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luppato un percorso produttivo, progettuale e culturale come quello della
Cassina significa riflettere sul peso e sul valore di una serie di passaggi at-
“fare” il design del mobile in Italia.
Rispetto al valore generale di questa grande esperienza costruita in ottant’anni, si è voluto affrontare, in questo volume, la ricostruzione di tale percorso mettendo in fila quella serie di “incontri”, tra l’azienda e i designer,
che sono stati l’occasione per offrire delle “visioni”, che hanno segnato profondamente l’evoluzione della Cassina e del design internazionale.
made in
traverso i quali si è costruita una specifica eccellenza del “pensare” e del
made in
Cassina
Rileggere gli eventi, gli oggetti, i pensieri che hanno dato vita, formato e svi-
Skira
€ 60,00
Cassina
a cura di Giampiero Bosoni
Giampiero Bosoni
Design made
in Cassina
Pensieri, oggetti, valori,
incontri, visioni.
Un percorso di “incontri”
e “visioni” per il futuro
Questi arredi, inoltre, rappresentavano
in modo eloquente cosa s’intendesse
per stile di vita italiano a terra e per
mare. Che si trattasse di sale di lettura,
di bar, o di ristoranti, fu l’esplosione di
vitalità che caratterizzò gli anni.
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Rileggere gli eventi, gli oggetti, i pensieri che hanno dato vita, formato
e sviluppato un percorso produttivo, progettuale e culturale come quello della Cassina, significa riflettere sul peso e sul valore di una serie
di passaggi attraverso i quali si è costruita una specifica eccellenza del
“pensare” e del “fare” il design del mobile in Italia. Ma più in generale è anche l’occasione per leggere sequenze insieme culturali, ideologiche e tecnico-produttive emblematiche della storia del design
italiano, il quale, per tutti questi fattori, è ancora oggi considerato un
indiscutibile modello di riferimento internazionale.
Buona parte dei pezzi della collezione Cassina scandiscono regolarmente molti passaggi
chiave delle numerose pubblicazioni internazionali dedicate alla storia del design, e tutti i musei al mondo, vecchi e nuovi, che sono stati dedicati al design non possono prescindere dall’avere in collezione alcuni dei suoi “capolavori”. Ma il percorso tracciato dalla Cassina è
qualcosa di più di un elenco di pezzi di eccellenza figurativa, simbolica o produttiva: il suo valore cresce maggiormente, e si fa più interessante, se si cerca di leggere in filigrana quel mondo, che è stato ed è tuttora, il laboratorio progettuale-produttivo della Cassina che ha forgiato
in ottant’anni, giorno per giorno, tantissime esperienze, sempre di alto livello, alcune delle
quali hanno raggiunto gli allori e altre no, per quanto a volte, non meno meritevoli. Un piccolo-grande laboratorio dove, se da una parte si sono affinate ricerche sui materiali, antichi
come il legno, o innovativi come i poliuretani espansi, dall’altra si sono confrontate idee ed
esperienze diverse, tese sempre a cercare una qualità superiore, tanto nella perizia della costruzione, quanto nella originalità della sua espressione.
Per questo si è voluto fare un libro che cerca di sfuggire alla strette regole della semplice
ricostruzione storica (per quanto si è consapevoli di dovere un contributo importante anche
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in questa direzione, comunque già ben tracciata da Pier Carlo Santini nel suo bel libro del 1981 ),
e si pone piuttosto un duplice obbiettivo: da una parte quello di riflettere, con diversi punti di
vista, sul senso di questa esperienza, e dall’altra quello di fare emergere la vitalità ancora oggi sensibile di questa densa esperienza lì riposta. Un deposito di esperienze e di ricerche che
affiora (grazie alla lungimirante responsabilità culturale di questa azienda che ha conservato
buona parte della sua collezione storica), per consegnarci un quadro di riferimento che ci serve per fermarci e riflettere sul passato e sul futuro: ragionare su ciò che sono state magnifiche stagioni appartenenti al loro tempo, prendere la necessaria distanza critica e ragionare su
quelli che possono essere oggi gli orientamenti più affini a questa esperienza rispetto ai linguaggi, ai sistemi, alle reti, ai mercati del nostro attuale “mondo-villaggio globale” in continua trasformazione.
In tal senso, dopo un primo inquadramento culturale, con diversi punti di vista, rispetto
al valore generale di questa grande esperienza costruita in ottant’anni, si è voluto affrontare,
in questo libro, la ricostruzione di tale percorso mettendo in fila quella serie di “incontri”, tra
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Questi arredi, inoltre, rappresentavano
in modo eloquente cosa s’intendesse
per stile di vita italiano a terra e per
mare. Che si trattasse di sale di lettura,
di bar, o di ristoranti, fu l’esplosione di
vitalità che caratterizzò gli anni.
Questi arredi, inoltre, rappresentavano
in modo eloquente cosa s’intendesse
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mare. Che si trattasse di sale di lettura,
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l’azienda e i designer, che sono stati l’occasione per offrire delle “visioni” (in altri ambienti le
chiamerebbero, erroneamente rispetto a questo caso, “strategie”), che hanno segnato profondamente l’evoluzione di questa azienda. Grazie alla capacità di intercettare, con grande sensibilità certi autori, Cassina ha saputo coltivare nel suo laboratorio-vivaio queste possibili
“pre-visioni” sino a farle maturare in nuovi scenari dell’abitare, rappresentati ogni volta da
una famiglia di prodotti compiuti, innovativi, ma al contempo reali e molto spesso vincenti
anche sul mercato, per quanto evidentemente non è stata solo questa la motivazione alla base di questa particolare “strategia” industriale.
