LA CHIESA NEL MONDO DIGITALE L`irruzione della tecnologia

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LA CHIESA NEL MONDO DIGITALE L`irruzione della tecnologia
LA CHIESA NEL MONDO DIGITALE
L’irruzione della tecnologia digitale imprime nell’avventura umana
un’accelerazione la cui portata è ancora da assorbire. È decisivo il ruolo
dell’informazione nella sua combinazione con l’elettronica e, più a fondo, con
l’elettricità. Nello scambio di informazioni fra l’uomo e il suo ambiente, la
crescita esponenziale di tecnologie altamente integrate e la loro disponibilità
universale esaltano le potenzialità dell’informazione numerica. L’informazione
diventa informatica.
La comunicazione umana si sviluppa sempre più nel modo della
comunicazione numerica: la codifica binaria, il bit, permette il trattamento
omogeneo di una platea per sé illimitata di dati, sia del cosmo sia del vivente
sia dell’umano, e abilita l’integrazione dei sensi dell’uomo nel multimediale; la
modularità consegna i dati nel modo di altrettante variabili, passibili di
combinazioni innumerevoli e sempre reversibili; il controllo, o meglio il
calcolo, pone in atto una elaborazione continua delle informazioni, con il
supporto di codici, software, e secondo modalità di selezione, combinazione,
programmazione, transcodifica, in vista di obiettivi sempre in movimento, nel
modo del flusso di informazioni. Le informazioni disponibili si raccolgono in
‘archivio’, database, in costante espansione, con accesso libero e casuale,
random. Il loro posizionamento reciproco disegna una logica a rete,
orizzontale, che implementa nodi di rete ma non centri di controllo. La loro
frequentazione avviene per collegamenti, link, nel modo della navigazione da
un dato all’altro, in interconnessione permanente.
L’abitare la terra si riplasma sui solchi del digitale. La tecnologia
dell’informazione ridisegna l’esperienza dell’uomo. Le reti di comunicazione e
la comunicazione in rete intervengono sulle coordinate spaziotemporali che ne
formano l’ordito. Cambia la percezione di dentro / fuori, vicino / lontano,
assorbita nella puntualità del qui e dappertutto. Si rifonde l’intuizione di
passato / futuro, risolta nel tempo acronico dell’istante. È annullata
l’esperienza dell’intervallo: quello spaziale che permette la distanza e il
contatto, restituendo la prospettiva; quello temporale, che apre sulla
distensione di eventi e situazioni e nutre la memoria e l’attesa. Nel clima del
qui e adesso mutano le architetture della memoria. Mutano anche le
architetture dell’intelligenza. La combinazione di linguaggio ed elettricità
modifica lo statuto della parola, in una prevalenza del segno e della sintassi
sulla portata semantica del significato. Lo spazio di identificazione della
persona è sottoposto a ridefinizione: la spinta alla rappresentazione e
l’impulso all’esposizione nello spazio mediatico rimodulano le relazioni del
soggetto con se stesso.
Si ridisegna anche lo spazio pubblico, occupato dalla ‘Rete’: gli assetti
dell’opinione pubblica, la produzione del consenso sociale, la ‘società civile’,
per non parlare dell’economia, risentono delle continue strutturazioni e
destrutturazioni indotte dal flusso continuo di informazioni in una rete
acentrica, entro cui aggregazioni e contrazioni si formano e si sciolgono in
continuità. Lo spazio d’esperienza emerge in ‘cyberspazio’: realtà virtuale nel
senso di realtà mediata tecnologicamente, spazio dispiegato dall’elettronica.
Si afferma un ethos a dominante culturale: l’autonomia della cultura è
rivendicata rispetto alle basi naturali dell’esistenza, la cultura rimanda alla
cultura. Spazio virtuale, intessuto dalla rete elettronica, e spazio fisico, cui
l’uomo accede mediante i sensi, si confondono e si distanziano in continuità,
complicando l’esperienza dell’uomo. Il fatto solleva entusiasmi ma muove
anche riserve sulle sorti dell’umano.
Per il cristianesimo e l’annuncio di cui è portatore la frequentazione del
cyberspazio è una necessità e un’avventura. Il fenomeno informatico non solo
è inedito ma anche esogeno rispetto al cristianesimo: si è generato all’esterno
del cristianesimo, secondo dinamiche sue proprie, indifferenti al fatto
cristiano. L’iniziativa credente, pertanto, assume nei suoi confronti
obiettivamente il profilo di re-azione. Poiché il vivere cristiano è totalmente
partecipe della condizione umana, per il solo fatto di esistere e di porsi come
fenomeno dell’umano lo spazio costituito sulle coordinate della cibernetica
impegna la coscienza credente al confronto e a rendere conto delle sue
potenzialità per la vita dell’uomo: nel suo carico di promessa e/o sotto il
segno della tentazione.
