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La medicina necroscopica
Docente:
DOTT. DANIELE CAFINI
(Esperto di medicina Legale, attualmente svolge la propria attività
presso la AUSL di Bergamo)
Destinatari:
Sevizi igiene pubblica AUSL, Istituti Medicina Legale, Uffici Stato Civile
Redazione: Anno 2000
INDICE
1. DEFINIZIONE ........................................................................................................................2
2. EXCURSUS STORICO ..........................................................................................................3
3. REGOLAMENTO DI POLIZIA MORTUARIA E MEDICO NECROSCOPO ..............7
4. VADEMECUM DEL MEDICO NECROSCOPO..............................................................10
4.1. CERTIFICATO DI NECROSCOPIA (EX ART. 4, DPR 285/90).................................................10
4.1.1. Accertamento ordinario della morte (ai sensi dell’art. 4, 8 e/o 9 del DPR
285/90) con visita necroscopica ............................................................................... 10
4.1.2. Accertamento ordinario ma precoce della morte, come tale svincolato da
riferimenti di ordine temporale, in rapporto ad alcune tipologie specifiche di
morte ovvero a particolari situazioni igienico sanitarie .......................................... 11
4.1.3. Accertamento della morte ai fini di espianto di organi ovvero di strutture non
parenchimatose (ossa e superfici articolari, tendini ed aponevrosi, cute, cornee)
in osservanza a dettati legislativi specifici ............................................................... 12
4.1.4. Accertamento della morte nei soggetti nati morti, a termine del periodo di
gestazione ovvero dopo la ventottesima settimana, o, ancora, nei prodotti
abortivi di presunta età gestazionale inferiore alle 20 settimane o dalle 20 alle
28 settimane .............................................................................................................. 12
4.2. CERTIFICATO PER L’IMBALSAMAZIONE (EX ART. 46, DPR 285/90)..................................13
4.3. CERTIFICATO PER LA CREMAZIONE (EX ART. 79, DPR 285/90) ........................................13
5. LA FUNZIONE PUBBLICA DEL MEDICO NECROSCOPO........................................14
5.1. INDAGINI DI SOPRALLUOGO IN CASO DI MORTE SOSPETTA................................................14
6. ALCUNI ARTICOLI DI LEGGE UTILI ALL’ESERCIZIO DELLA FUNZIONE
DI MEDICO NECROSCOPO ............................................................................................ 17
7. CENNI IN MERITO ALLA PROPOSTA DI UN NUOVO REGOLAMENTO DI
POLIZIA MORTUARIA .....................................................................................................19
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1. Definizione
La Medicina Necroscopica è il settore che, nell’ambito della scienze mediche, si occupa di osservare,
esaminare (σκοπειν) il cadavere (νεκροσ); essa è complementare alla tanatologia (da θ ανατοσ e
λογοσ) – disciplina che si occupa della fenomenologia della morte in relazione ai fattori che
condizionano la trasformazione del corpo privo di vita – ed alla necropsia o, più comunemente,
autopsia (da αυτοσ = propria e οπσισ = vista), studio del cadavere mediante la sezione del medesimo.
Dunque, funzione tradizionalmente primaria del medico necroscopo è verificare la cessazione della
vita, ovvero accertare l’avvenuto decesso dell’individuo, divenuto "corpo inanimato".
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2. Excursus storico
Ed in merito a ciò, l’importanza del ruolo svolto dal medico necroscopo trova – provocatoriamente –
giustificazione storica, nel momento in cui l’umanità ha affrontato la tematica della morte nel profondo
del suo significato biologico, ovvero quando si è posta l’obiettivo di individuare la metodica per
accertare la realtà della morte.
Ed ecco che dall’antica Grecia giunge il monito di Platone (V-IV sec. a.d.), che ci raccomanda di
osservare le salme sino al terzo giorno dall’exitus, al fine di assicurare la realtà della morte.
Democrito (V-IV sec. a.d.) – o, secondo altre fonti, Eraclito da Ponto, V-IV sec. a.d. –scrisse di "una
malattia chiamata senza respirazione", che parlava di morte e di segni tanatologici, precorrendo e
anticipando quanto attualmente seguito.
Empedocle (V sec. a.d.) fu ammirato per aver guarito una donna che si credeva essere morta; di qui, la
negazione della morte stessa (fr. 8): "…non c’è nascita alcuna di tutte le cose mortali, né alcuna fine di
morte funesta; ma solo mescolanza e cangiamento di cose frammiste, che nascita si chiama fra gli
uomini…".
Nella Roma antica i morti venivano adagiati a terra per diversi giorni prima di procedere alla
cremazione, fin quando non si verificasse l’amputazione (spontanea!) di un dito, a testimonianza della
morte reale.
Successivamente, grazie all’influsso della filosofia e della medicina greca, la civiltà romana sviluppò e
affinò ulteriormente queste problematiche.
Così Plinio il Vecchio affermava "Haec est conditio mortalium ad asce ejusmodi occasiones fortunae
gignimur, ut de homine ne morti quidem debeat credi", mentre Celso si chiedeva "Si certa futurae
mortis indicia sunt, quomodo interdum deserti a medicis convalescunt, quosdamque fama prodidit in
ipsis funeribus revixisse?".
Ancora, i giuristi romani introdussero e codificarono l’ispezione cadaverica a scopi giudiziari e per
identificare la causa della morte: Svetonio riferisce che delle 23 ferite inferte a Giulio Cesare, a detta
del medico Antistio, incaricato di esaminare la salma, una sola fu mortale (trattasi di vera e propria
perizia medico legale).
Tacito tramanda l’abitudine romana di denudare ed esaminare le salme nel foro prima di incenerirle; in
particolare, con riferimento alle esequie di Germanico, scrive: "Prima di essere dato alle fiamme, il
corpo fu denudato nel foro di Antiochia, che era stato prescelto per la cremazione; non risulta se
rivelasse segni di veleno; i vari indizi si interpretavano infatti in vario modo, a seconda che ciascuno
fosse più portato alla pietà verso Germanico, e quindi alla presunzione del sospetto, oppure inclinasse
al favore verso Pisone".
Ancora, la "Lex Cornelia" (81 a.C.), introdotta per la repressione dei crimini, imponeva l’indagine
autoptica finalizzata a rilevare eventuali "segni di veneficio", ove ve ne fosse il sospetto.
Negli stati germanici la competenza dell’espletamento dell’ispezione cadaverica fu affidata, per secoli,
a chirurghi e flebotomi. Si tenga peraltro presente che si fa riferimento ad un epoca in cui esisteva una
netta distinzione tra chirurgo e medico, quest’ultimo in realtà identificato nel farmacista. Il chirurgo era
colui che tagliava (a volte poteva trattarsi del barbiere!); egli possedeva competenze e capacità più
adeguate nell’obiettivazione delle stigmate letifere, sapeva "osservare". L’ispezione cadaverica era ad
esclusivo appannaggio dei chirurghi, proprio in ragione del fatto che solo il chirurgo era in grado di
vedere, osservare, toccare, sezionare i corpi, a volte momentaneamente inanimati (nella necessità, ad
esempio, di dover amputare le gambe). Il medico, viceversa, era deputato ad interpretare i segni
esteriori del corpo malato (il colore delle pupille, la postura, l’atteggiamento eccetera), onde
somministrare il rimedio terapeutico più opportuno. In sostanza, l’attività del chirurgo prevedeva
l’osservazione positiva del corpo umano, più che quella estrapolativo-filosofica.
