sentenze alla rinfusa - Scuola Secondaria 1° A. Giuriolo
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sentenze alla rinfusa - Scuola Secondaria 1° A. Giuriolo
0 Questo libro è quello che in gergo si chiama una “seconda edizione riveduta, corretta ed ampliata”. E' la naturale evoluzione del 1° quaderno che si intitolava “Le ricette del CTP e altro ancora”, libro che, nel 2005, ha vinto il primo premio nazionale nel concorso TUTTI UGUALI TUTTI DIVERSI sezione C (poesie, brani) bandito dal Ministero dell' Istruzione. 00 Ministero dell' Istruzione, Università e Ricerca La tavola è come il letto, non si fanno complimenti (anonimo siciliano) CENTRO TERRITORIALE PERMANENTE ISTRUZIONE IN ETA' ADULTA (CTP-EDA) via IV Martiri, 71 – 36071 Arzignano VI – tel. 0444670400 ideazione: Giovanni Cortiana progetto grafico e foto di copertina: Vincenzo Raimondi elaborazioni al computer : Gianpaolo Raimondi editor: Alessandro Antonelli, Cristina Gandolfi, Perla Zuppardo Finito di stampare il ......................... presso: .................................................... SOMMARIO Il CTP centro EDA di Arzignano - profilo storico .................... IX A TAVOLA COL CTP/EdA percorsi di intercultura Introduzione di Donata Albiero dirigente del CTP.................... XI Presentazione di Alessandro Antonelli...................................... XVII Pre testi.................................................................................................... 1 L' accoglienza, contributi ................................................................... 19 Festività e cibo, contributi................................................................ 25 Antipasti e contorni ..................................................... .......................39 Drink..................................................................................................... 46 Primi piatti............................................................................................ 47 Secondi piatti a base di carne............................................................. 65 Secondi piatti a base di pesce............................................................. 81 Dolci...................................................................................................... 87 Dopocena, 5 racconti e sentenze varie ............ ............................111 Appendice........................................................................................... 131 Postfazione di Stefano Fracasso sindaco di Arzignano................139 Conclusioni..........................................................................................141 Comunicato stampa ...................................................................... 143 Note sugli autori Indice generale delle ricette...............................................................145 Nella sezione pre testi: Sergio Giorato studioso, scrittore, responsabile della Biblioteca Civica di Teolo PD Luigi Zonin studioso, scrittore, ex preside Nella sezione dopocena: Giovanni Fazio medico di famiglia Paolo Raimondi ex preside Vincenzo Raimondi maestro elementare IX IL CTP- CENTRO EDA ARZIGNANO UN PROFILO STORICO L’Istituto d’istruzione secondaria di I° grado “A. Giuriolo” di Arzignano (ex-Scuola Media Statale) è sede da oltre un ventennio dei corsi serali per il conseguimento del diploma di licenza media per lavoratori, corsi fortemente voluti dalle associazioni sindacali e conosciuti ai più come “150 ore”. Dall’a.s. 1998/99, a seguito dell’O.M. n° 455 del 29 luglio 1997 dell’allora Ministero della Pubblica Istruzione, applicativa di Memorandum e direttive della Commissione Europea e del Consiglio d’Europa in materia di educazione e formazione permanente in età adulta, l'istituto è stato individuato come uno dei cinque (poi saliti a sei) Centri Territoriali Permanenti voluti dal Provveditorato agli Studi di Vicenza in accordo con enti locali, Provincia e Regione Veneto per l’istruzione e la formazione in età adulta e nuovamente confermato dalla Regione Veneto nel 2002. XI INTRODUZIONE « Oggi alla scuola è affidato il compito di integrare i figli dei lavoratori stranieri che, studiando nelle nostre aule, a fianco dei nostri ragazzi, creano per sé e per le loro famiglie le fondamenta più solide di una futura cittadinanza. L'appello che desidero lanciarvi, cari docenti è quello di aiutare i ragazzi a vivere una scuola fatta di amicizia, di amore per il prossimo. Il rispetto per gli altri, la comprensione per chi ha idee diverse dalle nostre non possono che nascere dalla capacità di vivere sentimenti profondi, dalla capacità di amare anche chi non è strettamente legato a noi, perché tutti siamo uguali, accomunati, al di là di ogni diversità, dall'essere uomini e donne». Presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi Ritengo un privilegio introdurre la pubblicazione del Centro Terri toriale Permanente di Arzignano con le parole di “amore” del nostro presidente della Repubblica italiana , Carlo Azelio Ciampi. In effetti, la presenza di persone provenienti da vari paesi e da 'diverse' lingue e culture , sempre più considerevole nel nostro territorio, come ho già anche ricordato nel libro “Le ricette del CTP e altro ancora” reso pubblico nel 2005 , ci richiede la capacità di interagire con l'altro in un contesto di convivenza costruttiva. Tale capacità non si può dare per acquisita, ma va costruita con un processo intenzionale, che richiede spazi ed occasioni per riflettere assieme sui riconoscimento e la valorizzazione dell'altro, sulla necessità del confronto e sull'opportunità di ridefinire i propri orizzonti culturali. La scuola, anche la nostra secondaria di primo grado Antonio Giuriolo , in questi anni , si è trovata in difficoltà di fronte ai nuovi flussi migratori e ha oscillato tra atteggiamenti di chiusura ("non so come fare", "non ho strumenti", "non ho tempo in classe", "ho il programma da rispettare...") e significative risposte di accoglienza, XII INTRODUZIONE supportate però spesso solo dalla sensibilità e dall'impegno di singoli docenti o di gruppi di docenti (commissioni ). Le diversità culturali, i diversi colori del mondo presenti nelle nostre aule, ci interrogano a volte duramente, mettendo a nudo le nostre carenze, le nostre difficoltà. Alla fine il grande interrogativo è sempre lo stesso , ma non sempre le risposte sono appropriate. Quale percorso complessivo, personale, didattico deve costruire una scuola realmente aperta a tutti, una scuola che sappia farsi luogo privilegiato dello scambio e del confronto, della scoperta della somiglianza e dell’alterità, della crescita e sviluppo del pensiero critico; che sia disponibile a rivisitare pregiudizi, luoghi comuni e nozioni di base quali razza, culture, integrazione, diversità, migrante, confine, nord e sud…. Come sviluppare negli alunni il senso di ricchezza e potenza che la cultura della pace, della solidarietà, del rispetto e dell’accoglienza, portano con sé ? Certo, si fa intercultura ogni volta che si lavora sul far prendere coscienza al ragazzo della pluralità, intesa come ricchezza di modelli, espressioni e relazioni; ogni volta che lo si mette a contatto con realtà che lo aiutino a superare i luoghi comuni e le paure che spesso la diversità suscita; ogni volta che si dà spazio e ascolto a punti di vista che aiutino ad uscire da un modello culturale, il proprio, che per forza di cose sembra egemone, unico; quando infine, ma ancora non ultimo, si attuano percorsi didattici che puntano all’acquisizione di uno spirito critico costruttivo, che aiuti a “disimparare il razzismo”, in tutte le sue forme e manifestazioni. Si fa intercultura anche quando, ad esempio, il collegio dei docenti (il nostro lo ha fatto) istituisce una Commissione Interculturale, con la funzione di stendere un Protocollo di Accoglienza per progettare e poi gestire, una più adeguata accoglienza ed integrazione degli alunni stranieri , sicuramente un segnale importante dell’impegno della scuola in questo campo e ne evidenzia l’assunzione collegiale di responsabilità. Lo stesso dicasi per quando, con forza, si ribadisce ai colleghi docenti che ogni ragazzo ha diritto ad essere iscritto nella classe INTRODUZIONE XIII pertinente alla sua età anagrafica e che solo in situazioni di particolare “difficoltà” o di frequenza pregressa irregolare o manchevole, potrà essere assegnato alla classe immediata-mente precedente. La non conoscenza della lingua italiana, non potrà costituire in nessun modo motivo di retrocessione a classi inferiori (C.M. 301/89 fino alla C.M. 11/95). Ancora, è educazione interculturale anche l’avere come scuola una/un referente che si occupi del primo incontro della famiglia migrante con l’istituzione;una famiglia quasi sempre isolata e confusa , di fronte a degli obblighi incomprensibili, quasi sempre con difficoltà materiali (casa, permesso di soggiorno, lavoro…) che rendono ancora più difficile anche l’assunzione di un ruolo parentale, spesso con figli cresciuti che non si vedono da anni. La/il referente dovrebbe sostenere la famiglia nell’espletamento delle varie formalità iniziali (con l’eventuale aiuto di un mediatore linguistico-culturale, pagato dalla scuola, comune, regione…), per aiutarla nelle scelte scolastiche più adeguate ai suoi bisogni: mensa, organizzazione della giornata, religione, colloqui, possibilità di accedere al fondo di solidarietà della scuola ecc.. Dovrà informarla anche sui suoi diritti a scuola e fuori , rispondere alle sue richieste; occuparsi inoltre di accoglierla attraverso un colloquio che faccia emergere una biografia personale e scolastica del bambino, al fine di comprendere meglio il suo attuale profilo, poter quindi assumere decisioni in merito al percorso di inserimento didattico, affettivo e sociale. Potrà essere la/il facilitatore linguistico del nuovo arrivato: lo aiuterà ad “imparare” la nuova scuola e a portarvi le sue esperienze e competenze nel periodo del primo inserimento, lavorando con l’insegnante della classe a cui è stato assegnato, per la predisposizione di percorsi didattici “amichevoli”, linguistici e non. Naturalmente va nella stessa direzione, l’ attivazione da parte della scuola dei percorsi di alfabetizzazione in lingua italiana (in orario scolastico e/o extrascolastico), per poter dare al nuovo arrivato, le competenze minime nella lingua della comunicazione, quella che gli serve per entrare in relazione, per esprimere i suoi XIV INTRODUZIONE bisogni e per comprendere le consegne più semplici. I modelli di alfabetizzazione in italiano L2 sono svariati, ma certo, il l nuovo alunno apprenderà a parlare, leggere e scrivere in italiano quanto più saprà essere motivante ed accogliente il contesto scolasticorelazionale in cui si troverà inserito. Fare intercultura è… tutto questo. Ovviamente non solo. L’importante è non crogiolarsi sui problemi , uscire dalla situazione di disagio, comprendendo che la scuola può diventare il terreno ideale dell'incontro, dello scambio, che essa può rappresentare ancora un vero e proprio "laboratorio" nel quale sperimentare quotidianamente la conoscenza, il riconoscimento e la valorizzazione delle diversità. Occorre potenziare la rete di integrazione che già sì è formata nella nostra zona tra diversi istituti, coinvolgendo anche e soprattutto il CTP (Centro Territoriale Permanente ) , in quanto osservatorio privilegiato per quel che riguarda il flusso degli stranieri adulti e le problematiche connesse al loro vivere quotidiano. Ciò contribuirebbe a facilitare lo scambio di esperienze e il confronto, ad uscire dall'emergenza quotidiana , dalla casualità ed episodicità degli interventi , ad aprirsi di più alla collaborazione, individuando insieme strumenti e metodologie adeguate, progettando dei percorsi condivisi. La rete di scuole può rendere più fluida ed attiva la comunicazione tra tutti coloro che si occupano di accoglienza, di integrazione e può realizzare un valido coordinamento tra scuole e agenzie presenti sul territorio. Mettere in comune le esperienze fatte, aiuta ad individuare e a diffondere le pratiche migliori, a creare valide mappe di riferimento, a ri-definire i curricoli con un'ottica interculturale che, superando l'etnocentrismo, tenga conto di punti di vista diversi. Si tratta di tessere "trame" di collaborazione che permettano di prendere le distanze dall'urgenza del fare, dal dover dare risposte immediate e provare a costruire assieme percorsi, imparando e sperimentando la cooperazione. Conoscere... gli altri e farci conoscere ...agli altri, ognuno con la propria diversità, arricchendo e arricchendoci. E' in questa ottica 'interculturale' che il CTP cura INTRODUZIONE XV questa pubblicazione, ampliandola con nuovi spunti rispetto alle “Ricette del CTP e altro ancora” . E' una iniziativa, ripeto, tra le tante rivolte agli stranieri per inserirli a pieno titolo nella comunità e renderli partecipi come cittadini di usi , abitudini, tradizioni.. Nello stesso tempo, la nuova pubblicazione vuole anche essere un messaggio rivolto al territorio, agli enti, scuole, utenti , operatori affinchè, insieme si operi per un comune progetto che veda... nello straniero, negli stranieri una risorsa in più , una ricchezza della nostra Comunità e per la nostra Comunità. Donata Albiero, Dirigente del CTP XVII PRESENTAZIONE La tolleranza dovrebbe essere una fase transitoria. Deve portare al rispetto. Tollerare è offendere. (Da Johann Wolfgang Goethe: Massime e riflessioni) Tra gli obiettivi prioritari del CTP vi sono l'integrazione dei cittadini stranieri tramite l'apprendimento della lingua italiana, la comprensione tra le varie comunità presenti sul territorio e tra queste e la popolazione locale con il conseguente superamento dei problemi di convivenza sociale. Integrazione è un concetto che non comporta solamente quello di tolleranza con la sua doppia valenza positiva ma pure negativa se è interpretato come sopportazione e non anche come comprensione. Integrazione implica la conoscenza di altre culture e altri costumi, il comprendere l'altro come persona, l'apprezzare anche le diversità, il superamento di pregiudizi. Integrazione richiede, comunque, uno sforzo reciproco e ciò si innesta sulla vicendevolezza dell'accoglienza. Il progetto di cucina etnica non vuole essere perciò un semplice ‘ricettario’ ma un modo per penetrare in altre culture anche con il sussidio della descrizione del modo di accogliere l'ospite. Questo avviene anche con l'aiuto di tradizioni e proverbi. Esso ha visto il contributo di italiani e stranieri, di studenti e personale della scuola ed è perciò stato un modo per avvicinare culture, tradizioni e mentalità diverse. Ognuno ha dato un proprio piccolo contributo, in ricette, proverbi, tradizioni e modi di accogliere. Fare intercultura e integrazione significa avvicinare realtà diverse, spesso lontane, anche contrapposte e contribuire a farle convivere in un ambiente comune e quotidiano. Il progetto è questo. Alessandro Antonelli Straniero! Che significa questa parola? Che su questa roccia io ho meno diritti che se sto su questo campo? Che io passo questo fiume, questo sentiero, questa linea blu o rossa visibile solo sulle vostre carte, e gli alberi, i fiori, il sole non mi conoscono più? Che stupidaggine pretendere che io sia meno uomo su un punto della terra che su un altro! Voi mi dite: "Noi siamo a casa nostra e tu non sei a casa tua". Dove? Qui? Vi basta scavare una fossa e vedrete che la terra mi accoglierà come accoglierà voi. Victor Hugo 1 PRE TESTI “A catar fortuna…” Una riflessione sull’emigrazione veneta e vicentina di fine ‘800 Già nel sec. XVII° si erano affacciati alcuni fenomeni migratori, all’interno e verso l’esterno del Dominio serenissimo, che avevano preoccupato le istituzioni veneziane; in quel momento particolare masse di contadini, spinti dalla fame e dalla miseria, si erano spostate verso le città o gli stati limitrofi alla ricerca del pane o di migliori condizioni sociali. Ma il fortissimo inurbamento d’inizio secolo o la temporanea emigrazione avevano solo rinviato i problemi aggravando quelli delle città, assolutamente impreparate ad affrontare simili emergenze; solo nel 1627 più di 6000 famiglie erano uscite dal veronese portandosi dietro in Lombardia e in Emilia buoi, vacche e pecore, o i debiti accumulati per le tasse non pagate e per gli affitti arretrati, mentre altre 1339 spingevano per farsi accogliere da Verona, dove andarono ad accrescere la folla degli accattoni e degli indigenti. E a Vicenza si assisteva impotenti alla stessa disperazione e desolazione. Poche voci si erano invece levate per denunciare i soprusi e le ingiustizie subite dai contadini, non ci furono ribellioni contro i pubblici esattori “che spogliavano la stessa povertà” dei braccianti con imposte insostenibili, che avevano svuotato le campagne; il loro “esterminio” e il disastro furono anticipati dalla peste, che spazzò via dalle campagne metà della popolazione rurale: quella veronese nel 1630 contava 120/130.000 persone, ma dopo l’apocalisse ne rimasero 70/80.000 e nelle città il contagio ebbe 2 PRE TESTI conseguenze peggiori (a Sorio su meno di 500 abitanti ne morirono 282 e a Gambellara 350 su 600!). Negli anni successivi i contadini non ritornarono ad occupare gli spazi aperti dall’inesorabile falce dell’epidemia, perché furono travolti da una serie micidiale di carestie e da congiunture sfavorevoli (guerre e crisi economica europea), tanto da far segnare ad un anonimo funzionario che tutto il territorio era “infelice e ripieno di poveri contadini”; tutto quel secolo fu contrassegnato da continue sciagure, vissute con rassegnazione dai ceti più umili tra l’aggressività dei potenti (che avevano sempre i granai ricolmi), la latitanza dello stato e la disinvolta gestione dei vicari; e solo i nostri comuni rurali si diedero da fare e furono costretti a svendere i propri beni per cercare di sfamare e di salvare la gente angosciata. Fenomeni così vistosi e drammatici non si ripeterono nel sec. XVIII, se non in circostanze particolari e per qualche calamità imprevista, ma nell’Ottocento, contraddistinto dai mali di sempre e da un endemico pauperismo il nostro mondo rurale dovette affrontare un’esperienza sconvolgente e senza precedenti, tanto da far dire allo storico G. de Rosa che “l’emigrazione dalle nostre campagne fu il fatto rivoluzionario, forse l’unico, del secondo Ottocento”. E così: “I avem visti partir sora un careto con un’altra fameja, via, per Verona, al treno. A Genova racolta, cinquecento! Partir, poarini coi fagoti e i sachi de le so strasse”. Con questo strazio Silvio Zorzi volle ricordare “na fameja ch’emigra” con otto figli, che potremo idealmente collegare alle tensioni che si respirano in due sonetti famosi di Berto Barbarani, scritti nel 1896: “Fulminadi da un fraco de tempesta… Ipotecando tuto quel che resta, col formento che val ‘na carestia, PRE TESTI 3 ogni paese el g’à la so angonia e le fameje un pelagroso a testa. Crepà la vaca che dasea el formaio, morta la dona a partorir ‘na fiola, protestà le cambiale dal notaio, una festa, seradi a l’ostaria, co un gran pugno batù sora la tola: “Porca Italia” i bastiema: “andemo via!” E l’altro racconta con rancore il momento trepido della partenza, le donne “co i putini in brasso, / el resto, veci e puteleti a drio”, chiamando in causa la vera ragione dell’abbandono: “no se magna no, par dio”, con i braccianti che gridano tutta la loro rabbia in faccia ai “siori” e si inquietano per la decisione presa. La raccolta “I va in Merica”, letta sia da destra (per l’angoscia della partenza), sia da sinistra (per lo spirito classista e rancoroso del messaggio) compendia efficacemente alcuni aspetti e radici dell’emigrazione veneta di fine Ottocento e non solo, che si raccordano con i canti di tristezza, di rimpianto, ma anche di protesta e di speranza di quanti erano partiti dall’Italia: “Anderemo te la Merica A catar le mericane… Vu altri siori cavè i guanti E andè te i campi a laorar! …I siori porta sassi, le siore porta malte…” Negli anni disperati del grande esodo, dalla bassa e dalle valli veronesi partirono almeno in 200.000 (più del 13% della popolazione) e l’intensità dell’evento ricordato dal Barbarani, viene messo a nudo dai suoi versi struggenti insieme alle miserie, al lungo rancore e alla rabbia soffocata dei contadini di S.Vittore (Soave). Le partenze si susseguirono incessantemente con ondate anomale 4 PRE TESTI e differenti per tutto l’ultimo quindicennio del secolo, poi il ciclo si attenuò ma non si chiuse allo scoppio della guerra; intanto si erano svuotate intere contrade (da Cerea più di 2.000 partenze nel biennio 1887/88), soprattutto nei paesi della bassa, con una fiumana di donne, bambini e vecchi diretti prima in Brasile e dopo il 1895 nel Nord America. Nelle nostre valli ci sono sempre stati i “migranti” stagionali, che si spostavano per brevi periodi o nei tempi opportuni dalle contrà di montagna con le bestie o per mietere il frumento e per fare i braccianti in campagna nei mesi estivi ed autunnali per integrare i magri redditi familiari o per necessità; molti si prestarono come tagliapietre e manovali nella costruzione delle chiese (una quindicina nel primo Ottocento) in cantiere a Chiampo, Altissimo, Gambellara, Montorso, Arzignano, Montecchia, Novale…o vennero impiegati nei lavori pubblici (delle strade, arginature, negli scavi) o contemporaneamente nei campi per la zappatura del sorgo, per la falciatura del fieno, per la vendemmia. Molti “alpini” (montanari) salivano a Trento, in Austria e in Germania per svolgere lavori prevalentemente agricoli e stagionali; diversi trovarono occupazione nella costruzione della “Ferdinandea”, la ferrovia padana del 1846/50 o negli ospedali, nelle filande, nei lavori comunali fino alla grande guerra (e per la stazione di Verona nel 1915 passarono 15.000 rimpatriati). Si calcola che negli ultimi decenni del secolo XIX° siano partiti in più di 100.000 e nel primo decennio del Novecento dalla valle del Chiampo emigrarono appena in 5.000, mentre altri 6-7.000 vennero reclutati per lavori al fronte (molti di loro erano rientrati dal centro Europa per lo scoppio della guerra). Il vicariato di Arzignano, che si estendeva su quasi tutta la valle, censito intorno alla metà del sec. XVI°, contava 10.890 abitanti raccolti in poco meno di 1.000 fuochi o famiglie contro i 143.000 dell’intero territorio vicentino; nei censimenti successivi mantenne una popolazione abbastanza stabile, con dei picchi di 15.000 nel 1629 e nel 1790, crollati a 7.000 dopo la peste (1631). La povertà e la miseria non sono mai venute meno, e nei primi PRE TESTI 5 rilievi catastali d’inizio ‘800 riscontriamo che le famiglie dei braccianti e dei piccoli proprietari-fittavoli vivevano in casoni e casotti di paglia di un’unica stanza in mezzo ad un’estrema indigenza e in condizioni igienico-sanitarie da terzo mondo (alla fine del 1730 i poveri di Montorso erano oltre la metà della popolazione e pur vivevano accanto alla splendida villa da Porto o lavoravano nei palazzi cittadini dei nobili e sulle loro terre). Il nostro territorio, nei decenni che precedettero l’emigrazione, fu travolto prima dalle guerre napoleoniche e poi da quelle risorgimentali (il cui costo fu caricato sulle spalle dei nostri possidenti sotto forma di prestiti forzosi prima dal governo austriaco (1849) e poi da quello sabaudo); inoltre la nostra regione ebbe a sostenere una serie ininterrotta di disastri e di epidemie, una grande carestia (1815-17), il tifo, il colera (1836,1849,1854), la difterite che causò una mortalità infantile del 23%; senza parlare dei danni e dei ritardi determinati da una agricoltura fortemente arretrata, messa a terra dalle nuove malattie fitopatologiche, rallentata da sistemi agronomici medioevali, frenata da produzioni scadenti ed insufficienti; e sul piano della salute le nostre comunità lottarono come sempre con carenze sanitarie e assistenziali (solo 9 medici nella valle), con una alimentazione inadeguata, in mezzo a condizioni igienico- sanitarie da Medio Evo (dall’acqua inquinata dei pozzi alla qualità della vita). Il fenomeno dell’emigrazione di massa permanente e irreversibile, maturò un po’ più tardi per una serie di altre concause, quali: 1. L’eccesso della popolazione rispetto alle risorse disponibili sul territorio; 2. la grave crisi internazionale (crisi delle miniere), che fece crollare la domanda di lavoratori- operai per l’Austria e la Germania; 3. la crisi agricola che durava da vent’anni (oidio, filossera, peronospera solo per le viti) non più sopportabile