Intervista ad Alessandro Sanna: tra illustrazione e pittura

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Intervista ad Alessandro Sanna: tra illustrazione e pittura
Intervista ad Alessandro Sanna: tra
illustrazione e pittura
Una bibliografia di illustrazioni infinita come un fiume, quel Fiume lento di uno dei suoi ultimi lavori
illustrati per Rizzoli. Alessandro Sanna ha lavorato per Vogue, Einaudi, (recenti sono le tavole per le
edizioni Millenni). L’Espresso, Lettura, il Sole24ore gli hanno dedicato pagine prestigiose. E poi
spettacoli, interventi performativi e lezioni che puntualmente tiene all’Accademia di Bologna. Lo
abbiamo intercettato con una intervista via mail tra la Fiera di Bologna e una nuova piega artistica
che vorrebbe far prendere al suo lavoro. Non solo illustrazione ma un percorso che dia autonomia e
nuova identità ai ritagli, agli scarti, alle prove, a ciò che resta di una progettazione. Ascoltarlo è
galleggiare su una sinfonia di colori, suggestioni, squarci.
Alessandro Sanna,
illustrazione senza titolo per L’Espresso
Simone Azzoni: Come riesci a inserire il tempo nell’immagine?
Alessandro Sanna: «Il tempo è un materiale che adopero per fare immagini. Mi sono vestito di pittori
e immaginatori di ogni tempo. Il miei occhi hanno visto tanto e mi sono costretto a passarci sopra
come uno smemorato cronico. Il risultato sono gli ingredienti del mio mestiere: acqua e segno.
Questo metodo di lavoro coincide perfettamente con lo scorrere del tempo. Qualsiasi immagine io
produca avrà sempre con sé un tempo che si innesca nella mente di chi guarda i miei disegni».
Come organizzi gli spazi nella tavola? Dove vuoi condurre lo sguardo del lettore?
A. S.: «Il viaggio è un altro materiale che sta ben ritto sulla mia scrivania. Il mio gesto che sia nero o
colorato, ferma un movimento. Io lo fermo col segno e chi guarda lo muove. Tutto qui. Non medito
molto su cosa devo fare per muovere un disegno ma per mia natura sono portato ad organizzare lo
spazio di segni rapidi e precisi che per forza di cose rende l’impressione del movimento».
Illustrazione da “Fiume lento. Un viaggio lungo il Po”, Alessandro sanna, 2013, ed. Rizzoli
Le tue tavole sono concerti di armonie ma cosa rimane alla fine di questa musica?
A. S.: «Il suono concentra i due materiali sopra analizzati. Tempo e movimento producono suono.
Questo suono può essere costruito autonomamente nella testa di chi guarda. Io disegno e tu ascolti.
Cosa ascolti? Non so e non voglio saperlo. Spesso lavoro in silenzio e l’unico suono è quello del
pennello e dell’acqua. Mi piacerebbe assomigliare a un’aria di Frescobaldi».
Alessandro Sanna, illustrazione da
“Moby Dick”, Ed. Alessandro Beradinelli, 2013
Qual è per te il colore più importante?
A. S.: «Utilizzo molto il blu ma senza il bianco i miei colori non servirebbero a niente. Il bianco è
spazio, tempo, suono, emozione, luce. Tutto qui. Posso dire che il bianco è la gestazione, il pensiero
che cerca la forma. Il momento magico».
Che differenza c’è tra illustratore e pittore?
A. S.: «I limiti sono sottilissimi. Si parla in primo luogo di riproducibilità, ma esiste altro. Forse un
atteggiamento nel far esistere l’immagine. Il pittore occupa tutto il tempo della tua mente mentre
l’illustratore ti fa intuire una sequenzialità e appunto un movimento. Un prima e un dopo. La pittura
congela il tempo, l’illustrazione lo compone».
Alessandro
Sanna, da “Mondo”, acquerello, 2015
Ci spieghi il rapporto tra la tua mano e il tuo sguardo sulle cose?
A. S.: «Disegno e dipingo da quando ho scoperto che il tempo sul foglio è un tempo che posso gestire
come mi pare. Gli esiti di questa dedizione sono spesso frustranti ma con il passare del tempo ho
imparato a conviverci. La mia mente ha imparato ad assecondare la mano e viceversa. Una volta che
lo scambio mente e mano è diventato maturo sono cresciute di pari passo le possibilità di riuscire,
non capisco bene come, di restituire l’energia che fa diventare una immagine una buona immagine.
Una buona immagine è quella che non solo restituisce dignità al soggetto rappresentato ma ne crea
il suo archetipo. Difficile progettare questa energia perché è solo con la disponibilità e la pazienza
del duro lavoro che si arriva a sciabolare il giusto segno, il giusto colore e la giusta energia».
Alessandro
Sanna, da “Mondo”, acquerello, 2015
Qual è il tuo rapporto ludico con gli strumenti?
A. S.: «Gli strumenti sono medium che devono scomparire nelle mani. Non bisogna sentire lo
strumento ma solo gli occhi. Mi spiego meglio: quando dipingo o disegno una figura non penso allo
strumento che ho in mano ma a quello e solo quello che lo strumento sa fare. La mano e lo
strumento devono essere tutt’uno. Per questo mi adopero come un atleta alla conoscenza delle
prestazioni dello strumento. Quando capisco mi dimentico dell’oggetto e inizio a lavorare. Sono
contento del risultato quando il mezzo che uso viene dichiarato agli occhi di chi guarda».
Ci racconti la tua esperienza professionale più creativa o gratificante?
A. S.: «Difficile dirlo…
Forse la prima. Quando da studente di terza superiore ho fatto piangere la mia professoressa
mostrandole un disegno di mio nonno che era venuto a mancare pochi giorni prima. Il disegno era
così potente che me lo hanno rubato. Forse quel giorno ho capito di trasmettere energia con le mie
immagini».
Simone Azzoni