Così , nella "Criminale Costituzione" promulgata da Carlo V (XVII sec.) era prevista l’ispezione dei
cadaveri da parte dei soli chirurghi.
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Luigi XIV, con decreto del 1692, compì un ulteriore passo: dispose che durante l’esame della salma, il
chirurgo, posto sotto giuramento, fosse assistito da un medico (quest’ultimo non era tenuto al
giuramento).
La prima sistematizzazione della Medicina Legale avvenne nel XVII secolo ad opera dello Zacchia, che
tuttavia risolse il problema dell’accertamento della realtà della morte, affermando laconicamente:
"Mortis probatio est difficilis, immo impossibilis probationis, antequam signa putrefactionis cadaveris
se prodant".
Contemporaneamente allo Zacchia, alcuni studiosi sostenevano la "necessaria cadaverum inspectione",
finalizzata ad obiettivi di rilevanza giudiziaria: "Nam Magistratus loci cadaver defuncti, vel occisi, vi
officii sui, nemine etiam postulante, nulloque accusante, etiam si deliquens refugerit, a Medicis,
Chirurgis, et Scabinis diligenter inspici, et vulnerum quantitatem et qualitatem notari, curare debet";
ed ancora: "Inspectio ejusmodi cadaveris, adeo necessaria est, ut omissa ea, nihil certi de reo statui
possit, ob defectum certioris indicii, an occisus a vulnere mortuus sit nec ne, et an tale vulnus
simpliciter lethale fuerit".
In Italia, il primo esempio di norma regolamentare che codifichi l’attività giuridico-sanitaria dopo la
morte spetta al Granduca di Toscana, che nel 1775 decretò l’illegittimità della tumulazione, quando
priva dell’autorizzazione dei magistrati preposti a tale compito, comminando pene severe agli
inadempienti. Successivamente, con decreto del 1777 fu imposto il divieto di seppellire i corpi entro le
prime 24 ore dall’exitus (48 per le morti improvvise); tale disposizione era estesa anche alle sezione del
cadavere, con l’eccezione dei "casi straordinari, come di epidemie incipienti e malattie di incognita
cagione, purché per giudizio di idonei professori siano senza contraddizione manifesti i segni della
morte seguita; e ciò per non defraudare il pubblico di quei vantaggi che derivano alle arti salutari
dalle ricerche di tale natura". E il medesimo atto legislativo (art. 13), nel dubbio di una morte
apparente, cita con rara lungimiranza scientifica: "non dovrà tenersi il cadavere supino, ma inclinato
sopra una parte"; giacitura tuttora prevista nei soggetti incoscienti al fine di evitare l’inalazione di
rigurgiti gastrici.
Dunque, durante il 700, l’ispezione cadaverica al fine di accertare la realtà della morte ottenne il giusto
riconoscimento giuridico-scientifico, venendo individuati e stabiliti alcuni segni che, non sempre di
facile rilevazione, consentivano di stabilire l’assenza di vita in ciascun corpo. Così , grazie all’opera di
studiosi di primo piano (tra gli altri il Tortosa e il Puccinotti), alla "facies" cadaverica di Ippocrate, si
aggiunsero ulteriori stigmate significative dell’avvenuto decesso: la "mancanza di sentimento",
l’ipotermia, la rigidità (sec. la legge di Nysten), la cessazione della funzione cardiaca (mancanza di
pulsazioni) e circolatoria (assenza della fuoriuscita di sangue dopo la sezione dei vasi venosi), l’assenza
di respirazione (mancato appannamento di uno specchietto (1) o persistenza della direzione di una
fiammella posta vicino alla bocca e alle narici o, ancora, assenza di movimento dell’acqua contenuta in
un bicchiere appoggiato sull’addome o sullo sterno), la cute pallida, giallognola, specie alle palme delle
mani e alle piante dei piedi, la perdita della trasparenza delle mani e delle dita sotto fonte luminosa,
l’assenza di arrossamento della cute dopo sfregamento, l’opacità delle membrane mucose (segno di
Treviranus), l’odore cadaverico, l’opacità della cornea (segno di Louis e Devengie), gli occhi infossati,
la pupilla dilatata e non reagente agli stimoli luminosi, il fungo schiumoso orale, l’abbassamento della
mandibola (senza che si verifichi il ritorno alla posizione iniziale - prova del Bruhier), l’abduzione
palmare del pollice (segno di Villermè), il sollevamento della palpebra superiore, la dilatazione degli
sfinteri, la perdita della contrattilità muscolare (stimolazione con pila di Volta) e, infine, la perdita della
sensibilità alla stimolazione plantare (segno di Lancisi).
Di più, in ordine alle figure deputate all’accertamento della morte, il Tortosa affermava: "... nei casi di
morte per ferite di ogni genere, o sospetti di veneficio, o di infanticidio, o nate all’improvviso e senza
testimoni per qualunque accidentale cagione, l’esame dei cadaveri dev’essere fatto dal Medico e dal
Chirurgo, alla presenza del Giudice Criminale, del Notaio e di alcuni testimoni ... Questa è la pratica
(1) Nelle iconografie dell’epoca c’era tutto un sistema molto complesso: una scatola, detta lo specchio del morto, munita di
un coperchio ribaltabile, che, aperto, presentava un’asticella posteriore che consentiva di mantenere lo specchio di fronte
alla bocca del cadavere. Si osservava quindi se lo specchio veniva appannato dall’alito.
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comune tra i popoli ben governati". Ed ancora: "... che se la imperizia o la mala condotta del Giudice
nel dirigere gli atti in causa criminale, può violare l’ordine dei processi, la temeraria ignoranza dei
chirurghi, con un esame insufficiente e con un erroneo giudizio, rende nullo l’atto principale, guasta
l’assenza del merito, e trae di mano al Giudice una ingiusta sentenza".
Nel Ducato di Parma, dal 1821, era fatto obbligo di sottoporre ad autopsia le salme decedute per morte
violenta, o sospetta di esserlo.
Più tardi, in due successive occasioni (nel 1822 e nel 1853), ancora una volta presso il Granducato di
Toscana, veniva promulgata ulteriore normativa in merito alle procedure da utilizzare in caso di
decesso. Negli incontri scientifici dell’epoca si auspicava l’introduzione di figure professionali dell’area
medica (ispettori) che: "visitato il cadavere, dovrebbero essi assicurarsi con una prima ispezione, se
appartengono alla categoria di quelli, né quali è impossibile la vita latente, o di quegli altri, né quali
questa impossibilità non è evidente. Se il cadavere appartiene a questa seconda categoria dovrebbero
di nuovo essi giudicare, se la presenza di una vita latente sia secondo i criteri dell’arte tra i probabili,
o se tra gli improbabili; e nel secondo caso dovrebbero ordinare, che almeno non si tumulasse il
creduto morto, finché non sian sopravvenuti i criteri evidenti della morte seguiti; e nel primo
dovrebbero procedere a tentativi di ravvivamento: anzi questi a rigor di verisimiglianza v’abbia,
benché lontanissima, che i cimenti istituti sortiranno prospero successo".
