Tutti gli abiti del Blues

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Tutti gli abiti del Blues
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Speciale Magic Blues
mercoledì 17 agosto 2016
Tutti gli abiti del Blues
Un’edizione 2016 decisamente versatile
Vallemaggia Magic Blues ha festeggiato
nel modo migliore i suoi 15 anni.
‘The smallest big blues festival in
Switzerland’ consegna in bacheca una
delle edizioni migliori. L’innegabile varietà
del cartellone firmato da Hannes Anrig
e il pubblico nelle suggestive piazze
della valle gli ingredienti. Ripercorriamo
l’edizione 2016, con il suo ricco mix di stili e
di proposte di ascolto buone per tutto l’anno.
home’, dedicata alla moglie, condita da uno
splendido assolo, con Trout a ricamare stupendi arabeschi di un lirismo incredibile. La terza
parte del concerto non ha aggiunto nulla, a cominciare da ‘Goin’ down’ di Freddie King.
Apertura con Oracle King e la sua band, rinforzata per l’occasione dal notevole chitarrista
‘Blue eyes’ alias Follon Brown. Il gruppo sa divertire, proponendo uno “sporco” sound vintage stile blues anni 50, scevro da fronzoli e tecnicismi. Da segnalare la riuscita ‘So many roads,
so many trains’ di Otis Rush.
La sera successiva è toccato alla band rivelazione del 2015. Pubblico delle grandi occasioni per
assistere al concerto dei Vintage Trouble, assurti in breve tempo a vere e proprie star. Il quartetto si appoggia sul cantante Ty Taylor, animale
da palcoscenico, dotato di una dirompente voce
soul. Promettente l’inizio con brani soul e rhythm’n’blues spruzzati da sferzate di rock. Poi il
gruppo è via via scivolato verso sonorità dal sapore pop, con ammiccamenti alla disco stile 70
risultando infine stucchevole.
Ogni anno però Magic Blues scopre nuove perle
e, come per i King King, è toccato alla piazza di
Bignasco: l’ottimo chitarrista e dinamico cantante Jeff Jensen. Alla testa di un terzetto di superlativi musicisti (il versatile bassista Bill Ruffino e il fenomenale batterista David Green), ha
portato la sua carica creativa e la sua simpatia,
offrendo brani originali con riferimenti a B.B.
King e Buddy Guy, qua e là con accenti di jazz
alla Wes Montgomery. Solo poche le cover, tutte
grandi rivisitazioni, a partire da ‘Heartattack
and wine’ di Tom Waits.
di Giancarlo De Bernardi
Tradizionale apertura a Brontallo con l’opportunità di rivedere i Playing for Change, che, pur
orfani del leader Grandpa Small, hanno confermato come la loro proposta musicale, legata a
messaggi universali di pace e fratellanza tra le
genti, arrivi al cuore. L’affiatata band ha presentato anche stavolta un’eclettica song list, con cover conosciute, ma riplasmate, grazie all’abilità
dei musicisti e alla presenza scenica dell’istrionico Clarence Milton Bekker; dall’african blues
al reggae, dal soul a brani noti quali ‘Superstition’, ‘Stand by me’ e ‘What’s up’. Si è ripetuto
l’“happening” di gente felice di condividere il
piacere dell’ascolto con gli altri.
In apertura la solida chitarra di Elliot Marks.
Lunga serie di brani originali, da ballads a blues
stile B.B. King, il tutto condito con assolo di chitarra e interplay con l’organo Hammond di Roland Köppel di buona fattura.
Moghegno offriva l’occasione imperdibile di tastare il polso al blues contemporaneo. La prima
serata all’opera due ottimi gruppi: la granitica
Muscle Theory di Alvin Youngblood Hart e la
straordinaria voce di Shemekia Copeland. Chi
conosce Hart sa che la sua musica è un’esplorazione enciclopedica di tutti i generi musicali,
ma con la Muscle Theory il sound vira verso uno
“sporco” hard rock-blues, molto vintage, proiettandoci nei mitici anni 70, con rimandi a Jimi
Hendrix, Led Zeppelin e Rolling Stones. Concerto senza fronzoli, con il brillante chitarrista di
Oakland a sciorinare una serie di riff mozzafiato. Brani tratti per la maggior parte da ‘Motivational speaker’, come l’iniziale ‘Big mama’s
door’ e ‘Necessary roughness’.
