18-19-21. PP INTERVISTA

Transcript

18-19-21. PP INTERVISTA
P R I M O P I A N O
I N T E R V I S T A
Giornalista ma
16 puntoeffe
P R I M O P I A N O
I N T E R V I S T A
con humour
Dalla tivù
alla radio
Antonio Caprarica, nato a Lecce,
si è laureato in Filosofia con Lucio Colletti
presso l’Università La Sapienza di Roma.
Dopo aver esordito nel mondo giornalistico
come redattore del settimanale Mondo
Nuovo, ha commentato la politica interna
su l’Unità. In seguito è stato condirettore
di Paese Sera. Tra il 1988 e il 1993
è prima inviato poi corrispondente stabile
del Tg1 dal Medio Oriente, con base
al Cairo e a Gerusalemme, da dove
racconta avvenimenti come la jihad
antisovietica in Afghanistan, la prima
guerra del Golfo, l’intifada palestinese,
sino agli storici accordi di Camp David
tra Rabin e Arafat. Nel 1993 si trasferisce
a Mosca e inizia a dirigere l’ufficio
di corrispondenza Rai dalla capitale russa.
Nel 1997 ha inizio la sua attività a Londra,
occupando lo stesso incarico per la Rai;
dopo nove anni in Inghilterra, nel marzo
2006, è stato posto a capo della Rai
di Parigi. Nello stesso anno viene
nominato direttore del Giornale Radio Rai
(Grr) e Rai RadioUno.
Vincitore di molti premi di giornalismo
tra i più prestigiosi, collabora con numerosi
quotidiani e periodici e ha scritto
(con Giorgio Rossi) romanzi di successo
come La ragazza dei passi perduti (1986)
e La stanza delle scimmie (1988).
Le sue fatiche più recenti sono,
e lo si capisce dal titolo stesso, ironiche
inchieste su luoghi e genti che Caprarica
conosce a fondo: Dio ci salvi
dagli inglesi… o no?,
Com’è dolce Parigi… o no?.
Fresco di stampa è invece
Gli italiani la sanno lunga… o no?.
G
ià di suo ha l’aspetto un po’
retrò del nobile meridionale,
poi il curriculum: corrispondente Rai da Mosca prima, poi da Londra e Parigi. Inoltre era accompagnato
dall’affascinante moglie Jolanta, concertista greco-russa di fama internazionale, conosciuta in occasione di un
concerto all’ambasciata italiana di Mosca. Insomma, incontrare Antonio Caprarica mi preoccupava perché mi
sembrava di fare la conoscenza di una
sorta di James Bond, forse meno aitante ma anche meno manesco. Invece
mi sono trovato di fronte un gentleman
cordiale e colto che ha interpretato perfettamente il ruolo di ospite d’onore al
Caput Gauri, il premio di poesia.
La sua presenza al Premio prevedeva
un incontro con gli studenti delle scuole superiori e anche con i ragazzi è stato brillante ed esauriente, sia rispondendo alle domande sulla sua amata
Inghilterra sia esponendo le sue convinzioni su economia, politica etica e
informazione. Poiché ho notato che
aveva un principio di raffreddore gli ho
proposto di fermarsi in farmacia a
prendere qualcosa, ma la risposta è
stata: «Sa cosa dicono i russi del raffreddore? Se lo curi con medicine va
via in una settimana, se invece non
prendi niente ci vogliono sette giorni».
Comunque sono riuscito a fargli prendere certe pastiglie per la raucedine. Il
giorno dopo, intervistato da Fabio Fazio
in Che tempo che fa, ha parlato come
sempre benissimo e senza bisogno di
schiarirsi la voce neanche una volta.
Lei qualche anno fa si è laureato con la
tesi: “Etica ed economia in Adam Smith”.
Cosa c’è di etico in quello che sta sconvolgendo la finanza mondiale?
In quello che sta accadendo naturalmente c’è la negazione dell’etica. Nel
Inviato e corrispondente
Rai di lungo corso,
Antonio Caprarica
è inconfondibile:
l’eleganza ricercata,
l’eloquio impeccabile
e un sottile filo di ironia.