A questo punto, per entrare un po’ di più nel tema, viene spontaneo partire da ciò che ci
hanno insegnato gli antichi e ci ricordano spesso i bravi maestri: dietro ogni buon progetto ci
sono sempre un padre e una madre, il progettista e il committente-produttore. Da questo incontro, se felice, nasce il buon progetto e il buon prodotto, sia che si tratti di una architettura, sia che si tratti di un oggetto d’uso, soprattutto se prodotto industrialmente. La Cassina è
stata certamente sempre una buona madre feconda e attenta alla crescita dei propri figli nati
dal concepimento di un incontro cercato, voluto e vissuto con intensità. L’incontro con l’architetto o il designer non è mai stato casuale. Per lo meno si è trattato sempre di un incontro
che ha potuto concretizzarsi realmente solo dopo una serie di verifiche su quelle che corrispondevano di fatto alle loro affinità elettive. Qualcuno ha scritto che compito del progettista
è quello di qualificare la domanda progettuale, e tanto più la domanda è ben posta, tanto più
il progettista alza il livello della propria risposta qualitativa e al contempo si può riconoscere
all’imprenditore il ruolo di progettista “primo”, in quanto ispiratore di una chiara idea progettuale. Questo ideale incontro (di vero amore, sostiene Philippe Starck nell’intervista che abbiamo raccolto per questo libro) si è realizzato più volte durante il processo evolutivo condotto
in ottant’anni dalla Cassina. Questo libro vuole essere quindi l’occasione per riflettere sul processo creativo e produttivo che la Cassina ha negli anni sviluppato, dove si sono intrecciati mirabilmente l’artigianato-evoluto e l’industria-flessibile. Un percorso virtuoso e innovativo che
ha fatto e continua a fare scuola nel suo settore produttivo, ma non solo, e che, pur con i differenti livelli di scala e di prodotti, si pone sullo stesso piano di altri casi mitici, anche molto
differenti fra loro, come sono stati, per esempio in Italia, la Olivetti o la Ferrari.
I molti approfondimenti raccolti nei diversi saggi, alcuni dei quali posti ad apertura del libro, e altri disposti più avanti nello sviluppo delle puntuali vicende narrate (con altri saggi,
documenti e interviste), relativi agli “incontri” dei progettisti con l’azienda, se letti insieme ci
restituiscono un grande affresco pieno di colori, di scene e di dettagli, dal quale traspare un
certa forza e un particolare valore del solco tracciato dalla Cassina.
Qui proviamo ora a sintetizzare per fasi e cicli salienti questo percorso, rimandando naturalmente per più specifiche letture ai numerosi e puntuali contribuiti di valore che abbiamo
scelto per comporre questa ricostruzione riflessiva sui passaggi culturali e imprenditoriali affrontati negli anni dall’azienda.
Tutto ha inizio in un preciso territorio che da secoli esprime la particolare vocazione di
costruire mobili: la Brianza. Dello spirito passato e presente di questo distretto, divenuto ormai torre di controllo di una piattaforma produttiva anche molto più estesa, ce ne parla diffusamente nel suo saggio Aldo Bonomi. In questa area produttiva spicca fra le altre cittadine,
Meda, nodo nevralgico di questo tessuto, località storicamente nota per la produzione di sedie. In questo contesto il nome Cassina appare per la prima volta sotto la denominazione di
“legnamari in Meda”, in un documento settecentesco. La nascita dell’azienda nel 1927 con la
denominazione “Cassina Amedeo – Fabbrica Tavolini” e i suoi sviluppi sino ai primissimi anni dopo la seconda guerra mondiale, vengono ben delineati da Barbara Lehmann nel capitolo Le origini. Qui ci interessa soffermarci sulla entrata in scena di quelli che, secondo un certo
principio, abbiamo già definito all’inizio di questo testo, i cosiddetti “progettisti primi”, i qua-
Questi arredi, inoltre, rappresentavano
in modo eloquente cosa s’intendesse
per stile di vita italiano a terra e per
mare. Che si trattasse di sale di lettura,
di bar, o di ristoranti, fu l’esplosione di
vitalità che caratterizzò gli anni.
li in questa storia e per tutto ciò che ne è conseguito sono: Umberto Cassina (1901) e Cesare
Cassina (1909-1979). È chiaro che questi personaggi non sono da ricordarsi solo come i fondatori dell’azienda, ma piuttosto meritano la massima considerazione per essere stati tra gli
interpreti più sagaci e attenti, nel loro ambiente e non solo, delle continue trasformazioni del
modo di “pensare”, di “fare” e di vivere le “cose” del proprio tempo: un’acutezza e una sensibilità la loro che ha permesso a questa azienda di divenire leader mondiale nel proprio settore e di affermarsi anche come modello di riferimento per molti altri indirizzi produttivi. È
già stato scritto più volte della loro complementarietà: Umberto, fratello maggiore, più concreto e attento all’amministrazione (ma ricordiamolo anche per molti anni unico “disegnatore” dell’azienda, con risultati, a ben vedere, di un certo interesse), Cesare, formatosi, per volere
di Umberto, ancor giovanissimo a Milano nel mestiere specialissimo della tappezzeria (il primo “tappezziere finito” di Meda), esprime subito un’indole più “leggera” rispetto alla cultura
brianzola, uno spirito estremamente curioso portato a osservare con attenzione i mutamenti
degli stili di vita e di conseguenza dei linguaggi e dei simboli di quelli che saranno poi i loro
modelli sociali di riferimento: l’alta e la media borghesia. La storia, a volte un po’ troppo aneddotica, ci ha consegnato Cesare Cassina come l’autentica, e pressoché unica, anima creativa
(per certi versi anche produttiva) di questa vicenda, ma a detta di molti che hanno conosciuto tali protagonisti in piena attività, tutto ciò che ha potuto esprimere e fare Cesare Cassina,
non si sarebbe concretizzato se non ci fosse stato lo stimatissimo fratello Umberto a vigilare
e a sostenere le sfide, a volte azzardate, suggerite con grande fiuto da Cesare.