Nel contempo, correva l’anno 1826, ci si doleva del fatto che nello Stato Pontificio ben poche realtà
cittadine erano provviste di idonei mezzi che consentissero l’assistenza agli "apparentemente morti", in
riferimento a quanto già da tempo esisteva nei paesi germanici: "il defunto portato alla parrocchia e
collocato in una camera nettissima, e di una dolce temperatura sopra morbido e fornito letto. A
ciascun dito si intromette un anello, il quale per mezzo di un filo di ferro termina ad una serie di
campanelli, che danno uno stridentissimo suono per qualunque piccolo movimento. Un custode è
sempre presente per apprestare pronto soccorso in caso di bisogno, e si tiene in questa situazione,
finché non incomincia a dare inizio di putrefazione".
Il Comune di Milano, in data 31 dicembre 1874, emanò il "Regolamento per l’accertamento dei decessi
e per la custodia, trasporto, inumazione e disumazione dei cadaveri", di cui si propongono alcuni
stralci:
art. 4: "il medico o il chirurgo della cura, avuto notizia del decesso, deve colla massima sollecitudine
visitare il defunto …omissis… trattandosi s’individuo non in cura né di medico né di chirurgo,
procederà all’accertamento del decesso il medico municipale";
art. 8: era possibile procedere al seppellimento del cadavere solo dopo 24 ore dall’exitus, ad eccezione
dei casi di morte improvvisa, morte violenta o nel dubbio di morte apparente (in tali circostanze erano
previste 48 ore di attesa);
art. 12: "… il necroforo … presta poi attenzione se mai appare il minimo indizio di vita, nel qual caso
deve avvertire immediatamente e richiedere un medico perché occorra alla necessaria ricognizione".
Nel 1865 il Codice Civile stabilì che l’Ufficiale di Stato Civile possedesse i requisiti idonei ad
accertare la morte "o personalmente o per mezzo di un suo delegato", accordando il seppellimento solo
"dopo che siano trascorse 24 ore dalla morte"; il Codice statuì inoltre che "risultando segni o indizi di
morte violenta, od essendovi luogo di sospettarla per altre circostanze, non si potrà seppellire il
cadavere se non dopo che l’ufficiale di polizia giudiziaria, assistito da un medico o chirurgo, abbia
steso il processo verbale sopra lo stato del cadavere e le circostanze relative".
Poco più tardi, il R.D. n° 5793 del 18 novembre 1880 disponeva l’introduzione dell’indagine statistica
delle cause di morte su tutto il territorio italiano e, per la prima volta, si parlava di medico necroscopo,
figura professionale le cui "funzioni … attenevano esclusivamente alla dichiarazione della causa di
morte, nel caso che una persona fosse deceduta senza aver avuto assistenza medica".
Nel 1838 l’Imperial Regia Cancelleria Aulica emanò un decreto che vietava "la sezione automatica di
alcun cadavere ... senza l’assenso dei parenti prossimi del defunto, eccettuati i casi che la sezione si
rendesse necessaria a salvare un feto o convenisse anticiparla per gli effetti della giustizia punitiva"; in
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ogni caso, prima di provvedere al riscontro diagnostico, si ritenne comunque opportuno attendere
preliminare periodo di osservazione.
Le testimonianze giunte d’oltralpe grazie al Bayard riferiscono che a Parigi, già all’inizio del 1800, era
stata istituita la figura del medico di quartiere, professionista deputato, tra gli altri compiti, a redigere
dettagliato rapporto per ciascun decesso, con particolare riferimento alla realtà e alla causa dell’obitus
nei casi di morte violenta o inosservata. Tale mansione, nominata "levata dei corpi", veniva così
descritta dall’autore: "S’indicano così i dettagli dell’operazione alla quale procede il medico
incaricato di avverare lo stato esterno di un cadavere trovato sulla pubblica strada, o presentante
segni od indizi di morte violenta. In questo esame il medico riporta dettagliatamente i segni della morte
e tutti i caratteri fisici che possono fargli credere essersi trattato d’asfissia, di sospensione, di
sommersione, di morte improvvisa; quando esistono alla superficie del corpo delle tracce di ferite, il
medico descrive la loro sede, il loro numero, la gravità, facendo conoscere se esse a lui sembrino
risultare da un accidente o da un atto delittuoso. Descrive i vestiti o le biancherie, le macchie che lo
ricoprono, ecc.". Si ha inoltre notizia che in Francia il servizio necroscopico vigeva sin dal 1821.
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3. Regolamento di Polizia Mortuaria e medico necroscopo
Tornando alle vicende del nostro Paese, a proposito del Regolamento di Polizia Mortuaria attualmente
vigente (D.P.R. 285/1990), si vuole tracciare brevemente l’iter legislativo che ne ha maturato la
promulgazione.
Nel Regno d’Italia, la prima emanazione di una normativa inerente a tale problematica risale al R.D.
dell’11 gennaio 1891 (Regolamento Speciale di Polizia Mortuaria), che prescriveva l’obbligo di
denuncia della causa di morte e di referto all’Autorità Giudiziaria ogni qualvolta vi fosse il dubbio di un
evento delittuoso, imponendo altresì il divieto di compiere qualsiasi atto sulla salma per 24 ore (48 ore
in caso di morti improvvise o nel sospetto di morte apparente). Ancora, il medesimo regio
provvedimento legislativo prevedeva:
art. 5: "sulla denuncia di un decesso nel Comune, il Sindaco deve ... farlo constatare da un medico ...",
ovvero il pubblico ufficio dell’attuale medico necroscopo poteva essere affidato a qualsiasi sanitario,
prescindendo dall’eventuale qualifica professionale;
art. 6: non era richiesto alcun controllo pubblico sui decessi, essendo genericamente previsto un
"medico incaricato dal Sindaco".
Tale normativa, nonostante la rivisitazione concettuale attuata in due diverse occasioni, rispettivamente
con R.D. n°448 del 25 luglio 1892 e R.D. n°1880 del 21 dicembre 1942, non ha conosciuto sostanziali
modifiche sino al vigente Regolamento di Polizia Mortuaria. Si tenga comunque presente che
inizialmente (artt. 5 e del R.D. 11.01.1891) si stabilì che l’accertamento della realtà della morte
spettasse al sindaco o ad un suo delegato, con ampia discrezionalità di scelta, mentre, in seguito, solo
l’Ufficiale Sanitario del Comune ovvero il medico condotto competente per territorio poterono
assumere tale incarico-delega.
Ad ogni modo, si è giunti all’attuale Regolamento di Polizia Mortuaria (D.P.R. 285 del 10 settembre
1990), costituito da 22 capi e 108 articoli, la cui eventuale inosservanza o inadempienza può
configurare reati commissivi o omissivi, perseguibili in diversi ambiti: giudiziario, penale o civile,
sanitario locale (sindaco o SSN), religioso.
Schematicamente il Regolamento è così suddiviso:
- Capo I: "denuncia delle cause di morte e accertamento dei decessi"
- Capo II: "periodo di osservazione dei cadaveri"
- Capo III: "deposito di osservazione ed obitori"
- Capo IV: "trasporto dei cadaveri"
- Capo V: "riscontro diagnostico"
- Capo VI: "rilascio dei cadaveri a scopo di studio"
- Capo VII: "prelievo di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico"
- Capo VIII: "autopsie e trattamenti per la conservazione del cadavere"
- Capo IX: "disposizioni generali sul servizio dei cimiteri"
- Capo X: "costruzione dei cimiteri piani cimiteriali disposizioni tecniche generali"
- Capo XI: "camera mortuaria"
- Capo XII: "sala per autopsie"
- Capo XIII: "ossario comune"
- Capo XIV: "inumazione"
- Capo XV: "tumulazione"
- Capo XVI: "cremazione"
- Capo XVII: "esumazione ed estumulazione"
- Capo XVIII: "sepolture private nei cimiteri"
- Capo XIX: "soppressione dei cimiteri"
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- Capo XX: "reparti speciali nei cimiteri"
- Capo XXI: "sepolcri privati fuori dai cimiteri"
- Capo XXII: "disposizioni finali e transitorie"
In tale Regolamento sono stati introdotti alcuni concetti innovativi. Il più rilevante, di rottura rispetto a
quanto precedentemente disposto, verte sulle modalità di ottenimento del nulla osta alla cremazione,
rappresentando, dal punto di vista concettuale, un profondo mutamento storico-giudiziario a paragone
di quanto previsto sino a poco prima. Precedentemente, infatti, per informale e tacito accordo tra gli
organi istituzionali, si ottemperava al dettato "normativo" previsto dai Patti Lateranensi, impedendo ai
cittadini, se non in casi assai limitati, di accedere alla cremazione.