Contestualmente s’impone l’interrogativo sulle condizioni della sua
praticabilità da parte dell’annuncio cristiano, sempre in equilibrio dinamico fra
le istanze della coltivazione della fede e la sua destinazione alla ‘folla’. Per un
aspetto il discorso cristiano non può che rivestirsi della discrezione richiesta
dall’intimità di quel rapporto personale che intende propiziare fra il soggetto e
il Vangelo di Gesù. D’altro lato esso pone in atto una presa di contatto con i
processi della comunicazione pubblica, attivandosi nella conversazione
pubblica nel modo della promozione del consenso. Riservatezza e pubblicità
del discorso cristiano interpellano la coscienza credente quanto alla loro
possibile coniugazione nel contesto della comunicazione in rete.
1. Configurazioni
Trattandosi di fenomeno esogeno rispetto al cristianesimo, la sua conoscenza
passa anche per il credente attraverso il confronto con la letteratura specifica.
Nella ricca produzione in materia le segnalazioni che seguono appuntano
soltanto una prima traccia nella presa di contatto con questo profilo
d’esperienza.
Il volume di M. CASTELLS, La nascita della società in rete (UBE Paperback),
Egea, Milano 2008, pp. XXX-602, € 19,00 è il primo di una trilogia (ID., Il
potere delle identità [UBE Paperback], Egea, Milano 2008, pp. VIII-536, €
19,00; ID., Volgere di millennio [UBE Paperback], Egea, Milano 2008, pp.
VIII-472, € 19,00) che, con il titolo L’età dell’Informazione, il sociologo di
origine catalana consacra agli sviluppi della rete informatica e alle sue
ricadute sociali. Già da questo primo volume si evince uno spaccato assai
articolato di quella che l’Autore chiama «società informazionale». L’indagine è
densa e introduce nel cuore dell’evento. I fitti alberi non nascondono la
foresta e la dovizia dei dettagli non vela gli estremi della questione. Il
«viaggio intellettuale» inizia con una ricognizione storica delle interazioni di
tecnologie e assetti politico-sociali per poi distendersi in una puntuale
ricostruzione della «breve ma molto intensa storia» della tecnologia
dell’informazione. Segue quindi un’analisi della sua incidenza nella sfera
economica. L’«economia informazionale» è rivisitata nelle dinamiche che la
caratterizzano, nelle sue configurazioni strutturali, nelle sue ricadute sul
lavoro e sull’occupazione. L’indagine si sofferma, poi, sulle trasformazioni
degli assetti della cultura sotto la spinta della comunicazione elettronica. La
nuova «cultura della virtualità reale» è rivisitata nei suoi precedenti, a partire
dall’alfabeto e dalla ‘galassia Gutenberg’ fino alla ‘galassia McLuhan’, ed è
esplorata nei suoi sviluppi a partire dagli anni Ottanta del Novecento, quando
alla diversificazione del «pubblico di massa» subentrano le reti interattive, fino
alla «società interattiva» di Internet. Di seguito, sono prese in considerazione
le ricadute sulla percezione di spazio e tempo, che sta alla base
dell’esperienza umana: lo «spazio dei flussi» sostituisce lo spazio dei luoghi e
il «tempo senza tempo» annulla la sequenza temporale di passato, presente,
futuro. È l’inizio di una nuova era, l’«Età dell’informazione», che non è,
peraltro, priva di interrogativi.
Il controcanto in tema di avvento della comunicazione in rete è modulato da
N. CARR, Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il
nostro cervello (Scienza e Idee, 212), Raffaello Cortina, Milano 2011, pp.
317, € 24,00. La tecnologia è irresistibile nell’esperienza dell’uomo e i
guadagni dell’informazione istantanea realizzata da Internet sono fuori
discussione. Ma sarebbe dannoso affidare alla tecnologia anche «quei “compiti
che richiedono saggezza”» e «accettare senza discussioni l’idea che gli
“elementi umani” sono fuori moda e superflui». La tesi fa da motivo dominate
ad una serrata e spumeggiante rivisitazione della storia degli effetti
sull’esperienza dell’uomo di Internet e della tecnologia che fa da supporto, sul
filo dello stretto rapporto che lega mente e cervello. Rimarcando il detto di M.