A partire dal nuovo e insolito nome adottato nel 1935, “figli di Amedeo Cassina”, alle commesse per forniture alle Colonie d’Oltremare, dai primi contatti con gli architetti arredatori,
Luigi Vietti (Novara, 1903; Milano, 1998) e Paolo Buffa (Milano, 1903-1970), per la realizzazioni di poltrone, divani o interi ambienti assemblati, sino alle rivoluzionarie commesse navali, sicuramente le intuizioni di Cesare sono state sempre tra le prime scintille che hanno
innescato tali processi virtuosi. Grazie all’intreccio di questi caratteri, va riconosciuta, in que5
Questi arredi, inoltre, rappresentavano
in modo eloquente cosa s’intendesse
per stile di vita italiano a terra e per
mare. Che si trattasse di sale di lettura,
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sto periodo, la capacità dell’ancor piccola azienda Cassina di saper uscire dallo schema di semplici “intagliatori” di fusti per seggiole, per divenire realizzatori di sistemi completi di arredo,
questo anche grazie all’acquisita esperienza di Cesare come tappezziere. Si nota nei diversi cataloghi dell’epoca una sempre maggiore aggiornamento intorno alle forme e agli stili emergenti: il futurismo stemperato di Depero e Prampolini apparentemente incrociato con dei
riflessi cubisti, un certo razionalismo per quanto ingessato in una più rassicurante solida linea novecentista, qualche vago tema d’avanguardia intinto nell’imperante e diluito gusto art
déco, tipico di quegli anni; comunque mai disegni di impronta pesantemente monumentale,
ridondante o retorica.
Si arriva così al dopoguerra, quando la ricostruzione e le nuove condizioni di libertà di
pensiero e di mercato, sollecitano da una parte alla risposta più immediata rispetto all’urgenza di una domanda di arredi pratici ed economici per una società che deve ripartire, ma su
un altro piano si sente anche il bisogno di rispondere a un’altra domanda emergente, per molto tempo repressa, di una rappresentazione libera e spigliata della nuova classe borghese intenzionata a collegarsi con i modelli più avanzati dell’Occidente, quello americano in testa. I
fratelli Cassina, come era già stato nella loro capacità di sintonizzarsi con i segnali più immediati del loro tempo, iniziano a costruire quella sequenza di incontri che diventeranno via
via i nodi di una rete che costituirà la trama e l’ordito della Cassina futura. Per un verso è significativo l’incontro nel 1946, forse prematuro, con Franco Albini, che purtroppo non diede
per diversi motivi (si legga in proposito la bella testimonianza di Marco Albini) gli esiti che
avrebbe potuto dare solo qualche anno più tardi, ma che tuttavia aprì la strada maestra nella direzione di quella che sarà poi la questione design in Cassina. Ricordiamo che in questo
periodo inizia a lavorare in azienda il figlio di Umberto, Franco Cassina che avrà via via un
ruolo sempre più autorevole sino a diventarne presidente dal 1982 al 2005. Su un altro piano, che si rivelerà estremamente importante per l’azienda, negli anni del dopoguerra inizia
anche la grande scommessa delle forniture navali che fecero conoscere alla Cassina le possibilità di svilupparsi industrialmente attraverso un approccio progettuale e produttivo che di
fatto ha significato l’ingresso dell’industrial design in azienda. In questo caso entrano in scena altri progettisti che porteranno le loro visioni maturate da questa particolare esperienza di
ambiente domestico in movimento sul mare (ci avvaliamo in questo caso dell’espertissima lettura di Paolo Piccione nel suo saggio sul tema), per certi versi anche simbolico di nuove e stimolanti dimensioni dell’abitare: questi personaggi sono Nino Zoncada, Gustavo Pulitzer e
soprattutto Gio Ponti. Con Ponti, personalità forte, brillante e dinamica, a suo modo anche in
prospettiva imprenditoriale, i tempi sono maturi per intraprendere con vigore e scaltrezza quella strada che Albini aveva segnato forse con un programma troppo rigoroso rispetto a una sua
visione etica del progetto. Per il binomio Cassina-Ponti si aprono grandi possibilità rispetto alla crescita economica del paese e di conseguenza alla domanda di una visione coraggiosa e
spregiudicata della propria affermazione di paese intenzionato a riscattare il grande ritardo
accumulato. Il ciclo pontiano in Cassina (brillantemente analizzato da Marco Romanelli con
il suo saggio sul libro) è tanto intenso quanto ricco di eccezionali prodotti, alcuni dei quali veri e propri capolavori, come la sequenza di varianti sul tema della sedia da cui prenderà vita
il solido modello denominato Leggera (1951), che arriverà a concludersi nella ancor più famosa e sintetica Superleggera (1957), oppure tutte le varianti sul tema della poltrona, dai modelli Distex alle avvolgenti o sfaccettate e oggi attualissime Loto, e Mariposa . Ponti assume in
questo periodo quasi il ruolo di un art director in pectore, tanto è forte la sua impronta nella
produzione dei primi anni cinquanta, non solo con i suoi pezzi, ma anche con l’ingresso di
tutta una serie di suoi validissimi e diversi colleghi ai quali è molto legato, come Ico Parisi,
Carlo De Carli, Alberto Rosselli e Gianfranco Frattini, per i quali i saggi di Flaminio Gualdoni, Gianno Ottolini e Francesco Scullica, presenti nel volume, ci restituisco un interessante pia-
Questi arredi, inoltre, rappresentavano
in modo eloquente cosa s’intendesse
per stile di vita italiano a terra e per
mare. Che si trattasse di sale di lettura,
di bar, o di ristoranti, fu l’esplosione di
vitalità che caratterizzò gli anni.