Ancora, nonostante la scrupolosa stesura di tale Regolamento, poco dopo la sua approvazione, esso fu
oggetto di un sostanziale equivoco interpretativo, che ha trovato definitiva risoluzione sulla scorta di
sentenza formulata dalla Corte Costituzionale (174/1991) e della relativa Circolare Esplicativa emanata
dal Ministero della Sanità (24/1993) in seguito a contenzioso innescato dalla Regione Lombardia.
In sostanza, si è finalmente risolta l’annosa diatriba in merito a quale organo – Azienda Sanitaria Locale
o Sindaco o, ancora, autorità civile – dovesse provvedere ad identificare e nominare il medico
necroscopo, figura di sanitario preposto ad una funzione istituzionale, non già identificabile con una
qualifica professionale. Nel caso in specie, poiché l’art. 37 del Regolamento faceva riferimento ad un
non meglio specificato "coordinatore sanitario", la Regione Lombardia si è appellata ai dettami della
riforma sanitaria introdotta dalla Legge 833/1978, che introduceva la figura di un’autorità sanitaria
locale (per alcune attività individuabile nel Sindaco), con mansione di medico necroscopo, la cui
nomina era imprescindibile competenza delle Unità Sanitarie Locali e delle Aziende Sanitarie Locali.
Per puntualizzare con maggior chiarezza l’intoppo burocratico insorto, si precisa che l’organizzazione
statale prevede due strutture piramidali – schematicamente:
Stato è Regioni è subunità delegate dalle Regioni, ovvero, in ambito sanitario, Ministero della Sanità
è Assessorati Regionali alla Sanità è Aziende Sanitarie Locali.
Sindaco e municipalità (con elezione diretta del Sindaco da parte della cittadinanza, di cui rappresenta
l’amministratore, senza referenti) –,
comprendendosi come il Regolamento la Polizia Mortuaria rientri nell’ambito della prima delle due
scale istituzionali, risultando pertanto priva di giustificazione legislativa la gestione della funzione di
necroscopo da parte della massima autorità cittadina o di altri membri dell’Azienda Municipale.
Si precisa ad ogni modo che regioni e/o comuni hanno titolo di emanare "regolamenti di polizia
mortuaria regionali e comunali", che stabiliscano norme locali (ovviamente non in contrasto con la
normativa nazionale) per il trasporto delle salme, per le onoranze funebri, per l’attività cimiteriale e per
l’attività delle agenzie d’onoranze funebri.
Orbene, il dibattito politico-istituzionale nato sulla scia di un equivoco interpretativo della legislazione
vigente, mette in luce l’importanza di stabilire con certezza l’evento morte, che rappresenta un evento
rilevante, in quanto coinvolge i molteplici ambiti del contesto socio-istituzionale e, precisamente:
• Uffici di Stato Civile;
• Autorità Giudiziaria;
• Sistema Sanitario Nazionale;
• Culto religioso;
• Servizi cimiteriali.
E, conseguentemente, diverse sono le normative che regolamentano l’evento morte:
• Codice civile;
• Codice penale;
• Leggi fiscali;
• Leggi sui prelievi d’organo da cadavere e sull’accertamento della morte;
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Regolamento di Polizia Mortuaria;
Codice Deontologico;
Accordi internazionali sul trasporto, espatrio ed importazione delle salme (la cosiddetta
convenzione di Berlino);
Leggi sullo smaltimento dei rifiuti e sull’inquinamento ambientale;
Leggi sulla tutela dell’igiene e della salubrità dei luoghi e delle persone;
Leggi urbanistiche inerenti all’edilizia cimiteriale;
Normativa che tutela i rapporti tra lo Stato ed il culto religioso.
Tornando al medico necroscopo, volendo fornire ragguagli interpretativi del Regolamento di Polizia
Mortuaria, si rimanda a quanto citato dall’art. 4: "negli ospedali la funzione di medico necroscopo è
svolta dal direttore sanitario o da un medico da lui delegato". Non si afferma dunque che il medico
necroscopo competente per territorio non può svolgere tale funzione in ospedale. Pertanto,
l’interpretazione giurisprudenziale è in positivo, poiché la normativa si esprime in merito a ciò che è
vietato, non a quanto vada compiuto. Tale dettato legislativo assumeva valenza applicativa fino a
quando esistevano due sole realtà organizzative, nello specifico la municipalità (al cui vertice si trova il
Sindaco) e l’ospedale (con il Direttore Sanitario). Attualmente, queste due strutture sono state inglobate
in una terza e più ampia struttura, l’Azienda Sanitaria Locale. Quindi la municipalità si confronta da
una parte con il direttore sanitario dell’ospedale e dall’altra con le ASL. Ulteriore rischio di
sovrapposizione o confusione di competenze si verifica allorquando una ASL comprenda anche un
ospedale non azienda, per cui nello stesso distretto territoriale operano sia il medico necroscopo che il
direttore sanitario.
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4. Vademecum del medico necroscopo
In tema di certificazioni, occorre approfondire quali siano le prescrizioni cui è preposto il medico
necroscopo:
4.1. Certificato di necroscopia (ex art. 4, DPR 285/90)
Si tratta di un documento non codificato, né nella forma né nella sostanza; esso è finalizzato ad
accertare la morte (in riferimento anche all’art. 365 c.p.) e deve essere rilasciato dal medico necroscopo
(ben identificato dall’art. 4 commi 1-2-3 del D.P.R. 285/90). Il certificato di necroscopia può essere
richiesto da chiunque abbia titolo, ovvero conoscenza, ovvero esigenza di tale documento. Rientra tra le
prestazioni obbligatorie, essendo previsto da norme regolamentari.
Non si tratta di una prestazione a titolo gratuito, in quanto la Legge 833/78 ("Riforma Sanitaria") ha
stabilito che, mentre le attività di diagnosi, cura e prevenzione delle malattie vanno considerati atti
obbligatoriamente erogati dallo Stato, il certificato necroscopico è avulso da tali tipologie di
prestazione, rappresentando piuttosto un atto documentale finalizzato solo ed unicamente a consentire il
seppellimento del cadavere. È quindi discrezionale da parte delle Aziende Sanitarie Locali stabilire o
meno la corresponsione alla prestazione erogata dal medico necroscopo, statuendone il quantum.
Il certificato di necroscopia deve essere consegnato all’Ufficiale di Stato Civile in busta chiusa (sigillata
e timbrata), non necessariamente dal medico necroscopo, ma anche dall’agenzia di onoranze funebri.
Sono previste 4 differenti situazioni procedurali, in relazione alla tipologia dell’accertamento.