accompagnata da una serie di disgrazie e di calamità senza fine: mortalità del bestiame, ripresa inarrestabile della pellagra, della malaria, del vaiolo, del tifo… 6 PRE TESTI 4. Poi i meno abbienti erano schiacciati dai debiti accumulati per le tasse fondiarie, per i dazi iniqui sulla polenta, sul grano, sul sale. Tutte queste cose insieme o in parte avevano creato un clima sociale irrespirabile, acuito dalla crisi agricola permanente, dall’arretratezza e dal sottosviluppo delle colture (frumento, baco da seta, viticoltura), con la produzione compressa dalla tariffe doganali protezionistiche, con i braccianti e gli avventizi pagati con salari da fame, con le abitazioni malsane (a Padova in campagna più di un terzo dei contadini viveva nei casoni); e poi gli scioperi, la disoccupazione, la caduta dei prezzi, l’introduzione di macchine agricole (trebbiatrici) che ridussero l’occupazione stagionale, il socialismo (poca cosa nel Veneto), l’incremento demografico percosso da mortalità e da contagi, tutti fattori confluiti in un cocktail avvelenato ed esplosivo che scoppiò nelle campagne con effetti devastanti. Eppure non erano mancati nella seconda metà dei segnali positivi di ripresa, con una mortalità infantile ridotta del 50% (ma ancora elevata), con una regressione della pellagra (al 56 per mille nel 1880), ma nel contempo era cresciuto un certo malessere sociale con i furti campestri fuori controllo, con i mendicanti ovunque, con il contrabbando in aumento (del tabacco, zucchero, sale), con un’aria greve di rivolta da far gridare ai malcontenti: “Ciò che ci è tolto dal governo, non costituisce reato!” Non c’era e non si intravvedeva alcuna alternativa, con i possidenti che ripresero a rinfacciare ai contadini: “Vogliono lavorare poco e guadagnare molto!...Chi lavora non manca mai di pane e polenta!”, con la fame e l’indigenza ad un grado esponenziale (nel Veneto i mendicanti nel 1881 erano saliti a 14.000 sugli 80.000 dell’intera penisola, almeno per quelli segnalati), con la piccola proprietà soffocata dalle tasse, con la produttività ai minimi storici…i contadini si guardavano intorno spaventati senza via di scampo. “Languire o partire?” si ripeterono mille volte in casa, nei filò, all’osteria, alle rogazioni…Partirono! Nel periodo iniziale (1871-1881) l’emigrazione veneta fu seconda PRE TESTI 7 dietro a quella piemontese, ma dal 1881 al 1900 il Veneto risultò primo nel saldo migratorio davanti alla Sicilia e alla Campania; alcuni dati sono anche oggi impressionanti: se nel 1887 partirono dal Veneto 26.239 persone, l’anno successivo balzarono a 81.042 (interi nuclei famigliari) che mai più ritornarono a casa. Nel decennio 1887-1897, che segnò il culmine dell’infausto evento, gli emigranti veneti furono 328.794 pari all’11% della popolazione, cui si potrebbero aggiungere i 65.000 temporanei rimasti in Europa; a fine secolo assistiamo ad una notevole contrazione dei flussi per la caduta della domanda americana (100.000 nell’ultimo triennio) e per il precipitare degli eventi. Ma fino ad allora quel fiume migratorio era stato attratto dalle “colonie venete “ del Brasile (82%), dell’Argentina (15%), con povera gente accorsa in massa negli stati brasiliani di S.Paolo, di Rio Grande do Sul, di Santa Caterina; una indagine ministeriale del 1878 ci informa che il 56% dei nostri emigrati se n’era andato “per miseria” e solo il 22% per cercar di far fortuna, per la speranza di successo o per altri incentivi. Il colpo di grazia nel decennio del grande esodo era venuto dai cattivi raccolti, dalle inondazioni che avevano flagellato le campagne venete e perfino dagli scioperi e dalle proteste sociali; il resto l’avevano provocato le esiziali malattie delle viti e del baco da seta (colture fondamentali dalle nostre parti), oltre alla miseria, alle mortificanti imposte erariali e fondiarie, ai dazi soffocanti imposti perfino alla macellazione dei suini e sul sale (che portò a lesinarlo nella polenta rinfocolando la pellagra). Perché? In una relazione del prefetto di Vicenza del 1890 troviamo una risposta agli interrogativi più pressanti e amari: partivano “non per desiderio di vita avventurosa, né per cupidigia (come lasciava intendere qualche parroco), ma per necessità imperiosa di pane e di lavoro”. Ecco perciò l’America prefigurata e sognata come il paese di Bengodi, soprattutto il Brasile e l’Argentina; inizialmente (1872) il fenomeno fu appena avvertito e sui 20.000 che partirono da Genova i veneti erano un gruppetto sparuto di 280 temerari. 8 PRE TESTI Poi si aprirono le cataratte, perché l’America Latina chiedeva sempre più manodopera agricola e i veneti erano apprezzati e stimati come “lavoratori instancabili, tranquilli, non sindacalizzati”; dall’America si lusingarono i dubbiosi e gli indecisi con incentivi seducenti e rassicuranti: viaggi gratuiti, premi, dotazione di utensili agricoli, di case senza affitto…ma l’arrivo dissolse molti sogni e li mise di fronte a crudeli impreviste realtà (la febbre gialla, il vaiolo, la sistemazione precaria, il futuro incerto). Oltre il 75% dei Veneti in Brasile venne occupato nelle piantagioni di caffè in sostituzione degli schiavi (la schiavitù infatti era stata abolita nel 1888, seguita da una disastrosa guerra civile 1893-94); nei lori ricordi e nelle memorie familiari i “docili” veneti hanno conservato in fondo al cuore e trasmessa a tante generazioni una carica di rabbia e di sordo rancore verso lo Stato italiano, che continuarono a guardare con diffidenza e ostilità: “là eravamo servi, qui siamo signori” e si consolarono pur con una punta d’orgoglio: “I a scominsià a moltiplicar e lora i ga dito: se ciava l’Italia!” I nostri emigranti soffrirono soprattutto l’isolamento geografico e la perdita delle loro identità culturali (della lingua e delle loro radici), anche se cercarono con determinazione di integrarsi e di sviluppare un forte senso di appartenenza (nelle “colonie venete”, nella famiglia, nella religione conservata integra nei valori e nelle tradizioni per merito soprattutto di alcuni preti conterranei che li avevano seguiti oltreoceano); dal 1882 al 1901 gli italiani giunti in Argentina sono stati complessivamente 802.000 (71.000 i veneti) ed in Brasile su 871.000 gli emigranti veneti furono 371.000, in gran parte stabilitisi negli stati di S.Paolo (70%) e di Rio Grande. Le loro nostalgie si riflettono nelle corrispondenze frequenti e sofferte dei primi anni: “Qui viviamo discretamente…ghe no passà de brutte anca mi, salo. Un boia de fazendero el me ga robà 400 m., quel fiol d’on can…Chi ghe n’ha (ora) sta meio in Italia de qua. Chi ga voia de lavorar, ossia de lavorar molto…ma quante privazion, sior! Gnente scole per i putei, né preti e dotori, cani rabiosi…”; poi con il tempo o con i ricongiungimenti questo filo PRE TESTI 9 rosso si spezzò, i contatti si fecero più labili, i ritorni rari solo per qualche fortunato…rapporti risvegliati ora da un dinamico associazionismo e dalle recenti iniziative legislative. Dunque dal 1876 al 1925 sono partiti dall’Italia 15 milioni di emigranti, di cui 8 dal Nord, spinti principalmente dalla miseria, dal lavoro massacrante delle campagne (14 ore), dalle malattie, dalle tasse (per pagare quella sulla polenta occorrevano 23 giorni di lavoro); in Brasile occuparono il posto degli schiavi, ma i nostri continuarono ad emigrare anche verso la Francia, la Libia (Tripolitania), l’Etiopia, nell’Agro Romano e Pontino, in Germania, in Belgio, nella Valle d’Aosta… “Nella storia d’Italia – scrive E.Franzina storico dell’emigrazione – non esiste un fenomeno così persistente, pervasivo e paradossale come quello dell’emigarzione; chi partiva, senza speranza o intenzione di ritornare, veniva deriso dai padroni, e rispondeva in modo sarcastico e un po’ propiziatorio: Viva l’America e morte ai Signori!” Ma chi aveva deciso di partire era disponibile a tutto: la messa a punto della partenza veniva discussa nei filò e nelle osterie o in canonica e il viaggio veniva programmato in autunno, dopo la stagione e dopo aver venduto tutto; se ne andarono con una forte carica e voglia di emancipazione e di riscatto sociale, che molti raggiunsero dopo le difficoltà e le traversie durissime dell’arrivo. Rimasero attaccati alla terra d’origine conservandone i ricordi, le memorie, i toponimi ricalcati su quelli veneti (sorsero ben cinque Venezie e battezzarono col nome della patria le principali località); non hanno mai dimenticato la lingua materna (el talian), e neppure le tradizioni alimentari e culinarie, perfino i giochi d’osteria e le bestemmie, ma rispettarono profondamente la loro fede e le tradizioni sacre (le chiese, i capitelli, le sagre, le processioni…) Vorrei concludere con due esperienze personali opposte: mi capita spesso di cercare negli archivi parrocchiali le origini anagrafiche degli attuali discendenti di quegli emigranti o di sentirli al telefono perché le loro richieste sono pressanti, ma spesso senza riferimenti precisi; rimango sconcertato nel constatare la scomparsa di ogni 10 PRE TESTI traccia dell’originaria identità veneta e per il fatto che del nonno o del bisnonno emigrati ricordino appena il nome incerto e storpiato, correlato a malapena a qualche indicazione cronologica o geografica. Ho sperimentato invece qualche anno fa gli effetti di una emigrazione più recente nel Quebec canadese e sono rimasto impressionato da come gli emigranti custodiscono le proprie tradizioni da noi quasi scomparse (le feste patronali, le processioni del Corpus Domini e di S.Antonio, la lingua colloquiale, il vino, i saladi,…); per due giorni interi sono stato scandagliato da Mario, un mio vicino di contrà partito nel secondo dopoguerra e mai più ritornato: ho scoperto che aveva mantenuto intensamente la memoria di Gambellara e della sua gente come le aveva lasciate al momento della separazione, quasi un cortometraggio visto e rivisto chissà quante volte e con quale sofferenza (dall’asino e il carretto con cui andava al monte, alla chiesa, ai parenti, alla vita di contrà, a S.Marco…); e la stessa impressione l’ho colta nelle case di molti italiani, dove ho ritrovato le atmosfere e le immagini perdute della mia infanzia (qualcuno mosta ancora l’uva o “fa su il mas’cio”). Forse non sarà così per sempre, forse non fu così per tutti, forse…e mi piace concludere citando “La Merica di Nanetto Pipetta”, una figura mitica della nostra emigrazione d’oltremare, che esaltò nel suo “talian” i luoghi comuni di quella avventura disperata, cantando tuttavia: “…Mi digo che la ze na gran sità (l’America), che mena i poareti in lautomobile in serca de fortuna… Evviva la Merica Ze grande cucagna Se beve se magna E liegri se sta”. prof. Luigi Zonin 11 Le culture del cibo La questione del cibo – almeno per coloro che amano addentrarsi nei fenomeni che accadono - si può esprimere semplicemente così: mangiamo ciò che mangiamo perché ci conviene, perché ci fa bene, o perché è a portata di mano o è buono, oppure, come sostiene Lévi Strauss, il fatto è che ci sono cibi “buoni da pensare” mentre altri sono “cattivi da pensare”? Cioè, in altri termini, l'azione primaria dell’assumere il cibo appartiene alla semplice esperienza dei sensi – supposto (e non concesso) che tale esperienza sia così neutra che ci accosti meccanicamente alla pelle delle cose – oppure appartiene al mondo della cultura e delle strutture mentali di un popolo? Il fatto che ci induce a pensare è questo accadere di cose curiose, come quella di veder gente affamata che rifiuta di mangiare le carni di mucche o di cavalli, o di veder gente che prova ribrezzo per cibi che altri consumano con avidità, oppure il vedere che alcuni cibi si considerano gentili e leggeri, mentre altri son stimati pesanti e vili. E i cibi che provengono dal cielo, come gli uccelli e certi frutti, son degni delle nobili genti, mentre quelli che si raccolgono sotto terra (come le patate, le rape o le cipolle) sono invece adatte allo stomaco rozzo del villano. Per cui vien da chiedersi: ma vediamo tutti la stessa cosa nel piatto? Accade, poi, che la cucina più recente componga nel piatto forme e colori come se si trattasse di un pittore alle prese con il suo quadro. E allora, quando intervengono comportamenti che somigliano a quelli della produzione di quegli oggetti inutili, eppure così intimamente umani, che sono le opere dell’arte, allora vien da chiedersi se assumere il cibo sia soltanto un fatto biologico, un meccanico approvvigionare un corpo bisognoso di sostentamento, oppure se il cibo non sia anch’esso una finestra per 12 PRE TESTI guardare dentro i fatti umani e, ancor meglio, proprio per il fatto di essere una finestra non così consapevolmente rivolta all’interno dell’uomo, non sia proprio per questo particolarmente significativa. Il fatto è che ad una considerazione appena superficiale appare che il cibo – assumendo per cibo il senso lato che comprende la sua preparazione, il suo consumo, le liturgie e i rituali che lo accompagnano – è collegato alle diverse culture che proiettano nel cibo la loro stessa immagine. Alla radice del meccanismo della formazione del gusto vi è un principio di antieconomicità che aveva già intuito Isidoro di Siviglia nel VII secolo d.C. quando annotava, a proposito del fagiolo, che “tutto ciò che abbonda è vile”. La controprova si ha quando si osservi come ciò che è raro o prezioso perché proveniente da terre esotiche, non appena diventa alla portata di tutti, perde di colpo il suo potere di ingaggio emotivo. Prendiamo il caso dello zucchero. E’ la vicenda di un alimento che, proprio in virtù della sua rarità, gode di grande prestigio dal Medioevo sino ai secoli dell’età moderna. Ma non appena giunge ad una disponibilità diffusa ecco che cala il desiderio o, addirittura, si rivolta contro perché mai come oggi la società dell’abbondanza lo ha demonizzato come la fonte di molteplici malanni che intaccano l’efficienza del corpo. In mezzo ci stanno comportamenti rivelatori come l’adorazione dei nostri padri – le generazioni nate nei primi decenni del secolo XIX – i quali, giunti finalmente a poterne disporre, ne hanno abusato fino all’eccesso. Ci sono poi alimenti che cambiano di segno e invertono assolutamente le loro proprietà. E’ il caso del caffè, a lungo considerato simbolo di una classe emergente, quella borghesia dinamica e volitiva che si stava opponendo radicalmente ad una nobiltà pigra e demotivata, dedita alla cioccolata. Ecco, allora, che sul finire del ‘700 i due alimenti caffè e cioccolato diventano due bandiere, due indici di appartenenza che si lanciano il guanto di una sfida feroce. Il caffè amato da una classe emergente e deter minata a conquistare il mondo che le appartiene, la cioccolata, in- PRE TESTI 13 vece, prediletta da quegli altri, per via degli ingredienti costosi e ricercati (che ne determinano l’esclusività). La bevanda, per inciso, fu particolarmente cara al clero – che vi dedicò anche una disputa teologica - perché ritenuta perfetta per i regimi quaresimali di magro, in quanto in grado di sostenere senza interrompere il digiuno, tanto che si suppone che sia maturato nei monasteri di suore il costume si aggiungere lo zucchero a quel “brodo indico”, che era invece prima consumato amaro e piccante come nelle civiltà amerinde. Si dà il caso che Michelet, il grande storico, abbia collegato l’origine della Rivoluzione francese all’abitudine sempre più diffusa all’epoca, tra i borghesi di Francia, di assumer questa bevanda eccitante e per sua natura propensa a stimolare lo sviluppo dell’azione. Ma a fronte di tanta eccitazione com’è che oggi il caffè sempre più spesso viene associato ad un immaginario di pausa e di riposo, dedito alle relazioni ed alla chiacchera pettegola, “gossip” si dice? Siamo qui di fronte al caso – sostiene Roland Barthes, che ha sottolineato questa esperienza del caffè, in un suo famoso saggio sulla psico-sociologia dell’alimentazione – che la natura della sostanza, il suo essere eccitante nervoso, è stata sopraffatta dalla circostanza, cioè dai comportamenti sociali che accompagnano l’assunzione del caffè, che sono comportamenti tipicamente indotti dalle culture e che con esse mutano e si trasformano. Ed è evidente che da questo lato siamo già entrati nella questione dei comportamenti intorno al cibo, dei rituali e delle procedure che lo investono. Prendiamo ancora qualche esempio. La geografia del banchetto, per cominciare. Sin dal Vangelo sappiamo che ci sono i posti per i primi e per gli ultimi e che chi si arroga il diritto di avvicinarsi ai posti che non gli competono rischia di essere pubblicamente svergognato. E anche nella spartizione del cibo intervengono regole e protocolli che forse inconsapevoli rivelano tabù remoti, senso di appartenenza, gerarchie sociali e quant’altro non sappiamo. All’ospite, ad esempio è prescritto il pezzo migliore; nella civiltà contadina, spesso le donne mangiano dopo e separate dagli uomini e ad esse son riservate porzioni meno 14 PRE TESTI pregiate, come il collo nel lesso di gallina. C’è poi la questione delle regole e dei comportamenti a tavola per cui avviene che chi conosce il patrimonio delle regole del galateo appartiene alla classe alta che vuole prendere le distanze da quel contadino che vive ancora uno stato primitivo e preumano, che lo porta a mangiare con le nude mani, con la bocca avida e spalancata, eseguendo un concerto di rutti e rumori d’ogni genere. Cè poi un altro fatto significativo, proseguendo in questa panoramica sui problemi che investono il cibo. Massimo Montanari – medievalista e studioso dell’alimentazione – introduce la nozione di sistema alimentare per indicare un fatto complesso – da paragonare al linguaggio, per intenderci, all’interno del quale i singoli prodotti si comportano come morfemi, unità significative di base, da cui provengono le parole, che poi si articolano nel discorso. Prendiamo il caso del mais. La pannocchia proviene, sappiamo tutti, dall’America e viene introdotta in Europa dopo i viaggi di Colombo. Ma il fatto eclatante è che il prodotto viene reinterpretato alla luce del grande bagaglio di cultura grecoromana. E se mai i popoli americani ne avevano fatto polenta, non così da noi, dove il nuovo prodotto si innesta in una tradizione che conosce il pulmento, la polenta che a Roma si faceva con il farro e che nel Medioevo si continuerà a produrre, utilizzando via via il miglio, il panìco, il sorgo e ancora il farro. L’imporsi prepotente in Europa del mais per via della sua stupefacente produttività, non solo determinerà la progressiva scomparsa di questi cereali ma, addirittura, il nuovo arrivato andrà talvolta ad usurpare i nomi dei cereali più antichi, per cui in Francia si chiamerà “millet” (miglio) e in Italia “grano turco”. Non diversamente il successo, anch’esso tardivo ma altrettanto prepotente della patata vedrà declinare l’importanza della rapa che ancora all’epoca del Ruzante era per eccellenza il cibo dei contadini. E il tacchino americano, per via di questa sua attitudine scenografica, andrà sostituendosi al pavone, caro all’aristocrazia fin dal Medioevo, ma dalle carni legnose e meno gustose del primo. Dopo la morfologia – continua Montanari – abbiamo la sintassi PRE TESTI 15 dei cibi. Così, ad esempio, la pasta, nell’uso medievale si accompagnava alla carne, non diversamente dalla polenta che accompagnava carni e verdure. La sua trasformazione in piatto unico – che avverrà nel regno di Napoli nel corso del ‘600 – è indice di una difficile situazione alimentare e di una penuria che va dilatandosi e penetrando sempre più rapidamente nelle masse contadine. Nello stesso periodo nel nord Italia va affermandosi la polenta non più anch’essa compagna di altri alimenti, ma da sola, ultimo caposaldo di una alimentazione sempre più misera, che porterà, per inciso, anche a dividere l’Italia tra polentoni e maccaroni. Abbiamo, poi, proseguendo in questa immagine riferita al linguaggio, la retorica del cibo, perché esso viene usato anche per significare, per sottolineare, per dichiarare una appartenenza o una qualità. Prendiamo la figura retorica dello stramangiare. Anticamente mangiare oltre ogni limite era un segno distintivo della nobiltà e il cronista ci racconta che l’Adelchi prigioniero alla corte di Carlo Magno mangiava come un lupo affamato: era l’ultimo modo che gli era rimasto per affermare la sua indomita fierezza. Con il tempo, dismesse le armi e la consuetudine della caccia nei boschi, la nobiltà ama distinguersi dal vile per questo suo piluccare annoiato che sa però discernere il buono dal cattivo, il cibo gentile dal prosaico. Saprà anche addivenire ad una disciplina ed un rigore che sono accessibili solo a chi è guidato dal lume dell’intelligenza. Ne è campione Alvise Corsaro che nel suo Elogio di vita sobria propone un mangiare ispirato alla semplicità che sa pervenire finanche alla rinuncia, un nutrirsi sano e regolato che consiste in pane, panatela, o brodetto con l’uovo, o altre tali buone minestrine. Ma ecco che poi l’abbondanza del cibo, come valore assoluto, dopo essersi affermata anche alle mense della borghesia, emigra nelle classi popolari le quali nelle occasioni topiche della vita – come nei battesimi o i matrimoni – si abbandonano ad un mangiare furioso, protratto fino allo sfinimento, facendo sfoggio di una abbondanza che lascia nelle memorie a venire il ricordo del vino più buono o del risotto più 16 PRE TESTI straordinario. Ma anche nei comportamenti quotidiani emerge talvolta questa figura retorica: si pensi, ad esempio, al giro di bevute tra gli amici in cui diventa un punto d’onore non sottrarsi mai all’offerta, quand’anche costasse una solenne sbornia. Per concludere possiamo ben dire che è particolarmente significativo che un Istituto scolastico affronti il discorso sul cibo. Un Istituto, per inciso, che sfrutta in maniera intelligente la sua molteplicità etnica per porsi nella posizione privilegiata di cogliere sul nascere nel linguaggio del cibo il formarsi di nuovi morfemi, l’articolarsi di rinnovate retoriche. Si consideri che la cultura alimentare europea ha origine dall’innesto della tradizione romana con quella barbarica e andrà strutturandosi nei suoi elementi cardini che saranno per secoli il grano, l’olio e il maiale. Che cosa invece uscirà da questo nuovo innesto di culture e immigrazioni cui è esposta l’Europa del XXI secolo? Si consideri, inoltre, che siamo in presenza di un elemento della cultura materiale che anima l’immaginario, descrive le differenze, ma costituisce anche il primo passo verso l’integrazione delle culture, per cui si non si può certo dire che un cibo appartenga in tutto e per tutto ad un popolo e ad una unica cultura. E se la pasta può essere indicata come l’emblema del mangiare italiano, si consideri che essa proviene dall’oriente, che abbiamo appreso dagli arabi le tecniche di essiccazione e che anticamente si consumava, come ancor oggi si consuma nei paesi anglosassoni, accompagnata alle carni e come supporto ad altre pietanze. Da ultimo, e ancor più per sottolineare la validità del progetto didattico, si valuti che il cibo, può significar anche molto di più. Riconosciamo, ad esempio, che la cucina medievale si dispone come universale e sintetica – come universale era il sogno di una cristianità riunita sotto un unico capo o come al medesimo valore si ispirava anche la grande costruzione dell’impianto aristotelico-tomista. Tale clima si accompagna ad un modello di cucina naturalmente sintetica, basata sulla mescolanza dei sapori e che nell’agrodolce, mescolando zucchero e agrumi (rinnovando la più antica esperienza romana che combinava insieme miele ed aceto) esprime al meglio la cifra di questo milieu PRE TESTI 17 culturale. Un mondo che sarà fatto a pezzi dalla logica cartesiana, condotta a dividere e sezionare, a incidere e separare. Elemento in cui molti vogliono cogliere l’origine stessa del mondo moderno, un mondo che, come divide in cucina e distingue i sapori in dolce, amaro, salato e piccante, divide in classi distinte il corpo sociale, recinta e divide i campi dai boschi, divide i bambini dagli adulti, divide le dimore in molteplici stanze assegnando ad ognuna diverse funzioni, divide e specializza il processo di produzione, (un clima, questo, da cui proviene anche la stessa fotografia che procede incidendo nella pelle del mondo infiniti rettangoli, anch’essa figlia di un ribaltamento dell’assetto mentale). E se ancora persistesse qualche dubbio sul fatto che nel cibo si specchi la cultura di un popolo, ma si specchi così innocente e inconsapevole da essere brutalmente sincera, libera da ogni contaminazione delle aspettative e delle apparenze ingannatrici, si consideri che mediante esso si può anche pervenire al nocciolo della cultura, quella visione del mondo da cui tutto dipende e da cui tutto discende e che ci fa dividere il mondo tra quelli che cucinano con l’olio e quelli con lo strutto, tra quelli che mediante gli alimenti stabiliscono il confine tra l'appartenenza e l'esclusione, o quelli che preferiscono le carni alla brace, i popoli che siedono bellicosi intorno al crepitare del fuoco, dai popoli che nel bollire delle pentole spremono il succo dei cibi e nei tegami della logica tritano il senso delle esperienze. Dr. Sergio Giorato 19 L'ACCOGLIENZA Agli alunni dei corsi di licenza media (150 ore) è stato chiesto di scrivere qualche riga sull'accoglienza dell'ospite nei loro paesi d'origine; ecco il loro contributo. Li proponiamo talis et qualis. 