no di lettura. Di questo periodo sono anche i puntuali contributi progettuali di Sergio Asti per
una sedia girevole, Eleonora Peduzzi Riva per una poltrona con struttura metallica a vista e
imbottitura capitonné, e un sistema di tavolini bassi di M.per esteso? Casalucci. Si può dire
che pure su questo aspetto l’incontro tra la Cassina e Ponti si dimostrò lungimirante, vale a
dire sul fatto di introdurre una visione aperta dei linguaggi e delle espressioni, non limitata a
una sola risorsa per quanto ricca, quale poteva essere quella irrefrenabile di Ponti. L’umanesimo organico di De Carli, la sperimentazione figurativa di Parisi, la ricerca tecnologica di Alberto Rosselli, e la pacata razionalità di Frattini sono insieme allo “sfaccettato” modernismo
di Ponti di quegli anni, il segno di un rinnovamento culturale e produttivo che ben si racconta nello splendido catalogo di produzione preparato nel 1958 da Ilio Negri e Giulio Confalonieri. A questa immagine si accompagna inoltre l’innovativo marchio (la C maiuscola che
contiene una a minuscola) disegnato nel 1953 dall’architetto Giancarlo Pozzi, collaboratore
storico di Gio Ponti e in quel momento anche redattore della rivista “Stile Industria” diretta
dall’amico Alberto Rosselli. Sono questi gli anni del “boom economico” italiano, e la spinta
rigenerativa partita dal basso accompagnata dagli aiuti economici e organizzativi del piano
Marshall, porta il nostro paese a conoscere in breve tempo risultati impensabili solo qualche
anno prima, sia sul piano del mercato interno, ma ancor più rispetto alla domanda dall’estero del prodotto italiano. Inizia a diffondersi in quel periodo la rinomata etichetta Made in Italy
e la Cassina intuisce immediatamente l’occasione da non perdere. Sono anche gli anni di un
accesissimo fermento creativo e culturale che si confronta con i forti piani ideologici che si
scontrano nei salotti artistici e letterari, come nelle piazze politiche, nella vivacissima produzione cinematografica come, per certi versi, anche negli ambiti produttivi dell’intera penisola. Su questi importanti risvolti relativi al rapporto produzione-ideologie abbiamo raccolto
l’importante saggio di Carlo Arturo Quintavalle che ci accompagna nella lettura di questo fondamentale aspetto problematico di alcune fasi centrali, anche molto recenti, della storia del
design italiano.
Alla fine degli anni cinquanta il mondo Cassina incontra l’architetto Vico Magistretti, il quale, portatore di una visione decisamente al passo con i tempi, spregiudicata, colta ed elegante insieme, diviene presto, per Cesare Cassina in particolare, il degno sostituto della figura di
Ponti, per lo meno in quanto punto di riferimento rispetto a una nuova prospettiva verso cui
indirizzare la Cassina. Questa eccezionale figura di architetto-designer ci viene ben inquadrata dalla verve dialettica di Beppe Finessi che nel suo saggio delinea la sua più autentica immagine di noblesse oblige del design italiano. Anche il contributo per questo libro della storica
del design Penny Sparke ci offre un punto di vista molto interessante per apprezzare il grande impatto che ebbero le invenzioni di Magistretti a livello internazionale: dalla serie di sedute Carimate (nelle quali da una parte si rivisita con grande sapienza la tradizione della sedia
impagliata, e dall’altra, utilizzando colori forti e brillanti, se ne amplifica l’immagine con un
carattere decisamente pop), all’ovvietà spiazzante della libreria Nuvola Rossa , dalla fondamentale poltrona Maralunga , sino al divano Sinbdad, con la famosa coperta da cavallo, per
citarne solo alcuni. Il percorso di Magistretti in Cassina è stato molto lungo, certo grazie anche alla particolare affinità elettiva che aveva con Cesare Cassina. Per più di vent’anni lo stile Magistretti è stato il modello di riferimento più forte di quella impronta tipicamente Cassina,
fatta di prodotti eleganti e disinvolti al contempo: prova ne è la presenza in catalogo e il grande successo ancora oggi riconosciuto ai già citati Maralunga , Nuvola Rossa , e il sistema di poltrone e divani Veranda .
