MISTICHE E PROFETESSE IN ITALIA AI TEMPI DEL PETRARCA
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MISTICHE E PROFETESSE IN ITALIA AI TEMPI DEL PETRARCA
DÁVID FALVAY MISTICHE E PROFETESSE IN ITALIA AI TEMPI DEL PETRARCA Nel 1366 Francesco Petrarca indirizza una lunga lettera al papa Urbano V, scrivendogli: „Vero è però che dovunque Cristo s’adora, ivi hai tu sede: ma mentre questo senza dubbienza veruna concedo e professo, a me pure dovrai tu concedere che per qualche ragione, anzi per molte, più che ad ogni città tu sei legato a Roma.”(Seniles VII: 395) E poi continua l’argomentazione retoricamente ricchissima per convincere il pontefice che in quei tempi aveva la sede ad Avignone – come ben sappiamo – di tornare a Roma. Il poeta usa gli argomenti più eloquenti come ad esempio: „Han tutti i popoli il loro vescovo, al suo Pontefice Roma inutilmente sospira (...) la città regina piange la sua vedovanza.” (Seniles VII: 392) Poi cerca di usare anche dei toni personali ed osa a chiedere al sommo pontefice: „Ma come puoi (deh perdona, o clementissimo Padre questo ardito linguaggio!) dormir tranquillo sotto i tetti dorati, in riva al Rodano, mentre il Laterano cade in rovina...?” e ancora: „Come puoi chiamarti Urbano, che è quanto dire romano, e fuggire intanto da Roma?” (Seniles VII: 393, 398) E finalmente verso la fine dell’epistola lunghissima adotta l’argomento più forte, scrivendo: „Io credo (...) che Cristo nostro Signore sia commosso a compassione de’ suoi fedeli: credo ch’ei voglia por fine ai mali da noi durati in questi anni: ed a principio di un aureo secolo, credo ch’ei voglia all’antica e propria sede, ed allo stato della fede primiera richiamar finalmente la Chiesa sua ...” (Seniles VII: 398) La lettera di cui ho citato questi brani nella bella traduzione – un po’ arcaica – di Giuseppe Fracassetti, costituisce da sé il settimo libro delle Seniles. Circa dieci anni dopo una contemporanea di Petrarca di nome Caterina Benincasa – che è diventata conosciuta con il nome di Santa Caterina da Siena – scrive al nuovo papa Gregorio XI, successore di Urbano V queste parole: „Oimè, dolce padre mio, con questa dolce mano vi prego e vi dico, che veniate a sconfiggere li vostri nemici. Da parte di Cristo crocifisso vel dico: non vogliate credere a’ consiglieri 63 del dimonio, che volsero impedire il santo e buono proponimento. Siatemi uomo virile, e non timoroso. Rispondete a Dio che vi chiama che veniate a tenere e possedere il luogo del glorioso pastore santo Pietro, di cui vicario sete rimasto. E drizzate il gonfalone della croce santa: ché come per la croce fummo liberati (così disse Paolo), così levando questo gonfalone il quale mi pare refrigerio de’ Cristiani saremo liberati, noi dalla guerra e divisione e molte iniquità, il popolo infedele dalla sua infidelità.” (Caterina 1987: Lettera CCVI) Il contesto storico di queste due lettere da me citate è ben conosciuto: i papi all’inizio del Trecento (1305) avevano scelto Avignone per la sede della Chiesa e ci rimasero fino al 1377 (la cosiddetta cattività avignonese). Sollecitare il ritorno del papato a Roma era un interesse comune di tanti italiani e si attivarono i personaggi più influenti dell’epoca per convincere il papa attuale di tornare al luogo del glorioso pastore santo Pietro. Per Petrarca questo fu uno dei pochi obiettivi di politica attuale per cui attivò il suo genio letterario, mentre per Caterina da Siena il ritorno desiderato sarebbe stato parte di un globale rinnovo morale e religioso della Chiesa. Anche se il Petrarca non vide il ritorno finale del papa alla riva del Tevere (essendo morto 3 anni prima della decisione finale di Gregorio XI), anche egli poté vedere in un certo senso il frutto della sua attività, visto che Urbano V già nel 1367 fece un tentativo di tornare in Italia. Petrarca in un’altra lettera si congratula con lui e