McLuhan, lo strumento non è soltanto strumento e la tecnologia non è solo
servitore ma anche padrone. Gustose annotazioni biografiche e richiami
fulminei e pertinenti agli sviluppi della tecnologia dell’informazione si
intrecciano nella ricognizione. Alcuni passaggi meritano sottolineatura: sulla
base delle conoscenze attuali della plasticità del cervello, la Rete può essere
considerata la più potente tecnologia di riconfigurazione dei circuiti mentali:
essa cattura l’attenzione solo per disperderla; quando si tratta di fornire alla
mente la materia prima del pensiero, di più può significare di meno; è errato
ritenere che nel suo funzionamento il cervello segua le stesse regole
matematiche formali di un computer: computer e cervello non parlano lo
stesso linguaggio.
Una posizione densamente critica nei confronti della mentalità generata dal
dominio del virtuale è espressa da J. BAUDRILLARD, Violenza del virtuale e
realtà integrale, Le Monnier, Firenze 2005, pp. VI-34, € 3,80. L’impresa
tecnica del virtuale elimina il mondo naturale. La realtà integrale, la
realizzazione del mondo immediata e senz’appello forgiata della potenza
artificiale della tecnica, soppianta il vissuto reale. Il tempo vissuto è depredato
dal tempo virtuale: non si dà tempo al tempo. Rifuso nella linea del numerico
e del digitale, il linguaggio è privato della carica simbolica. Internet non fa
altro che simulare uno spazio mentale di libertà e di scoperta. A fronte
dell’attrazione di un mondo tecnicamente ‘reale’, è decisivo cogliere il mondo
nella sua letteralità.
Ugualmente pensoso sulle sorti dell’umano nell’era dell’informazione è P.
BARCELLONA, La parola perduta. Tra polis greca e cyberspazio
(Strumenti/Scenari, 67), Dedalo, Bari 2007, pp. 232, € 15,00. La rivisitazione
dei luoghi dell’umano nelle condizioni della contemporaneità diventa
narrazione della dissoluzione dello spessore simbolico dell’esperienza umana:
il mondo ridotto a trama di concetti che si rimandano reciprocamente senza
lasciare adito al nesso strutturale di detto e non detto, in cui emergono
l’interpretazione e l’interrogazione e si aprono spazi di umanità. Epicentro di
questa operazione pervasiva di riduzione dell’umano è la riduzione della
parola a segno. La parola ha perso ogni connotazione sostanziale ed è
diventata sempre più informazione e la sua frequentazione si traduce in
scambio di informazioni: strumento tecnico di organizzazione dei
comportamenti umani alla stregua dei linguaggi del mondo animale. In un
mondo di segni, che strutturano impersonalmente l’interazione fra attese e
risposte, sono annullati i criteri di distinzione e tensione fra rappresentazione /
pensiero e realtà. Ne è rappresentazione emblematica e funzionale la parola
della Rete. La parola della Rete è parola degradata a segno. Ma nel mondo
della interconnessione la comunicazione è continuamente interrotta. Non vi è
coincidenza di parola e informazione.
I processi culturali che nella storia dell’uomo portano fino al digitale sono
riproposti con la consueta scioltezza e partecipazione empatica da D. DE
KERCKHOVE,
Dall’alfabeto
a
Internet.
L’homme
“littéré”:
Alfabetizzazione, cultura, tecnologia (Postumani), Mimesis, Milano - Udine
2008, pp. 199, € 15,00. Internet rappresenta il punto di arrivo, per il
momento, di un percorso che viene da lontano. Ed è percorso che interessa
contestualmente la tecnologia e gli assetti neurologici e culturali dell’uomo.
L’abbrivo è dato dall’introduzione della scrittura e dal salto di qualità del
passaggio dalle culture orali alle culture della scrittura. Il punto di svolta è
segnato dall’invenzione dell’alfabeto fonetico greco-romano. Con la sua
comparsa prende piede un orientamento generale dell’umanità verso
l’avvenire e il progresso. La ricognizione si distende poi nell’illustrazione della
storia degli effetti e delle ricadute socioculturali dell’alfabeto fonetico:
l’orientazione della scrittura; la scomposizione delle parole in fonemi; la
nascita del teatro; il ruolo della tragedia; i media quali tecnologie che
interessano il pensiero e lo organizzano nella triplice, successiva scansione di
pensiero della scrittura, pensiero dello schermo, pensiero delle reti; la crisi
epistemologica innescata dalla diffrazione delle dimensioni percettive; gli
assetti della tecnologia del linguaggio nel flusso delle reti. Da tutti questi
versanti, nella prospettiva dell’Autore, per l’avventura dell’uomo si aprono
spazi promettenti.
L’identità della persona e le condizioni per la sua costruzione nel mondo
mediale sono messe a fuoco con perspicacia da P. DAL BEN, Identità e nuovi
media (Frontiere, 2), Pazzini, Villa Verucchio (RN) 2008, pp. 127, € 10,00.