Shemekia Copeland ha confermato la sua nomea di incredibile vocalist e la sua performance
ci ha restituito una delle cantanti più importanti in circolazione, capace con la sola voce di ipnotizzare la piazza. Da sottolineare la duttilità e
la capacità di spaziare in un mirabile e ampio
spettro di generi musicali, con accenni che vanno dal soul al blues, dall’americana al country o
al funky, che riesce ad amalgamare in un sound
molto personale, tenendo anch’essa occhi e
orecchie tese verso il futuro.
Orfana della cantante Sandra Hall, la solida
Gnola Blues Band ha offerto un’esibizione con i
controfiocchi. Capitanati dall’ispirato chitarrista Maurizio ‘Gnola’ Glielmo, i brani spaziavano
dal delta blues al southern rock, conditi con assolo mirabili di tastiere e chitarra. Finale pirotecnico con due pietre miliari: ‘Feelin’ alright’
(Traffic) e ‘White room’ (Cream).
L’esibizione di Otis Taylor avrebbe potuto essere
migliore, se il meticoloso cantante e chitarrista
non avesse dovuto ovviare a diversi imprevisti
tecnici. A tratti ha comunque confermato di essere uno dei più interessanti artisti blues odierni, ancorato alla tradizione, ma innovatore
come pochi. La sua musica si basa sul retaggio
blues e folk tradizionale, ma la cura degli arrangiamenti, la qualità della sua scrittura (testi e
musica) e i notevoli musicisti gli permettono di
abbattere ogni barriera musicale. La sua opera è
un condensato di jazz, rock, blues, folk e americana, fuso in quello che Taylor stesso chiama
“trance blues”. Da notare i 20 minuti di ‘Hey Joe’.
Hannes Anrig lo aveva promesso: dopo la brillante esibizione di due anni fa, i King King sarebbero tornati presto al Magic Blues. Il producer le promesse le mantiene e il quartetto capitanato dall’ottimo chitarrista Alan Nimmo ha
offerto un set incandescente. Esplosivo british
King King
rock-blues, con accenti soul, di matrice anni 70.
La carica di simpatia del leader non ha faticato
a coinvolgere i mille fan di Maggia. I King King
hanno pescato a piene mani dai loro tre album,
limitandosi a una sola cover, ‘Jealousy’ di Frankie Miller, punto di riferimento della band. Ed è
appunto nelle ballads (splendida ‘Rush hour’)
che il corpulento chitarrista-cantante riesce a
dare il meglio di sé, con assolo in crescendo davvero trascinanti.
Opening act, i Make Plain. Rispetto all’esibizione finale dello Swiss Blues Award 2014 Luca e
Andrea hanno fatto passi da gigante e il loro
sound è un condensato di vari generi, ben amalgamato, anche se a prevalere sono il folk e il
rock. Ottima la capacità di far presa sul pubblico e notevoli i progressi.
Di tutt’altro tenore la serata successiva. Sul palco, con la piazza nuovamente stipata, è salito
mister eleganza, alias Keb’ Mo’. La sua musica riflette esattamente il personaggio, così raffinata,
morbida, cool e suonata magnificamente da
musicisti notevoli, mai sopra le righe. L’artista
di Los Angeles ha offerto un concerto “revival”,
tenendo conto delle desiderata dei fans e ripescando successi come ‘Life is beautiful’, ‘A better
man’ o ‘City boy’. Dopo averlo apprezzato, possiamo confermare che Keb’ Mo’ è riuscito con il
tempo e grazie a mille collaborazioni con artisti
MAGIC BLUES/R.STEINEGGER
dei più svariati ambiti musicali, a dare una nuova impronta alla musica nera. Il suo è un postmodern blues (alcuni lo definiscono “happy
blues”), ormai lontano mille miglia dagli stilemi
del passato. Il blues è solo un tassello di un insieme di stili per i quali possiamo citare un corrispettivo nel rock, gli Steely Dan.