cerca di confortarlo in modo che non fosse intimidito delle difficoltà enormi provocate dalla situazione caotica di Roma: „Tu, come Cristo Gesù comanda ed insegna la correggerai: che se non venga lasciata in abbandono, d’esser corretta e curata ella è capace. Non voler tu dunque ritrarti da una breve fatica, che deve fruttarti eterno premio.” (Seniles IX.1: 29). Ma le parole ardenti del Petrarca furono scritte invano, visto che Urbano ritornò in Francia nel 1370, dove morì fra poco.1 Caterina da Siena nel 1377, ebbe la fortuna di vedere ancora l’acclamato ritorno in Italia di Gregorio XI, avvenuto 3 anni prima della morte. Così 1 Per un riassunto recente del contesto storico in generale, e specialmente per quanto riguarda la cattività avignonese e il ritorno dei papi si veda Németh-Papo 1994: 114115. 64 Petrarca non poté vedere che la Chiesa occidentale dopo il ritorno alla sede originale cadeva in una crisi istituzionale e morale ancor più grave: quello dello scisma dell’occidente (1378-1417), e anche Caterina ne vide appena l’inizio. La ricerca ha spesso discusso su quanto in realtà contribuì l’attività di Petrarca e soprattutto quella di Caterina nelle decisioni dei due pontefici2 ma il mio obiettivo in questo saggio è ben diverso. Cercherò di comprendere il contesto spirituale in cui nasce questo ardore politico e di analizzare quel processo storico-religioso che si è completato appunto nel Trecento. Va subito precisato che Caterina da Siena (+1380) non fu l’unica donna religiosa a dedicarsi a questo scopo politico concreto. Accanto a lei è da menzionare anche la sua contemporanea, santa Brigida di Svezia (+1373). Questa famosa mistica visionaria svedese proprio per l’importanza che attribuiva all’Urbs vi si trasferì e visse a Roma dal 1349 fino alla morte nel 1373, e anche lei sollecitò tante volte nelle sue famose rivelazioni il ritorno del papato da Avignone. Possiamo però essere d’accordo con l’opinione di Claudio Leonardi che distinguendo l’attività pubblica di Caterina da quella di Brigida: “Ma Brigida non si rivolge solo e principalmente al Papato, benché avesse già apostrofato con dure parole Clemente VI (1342-1352) e chiesto a lui e ai suoi successori il ritorno a Roma. Il suo messaggio profetico è piuttosto rivolto ai popoli dell’Europa, ai vari gruppi di potere, e in questo senso anche al pontefice. Il messaggio di Caterina ha invece come oggetto principale la Chiesa e in essa il Papato.” (Leonardi 2001: 179-180). In questo senso l’attività pubblica di Caterina è più marcatamente indirizzata al papato, e come tale è più adatta per la nostra analisi. 2 “…finally convinced the pope to return to Rome from Avignon…” (Petroff 1986: 240) e “Caterina contribuì senza dubbio, e forse in termini decisivi, a determinare Gregorio XI a trasferire la sede papale da Avignone a Roma.” (Leonardi 2001:187) cfr. “…il ruolo che effetivamente ella svolse negli avvenimenti del 1376-78 è assai discusso dagli storici nel corso degli ultimi decenni…” (Vauchez 1989: 280) 65 Anche se la vita, la religiosità e le opere di Caterina e di Brigida sono state sempre studiate, dobbiamo senz’altro notare un boom degli studi negli ultimi decenni. Per quanto riguarda Caterina soprattutto dal sesto anniversario della morte (nel 1980) si sono intensificate le ricerche e le pubblicazioni: incominciando dagli Atti del Simposio internazionale cateriniano-bernardiniano (Simposio 1982) attraverso i saggi importantissimi di Claudio Leonardi, Peter Dinzelbacher, e André Vauchez (Leonardi 1988, Leonardi 2001, Dinzelbacher 1993, Dinzelbacher 1995, Vauchez 1989, Vauchez 2000), fino agli esponenti delle tendenze moderne o postmoderne della storiografia come Rudolph Bell, Caroline Walker Bynum o Elisabeth Petroff (Walker Bynum 2001, Bell 1998) Anche da parte degli ungheresi negli anni ’90 Caterina da Siena venne studiata da Tibor Klaniczay (per