piccola Sheuli che ci seguivano nella notte ventosa
con occhi adoranti dalla soglia della loro reggia.
Titta Fazio
116
DOPOCENA
SIMMENTHAL
Luca era amico di Santi e per la proprietà transitiva divenne anche
amico mio. A quei tempi io vivevo già, da qualche tempo, in
continente ma d'estate, non appena le scuole chiudevano, mi
catapultavo subito a Castelbuono, in Sicilia. A vent'anni un giorno
di treno senza confort e cuccetta non fa certo impressione.
Quell'anno, subito dopo i festeggiamenti della patrona S. Anna cui
non si poteva non assistere, Luca mi propose di seguirlo a
Stromboli e più esattamente a Ginostra per un soggiorno
vacanziero della serie tutto pagato. Mi disse che colà aveva
aderenze ed amicizie che risalivano ai tempi di suo padre medico.
Partimmo ognuno con le proprie armi e bagagli. Io avevo con me
le Nikon e Luca, scoprii dopo, un fuciletto di calibro ridotto.
Descrivere cosa sia Ginostra penso sia impossibile, quattro case di
tufo dal tetto concavo per raccogliere l'acqua piovana attaccate ad
un vulcano attivo che proprio da quel lato manda la sua lava a
mare, la sciara del fuoco. In realtà Ginostra è l'essenza stessa della
precarietà. Non ha un vero e proprio porto e la si raggiunge solo
con una barchetta, lo schiavo, dopo che il traghetto si è fermato al
largo. Non c'era acqua corrente o luce elettrica e alla sera si ci
rischiarava con grandi lampade a gas le cui bombole venivano
issate sino alle casette più alte della rupe lavica a dorso di un
asinello. Luca era nel suo giardino. Al mattino preparava la
colazione a base di ricci di mare e biscotti Oro Saiwa inzuppati
direttamente nell'acqua salata; dopo si bighellonava tutto il giorno
sui neri scogli. Si stava continuamente a cazzeggiare in riva al mare
completamente nudi ma sempre con i sandali ai piedi perchè la
nera lava arroventata dal sole non avrebbe perdonato neanche un
fachiro. Ogni tanto un tuffo e una mezza nuotata. L'umanità era la
più varia, i nativi erano minoranza e data la ristrettezza del luogo
dopo un po' ci si conosceva tutti italiani e stranieri, stanziali e
turisti. Le loro personali storie molto avrebbero potuto raccontare
DOPOCENA
117
del perchè fossero finiti lì ma io non ho mai fatto, per mia natura,
troppe domande. Il pranzo era sovente a base di frutta portata
dalla Sicilia e scaricata a terra sempre col sistema della barchetta, la
si comprava in un negozietto a mezzacosta. Per la cena ci si
organizzava un po' meglio e il pesce in tutte le forme era il piatto
principale. Luca mise gli occhi su una vecchia barca
semiabbandonata e ottenne dal proprietario il permesso di
rimetterla in sesto. Furono tre giorni di lavoro a base di pece,
stoppa e vernice, lui sapeva quello che faceva, io ovviamente no
ma cercai di dare una mano. Dopo iniziammo a navigare sotto
costa. Le ragazze non mancavano mai a bordo e se lo mangiavano
non solo con gli occhi. Luca era bello ? A tutt'oggi non saprei
dirlo, aveva un occhio verde ed uno azzurro, la faccia leggermente
butterata e sempre allegra insomma aveva un fascino particolare.
Un giorno mentre eravamo al largo a prendere il sole, dondolanti
nella barchetta, si tuffò ma riemerse subito dopo. Chiese il suo
costume da bagno e uno dei miei zoccoli di legno. Indossato il
costume con lo zoccolo in mano si riimmerse. Dopo un po' mise
fuori la testa dall'acqua e lanciò sul fondo della barca una grossa
murena che si dibatteva. La finii di uccidere colpendola con l'altro
mio zoccolo. Guardando i denti del pesce capii perchè avesse
voluto indossare il costume prima di darle la caccia. Quella sera si
cenò in compagnia a base di murena alla brace e riso e bisi.
Quest'ultimo piatto tipicamente veneto lo preparai io dopo aver
trovato una scatola di piselli nel negozietto. A quei tempi la data di
scadenza non era stata ancora inventata ma tutti gradirono e
nessuno ebbe a lamentarsi. Il sempre pesce del mattino
mezzogiorno e sera fu interrotto solo una volta quando Luca
alzatosi di buon'ora salì sulle pendici del vulcano col suo fuciletto
e tornò con un piccolissimo coniglio selvatico. Purtroppo i
commensali erano sempre tanti e della carne del coniglio ne fu
data solo un'ostia a testa. Un pomeriggio si partì per andare a
mangiare un gelato a Stromboli. Una barchetta finalmente a
motore, stracarica di sfaccendati ci fece fare quasi tutta la
circunnavigazione dell'isola; fra andare e tornare passò un intero
118
DOPOCENA
pomeriggio, mai gelato fu tanto desiderato. Per il resto non
accadeva niente di particolarmente eclatante e le giornate
passavano ripetitive. Il padrone della casa dove alloggiavamo era
un giovanotto dall'aria molto depressa nonostante convivesse con
una bella ragazza tedesca, usciva di rado. Una sera a bruciapelo mi
chiese cosa sapessi veramente fare di pratico oltre ad andare dietro
a Luca e scattare foto. Capii che essendo io ospite ed essendo
quella gente tutti marinai cominciavo a puzzare come un pesce. Fu
così che, non sapendo proprio che pesci prendere, dissi che
sapevo cucinare piatti insoliti. Il padrone subito colse la palla al
balzo e mi incaricò di organizzare una cena per l'indomani sera. Il
mattino successivo mi vide al negozietto ma c'era poco da
scegliere, presi quattro scatolette di carne Simmenthal che stavano
su un ripiano senza sapere ancora esattamente come le avrei
utilizzate. Venne l'ora della cena e misi a riscaldare l'acqua per la
pasta. Mezzo chilo abbondante di pennette rigate da lì a poco
finirono nella pentola e quando mi sembrarono cotte scolai l'acqua
e ributtai la pasta nella pentola insieme al contenuto delle quattro
scatolette di carne. Divorarono tutto, si leccarono i baffi e mi
fecero i complimenti. Avevo servito loro un piatto diverso, una
novità per gente abituata a vivere quasi sempre di pesce. Non ho
più avuto occasione di preparare la pasta alla Simmenthal
comunque mi fermai un altro paio di giorni a Ginostra e poi me ne
tornai a casa lasciando là Luca nel suo giardino.