Nel passaggio dall’analogico al digitale mutano le dinamiche della memoria e
muta lo spazio di identificazione del Sé. La disponibilità ‘in tempo reale’ di una
quantità smisurata di informazioni fa della realtà un gioco infinito di riflessi e
rimandi comunicativi, caleidoscopio in cui la persona rischia di disperdersi,
rimanendo alla fine spiazzata, senza un suo spazio coerente in cui
riconoscersi: Medusa che pietrifica chi le indirizza lo sguardo. Poiché l’identità
si determina a partire dalle relazioni e dai legami che si attivano nello spazio e
nel tempo, la contrazione dello spazio e l’annullamento del tempo posto in
atto dalle tecnologie digitali ne condizionano da vicino la realizzazione. Ma la
costruzione dell’identità non può ignorare il cyberspazio: il digitale è parte
integrante della quotidianità. La sua assunzione comporta vivere la diversità
come dimensione dell’esistenza in un dialogo continuo: accettando come
Abramo la precarietà dello spazio e del tempo. Implica, insieme, una
interiorità che diventi spazio di contenimento e di elaborazione della
molteplicità. L’homo digitalis suppone un’interiorità capace di sostenere la
molteplicità e la diversità, in una dinamica dialogica di reciprocità
tridimensionale: la relazione tra due persone deve contenere un ‘terzo punto’,
un motivo cui guardare insieme e per cui impegnarsi insieme.
La portata relazionale delle tecnologie digitali è confermata da una ricerca
empirica i cui risultati sono pubblicati in C. GIACCARDI (ed.), Abitanti della
rete. Giovani, relazioni e affetti nell'epoca digitale (Università - Media
spettacolo e processi culturali), Vita e Pensiero, Milano 2010, pp. XII-200, €
19,00. L’indagine, che ha interessato giovani fra i 18 e i 24 anni, distribuiti sul
territorio italiano, fa leva sulle pratiche effettivamente vissute dai soggetti e
mette a fuoco l’organizzazione di spazi e tempi e le modalità secondo cui i
giovani si muovono di fatto nell’ambiente mediatico. La frequentazione
dell’universo mediale non sfocia nella costruzione di mondi paralleli, quello
virtuale e quello fisico, ma accade in un unico spazio reale d’esperienza,
diversamente articolato. Pur in una tipologia diversificata di frequentazione
del mondo digitale e non minimizzando ambivalenze serpeggianti, i segnali
emergenti possono essere aggregati attorno alla figura di ‘individualità
relazionale’. L’individuo non è assolutizzato né è assorbito dal gruppo, ma
costruisce secondo modalità relazionali la propria identità, in un uso accorto e
ponderato delle proprie tracce identitarie proprio nella relazione con altri. Il
circolo di ambiente tecnologico e modalità relazionali va dalle relazioni
all’ambiente, e non viceversa: la relazione dà forma all’ambiente, unificando
spazi diversi in un unico mondo relazionale. Traspare una capacità di relazioni
durevoli, un’istanza di stabilizzazione dei luoghi di incontro, il desiderio di
custodire memoria e aprirsi al futuro. Centralità della relazione e capacità di
piegare le tecnologie alle esigenze relazionali possono essere percepite come
basi di appoggio per un nuovo umanesimo nell’era digitale.
Il futuro di quella che attualmente si usa chiamare ‘società civile’ nel tempo
dei media digitali costituisce motivo dominante dell’intervento di R.
SILVERSTONE, Mediapolis. La responsabilità dei media nella civiltà
globale (Transizioni, 28), Vita e Pensiero, Milano 2009, pp. 311, € 20,00. Il
taglio è decisamente morale, nella sua differenza dall’etico. La tesi, ma forse
meglio l’auspicio, che anima la ricognizione individua nella competenza
mediatica il nodo cruciale in ordine alla costituzione della società civile e, più a
fondo, per le sorti della condizione umana. In uno spazio pubblico diventato
globale e in un contesto in cui le relazioni tra il sé e l’altro s’intrecciano in una
arena pubblica istituita dai mezzi di comunicazione la ‘polis’ si dà nella forma
della ‘mediapolis’: spazio mediato dall’apparire. In questa arena civile globale
la comunicazione è multipla e plurale: una narrativa non è guidata da un’unica
logica, la retorica e la prestazione sovvertono l’ordine rigoroso della logica. La
mediapolis è un mondo e concorre a costruire un mondo. In questo scenario
complesso ‘competenza mediatica’ si definisce come insieme di interventi che
si alimentano all’attesa, di natura morale, che tutti coloro che prendono parte
alla vita della mediapolis e sono coinvolti nella comunicazione mediatica
accettino la responsabilità delle proprie azioni e delle proprie opinioni,
qualunque sia la loro influenza sul sistema. Poggiando sugli scritti di H. Arendt
sulla condizione umana, la riflessione sulle condizioni della comunicazione in
pubblico tocca la retorica del male e il tema della complessità e pluralità
dell’alterità, passando, poi, a prendere in considerazione il ruolo dei mezzi di
comunicazione nella quotidianità del vivere. I concetti di giustizia mediale,
ospitalità, responsabilità offrono quindi una piattaforma per l’elaborazione di
un’etica mediatica, sulla quale articolare la competenza mediatica.
