[05/08/2011]-Rassegna stampa

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[05/08/2011]-Rassegna stampa
Rassegna Stampa
Settimanale
5 Agosto 2011
Ad uso interno
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Censimento generale della popolazione: ASGI e
Avvocati per Niente depositano a Milano un ricorso contro
l’esclusione degli extracomunitari dalle selezioni per il
reclutamento dei rilevatori comunali
Fonte:(www.asgi.it) 03.08.2011
ASGI e Avvocati per Niente hanno chiesto al giudice di Milano di ordinare la sospensione
della formazione delle graduatorie e la riapertura del bando.
Il testo del ricorso depositato da ASGI, Avvocati per Niente contro il Comune di Milano
sull'esclusione dei cittadini di Paesi terzi dalla selezione (80.5 KB)
Una cittadina peruviana, residente a Milano, appoggiata dalle associazioni ASGI e Avvocati
per Niente, ha depositato un ricorso/azione giudiziaria urgente contro la discriminazione
contro il bando emanato dal Comune di Milano per la selezione delle posizioni
professionali di rilevatore e coordinatore comunale del censimento generale della
popolazione e delle abitazioni, in programma in tutta Italia a partire dal novembre
prossimo.
Infatti, il Comune di Milano, così come gli altri comuni italiani, ha indetto nel corso del
mese di luglio le selezioni per il reclutamento delle posizioni di rilevatori e coordinatori
comunali per lo svolgimento delle operazioni di raccolta dati del censimento generale della
popolazione e delle abitazioni, secondo quanto previsto dall'art. 50 del d.l. n. 78/2010,
convertito con modificazioni in legge n. 122/2010 e dalle successive circolari dell'ISTAT, in
particolare la n. 6 del 21 giugno 2011.
Nei citati strumenti normativi, viene affidato ai Comuni il compito di reclutare e
selezionare coloro che saranno chiamati a svolgere le funzioni di Rilevatori e Coordinatori
comunali delle operazioni di censimento. Vengono indicate le modalità di reclutamento di
tali figure professionali, prevedendo che qualora non sia disponibile o sufficiente il ricorso
a personale dipendente presso gli EE.LL., i Comuni possano mettere in atto procedure di
reclutamento di personale esterno, utilizzando le forme contrattuali tipiche del lavoro
flessibile, ivi compresi i contratti di somministrazione di lavoro, quelli di lavoro autonomo
di natura occasionale o di collaborazione coordinata e continuativa.
Dall'esame degli avvisi di selezione indetti dai Comuni italiani, incluso quello di Milano,
emerge una prassi pressoché generalizzata di prevedere per le posizioni di rilevatori e
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coordinatori comunali del censimento, il requisito di cittadinanza italiana o di uno Stato
membro dell'Unione europea, con la conseguente esclusione di tutti i cittadini di Paesi non
membri dell'Unione europea regolarmente soggiornanti e residenti in Italia dalla
possibilità di concorrere a queste posizioni lavorative temporanee.
Con una lettera inviata all'ANCI, all'UNAR e alla Commissione europea l'11 luglio scorso, il
servizio anti-discriminazioni dell'ASGI aveva rilevato come tale esclusione dei cittadini
extracomunitari appaia illegittima e discriminatoria, in quanto in violazione del principio
generale di parità di trattamento tra lavoratori migranti regolarmente soggiornanti e
nazionali di cui all'art. 2 c. 3 del T.U. immigrazione, nonché delle norme di diritto
dell'Unione europea riferite alla parità di trattamento in materia di accesso alle attività
lavorative a favore di specifiche categorie di cittadini di Paesi terzi non membri dell'UE
(familiari di cittadini di Stati membri UE, rifugiati politici e titolari della protezione
sussidiaria,
lungo
soggiornanti)
(si
veda
news
alla
pagina
web:
http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=1732&l=it ). Questo a maggior ragione nel
momento in cui non si tratta di procedure concorsuali volte all'inserimento nei ruoli della
P.A. mediante la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, bensì di
procedure di selezione volte alla costituzione di rapporti di lavoro temporaneo e
parasubordinato, e dunque di contratti di lavoro di diritto privato, per i quali dovrebbe
dunque certamente valere la clausola di parità di trattamento di cui al T.U. immigrazione.
