`Conoscenza` in Dizionario dei temi letterari
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`Conoscenza` in Dizionario dei temi letterari
Dizionario dei temi letterari Ceserani-Domenichelli-Fasano CONOSCENZA, SAPERE, FAUSTISMO 1. Il legame fra conoscenza e caduta è iscritto geneticamente nella storia della cultura occidentale. Il desiderio di sapere è infatti associato in epoca antica alla hybris, alla tracotanza, al desiderio di superari i limiti imposti dal volere degli dei. La prima infrazione al codice divino promossa dall’uomo è quella di Adamo ed Eva che nel primo libro della Bibbia (Genesi 3, 1-24) contravvengono alle istruzioni di Dio e mangiando dall’albero della conoscenza scoprono la propria nudità, condannando se stessi alla coscienza del limite e quindi alla sofferenza. I miti di Prometeo e di Icaro sono ascrivibili alla medesima costellazione di motivi e di elementi. Nella tragedia di Eschilo (460 a.C.), Prometeo incatenato, il legame fra conoscenza e hybris è chiara: il titano viene condannato da Zeus al supplizio eterno non solo per aver regalato il fuoco agli uomini, quanto il numero e l’alfabeto come base del sapere umano, pietre d’angolo di ogni processo conoscitivo e tecnico dell’uomo (vv. 442-444 e 459-461). Una simile descrizione del mito del progresso si trova anche nell'Antigone (441 ca a. C.) di Sofocle e ne Le Supplici (415 a.C) di Euripide. Nel Prometeo di Eschilo inoltre la conoscenza è sì causa dell'espulsione e della caduta della divinità, ma diventa anche schermo alle sofferenze umane e strumento per affrancarsi dal dominio del sovrannaturale. Allo stesso modo Gregory Bateson legge il Libro di Giobbe come un testo sul sapere e la conoscenza che emerge in risposta alle sofferenze scatenate dalla sfida di Satana a Dio e che vede, appunto, Giobbe come vittima innocente. Esemplari a proposito sono le parti dedicate all’Elogio della sapienza (28, 1-28) e alla Sapienza creatrice (38, 2 ss.) dove la risposta divina al giusto che soffre diventa una storia naturale della creazione e della geometria del mondo. La figura di Prometeo è importante inoltre perché incorpora alcune caratteristiche che saranno poi riprese dalla moderna figura di Faust: il tentativo di trasferire all’uomo competenze divine, le capacità profetiche, l’amministrazione del fuoco come simbolo satanico e alchemico, la punizione infernale. Sviluppi posteriori del mito vedono inoltre Prometeo nelle vesti di Shamael (in ebraico, «veleno-demone»), ovvero come aiutante di Zeus, come angelo caduto—e per tanto successivamente associato a Efesto, il fabbro divino, scacciato dall’Olimpo e confinato nelle viscere della terra. 2. La hybris di un’altra figura mitologica, quella di Icaro (connessa a Dedalo, tecnico e artigiano, doppio mortale di Efesto), viene anch’essa innestata nella posteriore tradizione faustiana: il volo e la conseguente caduta sono attributi sia degli angeli-demoni e dei maghi. Il motivo della 1 tentazione e della sfida a Dio è infatti spesso accompagnato dal topos del volo, come nel caso delle tentazioni di Cristo in Matteo (4, 1-11). Volo e caduta sono caratteristiche riscontrabili anche nella figura di Simon Mago, uno dei prototipi faustiani della cultura cristiano-primitiva. Sia nelle Recognitiones (IV sec. ca.) che nella biografia di Pietro inclusa nella Legenda Aurea (1263-73) di Jacopo de Voragine, Simon Mago si presenta come un rivale di Cristo e un oppositore degli apostoli, il quale con l’aiuto di Satana riesce a dimostrare la propria potenza soprattutto producendosi in voli spettacolari, ma che alla fine viene sconfitto dalle preghiere dei discepoli di Cristo e fatto cadere. Nella figura di Simon Mago, e successivamente in quella di Faust, è intuibile non solo il coagularsi di motivi greco-cristiani ma anche le tipologie antropologiche del trickster e