20 L'ACCOGLIENZA sugo. Si usa soprattutto carne di bovino, pollo e agnello o pesci ti pici d’acqua dolce. Non c’è la tradizione di bere alcolici a tavola e neanche dopo e ciò soprattutto nei villaggi. Nelle città si può anche fare in certe occasioni, ma solo con cari amici o parenti (cugini). Alla fine si prende un piattino di dolce a base di latte tipo yogurt o budino. Aloysius Manuel Joy Dhaka (Bangladesh) L'ACCOGLIENZA DELL'OSPITE IN BANGLADESH C’è una grande differenza tra la vita nelle città e in quello nei pic coli paesi. Nel secondo caso, le persone sono molto tradizionaliste invece nelle città più moderne. Possiamo capire questa differenza anche nel modo di ricevere gli ospiti a casa. Nei villaggi, di solito, non si invita mai una sola singola persona, ma anche la sua famiglia, mentre nelle città si può anche con un individuo. Nei piccoli comuni di solito si invita per pranzo poiché spesso ci sono difficoltà di trasporto di sera, mentre nelle città si preferisce invitare per cena perché le famiglie sono occupate col lavoro. Giunti gli ospiti, si offre un tè con dei biscotti o dolci tipici fatti in casa. A tavola, per cena o pranzo, si offre del riso di buona qualità (basmati) e altri piatti con delle pietanze da mescolare. Di solito all’inizio si comincia con qualcosa di asciutto tipo una frittura (melanzane..), ma poi si passa alla carne o pesce con del L'ACCOGLIENZA DELL'OSPITE IN GHANA In Ghana si intrecciano tradizioni britanniche e locali. L'accoglienza e l'ospitalità mettono in agitazione perché all'ospite va data la massima considerazione possibile (quasi sacrale anche se non di derivazione religiosa) tanto che sovente gli ospiti mangiano per primi. In alcune case l'ospitalità è di stampo britannico mentre in altre è di tipo più locale. In questi casi la famiglia accoglie gli ospiti in una stanza centrale (una sorta di family room) della casa, che è strutturata diversamente da quelle italiane, dove ci si siede in cerchio a parlare. Le donne generalmente sono ancora occupate a cucinare. Chi prepara il cibo non mangia con gli altri ma in una stanza più piccola. In alcuni luoghi per mangiare tutti possono servirsi anche con le mani. Dove più viva è la tradizione britannica invece le usanze sono più di stampo occidentale con l'uso delle posate e con un'etichetta all'inglese. Gyasi Wendy Accra (Ghana) L'ACCOGLIENZA 21 22 L'ACCOGLIENZA L'ACCOGLIENZA DELL'OSPITE IN MAROCCO L'ACCOGLIENZA DELL'OSPITE IN RUSSIA La cucina marocchina è un miscuglio di tradizione araba, berbera, orientale per cui i piatti tipici risentono di tutti questi influssi. In Marocco è tradizione preparare piatti particolari per gli ospiti. I giorni preferiti per invitare gli ospiti sono i giorni del fine settimana. L’ospite viene accolto con un saluto e l’uomo viene condotto in un salone e la donna in un altro salone. Si serve in questo momento il the marocchino che qualcuno chiama “whisky marocchino” preparato con quattro ingredienti fondamentali: the verde, foglie di menta fresca, acqua bollente, zucchero. Tradizionalmente viene servito in eleganti teiere di stile arabeggiante e versato in piccoli bicchieri ed è accompagnato da dolci secchi speziati (tipo biscotti). Quando giunge il momento della cena o del pranzo vero e proprio, inizialmente ci si lava le mani. Una volta a tavola si pronuncia la frase “Bismi Allah” (un ringraziamento a Dio). Il pranzo o la cena iniziano con un insalata a cui fa seguito un piatto di carne bianca (carne di pollo) oppure una pastila (una specie di pasticcio) con il pollo o con il pesce. Arriva quindi il momento dei piatti di carne caratterizzati da diverse preparazioni e accompagnati da un pane bianco e morbido. Durante il pasto si beve acqua o anche the marocchino. Alla fine del pranzo si serve una torta di frutta con il piatto di frutta come dessert. Prima di iniziare il pranzo, di solito, si offre agli invitati qualcosa da bere: un aperitivo alcolico per gli adulti o una bibita gassata per i bambini. Sulla tavola imbandita sono sempre presenti pane bianco e pane nero e gli antipasti che variano a seconda della stagione. In inverno gli antipasti sono costituiti da insalata russa, insalata vinegret, pesce salivnoe (pesce in gelatina), colodez, diversi sottaceti (cetrioli, peperoni), , pomodori, funghi salati, caviale rosso e nero, salami e formaggi tagliati, prosciutto e pesce affumicato. In estate si servono insalate fresche fatte con insalata, pomodori, cetriolo, cipolla verde, prezzemolo, ucrop (tipo di finocchio) associati a panna acida o a olio di girasole. Una volta terminati gli antipasti si passa ai piatti caldi: solanca, ragù di carne con patate, pollo al forno, goluzbi, peperoni farscirovannie (peperoni ripieni), cotleti (simili alle polpette), funghi al forno, pesce fritto e chi lo desidera può accompagnare il piatto di carne con spaghetti o maccheroni con salsa. Durante il pranzo tutti i commensali propongono dei brindisi per: la salute, la felicità, l’amore. A fine pranzo di solito si cantano vecchie canzoni russe o si gioca qualche gioco da tavola come la tombola o le carte. I russi sono abituati durante la bella stagione a fare picnic in posti vicino a un lago o ad un fiume, oppure si trasferiscono con la famiglia nel fine settimana nelle case di campagna, dette dacie. Durante queste scampagnate il piatto preferito sono gli “scasclic” (spiedini), oppure la zuppa di pesce o il pesce affumicato se si va a pescare. A volte questi picnic sono accompagnati dal suono della chitarra. Marib Halima Marocco Irina Yunalainen Mosca (Russia) L'ACCOGLIENZA 23 L'ACCOGLIENZA DELL'OSPITE IN SERBIA In Serbia l'ospite viene accolto dandogli la massima considerazione possibile. La padrona di casa prepara la sala da pranzo e sceglie il menù secondo il periodo. Si usa mettere in tavola il servito migliore. Generalmente l'ospite viene accolto secondo un rituale che prevede l'accoglienza in un salottino dove si serve un bicchierino di grappa alle prugne prima del pranzo e dove si inizia la conversazione. Difficilmente durante il pranzo la padrona di casa siede per tutto il tempo a tavola con gli ospiti perché è intenta a servire. Solo alla fine si siede a conversare con gli ospiti assieme al resto della famiglia. Il pranzo o la cena sono articolate in più portate come in Italia. L'ospite è sempre al centro dell'attenzione. Dragana Savic Belgrado (Serbia) L'ACCOGLIENZA DELL'OSPITE IN SLOVACCHIA L’accoglienza degli ospiti in Slovacchia è simile a quella in Italia, ma penso che sia ancora più generosa. Esiste una differenza, seppur minima, fra l’accoglienza in città e quella nei paesi di campagna. Nei paesi di campagna l’ospite è accolto con maggiore attenzione. In genere, se viene un ospite si offre qualcosa da bere. La scelta è abbastanza vasta: caffè, thè, cappuccino, succo, limonata, acqua minerale ecc. Agli uomini si può offrire acquavite, birra, vino, ovviamente se 24 L'ACCOGLIENZA non devono guidare la macchina. Le bevande sono accompagnate da uno spuntino. Quando l’ospite è una donna, viene generalmente offerto qualcosa di dolce: dei cioccolatini, dei biscotti, della cioccolata o dei dolci fatti in casa. Quando l’ospite è un uomo, la tendenza è di offrire qualcosa di salato, come ad esempio il “piatto rivestito”, o dei panini aperti, delle patatine o delle noci. Il piatto rivestito è composto da salame o prosciutto, uova bollite, pomodori, cetrioli freschi o in agrodolce, peperoni e formaggio. Su un altro piatto sono servite delle fette di pane. Nella stagione invernale viene spesso offerta la salsiccia fatta in casa ben affumicata, la pancetta o la coppa. Se l’ospite arriva inatteso o si trattiene più a lungo è comunque usanza in Slovacchia di invitarlo a mangiare a pranzo o più raramente a cena. Come primo piatto normalmente si serve una zuppa: particolarmente gradito è il brodo di pollo o di manzo sempre accompagnato da tagliatelle. Il secondo piatto è sempre a base di carne. Spesso si fanno le cotolette di maiale impanate (simili alla cotoletta alla milanese), il pollo arrosto, le scaloppine o gli involtini. Il tutto è accompagnato da riso o da puré di patate. Alcuni secondi piatti vengono accompagnati da un tipico gnocco “Knedľa” Altri contorni tipici della Slovacchia sono le insalate fresche o la verdura sott’olio o sott’aceto, o spesso anche la frutta sciroppata. Nadezda Haque Brezno (Slovacchia) 25 FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE Agli alunni dei corsi di litaliano L2 è stato chiesto di scrivere qualche riga sulle feste e tradizioni gastronomiche nei loro paesi d'origine; ecco il loro contributo. Li proponiamo talis et qualis. Rigorosamente in ordine alfabetico 26 FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE non si lavora. E' la festa della bandiera anche se non è stato ancora deciso quale di questi due giorni sarà quello solenne ed effettivo. Questo accade perché non esiste ancora un accordo politico. I nostri politici, infatti, non hanno ancora deciso se il giorno della bandiera sarà il 28 o il 29 novembre. Provvisoriamente si festeggia in entrambi i giorni. La nostra bandiera fu alzata per la prima volta a Valona da “Ismail Demali” ed i suoi compagni, considerati i padri dell'indipendenza albanese, non si sa bene se il 28 o il 29 novembre. 7 MARZO – E' la festa dell'insegnante. In questa occasione i bambini e le loro famiglie portano molti doni agli insegnanti e anche alle loro mamme. 8 MARZO – E' la festa della donna. ALBANIA Si fa fatica a parlare di feste e tradizioni per il nostro Paese e bisognerebbe rivolgersi ai nostri genitori o ancora di più ai nostri nonni per sapere qualcosa in più sull'argomento. Noi giovani, infatti, ricordiamo più le festività civili che non quelle religiose anche perché queste dipendono dalla propria fede e in Albania convivono musulmani (la stragrande maggioranza, frutto di oltre quattro secoli di dominazione turca), cristiani (ortodossi e cattolici). Noi proveniamo dal nord dell'Albania, dall'area di Scutari a confine con il Montenegro. In maniera sintetica vogliamo ricordare le nostre festività civili e qualche tradizione legata a queste. 28-29 NOVEMBRE - In questi due giorni l'Albania è in festa e 21 MARZO – E' il primo giorno di primavera. Generalmente le famiglie vanno a fare picnic in campagna o al mare o in montagna. In questo giorno tutti mangiano un tipo speciale di frittelle fatte con farina, uova, acqua e sale. Queste hanno una forma tutta particolare: spesso dei 'ghirigori' ma pure simile agli occhiali alla chiocciola. Oltre alle frittelle in questa occasione si mangia carne alla brace o alla griglia. 1 MAGGIO – E' la festa dei lavoratori. E' anche la festa delle famiglie perché è l'occasione, contando sulla bella stagione, di andare tutti insieme in campagna a fare il picnic. Oltre alla carne è nostra usanza cucinare la carpa, pesce di acqua dolce: questa viene prima insaporita in un brodetto e poi passata al forno. Irba Domnori & Edinjo Skenderaj Albania FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE 27 BANGLADESH Una delle feste più importanti degli Indù in Bangladesh è quella chiamata Poga. E' una festa che si protrae per tre giorni. Ogni giorno inizia con la preghiera a Dorga, una delle divinità indù. E' una festa della famiglia e dell'amicizia. Tutti si riuniscono – parenti, cugini, amici per scambiarsi doni. Dopo la preghiera si comincia a cucinare. Intanto si mangiano frutta e dolci. Il pranzo è a base di riso con zucchero e latte (sbogi) e piselli (paas). Durante i tre giorni si canta e si balla con i costumi tradizionali. Rita Das Bangladesh Come in tutto il mondo musulmano il Ramadan è un periodo molto importante di digiuno e preghiera, della durata di un mese circa. Durante il Ramadan si può mangiare solo al mattino presto e dopo il tramonto. Non si può mangiare a mezzogiorno. Al termine del Ramadan i musulmani del Bangladesh hanno la festa di Edul Fitor e questa generalmente cade in novembredicembre. Tutti gli uomini musulmani prima si riuniscono per pregare in moschea mentre le donne cucinano alcuni piatti tipici: carne di pollo o di mucca, riso con burro, cipolla e peperoni o riso con latte, frittelle dolci, Ladal con latte e zucchero. In tale occasione si mangia anche frutta e insalata. Per Edul Fitor tutti, ricchi o poveri, comprano un vestito nuovo che viene indossato dopo aver fatto la doccia. Poi tutti gli uomini si danno la mano. Edul Fitor è una festa di preghiera nella moschea e di balli e canti. 28 FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE Per l'occasione ci si può recare dalla campagna nella grande città per fare passeggiate o per andare al cinema o in qualche locale ad ascoltare musica o a guardare la TV. Molti giocano anche a calcio nel pomeriggio. Rajia Sultana Luna Bangladesh CILE In generale, quando c'è qualcosa da celebrare in Cile, ci si rivolge alla carne ai ferri accompagnata da tanti tipi d'insalata; per esempio pomodoro, cipolla, sedano, lattuga cetriolo e patate bollite. A volte le patate e le cipolle vengono cucinate nella brace e queste ultime vengono condite con olio e limone come per una qualsiasi insalata. Per la Settimana Santa (in particolare il Venerdì Santo) di solito si prepara pesce o frutti di mare ma non si ha alcun piatto tipico. La Settimana Santa è un insieme di riti e tradizioni in gran parte di de rivazione spagnola e india che mutano secondo le varie aree del Paese. In Cile anche la festa nazionale è molto sentita. Questa si tiene il 18 settembre a ricordo della nostra indipendenza. Oltre alla tipica carne ai ferri (manzo, maiale, pollo, ecc.) si preparano le “empana das” che consistono in una pasta ripiena con carne, cipolla tritata e soffritta con frattaglie cui sono aggiunte olive nere, uva passa e un pezzo di uovo sodo. Al termine della preparazione il risultato è una mezzaluna ripiena e cucinata in forno della grandezza di una mano. Come dessert per il rinfresco del pomeriggio è tipico man giare il grano cotto con le pesche secche che si idratano con acqua e cannella. Al posto della carne ai ferri si può mangiare il cosiddet to “anticucho”, uno spiedino fatto di manzo, lunganizza, (una FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE 29 sorta di salsiccia) e carne di pollo intercalata con verdure come, ad esempio, cipolle, peperoni, carote... Per Natale è tipico il “Pan de Pascua”, una specie di panettone più speziato con cannella, chiodi di garofano, noce moscata e in più con frutta candita, uva passa, noci, mandorle e, talvolta, arachidi. La nostra bevanda tipica è la “cola de mono” fatta con latte, caffè, cannella, noce moscata, chiodi di garofano e anice con l'aggiunta di una specie di grappa. Relativamente a riti e tradizioni per il Natale vale in gran parte quanto già detto per la Settimana santa. Maria San Martin Cile 30 FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE pellegrinaggio è un altro dei cinque pilastri della religione islamica. Per ogni adulto musulmano è fondamentale recarsi almeno una volta nella vita in pellegrinaggio alla città sacra della Mecca. Durante questo mese i musulmani festeggiano la seconda festa “Aid Al- adha” in cui si indossano nuovi abiti e ci si ritrova per pregare in un luogo pubblico, “M’qalla”, al di fuori della moschea. Questa festa viene celebrata in ricordo del miracolo compiuto da “Allah” quando sostituì un montone a “Ismael”, figlio di Abramo, il quale stava per offrirlo in sacrificio. Dopo la preghiera la festa prevede proprio il sacrificio di un montone, un pezzo del quale deve essere offerto ai poveri. La famiglia si riunisce poi per mangiare “El machoui”, un piatto a base di carne. Anche questa festa dura tre giorni. El Khadimi Aoitif, Essoumhi Hamid Marocco MAROCCO Festa dell’ “Aid Al Fitr” (dopo il Ramadan): il Corano stabilisce l’obbligo del digiuno, che è uno dei cinque pilastri della religione islamica. Durante il mese di Ramadan i musulmani, dall’alba al tramonto, si astengono da ogni cibo e bevanda, ma anche da ogni altro cattivo pensiero o azione. I credenti intensificano il ciclo di preghiera e dividono i loro beni con i bisognosi. Nel periodo di Ramadan durante la notte i musulmani fanno tre pasti: I.“el fotor”, subito dopo il tramonto: la famiglia si riunisce a tavola e si mangiano datteri, “harira (una specie di zuppa) e cebachia” II.“ettaraouhi”: si cena con “tagin”, una pietanza a base di carne III.infine, prima dell’alba, si fa colazione Alla fine del periodo di Ramadan, si festeggia “Aid Al Fitr”: tutti indossano vestiti nuovi, mangiano e pregano, si fanno gli auguri, si scambiano giorni e la festa dura tre giorni. Festa dell’ “Aid Al-adha” (mese del pellegrinaggio): il MESSICO In Messico la celebrazione del Natale inizia già la sera prima. Si organizza una cena, quasi sempre, con cibo tradizionale. In questo modo durante la cena si aspetta l'arrivo del 25 Dicembre con la Nascita del Bambin Gesù. Per Natale non si lavora e vengono celebrate messe tutto il giorno. In relazione al cibo messicano tradizionale ci sono tanti piatti. Uno di questi è “Los Tamales”, una pasta preparata con farina di mais, sale, acqua e “manteca” - una specie di olio solido. Questa viene distesa su una foglia di pannocchia che è stata ben pulita e vi si aggiunge una specie di spezzatino di carne di pollo e maiale. Il tutto viene avvolto nella foglia e messo in casseruola che si mette a cuocere a vapore per due o tre ore. FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE 31 L'ultimo dell'anno, il 31 Dicembre, si festeggia allo stesso modo che in Italia. Si prepara una grande cena in attesa dell'anno nuovo (“ano nuevo”). Si mangia uva esprimendo un desiderio per ogni chicco. Generalmente se ne mangiano dodici quanti sono i mesi dell'anno. Il 6 Gennaio si celebra il giorno dei tre Re Magi. Ai bambini si regalano giocattoli. In questa occasione si prepara un dolce a forma di ciambella che si decora con frutta secca. All'interno si collocano tre “bambolini”, pupazzi rappresentanti i Re Magi. Le persone che li troveranno dovranno preparare la cena del 2 febbraio. Perla Diaz Garcia Messico ROMANIA A Ferragosto gran parte delle persone va in pellegrinaggio nelle chiese o nei monasteri già uno o due giorni prima. E' la festa della Madonna. In questa occasione vengono continuamente celebrate messe giorno e notte. La gente festeggia con canti e preghiere. Fuori dalle chiese si possono trovare piccoli mercati dove si vendono oltre ai diversi oggetti religiosi giocattoli, dolci, bibite... Si trovano pure parchi-gioco dove i bambini, ma non solo essi, si divertono fino a tarda sera. In altre regioni della Romania ci possono essere anche canti e danze popolari. La festa della Madonna è sentita in tutto il Paese e la gente ci tiene moltissimo a conservare queste tradizioni. Questa è una grande festa religiosa che unisce piacevolmente tradizioni, fede, lo stare insieme e l'aspetto gioioso. Daniela Danu Romania 32 FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE Se mi è difficile da una parte parlare di come sono vissute le feste da noi dall'altra mi fa enormemente piacere perché mi immergo nel passato. E' un “passato” di settanta anni quello che divide la Romania dall'Italia da un punto di vista culturale. Quando parlo di festa mi riferisco alle feste religiose, che sono vissute in maniera completamente diversa da come lo sono in Italia. Quello che sto scrivendo non è e non vuole essere un confronto tra i due paesi. Voglio solo sottolineare che in Romania le feste sono vissute ancora con tanta devozione, forse frutto della nostra religione “ortodoxa” (come si scrive la parola italiana ortodossa nella nostra lingua), mentre in Italia le feste sono una grande occasione di consumismo. “Feste, forse anche troppe”, come scherzando ha detto un cittadino tedesco, in Romania per lavoro nel mese di gennaio, che è stato costretto ad arrendersi perché la gente inizia a lavorare da metà mese per le festività natalizie che si prolungano un bel po'. Queste iniziano il 6 Dicembre con la festa di “Miculas” (è una parola in dialetto maramuresean ed l'equivalente rumeno di San Nicola, San Nicolò, Santa Klaus..., e per certi aspetti della Befana). Alla vigilia, il 5 Dicembre, tutti i bambini lucidano le scarpe e le mettono alla finestra perché “Mos Miculas” porta dei regali. Non porta carbone per i bimbi cattivi ma porta ad essi una verga. Rivivo ancora quei momenti ogni 5 Dicembre anche se “Mos Miculas” porta dei regali. Non porta carbone per i bimbi cattivi ma porta ad essi una verga. Rivivo ancora quei momenti ogni 5 Dicembre anche se “Mos Miculas” non arriva più da cinque anni a questa parte... Le feste continuano con il Natale, in rumeno Craciun, il 25 Dicembre - a differenza degli altri paesi dell'ortodossia nei quali Natale viene celebrato due settimane dopo, in Romania si ha la stessa data di quello cattolico. E' un evento molto importante per tutta la famiglia. Già un mese prima iniziano i preparativi con la pulizia a fondo di tutta la casa e non solo. Le famiglie si preparano con una “pulizia” dell'anima facendo un “fioretto” (in rumeno “post”) che non consente di mangiare la carne per tutto il periodo. FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE 33 Non tutta la gente riesce a rispettare le regole e allora la carne non si mangia nei giorni di mercoledì e venerdì. Per Natale la gente inizia a preparare da mangiare tre giorni prima. Tutti i piatti che si preparano sono a base di carne di maiale che è stato macellato in casa. Una tradizione che però va piano, piano a scomparire. Un piatto che non può mancare mai è il “Sarmale”, involtini di verza con riso e naturalmente carne di maiale. Un piatto molto elaborato non solo per i tempi di preparazione ma anche per la manualità che deve avere la persona. Finito il “Sarmale”, si passa a “Costite si cirnat cu màmàligà”, profumi che si sentono in ogni casa alla vigilia di Natale. La sera si sentono i bambini che “Colindà” passando da una casa all'altra, che cantano con gioia e annunciano la Nascita di Cristo. Arrivati alla mezzanotte tutti alla Messa. Momento magico che in un modo o nell'altro è atteso da tutti per festeggiare con la nostra famiglia anche se, per diversi motivi, siamo costretti a fare anche più di mille chilometri per realizzare ciò. Da Natale a “Datini si obiceiuri” ci separano solo due giorni. Un'altra festa che viene organizzata in paese con una sfilata di tutte le maschere che la leggenda dice servivano a liberare le persone da tutte le disgrazie successe durante l'anno per poter iniziare un anno Nuovo più bello. Festeggiato anche il Capodanno, in rumeno “Anul Nou”, la gente aspetta il prete che passa in ogni casa con l'acqua santa per poter benedire non solo le persone ma anche tutti i beni e gli animali che una persona possiede. Le feste continuano... Sanda Godja Romania 34 FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE SERBIA Il matrimonio nel nostro Paese adesso si prepara come si fa in Italia. Sino ad una decina di anni fa il matrimonio in Serbia veniva preparato in più giorni in casa, spesso in una grande baracca o in una grande tenda decorata. Di solito i giorni dedicati al matrimonio erano il giovedì in casa della sposa e sabato, domenica e lunedì in quella dello sposo. Oggi, invece, tutta questa usanza si è ridotta ad un unico giorno (sabato o domenica) e la festa difficilmente avviene in casa ma si va in un ristorante o in un hotel. Solo poche coppie ormai scelgono di festeggiare in casa, per lo più quella dello sposo. Ovviamente il luogo dove festeggiare viene scelto dagli sposi. Il giorno del matrimonio la donna si prepara e indossa il vestito bianco da sposa nella casa dove è cresciuta. Il futuro marito, i pa renti e gli amici vanno con le auto a casa della sposa. Lui non po teva e non