L`alternativa all`aratro è storia d`altri tempi

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L`alternativa all`aratro è storia d`altri tempi
D’EPOCA
L’alternativa all’aratro
è storia d’altri tempi
di Franco Zampicinini
L
e tecniche di lavorazione
del terreno e di semina fi nalizzate a ridurre tempi e
costi, anche attraverso il
contenimento del numero di interventi, così d’attualità all’inizio del
terzo Millennio, hanno in realtà
origine antica.
La ricerca di macchine sostitutive
del tradizionale aratro risale all’inizio del XVIII secolo. Il marchese
Alessandro del Borro nel 1713 realizza una macchina denominata
“Gran coltro”, che costituisce la capostipite delle moderne vangatrici.
Spinta da un uomo (per evitare, secondo il suo ideatore, l’eccessivo
La ricerca
di macchine
sostitutive
del tradizionale aratro
per la lavorazione
del terreno risale
ai primi anni
del 1700
affaticamento degli animali), è costituita da un telaio con due ruote
anteriori: due grosse mazze si abbattono sul pettine montato frontalmente, conficcandolo nel terreno
e tagliando una fetta di terreno, che
viene quindi rovesciata da un meccanismo a leva.
Le prime combinate
Nell’Ottocento, negli Stati Uniti non
mancano i tentativi, pur nei limiti
della potenza generata dalla trazione animale, di compiere due operazioni in un solo passaggio, ad esempio abbinando l’erpice alla seminatrice.
In Inghilterra nel 1846 Jamer Usher
brevetta una locomotiva stradale a
vapore portante una grossa fresa
formata da quattro dischi rotanti
coassiali, ciascuno provvisto di tre
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Il “Gran coltro” ideato dal marchese
Alessandro del Borro nel 1713. Questa macchina,
spinta dall’uomo, può essere considerata
la capostipite delle moderne vangatrici
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Modello della locomotiva stradale a vapore
con fresa a dischi rotanti, brevettata
da James Usher di Edimburgo nel 1848
Il Landbaumotor è una grossa motofresatrice costruita dalla tedesca Lanz a partire
dal 1910, su brevetto dell’ungherese Köszegi. La macchina pesa circa 48 q e il motore
ha una potenza di 70 CV
terminanti con una lama d’acciaio
piegata a squadra (facilmente sostituibile quando usurata); ogni disco ha senso di rotazione inverso a
quello che lo precede e la velocità
di rotazione può variare in base al
tipo di terreno e alla profondità di
lavorazione, che può arrivare fi no a
25 cm.
Due di queste macchine vennero
provate anche a Milano nel 1906.
Macchine semoventi
per la lavorazione
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La Lanz ha progressivamente migliorato il Landbaumotor: questa versione del 1913
presenta una linea decisamente più moderna e funzionale rispetto al primo esemplare
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Accoppiamento di un erpice a dischi e una seminatrice dell’americana J.J. Budlong, circa
del 1880. Era questo uno dei pochi sistemi per ridurre il numero di passaggi sul terreno
permessi dalla trazione animale
utensili arcuati appuntiti.
Per la lavorazione del terreno destinato alla coltura del cotone, in Egitto a partire dal 1898 viene impiegata con successo la locomotiva stra-
dale Boghos Nubar Pacha, dotata
posteriormente di una fresa composta da sei dischi rotanti (posti su
tre piani verticali), portanti ciascuno sei bracci radiali in ferro piatto
In Germania nei primi anni del Novecento alcuni costruttori realizzano, oltre a motoaratrici d’ogni
sorta, macchine semoventi per la
lavorazione del terreno dotate, anziché del tradizionale vomere, di
sistemi innovativi in cui l’organo
lavorante non è più fi sso ma mobile rispetto al telaio e collegato mediante opportune trasmissioni al
motore; uno dei primi esemplari,
prodotto dalla Mechwart, è costituito da una locomotiva stradale a
vapore, portante posteriormente
una sorta di grossa fresa.
Un buon successo ottiene il Landbaumotor: è un trattore a tre ruote,
portante una grossa fresa, costruito dalla Lanz, apportando alcune
modifiche al modello ideato dall’ungherese Köszegi. Rimane in
produzione per diversi anni in versioni progressivamente migliorate.