La riconfigurazione della sfera politica ad opera del digitale è tema di
discussione nel volume collettivo D. DE KERCKHOVE - A. TURSI (ed.), Dopo la
democrazia? Il potere e la sfera pubblica nell’epoca delle reti (Territori
della comunicazione), Apogeo, Milano 2006, pp. 200, € 13,00. Se
‘democrazia’ vale quale denotazione sintetica dello spazio pubblico nelle sue
forme politiche occidentali, la scala della politica è cambiata dal locale al
globale e viceversa, collassando nel ‘glocal’ sia a livello linguistico sia a livello
psicologico e sociale. Il groviglio prodotto dall’intreccio ormai globale di
dimensione politica e tecnologie digitali e di rete pone questioni che investono
contestualmente le prestazioni del digitale e i riassetti del politico.
L’individuazione e l’interpretazione delle ricadute dello scenario mediale su
alcune categorie decisive del pensiero politico della modernità si distribuiscono
su una gamma di posizioni che vanno dall’accoglienza convinta, anzi
entusiasta, all’accettazione pensosa, non senza perplessità. Al polo della
‘accelerazione’ sono ascritti i contributi orientati a intravedere nei nuovi media
elementi propulsivi in direzione di un miglioramento delle dinamiche politiche
ereditate dalla modernità. Il polo della ‘decelerazione’ raccoglie, dal canto suo,
le posizioni che scorgono nei nuovi media un elemento non risolutivo delle
problematiche politiche attuali, quando non un fattore di deflagrazione delle
istituzioni democratiche. Altri contributi stanno in ‘surplace’, mettendo in
rilievo profitti e perdite, in materia di dinamiche politiche, dell’intervento delle
tecnologie digitali. Mentre offrono una serie di riflessioni sullo stato attuale
della vita politica, i contributi aprono una panoramica articolata sul mondo del
digitale e sulle sue ricadute socioculturali.
Le fermentazioni culturali o, con le parole degli Autori, il formicolio culturale
che si produce al crocevia di media, politica, immaginario sono oggetto di
narrazione in V. SUSCA - D. DE KERCKHOVE, Transpolitica. Nuovi rapporti di
potere e sapere (Territori della comunicazione), Apogeo, Milano 2008, pp.
235, € 15,00. Le interconnessioni di tecnologia, cultura, immaginario sono
ripercorse su tre grandi arcate. Il portale di ingresso mette in scena lo
sbriciolamento della sfera pubblica in addensamenti affettivi e cognitivi
multipli e mobili, a carattere neotribale, ciascuno con un proprio ordine etico
che va oltre la morale universale. Il legame che si genera non poggia su un
contratto razionale ma su un patto, in cui l’emozione, gli affetti, i simboli
condivisi hanno valenza di matrici dell’essere-insieme e di crogiuolo di fusione
collettiva. I nuovi media non si connotano come vettori di contenuti ma come
ambienti connettivi ad estrema duttilità e malleabilità, al limite liquidi. La
‘connessione’ assume valenza cultuale di vocazione di ogni comunità nascente
a fondersi in comunione per mezzo di una comunicazione. La tecnologia
diventa luogo totemico attorno al quale le nuove tribù sperimentano l’estasi
mistica: pura vibrazione attorno al proprio corpo comunitario e fuga dall’io
oltre il sé e dal sé. Sinteticamente: ‘tecnomagia’. La seconda arcata ferma
l’attenzione
sulle
ricadute
politiche
del
paesaggio
tecnoculturale
contemporaneo. L’efflorescenza di forme tecnosociali portatrici di paradigmi
molteplici di potere e di sapere erode i presupposti culturali, sociali e
comunicativi che hanno assicurato vitalità e stabilità all’ordine politico. La
disseminazione tendenzialmente anarchica di nuove e molteplici sfere
pubbliche configura altrettante ‘comunicrazie’: forma di potere liquida propria
di ogni situazione in cui una comunità vibra all’unisono, in uno stato di
comunione, attorno ad una comunicazione. Peraltro, il nesso intimo di
comunicazione e politica richiama la rilevanza delle modalità secondo cui il
corpo politico riesce a saldarsi al sistema mediale, stabilendo una
congiunzione e un gioco di specchi con il corpo sociale. Gli effetti di questi
sommovimenti culturali e politici sono rintracciati in una terza arcata e
ricomposti nella figura della ‘transpolitica’. La comunicazione in rete induce
una riconfigurazione debole, orizzontale, multicentrata del potere, di cui sono
protagonisti il cybernauta e le comunità nelle quali si proietta. Nell’esuberanza
delle relazioni, la comunicazione e il divertimento estetico muovono nuovi
rapporti di potere e di sapere, di qua e di là dalla politica. La festa e il gioco
sono dispersi in ogni trama dell’abitare: non riempiono semplicemente la vita
quotidiana ma sono la quotidianità. L’homo ludens, nella sua soggettività
edonistica, fa dell’immaginario, del sensibile e dell’emozionale il principio di
un’etica transpolitica, in continua oscillazione tra distruzione e ricreazione,
mossa non da un anelito politico ma da una passione giocosa. Dalla sfera del
ludico e dell’immaginario originano l’erosione del politico e il formarsi di una
sensibilità immersa in un cerchio magico di passioni, simboli, affetti: foriera di
nuove forme sociali e di rapporti inediti di potere.