Vincenzo Raimondi
119
DOPOCENA
ROSA ROSAE
La donna di quell'età imprecisabile che va dai trenta ai quaranta
sedeva in un angolo del bar. Piangeva in silenzio guardando la
tazzina vuota del caffè. Mi facevo riguardo ad osservarla con più
insistenza ma non potevo distoglierne lo sguardo, era bellissima.
Andato alla cassa pagai il mio panino, il bianco e il suo caffè
approfittando della confidenza che avevo col barista. Uscii e,
mentre mi accendevo l'immancabile sigaretta, mi sentii toccare la
spalla. Voltatomi vidi che era lei. “La ringrazio ma perchè ha
pagato il mio caffè ?” Farfugliai : “Non so, non mi piace vedere
piangere le donne specie se sono belle come lei”. “Ha cinque
minuti“ disse lei e io : “Un altro caffè ?”. Rientrammo nel bar, era
molto alta, ci sedemmo. Lei iniziò : “Mi chiamo Eva e oggi è il
primo anniversario di matrimonio che passo senza mio marito. E'
morto qualche mese fa, si chiamava Rosario e pensi che l'ho
sposato proprio a causa del suo nome o meglio del suo
soprannome, le interessa ?” Non potei che rispondere: “Si”. “Bene
Rosario era un mio compagno di liceo, un tipo introverso e
secchione, grassottello e un po' brutto. La sua pagella era, anno
dopo anno, sempre sopra l'otto in quasi tutte le materie. Io,
invece, arrancavo barcamenandomi sulla sufficienza risicata tranne
che in ginnastica per via del mio fisico”. Non potei non pensare
che a diciassette anni l'Eva che mi stava d'avanti doveva essere
stata già una donna fatale. Lei continuò: “Nessuno badava a
Rosario ma neanche nessuno lo prendeva direttamente per i
fondelli perchè, ogni tanto, passava qualche versione di latino o
greco ora a questo ora a quello; in quei tempi non frequentava
alcuno. Insomma arrivammo agli esami di maturità liceale. La
versione di latino si presentò molto più ostica del previsto. Un
pezzo di Tacito al posto del solito Cesare o Cicerone. Quel giorno
nell' aula degli esami calò il gelo, un silenzio di tomba e tutti gli
occhi puntarono lui, Rosario, che scriveva quasi senza sfogliare il
vocabolario. Si accorse del peso degli sguardi imploranti e alzò la
120
DOPOCENA
testa. Riprese a scrivere con più lena ma appena l'insegnante di
guardia annunciò che era possibile andare in bagno fu il primo ad
uscire. Uno dopo l'altro uscimmo in molti. Sulla finestra del bagno
Rosario aveva lasciato una decina di copie della traduzione e su
ogni pagina c'era scritto – Per favore fate qualche errore, cambiate
qualche parola e una di queste sere fatemi uscire con voi, poi un
numero di telefono - . Finirono gli esami con molti promossi e,
prima di andare in vacanza, un pomeriggio, telefonai a Rosario.
Vado avanti ?. La annoio ?”. “No prosegua” Dissi io. “Rispose
Rosario al primo squillo, quasi fosse seduto accanto al telefono
con la mano sulla cornetta. I soliti convenevoli e poi gli chiesi a
bruciapelo quanti di quelli che avevano preso la sua versione lo
avevano chiamato. -Nessuno, fu la risposta, tu sei la prima-. Per un
attimo mi sentii smarrita , ma ero in ballo e non potevo più tirarmi
indietro. Non mi è poi mai piaciuto fare la figura della stupida.
Così prendemmo accordi per andare a mangiare una pizza insieme
quella stessa sera. Rosario era dolcissimo, pieno di interessi, anche
simpatico, si rivelò un uomo straordinario, pardon, allora un
ragazzo. Non ci lasciammo più e dopo l'università ci sposammo”.
“Bene ma non ho capito il riferimento al nome Rosario cui lei
accennava prima come elemento chiave del vostro matrimonio”.
“Sì, dimenticavo – proseguì lei - , come le ho detto, Rosario in
latino era un mostro, addirittura nell'ultimo anno qualche
insegnante chiedeva persino il suo parere. Bravissimo lo era
sempre stato e, scherzosamente, fra di noi, lo chiamavamo, sin
dalla prima ginnasio, Rosarum che è il genitivo plurale di Rosa,
rosae .. “Sì, ricordo vagamente – la interruppi – la cultura può fare
molto anche in amore. Debbo lasciarla, una bella storia per me che
faccio l'insegnante, buona fortuna”. Mi alzai e uscii. Ero quasi
arrivato alla porta quando Eva gridò : “Rosario era un adottato,
era di colore”.
Vincenzo Raimondi
121
DOPOCENA
L'ULTIMO BISCOTTO
Maria, una bella ragazza bionda e gli occhi azzurri amava viaggiare
e girare sovente con vertiginose minigonne e stivali alti.
