Lo sfruttamento criminale del minore

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Lo sfruttamento criminale del minore
Juno
di Jason Reitman
Sinossi
Juno MacGuff è una sedicenne indolente e annoiata. Un pomeriggio d’autunno, mentre è a casa del
compagno di scuola Paulie Bleeker, decide di fare sesso con lui. Quando scopre di essere incinta si confida
con l’amica del cuore Leah e poi con Paulie che non sanno esserle d’aiuto. Juno, tuttavia, è determinata:
vuole abortire. Prende appuntamento con un centro per ragazze-madri ma giunta lì, dinanzi allo squallore
dell’ambiente, rinuncia. Decide così che darà il nascituro in adozione a una coppia il cui nominativo trova
negli annunci di un giornale. Sono Mark e Vanessa Loring a cui Juno si rivolge, anche grazie a suo padre e
alla matrigna che la sostengono nelle sue scelte. In attesa del parto Juno comincia a conoscere meglio i
futuri ‘genitori’ di suo figlio condividendo con Mark l’interesse per la musica. Ha così modo di venire a
sapere che l’uomo in realtà desidera divorziare. Il bambino resterà a Vanessa. Ora Juno è pronta per
accettare la sua età e condividerla serenamente con Paulie.
Presentazione critica
Introduzione al film
Una minorenne di fronte alla maternità.
Alle origini di questo film c’è, incredibile ma vero, una spogliarellista. Il produttore Mason Novick,
mentre naviga in Internet, si imbatte nel blog di Diablo Cody. Costei, laureata in comunicazione all’Iowa
University dopo aver accettato diversi lavori diventa spogliarellista e racconta questa sua esperienza nel
blog “The Pussy Ranch” (titolo che non lascia spazio ad equivoci) trasformandola poi in un libro di
memorie: “Candy Girl –Memorie di una ragazzaccia perbene”. Ovviamente i temi che tratta non hanno
quasi nulla a che vedere con la storia di Juno a cui approda proprio perché il produttore di cui sopra
individua in lei notevoli capacità di scrittura e le propone di occuparsi di una sceneggiatura. Che la
porterà subito al successo con la vittoria di un Oscar. Attualmente Cody sta scrivendo per la serie
televisiva United States of Tara, una serie che nasce da un’ idea di Steven Spielberg e che ha come
protagonista una madre affetta da una personalità multipla.
Una sceneggiatura efficace (e questa lo è) facilita enormemente il lavoro degli attori: è la stessa
giovane attrice Ellen Page a dichiararlo: “Il ruolo di Juno è scritto in maniera esemplare e non si tratta di
una cosa così comune trattandosi di un’adolescente. È onesta e originale, completamente priva di cliché o
stereotipi, il che è quasi fantastico per un’attrice. Il mio lavoro è stato quello di calarmi nei suoi panni e
cercare di rendere autentici la sua maniera di parlare, i suoi dialoghi e i suoi rapporti con gli altri.”
Reitman è consapevole dell’importanza di trovarsi di fronte a un’attrice che non reciti le battute ma le
dica e sia messa in condizioni di dirle perché credibili nella realtà. Juno è un film che ribalta le
convenzioni perché si parla di sesso così come ne parlano gli adolescenti ma senza quel compiacimento
pruriginoso che a volte traspare in film che vorrebbero essere ‘di denuncia’. Tuttavia nel film si fa di più:
per una rara volta si portano sullo schermo due genitori non colpevoli di disinteresse o eccessivamente
protettivi nei confronti della figlia in difficoltà. Aggiungiamo che uno dei due la matrigna, personaggio che
fiabe e cinema hanno collocato nella categoria dei ‘cattivi’ e che qui si dimostra molto più attenta e
disponibile della madre naturale di Juno che l’ha lasciata da tempo.
Sottilmente spietato è poi il ritratto della coppia che si vorrebbe ‘perfetta’ e a cui mancherebbe solo
un figlio per divenire un modello assoluto. Modello che Juno vede sgretolarsi progressivamente portando in
superficie un solipsismo mascherato dal perbenismo. Jason Reitman (classe 1977 e figlio del più famoso
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Juno – scheda critica
Ivan) si conferma con questo suo secondo film un regista capace di far arrivare al grande pubblico un
cinema che conserva la freschezza della produzione indipendente.
Il ruolo del minore e la sua rappresentazione
Attendere un figlio.
Il tema delle gravidanze precoci non è certo inedito: cinema, televisione e letteratura se ne occupano
da sempre, sia che si tratti di analizzarlo da un punto di vista morale che da quello sociologico e culturale.
