Il ruolo della Borsa nell`economia italiana

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Il ruolo della Borsa nell`economia italiana
Il ruolo della Borsa nell’economia
italiana
di Massimo Capuano
Tre fasi cruciali nella storia della Borsa
Nel corso dell’ultimo trentennio la Borsa ha vissuto almeno tre principali fasi. Un
primo periodo che potrebbe essere definito della “Borsa d’élite”, ovvero di una Borsa chiusa, espressione di un sistema finanziario autoreferenziale, riservato a pochi attori del mercato. Questa fase si è andata completamente esaurendo con le importanti riforme del mercato finanziario dei primi anni Novanta che hanno condotto, tra le altre cose, alla nascita di
Borsa Italiana Spa e alla definizione dell’impianto regolamentare e istituzionale tuttora alla
base del funzionamento dei mercati finanziari in Italia. A essa è seguita la fase della “Borsa
aperta” ovvero di una Borsa privata che, nello svolgimento dei compiti che le sono peculiari, si è messa al servizio del Paese e ha gettato le basi per un costante contributo del mercato dei capitali al progresso finanziario e allo sviluppo economico. Oggi il Paese dispone di
un’infrastruttura al servizio dei mercati finanziari, delle imprese e degli investitori, allineata
a quella delle economie più evolute. Siamo adesso all’inizio di una nuova fase, quella della
Borsa internazionale che, da poco iniziata grazie all’accordo con London Stock Exchange
(LSE), renderà il sistema capace di attrarre investimenti esteri, garantendo per questa via un
aggiuntivo apporto all’innovazione e alla crescita.
Circa dodici mesi fa si sono infatti create le condizioni per un accordo tra Borsa
Italiana e il London Stock Exchange, la principale Borsa europea. La complementarietà dei
modelli di sviluppo, sia sotto il profilo organizzativo che sotto quello dei prodotti e dei clienti, è un’opportunità pressoché unica per la creazione del principale mercato in Europa e protagonista sul piano globale. La leadership sui mercati borsistici europei, raggiunta grazie
all’eccellenza tecnologica e alla liquidità di un listino estremamente vasto, aggiunta alla
forte efficienza e competitività dei servizi di post-trading, rappresenta il punto di partenza
per un’ulteriore crescita grazie all’ampliamento dei servizi offerti, pienamente in grado di
portare chiari benefici alle società quotate e agli investitori.
Massimo Capuano è
Amministratore
Delegato di Borsa
Italiana Spa.
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di Massimo Capuano
Il ruolo della Borsa
La crescita economica non può prescindere dal progresso del sistema finanziario in
generale e del mercato borsistico in particolare. La letteratura economica ha evidenziato l’esistenza di una solida relazione tra lo sviluppo economico e il progresso del sistema finanziario. Un sistema finanziario evoluto favorisce una crescita robusta e sostenibile, limitando
le barriere che si frappongono tra la raccolta e l’allocazione del risparmio, favorendo il processo di selezione delle eccellenze imprenditoriali e degli investimenti e offrendo nuove
modalità di gestione dei rischi. In una prospettiva ancora più ampia, il sistema finanziario è
uno strumento vitale per realizzare un sistema economico e una società più aperti, dinamici ed equi.
I dieci anni più recenti della Borsa in Italia, dal momento dell’istituzione di Borsa
Italiana Spa, sono stati di notevole sviluppo, in uno scenario internazionale quanto mai dinamico e competitivo, caratterizzato da un crescente ruolo della finanza nell’economia. In questo periodo, grazie anche al sensibile progresso del contesto istituzionale, la Borsa italiana
non solo ha colmato importanti lacune, ma ha saputo anche recuperare
I dieci anni più rapidamente posizioni rispetto ai principali mercati mondiali. L’intero
recenti della Borsa sistema economico e finanziario del Paese ne ha beneficiato.