2. Frequentazioni
L’interesse del cattolicesimo per la comunicazione e per i mezzi di
comunicazione è di lunga data, sia a livello istituzionale sia a livello di base.
Fino agli inizi del moderno si può parlare di una presenza nativa del
cristianesimo alla comunicazione e alle tecnologie di comunicazione di quei
tempi. Il cambiamento di scenari innescatosi con la modernità, fatto di
innovazioni tecnologiche e di rotture socioculturali, ha indotto una dislocazione
fra cristianesimo e mondo della comunicazione: il mondo della comunicazione
appare realtà esterna al cristianesimo e alla Chiesa e cristianesimo e Chiesa
sono nella necessità obiettiva di riconfigurare i propri rapporti con il mondo
della comunicazione. La figura di rapporto è ora quella della re-azione ad un
fenomeno in cui non si ha anzitutto l’iniziativa. Re-azione che può assumere i
due profili opposti della rincorsa o della immunizzazione, ma che può anche
aprirsi la pista della partecipazione intelligente. Lasciata per tempo la strada
della demonizzazione, rimangono le questioni connesse con la frequentazione.
L’avvento delle tecnologie digitali e della comunicazione in rete ha rinnovato e
acuito queste problematiche. L’approccio ecclesiale al mondo digitale è il filo
conduttore della rapida ricognizione che segue. Ne risultano vibrazioni
abbondantemente positive e di grande apertura nei confronti dell’universo
mediale.
Un inquadramento storico dei rapporti di Chiesa e mondo della comunicazione
è offerto da D.E. VIGANÒ, La chiesa nel tempo dei media (Appunti di
teologia, 17), OCD, Roma 2008, pp. 356, € 15,00. In una scansione che dagli
anni Sessanta del Novecento giunge agli inizi del Duemila, sono riproposti gli
eventi politici e culturali che hanno marcato in modo significativo i singoli
decenni e sono richiamate le iniziative con cui la Chiesa si è resa presente nel
mondo mediale, a livello di Chiesa universale ma anche di Chiesa locale,
italiana nella fattispecie. La ricognizione porta a contatto con gli sviluppi delle
tecnologie di comunicazione e rende conto sia delle trasformazioni degli
atteggiamenti ecclesiali nei loro confronti sia della maturazione delle modalità
della loro assunzione entro l’esperienza credente.
Un disegno di quadro è delineato pure da R. DORONZO, Chiesa e mezzi di
comunicazione: un rapporto da approfondire (Saggi, 1), Edizioni
Insieme, Terlizzi (BA) 2010, pp. 208, € 15,00. Come in un dittico, sono
rappresentate su una prima tavola le acquisizioni del Magistero ecclesiastico a
proposito delle tecnologie comunicative e su una seconda tavola sono istruite
le problematiche ritenute rilevanti per la frequentazione ecclesiale dei media e
ancora in attesa di essere convenientemente elaborate in campo ecclesiastico.
Sul primo versante sono rilette le posizioni presenti nei documenti del
Magistero pontificio in materia di comunicazione audiovisiva: positività
dell’approccio e invito all’utilizzo ecclesiale dei media; prevalenza di una
visione in termini di neutralità dei mezzi di comunicazione; sottolineatura
dell’istanza morale. Più corposa la scaletta delle questioni aperte: la
presunzione di neutralità dei mezzi; le ricadute antropologiche; il modello
comunicazionale in campo; la libertà in rete; l’impianto di un possibile
approccio teologico alla comunicazione nel tempo della Rete.