Compensava così la mancanza di un seno prosperoso di cui
sentiva molto la mancanza. A suo modo riusciva benissimo ad es­
sere una donna che non voleva passare inosservata. Quella mattina
di dicembre stava aspettando il volo Milano Londra in sala d'atte­
sa. Siccome il tempo della partenza si allungava di mezz'ora in
mezz'ora, a causa della padana nebbia, decise di andare a comprare
un giornale e, forse, anche un libro per ammazzare il tempo. L'
edicola non era particolarmente fornita di testi rilegati, ovunque
Camilleri, a cataste, quasi un imperativo categorico nazionale, una
prescrizione medica. Lasciò perdere i volumi e si accontentò di un
paio di quotidiani alternativi, quelli canonici li avrebbe trovati in
aereo. Comprò anche un pacchetto di biscotti e tornò nella sala
VIP per stare più tranquilla. Stava per sedersi quando decise che
prima era meglio andare a fare la pipì. I collant non sono mai stati
comodi specie negli angusti cessi d'aereo. Posati i giornali sulla se­
dia si dirisse verso i gabinetti, nessuno le avrebbe portato via
“l'Unità” e il “manifesto”. Al ritorno tolse i giornali dalla sedia e si
sedette. Accanto a lei il basso tavolinetto con i biscotti e subito
dopo seduto un giovanotto di colore che leggeva un giornale in­
glese d'economia. Quando lei cominciò a prendere il primo biscot­
to, anche l'uomo ne prese uno. Maria si sentì indignata ma non
disse nulla, continuò a far finta di leggere. Tentò anche, ma inutil­
mente, di coprire le cosce tirando con una mano la cortissima gon­
na. Tra sè e sè pensò "Ma tu guarda se solo avessi un pò più di
coraggio gli avrei già dato un pugno sul naso a questo
rompiscatole colorato". La storia continuò, ogni volta che lei
prendeva un biscotto l'uomo accanto a lei, senza fare un minimo
cenno, ne prendeva uno anche lui. Sempre più nervosa la ragazza
iniziò sistematicamente a prendere e a divorare biscotti, lo stesso
faceva il giovanotto, quasi una gara. Andarono avanti fino a che
122
DOPOCENA
non rimase che un solo biscotto e la donna pensò: "Ah, adesso
voglio proprio vedere cosa dirà quando saranno finiti tutti!!" Si
guardarono negli occhi per una frazione di secondo e poi il
giovanotto prese l'ultimo biscotto, lo divise a metà e rimise l'altra
metà nel pacchetto! "Ah, questo è troppo" pensò Maria, cominciò
a sbuffare ed indignata prese i giornali, la sua borsa e si incamminò
verso l'uscita della sala d'attesa. Dopo aver gironzolato, quando si
sentì un pò meglio e la rabbia fu passata, si sedette su una sedia ma
questa volta lungo il corridoio per non attirare troppo l'attenzione
ed evitare altri dispiaceri. Di lì a poco finalmente annunciarono il
suo volo. Aprì la borsa alla ricerca del biglietto ma, nell'aprire la
borsa, vide, al suo interno, che il suo pacchetto di biscotti era
ancora integro. Si sentì una stupida razzista e capì solo allora che il
pacchetto di biscotti che aveva divorato, eguale al suo, era di
quell'uomo seduto accanto a lei. Lo sconosciuto aveva diviso i suoi
biscotti con lei senza fare storie.
Vincenzo Raimondi
123
DOPOCENA
IL CANE DEL CAPITANO
Non sò quanti dei "miei venticinque lettori" abbiano visto il film
"Schinder List". E' bene che costoro sappiano che mai in nessun
lager i cani hanno avuto la museruola, imposta nel film soltanto
per motivi di sicurezza. La realtà era ben diversa. Nell'inverno del
1944, si avvicinava il natale, eravamo alloggiati in un rifugio d'alta
montagna, sempre a tagliar legna. Capitò che una notte cadde giù
tanta neve da bloccare la grande porta d'ingresso e tutta l'ampia
scalinata che portava all'androne. Nell'impossibilità di andare, di
notte, a gabinetto (questo era allogato fuori, nel retro del cortile),
al mattino dall'uscio principale appena socchiuso si scoprì che la
neve era diventata gialla. Apriti cielo ! Il primo soldato tedesco che
riuscì a spalancare l'uscio per intero, cominciò a gridare ed
imprecare chiamando i suoi commilitoni perchè venissero a vedere
quella porcheria “Schweinerei”. In meno di un minuto successe un
tale trambusto fra i soldati che accorrevano e noi pure, ma per
curiosità, che c'era da chiedersi se non fosse venuta la fine del
mondo. Immediatamente fummo tutti convocati in cortile "appell”
e non ebbero più parole per rimproverarci la nostra inciviltà e
sozzura. Può sembrare strano ma nessuno di noi, che
probabilmente mai aveva visto tanta neve o almeno non gialla
d'urina, si capacitava di tanto chiasso. Allora mi sono azzardato a
chiedere in tedesco cosa mai fosse successo di così strano da
provocare un simile trambusto. E qui accadde qualche cosa di
incredibile: da inferociti che erano, improvvisamente tutti i
tedeschi scoppiarono in una fragorosa risata stupiti della nostra
meraviglia e ingenuità. O la fortuna o l'aver capito la nostra
innocenza, ordinarono soltanto ad alcuni di pulire la scalinata
anche con la lingua. Poichè continuava a nevicare fitto gli altri
fummo fatti rientrare e tutto finì lì. Passarono un paio di giorni,
sempre sotto la neve, e non potè arrivare più il solito camion coi
viveri sicchè al terzo giorno, tutti, anche loro, si era digiuni.
All'imbrunire del quarto giorno arrivò un automezzo trainato da
124
DOPOCENA
un trattore spartineve e ognuno si aspetteva che finalmente ci
fosse qualche cosa da mangiare. Furono fatti scaricare degli
scatoloni ma niente contenitori con zuppa nè patate crude. Si
udiva nella mensa dei tedeschi un brusio, un mormorio di
parolacce ma non si riusciva a comprendere nulla. Era certo che
non mangiavano. Intanto si erano fatte le otte di sera e si udì
l'ordine: "Tutti al posto". Ed ecco che avanza fra le file un soldato
che reggeva uno scatolone mentre un altro, al suo fianco,
distribuiva cinque caramelle per ciascuno. Ricordo tuttora la marca
delle caramelle, erano le Rossana italiane a forma rettangolare ed
avvolte in carta oleata rossa. Cinque per ciascuno, colazione
pranzo e cena. Infagottati nei nostri stracci stavamo a meditare
sulla assurdità di quanto ci era capitato e ognuno intanto succhiava
con avidità le sue caramelle. Da dove tante e tutte italiane ? E se il
camion era venuto a rimorchio non avrebbe potuto portare
qualche cosa d'altro e più sostanzioso ? Circa le ventuno incontro
per caso un soldato, Einrich e chiedo cosa mai fosse successo.