Qualche numero aiuta a comprendere tale evoluzione. Alla fine
in Italia sono stati di
del 1997 sui mercati di Borsa Italiana erano quotate 235 società nazionotevole sviluppo, nali, la cui capitalizzazione ammontava al 30% del prodotto interno
in uno scenario lordo. Il valore degli scambi sui mercati azionari era pari al 17% del Pil.
internazionale Il confronto con le economie più avanzate evidenziava un forte ritardo.
quanto mai Nello stesso periodo la dimensione del mercato azionario rispetto al Pil
era pari al 129% negli Stati Uniti e al 149% nel Regno Unito.
dinamico e Sensibile, anche se in misura meno rilevante, era la distanza rispetto
competitivo, alle maggiori economie dell’Europa continentale. In Francia e in
caratterizzato da un Germania il mercato azionario pesava per il 49% e il 38% del Pil. La
crescente ruolo distanza in termini di scambi e liquidità del mercato condizionava sfavorevolmente l’attrattiva della Borsa italiana.
della finanza
In questi dieci anni è stato impresso un notevole sforzo per avvinell’economia. cinare le imprese italiane al mercato azionario: 236 società sono state
ammesse a quotazione, in 193 casi a seguito di operazioni precedute da
offerta delle azioni. Queste imprese hanno potuto raccogliere quasi 50 miliardi di euro, di
cui 14 affluiti direttamente alle imprese per il finanziamento della loro crescita. Altri 81
miliardi di euro sono affluiti a società già quotate attraverso aumenti di capitale. Il maggior
contributo alla crescita del numero delle società quotate è venuto dalle imprese di piccole
e medie dimensioni: ben 163 hanno trovato in Borsa un luogo dove poter finanziare i propri
progetti imprenditoriali con capitale di rischio.
In altre aree gli sforzi intrapresi da Borsa Italiana hanno consentito al mercato azionario italiano di colmare la distanza. Il valore degli scambi azionari è costantemente aumentato, raggiungendo il 103% del Pil. Ciò ha consentito di raggiungere negli ultimi anni il primato europeo della liquidità. La turnover velocity, il rapporto tra il valore degli scambi e la capi-
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talizzazione di mercato, ha raggiunto il 208%, rispetto al 68% del 1997, con positivi effetti
sul costo di finanziamento per le imprese e sulle possibilità d’impiego per gli investitori.
La crescita dei mercati si è accompagnata allo sviluppo della connotazione internazionale. All’inizio del 1998 gli intermediari esteri che operavano direttamente sui mercati di
Borsa erano sei e avevano una quota di mercato marginale. Oggi sono diventati 54 e rappresentano un terzo del valore degli scambi su azioni.
Grazie a questi progressi, la realtà del Gruppo Borsa Italiana è giunta ad avere dimensioni competitive rispetto ad altre Borse. A fine 2006 il fatturato annuo complessivo era di
280 milioni di euro e i dipendenti oltre 470. Il Gruppo si è recentemente ampliato superando i 600 dipendenti a fine 2007, anche grazie all’acquisizione di MTS e di Servizio Titoli.
Al momento dell’accordo per l’integrazione con il London Stock Exchange, il suo valore economico complessivo è stato valutato pari a 1,6 miliardi di euro.
All’operare del Gruppo Borsa Italiana sono legati molteplici soggetti. Stimare questo
aggregato è complesso, anche per la forte presenza di reciproche esternalità. Una stima conservativa delle attività che, all’interno del sistema bancario e assicurativo italiano, sono da
porre direttamente in relazione con la Borsa porta a un numero di occupati intorno alle 50
mila unità e a un valore del fatturato complessivo a fine 2006 pari a 17,7 miliardi di euro.
Si tratta di circa il 17% dei ricavi totali dell’industria bancaria e assicurativa italiana. Il
sistema che gravita intorno alla Borsa concorre alla formazione dello 0,7% del Pil del Paese.
Le opportunità di crescita
Affinché tutto ciò potesse concretizzarsi e il mercato crescere, Borsa Italiana ha agito
e collaborato con tutti gli stakeholders, nella convinzione che un’accelerazione nello sviluppo del mercato potesse essere realizzata solo operando in modo integrato su diversi fronti.