capire il rapporto tra il suo culto quattrocentesco da parte dei domenicani e quello di Margherita d’Ungheria) e da Gábor Klaniczay per il suo studio comparatistico sui “modelli di santità femminile in Italia e in Ungheria” (Fortuna 1995, Modelli 1995). Anche la ricerca su Brigida di Svezia è diventata intensa nell’ultimo periodo oltre ai numerosi studiosi svedesi – tra i quali vorrei accennare al saggio del 1993 scritto da H.T. Gilkaer, intitolato The Political Ideas of St. Brigitta and her Spanish Confessor Alfonso Pêcha (Gilkaer 1993) per quanto riguarda la ricerca internazionale vanno menzionati anche qui i nomi di André Vauchez e Caroline Walker Bynum (Vauchez 1999, Vauchez 2000, Walker Bynum 2001). Caterina e Brigida di Svezia sono conosciute nella storia religiosa come mistiche. Anzi sono proprio loro ad essere nominate come le esponenti più importanti della mistica trecentesca.3 La mistica come è ben risaputo indica una religiosità intima, l’annullamento di sé nel Cristo e l’unione con Dio (unio mystica). Come possiamo far conciliare questo – che è indubbiamente presente nelle opere delle due scrittrici, soprattutto nel Dialogo della divina provvidenza dettata da Caterina in estasi, o le rivelazioni di Brigida – a quest’attività politica concreta? Quando parliamo di attività politica oltre alle opere scritte (lettere, Caterina una delle due donne che sono state dichiarate “dottore della Chiesa”, e in più Giovanni Paolo II. nel 1999 dichiarò entrambi le mistiche conpatrone d’Europa. 3 66 rivelazione), dobbiamo pensare anche alle ambascerie e missioni politiche di pacificazione per esempio da parte di Caterina la quale nel 1376 viaggiò fino ad Avignone per ottenere la pace tra Firenze e il papa. In altre parole come possiamo spiegare la duplicità tra la religiosità mistica e il potere informale politico che queste donne esercitavano su un mondo tradizionalmente ritenuto dominato dagli uomini? Volendo introdurre una distinzione terminologica tra questo tipo di attività pubblica-politica e la religiosità personale, possiamo usare seguendo Claudio Leonardi e André Vauchez i termini ‘profezia’ per la prima e ‘mistica’ per la seconda.“Per il carattere di questa sua presenza, il titolo che meglio la definisce è quello di profeta. Perché profezia significa nella tradizione cristiana sì il dono di conoscere il segreto dei cuori umani e di prevedere il futuro; ma in senso proprio questo dono è funzionale alla guida storica del popolo cristiano, non al suo vantaggio spirituale quanto piuttosto al suo comportamento politico.” (Leonardi 2001: 179) Anche se mistica e profezia sono quasi sempre mescolati nel caso delle donne da noi studiate, a mio avviso costituiscono una distinzione utile per chiarire la problematica. La mistica femminile – di cui Caterina e Brigida sono esponenti emblematici – così come ci appare nel pieno Trecento è frutto di un lungo processo che pur avendo le sue radici lontane già nella letteratura patristica, inizia a cavallo del XII-XIII secolo. Questo periodo per tanti aspetti significa un cambiamento così radicale nella cultura medievale che secondo l’opinione forse del maggior medievista vivente, Jacques Le Goff significava una rottura più significativa in Occidente che il Rinascimento nel Quattro- e Cinquecento.4 Per il nostro argomento il 4 ...E quello a cui si è dato il nome di Rinascimento non mi sembra pertinente. La maggior parte dei segni carattersitci per mezzo dei quali si è voluto riconoscerlo sono apparsi ben prima dell’epoca (secoli XV-XVI) in cui il Rinascimento viene collocato. Il “ritorno all’antico” si manifesta fin dal secolo XIII (...) Lo stato “machiavellico” è già presente nella Francia di Filippo il Bello. La prospettiva entra nell’ottica e nella pittura già alla fine del secolo XIII. La lettura si diffonde ben prima della galassia di Gutenberg (...) Fra la fine del