Intorno al 1912 Ugo Pavesi progetta
una innovativa “macchina automotrice ed automobile coltivatrice e
locomotrice che fa diversi lavori
agricoli contemporaneamente e ad
esempio vanga, ara, appiana, semi-
Anticipa l’idea del mezzo in grado di compiere in un solo passaggio
tutti i lavori di preparazione del terreno questa “macchina
automotrice ed automobile coltivatrice e locomotrice”, progettata
dall’ingegner Ugo Pavesi nel 1912. Non se ne conoscono
le caratteristiche costruttive
na ed assolca”. La macchina resta
probabilmente allo stadio di prototipo, a causa di svariati problemi
meccanici e l’eccessivo peso. Sul
telaio a longheroni sono montate
delle grandi ruote portanti un gran
numero di palette radiali e dietro
una coppia di rulli per spianare il
terreno.
Al concorso di Parma del 1913 viene presentata la vangatrice Montini, portata posteriormente da una
grossa trattrice.
Su un telaio è applicato un sistema
di quattro doppie vanghe messe in
moto alternativo da un albero a gomito, guidate superiormente da un
secondo albero a gomito avente velocità angolare doppia rispetto al
primo. Il terreno lavorato dalla vanga più alta va ad occupare il vuoto
lasciato da quella più in basso, permettendo così di sotterrare la cotica superficiale. La macchina, del
peso di 35 q, dimostra non pochi
La Mechwart all’inizio
del Novecento produce
una grossa fresatrice
applicata a una locomotiva
stradale a vapore
difetti, quali la complessità delle
trasmissioni, il ridotto diametro
delle ruote motrici posteriori, la forma primitiva degli utensili lavoranti (simile alle normali vanghe a mano e senza adattamenti alla nuova
dinamica).
Nel 1920 viene sperimentata la
vangatrice rotativa ideata da Francesco Marcianti di Rho (Milano) e
Giuseppe Porta di Mede (Pavia),
costituita da una trattrice americana Case 9-18 CV sulla quale è
montata l’attrezzatura formata da
un albero, che riceve il moto per
mezzo di una trasmissione a catena dal cambio.
Un secondo albero, regolabile in
altezza, parallelo al precedente e
che riceve il moto da questo tramite una catena, porta un sistema di
vanghe che lavorano accoppiate.
Gli utensili sono costituiti da lame
taglienti curve, unite a squadra,
che penetrano nel terreno senza
comprimerlo nella fase di taglio; le
zolle vengono successivamente
capovolte, grazie a un ingegnoso
congegno che fa girare le vanghe
al momento opportuno.
Alla fi ne degli anni Venti desta un
cer to interesse una vangatr ice
ideata dal professor Bolli, applicata a un trattore di piccole dimensioni. Dal cambio di questo partono due trasmissioni, di cui una va
alle ruote posteriori e serve per
l’avanzamento del la macchina,
l’altra dà il moto alla vangatrice e
alle ruote posteriori della trattrice
solo durante il lavoro.
Gli organi lavoranti sono costituiti da quattro coltelli uncinati, fi ssi
al telaio, che fendono il terreno (e
al tempo stesso servono ad ancorare la macchina al suolo) e da
cinque vanghette sfalsate rispetto ai coltelli che, simulando gli
stessi movimenti dell’uomo che
vanga, tagliano trasversalmente
la zolla, la sollevano e la rovesciano per gravità.
Con la progressiva diffusione dei
trattori iniziano studi di sistemi
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La vangatrice Marciandi-Porta, costruita
nel 1920, applica a un trattore Case
una complessa attrezzatura formata
da un insieme di vanghe a lame taglienti
curve, collegate a due alberi paralleli
Al concorso di aratura di Parma del 1913 viene presentata
la vangatrice Montini. Applicata a un grosso trattore, è formata
da un sistema di quattro doppie vanghe messe in moto alternativo
da due alberi a gomito
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Spaccato della combinata Wonsover 96. Peculiarità della macchina sono i martelli fresatori,
che consentono di mescolare alla terra il fertilizzante e l’insetticida, in un unico passaggio,
fino a una profondità di 25 cm
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La vangatrice Bolli, applicata posteriormente a un trattore per mezzo di due robuste mensole.
Gli organi lavoranti sono costituiti da 4 coltelli uncinati e 5 vanghe. L’insieme pesa circa 20 q
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per sfruttare meglio la potenzialità
di questi mezzi: diffusa convinzione tra agronomi e tecnici è che se
la vanga rappresenta lo strumento
adatto alla forza umana, perché
l’uomo esplica i suoi sforzi dall’alto
al basso, e l’aratro è stato ideato
per sfruttare gli sforzi orizzontali
dei motori animali, essi non risulta no la soluzione ot t i ma le per
sfruttare la forza sviluppata con
movimento rotatorio dai motori
meccanici.