Quella che usa nei suoi
libri di costume:
dopo inglesi e francesi
ora tocca agli italiani
DI CESARE BORNAZZINI
pensiero di Adam Smith c’era l’idea
che l’eticità dell’azione economica
dipendesse da una specie di armonia
in grado di legare assieme, armonizzandoli appunto, gli atteggiamenti
egoistici di tutti gli individui impegnati in questa attività. Senza una giusta
dose di egoismo e una sana voglia di
conquistare il benessere difficilmente
l’economia può crescere. Il guaio è
che questi ultimi anni di finanziarizzazione sfrenata dell’attività economica hanno prodotto un surplus di avidità e davvero non c’è niente di etico
in banchieri che vengono meno al
vincolo di fiducia che hanno stabilito
con i loro risparmiatori vendendo loro
bond Parmalat e Argentina come un
investimento stabile. Non c’è dubbio
che una buona parte della crisi che
stiamo vivendo sia stata determinata
dall’eccessiva avidità di coloro che
avrebbero dovuto sentire un vincolo
etico in quanto stavano facendo.
È difficile assistere impassibili allo
>
puntoeffe 17
P R I M O P I A N O
I N T E R V I S T A
mentalizzazione in chiave razzista di
alcuni scritti di Oriana Fallaci. Come si
sente in questo momento politico in cui
sembra spirare un impetuoso vento di
destra?
Devo dire che la stupidità non è di destra né di sinistra e ignorare la gigantesca risorsa che l’immigrazione offre a
tutte le nazioni europee vecchie e stanche significa essere semplicemente
stupidi. Né di destra né di sinistra.
Foto di Andrea Bonazza
spettacolo di manager che, mentre
tutto crolla bruciando risparmi per milioni e milioni di euro, vanno a pasteggiare a champagne e caviale in Costa
Azzurra. Ecco, questi spettacoli non
solo non sono etici, ma dovrebbero essere indagati dalla magistratura.
Unione Europea e globalizzazione sono
“cose” tutto sommato nuove. Cosa c’è di
buono e di cattivo nell’una e nell’altra?
Beh, nell’Unione Europea uno vorrebbe dire che c’è tutto di buono. Senza
Ue saremmo nei guai fino al collo. Settanta anni fa, quando c’è stata l’altra
crisi, gli europei si sono scannati fra di
loro come vitelli quindi l’Unione europea, anche quando è pessima per il
suo aspetto burocratico e “bruxellese,” ha di buono il fatto di consentire
agli europei di consultarsi, discutere e
collaborare piuttosto che azzannarsi e
18 puntoeffe
farsi del male. La globalizzazione è un
processo molto più complicato e discutibile, bisogna che ci ricordiamo
che questa non è la prima globalizzazione. Ne abbiamo vissute altre: c’è
stata la globalizzazione del Cinquecento con le prime grandi scoperte
geografiche, poi abbiamo vissuto
quella tra il Settecento e l’Ottocento
con l’imperialismo e il colonialismo
europeo. Questa è la terza ondata di
globalizzazione, certamente la più
equa fra quelle che abbiamo conosciuto finora. Produce molte ingiustizie e disparità, ma ha prodotto e sta
producendo il benessere più diffuso
che l’umanità abbia mai conosciuto.
Provare per credere: basta andare in
Cina o in India.
Lei ci ha raccontato i fuochi delle banlieue di Parigi e ha censurato la stru-
I titoli di alcuni suoi libri: Dio ci salvi
dagli inglesi…o no?, Com’è dolce Parigi… o no?, Gli italiani la sanno lunga…
o no?. Dottor Caprarica, qualche certezza ce l’ha… o no?
L’unica certezza che ho è che bisogna
ridere di noi. Ecco a cosa serve quel “o
no?”, a mettere alla berlina certi stereotipi che hanno quasi sempre un fondo
di verità, non sono pura invenzione o
bubbole, ma hanno il grave difetto che
finiscono per alterare la percezione
della realtà. Molti italiani pensano davvero che Parigi sia solamente il can
can e il bateau sur la Seine oppure che
la burocrazia francese sia il regno dei
cieli, mentre in realtà è inefficiente, pesante e ingorda come quella italiana. E
per quanto riguarda gli inglesi, molti
pensano che tutti siano come il colonnello Stevens o come quell’altro attore
che faceva sempre il colonnello nei
film di guerra con il sottile baffetto tipico e il labbro superiore rigido, immune
dalla commozione e dal riso. Non è così, sono cambiati, sono diventati molto
mediterranei, loro, così come noi in
qualche misura ci siamo “settentrionalizzati”. Anche se, a mio avviso, non lo
siamo abbastanza sotto il profilo della
responsabilità personale.