Rinunciando volentieri a posizioni di principio che limitano la complessità della questione a favore di
visioni scandalistiche o frettolosamente risolutive, rimane aperta uno spazio problematico che merita di
essere affrontato. Se, come già ribadito, l’argomento non rappresenta una novità, risulta nuovo e attuale,
in questo film, il modo con cui viene affrontato. Possiamo mutuare dal linguaggio utilizzato nel film un
utile spunto per la nostra riflessione. Un linguaggio volgare e sbrigativo che non sorprende per i contenuti
quanto piuttosto per la banalizzazione che produce. Si parla del sesso come se in gioco vi fossero organi e
non soggetti pensanti e imputabili dei loro atti. La condizione di Juno come adolescente alla ricerca di sé,
ne fa un personaggio che fatica a riconoscere il nesso tra i suoi atti e le conseguenze. Un timore
sotterraneo di non trovare qualcosa che duri per sempre rende questa simpatica sedicenne insicura a
dispetto della sua aria spavalda. Più che di un non saperne, del sesso e dell’amore, è un non volerne
sapere o un non trovare risposte soddisfacenti nella realtà circostante. Lo stesso si può dire di Paulie,
compagno di classe della ragazza e padre del nascituro, che neppure tenta di nascondere la sua goffaggine
di adolescente che non sa risolversi tra l’essere ancora un bambino e diventare un adulto.
Così, almeno inizialmente, Juno assume una posizione difensiva nei confronti del figlio in arrivo, ne
parla come di un oggetto che può essere preso o lasciato. Dietro l’ostentazione di una ragazza che sa
sempre come cavarsela, si cela un’adolescente che non sa cos’è un figlio perché a sua volta fatica a
sentirsi figlia. Il rapporto con il padre e la matrigna subirà una svolta grazie a questa irruzione: per la
prima volta, dopo l’abbandono della madre, Juno sperimenta la sicurezza di un rapporto che regge
nonostante le bufere, comincia a riconoscere ciò che le fa veramente del bene nel comportamento del
padre e della matrigna.
Ma se nella ragazza la tentazione di pensare al figlio in termini puramente biologici può essere
interpretata come una posizione difensiva, non altrettanto si può dire dei genitori adottivi che ha trovato
da un annuncio sul giornale e ai quali affiderà il figlio una volta nato. Si tende spesso a confondere, e non
senza un certo compiacimento, l’amore per un figlio con l’innamoramento per un oggetto prezioso cui si
pensa di avere diritto. Così, la futura madre si prepara nell’attesa del bimbo coltivando un sapere
enciclopedico più vicino all’addestramento che all’amore: è lei che desidera un figlio, si concepisce in
questo autonoma dal marito al quale spetta solo il dare l’assenso. Il figlio non ancora nato prende già il
posto di Mark e il fallimento conseguente ne è la prova. La scena in cui Vanessa siede con il neonato in
braccio, in una casa perfetta e desolante, è un’icona fedele dell’inganno dell’amore materno vissuto come
risarcimento di una supposta mancanza.
Per quanto riguarda i personaggi adolescenti, il successivo rientro di Juno e Paulie nella vita di tutti i
giorni non è un ritorno alla situazione di partenza, dato che l’attraversamento di quell’esperienza ha dato
una consapevolezza nuova al loro rapporto.
Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici
Un percorso didattico che unisca una riflessione tematica ad osservazioni sul linguaggio
cinematografico potrebbe essere costituito (in presenza di allievi della scuola secondaria di secondo
grado) dalla proposta della filmografia di Jason Reitman. Prima di Juno il regista aveva realizzato Thank
You for Smoking (USA, 2005) e il suo terzo film è Tra le nuvole (Up in the Air, USA, 2009). Nel primo si
descrivono il carattere e l’operatività di uno strenuo difensore del tabagismo il quale sta esplicitamente
dalla parte del potere economico ed è dotato di un notevole arrivismo che non dissimula ma del quale fa
un punto di forza. Il protagonista di Tra le nuvole è un tagliatore di teste su commissione ormai privo di
radici personali che si trova costretto a rivedere la propria esistenza in seguito alla comparsa di una
giovane collega apparentemente più cinica di lui. Si tratta di tre opere dalla struttura molto diversa in cui
Reitman conferma però una coerenza di ricerca e di stile. Sia che si tratti del film indie (Juno) o
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Juno – scheda critica
dell’opera con due star come George Clooney e Vera Farmiga (Tra le nuvole) non muta la voglia di
sperimentarsi sul piano visivo. Si vedano ad esempio la microcomunità nel cui contesto opera Juno e il
succedersi di non luoghi attraversati dal Ryan Bingham clooneyano. Anche tematicamente resta intatta la
voglia di indagare nella realtà così com’è per andarne a cercare le motivazioni più profonde con lo scopo
di individuare quali siano gli elementi che rischiano di allontanarci sempre di più da un’etica condivisa e
condivisibile. Senza moralismi ma anche senza aridità. Se poi si osserva il personaggio della giovane
manager in carriera di Tra le nuvole si può pensare a lei come a una ex coetanea di Juno che ha rischiato
di perdersi (ma riuscendo a salvarsi) nell’oceano di indifferenza che spesso circonda le personalità in
formazione.
Elena Galeotto, Giancarlo Zappoli
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