Apertura di serata con Joe Colombo, confermatosi uno slide guitarist di vaglia. Senza rinnegare il suo stile, debitore di Freddie King e Stevie
Ray Vaughan, doverosamente omaggiati, il chitarrista locarnese a Maggia ha presentato un diverso progetto con la vocalist Kasia Skoczek, allargando i suoi orizzonti al soul e al rhythm’n’blues con versioni molto personali di brani passati e recenti. Culmine il finale, con una splendida versione di ‘Railroad boy’.
Bignasco ha segnato il ritorno di Walter Trout,
vecchio leone del blues elettrico. Più in forma
che mai, non si è risparmiato, offrendo un’esibizione eccellente, divisa in tre parti. Nella prima
ha ripercorso buona parte della sua carriera, regalando sentite versioni di parecchi classici,
nella seconda ha proposto brani dal suo ultimo
album di studio, lo splendido ‘Battle scars’, a cominciare dall’apertura di ‘Almost gone’, brano di
matrice zeppeliniana. Ciliegina sulla torta la
splendida e commovente ballad ‘Please take me
Chiusura ad Avegno con una due giorni di festa
quasi tutta al femminile. Prima serata “made in
Germany” con in apertura il simpatico e trascinante Tommy Schneller. Con il suo affiatato settetto il sassofonista ha proiettato il pubblico in
pieno funky groove, con incursioni fra rhythm’n’blues, rock o persino jazz. Di notevole qualità
gli arrangiamenti e di classe cristallina tutti i
componenti del gruppo, a cominciare dalla sezione ritmica e dai tre fiati. Da ricordare la lunga ballad ‘Blues for the ladies’.
Spazio poi alla calda voce della “new lady of the
soul-blues” Jessy Martens. Rispetto a quattro
anni fa la cantante è parsa più ispirata, mai sopra le righe, confermando tutta la sua formidabile estensione vocale. Stavolta molti brani originali, dal marcato sapore soul-blues, il che rende il giudizio globale più positivo. Da ricordare
la lenta e sofferta ‘Touch my blues away’ e la rivisitazione di ‘People get ready’ di Jeff Beck e
Rod Stewart.
Seconda serata tutta al femminile, ma guastata
dalla pioggia. A Stephanie Ghizzoni con i suoi
Alligator Nail e Shakura S’Aida si è aggiunta la
grintosa Elli De Mon, la “one girl band” già ammirata lo scorso anno, con il suo blues arcaico,
di impronta Mississippi, ma rinnovato con accenti soprattutto psichedelici e addirittura raga
indiano, quando imbraccia il sitar.
Gradito il ritorno, dopo diversi anni, degli Alligator Nail di Stephanie Ghizzoni, in grado di
conquistarsi la piazza in poche battute. Grazie
ad arrangiamenti ad hoc gli Alligator Nails
sono riusciti a far rivivere la musica palpitante e
gioiosa che New Orleans sa offrire, mescolando
l’arcaico blues del delta a spruzzate di soul, cajun e zydeco. Di rilievo anche la presenza scenica e gli originali addobbi. Quasi tutti brani originali tratti dalla terza fatica, ‘Gerizon’, con un
brillante Luigi Cerpelloni alla chitarra.
Shakura S’Aida, “the queen of soul’n’rock”, ha
confermato di essere una cantante di notevole
impatto, di forte personalità e di ammaliante
presenza scenica. Alla testa del suo classico
quintetto ha regalato emozioni ma anche coinvolgimento e divertimento. Il suo repertorio è
appunto un solido soul-rock, speziato di blues,
senza trascurare splendide ballad, che assumono valenza, grazie alla calda voce della cantante
di colore e alla compattezza del quintetto.
Calato il sipario su questa 15esima edizione, da
Hannes Anrig e Fabio Lafranchi aspettiamo
con curiosità di scoprire gli headliner della
prossima. Appuntamento a Brontallo il 7 luglio
2017.