secolo XII e gli inizi del XIII l’individuo si afferma con altrettanta forza che nell’Italia del Quattrocento (...) in campo religioso gli ordini mendicanti apportano più novità e cambiamenti alla religione 67 fenomeno più interessante è ovviamente il rinnovamento della religiosità, che si manifesta in varie forme: dalla fioritura dei movimenti laici ed ereticali, attraverso la nascita degli ordini mendicanti, fino a un nuovo ruolo delle donne nella spiritualità e nella vita religiosa. Questo ambiente religioso rinnovato è anche indicato da studiosi come „la democratizzazione della religiosità.” Ed è proprio questo il periodo cioè tra il XII e XIII secolo quando possiamo constatare che le donne cominciavano a richiedere un ruolo più attivo nella vita spirituale: basta a menzionare la loro attiva presenza nei movimenti laici, o il movimento esclusivamente femminile delle beghine, o il ruolo decisivo che le donne giocavano nei nuovi ordini mendicanti (basta a pensare a Chiara d’Assisi). Come ha scritto André Vauchez “la vita religiosa tendeva ad uscire dai chiostri per diventare accessibile a tutti i fedeli, e soprattutto alle donne che, per la prima volta dopo secoli, si accingevano a svolgere nuovamente un ruolo di rilievo nella Chiesa.” (Vauchez 1989: 267-268) La mistica naturalmente non nasce nel secolo XII e non è neanche una caratteristica esclusivamente femminile, ciononostante, come ci fa notare Peter Dinzelbacher, “...la grande corrente della mistica femminile erompe solo dopo il tornante dal XII al XIII secolo, per proseguire fino all’epoca moderna.” (Dinzelbacher 1995: 128) All’interno di questa corrente l’Italia soprattutto dalla metà del Duecento ebbe un posto centrale. In questa parte del mio saggio cercherò dunque di riassumere alcuni aspetti delle esponenti più importanti della mistica femminile in Italia tra il Due- e Trecento per poter rispondere alle nostre domande originali: 1) quale sia il contesto spirituale e le radici storiche dell’attività politica delle mistiche trecentesche che le collegano così sorprendentemente a un personaggio così diverso come Francesco Petrarca, 2) come possiamo interpretare la duplicità o addirittura contraddizione virtuale tra la mistica, come esperienza religiosa personale, intima e la profezia, intesa come attività pubblica o politica. Per presentare il contesto e le radici esaminerò brevemente 3 esponenti della mistica femminile italiana: Margherita da Cortona (m. 1297), Chiara da Montefalco (m. 1308), e Angela da Foligno (m. 1309). cristiana di quanto faccia poi il Concilio di Trento (...) Occorre quindi liberarsi dall’intoppo del Rinascimento. (Le Goff 1999: XIX-XX) 68 Le tre mistiche che vengono in questa parte della mia relazione analizzate sono quelle più conosciute tra le tante che in Italia tra il 1200 e 1350 vissero una vita spiritualmente attiva: Peter Dinzelbacher nella sua “panoramica” della “mistica e profezia femminile nel Medioevo” elenca 19 solo nell’Italia settentrionale, merte Rudolph Bell addirittura ne conta 71. (Dinzelbacher 1995, Bell 1998) Esse in un certo senso – come ha dimostrato Gábor Klaniczay – sono rappresentanti di un nuovo “modello di santità” che inizia a formarsi con Chiara d’Assisi e “poi trovò un’affermazione impressionante nella persona di Santa Caterina da Siena”, appunto. (Modelli 1995: 96). Gli studiosi normalmente ritengono Margherita da Cortona, Chiara da Montefalco e Angela da Foligno le esponenti più tipiche e influenti della mistica duecentesca italiana, con altre parole loro sarebbero le tappe di quel processo storico-religioso inizia con Chiara d’Assisi e porta a Cateria da Siena e Brigida di Svezia. Ovviamente – come si è detto – ci sono tante altre mistiche che andrebbero esaminate, tra le quali spiccano forse – oltre a quelle già menzionate – in nomi di Umiliana de’ Cerchi (+1246), Rosa da Viterbo (+1252), Guglielma