può vederla finché non dà un po' di soldi alle ragazze che vendono la gallina decorata e deve dare pure soldi a suo fratel lo o sorella perché porti la sorella. Questa è l'occasione per scher zare e per ridere proprio perché l'uomo deve superare tutta questa serie di barriere e di ostacoli prima di sposarsi. Fuori ci sono cantanti che suonano e cantano e c'è allegria. Insieme poi vanno in comune dove si celebra il matrimonio civile con due testimoni. Qua gli sposi firmano assieme ai testimoni e la sposa assume il nome dello sposo, che usa per la prima volta. Dopo la cerimonia civile vanno in chiesa per compiere il rito reli gioso. In questa occasione i testimoni vengono definiti anche “pa drini” e sono di due tipi, dello sposo e della sposa. In chiesa il pope (prete ortodosso) inizia davanti all'altare , dietro agli sposi stanno i padrini con le candele accese e quello della sposa tiene tra le mani un pezzo di cotone rosa mentre quello dello sposo ha un pezzo di cotone azzurro o celeste. A questo punto il pope prende i due pezzi di cotone e lega le mani degli sposi e gli impone delle corone in testa. Di solito la cerimonia si protrae per due ore, poi FESTE E TRADIZIONI GASTRONOMICHE 35 gli sposi si scambiano le fedi e si promettono fedeltà dicendo sì. Al termine della cerimonia si possono fare le foto con gli sposi all'altare e poi anche fuori dalla chiesa. Usciti, vanno a casa dello sposo dove li aspetta la baracca o la grande tenda decorata. Oggi c'è però anche chi va direttamente al ristorante. Poi si va al ristorante o all'albergo che è stato prenotato per la festa. In genere questo è ben addobbato. Gli ospiti trovano il loro posto dove, finalmente, possono sedersi per seguire la festa. Quando tutti sono seduti inizia il pranzo di nozze. Generalmente si inizia con l'antipasto a base di salame, prosciutto, uova e cetrioli acidi tagliati e con un aperitivo (šljivova, ma anche grappa o whiskey). Dopo si prosegue con più portate. Per primo si ha una minestra o una zuppa e per secondo del pollo spezzato con patate e carote. Poi c'è la 'sarma'. I camerieri poi portano del succo di frutta, acqua frizzante, vino, birra secondo quello che vogliono gli ospiti. Si prosegue con carne arrosto di pecora e con carne alla griglia (generalmente carne di maiale, cevapčici e salsicce). Al termine si portano torte e dolci. La famiglia e gli amici mangiano e festeggiano gli sposi. I padrini iniziano le danze, cui si uniscono tutti gli altri. Tutti sono ben vestiti. Si continua a festeggiare, a mangiare e a ballare fino all'alba. Al termine del matrimonio i neo-sposi di solito partono per il viaggio di nozze ma, purtroppo, oggi ci sono alcuni che non possono farlo perché non hanno soldi a sufficienza o un lavoro. In questo caso restano a casa. Gli sposi possono decidere di rimanere a vivere nella casa dello sposo o in quella della sposa. Oggi, però, molti vanno a vivere da soli. Dragana Savic Serbia LE RICETTE 39 40 ANTIPASTI E CONTORNI ASPARAGI ALLA BASSANESE Ingredienti per 6 persone 1,2 kg di asparagi di Bassano tuorli di 4 uova sode olio d'oliva aceto o limone sale e pepe ANTIPASTI E CONTORNI CROCCHETTE DI MIGLIO Ingredienti per 4 persone 250 g di miglio 2 cucchiai di farina di frumento 1 cipolla 1 uovo pangrattato prezzemolo olio sale pepe Preparazione Tagliare la parte terrosa degli asparagi, raschiarli verso il fondo, lavarli, legarli a mazzi in modo che le punte siano tutte alla stessa altezza e tagliare ancora i gambi, pareggiandoli. Cuocerli a vapore o tuffarli in acqua bollente salata, lasciando fuori le punte per circa tre dita. Coprirli e bollirli, secondo la grossezza, dai 15 ai 20 minuti. Scolarli, slegarli e lasciarli intiepidire. Nel frattempo schiacciare in una scodella con una forchetta i tuorli d'uovo sodi, e versare l'olio a poco a poco, sempre rimescolando, quindi l'aceto. Salate e pepate; dovrà risultare una salsetta cremosa. Disporre gli asparagi su un piatto di portata, con le punte che convergono verso il centro, distribuire la salsa sulla parte commestibile e servire. Preparazione Il miglio va accuratamente lavato in acqua fredda prima dell’uso, sciacquandolo più volte sino a che l’acqua risulti priva del tipico intorbidimento. Dopo averlo scolato lo si potrà versare in pentola dove è consigliabile tostarlo con pochissimo olio rigirandolo per alcuni minuti con un mestolo di legno, evitando di farlo attaccare al fondo. La tostatura consentirà una cottura migliore. Nel frattempo mettere sul fuoco l’acqua (circa il doppio del volume del miglio) e, quando sarà calda unirla al miglio. Portare poi ad ebollizione, salare, abbassare la fiamma e lasciar cuocere a fuoco lento con coperchio. Il miglio dovrebbe essere cotto dopo 20 minuti circa. Non dimenticare di frapporre una retina metallica tra il fuoco e la pentola, per distribuire il calore. Cuocere il miglio seguendo la ricetta base. Lasciarlo raffreddare, schiacciarlo con la forchetta e aggiungere il prezzemolo tritato, la cipolla tritata, la farina, il bianco d’uovo sbattuto, sale e pepe. Lavorare l’impasto sino ad ottenere una pasta molto compatta e formare poi delle crocchette. Passarle nel tuorlo d’uovo sbattuto e nel pangrattato. Friggerle nell’olio bollente Giovanni Cortiana Stefania Garzotto Vicenza (Veneto) Vicenza (Veneto) 41 ANTIPASTI E CONTORNI 42 GRATIN DI PATATE E PROSCIUTTO Ingredienti per 6 persone 300 g di prosciutto cotto Cipolla 250 g di fontina o gruviera 4-5 patate ¼ l di latte Pangrattato 70 g di burro Preparazione Ungere abbondantemente una pirofila, coprirne il fondo con fette di prosciutto cotto leggermente sovrapposte, cospargere di cipolla affettata sottile e imbiondita nel burro, poi di fettine di fontina o gruviera. Su queste disporre uno strato di patate tagliate a dischetti sottili, salare leggermente, mettere qua e là fiocchetti di burro e poi ancora uno strato di fette di prosciutto, ripetendo fino allo strato di patate. Versare nella pirofila il latte in cui sarà stato fatto sciogliere, scaldandolo, mezzo etto di burro, mettere in forno per mezz’ora, sfornare, cospargere di fiocchetti di burro e pangrattato e mettere di nuovo in forno fino a che si sia formata una crosta dorata. Giuliana Vencato Cornedo Vicentino (Veneto) ANTIPASTI E CONTORNI KADAI PANEER Ingredienti per 8 persone: 500gr paneer (un particolare formaggio fresco) 100gr peperoni 2 cucchiaini di semi di coriandolo 5 peperoncini rossi interi ¾ cucchiaini di kastoori methi (foglie di fieno greco secche) 2 peperoncini verdi tritati 2 cucchiaini di zenzero tritato 4 pomodori tritati 2 cucchiai di coriandolo tritato 3 cucchiai di burro chiarificato o olio sale a piacere. Per la pasta 6 spicchi d'aglio miscelati con un po' d'acqua Preparazione Affettare il paneer e i peperoni in strisce lunghe. Macinare i semi di coriandolo e i peperoncini rossi insieme. Scaldare il burro chiarificato (olio) in una padella, aggiungere la pasta d'aglio e cuocere a fuoco lento per qualche secondo. Aggiungere il peperone e le spezie tritate e cuocerle a fiamma bassa per 1 minuto. Aggiungere i peperoncini verdi, lo zenzero e cuocere ancora per qualche secondo. Aggiungere i pomodori e cuocere fino a che l'olio (burro chiarificato) non venga in superficie. Aggiungere il kastoori (foglie di fieno greco secco) methi e sale e cuocere ancora per qualche secondo. Alla fine, aggiungere il paneer affettato e cuocere per qualche minuto. Cospargere e servire caldo. Aloysius Manuel Joy Dakha (Bangladesh) 43 ANTIPASTI E CONTORNI 44 MATTAR PANIR (Piselli e ricotta) Ingredienti per 8 persone 10 tazze di latte ½ tazza di succo di limone 3 spicchi d’aglio 10 g di zenzero 1 tazza d’olio 400 g di cipolla 1 cucchiaio di polvere di curry 1 cucchiaino di polvere di peperoncino rosso 1 e ½ cucchiaio di coriandolo in polvere 1 cucchiaio di cumino 2 cucchiai di sale 250 g di passata di pomodoro 2 e ½ tazze di acqua 5 tazze di piselli freschi (o congelati) ½ cucchiaio saporito*** 1 cucchiaio grande di prezzemolo 300 g di ricotta STRUDEL DI VERDURE Ingredienti per 6 persone Una confezione di pasta sfoglia fresca 1 peperone giallo 4 zucchine 3 carote 7-8 pomodorini ciliegia 250 g di ricotta 1 tuorlo d’uovo sale pepe dado parmigiano grattugiato olio un paio di spicchi d’aglio. Preparazione Tritare assieme l’aglio e lo zenzero. Fare un soffritto di cipolle in una pentola. Aggiungere l’aglio e lo zenzero tritati nella pentola, e successivamente curry, peperoncino, coriandolo, cumino, sale, il pomodoro e ¼ di tazza d’acqua. Cucinare fino a cottura (10-15 minuti). Aggiungere i piselli nella pentola e cucinare per 10 minuti quindi aggiungere 2 tazze d’acqua. Cucinare per altri 30 minuti con la pentola con coperchio poi spegnere il fuoco. Aggiungere la ricotta, mescolare il tutto e cuocere per altri 10 minuti. Guarnire con il prezzemolo. Rajavinder Kaur Sahota ANTIPASTI E CONTORNI Hoshiarpur (India) Preparazione Soffriggere in olio ed aglio peperone, zucchine, carote a cubetti e per ultimi i pomodorini tagliati a metà e privati dei semi. Le verdure devono essere ben cotte. Aggiustare di sale, pepe e dado. Far raffreddare, trasferire le verdure in una terrina, unirvi delicatamente la ricotta ed abbondante parmigiano grattugiato. Stendere la pasta sfoglia, farcirla con il ripieno, richiuderla come uno strudel, spennerlarla con il tuorlo d’uovo, sistemarla sulla placca ricoperta da un foglio di carta forno bagnata e poi strizzata. Infornarla a 180 ° C per 45 minuti circa. Lasciarla per altri 5 minuti nel forno spento. Cristina Gandolfi Arzignano (Veneto) 45 ANTIPASTI E CONTORNI 46 DRINK TORTA DI PATATE E MOZZARELLA Ingredienti per 6 persone 1 Kg di patate 1 uovo Latte Prezzemolo Noce moscata Burro Pangrattato 1 mozzarella 100 g di prosciutto crudo Salsa di pomodoro Preparazione Far lessare le patate e poi sbucciarle e passarle calde allo schiacciapatate, metterle in una terrina e unirvi l’uovo, lavorando bene l’impasto e aggiungendo latte quanto occorre. Mescolare alle patate anche un po’ di prezzemolo tritato e una puntina di noce moscata. Ungere una tortiera con abbondante burro, cospargerla di pangrattato e stendervi metà del composto. Su questo, stendere la mozzarella tagliata a fette alte mezzo centimetro, coprire con fette di prosciutto e poi, premendo, con l’altra metà del passato di patate. Cospargere la superficie della torta con pangrattato e fiocchetti di burro e mettere in forno caldo, fino a che non si sia formata una bella crosticina dorata. Sformare sul piatto di servizio contornando con prezzemolo fresco e servire con salsa di pomodoro. Giuliana Vencato Cornedo Vicentino (Veneto) CAIPIRINHA Ingredienti ½ Kg limone Zucchero a piacere Ghiaccio a cubetti Cachasa (casasa) o wodka a piacere Preparazione Prendere un contenitore e tagliare il limone a cubetti e schiacciarli con un piccolo matterello. Aggiungere un po’ di zucchero e casasa, ghiaccio e mescolare il tutto. Servire in un bicchiere grande e aggiungere i cubetti di ghiaccio. Andrea Ferreira da Silva Recife (Brasile) 47 PRIMI PIATTI 48 PRIMI PIATTI cuocere per 30 minuti. Nel frattempo soffriggere il lardo tagliato a cubetti piccoli con un cucchiaio d’olio, aggiungere la cipolla tritata, appena è rosolata aggiungere l’aglio macerato e lasciare altri 2 o 3 minuti sempre a fuoco basso. Quando i fagioli sono cotti (al dente) si lasciano nel brodo e si aggiunge il riso, il soffritto, il comino, l’origano, il sale e il pepe, richiudere la pentola e riporla sul fuoco, quando prende pressione, abbassare la fiamma il più possibile e lasciare cuocere per 15 minuti. Hernandez Tovar Nieves ARROZ CONGRI (Riso con fagioli) Ingredienti per 4 persone 450 g di riso 200 g di fagioli Olio 2 o 3 peperoni piccoli mezza foglia di alloro un pizzico di comino macinato un pizzico di origano, sale e pepe Per il soffritto 2 o3 fette di lardo mezza cipolla 3 o 4 spicchi d’aglio Preparazione Cuocere i fagioli nella pentola a pressione con due bicchieri d’acqua, un cucchiaio d’olio, l’alloro e i peperoni, quando la pentola prende pressione (al fischio), abbassare il fuoco e lasciare BAKED SUSSEGE POLL Ingredienti per 8 persone: 1 Kg di farina 1 cucchiaio di sale 1 cucchiaio noce moscata 3 cucchiai di lievito 100 g di margarina ½ verza (cappuccio) 3 carote ½ cucchiaino di sale Peperoncini Olio Carne 2 Cipolle grandi Pepe bianco e nero Cienfuegos (Cuba) 49 PRIMI PIATTI Preparazione Tagliare una cipolla, le carote e la verza mettere a cucinare per 10 minuti le verdure assieme a acqua e un po’ di sale. Mettere un po’ di olio sul fuoco assieme alla carne e all’altra cipolla tagliata a piccoli pezzi. Aggiungere pepe nero e pepe bianco e un po’ di peperoncino e cuocere il tutto. Impastare farina, sale, noce moscata, lievito e margarina. Formare una sfoglia, porvi sopra a mucchietti regolari il composto già preparato per la farcitura, ricavarne dei ravioli. Cuocere i ravioli sulla placca del forno già caldo a 180°C. Sarrah Kondau Addison Tema (Ghana) 50 PRIMI PIATTI tagliere e usare un cucchiaino per tagliare velocemente dall’impa sto gli halusky e buttarli nell’acqua bollente. Quando gli halusky galleggiano sull’acqua, lasciarli ancora per 3-5 minuti e poi prenderli con un passino. Miscelare il bryndza con la panna acida. Tagliare la pancetta a pezzetti e friggerla. Miscelare gli halusky con la salsa del bryndza e con il grasso dalla pancetta fritta. Su ogni piatto cospargere i pezzetti di pancetta fritta. Raccomando di servire gli halusky con un bicchiere di latte acido o di latte fresco. Gli halusky sono squisiti anche con la frittata, con il formaggio cremoso, con la ricotta slovacca (è più densa di quella italiana), con i crauti (cucinati prima), con il cavolo cappuccio (cucinato prima). Oltre alla pancetta si può usare il burro. * Il bryndza è un prodotto di latte e si può comprare negli alimentari slovacchi. Si può ottenere dal formaggio di latte di mucca o dal formaggio di latte di pecora. Quando il formaggio è invecchiato 3-4 giorni si macina e unisce con il sale. Nadezda Haque Brezno (Slovacchia) BRYNDZOVE HALUSKY Ingredienti per 4 persone 4-5 patate 9-10 cucchiai di farina di grano tenero 1 uovo sale pancetta o burro 150 g di bryndza* 150 g di panna acida Preparazione Sbucciare le patate e grattugiarle o frullarle. Aggiungere l’uovo, la farina e il sale e mescolare bene. Fare un impasto che non sia troppo denso, ma neanche molle. Si può utilizzare più o meno farina o aggiungere un po’ d’acqua se è troppo denso. Bollire l’acqua con 2 cucchiai di sale. Versare 2-3 cucchiai dell’impasto sul CREMA DI ZUCCA CON AMARETTI Ingredienti per 4 persone 0,65 l di brodo vegetale 500 g di zucca gialla 25 g di burro 4 scalogni (o in alternativa 2 cipolle) 10 amaretti sbriciolati Un pizzico di zucchero Un pizzico di sale Un pizzico di pepe bianco 51 PRIMI PIATTI Preparazione Preparare il brodo vegetale. Sciogliere il burro in una pentola e fare appassire gli scalogni triturati per 5 minuti. Aggiungere la zucca tagliata a dadini e lasciare cuocere per altri 5 minuti. Versare il brodo nella pentola con la zucca e una volta che bolle lasciare sobbollire per altri 20 minuti a fuoco lento. Togliere dal fuoco e fare frullare per ottenere una crema omogenea. Aggiungere zucchero, sale e pepe. Versare in un piatto e cospargere con 10 amaretti sbriciolati. Barbara Martini e Francesca Cortiana Vicenza (Veneto) PANZANELLA ALLA PISANA La panzanella è un piatto povero della campagna toscana e generalmente viene servito in estate come antipasto o piatto unico. Si può trovare anche in primavera o autunno. 52 ½ sedano 3 o 4 uova 50 g di olive denocciolate in salamoia 10 peperoncini sott'aceto (non quelli piccanti) 5 cucchiai di olio extra-vergine di oliva sale e pepe Preparazione Raccogliete in una terrina o in un'insalatiera il pane ammollato in acqua e strizzato. Bagnare con aceto. Aggiungere i filetti di acciughe e il tonno spezzettato. Tritare non troppo finemente e aggiungere la cipolla, il sedano, i peperoncini sott'aceto e il porro. Affettare e aggiungere i cetrioli e i pomodori. Aggiungere le olive. Infine aggiungere le uova sode, tagliate a fettine, e le foglie di basilico. A questo punto mescolare con un cucchiaio e condire con olio, sale e pepe. Lasciare riposare il tutto per un periodo di duetre ore in modo che gli aromi e gli ingredienti si amalghino. Se è in estate porre in frigo con una pellicola di copertura. In estate generalmente si accompagna con vino bianco fresco, in primavera ed autunno con vino rosso a temperatura ambiente. Alessandro Antonelli Ingredienti per 4 persone 300 g di pane toscano raffermo (di almeno 3 giorni) (in alternativa 6 fette di pane toscano raffermo) * Per il piatto unico si può arrivare a 500g di pane 4 cucchiai o 1/3 di bicchiere di aceto di vino rosso (o bianco) 1 cipolla di Tropea o 2 cipollotti 8 filetti di acciughe sott'olio 200 g di tonno sott'olio una manciata di foglie di basilico fresco 2 cetrioli 3 pomodori non troppo maturi 1 porro PRIMI PIATTI Cascina (Toscana) 53 PRIMI PIATTI PASTA COI BROCCOLI IN TEGAME Ingredienti per 8 persone 800 g di bucatini un cavolfiore di circa 1 kg 1 cipolla grossa 10 cucchiai di olio extravergine d'oliva 4 o 5 acciughe sott'olio 100 g di pecorino grattugiato 1 pugno di pinoli 1 pugno di uvetta (meglio sultanina piccola e nera) 1 bustina di zafferano 1 cucchiaio di pangrattato Preparazione Ricordiamo che in Sicilia chiamano broccolo il cavolfiore. Lessare il cavolfiore intero in acqua salata, scolarlo tenendo da parte l'acqua di cottura (servirà per la pasta), schiacciarlo con una forchetta in una terrina. In una padella soffriggere olio e cipolla, aggiungere l’acciuga. Quando la cipolla sarà dorata aggiungere il cavolfiore e mezzo mestolo di brodo di cavolfiore, aggiustare di sale (ce ne vorrà pochissimo) e pepe e far cuocere per meno di dieci minuti. Mettere i pinoli, l’uva sultanina e lo zafferano. Cuocere i bucatini nell’acqua bollente del cavolfiore, scolarli ancora al dente, mescolarli con il condimento amalgamandolo ben bene, disporli in una teglia, spolverizzare di pecorino grattugiato, pangrattato e qualche fiocchetto di burro e infornare per cinque minuti prima di servire. Vino Un vino bianco maturo, armonico, poco acido, poco alcolico, di media struttura, di sapore piuttosto neutro e poco persistente. Giusy Carollo Palermo (Sicilia) 54 PRIMI PIATTI PASTA CON IL NERO DI SEPPIA Ingredienti per 4 persone 400 g di spaghetti ½ Kg di seppie 400 g di pomodori pelati 1 cipolla 1 spicchio d’aglio ½ bicchiere di vino bianco Prezzemolo tritato Preparazione Pulire le seppie avendo cura di togliere il sacchetto del nero intatto e metterlo da parte. Tagliare la seppia in piccoli pezzi, fare rosolare la cipolla con uno spicchio d’aglio e tre cucchiai di olio, far sfumare con il vino bianco. Aggiungere la seppia tagliata a dadini, pomodori pelati, sale e pepe. Far cuocere a fuoco basso per circa 15 minuti. Sciogliere il nero di seppia in mezzo bicchier d’acqua fredda, aggiungerlo e far cuocere altri 5 minuti; alla fine aggiungere prezzemolo tritato. In una pentola con abbondante acqua salata far cuocere la pasta e aggiungere il condimento. Antonina Dell’Orzo Palermo (Sicilia) PASTA CON PESCESPADA E MELANZANE Ingredienti per 4 persone 350 g di pasta tipo sedani 200 g di pescespada in due fette 2 piccole melanzane 55 PRIMI PIATTI 400 g di pomodori a pezzetti 300 g di olio di semi 3 cucchiai olio d’oliva Un mazzetto di menta Due spicchi d’aglio 2 cucchiai di farina 1 piccola cipolla 1 bicchiere di vino Preparazione Preparare un soffritto con olio e cipolla, aggiungere il pescespada a dadini, e lievemente infarinato; appena è dorato unire il vino e cuocere fino ad evaporazione. Spegnere il fuoco e conservare il sugo. Tagliare la melanzana a dadini, metterla in acqua e sale per circa 10 minuti, quindi scolarla, asciugarla e friggerla nell’olio di semi. A parte cuocere in olio d’oliva il pomodoro tagliato a pezzetti, salare, pepare, tagliuzzare la menta e aggiungerla; far cuocere la salsa per circa 10 minuti a fuoco basso. Aggiungere le melanzane fritte ed il pescespada con il sugo precedentemente preparato. Cuocere la pasta e unire il condimento. Giovanni Scozzari Palermo (Sicilia) PELMENI (Ravioli) Ingredienti per 6 persone ¼ Kg carne di maiale ¼ Kg carne di bovino ½ cucchiaino di sale 1 cipolla tritata fresca 56 PRIMI PIATTI Preparazione Impastare farina, sale e acqua in modo da ottenere un preparato non troppo consistente. Dopo averlo tirato e steso dividere l'impasto in tante parti utilizzando uno stampino circolare di 5-10 cm di diametro. Mescolare la carne con della cipolla tritata e inserirla dentro le sfoglie così preparate. La carne va aggiunta all'impasto o in alternativa si può utilizzare pesce, ricotta, verdura o altro. Aggiungere i pelmeni a cuocere per circa 7 minuti in acqua assieme ad una foglia di alloro. Quando sono pronti aggiungere panna acida (yogurt naturale) o burro o maionese o anche del brodo di pelmeni. Irina Yunalainen Mosca (Russia) RAVIOLI DI PATATE E ZUCCHINE Ingredienti per 4 persone 500 g di ravioli 80 g di formaggio caprino 1 cucchiaio di formaggio grana padano grattugiato 2 zucchine 10 foglie di basilico 0,5 dl di brodo vegetale 1 scalogno Olio sale Preparazione Sbucciare e rosolare lo scalogno nell’olio. Aggiungere le zucchine tagliate a fettine sottili con il brodo vegetale e cuocere il tutto per 57 PRIMI PIATTI 58 PRIMI PIATTI circa 10 minuti. Una volta raffreddato frullare le zucchine con le foglie di basilico. Sbriciolare il caprino in una terrina e aggiungere i ravioli cotti in acqua salata. A questo punto aggiungere le zucchine alla pasta. aggiungere il riso e lasciarlo cuocere mescolando spesso. Cinque minuti prima di togliere il riso dal fuoco, assaggiare e aggiustare di sale e pepe, unire il rimanente burro e tre cucchiaiate di parmigiano grattugiato, mescolando bene. Cristina Rossi Diego Vignaga Valdagno (Veneto) RISI E BISI Ingredienti per 6 persone 1 kg di piselli freschi 200 g di riso vialone nano 60 g di burro 50 g di pancetta 40 g di prezzemolo olio extravergine d'oliva 1,2 l di brodo parmigiano grattugiato un cipollotto sale pepe Preparazione Sgranare i piselli e lavarli bene. Mondare, lavare e tritare il prezzemolo. Porre a scaldare il brodo. Preparare il soffritto: mettere in una casseruola la pancetta tritata, metà del burro, due cucchiai di olio, il prezzemolo tritato e il cipollotto affettato. Fare soffriggere per qualche minuto, poi unire i piselli e lasciarli stufare, bagnandoli con qualche cucchiaiata di brodo. Versare nel recipiente il brodo bollente e, quando riprenderà bollore, Arzignano (Veneto) RISOTTO CON I FUNGHI Ingredienti per 4 persone 20 g di funghi porcini essiccati 1 litro di brodo vegetale 60 g di burro oppure 2 cucchiai di olio extra vergine di oliva 1 piccola cipolla finemente tritata 1 spicchio di aglio schiacciato 100 gr di funghi champignon finemente affettati 250 gr di riso arboreo mezza tazza di grana 2 cucchiai di prezzemolo Preparazione Mettere i funghi porcini in ammollo in un recipiente resistente al calore e coprirli di acqua bollente, lasciarli in ammollo per 30 minuti quindi scolarli, conservando mezza tazza del loro liquido. Strizzare con le mani i funghi e sminuzzarli finemente. Versare il brodo e il liquido di ammollo dei funghi in una pentola, portare ad ebollizione. in una casseruola dal fondo pesante, scaldare il burro e l'olio, rosolarvi la cipolla e l'aglio coi funghi freschi e porcini per circa 5 minuti, finché la cipolla non si ammorbidisce; aggiungere il riso e cuocerlo sempre mescolando 59 PRIMI PIATTI per 1-2 minuti finché non sarà ben tostato. Versare mezza tazza di brodo bollente sul riso e mescolare costantemente con un cucchiaio di legno finché tutto il liquido non sarà assorbito quindi aggiungere altro brodo. Proseguire così finché il brodo non sarà esaurito e il riso risulterà cremoso (unite l'ultima mezza tazza di brodo al termine della cottura solo se necessario): occorreranno circa 15-20 minuti. Incorporare il grana e il prezzemolo finemente tritato e servire guarnendo con altro grana grattugiato al momento. Nota: se si è in stagione e se si può sostituire i funghi essicati con porcini freschi, avendo cura di pulirli molto bene e di affettarli finemente prima di aggiungerli al soffritto. Donata Albiero 60 PRIMI PIATTI Sminuzzare finemente la cipolla e lavare bene il radicchio. Mondarlo conservando la parte rossa delle foglie e scartando la costa bianca. Tagliarlo quindi a striscioline sottili. Scaldare il burro a fuoco medio in una casseruola antiaderente e farvi appassire la cipolla senza farla scurire. Versate il riso e lasciarlo diventare traslucido, quindi unire le foglioline e bagnare con il vino. Unire il brodo a poco a poco e portare il risotto a cottura, salando a metà. Quando è al dente, spegnere la fiamma, correggere eventualmente di sale e unire il formaggio. Lasciare riposare per un paio di minuti, rimestare e servire ben caldo con pepe nero macinato al momento. Donata Albiero Arzignano (Veneto) Arzignano (Veneto) RISOTTO AL RHUM E SALSICCIA RISOTTO CON RADICCHIO TREVIGIANO Ingredienti per 4 persone 250 g di riso adatto per risotti 1 dl di vino rosso 2 cucchiai colmi di grana 10 g di burro ( io uso solo olio) 1 cipolla media 2 cespi di radicchio trevigiano 4 dl di brodo vegetale o di carne sgrassato (io preferisco quello vegetale) Sale Pepe Preparazione Ingredienti per 4 persone 350 g di riso ½ bicchiere di rhum 150 g di salsiccia 1 cipolla 1 carota 1 gambo di sedano brodo Preparazione In una casseruola rosolare un po’ di lardo, cipolla, sedano e carota assieme con la salsiccia sbriciolata. Non appena il soffritto inizia a prendere colore, bagnare con il rhum e lasciare evaporare, quindi versare il riso e mescolandolo fare tostare un po’ nel condimento. Salare e portare poi a cottura unendo il brodo ben caldo poco per 61 PRIMI PIATTI volta, continuando a mescolare. Non appena il riso è al dente ma ancora morbido di brodo, spegnere e, mescolando, condire con qualche fiocchetto di burro e il formaggio grattugiato. Lasciare riposare a pentola coperta per qualche attimo prima di servire. Loredana Tecchio Montecchio Maggiore (Veneto) 62 PRIMI PIATTI e pepe, Worchester, tabasco senape e una spolveratina di farina e girare bene. A questo punto aggiungere del vino bianco secco e del conr bornibon e un po’ d’acqua. Quando il tutto è ben amalgamato aggiungere pomodoro, una noce di burro del prezzemolo e lasciare a cucinare per 10-15 minuti. Cucinate 400g di spaghetti e aggiungete l’astice così ottenuto. Eventualmente fare prendere fuoco con il cognac. Loredana Tecchio Montecchio Maggiore (Veneto) SPAGHETTI ALL’ASTICE Ingredienti per 6 persone 400 g di spaghetti Pomodoro Una noce di burro Peperoncino Aglio Olio d’oliva Rosmarino Sedano Carota cipolla sale e pepe Worcester Tabasco Senape Farina ½ bicchiere di vino bianco Preparazione Preparare un soffritto con olio e aglio peperoncino e rosmarino, sedano carota e cipolla. Aggiungere dopo averlo lavato l’astice, sale SPAGHETTI CON COZZE E PEPERONI Ingredienti per 4 persone 400 g di spaghetti 500 g di cozze 1 peperone rosso 1 peperone giallo 6 pomodorini ciliegia 1 cipolla 2 spicchi d’aglio 4 cucchiai di olio d’oliva 1 manciata di prezzemolo tritato 1 peperoncino piccante sale Preparazione Tenere a bagno le cozze in acqua fredda e sale per circa 30 minuti, spazzolarle ed eliminare le barbe e sciacquarle accuratamente. Mettere le cozze in un tegame coperto e far aprire i molluschi, poi sgusciarli e tenerli al caldo. Filtrare il liquido. 