La ricerca scientifica come una partita a scacchi
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La ricerca scientifica come una partita a scacchi
VITA DI RICERCATORE LL Rosanna Piccirillo In questo articolo: La ricerca scientifica come una partita a scacchi vamo”. Ora il fratello di Rosanna è ingegnere edile e la sorella Sara è anche lei ricercatrice: studia un tumore neurologico, il glioblastoma multiforme, all’Università di Cambridge, in Gran Bretagna. Terminate le scuole superiori, Rosanna deve affrontare la scelta dell’università: “Volevo studiare le malattie; la mia naturale propensione all’approfondimento unita alla consapevolezza di poter fare qualcosa di concreto per alleviare le sofferenze altrui mi ha sempre dato una grande spinta interiore”. Il dilemma era: medicina o biotecnologie mediche? Quest’ultima era una nuova facoltà; all’epoca, metà degli anni novanta, non vi erano nemmeno ancora laureati. I suoi genitori erano preoccupati: “Ma troverai un lavoro?”. Rosanna conserva ancora la pagina del suo diario, datata 3 novembre 1995, dove, da brava futura scienziata, analizza con metodo i pro e i contro delle due facoltà. Pur avendo superato entrambi i test d’ingresso, alla fine, seguendo come sempre un po’ l’istinto e senza lasciarsi scoraggiare a priori, si iscrive a Biotecnologie mediche a Milano, dove nel 2001 si laurea a pieni voti con una tesi sulla terapia del tumore alla mammella. Ed è sempre a Milano che Rosanna si ferma per un dottorato di ricerca in biologia cellulare e molecolare presso l’Istituto San Raffaele, dove si occupa di un progetto su una malattia genetica, l’albinismo oculare di tipo 1, che le vale anche un premio come migliore ricercatrice junior nel 2006. giovani ricercatori Start-up AIRC cachessia Milanese di nascita, cresciuta a Bergamo ma di origini partenopee, Rosanna Piccirillo non si è mai scoraggiata e ha perseguito i suoi obiettivi con decisione. Dopo molti anni trascorsi nelle più prestigiose università degli Stati Uniti, è tornata in Italia per coronare il suo sogno: aprire un laboratorio nel suo Paese e realizzare il suo progetto di ricerca a cura di CHIARA SEGRE ncontro Rosanna Piccirillo nel luminoso pomeriggio di un novembre che non vuole rassegnarsi all’inverno; nel suo ufficio la scrivania è ingombra di pubblicazioni scientifiche e le pareti di post-it con le “nuove idee” per la ricerca che lei e la sua squadra conducono nel laboratorio, dall’altra parte del corridoio. Ha solo 36 anni, ma da un anno e mezzo è capo del Laboratorio di cachessia tumorale grazie a uno Start-up grant di AIRC nel Dipartimento di oncologia dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. Ciò che colpisce subito di Rosanna è lo sguardo pieno di passione e determinazione. Una qualità ereditata dai suoi genitori che, poco più che ventenni, nei primi anni settanta lasciano la loro terra, Napoli, con solo una valigia di cartone per emigrare a Milano, in cerca di un futuro. Ed è a Milano che Rosanna nasce e vive fino a dieci anni, quando si trasferisce con la famiglia vicino a Bergamo. I La costanza di chi sa che la scienza è una scelta 4 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2014 “Sono sempre stata una bambina curiosa; per me imparare cose nuove era ed è tuttora un’esigenza imprescindibile, sono cresciuta divorando libri” racconta. “Uno dei miei preferiti è Lettere a un giovane poeta di Rilke, dove si dice: ‘Guardi dentro di sé. Si interroghi sul motivo che le intima di scrivere... morirebbe se le fosse negato di scrivere?’” Per me vale la stessa considerazione per la voglia di conoscere e fare ricerca. Questo lavoro mi tiene in vita e non potrei fare altro”. Decisioni adolescenziali Finite le medie, i suoi genitori volevano che si iscrivesse a ragioneria poiché le avrebbe garantito un lavoro più sicuro, ma Rosanna voleva fare il liceo scientifico. “Fortunatamente i miei hanno compreso e hanno sempre sostenuto le mie scelte”. Frequenta con successo