Tali argomenti sono stati ribaditi nel ricorso presentato dinanzi al Tribunale di Milano
congiuntamente da ASGI, Avvocati per Niente e dalla cittadina peruviana.
A seguito della segnalazione dell'ASGI, con il parere n. 27 dd. 19 luglio 2011, l'UNAR
(Ufficio Nazionale Anti-Discriminazioni Razziali), l'Autorità nazionale anti-discriminazioni
prevista dal d.lgs. n. 215/2003 di recepimento della direttiva europea n. 2000/43, aveva
pure espresso un parere critico nei confronti del comportamento dei Comuni italiani,
ritenendo che gli avvisi pubblici dei Comuni italiani per il reclutamento e la selezione dei
rilevatori e coordinatori comunali per lo svolgimento delle operazioni di raccolta dati del
censimento generale della popolazione e delle abitazioni abbiano una valenza
discriminatoria nella parte in cui prevedono tra i requisiti di ammissione il possesso della
cittadinanza italiana o di altro Stato UE. Secondo l'UNAR, infatti, trattasi di posizioni
lavorative non implicanti l'esercizio di attività attinenti ad una funzione pubblica o di
interesse nazionale, per cui l'esclusione sulla base del mancato possesso della cittadinanza
italiana è contraria alle norme anti-discriminatorie (in proposto si veda la news al link:
http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=1748&l=it)
L'UNAR ha auspicato, dunque, che i Comuni italiani modifichino gli avvisi di selezione
per il reclutamento del personale, qualora già indetti, ovvero, evitino tali ingiuste ed
illegittime limitazioni qualora tali avvisi non siano stati ancora diramati.
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L'UNAR, dunque, ha condiviso i contenuti e le conclusioni della presa di posizione
dell'ASGI sull'argomento.
L'ASGI ha chiesto che il Tribunale di Milano si esprima in via urgente, secondo quanto
previsto dall'art. 44 del T.U. imm., e che il giudice ordini al Comune di Milano di
sospendere la formazione della graduatoria dei rilevatori di cui all'Avviso del 20.06.11 e
l'attribuzione dei relativi incarichi,
fino alla decisione sul presente ricorso e
successivamente accerti e dichiari il carattere discriminatorio del comportamento tenuto
dal Comune di Milano, consistente nell'aver previsto tra i requisiti per partecipare alla
selezione pubblica di per soli titoli finalizzata alla formazione di una graduatoria di
rilevatori di cui all'Avviso del 20.06.11 quello della cittadinanza italiana o comunitaria; e
conseguentemente
ordini al Comune di Milano di cessare il comportamento
discriminatorio e di rimuoverne gli effetti e in particolare di modificare l'Avviso in oggetto
nella parte in cui sopra consentendo la presentazione delle domande anche alla ricorrente
e ai cittadini extracomunitari (o in subordine alle specifiche categorie di cittadini
extracomunitari, meglio indicate in ricorso)
e di fissare nuovo termine per la
presentazione delle domande di ammissione non inferiore a un mese.
Tribunale di Pescara: Discriminatorio il rifiuto del
tesseramento ad una società calcistica del minore
straniero non accompagnato affidato in Italia
L’obiettivo del contrasto al trafficking di giovani calciatori non può spingersi sino a negare
in assoluto il libero esercizio dell’attività sportiva (Trib. Pescara, ordinanza dd. 14.06.2011
n. 656/11).