Le gigantesche
combinate
Anche se non mancano le proposte,
a volte bizzarre, il classico aratro a
versoi continua a restare il mezzo
largamente più utilizzato per la preparazione del terreno.
A partire dal secondo Dopoguerra,
grazie alla disponibilità di motori di
maggior potenza, vengono progettate macchine di elevate dimensioni in grado di compiere più operazioni contemporaneamente.
Negli Stati Uniti nel 1957 la Todd
Shipyards Corporation di Houston
(Texas) inizia la produzione in serie
del Wonsover 96, una gigantesca
macchina, progettata dalla Norton
Portland Corporation, in grado di
effettuare in un solo passaggio
l’aratura, la concimazione, l’erpicatura, la semina, la rullatura e la
somministrazione di fitofarmaci. La
macchina, del peso di circa 15 t, è
azionata da un motore Caterpillar
diesel D 337 F a 6 cilindri, della potenza di 280 CV, con cambio a due
velocità.
Ha una capacità lavorativa variante da mezzo ettaro a oltre 2 ettari
l’ora, a seconda delle condizioni
del terreno.
Lunga 9,50 m e larga 2,80 m, la
macchina è dotata di un sofi sticato
pannello elettrico applicato sul trattore che consente al conducente di
controllare tutte le operazioni dal
posto di guida. Una piccola gru permette di caricare fertilizzanti, se-
La Supercoltivatrice Cantone T 300
in assetto da trasporto. La chiusura
dei settori avviene con comando idraulico.
Per il traino occorre un trattore della potenza
di almeno 75 CV
La Supercoltivatrice T 300 della Cantone di Vercelli, con attrezzatura per mais, costituita
da sei elementi di semina con sistema monogerme, impianto diserbante, rullatura
e fertilizzazione localizzata sulla fila. Dotata di motore Deutz diesel a 12 cilindri della potenza
di 314 CV, era considerata negli anni Settanta la più potente macchina agricola al mondo
mente, ecc. e agevola la sostituzione delle parti operatrici.
Gli organi lavoranti sono costituiti
da tre robuste frese, portanti ciascuna 18 martelletti elastici, in grado di frantumare il terreno fino a
una profondità di 25 cm e di mescolarvi il concime.
All’epoca la Wonsover, completa
di ogni equipaggiamento, costava
sul mercato americano 37.000 dollari (circa 25 milioni di lire), una
cifra enorme, ma di molto inferiore a quanto sarebbe costata la serie di attrezzature capaci di svolgere lo stesso lavoro, stimata in
70.000 dollari.
Anche in Italia, negli anni Settanta,
la Cantone di Vercelli, azienda specializzata in macchine agricole
d’avanguardia (come l’Agricraft,
una piattaforma a cuscino d’aria
per diserbare le risaie), costruisce
la Supercoltivatrice, in grado di
compiere simultaneamente e con
una sola persona le operazioni di
aratura, erpicatura o fresatura, spianamento, preparazione dei fossi colatori, fertilizzazione diffusa e localizzata, diserbo e semina.
La macchina è adatta alla coltivazione di frumento, mais, riso, barbabietole, semi minuti. Lavora,
con una larghezza di passata di
4,35 m, il terreno fi no a 35 cm, con
una capacità che varia da 0,6 a
1,2 ha/ora a seconda della natura
del terreno e della profondità di lavoro. Il tipo T 300 monta un motore Deutz diesel a 12 cilindri della
potenza di 314 CV, raffreddato ad
aria; il successivo tipo T 360 è in-
vece azionato da un VM a 12 cilindri a V di 22.287 cm³ in grado di
erogare una potenza di 360 CV. La
macchina è lunga circa 8 m e larga 4,85 m in posizione di lavoro e
2,48 m in fase di trasporto, il peso
totale è di circa 10 t; viene trainata da un trattore di 75-90 CV e in
caso di necessità attraverso un albero cardanico possono essere rese motrici le ruote.
Queste macchine pionieristiche
hanno aperto la strada a un’evoluzione delle tecniche di lavorazione
principale e secondaria del terreno,
atte a far fronte all’aumento delle
dimensioni medie aziendali e al
crescente ricorso al contoterzismo.
Franco Zampicinini
[email protected]
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Nel 1957 l’americana Todd Shipards mette in commercio la Wonsover, progettata dalla Norton
Portland, una gigantesca combinata con motore Caterpillar della potenza di 280 CV,
con capacità lavorativa da mezzo ettaro a oltre 2 ha/ora
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