63 PRIMI PIATTI Lavare i peperoni, metterli sulla griglia del forno e cuocerli per circa 20 minuti, quindi spellarli ed eliminare i semi e le coste interne bianche. Al termine tagliarli a striscioline da dividere poi a metà. Tagliare grossolanamente i pomodori. Far appassire la cipolla affettata nell’olio d’oliva, unire le cozze, i peperoni e dopo 5 minuti anche i pomodori. Regolare di sale, aggiungere il peperoncino tritato e il prezzemolo e far cuocere per 10 minuti. Cuocere al dente gli spaghetti e condirli con il sugo preparato. Elena Acampora Agerola (Campania) 64 Sgusciarle, tenendone a parte una dozzina, filtrare il sugo di cottura e tenerlo da parte, sciacquare i capperi, scolare e tagliuzzare i filetti d’acciuga. Far rosolare l’aglio nell’olio d’oliva con capperi e acciughe, schiacciando queste ultime con una forchetta per scioglierle. Aggiungere le vongole sgusciate, poi il vino e far cuocere per 5 minuti; aggiungere 3 cucchiai del sugo di cottura delle vongole, salare e far restringere per altri 5 minuti e aggiungere il resto del prezzemolo e peperoncino tritato. Cuocere gli spaghetti al dente, versarli nella padella del sugo e farli saltare per 2 minuti. Servirli in tavola in una zuppiera di servizio guarniti con le vongole non sgusciate. Elena Acampora SPAGHETTI ALLE VONGOLE VERACI Ingredienti per 4 persone 400 g di spaghetti 1 kg di vongole veraci 3 spicchi d’aglio 3 cucchiai di olio d’oliva ½ bicchiere di vino bianco 1 peperoncino piccante 2 ciuffi abbondanti di prezzemolo tritato 2 filetti di acciuga sott’olio 2 cucchiai di capperi sottosale Sale Preparazione Lavare le vongole e lasciarle in acqua con un pizzico di sale per 1-2 ore perché perdano la sabbia interna. Metterle in tegame coperto a fuoco vivace con un po’ di prezzemolo, e farle aprire a vapore. PRIMI PIATTI Agerola (Campania) 65 SECONDI A BASE DI CARNE 66 SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE carne arrostita cipolla, pomodoro, zafferano, aglio e prezzemolo per 15 minuti circa su fuoco lento, aggiungendo un po’ d’acqua. In una piccola pentola mettere ½ l di acqua, prugne e successivamente, dopo 10 minuti, zucchero, e un cucchiaio di cannella; far cuocere fino a che l’amalgama si restringe. Mettere la carne a fette sul piatto, aggiungere il succo di cottura e alla fine le prugne a guarnizione. Add Sana Beni-Mellal (Marocco) CARNE ROSSA ALLE PRUGNE Ingredienti per 8 persone 1 Kg di carne rossa (brasato) 300 g di prugne secche 2 cucchiai di zucchero 1 cucchiaio di cannella 1 cipolla 1 pomodoro Prezzemolo Aglio Zafferano Olio Sale e pepe Gorgonzola marocchino (burro messo a macerare nel sale per 3-4 mesi) Zenzero Preparazione In una pentola mettere l’olio a scaldare. Aggiungere un pezzo di carne intero di circa 1 kg di peso e far cuocere. Aggiungere alla CHOLODEZ Ingredienti per 8 persone 1 Kg di carne di maiale (testa, coda, zampe) aglio alloro pepe nero Preparazione Mettere tutti i pezzi di maiale ben puliti e lavati in una pentola grande, riempire il tutto con acqua. Cuocere per 10-12 ore fino a che tutto risulta ammorbidito. Togliere le ossa e tutto quello che non piace. Mettere la carne che rimane in 1 o 2 pirofile (a seconda della quantità) e versare poi il brodo di cottura. Cospargere con foglie di alloro un po’ d’aglio tagliato a spicchi e un po’ di pepe nero non macinato. Lasciare raffreddare e mettere in frigorifero. Irina Yunalainen Mosca (Russia) SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE 67 CONIGLIO FRITTO ALLA TOSCANA Ingredienti per 4/6 persone Un coniglio di 1000/1200 g Olio vergine di oliva o di girasoli o di arachidi q.b. (di solito da ½ a 1litro circa) 2/3 uova (o anche più) farina bianca q.b (in genere 5 cucchiai o più) 5/6 carciofi 4 patate 8 zucchine 1 cavolfiore sale (in estate il cavolfiore può essere sostituito da 2 o 3 melanzane e da 4 pomodori non troppo maturi) Preparazione Tagliare il coniglio in pezzi piccoli, togliendo più ossa e grasso possibili. Passarlo e lavarlo sotto acqua corrente. Se il coniglio è di peso superiore tenerlo per circa tre ore in acqua e mezzo bicchiere di aceto con alcuni aromi (rosmarino, una o due bacche di ginepro, una foglia di salvia o di alloro, sale e pepe), poi lavare abbondantemente sotto acqua corrente. Sbattere le uova e mescolare con farina bianca o pangrattato. Nel frattempo procurarsi una grossa teglia e mettere l'olio. Avviare la cottura a fiamma bassa fino a che l'olio non sia bollente. Passare i pezzi del coniglio nella farina, dopo nelle uova e nuovamente nella farina indi porre nella teglia per la frittura. Friggere per circa 15-20 minuti sempre a fiamma bassa, fino a che l'esterno non sia dorato. Ripetere la stessa operazione per le verdure tagliate a pezzi non troppo grossi. Le patate andranno tagliate a rondelle fini. I tempi di frittura delle verdure variano rispetto a quelle del coniglio. Dopo la frittura del coniglio e prima di friggere le verdure sarebbe 68 SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE opportuno cambiare l'olio. Porre i pezzi del coniglio e delle verdure fritte in una terrina ricoperta con carta da cucina o carta paglierina (gialla) che assorba l'olio. Salare q.b. La frittura va addobbata con spicchi di limone per spruzzarne alcune gocce. Monica Conforti Cascina (Toscana) EMPANADAS DE CARNE (Impanata di carne) Ingredienti per 6 persone Per la pasta: 200 g di farina 70 g di strutto 1 tuorlo Per il ripieno: 1 cipolla 150 g di polpa tritata di manzo 1 cucchiaio di strutto 1 peperoncino rosso Sale e pepe origano brodo 1 cucchiaio di uva sultanina 1 cucchiaio di olive nere 1 uovo sodo 350 g olio di semi SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE 69 Preparazione Preparare la pasta e mettetela a riposo. Nel frattempo preparare il ripieno: rosolare la cipolla tritata nello strutto poi cuocervi la carne. Unirvi, quindi, tutti gli altri ingredienti, spezzettati minutamente. Rimestare il tutto per bene. Spianare la pasta non molto sottile. Ritagliarvi dei dischi di 10cm di diametro e collocare su ciascun disco uno o due cucchiaini di ripieno. Ripiegare la pasta; incollare per bene gli orli e friggere le "empanadas", due (o più) alla volta, in abbondante olio bollente (o cuocerle in forno). Servirle calde, una o due per persona. Silvia Garrido Nair 70 SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE Preparazione Mettere a bagno in acqua fredda i fagioli per circa 4 ore. Mettere a marinare, dopo averla tagliata a pezzi, tutta la carne di maiale con cipolla, aglio, cumino, quento, un po’ di sale e olio per circa un ora. Cuocere quindi la carne assieme alla verdura per circa 30 minuti, aggiungere quindi i fagioli senza l’acqua e lasciar cuocere per un'altra ora. Cucinare il riso in acqua e sale. Tritare e rosolare due cipolle con la pancetta e burro aggiungendovi piano piano la farina e cucinare la farina di manioca in una pentola. Montevideo (Uruguay) Come servire la fagiolata: Versare la fagiolata (fagioli e carne) in un piatto. Aggiungervi sopra un po’ di farina di manioca. Aggiungervi sopra un po’ di riso. In un piatto servire la verdura. Andrea Ferriera da Silva Recife (Brasile) FAGIOLATA Ingredienti per 4 persone Costina di maiale Zampone di maiale Salsiccia di maiale 500 gr. di fagioli neri Quento (o prezzemolo) Cumino (o pepe) 3 Cipolite (o cipolla) Aglio Riso Olio di soia o mais Spinaci o altra verdura cotta 150 g di farina di manioca 3 pezzi di pancetta affumicata burro FUFU E ZUPPA Ingredienti per 6 persone ingredienti zuppa: 1 Kg di carne di bovino 1 pizzico di peperoncino sale 2 cipolle 500 g di salsa di pomodoro 500 g di burro di arachidi pepe nero e/o bianco SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE 71 Aglio Zenzero Noce moscata 72 SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE Cipolla (tritata) Brodo liofilizzato Basilico peperoncino ingredienti fufu: 1 tazza fecola 2 tazze farina di patate Preparazione zuppa Dopo aver pulito la carne metterla in una pentola. Aggiungere cipolla, aglio, zenzero. Mescolare pepe bianco e nero. Cuocere per 5-10 minuti e aggiungere succo di pomodoro. Mettere il burro di arachidi nell'acqua e mescolare insieme. Mettere la soluzione nella pentola a bollire per circa 30 minuti o più. Preparazione Fufu mettere dentro una pentola dell'acqua tiepida. Mescolare assieme della fecola e della farina di patata e aggiungerle in acqua. Cuocere per 15 minuti circa. Sarrah Kondau Addison FUFU CON LIGHT ZUPPA Ingredienti per 3 persone 1 tazza di fecola di patate 2 tazze di purea di patate Mezza scatola di salsa di pomodoro Sale Fetta di carne (bovino, trippa, maiale, pollo) Tema (Ghana) Preparazione Condire la carne con spezie quali il peperoncino, la cipolla, il sale, il brodo liofilizzato e il basilico e portare ad ebollizione e poi aggiungere la salsa di pomodoro e lasciare a bollire con la carne. Si aggiunge a questo punto mezzo litro di acqua e si lascia bollire per circa 30 minuti. Si può lasciare la carne nella zuppa per renderla più morbida oppure togliendola dalla zuppa si rende più compatta. Si mette la zuppa sul fuoco e si incomincia a preparare il fufu: si mescola la fecola con la purea di patate fino ad ottenere una sorta di patè. Quando la zuppa è pronta, si prende un piatto e si mette il fufu aggiungendo un po’ di zuppa a guarnire. Il fufu si mangia con le mani. Il fufu con light zuppa è il piatto delle grandi occasioni in Ghana. Gyasi Wendy Accra (Ghana) GOLUBZI (Foglie di verza ripiene) Ingredienti per 6 persone 1 litro di sugo di pomodoro 500 g carne macinata (bovino o maiale) 1 cipolla 1 bicchiere di riso Alloro 73 SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE Pepe nero 1 verza Preparazione Cucinare il riso. Fare un soffritto con la cipolla e aggiungere la carne con sale e pepe. Una volta cotti, mescolare riso e carne. Mettere delle foglie di verza a bollire in acqua salata. Una volta ammorbidite, togliere le foglie dall’acqua e farle asciugare. Mettere in ogni foglia di verza carne e riso e fare dei fagottini. Mettere a cuocere il sugo di pomodoro e far asciugare la salsa con i fagottini di verze per circa 30 minuti. 74 SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE Tritare grossolanamente la carne e insaporirla nell'olio, mescolarvi la cipolla tritata e il peperone a quadratini e rosolare il tutto per un paio di minuti. Unire all'intingolo una foglia d'alloro, un cucchiaino di semi di cumino e il peperoncino pestato. Aggiungervi il riso e rimestare finché diventa trasparente; alla fine unire la polpa spezzettata dei pomodori, tre bicchieri d'acqua e sale. Lasciar cuocere il composto per 1/4 d'ora, ben coperto, rimestandolo di tanto in tanto; alla fine unire i piselli cotti, rimestare e spegnere il fuoco, coprire e far riposare per 5 minuti. Servire caldo, con formaggio grattugiato. Silvia Garrido Nair Irina Yunalainen Montevideo (Uruguay) Mosca (Russia) GULASH SLOVACCO GUISO DE CARNE (Intingolo di carne) Ingredienti per 6 persone 400 g di polpa di manzo ½ bicchiere d'olio 1 cipolla 1 peperone verde 300 g di pomodori maturi Cumino alloro e peperoncino 150 g di piselli secchi lessati 150 g di riso Sale formaggio grattugiato Preparazione Il più saporito gulasch è fatto nel paiolo sul fuoco all’aperto vicino al bosco. Ingredienti per 6 persone 400g di manzo Olio 80g di cipolla 1 lattina di polpa di pomodoro 600g di patate un peperone piccante 2 peperoncini 2 spicchi di aglio maggiorana semi di cumino sale, pepe nero SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE 75 2 cucchiaini di paprika dolce acqua SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE Un peperone 250 g di melanzane 100 g di salsa di pomodoro Preparazione Tagliare la carne a quadratini (3 cm). Tritare la cipolla. Schiacciare l’aglio. Rosolare la cipolla nell’olio, aggiungere la carne e dorarla. Poi aggiungere i semi di cumino, il sale, l’aglio, i peperoncini, il pepe nero, la paprika dolce. Cucinare fino a che la carne rilascia il proprio sugo, poi aggiungere la polpa di pomodoro e il peperone piccante tagliato a pezzetti. Cuocere la carne fino a che il sugo svapora. Incorporare l’acqua e bollire leggermente fino a che la carne si ammorbidisce. Per ultime aggiungere le patate e lasciar bollire a fuoco basso fino a che le patate e la carne si ammorbidiscono per bene. 5 minuti prima di terminare la cottura aggiungere la maggiorana. Servire con il pane. Nadezda Haque 76 Preparazione Bollire la carne tagliata a pezzi senza cucinarla del tutto. In un’altra pentola soffriggere la cipolla con l’olio e poi aggiungere, dopo averli tagliati, peperone, melanzane, patate, spicchi d’aglio e salsa di pomodoro. Mescolare il tutto per 5 minuti su fuoco lento. Mettere dell’acqua calda nella pentola a coprire la carne. Prendere un'altra pentola e mettere poco olio e un cucchiaino di farina a cucinare a fuoco lento per 2 minuti. Mettere la carne a cucinare in questa pentola per circa 2 minuti. Una volta infarinata la carne cucinare la verdura e la carne per altri 35 minuti a fuoco medio. Lizana Lazri Scutari (Albania) Brezno (Slovacchia) MURGH MASALLAM MISH JANI Ingredienti per 6 persone 500 g di carne di maiale o bovino 100 g di olio 500 g di patate 80 g di cipolle Sale 2 spicchi d’aglio Un cucchiaino di farina Acqua Ingredienti per 8 persone: 1 pollo del peso di 1,5 kg tagliato a pezzi chili in polvere 5 grossi pomodori pelati e tagliati a pezzetti 2 cipolle tritate 1 pizzico di zenzero 2 cardamoni interi 1 testa d'aglio tritata 1 cucchiaino di curcuma in polvere 1 cucchiaino di semi di cumino 4 chiodi di garofano 77 SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE 1 pezzetto di cannella 1 cucchiaino di melassa Sale burro Preparazione Strofinare i pezzi di pollo con il chili. Riunire in una pesante casse ruola il pollo, i pomodori, le cipolle, l'aglio, le spezie, la melassa, sale a piacere; bagnare con acqua quanta ne basta per coprire a filo, aggiungere un buon pezzo di burro; coprire con un coperchio di buona tenuta e cuocere su fiamma dolce finché il pollo è tenero. Togliere il coperchio, aumentare leggermente la fiamma e tenere qualche altro minuto per addensare il sugo. Servire caldo. Aloysius Manuel Joy 78 SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE Preparazione Sminuzzare il petto di pollo, unirvi la ricotta, l’uovo, il parmigiano grattugiato, un po’ di pangrattato, il prezzemolo tritato, un po’ di noce moscata e sale. Formare un polpettone, fasciarlo con il prosciutto crudo, legarlo con spago da cucina. Far fondere il burro dolcemente in una casseruola, unirvi il polpettone e farlo rosolare. Bagnare con il latte e cuocere a fuoco basso con il coperchio per 40 minuti circa. Cristina Gandolfi Arzignano (Veneto) Dakha (Bangladesh) PUCHERO CRIOLLO (Bollito creolo) POLPETTONE DELICATO Ingredienti per 6 persone 150 g di prosciutto crudo in fette intere 200 g di ricotta 300 g di petto di pollo crudo 1 uovo 50 g di parmigiano grattugiato pangrattato q.b. un mazzetto di prezzemolo 40 g di burro 1 dl di latte noce moscata sale Ingredienti per 6 persone 600 g di polpa di manzo 2 patate 2 carote 200 g di zucca (sbucciata) 200 g di ceci lessati 2 pannocchie di mais tenero 200 g di fagiolini 100 g di strutto (o lardo) 60 g di riso 4 salsicce 1 grossa cipolla sale e pepe Preparazione Lessare il pezzo di carne per due ore, schiumando continuamente. Aggiungete ora le carote, i grani di mais (o, come è d'uso, le stesse 79 SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE pannocchie a dischi), i ceci lessati, i fagiolini, le patate e le altre verdure tutte a cubetti, e continuate la cottura ancora per 1/2 ora, quindi aggiungete il riso. Frattanto, a parte, rosolate nello strutto le salsicce punzecchiate con una forchetta, e il peperoncino polverizzato. A cottura ultimata, sistemate la carne al centro d'un piatto da portata e contornatela con le verdure e le salsicce. Cospargetela di pepe e irroratela con il fondo di cottura. Silvia Garrido Nair 80 SECONDI PIATTI A BASE DI CARNE Una volta mescolato il tutto si aggiunge al preparato di carote e cipolle. Avvolgere due cucchiai del preparato nelle foglie di crauti e far bollire per circa 2 ore in una pentola profonda. Dragana Savic Belgrado (Jugoslavia) Montevideo (Uruguay) SPEZZATINO DI MUSSO SARMA Ingredienti per 6 persone 2 cipolle 2 carote 500 gr di carne macinata 100 gr di riso Sale Olio Preparato vegetale (Brodo) 1 Uovo Crauti aceto Preparazione Lasciare a macerare le foglie di verza in sale e aceto per 1 settimana circa. Cucinare in olio due cipolle e 2 carote tagliate a pezzetti. Cucinare a parte la carne macinata a cui vanno aggiunti a cottura avanzata sale, preparato vegetale, 100 g di riso e un uovo. Ingredienti per 8 persone 3 kg di spezzatino di asino (musso) 2 carote 1 kg di cipolle rosse 1 costa di sedano 1 spicchio d’aglio paprika a piacere 1 bicchiere di passata di pomodoro ½ l di vino rosso 1hg di burro Preparazione Tagliare la carne a pezzettini e rosolarla nel burro con l’aglio e la cipolla rossa. Aggiungere le verdure, tutte assieme e innaffiare la pietanza con del vino rosso. Cuocere a fuoco lento facendo evaporare il liquido presente nella pentola. Aggiungere la paprika e cuocere ancora per circa un’ora. I tempi di cottura sono variabili. Servire caldo accompagnato da polenta fumante. Severino Mistrorigo Chiampo (Veneto) 81 SECONDI A BASE DI PESCE BACCALÀ ALLA VICENTINA Ingredienti per 4 persone 1 kg di stoccafisso secco 500 g di cipolle 1 litro d'olio d'oliva extra vergine 3-4 acciughe; 1/2 litro di latte fresco poca farina bianca 50 g di formaggio grana grattugiato un ciuffo di prezzemolo tritato sale e pepe Preparazione Ammollare lo stoccafisso, già ben battuto, in acqua fredda , cambiandola ogni 4 ore, per 2-3 giorni . Levare parte della pelle. Aprire il pesce per il lungo, togliere la lisca e tutte le spine. Tagliarlo a pezzi quadrati, possibilmente uguali. Affettare finemente le cipolle; rosolarle in un tegame con un bicchiere d'olio, aggiungere le acciughe dissalate, diliscate e tagliate a pezzetti; per ultimo , a fuoco spento, unire il prezzemolo tritato. 