Tribunale di Pescara, ordinanza n. 656/2011 dd. 14.06.11 (87.71 KB)
(fonte: www.asgi.it)
Con un‘ordinanza depositata il 14 giugno scorso, il Tribunale di Pescara ha dichiarato
cessata la materia del contendere in relazione ad un ricorso/azione giudiziaria antidiscriminazione inoltrato da due coniugi, affidatari di un minore senegalese giunto in Italia
non accompagnato, i quali ne avevano chiesto il tesseramento ad una società calcistica per
l'esercizio dell'attività sportiva. Tale tesseramento era stato inizialmente rifiutato dalla
F.I.G.C. (Federazione Italiana Gioco Calcio) sulla base degli artt. 19 e 19 bis del
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Regolamento FIFA sullo status e trasferimento dei giocatori. Tali norme prevedono infatti
che il primo tesseramento da parte di una società calcistica di un minore straniero di anni
18 possa avere luogo solo se questi sia giunto nel Paese di destinazione assieme ai genitori
per motivi indipendenti dal calcio, ovvero abbia compiuto il 16° anno di età ed il
trasferimento avvenga all'interno dell'Unione europea o dell'Area economica europea
(AEE) ed in questo caso la società calcistica deve assicurare anche una formazione
scolastica o professionale adeguata al minore accanto a quella calcistica.
Tali norme del Regolamento FIFA risponderebbero alla finalità di contrastare il fenomeno
del trafficking internazionale di calciatori di minore età, in quanto succede talvolta che tali
minori, una volta compiuta la maggiore età, qualora non riescano ad inserirsi nella carriera
calcistica professionistica, vengono abbandonati dalle società e dunque si trovano privi di
possibilità alternative di inserimento sociale per la mancanza di una formazione
scolastica o professionale parallela a quella calcistica.
Gli affidatari del minore senegalese avevano dunque promosso un'azione giudiziaria antidiscriminazione avverso il diniego opposto dalla FIGC, sostenendo che l'interdizione alla
pratica sportiva del minore costituiva un comportamento discriminatorio fondato sulla
nazionalità. Nelle more del procedimento giudiziario, e prima dell' udienza fissata dal
giudice del tribunale di Pescara, la FIGC rivedeva la sua decisione, revocando la decisione
iniziale e acconsentendo al tesseramento del minore.
Pur dichiarando cessata la materia del contendere, il giudice nell'ordinanza sottolinea che
non appare legittima l'applicazione delle norme di cui agli artt. 19 e 19 bis del
Regolamento FIFA nelle situazioni in cui il minore straniero extracomunitario, giunto in
Italia non accompagnato dai genitori, venga successivamente affidato ex art. 5 della legge
n. 183/1984, in quanto gli affidatari sono chiamati conseguentemente a svolgere per legge
le funzioni dei genitori. Ne consegue, pertanto, che l'impedimento tout court all'attività
sportiva, previsto dal Regolamento FIFA, con relativa compressione del libero esercizio di
un diritto, appare una misura sproporzionata rispetto agli obiettivi che la norma stessa si
prefigge.
Con una lettera inviata il 19 aprile scorso alla FIGC, ASGI, Rete G2 e Save the
Children avevano affermato che l'applicazione degli art. 19 e 19 bis del Regolamento FIFA
nei confronti dei minori stranieri non accompagnati appare una misura sproporzionata e
irragionevole in quanto finisce per impedire al minore medesimo di avvalersi della pratica
sportiva quale possibile occasione di inclusione nella società italiana e dunque proprio tale
divieto potrebbe costituire fonte di ulteriore marginalità sociale del minore anziché di una
sua maggiore protezione.
Per tale ragione, le associazioni firmatarie avevano precisato che un'applicazione rigida
dell'art. 19 del Regolamento FIFA appare in contrasto con i principi costituzionali di
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uguaglianza e ragionevolezza, creando una discriminazione illegittima nei confronti dei
minori stranieri rispetto a quelli di cittadinanza italiana nell'esercizio dell'attività sportiva,
in violazione quindi anche dell'art. 43 del d.lgs. n. 286/98. Le associazioni firmatarie
avevano dunque richiesto alla FIGC di riconsiderare il proprio comportamento
Immigrati:
causa
contro
comune
Genova,
discriminerebbe lavoratori
(AGI) - Genova, 2 ago. - "Cittadinanza italiana o di uno Stato Membro dell'Unione europea
(i cittadini degli Stati membri dell'Unione europea devono avere adeguata conoscenza della
lingua italiana". E' una delle caratteristiche richieste dal Comune di Genova agli aspiranti
'Rilevatori e Coordinatori' comunali delle operazioni di censimento, personale ausiliario
che partecipera' alle operazioni di censimento in programma a partire da ottobre 2011 e
che proseguiranno fino a giugno 2012.