da Milano (+1282), Agnese di Montepulciano (+1317). In questa sede ovviamente posso dare un’immagine limitatissima, perciò mi contentrerò esclusivamente all’analisi del rapporto ambivalente tra mistica e attività pubblica. Cronologicamente la prima delle tre mistiche che vorrei sinteticamente trattare è Margherita da Cortona (1247-1297). Ella fuggì a Cortona da Laviano con un figlio illeggittimo. A Cortona entrò in contatto con i frati francescani, e da allora si dedicò alla penitenza e alla carità, e nel 1275 ottenne di essere ammessa nel terzo ordine. La sua vita e la sua religioità è stata tramandata dalla Vita latina scritta da uno dei suoi confessori, Giunta Bevegnati. Durante una delle sue belle rivelazioni troviamo descritto un dialogo tra lei e Cristo che a mio avviso caratterizza bene la sua religiosità: “il Signore le disse: - Figlia mia mi ami tu? e Margherita rispose:- non soltanto, Signore, io ti amo, ma desidero, se questo piace a te, anche di stare nel tuo cuore -. E il Signore: Perché vuoi entrare nel mio cuore e non entri piuttosto nella ferita del mio costato?…” (Scrittrici 1988: 117). Claudio 69 Leonardi e Giovanni Pozzi descrivono la caratteristica principale della sua spritualità così: “questa duplice dimensione, mistica e insieme caritativa, ritirata dal mondo e in esso coinvolta, è la sua caratteristica. Tutto in realtà si è svolto nel suo intimo: la sua esperienza di Dio ha trovato parole tradizionali per manifestarsi quelle dell’amore e della croce. La croce, il nulla di Dio, la sua assenza, la porta a disperarsi, a gridare come pazza…” (Scrittrici 1988: 110). Anche la seconda mistica che vorrei brevemente menzionare ebbe una vita spirituale simile a Margherita. Chiara da Montefalco (12681308) iniziò la sua esperienza attivamente religiosa a soli quattro anni. A sei anni lasciò i genitori raggiungere sua sorella a vivere la vita reclusa. E visse tutta la sua vita nel reclusiorio, (il quale nel 1290 cambiò sede, e adottò la regola di sant’Agostino) e nel 1291 ne diventò badessa. Putroppo anche in questo caso possiamo conoscere la sua devozione da fonti indirette cioè dalla Vita da Berengario di Saint-Affrique scritta e inoltre dagli atti del processo di canonizzazione pubblicati da Enrico Menestò, ma anche così possiamo avere un’immagine su di lei. Chiara sin da piccola fanciulla ebbe numerosi rivelazioni, rapimenti e visioni, di cui nelle fonti troviamo descritto soprattutto i “sintomi” esteriori, visivi, cioè corporali. “In tali rapimenti il volto di Chiara era ora rosso, ora pallido, ora nello stesso rapimento mutava più volte il colore. Le sue membra erano agitate, ora tutte ora alcune, da un movimento velocissimo, mentre qualche volta rimanevano immobili. Il corpo stava ora dritto come una statua, ora seduto o inginocchiato a talvolta disteso.” (Scrittrici 1988: 207). È da notare che anche il “miracolo” più emblematico di Chiara – ovvero che dopo la morte le sue consorelle trovarono nel suo cuore gli strumenti della passione di Cristo – è del tutto di carattere corporale. Questo genere di descrizione che concentra sull’aspetto esteriore fisico, ci informa per lo più non della vera e propria esperienza mistica, ma testimonia l’impossibilità o estrema difficoltà di esprimere una tale esperienza, come afferma lo stesso biografo di Chiara da Montefalco: “Benché delle visioni e rivelazioni che Chiara 70 aveva in tali rapimenti non si possa sapere nulla con certezza, neppure quanto essa stessa con grande difficoltà, raramente, in maniera incompleta e oscuramente riferiva...” (Scrittrici 1988: 207). Nonostante le difficoltà, in base alle poche parole di Chiara trasmesse dal biografo, e inoltre dalle testimonianze delle sue consorelle durante il processo di canonizzazione possiamo avere un’immagine approssimativa della spiritualità di Chiara da Montefalco. La sua mistica è