dello sciamano. Lo sciamano incarna infatti il ruolo del guaritore, del filosofo, del mago e del naturalista che si prodiga in una spasmodica lotta contro divinità a lui avverse, e possiede inoltre la capacità di levitare. La figura di Simon Mago si innesta inoltre nel diffondersi della tradizione gnostica in Europa nei primi secoli della cristianità, tradizione di tipo sincretico che ripensa il cristianesimo attraverso il rinvio a elementi derivati dalle religioni misteriche, dalle correnti magico-astrologiche dell’Oriente, dallo Zoroastrismo, dalla qabbalah e dal giudaismo alessandrino. Come Pico della Mirandola ricorda nelle sue 900 tesi (1486), la parola “mago” deriva dal persiano e rinvia sia alla figura del “filosofo” e del “saggio” della tradizione greca, sia a quella del profeta e del cabalista della cultura ebraica. Elemento comune alle varie tendenze gnostiche è l’insistenza sull’elemento conoscitivo inteso come illuminazione riservata a pochi iniziati. Di fronte a questa conoscenza privilegiata, fede e azione non rivestono alcuna importanza. Anche il leggendario “profeta” della cultura gnostica, Ermete Trimegistro, incarna molti degli elementi propri delle anteriori rappresentazioni prometeiche come sovrapposizione delle figure angeologiche di Hermes-Mercurio, e del dio egiziano Theuth, scriba degli dei e depositario della sapienza divina che, analogamente a Prometeo nella mitologia greca, insegnò l’uso della scrittura e delle leggi agli egiziani. Ricordiamo poi che la cultura gnostica avrà vasta diffusione in epoca rinascimentale, influenzando autori e filosofi come Giordano Bruno, «mago ermetico del tipo più radicale, con una sorta di missione magico-religiosa» (F. A Yates), soprattutto in De gl’heroici furori (1585) e nello Spaccio de la bestia trionfante (1584)]. 3. Altro celebre mago della tradizione medievale è Merlino. Nelle rappresentazioni fornite da Geoffrey de Monmouth in Vita Merlini (1148) e da Robert de Boron in Melin (fine XII sec.), Merlino è esplicitamente descritto come un anti-Cristo, concepito dall’unione di una monaca di discendenza reale e un demone. Il susseguente battesimo lo libera però dall’influsso satanico 2 facendone una figura sempre ambigua e liminale, ma più composita e meno scissa del successivo Faust. Figura sacerdotale e sciamanica, Merlino è mago e profeta, filosofo e astronomo, saggio e bardo che vive relegato nelle foreste in una continuità panica col naturale. La figura letteraria più celebre in epoca medievale rispetto al rapporto fra conoscenza e dannazione in una prospettiva già tutta pre-moderna, rimane comunque quella di Ulisse nel canto XXVI dell’Inferno di Dante. Proverbiale è la terzina: «Considerate la vostra semenza:/fatti non foste a viver come bruti,/ma per seguir virtute e conoscenza.» (Inf., XXVI, 118-120) Già Cicerone in De finibus (V, 18) (45 a.C.) osservava come nell’episodio delle sirene nell’Odissea, queste promettessero a Ulisse la conoscenza, perché comprendevano che a un uomo desideroso di sapere, la scienza potesse essere più cara della patria stessa. Anche nel caso della Commedia il «folle volo» raccoglie una serie di suggestioni classiche che associano la figura di Ulisse sia a quella di Adamo che a Icaro (si vedano i commenti di Mattalia e Siena). Come spiega il Trucchi «folle in Dante indica sempre irriverenza verso Dio», quindi hybris. Volo e ala, sono inoltre caratteristiche sia di Icaro che di Hermes. E non a caso Ulisse segue «lo stesso cammino che percorre l’Angelo traghettatore delle anime morte in grazia di Dio» (Pur., II). Da rivelare inoltre che una delle caratteristiche di Faust come angelo demoniaco è appunto la sua dimensione mercuriale-ermetica di viaggiatore e di comunicatore: Satana del resto si presenta a Dio come «colui che percorre il mondo» (Giobbe, 1, 7). Ulisse, infine, come Prometeo e Hermes, è un trikster, astuto e truffatore. 