Questa "caratteristica" impedisce di fatto a migliaia di cittadini di origine extracomunitaria
di ambire a partecipare alle selezioni. Per questo l'Associazione Asgi (per gli studi giuridici
sull'immigrazione) e due persone che hanno concorso e ma si sono viste estromesse,
Domenica Antonia Canchano Warthon, peruviana di 32 anni, e Rachid Khay, marocchino
di 42 anni, hanno fatto causa al Comune. Tutti sono rappresentati dall'avvocato Elena
Forini che, il prossimo 11 agosto, portera' il sindaco di Genova Marta Vincenzi (in
rappresentanza del Comune) di fronte al giudice del lavoro Marcello Basilico. Sia
Canchano Warthon che Khay risiedono a Genova da oltre un ventennio, non hanno
precedenti penali, sono diplomati in Italia. Hanno, insomma, tutte le caratteristiche
richieste dal bando di concorso per ambire al posto di lavoro, per altro a termine. Non
hanno pero' la nazionalita' italiana. Secondo Forini si tratta di un chiaro caso di
"discriminazione" dice.
"La circolare Istat (che disciplina al punto 2 i requisiti dei coordinatori e rilevatori) - si
legge nell'esposto - non fa alcun riferimento al requisito della cittadinanza". Sarebbero
stati dunque gli estensori della circolare del Comune di Genova ad aggiungere la voce. "In
data 29 luglio 2011 l'associazione ricorrente - si legge ancora - ha inviato una lettera al
Comune facendo presente che la richiesta del requisito della cittadinanza italiana o
comunitaria e' in contrasto con numerose norme di legge che garantiscono la parita' di
trattamento tra italiani e stranieri, invitando il Comune a rettificare l'avviso e a differire i
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termini di presentazione delle domande in modo da consentire anche ai cittadini
extracomunitari di poter partecipare alla formazione della graduatoria".
Inoltre Canchano Warthon, Khay e Asgi sono forti di un pronunciamento dell'Unar (Ufficio
nazionale antidiscriminazioni razziali) che riconosce il carattere discriminatorio del
requisito richiesto. Tra dieci giorni dunque la decisione del tribunale del lavoro di Genova.
Analoga causa e' in discussione a Milano il prossimo 10 agosto.
Burqa, medici stranieri: "Ma quante donne lo
portano?''
Il commento di Foad Aodi, presidente dell'Amsi: "Prima di arrivare al ddl
perché non é stata presa in considerazione la possibilità di un'indagine su
quante donne lo portano? Io come medico non ne ho mai viste in Italia"
(Fonte:
www.redattoresociale.it
)
4.08.2011
ROMA
-
"Negli ultimi
giorni siamo
ormai abituati a commentare proposte e decreti che non aiutano l'integrazione e la
serenita' degli immigrati in Italia. Dopo la proposta dei medici spie, presidi spie, diritti ed
integrazione con i crediti, prolungamento fino a 18 mesi della presenza nei Cie, ed infine
quella di ieri che il burqa viene vietato tramite un ddl perche' è stato decretato in altri paesi
europei, senza considerare che il numero delle donne che lo portano e' molto basso". E' il
commento di Foad Aodi, presidente dell'associazione dei medici di origine straniera e del
Co-mai, la comunità del mondo arabo in Italia.
"Ci chiediamo - prosegue la nota - prima di arrivare ad un ddl del genere perche' non e'
stata presa in considerazione la possibilita' di valutare ed analizzare questa abitudine di
portare il burga in Italia con una indagine conoscitiva per sapere effettivamente quante
sono le donne che lo portano, il motivo per cui lo portano, se lo portano spontaneamente,
se sono costrette a portarlo perche' viene imposto da qualcuno". Tutto questo “al fine di
evitare che in Italia passi il concetto che l'integrazione si basa sui decreti di legge dall'alto e
si certifica con i crediti e per volontà di pochi senza coinvolgere le comunità e le
associazioni degli immigrati competenti. In qualità di medico non ho mai visitato una
donna che porta il burga in Italia nonostante che di immigrati ne visito tutti i giorni,
inoltre non abbiamo visto frequentare la nostra numerosa comunità del mondo arabo
donne con il burqa". "Detto cio' - conclude Aodi - bisogna avere il viso scoperto in pubblico
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ed invito il governo italiano ad analizzare di piu' il rispetto dei diritti individuali e culturali
dialogando con le comunità e non fare leggi punitive dall'alto per una questione che
potrebbe risultare falso allarme, inutile e non costruttiva a favore del dialogo interculturale
visto che l'immigrazione in Italia non è uguale a quella francese e degli altri paesi per
differenza di inizio dell'immigrazione, tipologia, paesi di origine, lavoratori, intellettuali,
professionisti, seconda e terza generazioni".