Una panoramica delle provocazioni dell’avvento del digitale per l’iniziativa
credente è rinvenibile in T. STENICO, Era mediatica e nuova
evangelizzazione, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2001, pp.
420, € 26,00. Di fatto si tratta di una pubblicazione collettiva a più mani, in
cui autori diversi intervengono sui profili maggiori della comunicazione
digitale. La figura della “nuova evangelizzazione” fa da inclusione a quattro
corpi tematici, dedicati, rispettivamente, alla ricognizione del mondo della
comunicazione nel segno dei nuovi media, alla discussione dell’impatto
culturale, all’analisi delle ricadute sulla struttura dell’esperienza credente, alle
condizioni
di
una
frequentazione
ecclesiale
della
comunicazione.
Particolarmente interessante il terzo momento, in cui si confrontano
obiettivamente sensibilità differenziate quanto all’approccio teologico al
mondo digitale.
Alla riconsiderazione delle condizioni dell’esperienza cristiana nel tempo del
digitale invita D. POMPILI, Il nuovo nell'antico. Comunicazione e
testimonianza nell’era digitale, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2011,
pp. 114, € 13,00. Le sollecitazioni spaziano a tutto campo nell’universo
digitale, lasciando intravedere una pronta padronanza dell’argomento e della
letteratura in materia e con affondi salutarmente provocatori per la sensibilità
cristiana. La narrazione della realtà della Rete si avvicenda con interrogativi
ed istanze alla coscienza credente. Il fatto che nella pubblicazione
confluiscano interventi formulati in circostanze contingenti conferisce al testo
vivacità e ‘leggerezza’ e nel medesimo tempo ne condiziona l’architettura: è
scrittura che intriga alla navigazione e alla rapidità del surfing più che
chiedere un accostamento sistematico. In ogni caso è ben rimarcata la griglia
concettuale: essa fa perno sulla duplice figura di tecnologia digitale come
ambiente e non semplicemente strumento e di relazione come nucleo interiore
della comunicazione in modalità di connessione. Su queste basi poggia la
riscrittura del vivere cristiano nella prospettiva del comunicare.
La trattazione organica del comunicare alla luce della fede struttura la
proposta di C. PIGHIN, Pastorale della comunicazione. Evangelizzazione
e nuova cultura dei media, Urbaniana University Press, Roma 2004, pp.
160, € 12,50. Il baricentro è collocato nell’uso adeguato dei mezzi di
comunicazione nella pastorale. Il punto focale è individuato nella figura del
comunicatore. Sullo sfondo delle interazioni che lungo la storia intervengono
fra comunicazione e persona umana, è abbozzata una “pastorale della
comunicazione”, in cui il ruolo centrale è assegnato alla spiritualità del
comunicatore. Il modello è rinvenuto in Gesù comunicatore: episodi del
vangelo, opportunamente richiamati, mostrano la competenza comunicativa di
Gesù nella sua testimonianza evangelizzatrice. L’orizzonte è dato da una
teologia dell’evangelizzazione, di cui sono disegnati gli estremi.
Il nucleo portante del saggio di G. RUGGERI, Inculturazione della fede.
Evangelizzazione della cultura. I mass media e la missione della
Chiesa, Tau, Todi 2010, pp. 183, € 18,00 si configura come case-study.
L’analisi esplora il programma televisivo “A sua immagine” nel suo contesto
genetico, nella sua infrastruttura e nelle sue dinamiche. Il caso è colto nella
sua valenza significativa per rapporto alla comunicazione della fede in
particolare nell’ambiente televisivo e nella sua portata prospettica rispetto alla
inculturazione della fede. In una quarta parte il volume raccoglie, poi, una
serie di interventi di autori diversi in tema di comunicare.
Il volume CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA (ed.), Chiesa in rete 2.0. Atti
del Convegno Nazionale (Roma, 19-20 gennaio 2009), San Paolo, Cinisello
Balsamo (MI) 2010, pp. 218, € 18,00 fa il punto sulla situazione quanto alle
modalità di frequentazione del World Wide Web da parte del cattolicesimo
italiano, soprattutto dal versante istituzionale. La messa a punto articola
quattro passaggi. In apertura, la discussione delle questioni connesse con le
tecnologie digitali affronta contestualmente sia i profili propriamente tecnici
delle innovazioni tecnologiche sia le loro ricadute antropologiche sulla persona
e sui rapporti sociali. Un secondo momento raccoglie quattro esperienze da
Chiese, rispettivamente, in Francia, Cile, Stati Uniti, Messico. Il terzo tempo è
dedicato a rapporti informativi sulle esperienze di alcune diocesi italiane. Nel
quarto passaggio sono illustrate condizioni e prospettive per una
frequentazione competente della Rete da parte delle diocesi italiane.