4.1.1. Accertamento ordinario della morte (ai sensi dell’art. 4, 8 e/o 9 del DPR 285/90) con visita
necroscopica
Tempi: dopo le 15 e prima delle 30 ore dal decesso
è chi stabilisce l’ora del decesso in caso di morte in assenza di accertamento tecnico e circostanziale
da parte di un medico? L’ufficiale di stato civile, in quanto destinatario degli avvisi di morte (che
vanno inoltrati tempestivamente), aveva un buon riscontro del momento del decesso. Quando non
possedeva dati certi sul momento dell’exitus, stabiliva un’ora presunta che comunicava al medico
condotto o all’ufficiale sanitario; dopo 15 ore quest’ultimo provvedeva alla visita necroscopica.
Qualora i dati tanatologici non confermassero l’ora del decesso inizialmente indicata, la stessa
veniva corretta. Questo iter veniva seguito quando entrambe le strutture, amministrativa e sanitaria,
facevano capo al municipio. Oggi, invece, le due funzioni sono separate. Il certificato di necroscopia
è divenuto l’unico atto pubblico in cui è fatto obbligo ad un pubblico ufficiale di riportare il
momento esatto del decesso.
Finalità (e mezzi):
• accertamento della realtà della morte (semeilogia tanatologica fisica - rigor, algor, livor mortis,
fenomeni putrefattivi, etc. - o strumentale - per esempio elettrocardiografica);
• conferma dell’ora presunta del decesso, dedotta possibilmente dal riferito circostanziale dei
congiunti (semeiologia tanatocronologica);
• esclusione di ipotesi di reato, finalizzata all’eventuale segnalazione di fatti delittuosi, perseguibili
d’ufficio, alle autorità competenti (presa d’atto della causa di morte certificata dal curante,
indagini appropriate in caso di decesso senza assistenza medica e, comunque, visita scrupolosa del
cadavere con acquisizione di notizie circostanziali sull’evento).
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Esito:
rilascio del certificato di necroscopia:
è necessità di modulistica appropriata, sufficientemente dettagliata e quanto più possibile uniforme
almeno a livello locale. L’esito dell’intervento del medico necroscopo è il rilascio di un dettagliato
esame cadaverico esterno, ovvero di un dettagliato esame di sopralluogo, con indicazione della causa
della morte, ove determinabile con certezza. In tutte le situazioni in cui la causa di morte non è
determinabile, il medico necroscopo deve:
- interpellare il medico curante per richiedergli relazione clinica dettagliata (possibilmente scritta) sulle
patologie sofferte in vita e sulle ipotetiche cause del decesso; se il curante ha elementi validi e
dimostrabili potrebbe compilare il certificato ISTAT;
- valutare l’opportunità di denunciare alle autorità competenti il decesso (denuncia sanitaria e/o
giudiziaria);
- rilasciare una prescrizione, da indirizzare al Sindaco, per l’adozione di adeguati provvedimenti (di
tipo igienico per l’incassamento o per il trasporto della salma, di tipo logistico per la rimozione del
cadavere da luoghi eventualmente inadatti), in tutti in quei casi di decesso in concomitanza o a causa di
particolari situazioni igienico sanitarie (morte da malattia infettivo-diffusiva, decesso in abitazione non
idonea).
4.1.2. Accertamento ordinario ma precoce della morte, come tale svincolato da riferimenti di
ordine temporale, in rapporto ad alcune tipologie specifiche di morte ovvero a particolari
situazioni igienico sanitarie
Ad esempio morte improvvisa senza assistenza medica in situazione sospetta, decapitazione o
maciullamento, morte per malattia infettivo-diffusiva accertata, richiesta di intervento da parte di
pubbliche autorità.
Tempi: immediatamente al ricevimento della richiesta motivata
Finalità (e mezzi):
• accertamento della realtà della morte (semeiologia tanatologica fisica o strumentale) finalizzata ad
escludere la necessità interventi rianimatori;
• conferma dell’ora presunta del decesso, ad esempio dedotta dal riferito circostanziale di chi è
intervenuto (semeiologia tanatocronologica);
• esclusione di ipotesi di reato finalizzata all’eventuale segnalazione alle autorità competenti di fatti
delittuosi perseguibili d’ufficio (identificazione della causa della morte nonché delle circostanze di
rilevanza sanitaria).
Esito:
rilascio di dettagliato esame "esterno di cadavere" ovvero "di sopralluogo", con indicazione sulla causa
di morte, ove determinabile con certezza. In tutte le situazioni in cui la causa di morte non è
determinabile, il medico necroscopo deve:
- interpellare il medico curante, cui richiedere relazione clinica dettagliata e possibilmente scritta in
merito alle patologie sofferte in vita e sulle ipotetiche cause del decesso; se il curante ha elementi validi
e dimostrabili potrebbe procedere alla compilazione del certificato ISTAT;
- valutare l’opportunità di denunciare alle autorità competenti il decesso (denuncia sanitaria e/o
giudiziaria);
- rilasciare prescrizione, indirizzata al Sindaco, per l’adozione di adeguati provvedimenti (di tipo
igienico per l’incassamento o per il trasporto della salma, di tipo logistico per la rimozione del cadavere
da luoghi eventualmente inadatti), in tutti i casi di decesso cagionati o concomitanti a particolari
situazioni igienico sanitarie (morte da malattia infettivo-diffusiva, decesso in abitazione non idonea
ecc.).
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4.1.3. Accertamento della morte ai fini di espianto di organi ovvero di strutture non
parenchimatose (ossa e superfici articolari, tendini ed aponevrosi, cute, cornee) in
osservanza a dettati legislativi specifici
(Legge 578/93 art. 2 comma 5, 6, 7, 8 ed artt. 3 e 4, art. 5 - che abroga norme in contrasto -, decreto
582/94 artt. 1 e 2, riferimenti generici alla legge 644/75 artt. 1, 2 e 3, successivo D.P.R. 409/77 regolamento di attuazione nelle parti non abrogate da successiva normativa -, Legge 301/83 artt. 1 e 2 norme sul prelievo di cornea a domicilio)
Tempi: immediatamente al ricevimento della richiesta motivata; si tratta ad ogni modo di situazione
occasionale per il medico necroscopo che opera sul territorio, ma al di fuori degli ospedali. È un
problema decisamente complesso, poco chiaro nella nostra legislazione, intimamente connesso
con la spinosa problematica dell’interruzione volontaria della gravidanza. I feti nati morti dopo
le 28 settimane vengono sempre sepolti; prima della 28^ settimana la sepoltura è subordinata
alla volontà dei genitori.
Finalità (e mezzi):
• rilascio della certificazione attestante l’avvenuto accertamento della realtà della morte con mezzi
strumentali (ECG protratto per 20 minuti ovvero verbale redatto dalla commissione medica
preposta all’accertamento della morte dei soggetti sottoposti a terapia rianimatoria).
4.1.4. Accertamento della morte nei soggetti nati morti, a termine del periodo di gestazione
ovvero dopo la ventottesima settimana, o, ancora, nei prodotti abortivi di presunta età
gestazionale inferiore alle 20 settimane o dalle 20 alle 28 settimane
Tempi: immediatamente al ricevimento della richiesta motivata
Finalità (e mezzi):
• accertamento della realtà della morte (semeilogia tanatologica fisica o strumentale) con esclusione
di necessità di interventi rianimatori;
• esclusione di ipotesi di reato, finalizzata all’eventuale segnalazione alle autorità competenti di fatti
delittuosi perseguibili d’ufficio (identificazione della causa di morte).