A Milano chiude la Scuola Lombardo Radice
Niente “deroga” alla prima elementare composta
solo da stranieri
Lo scorso anno su 93 studenti, 80 erano stranieri di cui 59 nati in Italia
( Fonte: www.immigrazioneoggi.it )
Chiude la Scuola elementare Lombardo Radice di Milano, l’istituto più multietnico d’Italia.
Lo scorso anno, su 93 iscritti, 80 erano stranieri anche se 59 di questi nati in Italia.
L’istituto di via Pier Alessandro Paravia, ritenuto da molti un modello nelle politiche per
l’integrazione, da settembre non avrà più la prima elementare e tra pochi anni chiuderà
definitivamente.
Secondo quanto riportato dal quotidiano La Stampa, alla prima elementare dell’anno
scolastico 2011-2012 si erano iscritti diciotto bambini. Per fare una classe ne basterebbero
quindici. Ma nel decreto si fa riferimento al tetto del 30 per cento di stranieri per ogni
classe, escludendo però i nati in Italia.
I genitori, dopo varie fasi di protesta, hanno contattato anche il ministro Gelmini che, ha
spiegato, non sarebbe stata possibile la deroga. “Le deroghe – ha detto il Ministro – si
danno se la quota di stranieri è un po’ superiore al trenta per cento. Ma dall’Ufficio
territoriale di Milano mi hanno detto che la nuova prima classe sarebbe stata composta al
cento per cento da stranieri: e così sarebbe stata una situazione difficilmente gestibile.
Non vogliamo discriminare nessuno, ma abbiamo pensato che fosse meglio così per tutti.
L’Ufficio di Milano mi ha assicurato che i bambini andranno in scuole vicine”.
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Torino: accordo tra Comune e Coldiretti per avviare
gli immigrati in percorsi di “agricoltura sociale”
Formazione, stage e percorsi professionali per giovani immigrati in aziende
agrituristiche e in attività di produzione e commercializzazione di prodotti
agricoli e biologici
( Fonte: www.immigrazioneoggi.it )
La Giunta comunale di Torino ha approvato ieri un protocollo d’intesa tra il Comune e la
Coldiretti per favorire l’inserimento lavorativo di giovani immigrati. L’obiettivo è realizzare
momenti di alternanza tra formazione e lavoro in ambito agricolo e agevolare le scelte
professionali
mediante
la
conoscenza
diretta
di
un’attività
lavorativa.
Secondo l’accordo, la Federazione Coldiretti di Torino realizzerà, presso le aziende
associate, periodi di lavoro con percorsi di “agricoltura sociale”. La Coldiretti si avvarrà
anche della Città dei Ragazzi, ente della Diocesi di Torino da anni impegnato in un
progetto di agricoltura sociale con attività di produzione e commercializzazione di prodotti
agricoli e biologici, condotta in collaborazione con la Cooperativa Orto dei Ragazzi. I
tirocini pratici e gli stage regolamentati da questo accordo, con una durata di 3 o 6 mesi, si
svolgeranno presso aziende agricole con attività come l’agriturismo, la trasformazione dei
prodotti, la vendita diretta. I destinatari saranno le persone vulnerabili, con particolare
attenzione al fenomeno dell’immigrazione, che hanno già assolto l’obbligo scolastico.