Non sapeva nulla ma si supponeva che fosse stato aggangiato allo
spartineve il camion sbagliato. Aggiunse in tedesco: "Geduld immer Geduld (pazienza sempre pazienza)". "Anch'io ho fame,
molta fame, arrivederci e buonanotte". Rimaneva irrisolto il
problema di raggiungere i gabinetti esterni durante la notte.
Mentre si parlottolava e ci si rannicchiava sull'impiantito ecco
apparire i tre militi del controllo serale. E qui ti voglio lettore: "Voi
che vivete sicuri / nelle vostre tiepide case / voi che trovate
tornando a sera / il cibo caldo e visi amici” (Primo Levi - Se
questo è un uomo) immaginate cosa abbia significato per la loro
maniacale pulizia trovare per terra uno strato di cartine rosse che
frascheggiavano ad ogni piè sospinto. Due infrazioni in così breve
tempo non potevano passare inosservate. "Alles auf" in piedi e
fuori in cortile così come ci trovavamo, seminudi e scalzi - lo
ricorda bene il mio dito mignolo del piede destro da allora senza
più unghia e falangi. Tutti i tedeschi si precipitarono fuori a vedere
e sentire, mentre noi venivamo spinti a correre sulla neve
alzandoci e piegandoci sulle ginocchia ad ogni "hilljng (comando)"
DOPOCENA
125
e i cani dietro. Ad un tratto sento a poco più di un metro da me
l'ansimare di un cane. Mi volto e vedo, questione di un attimo, il
cane del capitano. Questi si vantava che il suo Wolf obbediva a lui
solo e nessuno mai quindi sarebbe stato in grado di fermarlo.
Quando stava per addentarmi gli grido, come più volte avevo
sentito dalla voce del padrone: "Bleibst du ganz ruich (rimani del
tutto fermo)". O meraviglia, il cane obbedì e si fermò. Subito
sibilò il fischietto di tornare tutti indietro. Anche Wolf tornò e il
padrone gli chiese cosa avesse mai fatto: "Was hast du gemacht ?"
Ovviamente gli fù riferito che il cane si era fermato al mio
comando. Fattomi uscire dalla fila mi chiese in tedesco: "Cosa hai
detto al mio cane". Risposi, a mia volta in tedesco," Quello che gli
dice lei". “Per la paura probabilmente ho tanto alterato la mia voce
che l'animale ha inteso essere un comando del proprio padrone”.
Il capitano rispose: "Ich weis du sizilien (lo so tu sei siciliano)". Mi
lasciarono andare, tutto finì lì e rientrammo. Mai sono venuto a
sapere come tante caramelle fossero finite nel nostro campo di
lavoro al posto delle consuete patate.
Paolo Raimondi
127
SENTENZE ALLA RINFUSA
An apple a day keeps a doctor away. (Una mela al giorno tiene alla
larga il medico)
Proverbio inglese che ha riscontro anche in altre tradizioni e che
parte dalla coscienza popolare che un'alimentazione sana preserva
la salute.
Dimmi cosa mangi, ti dirò chi sei. (proverbio toscano)
A tavola non si invecchia mai (proverbio toscano)
128
SENTENZE ALLA RINFUSA
Si cambia coniuge, religione, partito ma non il gusto per un piatto.
Per la donna cattivo cuoco è colui che non sa leccarsi le dita.
(Shakespeare)
Tutti gli uomini sono dei mostri; non c'è altro da fare che cibarli
bene: un buon cuoco fa miracoli! (O.Wilde)
Se un uomo ha fame, non dargli il pesce insegnagli a pescare.
(Antico proverbio cinese)
La scoperta di un piatto nuovo è più preziosa per il genere umano
che la scoperta di una nuova stella. (Brillat- Savarin)
Meglio muri' sazio che campa' djuno
Dio fece il cibo, il diavolo i cuochi. (Joyce)
La vita è troppo breve, per bere del vino cattivo. (Lessing)
Quando gli uomini bevono, allora sono ricchi e fortunati e
vincono le cause in tribunale e sono felici e aiutano gli amici.
(Aristofane)
Gli animali si nutrono, l'uomo mangia, solo l'uomo di spirito sa
mangiare. (Brillat-Savarin)
Se lo stomaco è pieno, è facile proporsi di digiunare.
L'appetito vien mangiando, la sete se ne va bevendo (Rabelais)
Il piacere della tavola è di tutte le età, di tutte le condizioni sociali,
di tutti i paesi e di tutti i giorni, può associarsi a tutti gli altri
piaceri, e resta ultimo a consolarci della loro perdita. (BrillatSavarin)
La cucina di un popolo è la sola, esatta testimonianza della sua
civiltà.