Se a partire dagli anni sessanta e per tutti gli anni settanta, da una parte Magistretti, insieme al costante lavoro di Frattini, costituisce l’ala sicura, per così dire “classica” della Cassina, in quello stesso periodo, denso di promesse e di affascinanti proiezioni sociali e culturali,
si registra, su un altro piano, una grande ventata di novità che fa entrare nel mondo Cassina
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altri progettisti, con diverse personalità portatrici di nuove visioni, per certi versi anche rivoluzionarie. Captatore instancabile di queste nuove tensioni culturali, progettuali, artistiche e
produttive è sempre Cesare Cassina che grazie al suo fiuto per il talento in nuce, e alla sua capacità di costruire incontri virtuosi, intercetta nel giro di pochi anni: Francesco Binfaré, (definito da Cesare Cassina il “designer dei designer”), arrivato nel 1961 in azienda senza un chiaro
compito, ma tanta voglia di fare ricerca, che diventerà il fondamentale coordinatore del “mitico” Centro Ricerche (che poi lo porterà a svolgere il ruolo di art director per la Cassina dal
1969 sino al 1991); Afra e Tobia Scarpa, conosciuti grazie al prezioso incontro con un’altra
eccezionale figura di imprenditore di questi anni, Dino Gavina; Mario Bellini, incrociato proprio sul nascere dell’importante rapporto che l’allora giovanissimo designer stava costruendo
con la Olivetti; Gaetano Pesce, che dalle sue prime ricerche nel mondo dell’arte si trasferisce
totalmente sul fronte del prodotto industriale attraverso la particolare empatia creatasi con Cesare Cassina; il gruppo radical Archizoom, e in particolare la personalità di Paolo Deganello,
il quale introduce (come Pesce, per quanto in maniera diversa) tematiche fortemente ideologiche che trovano tuttavia da parte di Cassina, affiancato in tal senso da Binfaré, un’apertura
d’incontro fattivo e problematico che saprà dar vita a delle proposte sotto tutti i punti di vista innovative e vincenti. Forse più di altri questo passaggio storico è il momento giusto per
rimandare i lettori all’interessante inquadramento sul rapporto trasversale arte e design, riflesso per certi aspetti in Cassina, offertoci dallo storico dell’arte contemporanea Marco Meneguzzo nel suo saggio. Alcune di queste nuove visioni dello scenario in forte mutazione di
Questi arredi, inoltre, rappresentavano
in modo eloquente cosa s’intendesse
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mare. Che si trattasse di sale di lettura,
di bar, o di ristoranti, fu l’esplosione di
vitalità che caratterizzò gli anni.
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Questi arredi, inoltre, rappresentavano
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per stile di vita italiano a terra e per
mare. Che si trattasse di sale di lettura,
di bar, o di ristoranti, fu l’esplosione di
vitalità che caratterizzò gli anni.
quegli anni vengono affrontate in questo libro con approfondite interviste ai designer protagonisti di questa storia, i quali raccontano puntualmente le ricerche compiute per tutti i principali progetti. Risulterebbe per tanto inutilmente prolisso nominare anche in questa introduzione
generale il lungo elenco di pezzi eccezionali creati in quegli anni. Ricordiamo che oltre ai celebri protagonisti già citati, daranno il loro contributo altri designer che in maniera puntuale
hanno lasciato un prezioso segno della loro attività, quali il Gruppo A.R.D.I.T.I., Theodore Waddell, e altre interessanti ricerche, rimaste a livello di prototipi o di preserie, dove si incrociano anche autori del calibro di Angelo Mangiarotti, Marco Zanuso e Achille e Pier Giacomo
Castiglioni.
Ma gli anni sessanta sono anche un periodo di grandi innovazioni tecnologiche, che la Cassina per quanto fortemente legata alla lavorazione del legno (dove detiene un indiscusso primato), non si lascia sfuggire, anzi affronta con grande decisione e coraggio. È difficile descrivere
per parti separate l’intreccio di esperienze progettuali e produttive, apparentemente diverse
fra loro, che si addensano in Cassina tra il 1961 e il 1969. Nel 1961 la Cassina decide di produrre con un’innovativa tecnologia industriale la scocca in polistirolo espanso della poltroncina Finlandese 1106/3 disegnata da Olli Mannermaa (l’ingresso di Binfaré in Cassina si lega
in parte a questo episodio); nei primi anni sessanta Cesare Cassina inizia un intenso rapporto
di scambio di vedute con alcuni imprenditori in sintonia con il suo stile, quali Roberto Poggi,
Sergio Camilli di Poltronova, ma sarà soprattutto l’incontro con Dino Gavina che lo stimolerà
particolarmente nella ricerca di nuove strade: fra le altre cose con lui parteciperà, anche finanziariamente, alla nascita della Flos, ma sicuramente molto importante fu per Cesare Cassina scoprire il patrimonio del design lasciato dai maestri del Movimento Moderno, dei quali
Gavina si era interessato, tra i primi al mondo, rieditando i più celebri pezzi di Marcel Breuer
del periodo Bauhaus. Questa mossa di Gavina nutre in Cassina il forte desiderio di battere questa strada, e su indicazione di diversi “consiglieri” si indirizza verso un maestro dei maestri,
per lo meno per la scuola di radice europea, vale a dire Le Corbusier, il quale, contattato nel
1964 (data di acquisizione dei diritti), accoglie con grande interesse questa iniziativa. Nel 1965