4. La leggenda moderna del dottor Faust ripropone tutti i motivi della leggenda di Simon Mago innestandoli nella figura storica di Johannes or Georg Sabellicus Helmstedter, ipnotista, alchimista, cartomante, studioso di filosofia naturale, nato verso il 1480 nella città tedesca di Knittlingen e probabilmente morto a Staufen, vicino Friburgo, nel 1540. La prima edizione della Historia von D. Johann Fausten (1587) curata da Johan Spiess, si propone di raccogliere le gesta di questa enigmatica figura storica, ma in realtà è costruzione fittizia e romanzata. Il Faust di Spiess incarna soprattutto la presunzione emblematica dell’uomo desideroso di superare i limiti imposti dal volere divino. Per fare ciò, scende a patti con il diavolo, acquisendo poteri magici che usa non tanto per acquisire conoscenza quanto per incantare le folle. La conoscenza faustiana è infatti soprattutto preveggenza, capacità divinatoria. Il testo, concepito a scopi morali e didattici, nei suoi continui riferimenti alle scritture mette costantemente in guardia il lettore nei confronti di qualsiasi tipo di arroganza intellettuale. Faust incarna in parallelo i motivi della hybris propri della espulsione dal paradiso terrestre dell’uomo, con la caduta di Lucifero nella sua sfida a Dio. Nella tradizione pietista luterana infatti Faust è visto come un Satana minore. 3 5. Il testo di Spiess diventa presto motivo di ispirazione per molti autori successivi. Nel 1604, Christopher Marlowe riprende la figura faustiana nella tragedia Il dottor Faust in cui, a differenza dell’originale tedesco, viene messa in evidenza la curiosità intellettuale del protagonista. Faust incarna l’ambivalenza fra il desiderio di stampo umanistico di trascendere i limiti dell’intelletto umano e la consapevolezza di stampo medievale che questo desiderio è destinato a fallire. Centrale anche in Marlowe rimane la rivolta nei confronti di Dio. Non a caso nel prologo della tragedia la figura di Faust è messa in relazione con quella di Icaro. La conoscenza non è mai percepita come una neutra acquisizione di sapere ma serve concretamente «to practise more than heavenly power permits» (1.1.79). In Marlowe inoltre il tono di accusa dell’originale tedesco, si stempera in una forma di compassione per la tragica fine di un uomo che spreca le proprie risorse intellettuali. Una sintesi fra la figura del mago, del trickster e quella del dotto e dello studioso è compiuta da William Shakespeare nella figura di Prospero (con l'estensione angeologica di Hermes-Ariel) de La tempesta (1611), dove non emergono giudizi morali cristallizzati ma l’ambiguità di una figura che sembra usare i propri poteri magici per manipolare la rappresentazione che gli altri hanno del mondo. L'alchimista (1610) di Ben Johnson si pone invece dal lato della ridicolizzazione della figura dello scienziato-mago, togliendo qualsiasi dimensione eroica alle sue azioni e confinandole a pure fraudolenti capacità illusionistiche. In ambito anglosassone si ricorda inoltre il poema epico di John Milton Il paradiso perduto (1667) dove viene riproposto il motivo della cacciata dal paradiso di Adamo ed Eva per avere attinto all’Albero della Conoscenza. Interessante in Milton è anche l’accostamento di Eva a Pandora, la prima donna della mitologia greca, associata a Prometeo e portatrice della famosa scatola, ricevuta da Hermes, e contenente tutti i mali del mondo. Di rilievo nell’epoca anche l’opera di Calderon de la Barca El mágico prodigioso (1637), dove il protagonista, San Diocleziano, impegnato nell’indagine filosofica sulla natura di Dio, viene tentato dal diavolo che gli offre l’esperienza erotica con Santa Giustina in cambio della sua anima e dell’abbandono di qualsiasi impegno conoscitivo. 