Non riesco a sopportare quelli che non prendono seriamente il
cibo. (O.Wilde)
SENTENZE ALLA RINFUSA
129
130
SENTENZE ALLA RINFUSA
Vinum bonum laetificat cor hominis (Psalm, III.15) (Buon vino fa
buon sangue)
Al contadino non devi far sapere quanto è buono il cacio con le
pere (antico detto toscano)
Nascendo, l'uomo ha ricevuto dal suo stomaco l'ordine di
mangiare tre volte al giorno, per recuperare le forze che gli
tolgono il lavoro e più spesso la pigrizia. (Dumas padre)
Dopo un buon pranzo, si può perdonare tutto, persino i propri
parenti (Oscar Wilde)
In realtà nessun essere umano indifferente al cibo è degno di
fiducia. (Manuel Vázquez Montalban)
Detesto l'uomo che manda giù il suo cibo non sapendo che cosa
mangia. Dubito del suo gusto in cose più importanti. (Charles
Lamb)
Anche per desinare bisogna saper far uso dei principi della
scienza. (Petronio)
Gli uomini malvagi vivono per poter mangiare e bere; i buoni
mangiano e bevono per vivere. (Socrate)
Uno non può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non ha
mangiato bene. (Virginia Wolf)
L'aumento dei prodotti e delle necessità finisce per produrre
appetiti raffinati, innaturali e immaginari. (Marx)
Il vino fermenta, la stupidità mai. (proverbio russo)
Mangiare è uno dei quattro scopi della vita... quali siano gli altri
tre, nessuno lo ha mai saputo. (proverbio cinese)
Il caffè, per esser buono, deve essere nero come la notte, dolce
come l'amore e caldo come l'inferno. (Bakunin)
Io non faccio il cascamorto, se casco, casco morto per la fame.
(Totò – Miseria e nobiltà)
O sei roso dai morsi della coscienza, o da quelli della fame. (Totò
– La banda degli onesti)
Sono integro e puro, non ho commesso peccati né di carne, né di
pesce. (Totò – Totò Le Mokò)
Che ore sono ? L'una e mezzo ? Bene, così possiamo
tranquillamente saltare la prima colazione. (Totò – Totò lascia o
raddoppia ?)
Si dice che l'appetito vien mangiando, ma in realtà viene a stare
digiuni. (Totò – Totò al Giro d'Italia)
131
APPENDICE
132
APPENDICE
Arzignano utenti provenienti da Comuni limitrofi di Trissino,
Brogliano, Castelgomberto, Sovizzo e persino da quelli da Comuni
più lontani quali quelli di Cornedo V.no, Valdagno, Lonigo e
Sarego (questi ultimi due aggregati assieme a quello di Grancona al
CTP di Noventa V.na da tre anni).
TERRITORIO DI RIFERIMENTO
BISOGNI FORMATIVI DELLA VALLE DEL CHIAMPO
Il territorio di riferimento del CTP (acronimo per Centro
Territoriale Permanente per l’istruzione in età adulta) è quello della
Valle del Chiampo con l’appendice di alcuni Comuni della Valle
del Guà e coincidente con l’ex-Distretto Scolastico n. 31 o CTF
Ovest Vicentino. E’ perciò un ente territoriale che abbraccia l’area
di 12 comuni e che ha la sua sede ad Arzignano. Ne fanno parte i
comuni di:
Arzignano
Altissimo
Brendola
Chiampo
Crespadoro
Gambellara
Montebello V.no
Montecchio Maggiore
Montorso
Nogarole V.no
San Pietro Mussolino
Zermeghedo
Senza farne parte formalmente gravitano attorno al Centro di
In considerazione dei continui mutamenti dei parametri
socioeconomici e tenuto conto del repentino evolversi della
situazione economica che risente del momento di globale
stagnazione (in alcuni casi di recessione) e che non risparmia la
Valle di Chiampo ci sembra valido quanto segue:
Alto tessuto produttivo centrato principalmente su una rete di
piccole e medie imprese – molte a conduzione familiare – con
prevalenza del settore conciario, marmifero (estrazione e
lavorazione) e meccanico. Rispetto agli anni passati la crisi latente
ha portato a difficoltà occupazionali soprattutto nell’ambito
conciario.
Alta percentuale di immigrati da paesi asiatici (forti e radicate
comunità di indiani, bengalesi, pakistani, filippini ecc.), africani
(ghanesi, senegalesi, magrebini, ivoriani, dal Burkina Faso…),
europei (bosniaci, serbi, rumeni, croati, moldavi, ucraini, albanesi,
russi ecc.) e latino americani, anche di lontane radici italiane e
venete (argentini, brasiliani, nicaraguegni, venezuelani…) che
hanno trovato dimora ad Arzignano, Montecchio Maggiore e
soprattutto nei comuni dell’alta valle quali Chiampo, Nogarole,
Altissimo, Crespadoro e San Pietro Mussolino con percentuali di
immigrati rispetto alla popolazione residente ben superiori alla
APPENDICE
133
media nazionale. Ciò è il naturale presupposto ad una società
multietnica e diversificata dal punto di vista religioso (con forti
comunità Sikh, Indù, islamiche e cristiano-ortodosse). Sul fronte
dell’immigrazione non sono più da considerare extracomunitari i
cittadini provenienti dai 10 nuovi paesi dell’UE (Malta, Estonia,
Lituania, Lettonia, Repubblica Ceka, Slovacchia, Slovenia,
Ungheria, Polonia e Cipro).
Conseguente maggiore utilizzo di manodopera straniera per lavori
usuranti e/o per professionalità numericamente insufficienti sul
territorio. L’impiego di stranieri nel tessuto produttivo ha favorito
il ricongiungimento di nuclei familiari dopo il primo arrivo dei
capofamiglia, anche se ultimamente il fenomeno è stato frenato
dalla latente crisi e dalla crescita del costo della vita.
Una maggiore presenza straniera femminile che è interessata
soprattutto ad orari diurni (mattino o pomeriggio) per ragioni
culturali e religiose ma soprattutto per la difficoltà di trasporto in
orario serale.
Una fascia di popolazione italiana a rischio di marginalizzazione
culturale o di analfabetismo di ‘ritorno’ relativo ai cosiddetti
“nuovi saperi” (lingue e informatica in primis) con età media 30-55
anni e con titolo di studio di licenza di scuola media. Ciò è
confermato anche da recenti statistiche ISTAT (derivanti dal
censimento della popolazione italiana 2001) e da dati forniti dal
MIUR che stimano attorno al 40-45% la popolazione adulta
analfabeta o a rischio di analfabetismo nel nostro Paese.