lo scientifico a indirizzo sperimentale Lussana di Bergamo; è una studentessa diligente e appassionata, esempio che contagia anche i suoi fratelli minori. “C’erano dei pomeriggi in cui la casa era immersa nel silenzio e si sentiva solo il rumore delle pagine mentre i miei fratelli e io studia- La valigia per l’ignoto Concluso il dottorato, la giovane scienziata pensa al futuro: il suo sogno è andare negli Stati Uniti. Tuttavia, il salto nel buio la spaventa: per la prima volta a migliaia di chilometri di distanza in un Paese straniero. Come ogni scienziato che si rispetti, Rosanna fa un esperimento “pilota”: accetta una visiting fellowship di tre mesi all’Università della California a Los Angeles. “Vivere all’estero all’inizio non è semplice” confessa Rosanna. “Persino le cose più banali, come installare internet seguendo al telefono le istruzioni di una persona che ti parla in un’altra lingua, diventano delle vere e proprie sfide”. Ma dopo la California il ghiaccio è rotto, e in breve tempo Rosanna ha le valigie pronte, destinazione Boston; ha vinto una borsa come ricercatrice post-doc nel laboratorio di Alfred Goldberg all’Harvard Medical School, dove lavora per oltre quattro anni. Anni che si rivelano fondamentali per la vita professionale e personale. “Harvard è una fornace di idee e cultura. Ogni giorno sei bombardato da stimoli intellettuali nuovi. I corridoi dell’università sono coperti di lunghe lavagne dove ognuno lascia un’idea in un continuo scambio, e puoi bere un caffè con premi Nobel. Il miglior luogo al mondo per appagare la mia sete di nuove conoscenze”. Rosanna non perde occasione per frequentare tutti i seminari, i “pizza- talk” o le conferenze seguite da pranzi in cui è possibile scambiare quattro chiacchiere informali con i più grandi ricercatori al mondo. “Certo, è stato faticoso, perché questo voleva dire restare in laboratorio ogni giorno fino alle 11 di sera, per riuscire a portare avanti i progetti di ricerca, ma è un’esperienza che mi ha insegnato a creare idee scientifiche indipendenti” confessa. È alla Harvard infatti che comincia a occuparsi di metabolismo muscolare, lavoro che culmina con una pubblicazione sulla prestigiosa rivista EMBO Journal nel 2012. Il metabolismo dei muscoli viene sovvertito dalla malattia Nostalgia di casa È in quel periodo che matura anche il desiderio di tornare in Italia. “Conosco colleghi italiani che si sono perfettamente ambientati in America. A me però mancava la mia terra, la mia famiglia e la mia cultura.” E ancora una volta non si fa demoralizzare da chi le dice: “Ma sei matta? Vuoi tornare in un Paese da cui i ricercatori scappano?”. “Ricordo che quando preparavo le domande di finanziamento per la Harvard, il mio futuro capo aggiungeva sempre una frase in fondo: ‘il mio scopo ultimo è quello di tornare in Italia e aprire il mio laboratorio’. All’epoca pensavo che esagerasse. Nel 2007 l’idea di diventare capo laboratorio in Italia era qualcosa che non riuscivo neanche a concepire”. Eppure Goldberg aveva visto giusto. Rosanna ce l’ha fatta: con talento e perseveranza ha ottenuto, grazie a un progetto scritto di suo pugno, il finanziamento AIRC Startup per aprire il suo laboratorio presso l’IRCCS-Istituto Mario Negri di Milano. Argomenti di frontiera Il gruppo di ricerca di Rosanna studia come il tumore “parla” agli altri tessuti dell’organismo, in particolare al muscolo scheletrico, causandone il deperimento. GENNAIO 2014 | FONDAMENTALE | 5 VITA DI RICERCATORE Rosanna Piccirillo Da sinistra Rosanna Piccirillo con Laura Talamini, una delle sue colleghe dente di dottorato” dichiara entusiasta Rosanna. I primi mesi sono stati dedicati all’allestimento del laboratorio, acquistando la strumentazione e i materiali necessari. Poi è iniziato il lungo lavoro di messa a punto dei modelli e dei protocolli sperimentali. Ora, dopo solo un anno e mezzo, il laboratorio è perfettamente operativo, e arrivano già i primi risultati preliminari. Far