6. Tra sette e ottocento il mito faustiano trova terreno fertile nella cultura e nella tradizione letteraria tedesche. Di un certo interesse è il frammento del Faust di Gotthold Lessing (1759). La sua versione rappresenta una transizione verso una versione moderna di Faust in cui traspare un più insistito e convinto elogio della conoscenza e della saggezza dell’uomo come riflesso degli ideali razionalistici e illuministici, al punto da invertire il paradigma tradizionale e sostenere che Satana può essere sconfitto solo dalla verità, ovvero dalla conoscenza stessa: del resto Dio non può aver dato all’uomo, il più nobile dei suoi impulsi, quello conoscitivo, per renderlo infelice. Simile il 4 trattamento tematico del successivo Johann Faust dell’austriaco Paul Widmann (1775) che opterà per la salvezza del suo eroe e protagonista. La centralità della conoscenza come nuclo del mito Faustiano viene però meno nella sua più famosa rappresentazione: quella di Johann Wolfgang Goethe. Il Faust di Goethe (1773-1832) diventa infatti non più una figura eccezionale, eccentrica, ma colui che meglio incarna il mito dell’uomo occidentale moderno, nel suo dinamismo inquieto, nell’urgenza tutta romantica di autodeterminazione di un sé sovrano e senza limiti. La conoscenza e il potere non sono più intesi nel loro senso pratico e materiale, ma come forme di una intensità e pienezza spirituale dell’Io, come modi di sperimentare tutto quello che l’uomo è in grado di sperimentare. Infatti Faust dichiarerà a Mefistofele di considerarsi curato da qualsiasi ansia di conoscenza. Analogamente nel romanzo di Fausts Leben, Taten und Höllenfahrt (1791) di F.M. Klinger il mito faustiano non riguarderà più tanto il problema dei limiti della conoscenza quanto il problema più generale del male e dell'ingiustizia nel mondo. Il Peter Schlemilh di Adalbert von Chamisso (1814) è invece un povero giovane ingenuo e cattolico che vende l’ombra al diavolo per un sacchetto d’oro inesauribile: un Faust in sedicesimo e in vesti borghesi. Condannato all’eterna solitudine, Schlemihl si rassegna a percorrere il mondo e a scriverne una monumentale storia naturale, fino alla morte. Altro Faust di un certo interesse è quello di August von Platen (1820). La parte centrale del poema esprime il sentimento dell’uomo di fronte l’insignificanza del cosmo e i suoi falliti tentativi di capire e conoscere il divino e la natura. Emerge inoltre, come tema secondario, l’idea dell’impotenza del poeta a esprimere le sue intuizioni sull’uomo e sull’universo. Infatti il tema faustiano in età romantica si sposterà sempre più verso la rappresentazione di Faust come artista, a discapito di qualsiasi considerazione sugli aspetti conoscitivi della figura. Su una linea tematica analoga anche il Faust di Nikolaus Lenau (1836), contraddistinto da un’intensa malinconia, dalla stessa disperazione del Faust gohetiano, e da una insoddisfazione profonda con la capacità della filosofia e della scienza di penetrare la verità del mondo. Da ricordare è inoltre il lavoro di Christian Dietrich Grabbe che per la prima volta in maniera esplicita mette a contatto due figure che hanno attraversato l’immaginario europeo sin dal Rinascimento e che nel patto compromissorio con Satana trovano un elemento comune: Don Giovanni e Faust (1829). Amorale, cinico e spietato, Don Giovanni rappresenta dal lato del corpo quell’irrequietezza, quel desiderio inesauribile di cui Faust è il corrispettivo mentale e razionale. Le due figure sono anche geograficamente polarizzate nella loro genesi e susseguente fortuna: Faust, prodotto della cultura tedesca, rimarrà un motivo tipico e centrale della cultura germanica—tanto che Hands Schwerte lo considera un capitolo dell’ideologia germanica, della problematica e della 5 propaganda tedesca; Don Juan avrà invece maggiore diffusione nelle letterature romanze (da Tirso da Molina a Goldoni, da Da Ponte a Merimée e Dumas). 