Maggiore richiesta di nuove e ulteriori competenze professionali e
di conoscenze da parte del mondo del lavoro.
Necessità di un lavoro in rete con le varie istituzioni scolastiche
(soprattutto d’istruzione superiore) e agenzie formative (CFP di
Chiampo e Trissino, ma non solo) e sociali operanti nella Valle del
Chiampo e di raccordo con le autonomie locali per un loro
coinvolgimento più incisivo.
134
APPENDICE
FINALITA’ DEL CTP
Ci sembra opportuno riportare qui parte del documento della Rete
CTP della Provincia di Vicenza.
Tra le finalità dei CTP all’interno dell’educazione permanente
vanno considerati i seguenti punti:
1. Deve rimanere e trovare adeguata valorizzazione l’impegno a
recuperare situazioni di vecchie e nuove emarginazioni culturali. Il
recupero e il mantenimento di abilità di base (leggere, scrivere,
ricordare, narrare, … dei disabili, degli ospiti delle comunità
terapeutiche, dei carcerati, degli anziani, dei dropout fuoriusciti dal
sistema scolastico e formativo devono trovare spazio adeguato,
valorizzazione, supporto organizzativo e finanziario;
2. Deve essere ribadita la vocazione a diffondere i nuovi alfabeti
(lingua straniera e informatica ma non solo) negli strati della
popolazione uscita dal sistema formativo e non ancora acquisita al
LLL (Lifelong Learning);
3. Può inserirsi, all’interno di una riaffermata autonomia scolastica,
la ricerca di un curriculo locale che, valorizzando le microculture,
favorisca le integrazioni possibili tra contenuti specifici della
cultura veneta (il dialetto, la letteratura, la storia, le tradizioni
locali) e i contenuti nazionali impliciti nella formazione del
cittadino;
4. Deve continuare il lavoro fondamentale di educazione e
mediazione interculturale anche in considerazione della realtà
multietnica venutasi a creare nel Veneto;
5. Deve continuare la proposta di percorsi collegati alla educazione
“non formale”, in quanto spesso gli utenti si rivolgono ai Centri
perché in grado di soddisfare anche bisogni di socializzazione e di
aggregazione; tanto l’educazione formale quanto quella “non
formale” si occupano, pur su piani diversi, della formazione degli
individuo. Ci sembra che, conseguentemente, non dovrebbero
essere viste in conflitto ma in una situazione/contesto di reciproca
135
APPENDICE
valorizzazione ed integrazione;
6. Deve inserirsi e trovare spazio, anche in collegamento con i
Centri per l’impiego, un’azione sul territorio di inetrventi e per la
pre-formazione e per il ri-orientamento; il rientro in corsi anche
brevi di formazione per il miglioramento della qualità professiona­
le è un’ulteriore possibilità di intervento.
Per meglio perseguire queste finalità occorrerà puntare al
rafforzamento delle capacità progettuale dei CTP per potenziare
su questi temi il loro ruolo promotore, in sinergia con tutti quelli
che operano nel settore dell’iniziativa formativa.
L’UTENZA ADULTA
E’ bene ribadire che l’utenza cui istituzionalmente si rivolge il CTP
è un’utenza adulta, con caratteri diversi dagli adolescenti della
Scuola Secondaria di I grado, perciò mossa da altre motivazioni e
con forme e percorsi di apprendimento che si differenziano anche
radicalmente da quelli tradizionalmente scolastici a ragione di una
maggiore problematicità e di un continuo confronto con la propria
esperienza lavorativa e di vita. Non è un caso che la scienza che si
occupa di educazione degli adulti sia l’andragogia (dal termine
greco “uomo”) e non la pedagogia.
Ci pare utile sottolineare la diversa disposizione con cui l’adulto
torna in formazione: non è mosso da obbligo come nella comune
esperienza scolastica, ma si presenta tra i banchi per soddisfare bi­
sogni culturali che lo portano, in caso di insoddisfazione, ad ab­
bandoni improvvisi. In una persona adulta il bisogno e la capacità
di autoguidarsi, di ricorrere all’esperienza nell’apprendimento, di
valutare la propria capacità di apprendere e di organizzare le cono­
136
APPENDICE
scenze e competenze acquisite in riferimento ai problemi della vita
“reale” crescono proporzionalmente alla propria maturità e alle
necessità. Questo non è un concetto astratto per gli operatori del­
l’educazione degli adulti perché ne sono già ben consapevoli, an­
che in considerazione del fatto che non si consegnano solo diplo­
mi in quanto la partecipazione è quasi sempre volontaria pur se
mirata all’acquisizione di ulteriori competenze culturali.
Se una volta il conseguimento della licenza media o di un diploma
di scuola superiore o della laurea rappresentava il momento finale
della formazione e dava al concetto di adulto una dimensione e un
significato di soggetto non più destinatario di azioni formative
questo è stato totalmente riveduto e corretto a causa di un mondo
e di un’economia globali che necessitano di sempre maggiori
conoscenze e competenze (anche di più levate professionalità).
L’adulto ricorre ad un’attività formativa perché cosciente di
proprie inadeguatezze nel fronteggiare i problemi connessi alla vita
attuale: vuole usare quello che impara e la sua prospettiva è quella
di immediata applicazione di ciò che apprende.
L’educazione degli adulti rientra nella più complessiva formazione
permanente lungo l’intero arco della vita. Il nostro paese sta
cercando di colmare un gap rispetto ad altre nazioni europee quali
Germania, Gran Bretagna, Svezia e Francia. Purtroppo in Italia si
è sempre pensato a questo settore come confinato all’acquisizione
tardiva di titoli di studio quali la licenza media o diploma tecnicoprofessionale e solo in anni recenti si è individuato nell’adulto il
soggetto e l’oggetto di un diverso tipo di formazione: quella
permanente e/o continua. La differenza tra le due, se c’è, è solo
teorica: alla prima vengono demandate l’acquisizione di
competenze più generiche e di base, alla seconda quella di
competenze professionali. I confini dell’una e dell’altra non sono
così marcati tanto che si parla indifferentemente di LIFELONG
LEARNING.