82 SECONDI PIATTI A BASE DI PESCE Infarinare i vari pezzi di stoccafisso, irrorarli con il soffritto preparato, poi disporli uno accanto all'altro, in un tegame di cotto o di alluminio, oppure in una pirofila (sul cui fondo si sarà versata, prima, qualche cucchiaiata di soffritto); ricoprire il pesce con il resto del soffritto, aggiungendo anche il latte, il grana grattugiato il sale, il pepe. Unire l'olio, fino a ricoprire tutti i pezzi, livellandoli. Cuocere a fuoco molto dolce per circa 4 ore e mezzo, muovendo ogni tanto il recipiente in senso rotatorio, senza mai mescolare. In termine vicentino, questa fase di cottura si chiama "pipare". Solamente l'esperienza saprà definire l'esatta cottura dello stoccafisso che, da esemplare ad esemplare, può differire di consistenza. Servire ben caldo con polenta in fetta: il baccalà alla vicentina è ottimo anche dopo un riposo di 12-24 ore. La "Venerabile Confraternita del baccalà alla vicentina" suggerisce questa ricetta che è il frutto di studi e di comparazioni tra le numerose ricette in auge nei ristoranti e nelle trattorie più famose del Vicentino tra gli anni trenta e cinquanta senza demonizzare le varianti attualmente in servizio. Vino: Vespaiolo di Breganze o Soave Antonio Prospero Montecchio Maggiore (Veneto) COUS COUS DI PESCE Ingredienti per 6 persone Una cipolla 100 gr. di olio d’oliva 4 peperoni verdi 3 pomodori SECONDI PIATTI A BASE DI PESCE 83 3 spicchi d’aglio mezzo cucchiaino di cumino un cucchiaino e mezzo di peperoncino (piccante o no, a piacere) un cucchiaino di pomodoro concentrato 400 gr. di pesce di mare di grandi dimensioni 300 gr. di pesce di mare di piccole dimensioni 600 gr. di cous cous fino Preparazione Rosolare la cipolla tritata con 100 gr. di olio d’oliva. Aggiungere i peperoni verdi e i pomodori tritati, i 3 spicchi d’aglio, il cumino, il peperoncino e il pomodoro concentrato. Mescolare tutti gli ingredienti e cuocere a fuoco medio. Dopo 15 minuti tirar fuori i 4 peperoni verdi e metterli da parte. Aggiungere un litro d’acqua ed alzare la fiamma. Quando comincia la schiuma aggiungere il pesce grande e dopo 10 minuti il pesce piccolo. Nel frattempo mettere una pentola d’acqua sul fuoco per cuocere il cous cous a vapore. Dopo che il pesce si è cotto per 15 minuti aggiungere di nuovo i peperoni. Quando è cotto unire la zuppa di pesce al cous cous e mescolare. Ines Abdelhedi (Tunisia) 84 SECONDI PIATTI A BASE DI PESCE 1 cucchiaino di semi di cumino 2 cucchiai di pepe 8/10 spicchi d'aglio 2 grossi tamarindi sale quanto basta Per il condimento 1 cipolla, tritata finemente 10/12 peperoni verdi tagliati a pezzi 2 zenzeri tritati 1 ramoscello di foglie di curry 1 cucchiaio di olio di cocco. Preparazione Friggere i peperoncini rossi, i semi di coriandolo e i semi di cumino. Poi macinare gli ingredienti fritti con la noce di cocco, il pepe, l'aglio, il tamarindo e sale fino ad ottenere un impasto grossolanamente lavorato. In una pentola non molto alta miscelare le cipolle finemente triturate, i peperoni, lo zenzero, le foglie di curry e disporvi sopra i pezzi di pesce e bollire. Dunque aggiungere un cucchiaio di olio di noce di cocco e tenere a fuoco basso finché sia quasi del tutto asciutto. Servire caldo con riso. Aloysius Manuel Joy Dhaka (Bangladesh) CURRY DI SGOMBRO Ingredienti per 8 persone: 1kg di sgombro 2 cucchiai di noce di cocco grattugiata 25/30 peperoncini 2 cucchiai di semi di coriandolo PAGO/PRAI RIPIENO Ingredienti per 8 persone 1 Prai / Pago / Paggio di circa 1 Kg di peso 100 g di vermicelli SECONDI PIATTI A BASE DI PESCE 85 86 SECONDI PIATTI A BASE DI PESCE 1 dado di pesce ½ bicchiere di succo di limone ½ bicchiere di olio d’oliva ½ Kg di calamari ½ Kg di gamberetti 6 spicchi d’aglio 100 g di prezzemolo 1 cucchiaio di pepe 2 cucchiai di cumino ½ cucchiaio di zafferano 2 cucchiai di paprica dolce Sale cumino. Pulire il pesce togliendo le interiora. Mescolare tutti gli ingredienti del sugo e mettere sul prai /pago e dopo aver decorato il piatto metterlo in forno per 25 minuti a 200° C. Ingredienti per il sugo 500 g di salsa di pomodoro ½ bicchiere di olio d’oliva 3 cucchiai di succo di limone 6 spicchi di aglio macinato Prezzemolo 2 cucchiai di cumino 2 cucchiai di pepe 2 cucchiai di paprica Sale Ingredienti per 6 persone 1 Kg di pesce (gamberi e calamari) Peperoni Aglio 1 cipolla Olio Limone Sale Pepe Prezzemolo Foglietti di pasta (pasta sfoglia pacchetto di 12 fogli) 100 g pasta tipo vermicelli Decorazione Pomodori tagliati rotondi Limoni tagliati rotondi Foglie di prezzemolo Un po’ di gamberetti, calamari e vermicelli. Preparazione Mettere i calamari a bollire nell’acqua con il dado di pesce per 3 minuti, aggiungere quindi i vermicelli gamberetti per altri due 2 minuti. Mettere tutto in una pentola e aggiungere succo di limone, olio, l’aglio, il prezzemolo, paprica dolce, pepe, zafferano, sale, Halima Marib Khouribga (Marocco) PASTILA AL PESCE Preparazione Fare bollire il pesce per 10 minuti e in un’altra pentola cuocere i vermicelli per 5 minuti. Mescolare il pesce con i vermicelli e aggiungere gli altri ingredienti. Mettere l’impasto così ottenuto dentro i fogli di pasta a strati con burro. Far cuocere in forno per 40 minuti a 180°C. Hatim Sif Oued Casablanca (Marocco) 87 DOLCI 88 DOLCI BARFFI DI VESSAN (Barffi Gram Flour) Ingredienti per 10 persone 1 Kg di farina di ceci (Gram Flour) 1 Kg di burro ½ Kg di Zucchero Mandorle a piacere Ancardi (frutta secca) a piacere ARROZ CON LECHE (Riso con latte) Ingredienti per 8 persone 100g di riso 3 bicchieri di latte 3 cucchiai di zucchero Sale 1 limone cannella in polvere Amrit Pal Kaur Preparazione Far sobbollire il riso nel latte per 8 minuti. Mettere in un pentolino il riso con il latte e lasciare riposare il tutto finchè è ben raffreddato. Trascorso questo tempo aggiungere lo zucchero, un pizzico di sale, la scorza di limone grattugiata e proseguire la cottura (aggiungendo dell'altro latte caldo se il riso apparisse troppo asciutto). Servire freddo, in coppe, spolverizzando la superficie con cannella in polvere. Silvia Garrido Nair Preparazione Far sciogliere il burro in una pentola e aggiungere la farina di ceci. Quando l’impasto è diventato rosso aggiungere lo zucchero e gli altri ingredienti a scelta. L’impasto viene messo in un piatto di ferro precedentemente unto con olio di girasole. Una volta indurito tagliare il Barffi a forma di quadratini e metterlo in una ciotola. È un piatto che si può mangiare con tutte le bevande. È un dolce preparato per le feste invernali. Montevideo (Uruguay) Bhojrat (India) CASTAGNACCIO DELLA GARFAGNANA Dolce tipico della stagione autunnale ed invernale a base di farina di castagne. E' caratteristico della Valle del Serchio (Garfagnana) e dell'Appennino Tosco-Emiliano, ma è apprezzato in tutta la Toscana con alcune varianti locali. Ingredienti per 4 persone 500 g di farina di castagne (dell'anno in corso, non 'stanca' ovvero 89 DOLCI dell'anno prima) 2 cucchiai di zucchero 4 cucchiai di olio extravergine di oliva pinoli 5-6 noci uvetta rosmarino (di solito non più di 3-4 foglioline o aghi) sale Preparazione In una zuppiera mescolare la farina allo zucchero e al sale. Unire un po' alla volta l'olio e acqua tiepida quanto basta per ottenere un impasto fluido. Aggiungere nell'impasto le foglioline di rosmarino e mischiare di nuovo. Non deve avere grumi. Se compaiono può essere indice di farina stanca (vecchia). Versare il composto in una tortiera o in una teglia da pizza unta e infarinata, cospargere la superficie con i pinoli e l'uvetta (non troppa) fatta ammorbidire in acqua tiepida e asciugata. Fare a pezzi fini le noci (quasi una trita) e aggiungerle. Infornare a forno caldo fino a quando si formerà sul dolce una crosticina superficiale. Può essere servito naturale o con panna montata o marmellate (non eccedere). Di solito è accompagnato da vino novello o da vin santo o da vino dolce. Monica Conforti Cascina (Toscana) 90 DOLCI COCCADA Ingredienti per 6 persone Un cocco intero 250 hg di zucchero Cannella 1 bicchiere di latte Preparazione Grattugiare il cocco con il cucchiaio mentre si fa sciogliere lo zucchero in una pentola a fuoco basso. Aggiungere allo zucchero fuso il cocco e lentamente il latte e la cannella un po’ alla volta. Quando il tutto è denso versare su un tagiere. Tagliare a pezzetti e lasciare raffreddare. Servire a temperatura ambiente. Andrea Ferreira da Silva Recife (Brasile) CROSTATA DI FRAGOLE Ingredienti per 6 persone 300 g di pasta frolla 600 g di fragole Succo di mezzo limone 100 g di crema pasticciera Preparazione Fare la pasta frolla, mentre riposa, fare la crema pasticcera. Formare con la pasta frolla un disco di circa trenta centimetri di diametro e dello spessore di circa mezzo centimetro. Porlo in una tortiera foderata di carta da forno, applicare un bordo largo circa 2 91 DOLCI centimetri e dello spessore di 1,5 centimetri. Versare sul disco la crema pasticcera, passare in forno per circa trenta minuti a 180° C. Sfornare la torta ed aspettare che si raffreddi. Se le fragole sono molto grandi, dividerle a metà, altrimenti disporle sulla tortiera intere. Versatevi sopra lo zucchero a velo col succo di limone. Si può decorare la torta con alcune foglie di menta fresca. Cristina Rossi Valdagno (Veneto) CUBANA Ingredienti per 8 persone Uova 130 g di burro 60 g di pinoli Zucchero 2 cucchiai di grappa Latte 30 g di mandorle 70 g di uvetta 600 g di farina bianca 30 g di lievito di birra 1 cucchiaio di pane grattugiato 125 g di gherigli di noci 35 g di cedro candito 30 g di arancia candita vino di Malaga scorza grattugiata di arancia sale 92 DOLCI scorza grattugiata di limone Preparazione Preparare un impasto con 100 g di farina e il lievito sciolto in poco latte tiepido. Lasciarlo lievitare per 20 minuti circa, quindi incorporare la farina rimasta, le 3 uova, 130 g di zucchero, 100 g di burro ammorbidito, l'acquavite, il sale, la scorza di limone e latte quanto ne occorre per ottenere un impasto morbido e compatto. Mettere ad ammorbidire l'uvetta nel vino. Scottare in acqua bollente le noci e le mandorle, poi pelarle e tritarle, tritare anche il cedro e l'arancia canditi. Mettere il tutto in una ciotola, unire i pinoli, la scorza grattugiata del limone e dell'arancia, l'uvetta strizzata, la grappa e il pan grattato soffritto con 30 g di burro, mescolare con cura e quindi unire un uovo più un albume montato a neve. Stendere la pasta e distribuire sulla superficie il ripieno, quindi avvolgerla su se stessa formando una spirale. Metterla sulla placca imburrata e infarinata, spennellare la superficie con il tuorlo rimasto, leggermente sbattuto, dopo di che spolverizzare con 4 cucchiai di zucchero. Cuocere in forno già caldo a 190° per 45/50 minuti. Antonio Prospero Montecchio Maggiore (Veneto) DULCE DE LECHE (Dolce di latte) Ingredienti per 8 persone 1 litro di latte 300g di zucchero 1 stecca di vaniglia bicarbonato 93 DOLCI Preparazione Mettete in una piccola pentola il latte con la stecca di vaniglia, lo zucchero e un pizzico (meno di 1/4 di cucchiaino) di bicarbonato. Portate il tutto ad ebollizione e cuocere a fuoco alto, finché il liquido non prende colore, quindi, abbassata la fiamma, proseguire a fuoco moderato, rimestando di frequente. Cuocere così per un paio d'ore. Servite in coppette. Silvia Garrido Nair Montevideo (Uruguay) EMBËLSIRA Ingredienti per 10 persone 750 g di latte 10 uova 250 di noci 200 g di farina Poco burro 1 bustina zucchero vanigliato 250 g di zucchero DOLCI FRITTELLE DI SEMOLINO Ingredienti per 6 persone 1 l abbondante di latte 200 g di semola di grano duro 300 gi zucchero Sale 100 g di uvetta sultanina 4 uova intere Farina q.b. ½ bustina di lievito per dolci grappa buccia grattugiata di un’arancia polpa grattugiata di una mela olio d’oliva per friggere zucchero a velo Preparazione Portare a bollore il latte leggermente salato. Versarvi il semolino senza formare grumi e far bollire per 15 minuti. Far intiepidire, aggiungere zucchero, uvetta sultanina (prima fatta rinvenire in acqua calda), polpa grattugiata della mela, la scorza grattugiata dell’arancia, un po’ di grappa, le uova una alla volta, farina, lievito. Portare a bollore abbondante olio, friggervi cucchiaini d’impasto. Scolare le frittelle, farle intiepidire e spolverizzarle di zucchero a velo. Preparazione Mescolare le uova aggiungendo in successione latte, zucchero, burro e farina, noci e una bustina di zucchero vanigliato. Cuocere al forno a 150° C per 30 minuti. È un dolce tradizionale del periodo pasquale. Lizana Lazri 94 Scutari (Albania) Cristina Gandolfi Arzignano (Veneto) 95 DOLCI GELO DI MELLONE Preparazione Tagliare finemente e bollire le carote in una pentola. Una volta che le carote sono morbide si tolgono dalla pentola e si cucinano nel latte e zucchero per circa 10 minuti fino a far assumere la consistenza di una crema. Kaur Ninder Jit Preparazione Mettere il succo dell’anguria, ottenuto passando la polpa in un passaverdura e filtrata con un tovagliolo di tela, a cuocere a fuoco molto basso, con l’amido e lo zucchero, e rimescolate bene finché il succo non si rapprende. Durante la cottura aggiungete una spolverata di cannella in polvere. Lasciarlo intiepidire e aggiungere a piacere zucca candita e cioccolato fondente a scaglie. Versare il succo in coppette; guarnire con altre scagliette di cioccolato e dei fiori di gelsomino appena colti. Aspettare che il composto addensi bene e quindi passatelo in frigorifero. Servire una volta che sarà ben raffreddato. Birring (India) GULAB JAMUN Ingredienti per 10 persone 250 ml di latte Preparato in polvere (latte scremato, farina di frumento e lievito) 600 g di zucchero Acqua olio Palermo (Sicilia) GIAJARELLA Ingredienti per 6 persone 1 kg di carote Un po’ di l latte DOLCI 2 cucchiai di zucchero Ingredienti per 10 persone 5 Kg di polpa di anguria (1 anguria) 120 g di zucchero 80 g di amido 1 manciata di cannella 150 g di cioccolato fondente tagliato a scaglie 150 g di zucca candita, una manciata di fiori di gelsomino Giusy Carollo 96 Preparazione Portare ad ebollizione dell’acqua in una casseruola, quindi unire lo zucchero e mescolare fino a quando lo zucchero non è sciolto. Togliere lo sciroppo dal fuoco e lasciarlo in caldo in una padella profonda sul fuoco a fiamma molto bassa. Preparare l'impasto: mescolare la farina e del latte in polvere in una terrina. Amalgamare con latte caldo. Lavorare velocemente fino ad ottenere un impasto omogeneo. Formare delle palline e sistemarle su un vassoio. Scaldare l’olio in una padella e far scivolare le palline nella padella. Dopo qualche istante cominceranno a gonfiarsi e prenderanno un 97 DOLCI 98 DOLCI colore dorato, allora posarle a macerare per 5 minuti nello sciroppo di zucchero. Mangiarle a temperatura ambiente. Kaur Supinder Ludhiana (India) KIK Ingredienti per 8 persone 4 uova 1 bicchiere di latte 1 cucchiaio di burro 150 g di zucchero 1 bustina di lievito per dolci 350 g di farina 1 bicchiere di olio JABLCNIK (Dolce di mele) Preparazione Mescolare bene uova, zucchero, lievito, latte, olio, burro e farina. Mettere l’impasto a cuocere in una terrina in forno a 200° C per circa 30 minuti. Ingredienti per 8 persone: - per la pasta 250g di farina di grano tenero 250g di farina di grano duro 250g di margarina 1 uovo 1 ½ cucchiaini di lievito per dolci 200g di zucchero a velo Add Sana Beni-Mellal - per il ripieno 1kg di mele fresche Zucchero Cannella PANCAKE Preparazione Miscelare tutti gli ingredienti per la pasta. Dividerla a metà e stenderla. Scaldare il forno a 250°C. Grattugiare le mele. Se contengono troppa acqua, spremerle un po’. Incorporare lo zucchero e la cannella. Mettere metà della pasta stesa in una tortiera unta. Versare il ripieno delle mele. Sul ripieno mettere l’altra metà della pasta. Infornare circa per 10 minuti. Nadezda Haque (Marocco) Brezno (Slovacchia) Ingredienti per 4 persone 50 g di farina setacciata 3 uova 1 tazza di zucchero Sale ¾ di l di latte 100 g di burro Noce moscata Olio per friggere 99 DOLCI Preparazione Mescolare uova, zucchero e burro in una terrina, aggiungere la farina , latte, il sale e la noce moscata continuando a mescolare. Si mette l’olio su una padella e si fa friggere l’impasto per 5 minuti. Gyasi Wendy Accra (Ghana) PIGNOCCATA PALERMITANA Ingredienti per 8 persone 400 g di farina 4 uova 80 g di strutto 300 g di mele 2 cucchiai di zucchero Cannella Olio per friggere DOLCI SFINCI DI PATATE E UOVA Ingredienti per 8 persone 1 Kg di farina 250 g di zucchero 4 uova 750 g di patate lessate e passate Lievito di birra Cannella Olio per friggere Preparazione Impastare tutti gli ingredienti, ottenendo una pasta morbida. Far lievitare per un’ora circa e friggere il composto a cucchiaiate in abbondante olio bollente. Spolverizzare le sfinci con zucchero e cannella. Giovanni Scozzari Preparazione Mescolare insieme lo strutto con la farina, lo zucchero e le uova. Formare tanti bastoncini del diametro di un centimetro e tagliarli a pezzetti. Friggerli poco alla volta in abbondante olio, scolarli e amalgamarli con miele fuso. Disporli uno sull’altro. Antonina Dall’Orzo 100 Palermo (Sicilia) SORPRESA AI TRE FRUTTI Ingredienti per 4 persone 200 di zucchero 200 g di farina bianca 200 g di burro 2 grosse uova 1 pizzico di sale 2 mele 2 pere 4 mezze pesche sciroppate Palermo (Sicilia) 101 DOLCI 1 bustina di lievito DOLCI Disporre le torrejas nel piatto di portata, versarvi sopra dello sciroppo e metterle in frigo per almeno un’ora. Preparazione In una terrina impastare la farina con lo zucchero, le uova, il sale e il burro sciolto (al naturale). Mescolare poi il tutto e unire il lievito, la frutta tagliata a pezzettini e quattro cucchiai dello sciroppo delle pesche. Versare il composto in uno stampo di ciambelle imburrato. Cuocere in forno caldo a 180° C per circa 30 minuti. Loredana Tecchio 102 Hernandez Tovar Nieves Cienfuegos (Cuba) Montecchio Maggiore (Veneto) TORTA DI ANANAS Ingredienti per 6 persone TORREJAS Ingredienti per 8 persone 10 fette di pane ½ l latte 2 cucchiai di zucchero Cannella 2 uova olio Preparazione Tagliare il pane a fette grosse (più meno 1 cm) e lasciarlo invecchiare un giorno. Fare bollire il latte con lo zucchero e la cannella e lasciare raffreddare su una fondina. A parte cuocere dello zucchero con acqua (sciroppo) e sbattere l’uovo su un piatto. Inzuppare le fette di pane una alla volta nel latte bollito con lo zucchero e la cannella, dopo passarle nell’uovo sbattuto e friggerle in una padella con dell’olio bollente. Per l'impasto: 100 g di farina 100g di zucchero 1 cucchiaino di lievito 4 uova Per la guarnizione: 90 g di burro 1 hg di zucchero nel burro 1 hg nell'impasto 1 scatola di ananas sciroppate 20 noci spezzettate Preparazione: Preparare una teglia e scioglierci il burro. Aggiungere lo zucchero nel burro amalgamando il tutto. Disporre le fette di ananas e le noci spezzettate. Preparare l'impasto sciogliendo lo zucchero nei tuorli d'uovo. Mescolare l'albume delle uova montato a neve alla farina, i tuorli d'uovo zuccherati e al lievito. Versare l'impasto sopra le fette di ananas e alle noci e cucinarlo in forno per 45 minuti a 180 ° C. 103 DOLCI 104 Togliere la torta dal tegame e capovolgerla, in modo che l'ananas e le noci siano sulla parte superiore. Elena Acampora Agerola (Campania) TORTA ARZIGNANESE Ingredienti per 8 persone 2 hg di fecola 2 hg di zucchero 2 hg di burro 1,5 hg di mandorle 2 hg di amaretti 2 fialette di aroma alle mandorle 4 uova 1 pasta sfoglia sale DOLCI TORTA AL CACAO Ingredienti per 6 persone 2 hg di zucchero 60 g di cacao 60 g di burro 1 bustina di lievito 3 uova ¼ l di panna 1 bustina zucchero vanigliato 120 g di farina bianca Una spruzzata di rhum (a piacere) Preparazione Mescolare lo zucchero con i tuorli d’uovo, aggiungere il cacao passato al setaccio, il burro ammorbidito, lo zucchero vanigliato, il lievito e la panna. Poi la farina setacciata e il rhum. Montare gli albumi a neve e incorporarli. Mettere in forno a 180°C per 40 minuti. Sfornare e lasciare raffreddare. (Variante: Tagliare a metà la torta e farcirla con marmellata di arance). Cospargere di zucchero a velo. Giuliana Vencato Cornedo Vicentino (Veneto) Preparazione Distribuire la pasta sfoglia scongelata all’interno di una tortiera. Preparare l’impasto unendo uova, fecola, zucchero, burro, sale mandorle e amaretti frullati. Mescolare bene e versare il tutto sopra la pasta sfoglia. Foderare bene il bordo con la pasta. Mettere in forno a 180° C per un’ora. TORTA GRECA Elena Masotto Arzignano (Veneto) Ingredienti Zucchero gr. 200 Uova 4 Burro gr.200 105 DOLCI Farina gr.150 Amaretti gr.150 Cioccolato fondente gr. 100 Lievito in polvere mezza bustina DOLCI 3 cucchiai di succo di limone 1 cucchiaio maizena 2 cucchiai di farina Preparazione Lavorare a crema burro e zucchero, aggiungere i tuorli (tenendo da parte gli albumi), la farina, gli amaretti polverizzati, il cioccolato fondente grattugiato, il lievito ed infine gli albumi montati a neve. Infornare in forno già caldo a 180° C per circa un’ora. Cristina Gandolfi 106 Arzignano (Veneto) Preparazione Impastare velocemente farina, sale e burro ammorbidito con il tuorlo d’uovo e dopo aggiungere vaniglia e acqua e mettere in frigo per circa 30 minuti. Mettere il forno a 200° C, stendere la pasta e metterla nella teglie dopo averla forata con una forchetta. Cucinare a forno già caldo per circa 15 minuti. Per la crema versare in una pentola latte, zucchero, farina, maizena, il succo di limone, i 3 tuorli d’uovo. Mescolare il tutto con un mestolo di legno a fuoco lento finché la crema vela il cucchiaio. Lasciare raffreddare l’impasto. Montare a neve ferma l’albume delle tre uova con un cucchiaio di zucchero a velo. Stendere la crema sopra la pasta precedentemente cotta e quindi l’albume montato sopra la crema. Si mette il tutto a cuocere in forno per altri 10-15 minuti a 200° C. TORTA AL LIMONE AbderrahimMarib Khouribga (Marocco) Ingredienti per 8 persone Ingredienti per la pasta 175 g di farina Un pizzico di sale 75 g di burro 2 cucchiai di zucchero in polvere 1 cucchiaio di vaniglia 1 tuorlo d’uovo ½ bicchiere d’acqua Ingredienti per la crema 3 uova 1 bicchiere di latte 2 cucchiai di zucchero TORTA KINDER Ingredienti per 8 persone 12 uova 4 bustine di budino di vaniglia 1 l di latte 500 g di farina 250 g di margarina 100 g di cioccolata DOLCI 107 2 sacchetti di polvere per panna montata (o un barattolo di panna montata) Olio Succo di limone 1 kg di zucchero Preparazione Mescolare l’albume delle 12 uova con 36 cucchiai di zucchero. Aggiungere del succo di limone. Mettere l’impasto in una teglia oliata e infarinata. Mettere la teglia in forno a 200° C per 10 minuti, poi abbassare la temperatura a 150° C e lasciar cuocere per altri 10 minuti, alla fine portare la temperatura del forno a 100° C per 45 minuti. Mentre si raffredda preparare la crema. Mescolare assieme i 12 tuorli d’uova con 12 cucchiai di zucchero. Un po’ di latte freddo e 4 buste di preparato per budino. Si aggiunge 1 litro di latte appena bollito. Mescolare in fretta in modo da ottenere una crema densa. Quando la crema è tiepida si divide in due parti. Ad una parte si aggiunge 120 g di margarina, all’altra 120 g di margarina e 100 g di cioccolato in polvere. Si otterranno una crema di cioccolata e una di vaniglia. Riprendere la pasta ottenuta con gli albumi d’uovo e aggiungere uno strato di crema di vaniglia e uno strato di crema di cioccolato. Guarnire la superficie con uno strato di panna montata. DraganaSavic 108 DOLCI TORTA CON MARESINA Ingredienti per 8 persone 150 g di zucchero 150 g di farina 100 g di burro 3 uova mezza bustina di lievito 1 pizzico di sale 1 bicchiere di latte 50g di erba maresina Preparazione Sbattere lo zucchero con il burro fuso (a bagnomaria), aggiungere una a una le uova, il latte, la farina con il lievito, 1 pizzico di sale. Alla fine aggiungere la maresina tritata molto finemente, versare tutto in una teglia imburrata e infarinata. Cuocere in forno per circa 40 minuti a temperatura di 180° C. Severino Mistrorigo Chiampo (Veneto) Belgrado (Jugoslavia) TORTA “NAPOLEONE” CON CREMA DI BURRO Ingredienti per 8 persone Per la crema 1 bicchiere e mezzo di latte 1 bicchiere di zucchero 2 uova 400 g di burro 109 DOLCI Per l’impasto 250 g margarina vegetale 3 bicchieri di farina 200 g di panna acida 1 uovo ¼ di cucchiaio da caffé di bicarbonato di sodio Mosca (Russia) TORTA DI PANE Questo è un tipico dolce che si mangia a colazione assieme ad un succo di frutta poiché contiene gli elementi necessari per ben cominciare la giornata. Ingredienti per 6 persone Pane al latte (pain de la veille) DOLCI Latte per umidificare il pane Uva Passa 1/3 di l di latte 2 uova 1 cucchiaino d’estratto di vaniglia (facoltativo) 50 g di zucchero a velo Burro Preparazione Per la crema mescolare assieme latte zucchero e uova e cuocere fino a ebollizione. Lasciare raffreddare a bagnomaria. Prendere il burro e mescolarla assieme alla crema per formare una panna. Per l’impasto mescolare i diversi ingredienti e si suddivide l’impasto in palline non grandi. Mettere queste palline in frigorifero per circa 2 ore. Ridurre ogni pallina a formare una specie di biscotto sottile e mettere in forno per 180° C fino a che i biscotti si indorano. Una volta cotti e raffreddati si mette la crema e si lascia riposare per qualche ora. Infine si può guarnire con briciole delle palline e nocciole. IrinaYunalainen 110 Preparazione Imburrare una teglia. Tagliare il pane a fette sottili e disponerle nella teglia alternandole all’uva passa. A seconda dei gusti si possono aggiungere anche delle fette di mele o pere. Umidificare il pane con un po’ di latte. In un terrina sbattere le uova aggiungere il latte, lo zucchero a velo e la vaniglia. Versare il composto sopra il pane tastando con una forchetta per assicurarsi che il pane abbia ben assorbito l’impasto. Cucinare il tutto per 20 minuti a 210 °C. LanganeLaurent Burkina Fasu DOPOCENA CINQUE CONTRIBUTI 113 A CENA DA ANJAN PRESAND Le nuvole basse e il vento radente, che spazzava il piazzale e le auto parcheggiate, annunciavano un imminente temporale. Sotto un cielo piceo raggiungemmo a passi veloci l’abitazione dì Anjan Prasand dove eravamo attesi per cena. Una casetta bassa, sopravvissuta alla marea di cemento che aveva stravolto i connotati di quella parte della città. Anjan e la moglie ci attendevano trepidanti davanti alla soglia di casa, a piedi nudi. Varcammo l’uscio ed entrammo nell’unica stanza a pianterreno dove ci fecero accomodare ad una piccola tavola modestamente imbandita. Ci stupì il fatto che solo due posti erano apparecchiati per la cena. I nostri ospiti non avevano previsto la loro partecipazione al banchetto: marito, moglie e la piccola Sceuli di quattro anni restavano in piedi ai bordi della tavola senza toccare cibo. Ci ribellammo a questa pretesa ma essi furono dolcemente ma altrettanto fermamente irremovibili “ Per noi gli ospiti sono come gli Dei” disse il bengalese con un sorriso commovente. L’iniziale disagio si disciolse in bocca all’assaggio delle piccole frittelline calde calde che ci furono portate in tavola da Rani. Addentando la prima, un caldo profumo di erbe aromatiche avvolgeva la nostra mente, creando una atmosfera azzurrina nell’ambiente intorno. Alla seconda frittella sentivamo il gong del tempio che accarezzava le nostre orecchie. Il piatto ci attendeva con le altre frittelle profumate in attesa di nuovi assalti. Anjan ci osservava felice dal bordo del tavolo e la piccola Sheuli saltava sul divano impazientemente. Ci portarono il riso, un piatto eccessivamente abbondante. Ci guardammo in faccia preoccupati anche perché vedevamo nuove portate che si facevano strada verso la piccola tavola affollata di piatti e zuppiere. Il riso sapeva di incenso, di Nirvana e di lontane foreste imbalsamate: stavamo consumando un pasto sacro nella reggia di Anjan. Impressioni di odalische velate, di boleri di ombre 114 DOPOCENA colorate volteggiavano attorno a noi nella preziosa penombra aromatica creata dal riso basmati. E venne la volta del capretto, il piatto forte. Pezzi scelti, prenotati da tempo e acquistati il giorno prima dal macellaio di Tezze. Il Capretto al forno sapeva di capretto. Cessò il ballo delle odalische per lasciare spazio ad un profumo di arrosto e ai sapori