tesoro dei fallimenti “È un argomento di frontiera, dove vi è ancora molto da scoprire” spiega la ricercatrice, che segue due linee principali di indagine: da una parte, scoprire attraverso quali molecole e vie metaboliche il tumore influenza la massa muscolare, per “ COME IL TUMORE MANIPOLA IL MUSCOLO ” noto che i pazienti affetti da tumore, soprattutto in fase avanzata, soffrono anche di cachessia, cioè della perdita di tessuto muscolare, adiposo e osseo. Il muscolo naturalmente cede proteine al corpo in determinate condizioni, per esempio sotto intenso sforzo fisico o in seguito a periodi di digiuno prolungato, come meccanismo di sopravvivenza selezionato nell’evoluzione. Normalmente il meccanismo è reversibile, e il muscolo riaccumula proteine dopo un nuovo apporto proteico, per esempio dopo i pasti. Il tumore invece manipola questo meccanismo, per cui i muscoli dei pazienti deperiscono sempre di più, anche se sottoposti a diete arricchite in proteine. Il deperimento muscolare abbassa l’aspettativa e la qualità di vita, e può essere causa di morte prematura, per esempio per collasso dei muscoli respiratori, come il diaframma. È 6 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2014 identificare nuovi bersagli terapeutici; dall’altra comprendere come un regolare esercizio fisico possa contrastare la perdita del muscolo nei pazienti oncologici e persino ritardare la crescita tumorale. “La bellezza di questo progetto risiede nel suo approccio globale e trasversale. Studiamo il tumore come un ‘tessuto anomalo’ nell’insieme dell’organismo, ma i risultati che otteniamo potranno aggiungere conoscenza non solo in ambito oncologico, ma anche nel campo di altre patologie come la distrofia muscolare o la sarcopenia senile, ovvero la perdita di muscolatura con l’invecchiamento”. Diventare capo laboratorio è in assoluto la sfida più grande che Rosanna abbia mai affrontato. “Ora non ho solo la responsabilità dell’avanzamento del progetto sperimentale, ma anche della gestione tecnica del laboratorio, del reperimento e della corretta allocazione dei fondi e di coordinare le persone che lavorano con me”. Il team da lei guidato è giovane e tutto al femminile: accanto a lei al bancone ci sono Sara, 34 anni, biologa e ricercatrice post-doc, e Laura, 26 anni, di Treviso, laureata in chimica e tecnologie farmaceutiche e al secondo anno della Scuola di specialità in ricerca biomedica. “Presto si aggiungeranno una tesista in biologia applicata e uno stu- Rosanna non si è mai pentita di essere tornata. “Qui all’Istituto Mario Negri mi trovo molto bene: c’è un bel clima di collaborazione reciproca anche tra gruppi diversi e tra i vari dipartimenti, cosa che invece non c’era alla Harvard, dove la competizione e l’individualismo sono la regola. Inoltre qui ho trovato strumentazioni all’avanguardia, utilissime per la nostra ricerca”. Certo, le difficoltà sono grandi, ma per lei conta molto anche la giusta attitudine, che cerca di trasmettere al suo staff, poiché è anche giocatrice ed ex campionessa di scacchi: “La ricerca è come una partita a scacchi; a volte, per arrivare all’obiettivo e fare scacco matto, non basta avanzare ma bisogna anche smascherare strategicamente le pedine importanti”. Ecco che anche un risultato negativo o inaspettato può diventare un’occasione per affinare le mosse successive e raggiungere risultati concreti. È ormai buio quando saluto Rosanna e in cielo brillano le prime stelle. Le chiedo cosa tiene accesa la sua, di stella: “La gioia, quando un risultato conferma un’ipotesi, sapere che esso rappresenta un passo in più per migliorare la cura e la qualità della vita dei pazienti oncologici, ma soprattutto la consapevolezza di poter fare tutto questo nel mio Paese e grazie ai soldi donati alla ricerca da miei connazionali nonostante il grave momento di crisi. Tutto questo dà un senso ancora più profondo al nostro lavoro”. In Italia si collabora di più, negli USA si è più competitivi