137
APPENDICE
OBIETTIVI EDUCATIVI
Da un’analisi della normativa, del territorio, dei bisogni, delle
finalità del CTP, della tipologia di utenza cui sono indirizzati i
nostri interventi e delle aspettative più comuni vengono individuati
i seguenti obiettivi:
Sensibilizzazione al valore della cultura come momento educativo
e formativo;
Promozione della consapevolezza di sé e superamento dei
problemi di convivenza sociale;
Integrazione tra giovani e adulti, tra italiani e stranieri, tra diverse
comunità straniere;
Sviluppo del rispetto per l’ambiente e per la cosa pubblica;
Rispetto delle norme comportamentali comuni e degli indirizzi
generali contenuti nel piano d’istituto e inserite anche nel
Regolamento del CTP;
Recupero di situazioni di marginalità;
Sviluppo e potenziamento del senso di autostima;
Acquisizione del cosiddetto “diritto di cittadinanza” per gli
immigrati;
Recupero del valore comunitario e civico delle tradizioni e della
storia del territorio.
OBIETTIVI FORMATIVI E DIDATTICI
Acquisizione di strumenti e metodi di base al fine di sviluppare
forme autonome di apprendimento;
138
APPENDICE
Potenziamento di capacità di comunicazione delle proprie
esperienze e riflessioni;
Acquisizione di conoscenze e competenze disciplinari nei
cosiddetti nuovi linguaggi (lingue straniere, informatica ecc.);
Comprensione ed uso di linguaggi specifici all’interno delle diverse
discipline;
Conoscenza di norme comportamentali ed igienico sanitarie
funzionali al benessere psicofisico;
Conoscenza di norme comportamentali inerenti la sicurezza nei
diversi ambienti (la casa, il luogo di lavoro, la scuola, la strada) ai
sensi della L. 626/94;
Raggiungimento della consapevolezza dell’essere cittadini
(educazione civica)
Acquisizione di obiettivi minimi per ogni materia;
Riscoperta di storia e tradizioni locali.
139
POSTFAZIONE
Risulta fin troppo retorico affermare che la numerosa presenza
di cittadini stranieri in Arzignano non poteva che tradursi anche,
certo non solo, in un moltiplicarsi delle “cucine”, dei gusti, dei
profumi e degli aromi alimentari.
E’ più interessante qui sottolineare il laborioso processo che ha
portato alla realizzazione di questo ricettario, l’itinerario di
confronto, raccolta, codificazione di vari e distanti modi di
cucinare all’interno di un percorso di formazione di persone
adulte, quale quello del Centro EDA della scuola Giuriolo.
In questo caso le “ricette” gastronomiche sono diventate la
“ricetta” per la formazione, una nuova occasione di crescita
culturale, di esperienza concreta di con-vivenza dentro la
quotidianità che ci è più cara: sedersi a tavola e gustare un pezzo,
piccolo o grande che sia, della nostra o altrui identità.
L’educazione è fatta di pretesti: ci si occupa di alcune materie,
le discipline di studio, per realizzare un obiettivo più grande, quel­
lo di metterci in grado di abitare meglio il mondo contemporaneo.
Allora che delizioso pretesto la cucina; mi chiedo perché non se
ne occupi più, da tempo, l’istruzione di ogni ordine e grado! C’è
tanta di quella storia, geografia, arte e tradizione dentro il baccalà
alla vicentina piuttosto che nel murgh massalam (chissà com’è?)
per contrastare quell’atmosfera dimessa e rassegnata che
purtroppo pervade la nostra scuola italiana. Certo, altri sono i
motivi profondi di questa rassegnazione, meglio quindi occuparci
del golubzi, ma attenti al pepe che è nero!
Stefano Fracasso
sindaco di Arzignano
141
CONCLUSIONI
Traggo un insegnamento
Arzignano.
da questo libro corale del CTP di
Noi educhiamo con ciò che siamo come persone. Perciò il
compito importantissimo è di metabolizzare noi per primi una
nostra cultura nuova aperta alla trasformazione, al cambiamento,
che non sia sulla difensiva, che non sia autoreferenziale, che non
senta la differenza come una minaccia e l'annullamento di sé, ma
come un arricchimento, una moltiplicazione di sé.
Condivido l'insegnamento di un poeta che non è della nostra
cultura, Ndjock Ngana Yoco, del Camerun, che così scrive:
"Prigione"
Vivere una sola vita,
in una sola città,
in un solo paese,
in un solo universo,
vivere in un solo mondo
è prigione.
Amare un solo amico,
un solo padre,
una sola madre,
una sola famiglia,
amare una sola persona
è prigione.
Conoscere una sola lingua,
un solo lavoro,
un solo costume,
una sola civiltà,
conoscere una sola logica
è prigione.
142
Avere un solo corpo,
un solo pensiero,
una sola conoscenza,
una sola essenza,
avere un solo essere
è prigione.
Ringrazio i docenti del CTP di Arzignano che mi hanno saputo
coinvolgere in questa esperienza umana e professionale di
incontro con l’altro e l'amministrazione comunale di Arzignano
per l'apporto dato.
Donata Albiero
143
144
Non a caso si tratta di scuole della provincia di Treviso e di Vicenza
che registrano tassi tra i più alti di alunni stranieri (Follina: 25,5%;
Arzignano 13,2%).
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE,DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA
UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL VENETO - DIREZIONE GENERALE
Riva di Biasio - S.ta Croce 1299 - 30135 VENEZIA
Ufficio della Comunicazione esterna
COMUNICATO STAMPA
TUTTI DIVERSI TUTTI UGUALI?
Due scuole venete premiate dalla Presidenza del Consiglio dei
Ministri
Due le scuole venete selezionate a livello nazionale e
premiate per l'opera di attenta integrazione degli alunni con
cittadinanza non italiana.