Informazione. Lei è stato corrispondente
da Mosca, da Londra, da Parigi e quindi
ha conosciuto l’informazione e il tasso
di libertà di questa in questi paesi. Secondo lei in Italia come siamo messi?
Secondo Reporters sans frontières siamo al trentaciquesimo posto, tra Bosnia
e Macedonia.
Penso che Reporters sans frontières
dovrebbero occuparsi maggiormente
della Francia perché non mi risulta
che in Italia un direttore di giornale o
P R I M O P I A N O
settimanale sia stato licenziato perché ha messo in prima pagina la moglie del ministro degli Interni, candidato a presidente della repubblica,
mano nella mano con il suo amante.
Questo è accaduto a Parigi, al direttore di Paris Match, che dopo aver
pubblicato la foto di Cecilia Sarkozy
con il suo amante ha dovuto mollare
il posto in ventiquattr’ore. Francamente, a queste classifiche credo veramente poco. Esiste un problema
molto serio che è quello del rapporto
fra mezzi di comunicazione di massa
e democrazia. Faccio io una domanda: cosa si può pensare di una elezione presidenziale che si gioca sul
filo delle centinaia di milioni di dollari
spesi per gli spot televisivi e che viene decisa in larga misura dal potere
di persuasione che questi spot sono
in grado di esercitare sul pubblico votante? È una democrazia o è una campagna pubblicitaria?
Dobbiamo proprio rassegnarci al fatto
che le uniche vere “inchieste” di questi
tempi siano quelle di Striscia la notizia
e Le iene?
No, e poi non è vero che sono le uniche. Report, per esempio, fa delle
bellissime inchieste, come le facciamo anche noi del Giornale Radio.
Non pensiamo che la televisione sia
solo quella offerta da quattro, cinque,
sei reti generaliste, ci sono molte più
realtà di quelle che siamo abituati a
considerare. Ci sono molte più inchieste di quante ne immaginiamo e
posso anche garantire che pochi
Paesi al mondo si guardano, si studiano e si scrutano con la stessa attenzione degli italiani. Naturalmente
il problema vero è riuscire ad avere
quelle inchieste su grandi canali, sulle grandi reti generaliste, ma questo
credo sia un problema comune, non
solo in Europa, ma anche in America.
I N T E R V I S T A
Foto di Andrea Bonazza
Lei ha scritto un libro sulla Francia.
Adesso, con l’Europa unita non può accadere ma, a suo parere, qualche anno
fa avrebbe corso il rischio di venire
espulso da quel Paese come “persona
non gradita”? O no?
Devo dire che i francesi non sono dotati di un grande senso dell’umorismo. Ricordo che all’aeroporto di Fiumicino mentre mi imbarcavo per Nizza una signora, una bella signora
francese elegante e curata, mi ha
puntato l’indice contro e ha detto:
«Lei è il giornalista che odia i francesi!». Io le ho giurato che non odiavo i
francesi, semmai alcuni loro vizi per
altro molto simili a quelli degli italiani.
Devo dire però, a onore dei francesi,
che Tele-matin (la trasmissione mattutina di France 2) ha inviato una
troupe a Roma che mi ha fatto una
“Non pensiamo che la televisione sia solo quella offerta
da quattro, cinque, sei reti generaliste, ci sono molte più realtà
di quelle che siamo abituati a considerare e ci sono
molte più inchieste di quante ne immaginiamo”
lunga intervista, che è stata mandata
integralmente in onda e alla fine il
conduttore ha detto: «No, no, no, non
è vero che questo è un uomo che non
ama la Francia, al contrario ci ama
moltissimo ed è per questo che ci
mette di fronte ai nostri difetti e ai nostri vizi, ma su una cosa sola non posso essere d’accordo, la critica alla cucina francese. Non ce n’è una migliore al mondo».
Lei invece è ancora convinto che l’esistenzialismo francese è stato generato dalla troppa panna che mettono
nei cibi …
Penso proprio di sì, a chi non verrebbe
il mal di pancia?
Lei a Fabio Fazio che le aveva fatto una
domanda in proposito ha risposto: «La
politica interviene se uno la lascia intervenire». Dopo quasi due anni di direzione di RadioUno e dei giornali radio
Rai, ci può dire come sta andando? E
cioè, continua a parlare al telefono con
i politici solo perché ha chiamato lei
per intervistarli? O no?
Beh, va ancora così. Che ci crediate o no.
puntoeffe 19