7. La figura di Faust viene tradotta in Francia da Honoré de Balzac ne La ricerca dell’assoluto (1834), dove il protagonista, Balthazar Claës, chimico-alchimista vende la sua anima al diavolo per accedere a una conoscenza e a una tecnica di manipolazione della realtà che ne consenta l'accesso a una realtà primigenia, sia all’elemento ultimo da cui tutta la natura materiale possa essere ricondotta, sia a una verità spirituale conclusiva sulla vita e il mondo. Rispetto ai problemi propri della conoscenza il romanzo francese più interessante del periodo rimane comunque Bouvard e Pécuchet (1873-80) di Gustave Flaubert. In un'epoca euforizzata dalle possibilità infinite della scienza, i due anti-eroi flaubertiani incarnano una visione scettica sulla capacità dell'uomo (comune) di fare un uso positivo del sapere scientifico parcellizzato nelle sue infinite dissezioni disciplinari. Nella loro ingenuità arrivano a scoprire il principio di contraddizione insito in ognuna delle discipline con cui si cimentano, smontando quella retorica del Progresso, che era la grande illusione dell'epoca. Influenzata dalla composizione di Bouvard e Pecuchet è anche La tentazione di Sant'Antonio (1849-73), soprattutto nella sua terza versione: simile il tema della fallibilità dell'intelligenza umana attraversata da una erudizione vertiginosa. In Italia la figura di Faust viene invece ripresa da Arrigo Boito nella produzione operistica del Mefistofele (1868-75), lavoro basato sul Faust di Goethe da cui attinge abbondantemente e che si riconnette alla precedenti opere di Hector Berlioz (1847) e Charles Gounoud (1859). Negli Stati Uniti il mito faustiano viene trasfigurato in un affresco di complicata strutturazione allegorica da Herman Melville in Moby Dick (1851). Il capitano Ahab descritto come un «grand, ungodly, godlike man» è una figura prometeica alla ricerca di un sapere che lo riguarda personalmente nel dolore di cui porta il marchio visibile e di cui chiede ragione al mondo soprattutto nei modi della vendetta contro l'emblema del male, la balena bianca. Nella figura del diabolico Fedallah, consigliere di Ahab e amministratore del fuoco, un chiaro riferimento a figure mefistofeliche. Ma l'emblema più drammatico di una risoluta sfida a Dio che culmina con l'esilio della follia è la parabola filosofica, letteraria e biografica di Friedrich Nietzsche, da cui anche Thomas Mann trarrà ispirazione per il suo Faust. Nuovo Simon Mago, Nietzsche, come dirà Gide, «era invidioso di Cristo» e per questo si pone come suo diretto antagonista, L'Anti-Cristo (1888) appunto, come l'oppositore all'emblema della debolezza della morale giudaico-cristiana, attraverso l'effige di una nuova potenza tutta umana. Ad un tempo buffone e santo, distruttore e ricreatore, Nietzsche vuole incarnare il Dioniso che si oppone al Crocifisso. Roberto Calasso nella post-fazione a Ecce Homo (1888) scrive come il filosofo tedesco, ammiratore e estremizzatore di Goethe e del suo Faust, 6 esemplifichi l'intero pensiero occidentale che «nel tentativo di conoscere i propri strumenti ... necessariamente si autodistrugge». «Condanno te ad vitam diaboli vitae» è l'emblematico sigillo di una delle sue ultime considerazioni nel gennaio 1889, ormai in piena follia (Frammenti postumi). 