L'ambito premio, in conseguenza di un concorso dal titolo
"Tutti diversi, tutti uguali", va alla Scuola Secondaria di 1° Grado "
Antonio Giuriolo" Centro Territoriale Permanente - Istruzione
in età adulta di Arzignano (VI) che si è classificata al 1° posto per
la sezione C ( Scrittura ) con l'elaborato "Le ricette del CTP e altro
ancora" e all'Istituto Comprensivo "Antonio Fogazzaro" di
Follina (TV) che si è classificata al 2° posto per la sezione A
(Progetti di didattica Interculturale) con l'elaborato "Sotto lo stesso
sole".
Se ne è fatta promotrice la Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento per le Pari Opportunità U.N.A.R. congiuntamente al Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della
Ricerca
- Direzione generale per lo studente - Ufficio per
l'integrazione degli alunni stranieri al fine di valorizzare le migliori
esperienze condotte dalle scuole collcate in territori a forte flusso
migratorio.
Aule colorate dunque, o meglio, come si dice in Veneto, "a
tante tinte", indice di un processo che si esprime in termini molto
significativi, tanto da rappresentare una vera emergenza, per le
energie culturali, didattiche ed educative, nonché organizzative, che le
istituzioni scolastiche debbono investire.
L'intelligenza degli insegnanti, dei dirigenti scolastici e delle
famiglie che costituiscono la comunità scolastica, si esprime
attraverso azioni quotidiane di grande spessore etico, volte ad
"armonizzare", all'interno delle aule, culture, mentalità,
comportamenti, lingue che si interfacciano e devono trovare, con
delicatezza, un dialogo. Relazioni complesse che si costruiscono con
pazienza, senza scatti di insofferenza e di intolleranza, nella
disposizione ad annodare fili e discorsi, storie e confronti.
Lo testimoniano i due testi che saranno premiati a marzo,
nell'ambito della "Settimana nazionale contro il razzismo". Tale scelta
si giustifica per l'importanza che la progettualità ed il ruolo della
scuola assumono nel contrasto ad ogni forma di discriminazione su
base etnica e razziale, nonché in ragione del compito, altamente
formativo, che essa ricopre per le nuove generazioni.
Una bella lezione per il nostro territorio; una sfida che si può
vincere.
Venezia, 14 febbraio 2006
Ufficio della Comunicazione
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INDICE GENERALE DELLE RICETTE
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INDICE GENERALE DELLE RICETTE
Risotto con i funghi..............................................................................58
Risotto con radicchio trevisano..........................................................59
Risotto al rhum e salsiccia...................................................................60
Spaghetti all'astice.................................................................................61
Spaghetti con cozze e peperoni..........................................................62
Spaghetti alle vongole veraci...............................................................63
ANTIPASTI E CONTORNI
Asparagi alla bassanese........................................................................39
Crocchette di miglio.............................................................................40
Gratin di patate e prosciutto...............................................................41
Kadai paneer.........................................................................................42
Mattar panir (Piselli e ricotta).............................................................43
Strudel di verdure.................................................................................44
Torta di patate e mozzarella................................................................45
DRINK
Caipirinha...............................................................................................46
PRIMI PIATTI
Arroz Congri (Riso con fagioli)..........................................................47
Baked Sussege Poll...............................................................................48
Bryndzove Halusky..............................................................................49
Crema di zucca con amaretti...............................................................50
Panzanella alla Pisana...........................................................................51
Pasta coi broccoli in tegame...............................................................52
Pasta con il nero di seppia...................................................................54
Pasta con pescespada e melanzane....................................................54
Pelmeni (Ravioli)..................................................................................55
Ravioli di patate e zucchine.................................................................56
Risi e bisi................................................................................................57
SECONDI A BASE DI CARNE
Carne rossa alle prugne........................................................................65
Cholodez................................................................................................66
Coniglio fritto alla toscana..................................................................67
Empanadas de carne (Impanata di carne).........................................68
Fagiolata.................................................................................................69
Fufu e zuppa.........................................................................................70
Fufu con light zuppa............................................................................71
Golubzi (Foglie di verza ripiene)........................................................72
Guiso de carne (Intingolo di carne)...................................................73
Gulash slovacco....................................................................................74
Mish jani.................................................................................................75
Murgh masallam...................................................................................76
Polpettone delicato...............................................................................77
Puchero criollo (Bollito Creolo).........................................................78
Sarma......................................................................................................79
Spezzatino di musso.............................................................................80
SECONDI A BASE DI PESCE
Baccalà alla vicentina............................................................................81
Cous Cous di pesce..............................................................................82
Curry di sgombro..................................................................................83
Pago/Prai ripieno.................................................................................84
Pastila al pesce.......................................................................................86
INDICE GENERALE DELLE RICETTE
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DOLCI
Arroz con leche (Riso con latte).........................................................87
Barffi di vessan (BarffiGram Flour)...................................................88
Castagnaccio della Garfagnana...........................................................88
Coccada..................................................................................................90
Crostata di fragole................................................................................90
Cubana...................................................................................................91
Dulche de leche (Dolce di latte).........................................................92
Embelsira...............................................................................................93
Frittelle di semolino.............................................................................94
Gelo di mellone....................................................................................95
Giajarella................................................................................................95
Gulab jamun..........................................................................................96
Jablcnik (Dolce di mele)......................................................................97
Kik..........................................................................................................98
Pancake..................................................................................................98
Pignoccata palermitana........................................................................99
Sfinci di patate e uova........................................................................100
Sorpresa ai tre frutti............................................................................100
Torrejas................................................................................................101
Torta di ananas...................................................................................102
Torta Arzignanese..............................................................................103
Torta al cacao......................................................................................104
Torta greca...........................................................................................104
Torta al limone....................................................................................105
Torta kinder.........................................................................................106
Torta con maresina............................................................................108
Torta “Napoleone” con crema di burro.........................................108
Torta di pane.......................................................................................109