Palinsesto Ramadan, soap dopo il digiuno
Sul canale Babel programmazione ad hoc per il mese sacro degli islamici. E' la
prima volta per una tv italiana
( Fonte: www.corriere.it )
MILANO - Per la prima volta la Tv italiana si dedica al Ramadan. Il compito se l’è assunto
Babel (canale 141 di Sky), la rete che mette in scena le vite degli immigrati, il loro
quotidiano, il loro essere «nuovi italiani». Per tutto agosto, mese in cui quest’anno cade il
Ramadan, la rete ha previsto una programmazione speciale, tra serie inedite e programmi
come La cucina di Choumicha. A suscitare più interesse è però una fiction siriana di
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grande successo, La porta del quartiere (Bab al Hara), iniziata nel 2006 e di cui sarà
proposta la quinta stagione. Il serial è infatti una musalsalat, termine che indica le fiction
prodotte appositamente per il Ramadan e trasmesse in coincidenza con la rottura del
digiuno.
MUSALSALAT - Nei paesi di religione musulmana, infatti, il Ramadan è anche il momento
di massimo ascolto, soprattutto nelle ore attorno al pasto serale. Un momento comunitario
e conviviale che la Tv cerca di sfruttare, catturando più pubblico possibile attraverso i suoi
programmi di punta, come appunto le musalsalat. La porta del quartiere inizia con un
tentato omicidio, che porta alla luce tanto le tensioni quanto la vita quotidiana di un
quartiere di Damasco negli anni Trenta sotto l’occupazione occidentale.
Donne e uomini, giovani e anziani, loschi traffici e scene famigliari, desiderio
d’indipendenza e dominio straniero, melodramma e ironia: c’è tutto in questo serial
nostalgico, seguito da decine di milioni di persone in tutto il mondo arabo e perfino in
Israele. Un prodotto intergenerazionale, che ha saputo inoltre catturare ebrei e cristiani.
Un fenomeno capace di unire, come solo certi appuntamenti televisivi sanno fare.
SOAP STORICA - Il meccanismo narrativo de La porta del quartiere è molto simile a una
soap opera: in onda ogni sera dopo l’iftar, il pasto che rompe il digiuno (in Italia sarà in
onda alle 21.00), mette in scena più personaggi le cui storie si evolvono di puntata in
puntata. Ben distante dall’eccesso e dal lusso di certe soap americane, è più vicina al
realismo di quelle europee. Non racconta però il presente: è infatti un dramma
d’ambientazione storica, come diverse telenovele latinoamericane. La porta del quartiere
dimostra come certe tipologie narrative e certi stili siano comuni a più di un paese. E’ però
allo stesso tempo unica, perché frutto delle tradizioni culturali e televisive del paese di
provenienza.
RENDERSI VISIBILI - Il palinsesto di Babel è dedicato trasversalmente a più paesi, ma dal
lunedì al venerdì propone in prime time storie e temi di una sola regione (America Latina,
paesi della comunità Europea, Asia, Extra Europa, Africa). Diverse le rubriche di
approfondimento, tra cui BabZine, magazine quotidiano, realizzato insieme a Stranieri in
Italia, con servizi in diverse lingue e consigli utili su come vivere nel nostro paese. Con la
sua programmazione, Babel permette agli immigrati di accedere al mondo della
rappresentazione, con racconti e ritratti lontani dalla retorica di certa tv generalista. E
questo significa rendersi visibili, tanto a se stessi quanto al resto degli italiani.
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Festival di cortometraggi:
C'è un tempo per ... l'integrazione
(Fonte: www.roma-intercultura.it )
Invio delle opere entro il 14 ottobre 2011
Con la pubblicazione del nuovo bando multilingue (in allegato) è
indetta ufficialmente la 5^ edizione del Festival di cortometraggi
“C’è un tempo per… l’integrazione”.
Il festival è reso possibile grazie all’impegno della Comunità
Montana dei Laghi Bergamaschi e dalla gestione operativa della
cooperativa Interculturando, che si avvale della consulenza artistica del LAB80film e
scientifica dell’Agenzia per l’integrazione. Oltre al rinnovato sostegno del comune di
Sarnico e de L’Eco di Bergamo, il network di realtà locali attive per lo sviluppo
interculturale del Basso Sebino che collaborano col Festival si arricchisce della presenza
del Segretariato Migranti della Diocesi di Bergamo e dell’iniziativa “Molte fedi sotto lo
stesso cielo” (promossa dalle ACLI).