agrodolci di uvette, cipolle, erbe e legumi che accompagnavano la portata. Non potei fare a meno di prendere dalla pignatta nuovi pezzi di capretto. Cominciò lento, dentro di me un pianto che si scioglieva ogni volta che deglutivo un nuovo boccone. Un pianto luminoso, introverso. Lento e pulito come una cascata, maestoso e sublime come i grandi fiumi che si dipanano tra le selve del Bengala, tra orizzonti di ruggiti di tigri e il barrito dell’elefante. Un Bengala tutto salgariano che riemergeva da antiche letture di bambino, quando passavo le lunghe sere di inverno divorando romanzi accanto alla stufa a legna, in una stanza illuminata da un vecchio lume a petrolio. E venne il momento del pollo arrosto, ben rosolato, guarnito di patate e cipolle, di frutta e canditi, frittelle e uvetta. Di fronte all’offensiva aromatica che avanzava, travolgendo le nostre deboli resistenze, verso le indifese narici, ogni tentativo di barricarci dietro cortesi rifiuti fu inutile. Fummo travolti dalla nuova portata e soccombemmo miseramente in nuovi abbandoni tappezzati di tappeti color porpora, tintinnii di campanellini d’argento e pagodea più piani che si slanciavano oltre l’oscurità del soffitto. Gli Dei banchettavano con molta serietà, discernendo aromi e sapori lungo i luminosi sentieri del karma. I dolci erano caldi e di un aroma nuovo che sovrastava le precedenti esperienze. Fu tra le nebbie del nuovo profumo che mi apparvero i nostri ospiti, in piedi, attenti ad ogni nostro gesto, felici del gradimento che avevamo mostrato per il viaggio gastronomico nel quale ci avevano sapientemente pilotato. In un barlume di resipiscenza mi resi conto che dovevano essere affamati e così mi affrettai, un po’ vergognato, a por fine al banchetto per consentire alla famigliola di accostarsi alla mensa e 115 godere dei resti del pasto degli Dei. Ci alzammo dalle sedie pieni di riconoscenza e salutammo a lungo Anjan, Rani e la piccola Sheuli che ci seguivano nella notte ventosa con occhi adoranti dalla soglia della loro reggia. Titta Fazio 116 DOPOCENA SIMMENTHAL Luca era amico di Santi e per la proprietà transitiva divenne anche amico mio. A quei tempi io vivevo già, da qualche tempo, in continente ma d'estate, non appena le scuole chiudevano, mi catapultavo subito a Castelbuono, in Sicilia. A vent'anni un giorno di treno senza confort e cuccetta non fa certo impressione. Quell'anno, subito dopo i festeggiamenti della patrona S. Anna cui non si poteva non assistere, Luca mi propose di seguirlo a Stromboli e più esattamente a Ginostra per un soggiorno vacanziero della serie tutto pagato. Mi disse che colà aveva aderenze ed amicizie che risalivano ai tempi di suo padre medico. Partimmo ognuno con le proprie armi e bagagli. Io avevo con me le Nikon e Luca, scoprii dopo, un fuciletto di calibro ridotto. Descrivere cosa sia Ginostra penso sia impossibile, quattro case di tufo dal tetto concavo per raccogliere l'acqua piovana attaccate ad un vulcano attivo che proprio da quel lato manda la sua lava a mare, la sciara del fuoco. In realtà Ginostra è l'essenza stessa della precarietà. Non ha un vero e proprio porto e la si raggiunge solo con una barchetta, lo schiavo, dopo che il traghetto si è fermato al largo. Non c'era acqua corrente o luce elettrica e alla sera si ci rischiarava con grandi lampade a gas le cui bombole venivano issate sino alle casette più alte della rupe lavica a dorso di un asinello. Luca era nel suo giardino. Al mattino preparava la colazione a base di ricci di mare e biscotti Oro Saiwa inzuppati direttamente nell'acqua salata; dopo si bighellonava tutto il giorno sui neri scogli. Si stava continuamente a cazzeggiare in riva al mare completamente nudi ma sempre con i sandali ai piedi perchè la nera lava arroventata dal sole non avrebbe perdonato neanche un fachiro. Ogni tanto un tuffo e una mezza nuotata. L'umanità era la più varia, i nativi erano minoranza e data la ristrettezza del luogo dopo un po' ci si conosceva tutti italiani e stranieri, stanziali e turisti. Le loro personali storie molto avrebbero potuto raccontare DOPOCENA 117 del perchè fossero finiti lì ma io non ho mai fatto, per mia natura, troppe domande. Il pranzo era sovente a base di frutta portata dalla Sicilia e scaricata a terra sempre col sistema della barchetta, la si comprava in un negozietto a mezzacosta. Per la cena ci si organizzava un po' meglio e il pesce in tutte le forme era il piatto principale. Luca mise gli occhi su una vecchia barca semiabbandonata e ottenne dal proprietario il permesso di rimetterla in sesto. Furono tre giorni di lavoro a base di pece, stoppa e vernice, lui sapeva quello che faceva, io ovviamente no ma cercai di dare una mano. Dopo iniziammo a navigare sotto costa. Le ragazze non mancavano mai a bordo e se lo mangiavano non solo con gli occhi. Luca era bello ? A tutt'oggi non saprei dirlo, aveva un occhio verde ed uno azzurro, la faccia leggermente butterata e sempre allegra insomma aveva un fascino particolare. Un giorno mentre eravamo al largo a prendere il sole, dondolanti nella barchetta, si tuffò ma riemerse subito dopo. Chiese il suo costume da bagno e uno dei miei zoccoli di legno. Indossato il costume con lo zoccolo in mano si riimmerse. Dopo un po' mise fuori la testa dall'acqua e lanciò sul fondo della barca una grossa murena che si dibatteva. La finii di uccidere colpendola con l'altro mio zoccolo. Guardando i denti del pesce capii perchè avesse voluto indossare il costume prima di darle la caccia. Quella sera si cenò in compagnia a base di murena alla brace e riso e bisi. Quest'ultimo piatto tipicamente veneto lo preparai io dopo aver trovato una scatola di piselli nel negozietto. A quei tempi la data di scadenza non era stata ancora inventata ma tutti gradirono e nessuno ebbe a lamentarsi. Il sempre pesce del mattino mezzogiorno e sera fu interrotto solo una volta quando Luca alzatosi di buon'ora salì sulle pendici del vulcano col suo fuciletto e tornò con un piccolissimo coniglio selvatico. Purtroppo i commensali erano sempre tanti e della carne del coniglio ne fu data solo un'ostia a testa. Un pomeriggio si partì per andare a mangiare un gelato a Stromboli. Una barchetta finalmente a motore, stracarica di sfaccendati ci fece fare quasi tutta la circunnavigazione dell'isola; fra andare e tornare passò un intero 118 DOPOCENA pomeriggio, mai gelato fu tanto desiderato. Per il resto non accadeva niente di particolarmente eclatante e le giornate passavano ripetitive. Il padrone della casa dove alloggiavamo era un giovanotto dall'aria molto depressa nonostante convivesse con una bella ragazza tedesca, usciva di rado. Una sera a bruciapelo mi chiese cosa sapessi veramente fare di pratico oltre ad andare dietro a Luca e scattare foto. Capii che essendo io ospite ed essendo quella gente tutti marinai cominciavo a puzzare come un pesce. Fu così che, non sapendo proprio che pesci prendere, dissi che sapevo cucinare piatti insoliti. Il padrone subito colse la palla al balzo e mi incaricò di organizzare una cena per l'indomani sera. Il mattino successivo mi vide al negozietto ma c'era poco da scegliere, presi quattro scatolette di carne Simmenthal che stavano su un ripiano senza sapere ancora esattamente come le avrei utilizzate. Venne l'ora della cena e misi a riscaldare l'acqua per la pasta. Mezzo chilo abbondante di pennette rigate da lì a poco finirono nella pentola e quando mi sembrarono cotte scolai l'acqua e ributtai la pasta nella pentola insieme al contenuto delle quattro scatolette di carne. Divorarono tutto, si leccarono i baffi e mi fecero i complimenti. Avevo servito loro un piatto diverso, una novità per gente abituata a vivere quasi sempre di pesce. Non ho più avuto occasione di preparare la pasta alla Simmenthal comunque mi fermai un altro paio di giorni a Ginostra e poi me ne tornai a casa lasciando là Luca nel suo giardino. Vincenzo Raimondi 119 DOPOCENA ROSA ROSAE La donna di quell'età imprecisabile che va dai trenta ai quaranta sedeva in un angolo del bar. Piangeva in silenzio guardando la tazzina vuota del caffè. Mi facevo riguardo ad osservarla con più insistenza ma non potevo distoglierne lo sguardo, era bellissima. Andato alla cassa pagai il mio panino, il bianco e il suo caffè approfittando della confidenza che avevo col barista. Uscii e, mentre mi accendevo l'immancabile sigaretta, mi sentii toccare la spalla. Voltatomi vidi che era lei. “La ringrazio ma perchè ha pagato il mio caffè ?” Farfugliai : “Non so, non mi piace vedere piangere le donne specie se sono belle come lei”. “Ha cinque minuti“ disse lei e io : “Un altro caffè ?”. Rientrammo nel bar, era molto alta, ci sedemmo. Lei iniziò : “Mi chiamo Eva e oggi è il primo anniversario di matrimonio che passo senza mio marito. E' morto qualche mese fa, si chiamava Rosario e pensi che l'ho sposato proprio a causa del suo nome o meglio del suo soprannome, le interessa ?” Non potei che rispondere: “Si”. “Bene Rosario era un mio compagno di liceo, un tipo introverso e secchione, grassottello e un po' brutto. La sua pagella era, anno dopo anno, sempre sopra l'otto in quasi tutte le materie. Io, invece, arrancavo barcamenandomi sulla sufficienza risicata tranne che in ginnastica per via del mio fisico”. Non potei non pensare che a diciassette anni l'Eva che mi stava d'avanti doveva essere stata già una donna fatale. Lei continuò: “Nessuno badava a Rosario ma neanche nessuno lo prendeva direttamente per i fondelli perchè, ogni tanto, passava qualche versione di latino o greco ora a questo ora a quello; in quei tempi non frequentava alcuno. Insomma arrivammo agli esami di maturità liceale. La versione di latino si presentò molto più ostica del previsto. Un pezzo di Tacito al posto del solito Cesare o Cicerone. Quel giorno nell' aula degli esami calò il gelo, un silenzio di tomba e tutti gli occhi puntarono lui, Rosario, che scriveva quasi senza sfogliare il vocabolario. Si accorse del peso degli sguardi imploranti e alzò la 120 DOPOCENA testa. Riprese a scrivere con più lena ma appena l'insegnante di guardia annunciò che era possibile andare in bagno fu il primo ad uscire. Uno dopo l'altro uscimmo in molti. Sulla finestra del bagno Rosario aveva lasciato una decina di copie della traduzione e su ogni pagina c'era scritto – Per favore fate qualche errore, cambiate qualche parola e una di queste sere fatemi uscire con voi, poi un numero di telefono - . Finirono gli esami con molti promossi e, prima di andare in vacanza, un pomeriggio, telefonai a Rosario. Vado avanti ?. La annoio ?”. “No prosegua” Dissi io. “Rispose Rosario al primo squillo, quasi fosse seduto accanto al telefono con la mano sulla cornetta. I soliti convenevoli e poi gli chiesi a bruciapelo quanti di quelli che avevano preso la sua versione lo avevano chiamato. -Nessuno, fu la risposta, tu sei la prima-. Per un attimo mi sentii smarrita , ma ero in ballo e non potevo più tirarmi indietro. Non mi è poi mai piaciuto fare la figura della stupida. Così prendemmo accordi per andare a mangiare una pizza insieme quella stessa sera. Rosario era dolcissimo, pieno di interessi, anche simpatico, si rivelò un uomo straordinario, pardon, allora un ragazzo. Non ci lasciammo più e dopo l'università ci sposammo”. “Bene ma non ho capito il riferimento al nome Rosario cui lei accennava prima come elemento chiave del vostro matrimonio”. “Sì, dimenticavo – proseguì lei - , come le ho detto, Rosario in latino era un mostro, addirittura nell'ultimo anno qualche insegnante chiedeva persino il suo parere. Bravissimo lo era sempre stato e, scherzosamente, fra di noi, lo chiamavamo, sin dalla prima ginnasio, Rosarum che è il genitivo plurale di Rosa, rosae .. “Sì, ricordo vagamente – la interruppi – la cultura può fare molto anche in amore. Debbo lasciarla, una bella storia per me che faccio l'insegnante, buona fortuna”. Mi alzai e uscii. Ero quasi arrivato alla porta quando Eva gridò : “Rosario era un adottato, era di colore”. Vincenzo Raimondi 121 DOPOCENA L'ULTIMO BISCOTTO Maria, una bella ragazza bionda e gli occhi azzurri amava viaggiare e girare sovente con vertiginose minigonne e stivali alti. Compensava così la mancanza di un seno prosperoso di cui sentiva molto la mancanza. A suo modo riusciva benissimo ad es sere una donna che non voleva passare inosservata. Quella mattina di dicembre stava aspettando il volo Milano Londra in sala d'atte sa. Siccome il tempo della partenza si allungava di mezz'ora in mezz'ora, a causa della padana nebbia, decise di andare a comprare un giornale e, forse, anche un libro per ammazzare il tempo. L' edicola non era particolarmente fornita di testi rilegati, ovunque Camilleri, a cataste, quasi un imperativo categorico nazionale, una prescrizione medica. Lasciò perdere i volumi e si accontentò di un paio di quotidiani alternativi, quelli canonici li avrebbe trovati in aereo. Comprò anche un pacchetto di biscotti e tornò nella sala VIP per stare più tranquilla. Stava per sedersi quando decise che prima era meglio andare a fare la pipì. I collant non sono mai stati comodi specie negli angusti cessi d'aereo. Posati i giornali sulla se dia si dirisse verso i gabinetti, nessuno le avrebbe portato via “l'Unità” e il “manifesto”. Al ritorno tolse i giornali dalla sedia e si sedette. Accanto a lei il basso tavolinetto con i biscotti e subito dopo seduto un giovanotto di colore che leggeva un giornale in glese d'economia. Quando lei cominciò a prendere il primo biscot to, anche l'uomo ne prese uno. Maria si sentì indignata ma non disse nulla, continuò a far finta di leggere. Tentò anche, ma inutil mente, di coprire le cosce tirando con una mano la cortissima gon na. Tra sè e sè pensò "Ma tu guarda se solo avessi un pò più di coraggio gli avrei già dato un pugno sul naso a questo rompiscatole colorato". La storia continuò, ogni volta che lei prendeva un biscotto l'uomo accanto a lei, senza fare un minimo cenno, ne prendeva uno anche lui. Sempre più nervosa la ragazza iniziò sistematicamente a prendere e a divorare biscotti, lo stesso faceva il giovanotto, quasi una gara. Andarono avanti fino a che 122 DOPOCENA non rimase che un solo biscotto e la donna pensò: "Ah, adesso voglio proprio vedere cosa dirà quando saranno finiti tutti!!" Si guardarono negli occhi per una frazione di secondo e poi il giovanotto prese l'ultimo biscotto, lo divise a metà e rimise l'altra metà nel pacchetto! "Ah, questo è troppo" pensò Maria, cominciò a sbuffare ed indignata prese i giornali, la sua borsa e si incamminò verso l'uscita della sala d'attesa. Dopo aver gironzolato, quando si sentì un pò meglio e la rabbia fu passata, si sedette su una sedia ma questa volta lungo il corridoio per non attirare troppo l'attenzione ed evitare altri dispiaceri. Di lì a poco finalmente annunciarono il suo volo. Aprì la borsa alla ricerca del biglietto ma, nell'aprire la borsa, vide, al suo interno, che il suo pacchetto di biscotti era ancora integro. Si sentì una stupida razzista e capì solo allora che il pacchetto di biscotti che aveva divorato, eguale al suo, era di quell'uomo seduto accanto a lei. Lo sconosciuto aveva diviso i suoi biscotti con lei senza fare storie. Vincenzo Raimondi 123 DOPOCENA IL CANE DEL CAPITANO Non sò quanti dei "miei venticinque lettori" abbiano visto il film "Schinder List". E' bene che costoro sappiano che mai in nessun lager i cani hanno avuto la museruola, imposta nel film soltanto per motivi di sicurezza. La realtà era ben diversa. Nell'inverno del 1944, si avvicinava il natale, eravamo alloggiati in un rifugio d'alta montagna, sempre a tagliar legna. Capitò che una notte cadde giù tanta neve da bloccare la grande porta d'ingresso e tutta l'ampia scalinata che portava all'androne. Nell'impossibilità di andare, di notte, a gabinetto (questo era allogato fuori, nel retro del cortile), al mattino dall'uscio principale appena socchiuso si scoprì che la neve era diventata gialla. Apriti cielo ! Il primo soldato tedesco che riuscì a spalancare l'uscio per intero, cominciò a gridare ed imprecare chiamando i suoi commilitoni perchè venissero a vedere quella porcheria “Schweinerei”. In meno di un minuto successe un tale trambusto fra i soldati che accorrevano e noi pure, ma per curiosità, che c'era da chiedersi se non fosse venuta la fine del mondo. Immediatamente fummo tutti convocati in cortile "appell” e non ebbero più parole per rimproverarci la nostra inciviltà e sozzura. Può sembrare strano ma nessuno di noi, che probabilmente mai aveva visto tanta neve o almeno non gialla d'urina, si capacitava di tanto chiasso. Allora mi sono azzardato a chiedere in tedesco cosa mai fosse successo di così strano da provocare un simile trambusto. E qui accadde qualche cosa di incredibile: da inferociti che erano, improvvisamente tutti i tedeschi scoppiarono in una fragorosa risata stupiti della nostra meraviglia e ingenuità. O la fortuna o l'aver capito la nostra innocenza, ordinarono soltanto ad alcuni di pulire la scalinata anche con la lingua. Poichè continuava a nevicare fitto gli altri fummo fatti rientrare e tutto finì lì. Passarono un paio di giorni, sempre sotto la neve, e non potè arrivare più il solito camion coi viveri sicchè al terzo giorno, tutti, anche loro, si era digiuni. All'imbrunire del quarto giorno arrivò un automezzo trainato da 124 DOPOCENA un trattore spartineve e ognuno si aspetteva che finalmente ci fosse qualche cosa da mangiare. Furono fatti scaricare degli scatoloni ma niente contenitori con zuppa nè patate crude. Si udiva nella mensa dei tedeschi un brusio, un mormorio di parolacce ma non si riusciva a comprendere nulla. Era certo che non mangiavano. Intanto si erano fatte le otte di sera e si udì l'ordine: "Tutti al posto". Ed ecco che avanza fra le file un soldato che reggeva uno scatolone mentre un altro, al suo fianco, distribuiva cinque caramelle per ciascuno. Ricordo tuttora la marca delle caramelle, erano le Rossana italiane a forma rettangolare ed avvolte in carta oleata rossa. Cinque per ciascuno, colazione pranzo e cena. Infagottati nei nostri stracci stavamo a meditare sulla assurdità di quanto ci era capitato e ognuno intanto succhiava con avidità le sue caramelle. Da dove tante e tutte italiane ? E se il camion era venuto a rimorchio non avrebbe potuto portare qualche cosa d'altro e più sostanzioso ? Circa le ventuno incontro per caso un soldato, Einrich e chiedo cosa mai fosse successo. Non sapeva nulla ma si supponeva che fosse stato aggangiato allo spartineve il camion sbagliato. Aggiunse in tedesco: "Geduld immer Geduld (pazienza sempre pazienza)". "Anch'io ho fame, molta fame, arrivederci e buonanotte". Rimaneva irrisolto il problema di raggiungere i gabinetti esterni durante la notte. Mentre si parlottolava e ci si rannicchiava sull'impiantito ecco apparire i tre militi del controllo serale. E qui ti voglio lettore: "Voi che vivete sicuri / nelle vostre tiepide case / voi che trovate tornando a sera / il cibo caldo e visi amici” (Primo Levi - Se questo è un uomo) immaginate cosa abbia significato per la loro maniacale pulizia trovare per terra uno strato di cartine rosse che frascheggiavano ad ogni piè sospinto. Due infrazioni in così breve tempo non potevano passare inosservate. "Alles auf" in piedi e fuori in cortile così come ci trovavamo, seminudi e scalzi - lo ricorda bene il mio dito mignolo del piede destro da allora senza più unghia e falangi. Tutti i tedeschi si precipitarono fuori a vedere e sentire, mentre noi venivamo spinti a correre sulla neve alzandoci e piegandoci sulle ginocchia ad ogni "hilljng (comando)" DOPOCENA 125 e i cani dietro. Ad un tratto sento a poco più di un metro da me l'ansimare di un cane. Mi volto e vedo, questione di un attimo, il cane del capitano. Questi si vantava che il suo Wolf obbediva a lui solo e nessuno mai quindi sarebbe stato in grado di fermarlo. Quando stava per addentarmi gli grido, come più volte avevo sentito dalla voce del padrone: "Bleibst du ganz ruich (rimani del tutto fermo)". O meraviglia, il cane obbedì e si fermò. Subito sibilò il fischietto di tornare tutti indietro. Anche Wolf tornò e il padrone gli chiese cosa avesse mai fatto: "Was hast du gemacht ?" Ovviamente gli fù riferito che il cane si era fermato al mio comando. Fattomi uscire dalla fila mi chiese in tedesco: "Cosa hai detto al mio cane". Risposi, a mia volta in tedesco," Quello che gli dice lei". “Per la paura probabilmente ho tanto alterato la mia voce che l'animale ha inteso essere un comando del proprio padrone”. Il capitano rispose: "Ich weis du sizilien (lo so tu sei siciliano)". Mi lasciarono andare, tutto finì lì e rientrammo. Mai sono venuto a sapere come tante caramelle fossero finite nel nostro campo di lavoro al posto delle consuete patate. Paolo Raimondi 127 SENTENZE ALLA RINFUSA An apple a day keeps a doctor away. (Una mela al giorno tiene alla larga il medico) Proverbio inglese che ha riscontro anche in altre tradizioni e che parte dalla coscienza popolare che un'alimentazione sana preserva la salute. Dimmi cosa mangi, ti dirò chi sei. (proverbio toscano) A tavola non si invecchia mai (proverbio toscano) 128 SENTENZE ALLA RINFUSA Si cambia coniuge, religione, partito ma non il gusto per un piatto. Per la donna cattivo cuoco è colui che non sa leccarsi le dita. (Shakespeare) Tutti gli uomini sono dei mostri; non c'è altro da fare che cibarli bene: un buon cuoco fa miracoli! (O.Wilde) Se un uomo ha fame, non dargli il pesce insegnagli a pescare. (Antico proverbio cinese) La scoperta di un piatto nuovo è più preziosa per il genere umano che la scoperta di una nuova stella. (Brillat- Savarin) Meglio muri' sazio che campa' djuno Dio fece il cibo, il diavolo i cuochi. (Joyce) La vita è troppo breve, per bere del vino cattivo. (Lessing) Quando gli uomini bevono, allora sono ricchi e fortunati e vincono le cause in tribunale e sono felici e aiutano gli amici. (Aristofane) Gli animali si nutrono, l'uomo mangia, solo l'uomo di spirito sa mangiare. (Brillat-Savarin) Se lo stomaco è pieno, è facile proporsi di digiunare. L'appetito vien mangiando, la sete se ne va bevendo (Rabelais) Il piacere della tavola è di tutte le età, di tutte le condizioni sociali, di tutti i paesi e di tutti i giorni, può associarsi a tutti gli altri piaceri, e resta ultimo a consolarci della loro perdita. (BrillatSavarin) La cucina di un popolo è la sola, esatta testimonianza della sua civiltà. Non riesco a sopportare quelli che non prendono seriamente il cibo. (O.Wilde) SENTENZE ALLA RINFUSA 129 130 SENTENZE ALLA RINFUSA Vinum bonum laetificat cor hominis (Psalm, III.15) (Buon vino fa buon sangue) Al contadino non devi far sapere quanto è buono il cacio con le pere (antico detto toscano) Nascendo, l'uomo ha ricevuto dal suo stomaco l'ordine di mangiare tre volte al giorno, per recuperare le forze che gli tolgono il lavoro e più spesso la pigrizia. (Dumas padre) Dopo un buon pranzo, si può perdonare tutto, persino i propri parenti (Oscar Wilde) In realtà nessun essere umano indifferente al cibo è degno di fiducia. (Manuel Vázquez Montalban) Detesto l'uomo che manda giù il suo cibo non sapendo che cosa mangia. Dubito del suo gusto in cose più importanti. (Charles Lamb) Anche per desinare bisogna saper far uso dei principi della scienza. (Petronio) Gli uomini malvagi vivono per poter mangiare e bere; i buoni mangiano e bevono per vivere. (Socrate) Uno non può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non ha mangiato bene. (Virginia Wolf) L'aumento dei prodotti e delle necessità finisce per produrre appetiti raffinati, innaturali e immaginari. (Marx) Il vino fermenta, la stupidità mai. (proverbio russo) Mangiare è uno dei quattro scopi della vita... quali siano gli altri tre, nessuno lo ha mai saputo. (proverbio cinese) Il caffè, per esser buono, deve essere nero come la notte, dolce come l'amore e caldo come l'inferno. (Bakunin) Io non faccio il cascamorto, se casco, casco morto per la fame. (Totò – Miseria e nobiltà) O sei roso dai morsi della coscienza, o da quelli della fame. (Totò – La banda degli onesti) Sono integro e puro, non ho commesso peccati né di carne, né di pesce. (Totò – Totò Le Mokò) Che ore sono ? L'una e mezzo ? Bene, così possiamo tranquillamente saltare la prima colazione. (Totò – Totò lascia o raddoppia ?) Si dice che l'appetito vien mangiando, ma in realtà viene a stare digiuni. (Totò – Totò al Giro d'Italia) 131 APPENDICE 132 APPENDICE Arzignano utenti provenienti da Comuni limitrofi di Trissino, Brogliano, Castelgomberto, Sovizzo e persino da quelli da Comuni più lontani quali quelli di Cornedo V.no, Valdagno, Lonigo e Sarego (questi ultimi due aggregati assieme