viene presentata (per fatale coincidenza il maestro viene a mancare pochi giorni prima) la prima collezione di quattro pezzi che sarà l’iniziale e prezioso tassello di quella che diventerà la
grande collezione “i Maestri” che oggi comprende la riedizione di rinomate opere di autori
del calibro di Gerrit Rietveld (acquisizione diritti 1971, prima produzione 1973), Charles Rennie Mackintosh (acquisizione diritti 1972, prima produzione 1973), Erik Gunnar Asplund (acquisizione diritti 1981, prima produzione 1983), Frank Lloyd Wright (acquisizione diritti 1985,
prima produzione 1986), Charlotte Perriand (acquisizione diritti 2004, prima produzione 2005)
e che dal 2008 vede l’ingresso del primo “maestro” italiano, Franco Albini. Questo importante
capitolo viene ampiamente raccontato in questo volume da Filippo Alison, che da tanti anni
è il consulente scientifico di questa fondamentale collezione nel catalogo Cassina. Su questo
passaggio colgo l’occasione di citare l’importante contributo dello storico del design Bernard
E. Bürdek, il quale nella sua analisi critica interessata all’intreccio dei fenomeni culturali e industriali del design, dedica particolare attenzione al valore di questa scelta culturale (prima
che imprenditoriale) e ai suoi importanti riflessi internazionali. Una significativa testimonianza della partenza di questo programma di lavoro sui maestri è ben documentata nel primo numero (aprile, 1966) della rivista “Ottagono” – trimestrale di architettura, arredamento,
industrial design – che nasce e si sviluppa grazie alla volontà comunicativa di alto livello di
un gruppo di otto aziende, fra le quali non manca l’attivissima Cassina.
Riprendendo la sequenza degli avvenimenti più legati alle scelte industriali della Cassina,
si arriva al 1966 quando nasce, dall’incontro dei Cassina con l’intraprendente Pierino Busnelli,
la C&B (Cassina e Busnelli), un nuova entità industriale proiettata decisamente nell’applicazione di materiali innovativi e di aggiornate tecnologie produttive, e soprattutto rivolta a un
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mercato interessato a intercettare modelli di vita e di abitare in divenire. Tutto parte dalla “scoperta” di poter impiegare un nuovo materiale, il poliuretano espanso, schiumato, iniettato in
stampi, per la fabbricazione in serie di imbottiti di nuova generazione. I Cassina intuiscono
subito che quello è il futuro, per quanto evidentemente proiettato in una dimensione molto
diversa da quella fino ad allora rappresentata dalla loro “cultura” di produttori di mobili prevalentemente in legno. Ma i tempi erano maturi e la tigre va cavalcata. Nel 1969 viene coinvolto in questa importante sfida industriale, in qualità di manager dedicato soprattutto al
marketing, Rodrigo Rodriquez, già valente manager in una multinazionale americana e marito di Adele Cassina, figlia di Cesare (la sua storia all’interno dell’azienda proseguirà come vicepresidente e amministratore delegato della Cassina dal 1982 al 1991).
L’accelerazione di questa realtà industriale è impressionante, e nel giro di pochi anni il fatturato della C&B raggiunge il triplo di quello della Cassina, che deteneva i due terzi della proprietà della C&B. Questo risultato certamente positivo crea comunque una certa inquietudine
nella famiglia Cassina, che nel contempo vede diminuire gli utili della casa madre e questo,
insieme ad altri intrecci derivati dalle diverse personalità coinvolte in questa intensa esperienza
imprenditoriale, porterà alla scelta sofferta di consentire a Pierino Busnelli di rilevare l’intera proprietà della C&B, che dal 1973, data di questa separazione, inizierà a chiamarsi B&B,
confermandosi, a fianco della Cassina e di pochi altri nomi di prestigio, una delle realtà industriali più brillanti della storia del design del mobile italiano a livello internazionale.
Altro fronte di questo intreccio di eventi è la nascita del Centro Ricerche che si forma intorno alla forza propulsiva dell’esperienza C&B, la quale convince Cesare Cassina, anche su
insistenza di Binfaré, a costituire dal 1969 un luogo di sperimentazione di design avanzato la
cui conduzione viene affidata appunto a Binfaré. In questo centro (che dopo la chiusura della
C&B, in buona parte si trasferirà nella nuova B&B, ma che per quanto riguarda Cassina si evolverà in altre forme ritornando a gravitare dentro e fuori l’azienda) si sono concentrate in pochi anni preziosissime ricerche, che sono parte fondamentale del deposito di esperienze raccolte
in Cassina, tanto da riscuotere ancora oggi l’attenzione degli esperti del settore, ma anche quella dei numerosi acquirenti che continuano a chiedere molti dei prodotti nati in questo crogiolo di ricerca e sperimentazione.
Non si può dimenticare in mezzo a questa eccitante stagione la nascita di un’altra, in questo caso piccola, realtà produttiva semiautonoma messa in piedi da Cesare Cassina, vale a dire la Bracciodiferro, definita da Gaetano Pesce una “compagnia pensata per andare in
perlustrazione, in avanscoperta”. La storia di questa particolare, ma importante, vicenda, che
ha come protagonisti Cesare Cassina, Francesco Binfaré, Gaetano Pesce e Alessandro Mendini viene approfondita nel libro da Barbara Lehmann. Ricordiamo di questa intensa esperienza sperimentale oggetti come la grande lampada da terra Moloch, e la serie di sedute Golgotha
ideate da Gaetano Pesce, oppure il Monumentino da casa e la sedia Terra concepite da Alessandro Mendini.