Esito:
rilascio del certificato di necroscopia nel rispetto del D.P.R. 403/98 (G.U. 275 del 24.11.98) art. 8
comma 2 che modifica sostanzialmente l’art. 7 comma 1 del D.P.R. 285/90.
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4.2. Certificato per l’imbalsamazione (ex art. 46, DPR 285/90)
È previsto in tutti i casi in cui il sindaco riceve la richiesta d’imbalsamazione; il medico necroscopo lo
redige al fine di escludere sospetto di morte dovuta a reato.
Esso viene stilato in forma libera ed è indirizzato al sindaco.
4.3. Certificato per la cremazione (ex art. 79, DPR 285/90)
È preventivo all’autorizzazione della cremazione, eventualmente disposta dal Sindaco in seconda
battuta; viene redatto dal medico necroscopo ovvero dal medico curante (in quest’ultimo caso occorre
comunque l’autenticazione della firma da parte del necroscopo), al fine di escludere sospetto di morte
dovuta a reato.
Esso viene stilato in forma libera ed è indirizzato al sindaco.
In tale evenienza si possono verificare situazioni particolari, rappresentate dalle morti di interesse
giudiziario; il questi casi è indispensabile il nulla osta rilasciato dall’Autorità Giudiziaria. Anche di
fronte a decessi improvvisi, inaspettati, è imprenscindibile l’intervento autorizzativo del medico
necroscopo, che dovrebbe valutare l’eventualità di procedere a riscontro diagnostico, sottolineandosi
l’assoluta necessità di una diagnosi certa della causa mortis, diagnosi il più delle volte perseguibile
esclusivamente mediante necrosezione, giammai possibile una volta espletata la cremazione.
Vi è una circolare esplicativa del Ministero della Sanità (24/1993) che afferma che il certificato per la
cremazione può essere redatto in carta libera dal medico curante o dal medico necroscopo, con firma
autenticata dal funzionario incaricato o da chi in possesso di delega. Tale documento esprime
l’esclusione del sospetto di morte dovuta a reato. Il funzionario incaricato di vidimare la certificazione è
stato individuato nella figura del Coordinatore Sanitario, così come stabilito dalla sentenza n° 174/1991
della Corte Costituzionale, la quale ha sancito che "non spetta allo Stato individuare nei coordinatori
sanitari delle USL della regione Lombardia gli uffici competenti per l’esercizio dei compiti specifici in
materia di polizia mortuaria, così come previsto dagli articoli 37/2, 39/1, 43/1, 45/2, 45/3, 46/1, 48,
51/2, 83/3, 86/4, 88, 94/1 e 96/2 e nei direttori sanitari degli ospedali l’adempimento previsto
dall’art.39/1 del DPR 10 settembre 1990, n° 285. Al riguardo questo Ministero ha avviato la
procedura per l’estensione di quanto vigente per la regione Lombardia alle altre regioni e provincie
autonome…". In altri termini, spetta alle regioni stabilire qual è il funzionario incaricato, che comunque
è il coordinatore sanitario o un funzionario di quella struttura.
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5. La funzione pubblica del medico necroscopo
Il medico necroscopo non può limitarsi al semplice accertamento della realtà della morte, ma deve
operare un controllo (quantomeno di attendibilità) sulle cause del decesso: infatti, la normativa generale
affida al medico necroscopo non solo le funzioni di prevenzione sanitaria (che comunque nel loro
aspetto igienico necessitano di una presa di conoscenza delle cause del decesso) ma anche l’obbligo di
riferire all’autorità Giudiziaria di tutti quei casi nei quali si possono ravvisare, comunque, ipotesi di
reato. Quest’ultima funzione necessita, in via perentoria, della conoscenza approfondita e critica delle
cause e delle circostanze del decesso, dal momento che qualsiasi reato connesso alla morte di un
individuo diviene perseguibile d’ufficio.
Pertanto sono previste alcune principali situazioni circostanziali:
è denuncia all’autorità giudiziaria ed all’INAIL dei decessi per infortunio e/o per malattia
professionale (ad esempio silicosi, asbestosi, pneumoconiosi, neoplasie tabellate della vescica e del
polmone). A questo proposito, mentre nel caso di infortunio industriale ciascun medico che ne venga
a conoscenza, su richiesta dell’infortunato, è obbligato ad ottemperare a tale normativa, nel caso
dell’infortunio agricolo è solo il primo medico che deve denunciare l’infortunio;
è denuncia all’autorità giudiziaria delle morti avvenute a seguito di un intervento chirurgico e non
imputabili ad altra causa, rilevandosi dunque gli estremi di una responsabilità professionale.
5.1. Indagini di sopralluogo in caso di morte sospetta
In tutti i casi di morte inosservata, senza testimoni, senza causa certa e certificata, dovrebbe essere
eseguito un sopralluogo, che rappresenta elemento cardine di tutti i provvedimenti successivamente
adottati dal medico necroscopo (compilazione di una scheda ISTAT, certificazione della causa di
morte, richiesta di una autopsia o di riscontro diagnostico, segnalazione all’autorità giudiziaria in forma
di denuncia/referto medico).
Si possono distinguere diverse situazioni, nelle quali utilizzare metodi di sopralluogo standardizzato:
1) decessi a domicilio;
2) decessi in luogo aperto;
3) decesso in spazio confinato (caduta in contenitori o vasche, cunicoli o strettoie, per sotterramento da
frane o cedimenti);
4) morte in acqua;
5) decesso nel contesto di incidente stradale ovvero connesso all’uso-azione di automezzi;
6) decesso per infortunio sul lavoro o con l’uso di armi.
Nel decesso avvenuto a domicilio l’osservazione deve essere particolarmente accurata e precoce;
l’intervento del medico necroscopo dovrebbe avvenire prima che vengano modificate le situazioni
ambientali del luogo di rinvenimento del cadavere, accertandone l’accessibilità da parte di terze persone
(luogo provvisto di uno o più entrate). Il necroscopo chiederà informazioni ai vicini di casa riguardo
all’epoca dell’ultimo avvistamento del deceduto; appurerà inoltre gli eventuali precedenti patologici
interrogando i congiunti e/o conoscenti e ricorrendo, quando necessario, all’ausilio del medico curante.