maggiormente cristologica, e accentuando l’aspetto della sofferenza e passione di Gesù. Come dicono Leonardi e Pozzi: “L’immedesimazione di Chiara al Dio sofferente rappresenta il vertice della sua esperienza mistica… a questo vertice essa perviene attraverso un cammino di contemplazione orientato verso l’umanità di Dio.” (Scrittrici 1988: 204). Angela da Foligno (1248-1309) può essere ritenuta la rappresentante più originale e più profonda della mistica femminile due- e trecentesca. Nonostante questo, per certi versi la sua religiosità è vicina alle sue due contemporanee analizzate di sopra. Angela rimane laica entrando al terz’ordine francescano. Direttamente non scrisse neanche lei, ma nel suo caso il suo Libro (o Memoriale) scritto da Arnaldo trasmette più direttamente i suoi pensieri che le fonti agiografiche nel caso di Chiara da Montefalco. Nel caso di Angela l’attività pubblica è ancor meno accentuata che nei casi di Chiara e Margherita e si limita a una presa di posizione nei conflitti tra i diversi correnti all’itnerno dell’ordine francescano. Nonostante questo la sua indipendenza spirituale la rende secondo l’opinione un’esponente tipica della religiosità laica della sua epoca: “Angela è un caso singolarmente adatto a divenire emblema della laicità della mistica femminile, perché insieme al rifiuto del suo mondo, è altrettanto evidente la perentorietà del desiderio in lei di trovare un modo totalmente autonomo di costruire la vita, la persona la perfezione e la salvezza.” (Santi 1992: 110). Comunque la vera grandezza di Angela – a mio avviso – sta nella sua estrema espressività di rendere comprensibile anche al pubblico, cioè anche a quelli che non ne sono partecipi, l’esperienza mistica. Claudio Leonardi descrive con queste parole Angela: “L’itinenario di Angela 71 non è tanto un andare verso Dio, ma un andare in Dio … la sua storia sarà in questo senso tutta una pazzia interiore, cioò una conoscenza mistica altissima.” (Scrittrici 1988: 141.) In base alle caratteristiche che abbiamo molto brevemente analizzato di Margherita da Cortona, Chiara da Montefalco e Angela da Foligno dobbiamo constatare che tutte e tre appartengono – con le parole di André Vauchez alla “corrente mistica” e “tutte condividono un tratto comune: hanno cercato l’unione con Dio nell’approfondimento della propria spiritualità individuale.” (Vauchez 1989: 273). Come abbiamo già menzionato di sopra questa è una caratteristica che le collega a Caterina da Siena e Brigida di Svezia, ma una differenza sostanziale sta nel fatto che proprio quell’attività pubblica-politica della quale stiamo cercando le radici è meno accentuata nel caso delle mistiche duecentesche. Anche se anche in un certo senso già le mistiche duecentesche qualche volta intevennero negli affari pubblici della loro città quest’attività significava la “semplice” preghiera per la pace (Chiara d’Assisi) o polemiche antiereticali (Margherita da Cortona, Chiara da Montefalco), o prendere posizione nelle lotte interne dell’ordine francescano (Angela da Folgino), ma saranno solo Caterina da Siena e Brigida di Svezia ad osare di “intervenire apertamente nelle sfere più alte della politica ecclesiastica” (Modelli 1995: 102). In questo senso possiamo constatare che il fenomeno che abbiamo chiamato ‘profezia’, ovvero l’attività politica insieme alla mistica è una novità del Trecento e come ha rivelato Vauchez “...dobbiamo attendere la metà del secolo XIV per assistere al fiorire di una corrente visionaria e profetica, la cui fondatrice fu santa Brigida di Svezia ... e la contemporanea Caterina da Siena” (Vauchez 1989: 268). Quest’uso specifico del “potere soprannaturale” cioè il profetismo politico femminile è un fenomeno che poteva svilupparsi solo nelle condizione del Trecento quando la crisi istituzionale e morale della Chiesa – prima con la cattività avignonese, poi dal 1378 con la scisma dell’Occidente – lo rese possibile. 