8. Quello che serve rivelare a cavallo fra Ottocento e Novecento è il progressivo distacco dell’attività faustiana dalla sua originaria matrice conoscitiva. Manca del tutto nell’epoca in questione un Faust “scientifico” (uno dei rari esempi si trova oltreoceano nel Settimio Felton, o l'elisir di lunga vita (1871) di Nathaniel Hawthorne). Il progresso e la conoscenza delle strutture profonde della natura sono ormai dati acquisiti nella coscienza e nella cultura filosofica europee, e non corrisponde più ad alcun motivo di “trasgressione”. La scienza attraverso l'indagine e la manipolazione della materia ha portato a pieno compimento il desiderio faustiano. Darwin farà anzi del progresso una caratteristica intrinseca del mondo naturale. Ecco che il problema della conoscenza e della sua trasfigurazione letteraria si separerà nel Novecento dalla tematica faustiana. Il Doctor Faust di Thomas Mann (1947) è un esempio di questa mutazione del tema, che perde qualsiasi elemento umanistico o di romantico pessimismo, e si sustanzia nel tragico nihilismo del dopo guerra. Il Faust di Mann è l’artista che, grazie al patto diabolico, cerca accesso alla totalità ricreandola attraverso la sua attività di composizione ma a cui viene negato in cambio la capacità di amare e il cui inferno è la demenza, con un chiaro parallelo, come già ricordato, con la figura di Nietzsche. Anche Paul Valéry, nella farsa esistenzialista Il mio Faust (1946) proporrà il Diavolo come un anacronismo e l’uomo confinato nella sua solitudine, nel suo inferno interiore, così come il Goetz-Faust del dramma Il diavolo e il buon Dio (1950) di JeanPaul-Sartre in cui il vuoto lasciato da Dio è colmato da un Io che si autoassolve. Un Faust bipolare è anche il protagonista de Il lupo della steppa (1925) di Herman Hesse, persona le cui due nature, umana e ferina, divina e diabolica, sono in costante disputa fra di loro. La figura di Erminia come fonte di possibile salvezza (che rimanda alla Margareta di Goethe) e il «teatro magico» in cui il protagonista viene condannato a vivere in eterno, sono poi altri due elementi faustiani che ritorneranno in un altro grande classico del Novecento: Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov (1928). Anche nell'opera del romanziere russo elementi messianici sono mescolati alle metamorfosi di un Diavolo che porta in dono allo scrittore non più una risoluzione di difficoltà conoscitive o creative, ma la distanza e il superamento dei conflitti sociali e della viltà umana. 9. La figura di Faust, come archetipicamente costituita dalle opere di Spiess, Marlowe e soprattutto Goehte trova un fortunato revival con l'avvento del cinema. Georges Méliès (1897, 1903) e Emile Cohl (1911) ne forniscono gli esempi più noti ai tempi del muto, mentre dell'epoca 7 del sonoro rimangono celebri le versioni di Carmine Gallone (1949, dall'opera di Arrigo Boito), di René Clair (1950), di Claude Autant-Lara (1955) e Peter Gorski (1960), ma soprattutto il Faust di Friedrich Wilhelm Murnau (1926). Una riedizione contemporanea del mito faustiano in chiave filmica è inoltre Fitzcarraldo (1985) di Werner Herzog, storia di un uomo che sogna di aprire un teatro d'opera nella foresta amazzonica. Il rapporto fra Faust e il problema della conoscenza sembra trovare poi una riedizione letteraria in qualche romanzo a sfondo fantascientifico. Il John Faust di Antony Borrow (1958) è costruito attorno alla figura di uno studioso cinico e freddo, mentre in Ärgert dich dein rechtes Auge (1957) di Heinrick Schirmbeck, la natura demoniaca della conoscenza è vista attraverso l’attività speculativa del matematico Pascal, immaginato nella voce del narratore, il giovane fisico Thomas Grey, alle prese con la costruzione del primo calcolatore. Romanzo storico di reminiscenza faustiana è anche L’opera al nero (1968) di Margherite Yourcenar: il protagonista Zenone è un alchimista e naturalista la cui vita è dominata dall'inquietudine dell'erranza e della ricerca di un assoluto fisico e spirituale. Condannato a causa della arditezza filosofica delle sue idee, non ritratta e viene giustiziato. Da notare infine come il tema faustiano trasmigri anche nella cultura araba e medio-orientale contemporanea come nel caso degli egiziani Ashtar min Iblis (Più intelligente del diavolo) di Mahmud Taimur (1965), Faust al-jadid (Il Nuovo Faust) di Ali Ahmad Bakathir (1967) e Agar Faust yek kam macrefat beh khary dadeh bud (Se solo Faust avesse dimostrato un po’ di saggezza) dell’iraniano Abbas Nalbanyan (1969). 