La proposta di A. ROMEO, Lo spazio abitato. Scenario e tecnica della
comunicazione in rete (LabMedia, 1), Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 2010,
pp. 128, € 10,00 inizia un’agile collana dedicata alla comunicazione in rete e
ai suoi riflessi sulla vita cristiana. Essa immette nel vivo della realtà della
Rete. Dunque, anzitutto infrastrutture, piattaforme, dinamismi sia individuali
sia collettivi, coordinate del vissuto umano di cui la Rete vive e che essa
consolida. L’attenzione si sposta, poi, sulle sorti della relazione educativa negli
spazi del digitale: mutamenti, crisi, prospettive. Da ultimo, l’approccio a tre
luoghi significativi della Rete diventa invito ad una sua frequentazione
intelligente e responsabile.
Il lavoro di A. PAONE, Chicchi e solchi. Obiettivi, strategie e mezzi per
una comunicazione efficace nella Chiesa (LabMedia, 3), Paoline, Milano
2011, pp. 120, € 10,00, muovendosi nel medesimo alveo del contributo
precedente, pone a tema la realtà della comunicazione sotto il profilo specifico
della comunicazione istituzionale: intende richiamare quei parametri
indifferibili quando è l’istituzione, ecclesiastica ma non anzitutto questa, a
comunicare. La figura di comunicazione è esplorata a tutto campo nella
molteplicità delle sue dimensioni ed è messa a fuoco la figura di
“comunicazione istituzionale”, con riferimento alla Pubblica Amministrazione.
Un secondo momento è interamente dedicato all’illustrazione e alla
discussione delle forme della comunicazione istituzionale intese dalla Chiesa
cattolica sulla scorta del ‘direttorio’ licenziato in proposito dalla Chiesa
italiana. Seguono, infine, indicazioni metodologiche per un efficace
confezionamento dell’evento comunicativo.
Il contributo di A. SPADARO, Web 2.0. Reti di relazione (Generazione Gi,
29), Paoline, Milano 2010, pp. 167, € 15,00 ha alle spalle una sostanziosa
famigliarità dell’Autore con la comunicazione in rete. La proposta si iscrive
obiettivamente nel genere delle istruzioni per l’uso. L’uso riguarda il Web, e
precisamente la Rete nella sua versione ad alta intensità interattiva. E poiché
la Rete è ambiente e non semplicemente strumento, l’uso richiama più
propriamente il vivere. La Rete si configura come luogo di partecipazione e
condivisione. Potenzialità promettenti e insidie rischiose si addensano nelle
relazioni in Rete. La ricognizione si muove con maestria e scioltezza fra i molti
luoghi di cui la rete si popola e di cui risulta l’universo digitale. Esplora con
competenza le diverse piattaforme digitali mettendo in luce, anche
graficamente, costi e profitti per il navigatore. Non manca, pure, di suggerire
al frequentatore della Rete, giovani in particolare, attenzioni e comportamenti
per massimizzare i guadagni in termini di umanizzazione dell’umano e
cautelarsi nei confronti dei rischi di indebolimento o perdita dell’umano. Le
istruzioni d’uso si rivelano istruzioni di vita.
Anche l’intervento di V. GRIENTI, Chiesa e Internet. Messaggio evangelico
e cultura digitale, Academia Universa Press, Milano 2010, pp. XII-128, €
16,50 tiene dietro ad altri contributi dell’Autore in tema di coinvolgimento
mediatico della Chiesa. Già nelle modalità di scrittura, il testo elabora un
consuntivo e propone un preventivo quanto all’interfacciamento di Chiesa e
Internet. Il consuntivo recupera il contesto sociale e tecnologico che
nell’ultimo decennio e poco più ha propiziato l’incontro di cattolicesimo e
comunicazione in rete. Contestualmente un’attenta rivisitazione degli
interventi del Magistero ecclesiastico e delle iniziative assunte a livello di
istituzione ecclesiastica rende conto della sensibilità ecclesiale per il mondo
mediale che in questi anni prende corpo. Il preventivo mette in conto
l’impatto antropologico delle tecnologie digitali sia per l’individuo sia per i
legami sociali e prende in carico il riconoscimento cordiale della valenza
umana e anche teologale degli strumenti della comunicazione. Su queste basi
sono rilanciate le iniziative ecclesiastiche, italiane nella fattispecie, nel mondo
di Internet.
Prof. Bruno Seveso