L’esame del luogo di ritrovamento seguirà precisa metodologia centripeta: avrà inizio negli ambienti più
lontani rispetto al punto in cui è stato scoperto il cadavere; solo al termine dell’attenta perlustrazione di
tali spazi, si procederà all’osservazione del locale in cui giace il corpo. Più precisamente si deve
verificare:
1. l’impianto di riscaldamento, controllando se in funzione o meno e se difettoso; qualora si tratti di
impianto a gas, è opportuno consultare un tecnico che ne verifichi il corretto funzionamento,
valutando la possibilità che si sia prodotto CO (in tal caso è opportuno effettuare prelievo ematico);
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2. il sacchetto della spazzatura, il cui contenuto va esaminato accuratamente e per strati;
3. il contenuto del frigorifero;
4. il bagno, ponendo particolare attenzione al water ed al lavello, dove vanno ricercate tracce di
materiale biologico; potrebbe essere utile esaminare il sifone dello scarico del lavello, ove possono
essere depositate sostanze dilavate;
5. la presenza di farmaci; in tal caso vanno nominati e quantificati (che siano compresse o soluzioni
liquide);
6. la stanza in cui giace il cadavere; essa deve essere controllata minuziosamente, verificando il
contenuto dei mobili, ponendo particolare attenzione a oggetti posti disordinatamente, armi,
siringhe, farmaci, alcool, tracce di materiale biologico;
7. la posizione del cadavere, che deve essere sempre fotografato prima di procedere al suo
spostamento (qualora la rimozione della salma sia già avvenuta, è necessario riprodurre le modalità
di rinvenimento del defunto con l’aiuto degli astanti, soprattutto di coloro che per primi hanno
avvistato il cadavere);
8. lo stato del corpo, che va ispezionato nelle sue parti scoperte, compresi gli orifizi naturali, senza
spogliarlo degli abiti;
9. le regioni declivi della salma rispetto alla posizione di ritrovamento, rimuovendola ed adagiandola
sul pavimento, preferibilmente distesa su di un telo, sempre senza procedere a svestizione;
10. una volta spogliato, lo stato di conservazione del cadavere, utilizzando la criteriologia
tanatocronologica;
11. la presenza di tracce biologiche (peli, frammenti di cute, muco, sangue, feci) sui pavimenti e sulle
suppellettili, ricercando eventualmente impronte digitali e/o di scarpe;
12. il cadavere privo di indumenti e, quindi, fotografato; anche gli abiti saranno fotografati in un
secondo momento;
13. l’orofaringe, osservando con attenzione le prime vie aeree, alla ricerca dell’eventuale presenza del
bolo alimentare.
Nei decessi in luogo aperto la procedura non è molto dissimile dal rinvenimento a domicilio:
l’osservazione deve sempre iniziare dalle zone circostanti, alla ricerca di tracce, quali quelle
determinate dal calpestio del terreno, dalle impronte di scarpe, della presenza di mozziconi di sigarette,
pezzi di carta, rami spezzati, della presenza di materiale estraneo all’ambiente eccetera. Il cadavere
deve essere fotografato nella posizione di rinvenimento, esaminato nelle parti scoperte; quindi, rimosso
dal luogo di rinvenimento ed adagiato sul terreno, preferibilmente disteso su di un telo bianco, va
osservato anche nelle regioni declivi rispetto alla giacitura presentata. Successivamente, si procede alla
svestizione del cadavere e si sottopone la salma ad accurata visita, prendendo in considerazione gli
aspetti tanatocronologici (si veda in proposito il protocollo per i giunti cadaveri al Pronto Soccorso); a
questo punto, salma e abiti vengono fotografati separatamente. Qualora il cadavere presenti segni di
lesioni riconducibili all’azione della macro-microfauna, nell’ambiente circostante vanno ricercate tracce
di animali e, eventualmente, prelevati campioni di escrementi al fine di accertarne la specie. Effettuato
l’esame del corpo, vanno ricercati, quando ritenuti utili, segni di tracce biologiche (peli, frammenti di
cute, muco, sangue, feci).
Nei casi di decesso in spazio confinato (caduta in contenitori o vasche, cunicoli o strettoie,
sotterramento da frane o cedimento di terreno) va sempre ispezionato con attenzione il luogo di
rinvenimento del cadavere, cercando di individuare le tracce del percorso compiuto dalla vittima sino al
luogo di morte. Per la descrizione del contesto situazionale dell’ambiente di ritrovamento della salma,
occorre produrre completa documentazione iconografica, senza che il cadavere venga rimosso.
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L’estrazione del corpo dallo spazio confinato deve procedere con estrema cautela, così da non produrre
lesioni accessorie:
• l’estrazione di un corpo da una vasca stretta deve essere effettuata rompendo o tagliando la vasca,
senza tirare il cadavere dai piedi;
• nel caso di una frana o comunque di un cedimento del terreno, il corpo deve essere estratto
rimuovendo a poco a poco le macerie dall’alto, scoprendo completamente la parte superiore del
corpo e successivamente le parti laterali;
• le successive operazioni ricalcano sostanzialmente quanto previsto dai punti 8, 9, 10, 11 e 12
inerenti alle procedure da attuare qualora si tratti di cadaveri rinvenuti a domicilio.
I cadaveri rinvenuti in acqua comportano la necessità di effettuare prelievo del mezzo liquido in cui si
trova la salma (per l’eventuale ricerca di oligoelementi), procedendo anche a rilievi termometrici del
liquido. Si prosegue con la svestizione del corpo, esaminando accuratamente le parti interne delle
maniche, dei pantaloni, delle tasche ed ogni strato degli indumenti indossati (spazi tra maglietta e
camicia, tra camicia e pullover ecc.), frequenti sedi di deposito di sedimenti, alghe, elementi
galleggianti e frammenti estranei. Si precisa inoltre che gli abiti portati dalla salma si conservano in un
luogo secco, ove, una volta asciutti, vengono ulteriormente esaminati.
Nel decesso a seguito di sinistro del traffico, è indispensabile l’attento ed accurato esame del mezzo/i
meccanico/i, possibilmente ricorrendo all’ausilio di un tecnico, al fine di ricostruire la verosimile
dinamica. Si verifichi altresì la presenza di benzina nel serbatoio e la funzionalità reale del mezzo. I
rilievi fotografici devono essere molto accurati nell’impressionare i mezzi coinvolti e gli eventuali
segni di frenata sull’asfalto.
Nel decesso conseguito ad infortunio sul lavoro è indispensabile ricorrere alla presenza di un tecnico
esperto di normativa anti-infortunistica e del ciclo lavorativo specifico; solo con la sua partecipazione
sarà possibile procedere alla rimozione del cadavere.
Nel decesso procurato mediante l’uso di armi da fuoco è necessario l’esame dell’arma utilizzata
(quando rinvenuta) e la conoscenza delle sue caratteristiche tecniche e balistiche; l’attenta osservazione
delle mani della salma, onde rilevare la presenza di polvere da sparo, è momento imprescindibile del
sopralluogo.
Ancora, in tutte le situazioni procedurali sino ad ora citate, è sempre opportuno prendere in
considerazione l’opportunità di prelevare il sangue dal cadavere, introducendo l’ago nei vasi
sovraclaveari (tecnica di semplice esecuzione). Infatti, il liquido ematico potrebbe rivelarsi utile una
volta sottoposto ad analisi chimico-laboratoristica e correlato ai dati storico-circostanziali-anamnestici:
è esperienza personale che la concentrazione ematica degli enzimi indicativi di necrosi miocardica è
attendibile sino a 5-6 ore dopo la morte Anche la glicemia ed altri parametri possono essere di grande
aiuto se il prelievo viene effettuato entro alcune ore dal decesso.
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6. Alcuni articoli di legge utili all’esercizio della funzione
di medico necroscopo
Occorre ora rammentare quali siano gli articoli dei Codici di riferimento di precipuo interesse per il
medico necroscopo nello svolgimento della propria attività.
Codice Penale e Codice di Procedura Penale.
Art. 361 C.P.: "Il Pubblico Ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all’Autorità Giudiziaria, o
ad altra Autorità che a quella abbia l’obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia
nell’esercizio o a causa delle sue funzioni, è punito con multa ………..".
Art. 365 C.P.: "Chiunque, avendo nell’esercizio di una professione sanitaria prestato la propria
assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto nel quale si debba
procedere d’ufficio, omette o ritarda di riferire all’Autorità Giudiziaria indicata nell’art. 361, è punito
con multa ……".