7. Al di là di qualsiasi connessione a figure pseudo-faustiane, il problema della conoscenza e dei suoi limiti ritorna ad essere centrale nell'opera di importanti autori europei del secolo, come ad esempio nel caso di Robert Musil. Ne I turbamenti del giovane Törless (1906), il giovane protagonista è ossessionato dal desiderio di comprendere il mondo e la vita attraverso la lente razionale della matematica, la quale si rivela anch'essa piena di momenti indecidibili. Ne L'uomo senza qualità (1930-43) Ulrich diventa il rappresentante di una atteggiamento cognitivo nei confronti della realtà che fa del distacco, dell'analisi, e dell'astrazione mentale la misura del suo rapporto conoscitivo col mondo. Risultato di questa distanza scettica e impersonale è l'impossibilità di costruire un sé, una forma dell'identità integrata, da cui il titolo dell'opera. Il riduzionismo scientifico è infatti, faustianamente, un principio di distruzione, «il miracolo dell'Anti-Cristo». Testi epistemologici sui limiti della conoscenza sono inoltre alcuni classici della letteratura contemporanea come Monsieur Teste di Paul Valéry, Auto da Fé (1935) di Elias Canetti e Palomar (1983) di Italo Calvino. Se il primo descrive i caratteri grotteschi di «una testa senza mondo», di una mente che autocontempla le proprie operazioni, il secondo ne sonda i pericoli e la 8 radicale tragica sconfitta «nell'ordine cimiteriale» della sua biblioteca e di un sapere che lo conduce ad una assoluta cecità verso il mondo. Il testo di Calvino è invece l'epilogo malinconico di un intellettuale che cerca un ordine stabile nella realtà, un modello, una radice conoscitiva univoca sempre disattesa dalla molteplice articolazione del mondo, pronto a sfrangiarsi nella «superficie inesauribile delle cose». Immagine di un rapporto più positivo e squisitamente costruttivo con la vita e il mondo è quello di Primo Levi, la cui ossessione di fronte all'abominio del Lager è quella di capire, mentre la sfida alla materia, alla hyle, de Il sistema periodico (1975) è informata da una conoscenza intesa essenzialmente come etica e disciplina. Rapporto razionalistico con la realtà che dischiude una fenomenologia materialista dispiegata da una attenta osservazione delle cose è anche l'opera poetica di Francis Ponge, in particolare ne Il partito preso delle cose (1942) e in Cristalli naturali (1950). Un altro autore italiano che pone l'aspetto conoscitivo al centro della sua opera è Carlo Emilio Gadda. In bilico fra discussione filosofica in forma pseudo-dialogica e quaderno di appunti sui problemi della conoscenza e del metodo è la Meditazione milanese (1928), testo di complessa costruzione. Il titolo di uno dei suoi romanzi più importanti, La cognizione del dolore (1962), fa riferimento sia alla conoscenza delle radici della sofferenza individuale, sia alla potenzialità cognitiva che il dolore stesso dischiude. Questo legame fra conoscenza e dolore inoltre avvicina Gadda a Leopardi, la cui opera è disseminata dalla correlazione fra consapevolezza e sofferenza, e per il quale, come espresso nelle Operette morali (1827) «quelle verità che sono la sostanza di tutta la filosofia, si debbono occultare alla maggior parte degli uomini; e credo che facilmente consentireste che debbano essere ignorate o dimenticate da tutti: perché sapute, e ritenute nell'animo, non possono altro che nuocere» (Dialogo di Timandro e di Eleandro). (Pierpaolo Antonello) Rete tematica: Alchimia; Anima; Arte, artista; Ascesa sociale; Assoluto; Briccone, trickster; Caduta (peccato originale); Colpa, peccato; Dannazione; Diavolo; Dio; Filosofo; Follia; Futuro; Immortalità; Individualismo; Infinito; Investigatore, indagine; Libertino; Maledizione; Materia