Il percorso di Cassina, dopo il fenomeno propulsivo, ma anche un po’ destabilizzante della C&B, riprende la sua strada con un pezzo d’eccezione quale è il Maralunga (1973) di Vico
Magistretti, risultato della perfetta capacità d’intendersi tra Cesare Cassina e Vico Magistretti,
con l’apporto in questo caso anche di Binfaré. Si affianca a Magistretti in questo primo rilancio della Cassina anche Mario Bellini che propone un nuovo tipo di concezione di poltrona,
vuota dentro, che è il modello Le Tentazioni (1973). Bellini intuisce immediatamente il cambio di clima che si sta determinando dopo la grande passione “rivoluzionaria” espressa in quegli anni e porta, di riscontro, in Cassina quella che è una sua visione aggiornata del modo di
vivere di una nuova area sociale più orientabile verso il tradizionale modello Cassina: per questo mette insieme un ambizioso programma dal titolo, vagamente ironico, Il libro dell’arredamento secondo Mario Bellini (1976). Omar Calabrese nella lettura complessiva del ruolo svolto
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Sale di lettura, di bar, o di ristoranti, fu
l’esplosione di vitalità che caratterizzò
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Questi arredi, inoltre, rappresentavano
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per stile di vita italiano a terra e per
mare. Che si trattasse
dalla produzione Cassina nel rappresentare i diversi modelli sociali succedutisi nell’evoluzione della nostra società, dedica particolare attenzione a questa visone di Bellini. Sotto questo
cappello Bellini organizza un vasto, e totalmente rinnovato, sistema di elementi di arredo, dove sperimenta, con nuove tecniche e linguaggi ben calibrati, diversi materiali classici, dando
vita a delle collezioni di prodotti di grande successo fra le quali le sedute Break, i tavoli Basiliche, Colonnato e Rotonda , tutte del 1976, sino a comprendere, anche se in un secondo tempo, le sedute della serie Cab (1979). In questi periodo ricordiamo anche il lavoro di altri autori
molto attivi in questa fase, per così dire, di “ritorno all’ordine” (dopo l’estrema effervescenza
del periodo a cavallo tra i sessanta e i settanta) quali Piero De Martini, soprattutto con il sistema di sedute e tavoli La Barca (1975), e Silvio Coppola con il sistema di contenitori della
serie 909 (1980). Continuano comunque, ricche di sorprese e di successi, le ricerche di Gaetano Pesce (la poltrona Sit down del 1976, il tavolo Sansone e il divano Tramonto a New York
del 1980) e di Paolo Deganello (la poltrona Torso del 1982), ai quali si affiancano per una certa sintonia sperimentale innanzitutto il designer giapponese Kita, il quale con la seduta Wink
(1980), già sensibilmente postmoderna, apre un’altra stagione di ricerca sulle forme e i gusti
di una società sempre più cablata e nomade; uno spirito nuovo al quale partecipa, con il suo
stile e la sua tipica nonchalance anche il Magistretti della poltrona Sindbad.
Nel 1979 muoiono a distanza di pochi giorni Cesare Cassina e Gio Ponti, e con loro scompare un modo di vedere il mondo e di interpretarlo. Si apre inevitabilmente all’interno della
Cassina una fase delicata di assestamento, dove i ruoli di Franco Cassina e di Rodrigo Rodri-
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quez si compatteranno per condurre in nuovi mercati, soprattutto internazionali, le grandi potenzialità raccolte nel decennio precedente. A partire dal 1990 circa il 70% del fatturato dell’azienda proviene dall’esportazione, una percentuale che nel 1971 corrispondeva alla quota
del mercato nazionale.
Anche questa dimensione sempre più internazionale induce l’azienda a fare delle riflessioni strategiche maggiormente rivolte ai caratteri “fluttuanti” e “trascendenti” della produzione in epoca postmoderna, come ci spiega molto bene Clino Trini Castelli nel suo saggio
dedicato alla storia dei materiali nell’intera evoluzione del percorso Cassina. In questo fluttuante mondo di valori affettivi e intimisti, troveranno spazio le diverse e molteplici visioni
di un paesaggio domestico totalmente destrutturato come quello proposto da Andrea Branzi
(intervistato per l’occasione), dove gli elementi di arredo vogliono rivendicare un’autonomia
culturale rispetto all’insieme, come presenze carismatiche dotate di una forte personalità. A
questo nuovo paesaggio delineato dal catalogo Cassina della fine degli anni ottanta e della prima metà degli anni novanta partecipano con le loro diverse sensibilità i prodotti disegnati da
Massimo Morozzi, Gaetano Pesce, ma anche quelli proposti da Gianfranco Frattini, Achille Castiglioni, Sottsass Associati, Paolo Rizzato, Massimo Josa Ghini (non c’è), Piero De Martini e
molti altri. Anche in questo caso soffermarsi con una descrizione, sia pur breve, sui numerosi e interessanti pezzi realizzati in questo periodo in Cassina risulterebbe troppo lungo per lo
spazio di un saggio introduttivo, e pertanto si rimanda il lettore alle diverse schede preparate
per presentare tutti questi percorsi progettuali. Tuttavia è evidente che oggetti come le poltrone i Feltri di Pesce, il divano Hilly di Achille Castiglioni oppure il sistema di tavolini Tangram di Morozzi, costituiscono modelli di riferimento e di tendenza di quegli anni.
