A che gioco giochiamo, per crescere insieme?

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A che gioco giochiamo, per crescere insieme?
STRUMENTI
Tra educatori e genitori
A che gioco giochiamo, per crescere insieme?
Genitori e figli
Paola Deffendi* e Claudia Lichene**
GIUGNO 2014
*Formatrice, **Insegnante di scuola dell’infanzia statale
80
Una ricerca inglese: Come si gioca oggi. Tornare ai fondamenti1,
ha evidenziato come i genitori
siano sempre meno capaci di giocare con i loro figli e non riescano a trovare nelle attività ludiche
uno strumento fondamentale per
comunicare. Alcune cause specifiche: il divario generazionale, gli
impegni di lavoro, trovare queste
attività noiose e uno spreco di
tempo, la difficoltà di saper gestire il gioco con più figli nelle
situazioni di rivalità. La presenza
ludica dell’adulto è risultata massiccia nell’utilizzo dei video giochi; mentre il 75% dei bambini,
che si rassegnano, vorrebbe giocare all’aria aperta con mamma
e papà e in casa con i giochi di
società. Anche in Italia (CNR) gli
adulti si sono dimenticati i giochi
che facevano nella loro infanzia,
la cultura dell’intrattenimento
e l’industria dei giocattoli hanno creato situazioni ludiche ma
spesso tolto la centralità al bambino. La ricercatrice suggerisce
che i genitori dovrebbero fare un
passo indietro nel tempo, recuperando e ripensando a come nei
loro giochi d’infanzia utilizzassero quattro elementi: apprendimento, fantasia, integrazione,
comunicazione e mettendoli in
pratica oggi con i loro figli.
Partendo da questi suggerimenti si
potrebbe aprire un confronto con i
genitori, nei nidi e nelle scuole, su
queste tematiche per sostenere un
percorso di conoscenza sul valore
del gioco e del gioco insieme che
orienti l’adulto nel ritrovare giochi
e giocattoli essenziali.
L’organizzazione di contesti e momenti in cui “vivere il gioco” come
formazione genitoriale, valorizza
la responsabilità dell’adulto, nel
garantire ai bambini il tempo per
giocare e per pensare. Inoltre, ciò
consentirebbe agli adulti di entrare in un’area di tempo libero“liberato2” che possa tradursi in
una concretizzazione reale della
Convenzione Internazionale sui
diritti dei bambini (art. 31 diritto
al gioco e allo svago).
Johan Huizinga in Homo Ludens,
evidenzia come l’attività ludica
faccia parte della vita dell’uomo,
configurandosi come un requisito
tipicamente umano; non solo nella fase di transizione dell’infanzia.
È presente quindi, in varie forme
durante tutto l’arco della vita e dei
contesti: “La cultura sorge in forma ludica, la cultura è dapprima
giocata… Ciò non significa che il
gioco muta o si converte in cultura, ma piuttosto che la cultura nelle
sue fasi originarie, porta il carattere
di un gioco, viene rappresentata in
forme e stati d’animo ludici… La
relazione fra cultura e gioco è da
ricercarsi soprattutto nella forme
superiori del gioco sociale, là dove
esiste l’azione ordinata di un gruppo o d’una società”.
Questo punto di vista sulla funzione sociale del gioco, ci riporta all’importanza del gioco e del
giocare con i bambini al fine del
loro sviluppo sociale-affettivo. Il
gioco, quindi come strumento
educativo che permette agli adulti
sia genitori che educatori di porsi
come “guida” del bambino nel suo
percorso di crescita; ma che nello
stesso tempo favorisca “l’Homo
Ludens”, dando dignità a un “fare
e pensare ludico dell’adulto” nel
senso di imparare insieme.
© Mehmet Dilsiz - Fotolia.com
Bettelheim (Un genitore quasi
perfetto, 1998) sostiene che gli atteggiamenti dei genitori esercitano sempre una grande influenza
sui figli e che, dunque, solo se i
genitori considerano il gioco infantile con interesse personale
autentico allora tale esperienza
fornirà al bambino una solida
base per costruire una relazione
significativa con loro, in primo
luogo, e con il resto del mondo
successivamente.
Bettelheim esplicita alcune attenzioni e cure che deve avere il gioco del genitore con il bambino:
• dedicare tempo al gioco; questo è un punto delicato perché
con la forte crisi che ci coinvolge, oggi, i genitori da un
lato, rischiano di disporre di
molto tempo da dedicare al
gioco con i figli mentre, dall’altro rischiano di non avere la
necessaria serenità;
• lasciare che il bambino giochi
come desidera, senza interromperlo anche se a noi quel
particolare gioco sembra inutile (non esistono giochi “inutili” o meno utili di altri);
• il vero gioco non richiede di
raggiungere obiettivi o risultati particolari, deve essere
piacere di sperimentare e sperimentarsi;
• è necessario avere voglia di giocare, superando l’ansia di disattendere al proprio ruolo di adulto e di “non saper fare”. Ognuno
sceglierà di svolgere l’attività in
cui si sente più a suo agio.
La funzione del gioco in questo
contesto, in una prospettiva educativa genitoriale, diviene così
strumento strategico per favorire
la costruzione di significati nella
realtà interpersonale.
1
Di Tania Brown, del 2010, commissionata dal Governo inglese, su 2000 genitori
e 2000 bambini tra i 5 e 15 anni, pubblicata su “La Repubblica”, 31 agosto
2010.
2
Bambini in Europa, n. 2/dicembre
2013.
Spunti di riflessione con i genitori, “Bambini”, giugno 2014