vs Spirito; Natura; Patto; Peccato; Pena; Perfezione; Potere; Progresso; Punizione, castigo; Scienza, scienziato; Soglie, confini; Tentazione; Volo. Testi citati La Bibbia Eschilo, Prometeo incatenato, 460 a.C. Sofocle, Antigone, 441 ca a. C. 9 Euripide, Le Supplici, 415 a.C. Cicerone, De finibus bonorum et malorum, 45 a.C. Anon., Recognitiones, IV sec ca. Jacopo de Voragine, Legenda Aurea, 1263-73 Geoffrey de Monmouth, Vita Merlini, 1148 Robert de Boron, Merlin (fine XII sec. ca.) Dante Alighieri, La Divina Commedia, 1306-21 Pico della Mirandola, Conclusiones philosophicae, cabalisticae et theologicae, 1486 Giordano Bruno, Spaccio de la bestia trionfante, 1584 Giordano Bruno, De gl’heroici furori, 1585 Johan Spiess, Historia von D. Johann Fausten, 1587 Christopher Marlowe, Il Dottor Faust (The Tragical History of Doctor Faustus), 1604 William Shakespeare La tempesta (The tempest), 1611 Ben Johnson, L'alchimista (The Alchemist), 1610 John Milton Il paradiso perduto (Paradise Lost), 1667 Gotthold Lessing, Szene aus Faust, 1759 Paul Widmann, Johann Faust, 1775 Johann Wolfgang Goethe, Faust, 1773-1832 Frederich Maximilian Klinger, Fausts Leben, Taten und Höllenfahrt, 1791 Adalbert von Chamisso, Peter Schlemilh, 1814 August von Platen, Fausts Gebet, 1820 Nikolaus Lenau, Faust En Gedicht, 1836 Christian Dietrich Grabbe, Don Giovanni e Faust (Don Juan und Faust), 1829 Honoré de Balzac, La ricerca dell’assoluto (La recherche de l’absolu), 1834 Gustave Flaubert, Bouvard e Pécuchet (Bouvard et Pécuchet), 1873-80 Gustave Flaubert, La tentazione di Sant'Antonio (La tentation de Saint Antoine), 1848-73 Arrigo Boito, Mefistofele, 1868 Herman Melville, Moby Dick, 1851 Friedrich Nietzsche, L'Anti-Cristo (Der Antichrist), 1888 Friedrich Nietzsche, Ecce-Homo, 1888 Friedrich Nietzsche, Frammenti postumi: 1888-1889 (Nachgelassene Fragmente: 1888-1889) Nathaniel Hawthorne, Settimio Felton, o l'elisir di lunga vita (Septiumius Felton or the Elixir of Life), 1871 Thomas Mann, Doctor Faust, 1947 Paul Valéry, Il mio Faust (Mon Faust), 1946 Jean-Paul-Sartre, Il diavolo e il buon Dio (Le diable et le bon Dieu), 1950 Herman Hesse, Il lupo della steppa (Der Steppenwolf), 1925 Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita (Master i Magarita), 1928-67 Friedrich Wilhelm Murnau, Faust, 1926 (film) Werner Herzog, Fitzcarraldo, 1985 (film) Antony Borrow, John Faust, 1958 Heinrick Schirmbeck, Ärgert dich dein rechtes Auge, 1957 Margherite Yourcenar L’opera al nero (L'oeuvre au noir), 1968 Mahmud Taimur, Ashtar min Iblis (Più intelligente del diavolo), 1965 Ali Ahmad Bakathir, Faust al-jadid (Il Nuovo Faust) 1967 Abbas Nalbanyan, Agar Faust yek kam macrefat beh khary dadeh bud (Se solo Faust avesse dimostrato un po’ di saggezza), 1969. Robert Musil, I turbamenti del giovane Törless (Die Verwinrrungen des Zöglings Törless), 1906 Robert Musil, L'uomo senza qualità (Der Mann ohne Eigenschaften), 1930-43 Paul Valéry, La serata con il signor Teste (La soirée avec Monsieur Teste), 1896 Elias Canetti, Auto da Fé (Die Blendung), 1935 10 Italo Calvino, Palomar, 1983 Primo Levi, Il sistema periodico, 1975 Francis Ponge, Il partito preso delle cose (Le parti pris des choses), 1942 Francis Ponge, Cristalli naturali (Des cristaux naturals), 1950 Carlo Emilio Gadda, Meditazione milanese, 1928 Carlo Emilio Gadda, La cognizione del dolore, 1962 Giacomo Leopardi, Operette morali, 1827 Altri Testi Alain-René Lesage Il diavolo zoppo (Le diable boiteux), 1707 Antoine Conte di Hamilton, L'enchanteur Faustus, 1771 William Blake, Il matrimonio del cielo e dell'inferno (The Marriage of Heaven and Hell), 1790 Charlotte Dacre, Zofloya: the Moor, 1806 Ludwig Achim von Arnim, I custodi della corona (Die Kronenwächter), 1817 L. 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