Nel frattempo l’azienda, dopo alcuni passaggi in cui si è offuscata una certa dinamicità imprenditoriale e propositiva, conosce negli anni novanta una fase di stasi legata anche all’ingresso di una poco animata società di controllo esterna. Dopo questo periodo di conduzione, verrebbe
da dire in apnea, recentemente Cassina ha ricevuto un’iniezione ricostituente grazie all’acquisizione nel gruppo Frau, che di fronte alle sfide dei grandi mercati internazionali si propone di fare sistema con una pregevole gamma di aziende raccolte in questo gruppo: quali Cappellini, Alias,
Gufram, Thonet, e naturalmente Cassina individuata come presenza leader di riferimento.
Sale di lettura, di bar, o di ristoranti, fu
l’esplosione di vitalità che caratterizzò
gli anni. Sale di lettura, di bar, o di
ristoranti, fu l’esplosione di vitalità che
caratterizzò gli anni.
Sale di lettura, di bar, o di ristoranti, fu
l’esplosione di vitalità che caratterizzò
gli anni.
In un clima incerto e fluido dove nuove realtà produttive estremamente flessibili intercettano visioni che provengono sempre più spesso da centri di propulsione culturale internazionali, si conferma che la forza del design italiano è ancora radicata al territorio soprattutto grazie
alla “qualità del fare” contenuta nel percorso evolutivo di alcune società di riferimento, quale è appunto Cassina. Una “qualità del fare”, che non è da leggersi solo nell’aspetto tradizionale, ancora validissimo, del buon lavoro “a regola d’arte”, ma è soprattutto da riferirsi a quel
valore aggiunto depositato nel condensato di un laboratorio di ricerca teso soprattutto a percepire i segnali premonitori di nuovi stili di vita, dei quali la Cassina è sempre stata interprete e protagonista. Fra l’altro riemerge sempre più forte quella esperienza di progetto coordinato
e su misura per grandi commesse, che oggi viene compreso sotto la denominazione di “contract”, che costituisce, con nuove prospettive, uno dei campi di maggior interesse per lo sviluppo di nuove sinergie tra la produzione di oggetti e le nuove strategie dei grandi sistemi
immobiliari, oppure anche del rilanciatissimo sistema cantieristico-navale. Di questa prospettiva, ancora molto aperta e tutta da investigare, discute con grande acutezza Andrea Branzi
nel suo saggio dedicato appunto alla nuova visione strategica del furniture design.
Si arriva così alla fine degli anni novanta del XX secolo, sino a comprendere i giorni nostri del primo decennio del XXI (che qualcuno preferisce già chiamare terzo millennio), quando nuove generazioni di progettisti vengono a incontrasi con il modello Cassina, e si determinano
nuove visioni: l’istrionico e metaprogettuale Philippe Starck, protagonista indiscusso del design degli anni novanta, individua per il nuovo millennio una serie di questioni centrali legate
alla condizione dell’uomo contemporaneo nel sempre più frammentato e trasversale abitare
domestico-nomadico che contraddistingue in particolare certe fasce di élite sociale; l’essenziale e rigoroso Piero Lissoni si propone di trovare un punto di equilibrio armonico tra “forma solidale” e “forma fluttuante” (sempre citando Clino Trini Castelli) in grado di offrire un
paesaggio domestico “aperto”, efficiente e rassicurante, volendo sfuggire a qualsiasi forma di
condizionamento formale preconcetto e limitativo. Per conoscere i pensieri e le pratiche di
questi due autori abbiamo trascritto nel libro i passaggi più interesanti di conversazioni fatte
con ciascuno di loro.
A questo nuovo orizzonte di vedute, aperte sul divenire dello scenario espressivo e culturale della casa come luogo che contiene polarità in continua mutazione, a seconda dei ritmi
che segnano i tempi di uso e di vita dei diversi spazi e oggetti in essi contenuti, si esercitano,
inoltre, con diverse tecniche e sensibilità, le sintetiche ricerche plastiche di Rodolfo Dordoni,
le fluide forme avvolgenti di Jean Marie Massaud, le tese forme plastiche o geometriche di
Hannes Wettstein, la galassia di oggetti gravitazionali di Patrick Jouin e i corpi compatti e aniconici di Jehs + Laub.
Il deposito di ricerche ed esperienze praticate in ottant’anni dalla Cassina, continua a pulsare nel suo cuore, ma nuove sfide industriali e commerciali impongono nuovi orizzonti creativi e produttivi che sappiano anche sciogliere i lacci che a volte la storia, se si fa nostalgia,
rischia di stringere. Per tutto ciò che abbiamo sin qui raccontato vale quindi il discorso che la
storia vive se sa essere letta come uno strumento di progetto, e in quanto tale atto a stimolarci a guardare al passato come a un “ambiente” vivo con cui continuamente confrontarci,
ma mai a guardarci indietro come a cercare un modello cristallizzato da perpetuare con l’idea
di un mito irraggiungibile.
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P.C. Santini, Gli anni del design italiano. Ritratto di Cesare Cassina , Milano 1981.
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