Molto è stato fatto e le opportunità di crescita futura restano significative
Il numero di società quotate è ancora insoddisfacente e la distanza che separa l’Italia
dal resto dei Paesi europei si configura come una vera e propria anomalia. Il differenziale in
termini di numero di società quotate si concentra nel segmento delle imprese di media e
piccola capitalizzazione. Il potenziale in Italia è significativo. Sulla base di stime condotte
da Borsa Italiana, esiste un bacino di oltre 2.000 realtà italiane industriali e dei servizi non
finanziari che potrebbero per dimensione e redditività accedere nel breve termine al mercato azionario. La loro quotazione agirebbe direttamente su alcune caratteristiche del tessuto
industriale italiano: l’attivazione di questo canale di supporto alla crescita e al cambiamento delle strutture proprietarie è un’opportunità a cui il sistema industriale non può, senza
una seria riflessione, rinunciare.
Sul fronte dei flussi internazionali di capitali, la globalizzazione dei mercati finanziari fa sì che la competitività di un sistema Paese debba essere valutata anche in termini di
capacità di attrarre le risorse che transitano nei mercati finanziari. Per quanto riguarda gli
investimenti di portafoglio in azioni, l’Italia figura quale settimo esportatore netto di capitale di rischio al mondo, con un saldo negativo di 94 miliardi di dollari a fine 2005. Germania,
Francia e Spagna sono tutti importatori netti di risorse destinate agli investimenti di por-
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tafoglio in azioni. Accanto agli sforzi per ampliare il numero di società quotate, diventa quindi ancor più urgente identificare e attivare quegli strumenti che possono incrementare la
capacità del nostro Paese di importare capitali finanziari.
Sul fronte domestico, bisogna accrescere la propensione all’investimento consapevole in azioni da parte degli investitori italiani, sia attraverso gli investitori istituzionali che
direttamente. L’investimento azionario degli investitori istituzionali italiani è contenuto; ai
fondi comuni d’investimento a specializzazione azionaria fa capo il 25% delle risorse gestite, rispetto al 75% del Regno Unito. Il peso delle azioni nei portafogli dei fondi pensione e
delle assicurazioni italiane è ancora inferiore. Il numero di famiglie con azioni quotate in portafoglio, pur cresciuto nel corso degli anni Novanta, si è successivamente ridotto.
Lo strumento che più di altri può nel lungo termine agire affinché l’investimento in
azioni divenga un fenomeno consolidato e consapevole tra i risparmiatori italiani è la crescita della cultura finanziaria. In Italia si è ancora distanti dal ritenere soddisfacente il livello minimo di conoscenza dei risparmiatori sulle tematiche finanziarie. È ampiamente auspicabile un maggiore impegno, in tal senso, delle istituzioni e della finanza.
Uno scenario per l’Italia
Questi argomenti trovano ulteriore forza nello scenario che si va delineando in Italia.
In una società dove i rischi legati al ciclo di vita, quali disoccupazione, sanità, formazione,
mantenimento del tenore di vita nel periodo pensionistico, sono sempre meno coperti dal
sistema pubblico, la ricchezza personale, e dunque la sua accumulazione e il suo ottimale
investimento, diviene un aspetto che si affianca a quello del reddito da lavoro nel definire i
livelli di benessere dei cittadini.
Le scelte di politica economica e fiscale dovranno sempre più tener conto degli impatti legati al sistema finanziario. Sul fronte delle imprese, la finanza e l’accesso ai capitali
sono aspetti sui quali si gioca la competitività di un sistema Paese. Dal lato della vita quotidiana delle persone, l’ottimale accumulo e gestione della ricchezza finanziaria potranno
modificare in modo sempre più sostanziale l’effettivo tenore di vita di una nazione e l’equa
distribuzione delle opportunità di partenza e della prosperità dei suoi cittadini.
Il 2008 è un anno dedicato a celebrare la storia della Borsa. L’attenzione va però mantenuta protesa al futuro, soprattutto verso quelle aree che presentano ancora ampi spazi di
crescita. I prossimi anni si presentano ricchi di sfide; andranno affrontati anticipando i cambiamenti e nel contempo attingendo all’esperienza che è possibile trarre dal passato.
I temi trattati in questo articolo dall’Ingegner Capuano sono stati oggetto di un più ampio intervento in occasione delle celebrazioni per il Bicentenario della Borsa in Italia.
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