a quello di Grancona al CTP di Noventa V.na da tre anni). TERRITORIO DI RIFERIMENTO BISOGNI FORMATIVI DELLA VALLE DEL CHIAMPO Il territorio di riferimento del CTP (acronimo per Centro Territoriale Permanente per l’istruzione in età adulta) è quello della Valle del Chiampo con l’appendice di alcuni Comuni della Valle del Guà e coincidente con l’ex-Distretto Scolastico n. 31 o CTF Ovest Vicentino. E’ perciò un ente territoriale che abbraccia l’area di 12 comuni e che ha la sua sede ad Arzignano. Ne fanno parte i comuni di: Arzignano Altissimo Brendola Chiampo Crespadoro Gambellara Montebello V.no Montecchio Maggiore Montorso Nogarole V.no San Pietro Mussolino Zermeghedo Senza farne parte formalmente gravitano attorno al Centro di In considerazione dei continui mutamenti dei parametri socioeconomici e tenuto conto del repentino evolversi della situazione economica che risente del momento di globale stagnazione (in alcuni casi di recessione) e che non risparmia la Valle di Chiampo ci sembra valido quanto segue: Alto tessuto produttivo centrato principalmente su una rete di piccole e medie imprese – molte a conduzione familiare – con prevalenza del settore conciario, marmifero (estrazione e lavorazione) e meccanico. Rispetto agli anni passati la crisi latente ha portato a difficoltà occupazionali soprattutto nell’ambito conciario. Alta percentuale di immigrati da paesi asiatici (forti e radicate comunità di indiani, bengalesi, pakistani, filippini ecc.), africani (ghanesi, senegalesi, magrebini, ivoriani, dal Burkina Faso…), europei (bosniaci, serbi, rumeni, croati, moldavi, ucraini, albanesi, russi ecc.) e latino americani, anche di lontane radici italiane e venete (argentini, brasiliani, nicaraguegni, venezuelani…) che hanno trovato dimora ad Arzignano, Montecchio Maggiore e soprattutto nei comuni dell’alta valle quali Chiampo, Nogarole, Altissimo, Crespadoro e San Pietro Mussolino con percentuali di immigrati rispetto alla popolazione residente ben superiori alla APPENDICE 133 media nazionale. Ciò è il naturale presupposto ad una società multietnica e diversificata dal punto di vista religioso (con forti comunità Sikh, Indù, islamiche e cristiano-ortodosse). Sul fronte dell’immigrazione non sono più da considerare extracomunitari i cittadini provenienti dai 10 nuovi paesi dell’UE (Malta, Estonia, Lituania, Lettonia, Repubblica Ceka, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Polonia e Cipro). Conseguente maggiore utilizzo di manodopera straniera per lavori usuranti e/o per professionalità numericamente insufficienti sul territorio. L’impiego di stranieri nel tessuto produttivo ha favorito il ricongiungimento di nuclei familiari dopo il primo arrivo dei capofamiglia, anche se ultimamente il fenomeno è stato frenato dalla latente crisi e dalla crescita del costo della vita. Una maggiore presenza straniera femminile che è interessata soprattutto ad orari diurni (mattino o pomeriggio) per ragioni culturali e religiose ma soprattutto per la difficoltà di trasporto in orario serale. Una fascia di popolazione italiana a rischio di marginalizzazione culturale o di analfabetismo di ‘ritorno’ relativo ai cosiddetti “nuovi saperi” (lingue e informatica in primis) con età media 30-55 anni e con titolo di studio di licenza di scuola media. Ciò è confermato anche da recenti statistiche ISTAT (derivanti dal censimento della popolazione italiana 2001) e da dati forniti dal MIUR che stimano attorno al 40-45% la popolazione adulta analfabeta o a rischio di analfabetismo nel nostro Paese. Maggiore richiesta di nuove e ulteriori competenze professionali e di conoscenze da parte del mondo del lavoro. Necessità di un lavoro in rete con le varie istituzioni scolastiche (soprattutto d’istruzione superiore) e agenzie formative (CFP di Chiampo e Trissino, ma non solo) e sociali operanti nella Valle del Chiampo e di raccordo con le autonomie locali per un loro coinvolgimento più incisivo. 134 APPENDICE FINALITA’ DEL CTP Ci sembra opportuno riportare qui parte del documento della Rete CTP della Provincia di Vicenza. Tra le finalità dei CTP all’interno dell’educazione permanente vanno considerati i seguenti punti: 1. Deve rimanere e trovare adeguata valorizzazione l’impegno a recuperare situazioni di vecchie e nuove emarginazioni culturali. Il recupero e il mantenimento di abilità di base (leggere, scrivere, ricordare, narrare, … dei disabili, degli ospiti delle comunità terapeutiche, dei carcerati, degli anziani, dei dropout fuoriusciti dal sistema scolastico e formativo devono trovare spazio adeguato, valorizzazione, supporto organizzativo e finanziario; 2. Deve essere ribadita la vocazione a diffondere i nuovi alfabeti (lingua straniera e informatica ma non solo) negli strati della popolazione uscita dal sistema formativo e non ancora acquisita al LLL (Lifelong Learning); 3. Può inserirsi, all’interno di una riaffermata autonomia scolastica, la ricerca di un curriculo locale che, valorizzando le microculture, favorisca le integrazioni possibili tra contenuti specifici della cultura veneta (il dialetto, la letteratura, la storia, le tradizioni locali) e i contenuti nazionali impliciti nella formazione del cittadino; 4. Deve continuare il lavoro fondamentale di educazione e mediazione interculturale anche in considerazione della realtà multietnica venutasi a creare nel Veneto; 5. Deve continuare la proposta di percorsi collegati alla educazione “non formale”, in quanto spesso gli utenti si rivolgono ai Centri perché in grado di soddisfare anche bisogni di socializzazione e di aggregazione; tanto l’educazione formale quanto quella “non formale” si occupano, pur su piani diversi, della formazione degli individuo. Ci sembra che, conseguentemente, non dovrebbero essere viste in conflitto ma in una situazione/contesto di reciproca 135 APPENDICE valorizzazione ed integrazione; 6. Deve inserirsi e trovare spazio, anche in collegamento con i Centri per l’impiego, un’azione sul territorio di inetrventi e per la pre-formazione e per il ri-orientamento; il rientro in corsi anche brevi di formazione per il miglioramento della qualità professiona le è un’ulteriore possibilità di intervento. Per meglio perseguire queste finalità occorrerà puntare al rafforzamento delle capacità progettuale dei CTP per potenziare su questi temi il loro ruolo promotore, in sinergia con tutti quelli che operano nel settore dell’iniziativa formativa. L’UTENZA ADULTA E’ bene ribadire che l’utenza cui istituzionalmente si rivolge il CTP è un’utenza adulta, con caratteri diversi dagli adolescenti della Scuola Secondaria di I grado, perciò mossa da altre motivazioni e con forme e percorsi di apprendimento che si differenziano anche radicalmente da quelli tradizionalmente scolastici a ragione di una maggiore problematicità e di un continuo confronto con la propria esperienza lavorativa e di vita. Non è un caso che la scienza che si occupa di educazione degli adulti sia l’andragogia (dal termine greco “uomo”) e non la pedagogia. Ci pare utile sottolineare la diversa disposizione con cui l’adulto torna in formazione: non è mosso da obbligo come nella comune esperienza scolastica, ma si presenta tra i banchi per soddisfare bi sogni culturali che lo portano, in caso di insoddisfazione, ad ab bandoni improvvisi. In una persona adulta il bisogno e la capacità di autoguidarsi, di ricorrere all’esperienza nell’apprendimento, di valutare la propria capacità di apprendere e di organizzare le cono 136 APPENDICE scenze e competenze acquisite in riferimento ai problemi della vita “reale” crescono proporzionalmente alla propria maturità e alle necessità. Questo non è un concetto astratto per gli operatori del l’educazione degli adulti perché ne sono già ben consapevoli, an che in considerazione del fatto che non si consegnano solo diplo mi in quanto la partecipazione è quasi sempre volontaria pur se mirata all’acquisizione di ulteriori competenze culturali. Se una volta il conseguimento della licenza media o di un diploma di scuola superiore o della laurea rappresentava il momento finale della formazione e dava al concetto di adulto una dimensione e un significato di soggetto non più destinatario di azioni formative questo è stato totalmente riveduto e corretto a causa di un mondo e di un’economia globali che necessitano di sempre maggiori conoscenze e competenze (anche di più levate professionalità). L’adulto ricorre ad un’attività formativa perché cosciente di proprie inadeguatezze nel fronteggiare i problemi connessi alla vita attuale: vuole usare quello che impara e la sua prospettiva è quella di immediata applicazione di ciò che apprende. L’educazione degli adulti rientra nella più complessiva formazione permanente lungo l’intero arco della vita. Il nostro paese sta cercando di colmare un gap rispetto ad altre nazioni europee quali Germania, Gran Bretagna, Svezia e Francia. Purtroppo in Italia si è sempre pensato a questo settore come confinato all’acquisizione tardiva di titoli di studio quali la licenza media o diploma tecnicoprofessionale e solo in anni recenti si è individuato nell’adulto il soggetto e l’oggetto di un diverso tipo di formazione: quella permanente e/o continua. La differenza tra le due, se c’è, è solo teorica: alla prima vengono demandate l’acquisizione di competenze più generiche e di base, alla seconda quella di competenze professionali. I confini dell’una e dell’altra non sono così marcati tanto che si parla indifferentemente di LIFELONG LEARNING. 137 APPENDICE OBIETTIVI EDUCATIVI Da un’analisi della normativa, del territorio, dei bisogni, delle finalità del CTP, della tipologia di utenza cui sono indirizzati i nostri interventi e delle aspettative più comuni vengono individuati i seguenti obiettivi: Sensibilizzazione al valore della cultura come momento educativo e formativo; Promozione della consapevolezza di sé e superamento dei problemi di convivenza sociale; Integrazione tra giovani e adulti, tra italiani e stranieri, tra diverse comunità straniere; Sviluppo del rispetto per l’ambiente e per la cosa pubblica; Rispetto delle norme comportamentali comuni e degli indirizzi generali contenuti nel piano d’istituto e inserite anche nel Regolamento del CTP; Recupero di situazioni di marginalità; Sviluppo e potenziamento del senso di autostima; Acquisizione del cosiddetto “diritto di cittadinanza” per gli immigrati; Recupero del valore comunitario e civico delle tradizioni e della storia del territorio. OBIETTIVI FORMATIVI E DIDATTICI Acquisizione di strumenti e metodi di base al fine di sviluppare forme autonome di apprendimento; 138 APPENDICE Potenziamento di capacità di comunicazione delle proprie esperienze e riflessioni; Acquisizione di conoscenze e competenze disciplinari nei cosiddetti nuovi linguaggi (lingue straniere, informatica ecc.); Comprensione ed uso di linguaggi specifici all’interno delle diverse discipline; Conoscenza di norme comportamentali ed igienico sanitarie funzionali al benessere psicofisico; Conoscenza di norme comportamentali inerenti la sicurezza nei diversi ambienti (la casa, il luogo di lavoro, la scuola, la strada) ai sensi della L. 626/94; Raggiungimento della consapevolezza dell’essere cittadini (educazione civica) Acquisizione di obiettivi minimi per ogni materia; Riscoperta di storia e tradizioni locali. 139 POSTFAZIONE Risulta fin troppo retorico affermare che la numerosa presenza di cittadini stranieri in Arzignano non poteva che tradursi anche, certo non solo, in un moltiplicarsi delle “cucine”, dei gusti, dei profumi e degli aromi alimentari. E’ più interessante qui sottolineare il laborioso processo che ha portato alla realizzazione di questo ricettario, l’itinerario di confronto, raccolta, codificazione di vari e distanti modi di cucinare all’interno di un percorso di formazione di persone adulte, quale quello del Centro EDA della scuola Giuriolo. In questo caso le “ricette” gastronomiche sono diventate la “ricetta” per la formazione, una nuova occasione di crescita culturale, di esperienza concreta di con-vivenza dentro la quotidianità che ci è più cara: sedersi a tavola e gustare un pezzo, piccolo o grande che sia, della nostra o altrui identità. L’educazione è fatta di pretesti: ci si occupa di alcune materie, le discipline di studio, per realizzare un obiettivo più grande, quel lo di metterci in grado di abitare meglio il mondo contemporaneo. Allora che delizioso pretesto la cucina; mi chiedo perché non se ne occupi più, da tempo, l’istruzione di ogni ordine e grado! C’è tanta di quella storia, geografia, arte e tradizione dentro il baccalà alla vicentina piuttosto che nel murgh massalam (chissà com’è?) per contrastare quell’atmosfera dimessa e rassegnata che purtroppo pervade la nostra scuola italiana. Certo, altri sono i motivi profondi di questa rassegnazione, meglio quindi occuparci del golubzi, ma attenti al pepe che è nero! Stefano Fracasso sindaco di Arzignano 141 CONCLUSIONI Traggo un insegnamento Arzignano. da questo libro corale del CTP di Noi educhiamo con ciò che siamo come persone. Perciò il compito importantissimo è di metabolizzare noi per primi una nostra cultura nuova aperta alla trasformazione, al cambiamento, che non sia sulla difensiva, che non sia autoreferenziale, che non senta la differenza come una minaccia e l'annullamento di sé, ma come un arricchimento, una moltiplicazione di sé. Condivido l'insegnamento di un poeta che non è della nostra cultura, Ndjock Ngana Yoco, del Camerun, che così scrive: "Prigione" Vivere una sola vita, in una sola città, in un solo paese, in un solo universo, vivere in un solo mondo è prigione. Amare un solo amico, un solo padre, una sola madre, una sola famiglia, amare una sola persona è prigione. Conoscere una sola lingua, un solo lavoro, un solo costume, una sola civiltà, conoscere una sola logica è prigione. 142 Avere un solo corpo, un solo pensiero, una sola conoscenza, una sola essenza, avere un solo essere è prigione. Ringrazio i docenti del CTP di Arzignano che mi hanno saputo coinvolgere in questa esperienza umana e professionale di incontro con l’altro e l'amministrazione comunale di Arzignano per l'apporto dato. Donata Albiero 143 144 Non a caso si tratta di scuole della provincia di Treviso e di Vicenza che registrano tassi tra i più alti di alunni stranieri (Follina: 25,5%; Arzignano 13,2%). MINISTERO DELL’ISTRUZIONE,DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL VENETO - DIREZIONE GENERALE Riva di Biasio - S.ta Croce 1299 - 30135 VENEZIA Ufficio della Comunicazione esterna COMUNICATO STAMPA TUTTI DIVERSI TUTTI UGUALI? Due scuole venete premiate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri Due le scuole venete selezionate a livello nazionale e premiate per l'opera di attenta integrazione degli alunni con cittadinanza non italiana. L'ambito premio, in conseguenza di un concorso dal titolo "Tutti diversi, tutti uguali", va alla Scuola Secondaria di 1° Grado " Antonio Giuriolo" Centro Territoriale Permanente - Istruzione in età adulta di Arzignano (VI) che si è classificata al 1° posto per la sezione C ( Scrittura ) con l'elaborato "Le ricette del CTP e altro ancora" e all'Istituto Comprensivo "Antonio Fogazzaro" di Follina (TV) che si è classificata al 2° posto per la sezione A (Progetti di didattica Interculturale) con l'elaborato "Sotto lo stesso sole". Se ne è fatta promotrice la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari Opportunità U.N.A.R. congiuntamente al Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - Direzione generale per lo studente - Ufficio per l'integrazione degli alunni stranieri al fine di valorizzare le migliori esperienze condotte dalle scuole collcate in territori a forte flusso migratorio. Aule colorate dunque, o meglio, come si dice in Veneto, "a tante tinte", indice di un processo che si esprime in termini molto significativi, tanto da rappresentare una vera emergenza, per le energie culturali, didattiche ed educative, nonché organizzative, che le istituzioni scolastiche debbono investire. L'intelligenza degli insegnanti, dei dirigenti scolastici e delle famiglie che costituiscono la comunità scolastica, si esprime attraverso azioni quotidiane di grande spessore etico, volte ad "armonizzare", all'interno delle aule, culture, mentalità, comportamenti, lingue che si interfacciano e devono trovare, con delicatezza, un dialogo. Relazioni complesse che si costruiscono con pazienza, senza scatti di insofferenza e di intolleranza, nella disposizione ad annodare fili e discorsi, storie e confronti. Lo testimoniano i due testi che saranno premiati a marzo, nell'ambito della "Settimana nazionale contro il razzismo". Tale scelta si giustifica per l'importanza che la progettualità ed il ruolo della scuola assumono nel contrasto ad ogni forma di discriminazione su base etnica e razziale, nonché in ragione del compito, altamente formativo, che essa ricopre per le nuove generazioni. Una bella lezione per il nostro territorio; una sfida che si può vincere. Venezia, 14 febbraio 2006 Ufficio della Comunicazione 145 INDICE GENERALE DELLE RICETTE 146 INDICE GENERALE DELLE RICETTE Risotto con i funghi..............................................................................58 Risotto con radicchio trevisano..........................................................59 Risotto al rhum e salsiccia...................................................................60 Spaghetti all'astice.................................................................................61 Spaghetti con cozze e peperoni..........................................................62 Spaghetti alle vongole veraci...............................................................63 ANTIPASTI E CONTORNI Asparagi alla bassanese........................................................................39 Crocchette di miglio.............................................................................40 Gratin di patate e prosciutto...............................................................41 Kadai paneer.........................................................................................42 Mattar panir (Piselli e ricotta).............................................................43 Strudel di verdure.................................................................................44 Torta di patate e mozzarella................................................................45 DRINK Caipirinha...............................................................................................46 PRIMI PIATTI Arroz Congri (Riso con fagioli)..........................................................47 Baked Sussege Poll...............................................................................48 Bryndzove Halusky..............................................................................49 Crema di zucca con amaretti...............................................................50 Panzanella alla Pisana...........................................................................51 Pasta coi broccoli in tegame...............................................................52 Pasta con il nero di seppia...................................................................54 Pasta con pescespada e melanzane....................................................54 Pelmeni (Ravioli)..................................................................................55 Ravioli di patate e zucchine.................................................................56 Risi e bisi................................................................................................57 SECONDI A BASE DI CARNE Carne rossa alle prugne........................................................................65 Cholodez................................................................................................66 Coniglio fritto alla toscana..................................................................67 Empanadas de carne (Impanata di carne).........................................68 Fagiolata.................................................................................................69 Fufu e zuppa.........................................................................................70 Fufu con light zuppa............................................................................71 Golubzi (Foglie di verza ripiene)........................................................72 Guiso de carne (Intingolo di carne)...................................................73 Gulash slovacco....................................................................................74 Mish jani.................................................................................................75 Murgh masallam...................................................................................76 Polpettone delicato...............................................................................77 Puchero criollo (Bollito Creolo).........................................................78 Sarma......................................................................................................79 Spezzatino di musso.............................................................................80 SECONDI A BASE DI PESCE Baccalà alla vicentina............................................................................81 Cous Cous di pesce..............................................................................82 Curry di sgombro..................................................................................83 Pago/Prai ripieno.................................................................................84 Pastila al pesce.......................................................................................86 INDICE GENERALE DELLE RICETTE 147 DOLCI Arroz con leche (Riso con latte).........................................................87 Barffi di vessan (BarffiGram Flour)...................................................88 Castagnaccio della Garfagnana...........................................................88 Coccada..................................................................................................90 Crostata di fragole................................................................................90 Cubana...................................................................................................91 Dulche de leche (Dolce di latte).........................................................92 Embelsira...............................................................................................93 Frittelle di semolino.............................................................................94 Gelo di mellone....................................................................................95 Giajarella................................................................................................95 Gulab jamun..........................................................................................96 Jablcnik (Dolce di mele)......................................................................97 Kik..........................................................................................................98 Pancake..................................................................................................98 Pignoccata palermitana........................................................................99 Sfinci di patate e uova........................................................................100 Sorpresa ai tre frutti............................................................................100 Torrejas................................................................................................101 Torta di ananas...................................................................................102 Torta Arzignanese..............................................................................103 Torta al cacao......................................................................................104 Torta greca...........................................................................................104 Torta al limone....................................................................................105 Torta kinder.........................................................................................106 Torta con maresina............................................................................108 Torta “Napoleone” con crema di burro.........................................108 Torta di pane.......................................................................................109