Il Festival è ormai un evento consolidato nel panorama culturale sia locale che provinciale
e raccoglie ogni anno un numero maggiore di partecipazioni da parte di artisti italiani e
internazionali. Le passate quattro edizioni hanno evidenziato un crescente successo di
pubblico - composto sia da addetti ai lavori che da cittadini – interessati tanto al lato
artistico quanto all’aspetto sociale rappresentato nelle opere cinematografiche in concorso.
Il tema dell’integrazione tra persone, famiglie, popolazioni di diversa appartenenza
culturale e provenienza nazionale riscontra sempre maggiore interesse da parte delle
sensibilità degli artisti dell’immagine e, allo stesso tempo, spinge le istituzioni (si pensi alla
scuola, ma anche alle istituzioni locali o religiose), ad interrogarsi sui propri modi di
rapportarsi alla diversità e di gestire un presente multiculturale, plurilinguistico e
multireligioso.
Anche quest’anno pertanto le opere selezionate per il concorso verranno suddivise in due
sezioni. Per la sezione “Scuola-Territorio” le opere verranno valutate da una giuria
composta da “Agenti allo Sviluppo Interculturale” del Basso Sebino e il premio previsto
(intitolato alla memoria del collega Saad Zaghloul) è di € 500,00; per la sezione
“Nazionale-internazionale” la giuria sarà composta sia da esperti dell’audiovisivo che da
operatori e studiosi del fenomeno dell’immigrazione e verrà assegnato un premio di €
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1.000,00. È inoltre prevista la consegna di una targa speciale offerta da “L’eco di
Bergamo”.
Il bando con il regolamento del festival è on-line all’indirizzo www.untempoper.com. La
scadenza per l’iscrizione e per l’invio delle opere è fissata per il 14 ottobre 2011. Le sessioni
di proiezione pubblica dei cortometraggi selezionati e le relative premiazioni sono previste
per le giornate di venerdì 25 (in collaborazione con l’Ist. S. Riva di Sarnico) e sabato 26
novembre 2011 (presso il Cine Junior di Sarnico). Per l’edizione 2011 il Festival si
arricchisce di altre proiezioni (la prima in programma mercoledì 23 novembre presso
l’Auditorium di Piazza della Libertà di Bergamo) e di uno speciale presentatore per la
serata finale del Festival: il popolare giornalista e personaggio televisivo bresciano Idris
Sanneh.
LIBRI
Storia
linguistica
dell’emigrazione
italiana
nel
mondo
(Fonte: www.roma-intercultura.it )
Massimo vedovelli (a cura di) Carocci 2011
I 150 anni di Stato unitario hanno prodotto sommovimenti profondi
nell’identità linguistica degli italiani. L’italiano parlato, di uso quotidiano
e comune, e l’ingresso delle lingue immigrate sono i segni più evidenti
delle tensioni identitarie vissute dalla nostra società. Forti tensioni
linguistiche hanno visto protagonisti i milioni di italiani che a più ondate
hanno lasciato il paese per "fare fortuna", nella "Merica" o in Australia,
in Asia quanto in Africa: prima per lo più come poveri analfabeti e dialettofoni, di recente
come "cervelli in fuga", laureati e italofoni. Quali cambiamenti linguistici hanno
interessato le nostre comunità emigrate? Quali rapporti esse hanno avuto con l’italiano?
Come si sono confrontate con le lingue dei paesi di arrivo? Qual è stato il destino dei
dialetti una volta lontani dai loro territori? Che cosa hanno fatto i governi italiani verso
l’identità linguistica delle comunità di origine italiana nel mondo? E che cosa fare oggi, nel
"mercato globale delle lingue"? Il volume vuole contribuire a un bilancio che superi le
retoriche nazionaliste o le spinte dissolutrici, a ricordarci che siamo – individui e
collettività – ciò che ci fanno essere le nostre lingue, quelle che riceviamo dai nostri Padri,
quelle che scegliamo di vivere.
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RASSEGNA SETTIMANALE — 5 Agosto 2011
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