Art. 331 C.P.P. (denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio): "1. Salvo
quanto stabilito dall’art. 347, i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che,
nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile di
ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il
reato è attribuito. 2. La denuncia è presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o a un
ufficiale di polizia giudiziaria. 3. Quando più persone sono obbligate alla denuncia per il medesimo
fatto, esse possono anche redigere e sottoscrivere un unico atto. 4. Se nel corso di un procedimento
civile o amministrativo, emerge un fatto nel quale si può configurare un reato perseguibile d’ufficio,
l’autorità che procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al pubblico ministero ".
Art. 332 C.P.P. (Contenuto della denuncia): "1. La denuncia contiene l’esposizione degli elementi
essenziali del fatto e indica il giorno dell’acquisizione della notizia nonché le fonti di prova già note.
Contiene inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga all’identificazione
della persona alla quale il fatto è attribuito e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze
rilevanti per la ricostruzione dei fatti".
Art. 334 C.P.P. (referto): "1. Chi ha l’obbligo del referto deve farlo pervenire entro quarantotto ore o,
se vi è pericolo del ritardo, immediatamente al pubblico ministero o a qualsiasi ufficiale di polizia
giudiziaria del luogo in cui ha prestato la propria opera o assistenza ovvero, in loro mancanza,
all’ufficiale di polizia giudiziaria più vicino. 2. Il referto indica la persona alla quale è stata prestata
l’assistenza e, se è possibile, le sue generalità, il luogo dove si trova attualmente e quanto altro valga a
identificarla nonché il luogo, il tempo e le altre circostanze del fatto, i mezzi con i quali è stato
commesso e gli effetti che ha causato o può causare. 3. Se più persone hanno prestato la loro
assistenza nella medesima occasione, sono tutte obbligate al referto, con facoltà di sottoscrivere un
unico atto.
Art. 348 C.P.P. e successive modifiche – art. 42a D.L. n° 306 del 7 agosto 1992, conv. dall’art. 11a L. n°
356 del 7 agosto 1992 – (assicurazione delle fonti di prova): "Fino a quando il Pubblico Ministero non
ha impartito le direttive per lo svolgimento delle indagini, la polizia giudiziaria raccoglie ogni
elemento utile alla ricostruzione del fatto ed alla individuazione del colpevole… omissis … 4. La
polizia giudiziaria, quando di propria iniziativa o a seguito di delega del pubblico ministero, compie
atti od operazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, può avvalersi di persone idonee le
quali non possono rifiutare la propria opera."
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Art. 359 C.P.P. (consulenti tecnici del pubblico ministero): "1. Il pubblico ministero, quando procede
ad accertamenti, rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici e ad ogni altra operazione tecnica per cui
sono necessarie specifiche competenze, può nominare ed avvalersi di consulenti, che non possono
rifiutare la loro opera. 2. Il consulente può essere autorizzato dal pubblico ministero ad assistere a
singoli atti d’indagine.
Art. 360 C.P.P. (accertamenti tecnici non ripetibili): "1. Quando gli accertamenti tecnici previsti
dall’articolo 359 riguardano persone (es. autopsia), cose o luoghi il cui stato è soggetto a
modificazione, il pubblico ministero avvisa senza ritardo, la persona sottoposta alle indagini, la
persona offesa dal reato e i difensori del giorno, dell’ora e del luogo fissati per il conferimento
dell’incarico e della facoltà di nominare consulenti tecnici."
A proposito di tale articolo del codice di proceduta penale occorre puntualizzare che, qualora si tratti di
accertamenti che sono o possono divenire irripetibili (ad esempio il prelievo di liquidi biologici, in
quanto l’autolisi cellulare determina il degradamento dei tessuti), è precipuo compito del medico
informare l’Autorità Giudiziaria.
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7. Cenni in merito alla proposta di un nuovo Regolamento
di Polizia Mortuaria
Evidenziata la necessità di apportare ulteriori e sostanziali modifiche al vigente Regolamento, il gruppo
di studio inserito in seno alla 3a Sezione del Consiglio Superiore di Sanità, riunitosi in data 25
novembre 1998, ha approntato la "Proposta Nazionale per la Revisione del Regolamento di Polizia
Mortuaria", successivamente sottoposto al vaglio della Direzione Servizi di Prevenzione del Ministero
della Sanità, dopo aver valutato le osservazioni che da più ambiti erano pervenute. Il testo, così
definito, è stato discusso presso il Consiglio Superiore di Sanità il 17 dicembre 1998, che ha accordato
parere favorevole.
Ci si vuole dunque soffermare su alcuni aspetti che interessano direttamente le competenze del medico
necroscopo e le modalità di attuazione dei compiti cui dovrebbe essere preposto, qualora venisse
approvata la proposta di revisione del Regolamento di Polizia Mortuaria. Orbene, l’identificazione del
cadavere diviene di esclusiva pertinenza sanitaria, ottemperata al momento del decesso dal medico
curante o necroscopo (mentre il vigente Regolamento non contempla alcuna figura incaricata di
identificare il cadavere). Ancora, il medico curante o, in alternativa, il medico necroscopo, deve
acquisire notizia certa dei quattro elementi che consentono d’identificare un cadavere, ovvero il nome e
cognome del defunto, il luogo e la data di nascita, nonché il sesso. Inoltre, solo dopo la certificazione
dell’accertamento della morte eseguita dal medico necroscopo sarà possibile qualsiasi azione sul
cadavere (toccare, spogliare, vestire, truccare e ricomporre la salma, o anche disporre le mani
incrociate, agghindare il defunto, praticargli iniezione conservativa, imbalsamarlo o procedere a
trattamenti di tanatoprassi o autoptici). Il periodo ordinario di osservazione della salma (di almeno 24
ore) trova deroga nel momento in cui vengano messe in opera tecniche di rilevazione della morte, quali
il rilievo elettrocardiografico da parte del medico necroscopo. Ancora, il medico necroscopo potrà
intervenire prima delle 15 ore dal decesso e non oltre le 36 ore, allo scopo di risolvere l’annoso
problema dei giorni festivi. Il necroscopo o il medico curante si potranno avvalere della facoltà di
richiedere riscontri diagnostici per appurare la causa di morte nei casi sospetti e, a tal proposito, è
previsto un lasso di tempo di 48 ore per l’effettuazione del riscontro diagnostico. Si tratta di
un’innovazione normativa ottimale, dal momento che, attualmente, uno dei più gravi ostacoli di ordine
morale, ma anche organizzativo, è rappresentato dall’eccessivo ritardo nel procedere alle esequie
funebri.
Ulteriore motivazione che ha spinto a riconsiderare il dettato legislativo è fornita dalla incongruenza in
merito a quanto espresso dall’art. 4, al 4° e 5° comma, che stabilisce che il medico necroscopo rilasci
certificato necroscopico e, quindi, dopo 15 ore ed entro 30 ore effettui visita necroscopica: su quale
base si calcola questo intervallo di tempo? Il nuovo progetto del regolamento di polizia mortuaria
stabilisce piuttosto che il medico necroscopo visiti il defunto dopo 15 e prima di 30 ore dall’avviso di
morte, e quest’ultimo non dovrà più pervenire all’ufficiale di stato civile. Dunque sarà il medico
necroscopo a stabilire protocolli operativi autonomi per avere notizia del decesso. Ulteriore snellimento
delle procedure di attestazione dell’avvenuto obitus si verificherebbe, qualora, informato del decesso, il
necroscopo potesse praticare immediatamente l’elettrotanatocardiografia.
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