72 Abbiamo cominciato il presente saggio rievocando lo sforzo politico che sia Caterina da Siena e Brigida di Svezia sia Francesco Petrarca fecero per sollecitare il ritorno del papato da Avignone a Roma, abbiamo anche citato le loro lettere scritte ai pontefici. Dobbiamo però ammettere che sarebbe difficile trovare altri fenomeni simili tra le mistiche trecentesche e il Petrarca oltre a quest’unica azione politica. Anzi, per certi aspetti sono degli opposti: un esempio citato da André Vauchez è che Caterina e Brigida erano – come quasi tutte le donne dell’epoca – illiteratae, nel senso che „era stata impartita loro una istruzione limitata. Brigida apprese faticosamente il latino a Roma, e Caterina lo comprendeva in modo appena approssimativo. La loro formazione, comunque poggiava più sulla Sacra Scrittura che sulla teologia...” (Vauchez 1989: 296). Brigida formulò addirittura la sua opinione negativa sulla cultura dotta – così centrale per il Petrarca – così: “Nam mater mea carissima simplicissima fuit, Petrus idiota, Franciscus rusticus; et tamen plus profecerunt animabus quam magis eloquentes quia perfectam caritatem ad animas habuerunt.” (cit. Vauchez 1989: 296) Un altro aspetto che vorrei sottolineare è che Petrarca sin dal suo tempo è stato sempre ritenuto un classico, un padre della letteratura italiana, mentre le scrittrici mistiche del suo tempo hanno trovato difficilmente e molto tardi il loro posto nella storia della letteratura italiana: anche se già Don De Luca ne incorporò alcune nel suo grandioso progetto della storia della pietà, si dovrà aspettare fino agli anni ottanta-novanta che la letteratura mistica ricevesse l’attenzione che meritava, ad esempio con l’antologia intitolata Scrittrici mistiche italiane curata da Claudio Leonardi e Giovanni Pozzi.5 L’ultimo fenomeno con cui vorrei concludere è che uno dei “luoghi comuni” su Petrarca è che lui fosse per certi aspetti un precursore dell’età moderna. Dobbiamo aggiungere che proprio 5 Le edizioni che Don Giuseppe De Luca iniziò, in parte insieme a Romana Guarnieri sono la rivista Archivio Italiano per Storia della Pietà, e la collana Edizioni di Storia e Letteratura, e l’antologia redatta da De Luca, intitolata Prosatori minori del Trecento I.: Scrittori di religioni (Milano-Napoli 1954, Torino 1977), Per quanto riguarda l’antologia del 1988 di Claudio Leonardi e Giovanni Pozzi è interessante notare che recentemente è stata pubblicata anche in lingua ungherese (Scrittrici 1988). 73 l’attività politico-profetica di Brigida di Svezia e Caterina da Siena è un elemento che le lega molto di più alla religiosità dell’età moderna che alla mistica femminile duecentesca: infatti, il filone delle “profetesse” trecentesche fu continuato anche nella prima età moderna con le “sante vive” o “profetesse di corte” come è stato dimostrato dalle ricerche di Gabriella Zarri e di Adriana Valerio. (Valerio 1995, Zarri 1990) A prima vista sembra difficile capire come potevano da un lato il Petrarca, il “primo intellettuale moderno,” “il padre della filologia” e quelle donne estatiche, visionarie e illititerate dall’altro canto lottare per un obiettivo politico comune. Ma sia l’uno che l’altro appartengono alla spiritualità del Trecento italiano e in generale a quella dell’ultimo periodo del Medioevo europeo. 74 Bibliografia Bell 1998 Benvenuti Papi 1982 Caterina 1987 Dinzelbacher 1993 Dinzelbacher 1995 Fortuna 1995 Frugoni 1992 Gilkaer 1993 Guarnieri 1992 R. Bell, Santa Anoressia, Roma-Bari A.Benvenuti Papi, “Margherita filia Ierusalem” in AA.VV. Toscana e Terrasanta nel Medioevo. Firenze Caterina da Siena, Lettere, (a cura di U. Meattini) Torino P.Dinzelbacher, “L’azione politica delle mistiche nella Chiesa e nello Stato: Ildegarde, Brigida, Caterina” in AA.VV. 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